Novita marzo 2015

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Novita marzo 2015
La terra è sconvolta da una catastrofe
planetaria, in cui si muove un unico
sopravvissuto. A fargli compagnia ci sono
alcuni esseri apparentemente umani ma
creati artificialmente. Come si è giunti a tutto
questo? Ce lo narra il protagonista, l'ultimo
degli uomini, attraverso il racconto della sua
vita che coincide con il processo di
distruzione del pianeta e della razza umana.
Un romanzo che, mentre porta in scena un
intenso e archetipico rapporto d'amore e di
amicizia tra due uomini e una donna, sferra
attacchi violenti contro quella scienza che
rinuncia a una visione umana del mondo, che
dimentica e annulla l'esigenza più profonda, e
quindi inestirpabile, dell'umanità: la spiritualità
in tutte le sue molteplici espressioni.
Esiste una sottile ma fondamentale differenza
tra "voler bene a qualcuno" e "fare del bene a
qualcuno". Purtroppo Diego Anastasi se ne
accorge
soltanto
quando
ha
già
cinquant'anni, una vita di successo alle spalle
e una depressione nuova di zecca in corso.
Scopre infatti che tutte le persone che ama
non hanno tempo per lui e le sue paure. E
capisce che nemmeno lui ha mai fatto
davvero qualcosa per loro. Nel tentativo di
uscire dalla palude emotiva in cui è
precipitato decide cosi di fare "qualcosa di
attivo", e soprattutto benefico, per i suoi cari.
Il risultato è inevitabile: con la precisione di
un cecchino, distrugge l'esistenza di ognuno
di loro! Dopo Cento giorni di felicità Fausto
Brizzi torna con una commedia capace di
commuoverci e di farci sorridere. E con un
protagonista tenero e maldestro che tutti, in
fondo, vorremmo per amico.
La mattina del 21 giugno 1937 Todd Andrews
(un’avviatissima carriera di avvocato, una
sobria vita borghese in una cittadina di mare
del New England, un improbabile menage a
trois con l’amico Harrison, erede di un impero
dei sottaceti, e la graziosissima moglie di lui)
si sveglia, si alza dal letto e guardandosi allo
specchio scopre che la risposta a ogni suo
problema è il suicidio. Vent’anni dopo, ancora
vivo, racconta al lettore gli sviluppi di quella
fatale giornata. Pubblicato originariamente
nel 1956 e rivisto dallo stesso autore nel
1967, L’Opera galleggiante è considerato da
molti il capolavoro di John Barth: spirito
nichilista e humour nero, critica di costume e
spunti metanarrativi si fondono in un romanzo
sperimentale e godibilissimo che inaugurava
la narrativa postmoderna e a quasi mezzo
secolo di distanza nulla ha perso del suo
smalto.
C'è una storia d'amore importante, durata un
anno e osteggiata da tutti, il primo grande
amore e la sua fine. Perché Antonio è nero e
per i genitori di lei il ragazzo sbagliato. E poi
c'è la famiglia di Antonio, gli amici, la scuola e
altri attimi del cuore. Ci sono incontri, amori,
momenti che fanno crescere, istanti
indimenticabili. "Fuori piove, dentro pure,
passo a prenderti?" è la vita di un ragazzo
raccontata di getto, inseguendo le emozioni,
passando da un'immagine all'altra. Pagine
cariche di sentimento, frasi che colpiscono il
cuore e destinate a essere scritte e riscritte.
Un racconto fatto di momenti singoli, come
singole canzoni, che insieme fanno la playlist
di una vita.
Tre adolescenti di ritorno da una sessione di
surf su un furgoncino tappezzato di sticker,
tre big wave rider, esausti, stralunati ma felici,
vanno incontro a un destino che sarà fatale
per uno di loro. Incidente stradale, trauma
cranico, coma irreversibile, e Simon Limbres
entra nel limbo macabramente preannunciato
nel suo cognome. Da quel momento, una
macchina inesorabile si mette in moto:
bisogna salvare almeno il cuore. La scelta
disperata del trapianto, straziante e
inevitabile, è rimessa nelle mani dei genitori.
Intorno a loro, come in un coro greco, si
muovono le vite degli addetti ai lavori che
faranno sì che il cuore di Simon continui a
battere in un altro corpo. Tra accelerazioni e
pause, ventiquattro ore di suspense, popolate
dalle voci e le azioni delle persone che
ruotano attorno a Simon, genitori, dottori,
infermiere, équipe mediche, fidanzata, tutti
protagonisti dell'avventura, privatissima e al
tempo stesso collettiva, di salvare un cuore,
non solo organo, ma sede e simbolo della
vita.
Un giorno David Foenkinos si reca a una
mostra ad Amsterdam della pittrice Charlotte
Salomon. Non sa nulla di questa donna morta
giovanissima e incinta in un campo di
concentramento, ignora i suoi quadri.
L'incontro è folgorante. I colori di Charlotte, la
forza espressiva dei suoi dipinti entrano
nell'animo e nel cuore dello scrittore.
Diventano la sua ossessione. Foenkinos
inizia a indagare, vuole sapere tutto di lei,
conoscerla meglio di quanto conosca se
stesso. Entra così nella vita di Charlotte, nella
sua infanzia a Berlino, nella tragedia familiare
che la segna dall'inzio. Poi l'attrazione
irresistibile e precoce per la pittura, le prime
ombre del nazismo. E soprattutto il grande
amore, abbandonato per fuggire in Francia, in
esilio, dove si dedica a una ricerca pittorica
autobiografica di una modernità sconcertante.
La guerra incombe e sapendo di essere in
pericolo Charlotte consegna la cartella dei
disegni al suo medico dicendogli: “E’ tutta la
mia vita”. L’annuncio di un destino tragico e
insieme la consapevolezza luminosa del
proprio talento. Quello stesso talento che
spinge passo a passo l’indagine dello
scrittore, fino a diventare la sua stessa
vocazione: la forza abbagliante che illumina
queste pagine.
Alice Allevi, giovane specializzanda in
medicina legale, ha ormai quasi imparato a
resistere a tutto. Da brava allieva, resiste alle
pressioni dei superiori, che hanno pure avuto
la pensata di affidarle la supervisione di una
studentessa - a lei, che a fatica supervisiona
se stessa. Resiste alle sindromi che spesso
affliggono il suo cuore in sospeso, diviso, e
non sempre per colpa sua tra due uomini
tanto affascinanti quanto agli opposti
esistenziali e caratteriali. Arthur, diventato
"innominabile" per Alice dopo troppe
sofferenze. E Claudio, il medico legale più
rampante dell'istituto e forse dell'Italia intera,
bello e incorreggibile. Alice resiste, o ci prova,
all'istinto di lanciarsi in folli teorie ogni volta
che, segretamente, collabora alle indagini del
commissario Calligaris. Il quale, stranamente,
sembra nutrire più fiducia in lei di quanta ne
abbia lei stessa. Ma è difficile resistere a tutto
questo insieme quando, nell'estate più calda
da quando vive a Roma, Alice incappa in un
caso che minaccia di coinvolgerla fin troppo.
Il ritrovamento del corpo di un giovane attore
teatrale, che si credeva fosse scomparso
anni prima e che invece è stato ucciso, è solo
il primo atto di un'indagine intricata e
complessa. Alice deve fare così i conti con
una galleria di personaggi in apparenza
limpidi e sinceri, ma che dietro le quinte
nascondono cose inconfessabili. Ma Alice lo
sa: nessun segreto è per sempre...
Ci sono onde che arrivano e travolgono per
sempre la superficie calma della vita.
Succede a Luna, bimba albina dagli occhi
così chiari che per vedere ha bisogno
dell'immaginazione, eppure ogni giorno sfida
il sole della Versilia cercando le mille cose
straordinarie che il mare porta a riva per lei.
Succede a suo fratello Luca, che solca le
onde con il surf rubando il cuore alle ragazze
del paese. Succede a Serena, la loro mamma
stupenda ma vestita come un soldato, che li
ha cresciuti da sola perché la vita le ha
insegnato che non è fatta per l'amore. E
quando questo tsunami del destino li manda
alla deriva, intorno a loro si raccolgono altri
naufraghi, strambi e spersi e insieme pieni di
vita: ecco Sandro, che ha quarant'anni ma
vive ancora con i suoi, e insieme a Marino e
Rambo vive di espedienti improvvisandosi
supplente al liceo, cercando tesori in spiaggia
col metal detector, raccogliendo funghi e
pinoli da vendere ai ristoranti del centro. E poi
c'è Zot, bimbo misterioso arrivato da
Chernobyl con la sua fisarmonica stonata,
che parla come un anziano e passa il tempo
con Ferro, astioso bagnino in pensione
sempre di guardia per respingere l'attacco dei
miliardari russi che vogliono comprarsi la
Versilia. Luna, Luca, Serena, Sandro, Ferro e
Zot, da un lato il mare a perdita d'occhio,
dall'altro il profilo aguzzo e boscoso delle Alpi
Apuane. Quando il dolore arriva a schiacciarli
lì in mezzo, sarà la vita stessa a scuoterli con
i suoi prodigi, sarà proprio il mare che
misteriosamente comincerà a parlare. E
questa armata sbilenca si troverà buttata
all'avventura, a stringersi e resistere in un on
the road tra leggende antiche, fantasmi del
passato, amori impossibili e fantasie a occhi
aperti, diventando così una stranissima,
splendida famiglia.
A Parigi, in un indeterminato ma prossimo
futuro, vive François, studioso di Huysmans,
che ha scelto di dedicarsi alla carriera
universitaria.
Perso
ormai
qualsiasi
entusiasmo verso l’insegnamento, la sua vita
procede diligente, tranquilla e impermeabile
ai grandi drammi della storia, infiammata solo
da fugaci avventure con alcune studentesse,
che hanno sovente la durata di un corso di
studi. Ma qualcosa sta cambiando. La
Francia è in piena campagna elettorale, le
presidenziali vivono il loro momento cruciale.
I tradizionali equilibri mutano. Nuove forze
entrano in gioco, spaccano il sistema
consolidato e lo fanno crollare. È
un’implosione improvvisa ma senza scosse,
che cresce e si sviluppa come un incubo che
travolge anche François. Sottomissione è il
romanzo più visionario e insieme realista di
Michel Houellebecq, capace di trascinare su
un terreno ambiguo e sfuggente il lettore che,
come il protagonista, François, vedrà il
mondo intorno a sé, improvvisamente e
inesorabilmente, stravolgersi.
È questa ferita che attraversa il Novecento a
riaprirsi nei racconti di Jaan Kross. Tre
episodi chiave di una storia di formazione che
ha per protagonista il suo alter ego Peeter
Mirk, giovane scrittore dissidente in perenne
fuga, imprigionato dai nazisti e poi dai
sovietici nello stesso carcere di Tallinn. Tre
confessioni di un intellettuale che porta su di
sé tutto il peso della storia di un paese e tutto
il prezzo della colpa: di aver mancato, di non
aver osato, perché la voce della coscienza
arriva sempre troppo tardi per cambiare il
corso degli eventi, e forse di altre vite. Come
quella di Flora, espressione di un mondo di
bellezza e libertà che lui vorrebbe salvare ma
riesce solo a tradire, o di un vecchio amico
condannato al suo posto per amore della
letteratura, o di un compagno di cella caduto
vittima di una congiura tra prigionieri che
sembra riflettere la giustizia sommaria del
regime. Con la finezza di sguardo e di
scrittura dei grandi narratori europei, Jaan
Kross mette a nudo l'uomo di fronte
all'urgenza dell'azione, quando la banalità del
male si insinua a tal punto nel quotidiano da
non lasciare altra risposta che il riso
dell'ironia. E firma un'autoaccusa senza
appelli né giustificazioni, che possa almeno
portare a una comprensione, o forse a un
perdono.
Una pinza per capelli, una boccetta di
profumo, qualche fotografia, una bottiglia di
Evian da mezzo litro, un romanzo di Patrick
Modiano, un portachiavi e un’agendina rossa.
Ecco cosa c’è nella borsetta che il libraio
Laurent trova una mattina sul marciapiede,
mentre cammina verso il suo negozio. La
proprietaria, aggredita e rapinata da un ladro
la notte precedente, si è rifugiata in un
albergo poco distante. Prende una camera e
si addormenta, convinta di non aver bisogno
di cure. Il giorno successivo, però, il
concierge la trova in coma e chiama
immediatamente i soccorsi. Nel frattempo,
Laurent comincia a sfogliare il taccuino della
donna misteriosa, e rimanendo affascinato
dai suoi pensieri, decide di cercarla. Da dove
cominciare? L’unico indizio è la dedica di
Modiano, un vago A Laure, che non sembra
essere di grande aiuto. Almeno fino a quando
Chloé, la figlia di Laurent, gli suggerirà di
rivolgersi a Modiano in persona. Con la
complicità – piuttosto reticente – del celebre
scrittore e il provvidenziale intervento di un
avventore della libreria, Laurent riuscirà a
risalire all’indirizzo di Laure e ad addentrarsi
nel suo mondo, in punta di piedi. Al risveglio
di Laure, però, l’unica traccia che Laurent si
lascerà alle spalle sarà una lettera di scuse,
appoggiata sul letto accanto alla borsetta
ritrovata. E se a sfuggirci tra le dita è la
promessa di un nuovo amore, la ricerca non
potrà che ricominciare dal principio...
Questa è una storia che comincia una sera a
cena, quando Libero Marsell, dodicenne,
intuisce come si può imparare ad amare. La
famiglia si è da poco trasferita a Parigi. La
madre ha iniziato a tradire il padre. Questa è
la storia di quel dodicenne che da allora si
affaccia nel mondo guidato dalla luce
cristallina del suo nome. Si muove dentro la
separazione dei genitori, dentro il grande
teatro dell’immaginazione onanistica, dentro il
misterioso mondo degli adulti. Avverte prima
con le antenne dell’infanzia, poi con le
urgenze della maturità, il generoso mondo
delle donne. Lunette lo porta sin dove
arrivano la gelosia e lo strazio. Quando quella
passione si strappa, per Libero è tempo di
cambiare. Da Parigi a Milano, da Lunette alle
avventure che lo conducono al sentimento
per Anna
Giovanni Cadorna è un fisico alla soglia dei
cinquant'anni. Dopo il successo raggiunto
con la pubblicazione di un libro, scettico sulla
possibilità della vita oltre la morte, inizia a
dubitare delle proprie certezze in seguito al
ritrovamento di un dipinto che lo costringe a
fare i conti con il passato e il ricordo di una
donna, scomparsa tragicamente trent'anni
prima. Decisivo, all'interno di un intreccio
costantemente in bilico tra ossessione e
raziocinio, ragione e occulto, risulterà
l'incontro con Olga, figlia dell'artista esoterico
presunto autore dell'opera, che, insieme ad
altre figure femminili cariche di significato,
darà vigore alla storia fino allo scioglimento
della vicenda personale e familiare del
protagonista come del mistero legato al
quadro. Con una cura formale di rara
evidenza e una lingua densa di risvolti
emotivi, l'autore affronta qui un tema delicato
come quello della comunicazione con l'aldilà
nonché argomenti universali come la libertà
individuale, il desiderio di paternità e l'amor
filiale. Dopo i primi due libri incentrati sul
dubbio, Giorgio Nisini torna a parlare di
incertezza confermandosi uno degli scrittori
più originali e visionari della narrativa italiana
di oggi. La sua scrittura avvolgente e al
contempo
cristallina
conferisce
alla
narrazione un tono dai contorni metafisici
mettendo in scena, con "La lottatrice di
sumo", la tormentata storia d'amore di un
Orfeo moderno.
L'ex capo della polizia e dei servizi segreti
Lars
Martin
Johansson,
leggendario
investigatore noto ai colleghi come "l'uomo
che vede dietro agli angoli", è ricoverato
all'ospedale, colpito da ictus cerebrale. Una
vita di tensione ed eccessi, buon cibo e vino
in
abbondanza
ha
fatto
salire
pericolosamente la pressione e il suo cuore
non regge più la minima emozione. Lo spirito
del vecchio poliziotto si risveglia quando il
medico che lo ha in cura gli ricorda l'omicidio
irrisolto di una bambina, uccisa venticinque
anni prima. Dal letto d'ospedale, Johansson
comincia la sua indagine, deciso a fare
giustizia, pur intuendo che si tratterà
probabilmente del suo ultimo caso.
Psicanalista affermato, lucido, prestante,
Luke Rhinehart, pseudonimo di George
Cockroft, conduce una vita "impegnata o,
meglio, banale, intricata, in stato di libertà
congelata". Stufo di blaterare di psicanalisi,
borsa e orgasmi, di "far passare i propri
pazienti da uno stato di stagnazione
tormentata a uno stato di stagnazione
compiaciuta", Luke è in crisi. Al termine di
un'ennesima serata di poker, Luke tenta un
rimedio alla noia: scorge fra le carte da gioco
un dado e gli affida una prima decisione a
"luci rosse", che coinvolge la moglie del suo
socio e amico. Il dado reagisce bene, si rivela
un oracolo: risponde a ogni domanda, dalla
più banale alla più estrema, lanciando Luke in
situazioni
splendide
quanto
assurde.
Prefazione di Marco Malvaldi.
Madrid. La luce si riflette sulle immense pareti
a specchio del palazzo. Emma guarda dalla
sua scrivania il mondo che si perde in
quell'intenso bagliore. Fare l'impiegata in una
grande azienda non è mai stata la sua
aspirazione. Ma Emma deve ricominciare
dopo il fallimento della sua storia d'amore e
del sogno di diventare una scrittrice. Il posto
di assistente è arrivato al momento giusto.
Eppure quel lavoro non è come se
l'aspettava. Il suo capo, Sebastiàn Trenas,
passa le giornate a leggere libri: nessuna
telefonata, nessuna riunione. Emma non
riesce a spiegarselo, ma il suo sesto senso le
suggerisce di non fare domande. Fino a
quando, mettendo in ordine certe vecchie
carte, smuove qualcosa che doveva rimanere
nascosto. Da allora tutto cambia: Trenas
perde la carica di vicepresidente e dopo
pochi giorni muore. Emma si sente in colpa e
ha paura di quello che le sta accadendo
intorno. Perché nulla è come appare. E ora
che due oscuri personaggi, due fratelli
manager di successo, hanno sostituito il suo
capo, la ragazza è convinta che i suoi
sospetti siano fondati e che sia necessario
scavare nel passato. Un passato che parla di
bugie e segreti, di amori clandestini e di
adozioni difficili. Solo in sé stessa Emma può
trovare il coraggio per svelare il mistero.
Perché c'è chi vuole che su ogni cosa ricada
il silenzio. Un silenzio a cui Emma ha deciso
di dare finalmente una voce.
Via Ripetta: una delle strade più centrali di
Roma, in quello che fu una sorta di triangolo
d'oro fra piazza del Popolo, piazza di
Spagna, piazza Venezia. Pensate che allora
fosse tutto chiaro, a disposizione di
chiunque? No, perché il civico 155 è difficile
trovarlo, situato com'è al di là dell'Ara Pacis,
oltre piazza Augusto imperatore, nel piccolo
tratto che tutti pensano appartenga già a via
della Scrofa. Un tratto fuori fuoco nello
stradario, e quella che si racconta qui è la
storia fuori fuoco degli anni fra il '68 e il '77,
cominciati all'insegna dell'utopia libertaria compresa l'idea che per la libertà valesse la
pena di stare a pancia vuota e di vivere alla
meglio in case che cadevano a pezzi - e
sfociati nel terrorismo prima, e poi nel riflusso
del disimpegno, della Milano da bere, dei
manager rampanti. Una storia vista con lo
sguardo di chi ha vissuto da vicino molte
cose senza mai esserne del tutto al centro, e
dunque con la possibilità di testimoniare,
dolorosamente, una memoria non chiusa.
Ricordi in prima persona di anni raccontati
poco e non sempre correttamente: perché il
terrorismo non fu come molti ritengono la
conclusione logica di quanto il '68 aveva
seminato, ma fu invece la sanzione
drammatica della sconfitta di molte speranze,
un lutto pungente per chi aveva creduto e si
era speso per farle germinare.
In una grande casa vittoriana sulle rive
dell’Hudson, tra possenti scenari naturali e le
lusinghe di New York, Viri e Nedra
conducono un’esistenza che sfiora la
perfezione: due figlie da iniziare ai piaceri
della vita, una cerchia di amici interessanti,
cene raffinate, bei libri, buona musica, un
cucciolo festoso, il fuoco nel camino, giornate
passate a pattinare sul fiume gelato o a
prendere il sole. Tutto, all’interno di quel
microcosmo, è studiato nei minimi particolari,
accogliente, rassicurante, eppure più fragile
di quanto appaia, inadeguato a reggere l’urto
degli anni, della noia, delle ambizioni
frustrate. Nedra preferisce viversi come una
donna «vera, felice e generosa» piuttosto che
amareggiata ma fedele, Viri è un buon padre
che non sa rassegnarsi a essere solo un
uomo virtuoso e non possiede la spietatezza
per perseguire il successo. Sulla superficie di
un matrimonio felice si aprono crepe sottili:
un’altra vita, segreta, preme per venire allo
scoperto, e per ciascuno la posta in gioco è la
conquista di sé. James Salter ha scritto un
romanzo seducente, capace di raccontare
amori e destini, sofferenze e passioni, a volte
condensandoli in un dettaglio folgorante, a
volte seguendoli con sguardo partecipe fino
al compimento: il romanzo emblematico di
una generazione che scopre i limiti della
propria felicità e prova la tentazione di
distruggerla.
Élie Nagéar non sapeva neanche come si
chiamasse esattamente l'uomo che aveva
ucciso a colpi di chiave inglese sul treno
Bruxelles-Parigi. Sapeva solo che aveva con
sé dieci mazzette di banconote, e che era
olandese: tant'è che la sera prima, quando
quel grosso personaggio ridanciano aveva
cominciato a offrire champagne alle
entraîneuse del night club, Sylvie lo aveva
soprannominato Van der Coso. A Bruxelles,
Élie contava di vendere certi tappeti bloccati
alla dogana, ma l'affare era andato a monte, i
soldi stavano per finire, e Sylvie aveva
cominciato a trattarlo in modo sprezzante.
Così, senza quasi rendersi conto di quel che
faceva, aveva comprato la chiave inglese e
aveva seguito l’olandese sul treno delle
00.33. Quando è tornato a Bruxelles, è stata
Sylvie a prendere in mano la situazione e a
decidere dove sarebbe andato a nascondersi:
nella pensione per studenti tenuta da sua
madre a Charleroi. A poco a poco, la casetta
con le tendine bianche e i mattoni anneriti
dalla polvere di carbone è diventata per Élie
una sorta di bozzolo caldo e protettivo, da cui
vorrebbe non uscire mai più. Ma che cosa
accadrà quando la sorella di Sylvie, o
qualcuno dei pensionanti, o la stessa
affittacamere, che prova per lui una
tenerezza quasi materna, comincerà a
sospettare che l'assassino di cui parlano i
giornali è proprio lui? O quando la polizia
deciderà di interrogare Sylvie?
Saul Karoo è lo script doctor più pagato di
Hollywood, e se si tratta di espungere da un
copione le scene più melense o grottesche
non c'è nessuno come lui - che quel tipo di
situazioni sembra conoscerle piuttosto bene,
sul piano personale. Ma adesso deve
risolvere
alcuni
problemi.
Primo,
cinquant'anni di vita malsana hanno
accentuato, dice il medico, la sua naturale
inclinazione a "contrarsi in verticale, ed
espandersi in orizzontale". Secondo, la
delirante separazione da sua moglie è una
storia d'amore al contrario, molto divertente
per noi, ma molto tormentosa per lui. Terzo, il
suo signore e padrone, l'onnipotente
produttore Jay Cromwell, gli ha chiesto di
massacrare l'ultimo capolavoro di un vecchio
regista di genio, Arthur Houseman, che
Cromwell considera veleno al botteghino.
Eppure, quando sul banco della moviola
scopre che a risplendere in una delle scene
tagliate è la madre di Billy, il suo figlioccio,
Karoo intuisce che da quegli scarti di pellicola
può nascere qualcosa di molto, molto
sorprendente. Così come con gli scarti delle
pellicole che abbiamo più amato sembra
costruito questo imprevedibile romanzo, fatto
di una materia grassa, speziata e molto poco
kosher che ci procura in parti uguali riso,
lacrime e notti insonni, e che per comodità
continuiamo a chiamare cinema.
Messina, 1977. Aurora, figlia del fascistissimo
Silini, ha sin da piccola l'abitudine di rifugiarsi
in bagno a studiare, per prendere tutti nove
immaginando di emanciparsi dalla sua
famiglia, che le sta stretta. Giovanni è sempre
stato lo scavezzacollo dei Santatorre, ce l'ha
con il padre e il suo «comunismo che odora
di sconfitta», e vuole fare la rivoluzione. I due
si incontrano all'università, e pochi mesi dopo
aspettano già una bambina. La vita insieme
però si rivela diversa da come l'avevano
fantasticata. Perché la frustrazione e la paura
del fallimento possono offendere anche il
legame piú appassionato. Perché persino
l'amore piú forte può essere tradito dalla
Storia.
«Non abbiamo mai usato lo stesso dizionario.
Parole uguali, significati diversi. Dicevamo
famiglia: io pensavo a costruire e tu a
circoscrivere; dicevamo politica: io ero
entusiasta e tu diffidente. Io combattevo, tu ti
rifugiavi. Se non ci fosse stata Mara ci
saremmo persi subito, ma almeno non
avremmo continuato a incolparci per le nostre
solitudini. Quando penso agli anni trascorsi
mi sembra che siano andati tutti al contrario».
La terza figlia di Serpe e Arcadio si chiama
Birce, ed è nata storta. Ha una macchia sulla
guancia sinistra e ogni tanto si perde via e
dice e fa cose strane. Chi la vuole una così?
Chi la prende anche solo come servetta di
casa? E l'agosto del 1893 e per i due coniugi,
lavoranti presso il rettorato del santuario di
Lezzeno, poco sopra Bellano, è arrivata
l'occasione giusta. Perché una devota,
Giuditta Carvasana, venuta ad abitare da
poco a villa Alba, è intenzionata a fare del
bene, per esempio aiutare una giovane senza
futuro. Per Birce non sarebbe cosa da poco,
perché la vita non pare riservarle un destino
felice. Come a quella povera fioraia di Torino
massacrata per strada. Che a dire il vero, in
quell'estate lontana, non è la prima vittima. I
loro corpi sono a disposizione della sala
anatomica dell'università torinese, dove il
dottor Ottolenghi, assistente del noto alienista
Cesare Lombroso, li analizza con cura,
convinto che dalla medicina possa venire un
aiuto alle indagini. Oltretutto, dalle tasche
delle sventurate salta fuori un biglietto con
incomprensibili segni matematici. Indicano un
collegamento tra quelle morti? E nel mirino
dell'omicida può essere finito lo stesso
Lombroso, che già aveva ricevuto un analogo
foglietto insidiosamente anonimo? Trovare la
soluzione non è cosa per cui possa bastare il
rigore della scienza. Forse, fantastica il
Lombroso, lo spiritismo potrebbe dare un
contributo. Per quanto a praticarlo siano
persone fuori dall'ordinario.
Che cos'è per l'essere umano il tempo? Qual
è il significato che assume nelle nostre vite?
Quanto è rilevante nella definizione delle
identità e delle esperienze di ciascuno? Il
tempo sta in rapporto con la finitudine,
caratteristica della mortalità, e insieme con
l'infinito, ma anche con le emozioni, quali il
dolore e la gioia. La vita non sarebbe tale se
non fosse cadenzata dal passare delle ore,
delle stagioni, delle età e di quel tempo più
personale che non può venire misurato con
esattezza, ma che contribuisce a definire
l'esperienza della vita stessa. Il soggetto non
sarebbe insomma tale in assenza di una
traiettoria
temporale.
Il
tempo
non
casualmente rappresenta un tema ricorrente
in letteratura e in filosofia, e ha una grande
importanza pure nella psicopatologia e nella
cura. Nel suo trascorrere condiziona la vita
quotidiana, così come colora le esperienze
mistiche che lo trascendono. È elemento
costitutivo dell'identità e permea la coscienza
e l'esistenza di ciascuno. Nel sondare le
profondità dell'animo non si possono dunque
trascurare il tempo e l'esperienza diversa che
ognuno ne fa. Può trattarsi di volta in volta di
un tempo sospeso, come nel sogno, o
frammentato, come nella memoria lacerata di
chi soffre di malattie quali l'Alzheimer; può
essere il tempo della noia, per chi si sente
paralizzato nel presente, o quello della
nostalgia di chi volge lo sguardo al passato, o
ancora dell'attesa di chi guarda avanti, al
futuro.
Gabbiani, giraffe, corvi, topi, dromedari,
elefanti, farfalle, formiche, scoiattoli, scimmie,
talpe... per Primo Levi gli animali non sono
soltanto un ribollente serbatoio di metafore,
analogie e immagini simboliche, ma una fonte
inesauribile di autentico stupore. Con la sua
portentosa capacità d'osservazione, la sua
curiosità sorridente e pensosa - mai
sentimentale o antropomorfa -, Primo Levi ci
accompagna
alla
scoperta
del
suo
formidabile serraglio, in cui ad affascinare è
soprattutto la capacità di adattamento che
esseri di ogni specie - parassiti compresi hanno saputo contrapporre alle difficoltà
dell'ambiente in cui vivono, elaborando
soluzioni ingegnose, quasi altrettante filosofie
di vita, perfettamente razionali e coerenti,
sicuramente degne della nostra ammirazione.
Le pagine che Ernesto Ferrero raccoglie e
presenta in questo volume sono forse tra le
meno note di Levi, ma restano all'altezza
delle opere più conosciute.
Bice Mortara Garavelli, grande studiosa delle
parole e della lingua, sceglie, in una sorta di
affascinante antologia personale, le pagine
letterarie sul silenzio più note, dalla classicità
greco-latina fino alla letteratura dei nostri
giorni. Scopriamo così che il silenzio non è
solo quiete o non detto, non è solo un
atteggiamento religioso (il silenzioso dialogo
con Dio) o una reazione di fronte all’indicibile,
come l’assurda violenza di Auschwitz.
Nascoste nelle pagine della letteratura
possiamo trovare molte altre fisionomie del
silenzio: il silenzio personificato come nell’
Orlando furioso di Ariosto; il silenzio triste e il
silenzio rassegnato; il silenzio meravigliato
del montanaro che – in una similitudine della
Divina Commedia – ‘ammuta’ quando vede
per la prima volta la città; quello ‘sfavillante’
che Elsa Morante vede nello stupore infantile.
C’è un silenzio eloquente e uno rumoroso, c’è
«il silenzio che tutto nega e tutto comprende»
come nel Diario ultimo di Lalla Romano. Con
mano ferma, Mortara Garavelli ci guida da
una all’altra di queste pagine, ricostruendone
l’atmosfera
sospesa,
suggerendo
collegamenti, evocando contesti, ma evitando
sempre quella spiegazione univoca che
avrebbe finito col disperderne l’ineffabile
magia.
Il 31 dicembre del 2012 Giovanni Soldini è
partito a bordo del monoscafo Maserati VOR
70 da New York con un equipaggio
proveniente
da
diverse
nazioni:
lo
statunitense Ryan Breymaier, il francese
Sébastien Audigane, il cinese Jianghe Teng,
lo spagnolo Carlos Hernández, il tedesco
Boris Herrmann, gli italiani Guido Broggi,
Michele Sighel e Corrado Rossignoli. Scopo
dell'impresa: stabilire un nuovo record sulla
rotta storica New York-San Francisco, 13.219
miglia nautiche passando per Capo Horn. Il
16 febbraio 2013 Soldini e i suoi tagliano la
linea del traguardo sotto il Golden Gate,
aggiudicandosi il record della Rotta dell'oro
(così chiamata in ricordo di quando le prime
navi a vela davvero veloci la percorrevano
per portare i coloni sulle piste della corsa
all'oro e ai terreni) nella categoria dei
monoscafi in 47 giorni, 0 ore, 42 minuti e 29
secondi, battendo di dieci giorni il primato
precedente. Questo libro è la cronaca,
arricchita dalle fotografie, di un'impresa
straordinaria, della realizzazione di un sogno.