42-43-44 cosmesi:alimentazione

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42-43-44 cosmesi:alimentazione
P R I M O P I A N O
C O S M E S I
Se naturale
è sostenibile
N
el mondo moderno il termine
più cliccato in rete è sostenibilità». Apre così i lavori dell’interessante convegno “Oltre il naturale: itinerari cosmetici di sostenibilità” Emilio
Mignini, presidente Sicc, Società italiana
di chimica e scienze cosmetologiche.
«Termine che io collego a qualità. Non si
tratta solo di ecologia, nella più banale
delle accezioni, ma di etica nel business,
nei prodotti, nella comunicazione. Coinvolge tutti gli ambiti del processo di produzione, per ottenere un prodotto, in
questo caso cosmetico, a impatto accettabile per il pianeta».
ORGANICO, BIOLOGICO O NATURALE
I prodotti cosiddetti biologici o naturali
hanno un trend continuo di crescita nell’area dei prodotti salutistici e di cura della
persona. Ormai si tratta di un fenomeno
di massa, che non riguarda più soltanto il
consumatore ecologico. Ma come si
adatta alla cosmetica il tema ampiamente condiviso della sostenibilità delle risorse? I cosmetici organici naturali si propongono di rispettare e salvaguardare le
risorse del pianeta e offrire la massima
naturalità richiesta dai consumatori. Ma
non è così semplice. I nuovi rigorosi standard europei prevedono due livelli distinti
di certificazione: una per il prodotto biologico, una per il prodotto naturale.
Per il prodotto biologico la Ue impone
che almeno il 95 per cento degli ingredienti sia (di origine) naturale - sul totale
degli ingredienti di prodotto finito, considerando anche l’acqua - e almeno il venti
per cento (sul totale degli ingredienti in
42 puntoeffe
Nell’epoca
del nucleare
si parla sempre
più spesso
di biologico, ecocompatibile,
in una parola, verde.
Come si applica questo concetto
ai prodotti cosmetici?
La Sicc cerca di fornire gli strumenti
per affrontare un quadro normativo
e produttivo complesso e disomogeneo
DI PAOLA CIMETTI
formula) ottenibili direttamente da colture bio. Il prodotto cosmetico non dovrà, inoltre, contenere più del due per
cento di materie prime di sintesi scelte
da liste positive dei disciplinari. Per il
prodotto naturale, invece, la legge prevede che il cinque per cento degli ingredienti siano ottenibili da colture bio e
non più del due per cento sia di sintesi.
In Europa, i cosmetici sono attualmente
normati dal Regolamento 1223/2009,
che stabilisce e mantiene aggiornate le
regole per la sicurezza. Le liste delle
materie prime ammesse o vietate vengono redatte con rigore e in maniera
conservativa da parte di autorità ed
esperti, con processi di valutazione
pubblici, aperti e trasparenti. È qui che
si discute la sicurezza degli ingredienti
cosmetici. «Il metodo di produzione biologico esplica una duplice funzione sociale, da un lato provvedendo a un mercato specifico che risponde alla domanda di prodotti biologici e, dall’altro, fornendo beni che contribuiscono alla tutela dell’ambiente», entra nel vivo Marco Vassallo, coordinatore comitato tecnico Mapic, Gruppo materie prime per
l’industria cosmetica e farmaceutica,
Federchimica. «Secondo il Regolamento 834/2007, il concetto di biologico presuppone maggiore compatibilità ambientale dei processi e dei prodotti. Questo per garantire concorrenza leale e giustificare la fiducia del consumatore nei
prodotti etichettati come biologici».
Il Regolamento europeo è orientato a promuovere prodotti con un ridotto impatto
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Ingredienti
della formula bio
ambientale durante l’intero ciclo di vita e
a fornire al consumatore informazioni
accurate, non ingannevoli e scientificamente valide sull’impatto ambientale
dei prodotti. «La situazione del settore
alimentare non può essere trasferita tout
court al cosmetico, perchè cade il presupposto implicito della naturalità degli
ingredienti», continua Vassallo. «Le materie prime certificabili biologiche secondo i criteri alimentari sono di scarsa utilità
nel settore cosmetico e rappresentano
solo una piccola frazione della formulazione cosmetica (estratti acquosi vegetali). In assenza di certezza legale e modalità praticabili standardizzate fioriscono
le interpretazioni. In Europa non c’è alcuna legge che definisca i termini cosmetici naturali, biologici o ecologici».
UN QUADRO FRAMMENTATO
Si sta facendo un grande sforzo per armonizzare, a livello internazionale, le regole per la certificazione dei prodotti cosmetici naturali. «Le realtà, in Europa,
sono frammentate», afferma Riccardo
Anouchinsky, Università degli studi di Ferrara. «Sono stati creati marchi e standard
di qualità naturale, biologica, ecologica a
carattere privato, promossi da associazioni, aziende ed enti certificatori, che
sopperiscono alla mancanza di riferimenti ufficiali e rispondono al bisogno di
tutela del consumatore e dei produttori
più responsabili. Solo per fare qualche
esempio, il marchio Natrue riunisce cinque aziende tedesche, in Germania il
dieci per cento del mercato cosmetico è
certificato; Cosmebio, in Francia, riunisce trecento aderenti e la comunicazione
in questo settore, Oltralpe, è in voga da
dieci anni; Ecocert, la certificazione più
conosciuta in assoluto, comprende novecento aziende certificate nel mondo. È
arrivato il momento di rinunciare a standard nazionali», incalza Anouchinsky, «e
armonizzare le linee guida a livello europeo. Con questo scopo, stiamo collaborando all’implementazione dello standard non aziendale Cosmos, che vuole
garantire l’estinzione degli standard nazionali ora presenti». La babele di marchi
Le sostanze di origine botanica posseggono
molti inconvenienti. Sono ricche di inquinanti
(metalli pesanti e aflatossine), variazioni
stagionali provocano differenze
di concentrazione, per cui emerge
un problema di standardizzazione.
Dal punto di vista formulativo, è pur vero
che senza prodotti chimici non si possono avere
cosmetici accettabili. Le materie prime vegetali,
intese come piante o parti di esse, devono
essere da agricoltura biologica o raccolta
spontanea certificata. In ogni caso, sono
escluse materie prime vegetali geneticamente
modificate, a rischio di estinzione e, ancora,
per le materie prime di origine animali deve
essere garantito il benessere dell’animale.
L’utilizzo della glicerina vegetale è consentito,
mentre è vietato l’uso di collagene, cheratina,
chitosano, chitina, ceramidi, elastina,
eparina, acido ialuronico, acidi nucleici
ed enzimi di origine animale. Tra i principi
chimici, è ammessa solo una ristretta cerchia:
conservanti: acido benzoico e suoi sali, alcol
benzilico, acido deidroacetico e suoi sali, acido
salicilico e i suoi sali, acido sorbico e i suoi sali,
tetrasodio glutammato diacetato;
polimeri: no ai carbossivilici e agli acrilici;
fragranze: solo oli essenziali o fragranze
Ecocert (poche disponibili), ottenute
da una miscela di composti olfattivi naturali;
filtri solari: solo fisici non ricoperti o ricoperti
con coating ammesso (alumina e silica possono
essere accettati se è presente un’attestazione
di origine minerale);
solubilizzanti: non è ammesso il processo
di etossilazione;
siliconi: ammessi per raggiungere
la sensorialità e lo skin feeling.
non aiuta il consumatore a scegliere consapevolmente e incrementa la concorrenza sleale: scegliendo uno standard di
più facile accesso si acquisisce un marchio commercialmente spendibile grazie
allo sfruttamento dei concetti di naturale
e biologico solo a livello di immagine.
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UN PERCORSO ACCIDENTATO
È necessario spostare il concetto da profitto a valore aggiunto, la sostenibilità è un
percorso, un impegno di coerenza e integrazione. Come si valuta la sostenibilità di
un processo di produzione?
«La sfida è rappresentata dalla capacità
di individuare e definire nuovi modelli di
sviluppo in grado di conciliare le esigenze
economiche e sociali di cittadini, imprese
e istituzioni con la tutela e la conservazione qualitativa, quantitativa e funzionale
dell’ambiente», risponde alla domanda
Valentina Catellani, Gruppo di ricerca e
sviluppo sostenibile dell’Università degli
Studi Milano Bicocca, dipartimento di
Scienze ambientali. «Il Life cycle assessment permette di valutare gli impatti ambientali associati al ciclo di vita di un prodotto o di un processo, attraverso la quantificazione dei consumi di materia, energia ed emissioni nell’ambiente, e l’opportunità di diminuirli». Questi studi si affron-
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tano ormai dagli anni Settanta e la necessità di intraprenderli si fa sempre più pressante, a causa dell’esaurirsi delle fonti naturali. Il ciclo di vita di un prodotto comprende l’estrazione della materia prima, la
sua lavorazione, la fabbricazione, il trasporto, la distribuzione, l’uso, la raccolta,
lo stoccaggio, il recupero e lo smaltimento
finale del rifiuto. «La valutazione dei miglioramenti possibili prevede», continua
Catellani, «la selezione di materiali a basso
impatto ambientale e rinnovabili, la sostituzione con materiali riciclati, l’ottimizzazione delle tecniche di produzione e dei sistemi di distribuzione, la riduzione e semplificazione degli imballaggi, la comunicazione pubblicitaria a basso impatto e trasparente. Possibili elementi di innovazione abbinati al processo di formulazione
cosmetica», conclude, «oltre allo sviluppo
di formulazioni con ingredienti green (minore tossicità, recupero di scarti), sono la
scelta di fornitori da filiera corta e di mate-
riali biodegradabili per il packaging, nonché una comunicazione moderna attraverso internet e social network».
Mentre l’incrementata consapevolezza
del consumatore sta portando a una veloce espansione del mercato cosmetico
biologico, la limitata conoscenza dei formulatori e l’obiettiva difficoltà in assenza
di regole certe conduce a prodotti naturali fatti con ingredienti convenzionali.
«La confusione di informazioni fornite
rende semplice giocare con le rivendicazioni di naturale come uno strumento di
marketing, talvolta senza la controparte
necessaria di effettivi sforzi formulativi»,
interviene Silvio Pacillo, consulente di
marketing cosmetico. «Il risultato è una
sconfortante dequalificazione del mercato, nonostante la sua qualità straordinaria. Naturalità e sostenibilità sono valori
che possono diventare competitivi, le
aspettative non sono però ancora soddisfatte dal settore cosmetico».
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