Chi ci guida? - Equipe Notre Dame
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Chi ci guida? - Equipe Notre Dame
Equipes Notre Dame Sessione Nazionale Equipe Di Nuova Formazione SASSONE, 1-3 MAGGIO 2015 “Chi ci guida?” Il matrimonio, un sacramento; carisma e mistica delle END Siamo Lucia e Nino Taormina, sposati da 39 anni con tre figli e in equipe dal 1994, nella stessa equipe, anche se si sono succeduti nel tempo ben tre CS, la Palermo 4 del settore Sicilia Ovest. Abbiamo avuto il dono di sperimentare alcuni servizi nel Movimento: a partire dal più diffuso e condiviso di CRE, siamo stati Coppia DIP, successivamente abbiamo animato e coordinato il settore Sicilia Ovest come CRS ed infine stiamo concludendo il quarto anno in EI come CR della Regione Sud Ovest. Quando ci siamo sposati nel 76 avevamo già una fede trasmessaci dai nostri genitori e sicuramente non ci siamo sposati "in chiesa" ma "nella Chiesa". La differenza non è da poco. - Sposarsi "in chiesa" spesso esprime solo la volontà di celebrare "il rito nuziale" nella chiesa-edificio, non sostenuti da valide motivazioni di fede. -Sposarsi "nella Chiesa" ha significato per noi sposarsi "da cristiani", cioè da persone battezzate, la cui vita è segnata dall’amore reciproco e dalla presenza viva di Gesù, accolto e seguito. E’ stata una scelta d’amore in quanto profondamente innamorati desideravamo amarci per tutta la vita. La chiamata alle Equipe Notre Dame ha rafforzato la nostra fede, in quanto abbiamo avuto consapevolezza di questa CHIAMATA DIVINA a cui abbiamo risposto: una VOCAZIONE a vivere dentro la nostra coppia/famiglia la tensione all’amore perfetto. Siamo diventati consapevoli del fatto che essendo coppia, insieme dovevamo andare incontro a Gesù, per affidargli il nostro amore e per ascoltare da Lui che cos’è l’amore che ci unisce e come deve essere vissuto. Il movimento delle END ci ha consentito di scoprire che il Sacramento lo realizzavamo ogni giorno, nella nostra quotidianità, nelle nostre diversità, ci ha aperto gli occhi sul fatto che non potevamo essere “cristiani” ognuno per i fatti nostri, ma che CIASCUNO di noi due fosse RESPONSABILE del cammino di FEDE DELL’ALTRO, nell’attesa, nella gioia, nella fiducia, che Cristo dovevamo cercarlo nel fratello, nel figlio, nel genitore, nell’amico o in chiunque incontrassimo, ma, prima di ogni altro, l’uno nel volto dell’altro, l’uno con l’altro nelle difficoltà minime della giornata. Inconsapevolmente, realizzavamo ciò che il Magistero della Chiesa intende quando attribuisce al Matrimonio Sacramento le seguenti connotazioni: memoriale, attualizzazione, profezia. 1 Il Matrimonio come Sacramento E’ MEMORIALE in quanto dà agli sposi la grazia di essere sacerdoti del loro amore, cioè la capacità di celebrare nella loro vita le meraviglie di Dio e di esserne testimoni nel quotidiano; E’ ATTUALIZZAZIONE perché mette gli sposi in grado di vivere reciprocamente e nel rapporto con i figli, il perdono e l’accoglienza nell’amore. E’ PROFEZIA perché li rende testimoni di speranza in quanto realizzano il comandamento nuovo, la capacità, cioè, di amare senza avere attese e pretese. Dio stesso ingenera tale modalità agapica perché mette nel nostro cuore la sublime potenza di questa debolezza. Nel momento in cui come sposi ci doniamo gratuitamente, totalmente senza aspettarci nulla in cambio diventiamo sacramento. Ogni gesto di amore sincero, teso al bene dell’altro diventa manifestazione di Dio amore. Per essere capaci di donazione, è necessario però che come sposi facciamo esperienza di Dio nella quotidianità, acquisiamo la consapevolezza di essere amati da Lui per amare come lui . Giovanni ci dice nella prima lettera che Egli mentre eravamo lontani da Lui , ci ha amato per primo. Pertanto, fare dell’amore MISSIONARIETÀ della coppia. la propria Essere testimoni dell’amore. 2 casa significa attuare la Testimonianza è essere disponibili a vivere il “proprium” del Vangelo, del Cristianesimo, lo stesso nome di Dio, la sua identità, cioè l’amore . Realizzare il comandamento nuovo “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato” da questo sapranno che siete i miei discepoli. Padre Caffarel lo ribadisce a Lourdes nel 1965: “Le Equipes Nôtre-Dame sanno di essere e vogliono essere al servizio del Comandamento Nuovo, intendono lavorare con tutte le loro forze all’instaurazione della carità fraterna tra coniugi, tra genitori e figli, tra coppie e, più in là ancora, in tutta la cristianità. Il nostro mondo ha tremendamente bisogno di cristiani che si amino tra loro”. Sperimentare l’amore come potenza della debolezza, offrire senza pretendere, esponendoci al fraintendimento e anche al rifiuto. Il beato Giovanni Paolo II diceva “ Famiglia diventa ciò che sei”, e papa Benedetto XVI aggiunge “Famiglia diventa ciò che credi”. L’amore che unisce due persone attraversa fasi diverse, vive stagioni differenti, si apre a fecondità sempre nuove e la coppia ha bisogno di cure, di attenzione, di verifiche, di ascolto, di comunicazione verbale, e di dialogo dei corpi che si fanno comunione, di perdono reciproco, di ritrovare nell’amore del coniuge un’immagine dell’amore di Dio. Mettere la coppia al centro dell’attenzione del Movimento non significa, comunque, trascurare la famiglia, la comunità, la Chiesa. Anzi! E’ nella coppia che l’uomo sperimenta l’esistenza dell’amore oblativo, del dono reciproco, della comunione; ma la comunione – in quanto tale- tende ad espandersi, a crescere, ad abbracciare in cerchi sempre più ampi chi ci circonda, a sentirsi ed essere Chiesa. L’esperienza di ogni giorno, il dialogo continuo in coppia, il contatto, lo scambio e il confronto con innumerevoli altre coppie, l’ascolto dei teologi e dei consiglieri spirituali, la partecipazione a incontri e ritiri spirituali, la preghiera individuale, coniugale, familiare e comunitaria, la lettura assidua della Parola, l’attenzione ai segni dei tempi, nella continua verifica che “camminando s’apre il cammino” introducono la coppia in una dimensione di conversione permanente. 3 Grazie all’esperienza END, in Parrocchia per diversi anni ci siamo occupati di percorsi di preparazione al matrimonio ed è stato per noi la modalità di approfondimento del SACRAMENTO come LUOGO DELL’INCONTRO CON DIO. In quelle occasioni, purtroppo, ci siamo resi conto che solo una minoranza di coppie vive la celebrazione del proprio matrimonio come segno e celebrazione di una libera opzione di fede e di amore, nella luce del Vangelo, in spirito di autenticità, la maggior parte vivono le nozze in Chiesa come momento folkloristico, consumistico e frivolo. Un passaggio obbligato per far comprendere ai giovani il sacramento del matrimonio consiste nel mostrar loro che Dio ci parla e si rende presente attraverso i simboli e i “sacramenti” della vita. La realtà più profonda di noi stessi la esprimiamo, infatti con i simboli, cioè con delle realtà umane che rimandano a qualcosa d’altro, con dei “sacramenti”. La parola simbolo deriva dal greco [symbolon] che significa “mettere insieme”. Nell’antica Grecia era consuetudine spezzare in due in genere una moneta o una tavoletta di bronzo o di metallo più pregiato consegnandone poi un frammento ad ogni interessato; le due parti, conservate dall’una e dall’altra parte, di generazione in generazione, permettevano, in tal modo, agli eredi dei due amici di riconoscersi. Ognuna delle due parti si chiamava “simbolo”. Il significato della parola però non si arrestò a questo solo significato pratico, ma andò a determinare tutte le relazioni che si ratificavano per così dire tramite un segno visibile. Platone, nell’opera il Simposio ci fornisce una sua definizione di “simbolo” . Il drammaturgo Aristofane, prendendo la parola, utilizza un mito per spiegare la potenza di Eros sugli uomini, e quindi la tematica del simbolo. “L’antica nostra natura – scrive Platone – non era la medesima di oggi. In principio gli uomini erano l’uno e l’altro, uomini e donne allo stesso tempo, la loro forma circolare, il loro aspetto intero e rotondo. Un tempo - egli dice - gli uomini erano esseri perfetti, non mancavano di nulla e non v'era la distinzione tra uomini e donne. Zeus, volendo castigare l’uomo per la sua tracotanza, avendo voluto sfidare gli dei, non volendo distruggerlo, lo tagliò in due. ” Per curare l’antica ferita, Zeus, dopo averla inflitta, inviò Eros “fra gli dei, l’amico degli uomini, il medico […] colui che riconduce all’antica condizione. Cercando di far uno, ciò che è due” Platone pertanto intende dire che ciascuno di noi è il simbolo di un uomo, la metà che cerca l’altra metà, il simbolo corrispondente“. 4 Partendo dalla nostra quotidianità, dai rapporti intessuti tra noi, all’interno della nostra coppia, con i figli, con gli amici evidenziamo che le parole da sole sarebbero del tutto inadeguate, specialmente nei momenti intensi di amore, di gioia e di dolore. Diciamo che i gesti rafforzano le parole; danno corpo alle intuizioni, ai valori e ai sentimenti; toccano il cuore e plasmano la personalità. Il linguaggio simbolico è un modo di essere e di comunicare. Coinvolge tutta la persona: intelligenza, volontà, affettività e corporeità. Non solo rappresenta le realtà spirituali invisibili, ma le contiene e le comunica effettivamente. Strumento essenziale di ogni comunicazione, quindi, è il corpo. Il segno che svela e lo strumento che realizza la presenza e l’azione di una persona, anche se rimane pur vero che a volte il corpo fa resistenza allo spirito e vela più che rivelare, ma sappiamo bene che è impossibile per noi uomini esprimerci senza un corpo. Dio si serve dell’esperienza simbolica per aprire all’esperienza religiosa e a tutte le persone offre il mondo e la vita come simbolo della sua grandezza e vicinanza, come realtà che rimanda verso il suo Mistero. Si può dire che la vita si nutre di esperienze sacramentali ( la nascita, la comunione sessuale, i pasti, la morte.) squisitamente umane e che Dio stesso si manifesta nella creazione e nella vita di tutti con i simboli, con delle realtà umane che acquistano valore di sacramento perché aprono lo sguardo sul mistero cioè sul piano di salvezza di Dio. Diciamo che Gesù è il luogo dell’incontro con Dio, è il “sacramento primordiale” È in Gesù Cristo, nella sua vita, morte ed esaltazione, che Dio si è fatto vicino, ha donato la propria realtà vitale e vivificante, ha comunicato se stesso. Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta» “Filippo, chi vede me vede il Padre” Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: «Mostraci il Padre»? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? (Gv 14,9). 5 Certo, occorre aver fede, non una fede emozionale, ma pensata, una fede che si interroga, che si mette in discussione, che sappia convivere con il dubbio. Il vescovo di Caltanissetta, Mario Russotto diceva di aver paura di quelli che affermano di non aver dubbi. Egli ne ha tanti, occorre che tutte le mattine rifaccia la sua scelta di fede. La fede non è data una volta per sempre, ma è tensione, affidamento, è quotidiana “martyria,” una testimonianza del Vangelo di cui siamo portatori. San Luca insegna che la conoscenza dei contenuti da credere non è sufficiente se poi il cuore, autentico sacrario della persona, non è aperto dalla grazia che consente di avere occhi per guardare in profondità e comprendere che quanto è stato annunciato è la Parola di Dio. Come Bartimèo, subito acquistò la vista e prese a seguirlo nella via», la fede nata dall’ascolto deve diventare relazione personale con il Signore. La fede, infatti, cresce quando è vissuta come esperienza di un amore ricevuto e quando viene comunicata come esperienza di grazia e di gioia. Essa rende fecondi, perché allarga il cuore nella speranza e consente di offrire una testimonianza capace di generare: apre, infatti, il cuore e la mente di quanti ascoltano ad accogliere l’invito del Signore di aderire alla sua Parola per diventare suoi discepoli. I credenti, attesta sant’Agostino, “si fortificano credendo. Solo credendo, quindi, la fede cresce e si rafforza; non c’è altra possibilità per possedere certezza sulla propria vita se non abbandonarsi, in un crescendo continuo, nelle mani di un amore che si sperimenta sempre più grande perché ha la sua origine in Dio. L’importanza del Sacramento del Matrimonio, del suo “mistero” appare sin dalle prime pagine della Sacra Scrittura, che si apre con la creazione dell’uomo e della donna fatti ad immagine e somiglianza di Dio (Gn 1, 26-27) e si chiude con la visione delle “nozze dell’Agnello” (Ap 19,7-9) 6 “Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché son giunte le nozze dell'Agnello; la sua sposa è pronta, le hanno dato una veste di lino puro splendente». Allora l'angelo mi disse: «Scrivi: Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell'Agnello!». Dopo aver creato Adamo, il Signore dice: “Non è bene che l’uomo sia solo; gli voglio fare un aiuto che gli sia simile. Allora il Signore creò la donna e la presentò ad Adamo che disse: “Questa volta essa è carne della mia carne e osso delle mie ossa” (Genesi 2, 18-23 “Per questo l’uomo abbandonerà sua padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne” (Genesi 2, 24). Che ciò significhi un’unità che non deve venir mai meno delle loro due esistenze, Gesù stesso lo mostra ricordando quale sia stato, “all’origine”, il disegno del Creatore: “Cosicché non sono più due, ma una carne sola” (Mt 19, 6). Nella sua predicazione Gesù ha insegnato senza equivoci il senso originale dell’unione dell’uomo e della donna, come il Creatore l’ha voluta all’origine: il permesso dato da Mosè, di ripudiare la propria moglie, era una concessione motivata dalla durezza del cuore (Mt 19 ,8); l’unione matrimoniale dell’uomo e della donna è indissolubile, perché Dio stesso li ha congiunti. Perciò Gesù ha detto: “Quello dunque che Dio ha unito, l’uomo non lo separi” (Mt 19, 16). Alle soglie della sua vita pubblica, Gesù compie il suo primo segno – su richiesta di sua Madre – durante le nozze di Cana (Gv 2, 1-11). La Chiesa attribuisce una grande importanza alla presenza di Gesù alle nozze di Cana. Vi riconosce la conferma della bontà del matrimonio e l’annuncio che ormai esso sarà segno efficace della presenza di Cristo. Il Nostro Padre fondatore, Padre H. Caffarel diceva che “La sola intenzione vera che corrisponde alla finalità delle équipes è la volontà di conoscere meglio Dio, di amarlo e servirlo meglio. Si viene alle équipes per Dio e ci si resta per Dio. Il motivo dell’entrata e della permanenza in équipe è religioso, cioè in relazione con Dio.” Identificazione con Cristo, al punto da poter affermare con S. Paolo: “Non sono più io che vivo, che amo, che soffro, che prego, è Cristo che in me vive, ama, soffre, prega”. Ecco il fine. Capite adesso perché vi chiedo così spesso di considerare la vostra appartenenza alle Équipes come qualcosa di essenziale? Non è essenziale essere iscritti ad un club di alpinisti o aderire a un'associazione di ex-alunni ecc. Ma se l’unione a Cristo è per voi essenziale e se le Équipes Notre-Dame vi sembrano il mezzo provvidenziale per arrivarci, allora io dico che le Équipes devono avere un posto essenziale nella vostra vita. Il dilettantismo è escluso!” (Lettera mensile, febbraio 1950) 7 Attraverso le END noi ci sforziamo di raggiungere il fine della vita di ogni cristiano, “LA SANTITA’”. Ci piace perché ci consegna uno stile di vita "normale" della coppia cristiana chiamata a vivere l’amore con Cristo e come Cristo. Essa non ha bisogno di imprese straordinarie, ma deve essere coltivata nella vita quotidiana attraverso gesti concreti: capirsi, servire l’altro dimenticandosi, sentirsi responsabili dell’altro, averne cura, volere il suo vero bene, dare la vita per lui, amarsi con gioia. E’ questa la spiritualità coniugale, il cui fondamento è la coppia stessa: è la coppia che diventa sacramento ed è in essa e nella sua specificità che si realizza la chiamata alla santità, una santità che non è fatta di altarini e preghiere incessanti ma che si realizza nel fare grandi le cose di tutti i giorni... E' a questa tipologia di santità del quotidiano a cui come coppia di sposi in virtù del nostro sacramento ci sentiamo chiamati con l’aiuto di Dio e dei fratelli a realizzare. Lucia e Nino Taormina 8