apertura 1-8

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apertura 1-8
Il palazzo del Banco Mediceo: edilizia e arte della diplomazia
Roberta Martinis
a Milano nel XV secolo
Ora diremo della degna casa la quale, come ho
detto, lo illustrissimo Francesco Sforza […]
donò per la benivolenza e segno di gratitudine e
anche per l’amicizia che era tra lui e la degna
memoria del magnifico Cosimo; e lui, come
grato del dono ricevuto, l’ha ristaurata e riallustrata e quasi come di nuovo fatta. E non con
piccola spesa, ma come uomo magnanimo l’ha
acresciuta e ampliata e ornata […]. Né ha guardato a spesa, perché molto più che non era delle
braccia ben trenta l’ha cresciuta, sì che mediante
l’agiunta fatta, è in tutto braccia ottanta sette e
mezzo; e così, pell’altro verso, incominciando
dalla porta dinanzi e andare infino a’ piè dell’orto, è della medesima misura. Vero è che non va
però al quadro, perché altre case la’mpediscono.
El quale orto si è braccia trenta pello largo, e
lungo braccia quaranta quattro.
[…] la detta casa è degnissima a Milano; e ancora, secondo intendo, la vogliono migliorare, e
ancora assai di più, perché vi sono case dirimpetto della facciata, le quali molto l’occupano. E per
questo l’hanno comprate, per gittarle in terra,
acciò che sia più luminosa e più bella, perché gli
sono molto propinque, ché non credo sia la strada larga oltr’a otto braccia. Sì che non è dubbio
che ogni volta che le dette case saranno in terra,
quella mostrarà più magnifica e molto più bella la
detta facciata. La quale, quando sarà ornata di
colori, come dice volerla fare, non è dubbio che a
1. Antonio Averlino detto Filarete,
facciata del palazzo del Banco Mediceo a
Milano (Firenze, Biblioteca Nazionale,
Codice Magliabechiano, II, I, 140,
Trattato di Architettura, libro XXV, f.
192r).
Milano non ne sarà un’altra simile, considerato e’
molti ornamentti ch’ella ha, massime la degna
porta marmorea, scolpita e intagliata degnissimamente, come di sopra dissi. E ancora l’entrata
d’essa è dignissima, e maggiormente quando sarà
dipinta nel modo che già ragionamo insieme con
Piggelo Portinari […]1.
Così Filarete illustra nelle ultime pagine del suo
Trattato di architettura, dedicato a Francesco
Sforza e ultimato nel 1464, il palazzo del Banco
Mediceo a Milano. La descrizione mette in luce
alcuni punti fondamentali: l’atto di donazione a
Cosimo de’ Medici da parte del duca di Milano,
l’impegno profuso dallo stesso Cosimo nel riassetto dell’immobile – probabilmente una riprogettazione complessiva – infine l’intenzione di
aprire una piazza prospiciente il palazzo. Alla
munifica donazione del duca corrisponde dunque la liberalità di Cosimo, che non lesina risorse per mostrarsi “maestro” dello stesso Francesco nel rendere il palazzo magnifico, e ornare
così la capitale sforzesca2. In questo modo Cosimo mette in atto un’esibizione umanistica di
virtù antiche, in cui il rapporto si gioca sullo
scambio grazioso, vale a dire sull’offerta reciproca di gratiae.
I documenti relativi alla donazione sono
noti: il 20 agosto 1455 Francesco Sforza dona
un sedimen posto in porta Cumana, nella parrocchia di San Tommaso in Cruce Sicariorum, a
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Cosimo di Giovanni di Bicci de’ Medici3. L’apertura nel 1452 della filiale milanese del Banco
Medici, che de Roover giudica come operazione
anti-economica, in effetti suggella un’alleanza
politica, patto di mutuo sostegno tra due regimi
entrambi deboli a causa della mancanza di una
piena legittimazione: il denaro dei Medici supporta gli Sforza a Milano, mentre le milizie
milanesi sono sempre disponibili a proteggere i
Medici a Firenze4. Da parte medicea, il progetto è trasferire la corrente dei traffici fiorentini
da Venezia a Milano: la direzione del Banco è
infatti affidata allo stesso Pigello di Folco Portinari che aveva fino allora diretto la sede veneziana. Sul versante sforzesco, il duca Francesco
fa capo costantemente al banco milanese dei
Medici e a Pigello Portinari, cui si lega strettamente in un rapporto di amicizia e consulenza
che lo vede diventare consigliere ducale5. I
Medici acquisiscono così una sorta di rappresentanza stabile a Milano, attraverso la quale transitano informalmente, vivente Pigello, anche
affari di rilevanza politica6.
Cosimo volle che l’edificio a lui destinato a
Milano fosse ricostruito sontuosamente: secondo Marcantonio Michiel, egli “reedificò quasi a
fundamentis e fecela la più bella casa di Milano”7, mentre l’interno, stando a Filarete, era
decorato da pitture di Vincenzo Foppa8. I lavori
iniziarono immediatamente, e furono probabilmente terminati entro il 14599.
Non è questa la sede per discutere il problema dell’autore del palazzo del Banco – Michelozzo, Filarete – ma, d’accordo con Liliana Grassi, si può osservare che l’assenza del nome di
Michelozzo nei rendiconti e nei quaderni di
cassa, insieme alla presenza tra le maestranze
toscane di un “Antonio da Firenze ingignero”,
induce a propendere a favore di un intervento
filaretiano. D’altra parte insospettisce che Filarete, attento a ricordare le proprie opere nel corso
del Trattato, inserisca nelle illustrazioni a corredo del testo la facciata dell’edificio milanese,
senza però ascriverlo a sé, né ad altri architetti10.
Sulla base dell’illustrazione contenuta nel
Trattato è possibile svolgere alcune considerazioni sull’architettura del Banco Mediceo. La
facciata introduce a Milano elementi inediti,
inequivocabilmente “stranieri” (ill. 1): il rivestimento a opus isodomum e le finestre ad arco con
trabeazione abbreviata anticipano, secondo
Christoph Frommel, alcune soluzioni del palazzo della Cancelleria a Roma (esemplate sul
modello delle antichità veronesi, come la porta
Borsari); mentre ai palazzi Medici e Rucellai
sono riconducibili le bifore appoggiate direttamente su di una trabeazione abbreviata e la conclusione con il cornicione all’antica su mensole11. Oltre al disegno di Filarete, del Banco
rimangono il portale realizzato tra il 1455 e il
1463, alcuni tondi con rilievi in terracotta (conservati al Museo d’Arte antica del Castello Sforzesco a Milano), e il frammento di affresco con
Cicerone bambino che legge proveniente dal portico del cortile, attribuito ragionevolmente a Vincenzo Foppa12.
A seguire i lavori per conto dei Medici è
Pigello Portinari, negli stessi anni committente
di villa Mirabella e della cappella in Sant’Eustorgio (1462): quest’ultima, in cui lo stesso
Pigello sarà sepolto nel 1469, esemplata sul
modello della sagrestia laurenziana, e affrescata
da Vincenzo Foppa tra 1466 e 146813.
Un edificio conteso: Lorenzo de’ Medici
e Ludovico il Moro
Dal punto di vista architettonico l’asse MilanoFirenze si configura come una conseguenza dell’alleanza politica mediceo-sforzesca, e come
tale sembra entrare in difficoltà a ridosso della
congiura dei Pazzi14. Le difficoltà finanziarie in
cui Lorenzo de’ Medici si dibatte negli anni successivi alla congiura rendono necessaria la
disponibilità di denaro contante: il 1° gennaio
1481 il Magnifico prende a prestito 2000 ducati, liberi da interesse, da Acciarito Portinari, fratello di Pigello e suo successore alla direzione
del Banco, con il patto che quest’ultimo avrebbe
goduto dell’usufrutto del palazzo del Banco fino
all’estinzione del debito15. Nel 1486, alla scadenza fissata, di fronte all’ulteriore necessità di
denaro, Lorenzo incarica Folco di Pigello Portinari di vendere la residenza milanese. La
vicenda è descritta da De Roover in modo sintetico: il palazzo sarebbe stato venduto a Ludovico il Moro, il quale “dopo aver alquanto mercanteggiato, accettò il prezzo chiesto da Lorenzo: 4000 ducati, esclusa la mobilia e gli arazzi.
Più tardi, il 22 maggio 1492, poco dopo la morte
di Lorenzo, il palazzo venne restituito ai Medici, che lo tennero per qualche anno”16.
La rilettura dei documenti già pubblicati
unita a nuovi ritrovamenti archivistici consente
tuttavia di articolare ulteriormente questo episodio, apparentemente poco significativo. A
entrare in gioco è infatti la dialettica ambigua
che a Milano si istituisce tra lo strumento giuridico della donazione ducale, la volontà degli
Sforza (da Francesco a Ludovico il Moro, passando per Galeazzo Maria), e la complicata
orditura di alleanze e benefici che si riflette
anche nel settore dell’edilizia privata.
Tutto accade tra i mesi di febbraio e marzo
1486. La prima notizia circa la vendita è dell’11
febbraio: Lorenzo de’ Medici scrive a Jacopo
Guicciardini a Milano dando disposizioni per
Folco Portinari “che tiri innanzi la praticha
della casa et ordini il pagamento de’ 4000 a’
Pescioli”17. Che non si tratti di una vendita
spontanea è tuttavia insinuato nella corrispon-
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2. Presunto palazzo dei Medici tra corso
Magenta e via Terraggio, particolare
(rilievo di L. Beltrami, 1900).
denza dell’oratore ferrarese Giacomo Trotti
con il proprio signore:
[…] Lorencio di Medici sicondo me ha dicto il
signor Ludovico, ha venduto al castellano questo
suo palazo per ducati 4 mila, che ne viene più di 7
mila a Pigello che’l fece far, et dixeme che’l castellano lo haveva dicto a soa signoria che passa cum
admiratione de chi el stia parendoli che’l sia un
spicharsse da Mediolano et da questa amicitia et
domandandogli hoggi fo el castellano, molto
secretamente ha dicto haverlo comprato per
Loise da Terzago, et che per Dio non dica cossa
alcuna. Io so di quilli che assai me maraviglio de
Lorenzo […]18.
Le trattative proseguono, e Lorenzo si raccomanda con Folco Portinari “che non dia la casa
per manco che 4000 ducati in oro, senza le masseritie et tapezerie, le quali veghe di vendere il
più che può, et vendendola, ponga questi denari
sul bancho de’ Pescioli”19. Ma non vanno a buon
fine, tanto che la casa viene venduta con disappunto di Lorenzo a metà del prezzo convenuto:
2000 ducati20. Pochi giorni dopo, il 15 marzo –
si noti la vicinanza delle date – Lorenzo scrive al
Castellano di Milano e a Folco Portinari informandoli di aver ovviato alle necessità economiche incombenti, e di rinunciare di conseguenza
alla vendita della casa21:
Folco, io respondo al signor castellano che ho
remediato per altra via, che cotesta della casa, al
bisogno in che mi trovavo alla partita tua, et che
sendo cessata la cagione che mi strigneva ad venderla non vogli gravarmi altrimenti alla ratificatione, ma resti contento a questa deliberatione et
come stimo farà per l’amore che mi porta. Questo
modo di r(eal)tà ho preso perché non fo pensiero
a nessuno modo gittare via cotesta casa né mutarmi di questo proposito insino che non incenda el
conveniente pregio che vale et però puoi lasciare
questa pratica et mandare inanzi quanto più presto puoi quella prima, la quale stimo a questa hora
habbi conclusa et così aspecto d’intendere con
desiderio et tu expedita che sia, te n’andrai al
cammino tuo sanza soprastare più così et non
seguendo conclusione alcuna della casa la lascerai
ad Andrea Bertolini […]22.
Il cambiamento di rotta non è gradito dagli
Sforza: Ludovico, intenzionato a donare la casa
ad Alvise da Terzago, segretario ducale, non ha
infatti alcuna intenzione di recedere23. Al contrario, sembra disposto a pagare per essa qualsiasi cifra24. Lorenzo, da parte sua, dispone di
non accettare il pagamento25. Evidentemente la
situazione non si sblocca, se a fronte delle proteste di Lorenzo, e alla tracotanza del Terzago –
descritto da Bernardino Arluno “omni benefitiorum genere cumulatum ac propterea tumidus
et insolentius”26 – Ludovico oppone a titolo di
risarcimento l’offerta di un’altra casa:
Circa la casa aspecto le lettere ti chiesi che furono chieste a me in quella forma, col castellano
parlai et in mia compagnia l’oratore regio et ferrarese. La risposta sua fu prima in parerli che tu
dovessi stare contento a quello era facto et che a
Milano non t’avea a mancare casa, con dire ne
faceva murare una maggiore et più bella che la
tua et che era contento dartela et cetera. Io gli
risposi a tucte le parti come mi parve si richiedesse et a questa ultima dixi, benché fussi più
bella non sarebbe quella che il duca Francesco
donò a Cosimo, et che tu eri in questo fermo
proposito di non consentire alla vendita et di
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Terzago, probabilmente incredulo di essere riuscito a impadronirsi così facilmente di un palazzo tanto prestigioso, gettano l’oratore fiorentino
nella costernazione28.
In cambio dell’edificio perduto Ludovico
propone intanto il 7 giugno 1486 una prima
donazione in cui si fa menzione di una casa a San
Maurizio (porta Vercellina)29. La donazione non
sembra tuttavia risultare effettiva: quando il 30
giugno l’oratore Guicciardini scrive a Lorenzo
della possibilità di scegliere una residenza adeguata, le dimore disponibili sono quella del duca
di Urbino (adiacente la chiesa di San Maurilio a
porta Ticinese) e quella degli Sforza di Pesaro30.
Ammettendo implicitamente l’ambiguità
insita nello strumento giuridico della donazione
ducale, la principale preoccupazione dell’oratore è ora di ottenere un contratto valido e più
preciso possibile. Il 16 luglio viene infine registrata la donazione di Gian Galeazzo Maria
Sforza a Lorenzo de’ Medici delle case che già
furono del duca di Urbino31. In cambio, viene
ratificato l’accordo relativo al passaggio di proprietà del palazzo del Banco Mediceo ad Alvise
da Terzago32.
La vicenda è commentata dal già citato oratore ferrarese:
non pigliarne danaro et che chi dicea haverla
comperata, harebbe questo vantaggio che l’arebbe sanza prezo, ma che sarebbe contro alla voglia
tua et ultimamente dixe parlarne con messer
Luigi da Terzago et fare quello bene potessi. Ho
parlato con Luigi et truovolo duro in modo che
se il signor Lodovico non delibera pigliarla co
denti la cosa si rimarebbe così, io ci aopero quello potrò ma stima che la cosa non è facile come
t’a dimonstri nello scrivere tuo per la cagione
che per altre t’o decto27.
3. Giuliano da Sangallo, edifici di villa
per Lorenzo il Magnifico, particolare
(Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana,
Codice Vaticano Barberiniano Latino
4424, f. 9r).
La scarsa disponibilità di Ludovico, che dimostra di voler gestire il patrimonio immobiliare a
propria discrezione, unita all’aggressività del
[…] Quanto sia per la casa sua venduta a messer
Aluisio da Terzago per quello sempio factore dil
magnifico Laurentio che altrimente non se può
baptizare el preditto signore magnifico Ludovico,
se ne reportate a me come a quello che meglio è
informato di questo, un così … come altra persona che sia ni in Mediolano ni ambasciator in Fiorenza come sera Iacobo Guizardini olim qui oratore. Scio, le promesse e le sottoscriptioni di
mano propria dil preditto signor Ludovico, per la
recupation di epsa casa. Dela vendita di la quale,
confesso, il prefato signor haverne havuto grandissimo despiacer, sì per respecto dil venditore,
come dil compratore, e scio io, che com il mezo
dil signor duca di Mediolano, e il magnifico
castellano, cognato d’Aluisio, ha sua signoria facte
molte pratiche, perché Aluisio restituisca indrieto
la dicta casa, la quale è vero, che cum caricho dil
preditto magnifico Laurentio è stata venduta
molto mancho dil iusto pretio, de che asai, se ne
ha facto le marze beffe, et dice sua magnificentia
il vero delle soe maseritie e robbe che erano in
dicta casa, le quali sono restate ad messer Aluisio
cum la casa.
Et per il signor Lorenzo, non è restato che farla
restituire, pur che havesse potuto cum honor suo,
ma li obstava lo instromento dilla vendita in
ampla forma facto, per quello suo factore. Et fatio
a vostra excellentia questa conclusion, per quello
che io scio, come anche molte volte dixi ad epso
Iacobo Guizardini, che al fine el preditto magnifico Laurentio havera la casa, e il pretio che la se
è venduta. Scio et dio, la casa imbratata la quale
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per contentare epso magnifico Laurentio là fu
donata, che fu dil duca di Urbino, et non nego che
la s’è invilupata come sua magnificentia dice, ma
il factore suo fu cagion d’ogni malo […]33.
I Medici sono dunque costretti a trasferirsi, di
malavoglia, nel palazzo del duca di Urbino34. Un
documento successivo, datato 14 settembre
1489, dimostra però che il soggiorno nella casa
dei Montefeltro era previsto in forma temporanea. Ludovico si era infatti impegnato a restituire il palazzo del Banco Mediceo ai suoi legittimi
proprietari nel giro di tre anni35.
Allo scadere dei tre anni Ludovico tuttavia
tergiversa, tanto da suscitare a questo punto l’irritazione di Lorenzo, il quale sporge formalmente ricorso facendo valere le proprie pretese
sulla casa. Intanto i pretesti addotti dal Moro si
moltiplicano: questa volta si tratta di alloggiare
la sua figlia naturale Bianca, promessa sposa di
Galeazzo Sanseverino36.
Nel frattempo Alvise da Terzago era caduto
in disgrazia, e presumibilmente aveva già lasciato la casa dei Medici a Bianca Sforza e Galeazzo
Sanseverino37. La situazione non sembra presentare vie d’uscita fino alla morte di Lorenzo38.
Nel maggio 1492 l’oratore scrive a Piero de’
Medici riferendo di una nuova donazione39, ratificata il 22 maggio successivo40. Questo frenetico passaggio di proprietà immobiliari non passa
inosservato, e l’ambasciatore di Ferrara Giacomo Trotti, nel commentare i preparativi per il
battesimo del figlio di Ludovico il Moro, scrive:
Non scio cum che bona sattisfaction del signor
Ludovico possano restare il duca di Urbino ni il
signor Ottaviano, non li haver, o mai, pagati dil
suo soldo passato, e avendoli tolta la casa che li
fo donata qui in Mediolano. In la quale, stava li
ambasciatori fiorentini, per habitatione dela
quale, in cambio de quella, li ha data, la casa che
fo del Magnifico Lorenzo, venduta a messer
Aluisio da Terzago, et mo liberamente donata a
Petro de Medici. Ragionando heri cum il preditto signor Ludovico, me dixe volere vendere
quella, che fo del duca di Urbino, et esserne in
praticha, et che metteria a stare in rocha cum la
sua robba et supelectile sua figliola, moglie dell’illustre messer Galeazzo per insino chel gli
haveva facto fabricare uno palazo, che gli fa fare,
fora de porta Vercelina, presso il Castello de
porta Zobbia. Ma su queste cose l’homo ordina
e dio dispone41.
La ripresa dei buoni rapporti tra casa Medici e
gli Sforza è suggellata ancora una volta da un
atto di liberalità architettonica: Ludovico chiede a Lorenzo il modello di Poggio a Caiano; lo
riceverà nel mese di ottobre, per mano di Giuliano da Sangallo42. Pochi giorni dopo il passaggio dell’architetto fiorentino, il 27 novembre
l’oratore riprende possesso della casa in nome
di Lorenzo:
[…] Mando hoggi il cancellaro ad Milano perché
siano tornati nella casa nuova et messovi dentro
tutte le nostre masseritie et habitia(lità) in tuo
nome, maxime che mi è referito oltra esserti stata
consegnata netta, che era stato cavato panche,
campanelle, palle e simili cose che so è contro ad
la intentione di costoro. Vedrò con dextreza sanza
gniuno tuo carico di rihavere il più potrò. Vorrei
mi mandassi una procura ad pigliare la possessione et ad quest’altre cose di questa casa, perché per
instrumento potessi expedire il tutto che non ce
n’è se non in Filippo: ma per essere facta dalla
felice memoria di Lorenzo expirata […]43.
L’attitudine del Moro nel disporre delle residenze dei potentati stranieri a Milano a fini diplomatici si accentua dopo l’assunzione del titolo
ducale. La redistribuzione delle proprietà
immobiliari è continua e segue l’andamento
quasi umorale delle relazioni diplomatiche di
Ludovico. Ai Medici, dopo il 1494, non resta
che abbozzare (del resto sono appena stati cacciati da Firenze): nel marzo 1495 il palazzo del
Banco cambia nuovamente proprietario, donato
questa volta ad Antonio Maria Sanseverino44. E
si noti come nuovamente il Moro disponga dei
beni medicei alla stregua dei propri: l’ambasciatore veneziano Sebastiano Badoer in data 28
marzo 1495 scrive scandalizzato: “Questo signore ha donato a D. Antonio Maria la casa che era
di Piero de Medici: et facto ussir l’oratore Fiorentino che in quela alozava et datali un’altra
habitatione”45.
Non è chiaro fino a che punto quest’ultima
donazione abbia avuto effetto poiché già nel
1496 il palazzo risulta abitato da Giuliano de’
Medici, fratello del futuro papa Leone X46, mentre un altro documento fa menzione di una
nuova donazione della stessa casa ai Medici, praticamente una restituzione47. Una lettera di Bartolomeo Calco, datata febbraio 1497, riassume
infine l’intera vicenda:
Per la felice memoria dello illustrissimo signore
nostro presente fo donata una casa in questa
nostra cità al messer Cosimo de Medici, poi confirmata per li illustrissimi ... al magnifico Laurentio quale la vendete ad Aluysio da Terzago, per li
demeriti del quale fo poi confiscata alla camera
nostra, unde noi la redonassimo alli fioli del prefato Laurentio, alli quali li dì passati per qualche
mancamento de Petro fo per noi tolta dicta casa,
et così l’habiamo tenuta fin adesso. Parendone
hora che seben Petro di Medici ha mancato saria
cosa conveniente et li altri fratelli patissero pena
del errore di Petro. Et però habiamo ordinato che
questa casa sii restituita ad Iuliano parendone non
poscerla retenir se non cum graveza nostra, et
contra il debito de la vestra, né per altro rispecto,
e movemo ad far questa restitutione. La qual cosa
farai intendere agli eccelsi signori adeo non
pigliassino suspitione […]48.
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Con la caduta degli Sforza i Medici perdono
definitivamente il palazzo del Banco, che segue
la stessa sorte degli altri beni della Camera
ducale, ridistribuiti tra i fedeli al nuovo corso.
Residenza ancora nel 1499 considerata tra le più
prestigiose della città, viene assegnata dal re
francese a Catellano Trivulzio, mentre un altro
dei palazzi più importanti della corte sforzesca,
quello di Pietro dal Verme, viene donato a Luigi
di Ligny49.
La politica delle donazioni ducali
Intorno al meccanismo della donazione sovrana
si gioca dunque parte della politica interna ed
estera dei duchi di Milano nella seconda metà
del Quattrocento, con una certa continuità tra i
diversi titolari del potere, da Francesco Sforza a
Ludovico il Moro. Se da una parte i beneficiari
sono personaggi assai vicini al duca – come i
Sanseverino50 o Lucia Marliani, alla quale
Galeazzo Maria dona nel 1475 una casa a Porta
Vercellina, già comperata dagli eredi di Pietro
Torelli51 – dall’altra la donazione assume un
valore eminentemente diplomatico nel ribadire
alleanze e cadute in disgrazia52.
Sin dal 1468 Galeazzo Maria aveva donato a
Federico da Montefeltro un sedimen a porta
Ticinese53, mentre il 23 luglio 1477 il marchese
di Ferrara ringrazia il signore di Milano per il
dono di una casa “fo del signor Roberto (da San
Severino), posta lì in Milano”54. Negli anni
Novanta, con Ludovico, la distribuzione e la
revoca delle donazioni diviene più intensa: ne è
vittima lo stesso Giovanni Sforza conte di Pesaro, la cui casa, come si è visto, era già stata considerata nel 1486 un’alternativa possibile per il
risarcimento dei Medici dopo la perdita del
palazzo del Banco. Nell’estate del 1490 anche il
pesarese perde la propria residenza:
Lodovico mio cancellieri quale per li mesi superiori è stato lì me fece intendere per una sua à
requisitione dela prefata Illustrissima madonna
mia madre esser emanato uno comandamento
dalo Illustrissimo signor Lodovico che la mia casa
dovesse essere sgombrata. Dechè in verità ne ho
presa qualche admiratione non conoscendo dove
tale novità fosse causata, perché non mi conosco
haver facto cosa che meritasse tale vergogna e
danno. E maxime me fo maravigliato: che se la
Illustrissima madonna mia Madre voleva ad sua
satisfactione habitar dicta casa, dovea al mancho
per sua littera darmene qualche aviso como de
cosa mia, e como antiqua heredità de nostri passati, confirmata per molti decreti autentici de
quelli Illustrissimi signori passati55.
Anche il segretario ducale Marchesino Stanga
è beneficiario nel 1493 di una casa sulla nuova
piazza prospiciente il castello di porta Giovia,
aperta nel 149256. Confinante con lo Stanga è
Galeazzo da Sanseverino conte di Caiazzo,
capitano dell’armata sforzesca e genero di
Ludovico, il medesimo che aveva dapprima
abitato nel palazzo del Banco Mediceo in attesa dell’ultimazione dei lavori nel palazzo al
Castello57. E a Leonardo da Vinci, nel 1498, il
duca regala una proprietà nei pressi di Santa
Maria delle Grazie, vicino alla casa degli Atellani, a quella di Bartolomeo Calco e di Mariolo de Guiscardi58.
A sua volta l’origine del palazzo del Pio
Albergo Trivulzio – in via della Signora, e di proprietà della famiglia Trivulzio fin dal 1507 – è
ancora da individuare in un sedimen appartenuto
al Moro, donato nel 1495 al duca Alfonso d’Este,
e venduto da questi a Teodoro Trivulzio59.
Essenziale, in questa politica che mira al controllo delle proprietà immobiliari più importanti da parte del principe, è l’idea che il suolo e gli
edifici camerali siano di sua proprietà, con la
facoltà di poterne disporre a proprio piacimento60. Il concetto diviene fondamentale nel periodo sforzesco, ma già nel primo Quattrocento
immobili confiscati, ed esenti da tributi, erano
stati donati a fedeli della casata viscontea61. Le
donazioni di immobili a stranieri (da quel che si
può dedurre dai documenti considerati) sembrano inoltre concedere l’usufrutto dell’immobile –
nonostante ogni volta si proclami la donazione
“irrevocabilis […] ab hodierna die in antea perpetuo valitura” – e si intendono da confermare
alla morte di uno dei due contraenti62. A ogni
avvicendamento ai vertici del ducato i documenti attestano infine una revisione generale di tutte
le donazioni: nel 1471 con Galeazzo Maria, nel
1481 con Ludovico, e anche con i francesi dopo
il 149963.
Dopo la caduta del Moro le magistrature
preposte alla gestione del patrimonio immobiliare mantengono un atteggiamento invariato; e
allo stesso modo, nell’avvicendamento tra francesi e sforzeschi, i governi tenderanno a mantenere lo stretto controllo sulla concessione di
questi privilegi, revocando e redistribuendo i
beni immobili a ogni necessità.
“In uno mondo nuovo”: gli Sforza
e la medicean legacy
Nella donazione del palazzo del Banco a Cosimo, Francesco Sforza mette a segno consapevolmente una duplice operazione, diplomatica e
culturale insieme: il dono suggella infatti un’alleanza politica, ma il beneficiario è anche un
committente di prim’ordine. La complessa
ristrutturazione del palazzo ricevuto in dono dal
duca di Milano è promossa dai Medici e gli
oneri risultano tutti a carico loro. Tuttavia,
come si è visto, l’ambiguità del meccanismo
della donazione permette di ritenere tacitamente il palazzo ancora pertinenza della Camera
ducale, e come tale passibile di un’eventuale
42
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4. Francesco di Giorgio Martini,
schemi di palazzo con atrio circolare
(Firenze, Biblioteca Nazionale, Codice
Magliabechiano, II, I, 141, f. 20r).
5. Francesco di Giorgio Martini,
schemi di palazzo con atrio e “lume
superficiale” (Firenze, Biblioteca Nazionale,
Codice Magliabechiano, II, I, 141, f. 21r).
ridislocazione sulla scacchiera urbana, in coerenza alle oscillazioni della scacchiera diplomatica: certo non implausibili in un prossimo futuro, qualora le alleanze fossero mutate.
Nel cronico clima di incertezza nel gusto
della corte sforzesca, e nel contesto di ciò che
Boucheron definisce “costruzione politica di
uno stile architettonico principesco”, il canale di
aggiornamento privilegiato della cultura artistica e architettonica milanese è certamente quello
fiorentino: fin dal suo insediamento, Francesco
Sforza sceglie infatti Cosimo de’ Medici come
suo interlocutore principale, più un referente
che interlocutore alla pari64.
Con Francesco Sforza si chiude dunque l’epoca della secolare inimicizia fra Milano e
Firenze: Francesco e Cosimo aprono, con la
pace di Lodi, un’età nuovissima, pur se d’equilibrio precario e tutto affidato alla sagacia politica
dei suoi artefici. A rendere pubblico e manifesto
questo nuovo stato di cose è funzionale il poderoso “trasferimento” culturale da Firenze a
Milano, nel quale un’attenzione privilegiata è
riservata all’esibizione architettonica.
Cosimo tenta di porre le imprese artistiche
sforzesche sotto il segno mediceo. Il suo ruolo
nella vicenda del progetto dell’Ospedale mila-
nese è esemplare: il progetto architettonico
della Cà Granda viene in gran parte elaborato a
Firenze, sotto l’autorità amicale di Cosimo. Già
nelle prime fasi della costruzione dell’Ospedale,
nell’aprile 1451, egli offre di inviare un architetto da Firenze, replicando la stessa politica di
esportazione di artisti fiorentini già sperimentata per Mantova (negli anni Cinquanta Filarete e
Luca Fancelli lavorano rispettivamente agli
ospedali delle due città). Va tuttavia tenuto presente che gli invii da Firenze sono sempre su
formale richiesta dei beneficiari, mai per autonoma iniziativa medicea, tanto meno per imposizione: Cosimo, diplomatico maximo, si fa cioè
pregare, e si consacra così arbiter elegantiae. Allo
stesso tempo i Medici non si accontentano di
una pura consulenza in materia di committenza
artistica, ma guidano le scelte di Francesco
Sforza65. Il figlio di Cosimo, Giovanni, trascorre alcuni mesi del 1455 alla corte milanese,
dove discute con il duca i programmi dell’Ospedale. E nell’agosto 1456 Cosimo si dichiarava disposto a concedere ai milanesi un architetto reduce dalle imprese romane promosse da
Nicolò V quale Antonio Rossellino, in sostituzione dell’ormai vecchio Filarete66. Dopo la
morte di Francesco Sforza, è infine a Piero de’
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6. Cortile di palazzo Salvatico (Marco
Vitruvio Pollione, De Architectura
translato commentato et affigurato
da Cesare Cesariano, Gottardo da Ponte,
Como 1521, libro VI, lxxxxvii).
Medici che Bianca Maria chiede disegni per il
sepolcro del marito nel 146867.
È durante l’età di Galeazzo Maria che il
clima capriccioso e l’esibizione di sfarzo si
accentuano, in una sorta di “bulimia” artistica,
soprattutto in competizione con le grandi committenze delle signorie territoriali: Urbino e
Firenze.
L’erede di Francesco accentua ancora di più il
processo di predominanza e influenza culturale
medicea come forma di diplomazia68. Nel 1471
intraprende una sorta di “ricognizione” delle
corti: è a Firenze nel mese di marzo – occasione
per una gara di gusto e di magnificenza – e
durante l’estate soggiorna un mese alla corte di
Mantova, dove vede la Camera degli Sposi, le
opere di Mantegna e Pisanello69. Al ritorno concepisce due progetti grandiosi. A novembre,
malato, detta un nuovo testamento in cui dispone la costruzione di un mausoleo per sé e per la
moglie: una chiesa rivestita di marmi, a pianta
centrale, con cappelle radiali, e una tomba in
bronzo. I modelli sono i battisteri pisano e fiorentino, ma appaiono altrettanto riconoscibili i
riferimenti al progetto albertiano promosso dai
Gonzaga per l’Annunziata di Firenze e al mausoleo ducale di San Sebastiano a Mantova70. La
seconda commissione è per il grande ciclo di
affreschi nel castello di Porta Giovia sul modello della Camera degli Sposi. E, non contento,
Galeazzo intraprende anche una campagna per
ingaggiare coristi dai Paesi Bassi, entrando in
competizione con il re di Napoli, il papa ed
Ercole d’Este in campo musicale71.
L’ansia di Galeazzo nel voler essere alla pari
dei grandi committenti italiani è chiaramente
testimoniata da una lettera del 24 febbraio 1471
inviata da Zaccaria Saggi a Ludovico Gonzaga:
adomandomi anchora se V.S. lavorava cioè fabbricava in alchun luoco, io dissi che questo era asso
fermo e che V.S. non indendesseria may de fare
fabricare qualche cosa, picola cose però, e non da
gran signore come era S.S.72.
È dunque Galeazzo a dare il via alle grandi commissioni sforzesche: il monumento equestre a
Francesco Sforza, la ristrutturazione del castello
di Porta Giovia, la Cappella ducale73, i lavori per
il duomo di Milano, la certosa di Pavia. Ed è in
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questi stessi anni che la strategia delle donazioni
ducali viene messa a punto in modo più funzionale. Donando palazzi in città a signori stranieri, e mantenendo al contempo gli immobili di
proprietà della Camera ducale, lo Sforza riconduce infatti gli stessi beneficiari – i Medici, i
duchi di Urbino – quasi al rango di cortigiani,
pur eccellenti ma sempre dipendenti dai favori
del dominus loci: e questo è perfettamente congruente con la mentalità di assolutismo pervasivo espressa da Galeazzo Maria74.
Le donazioni a stranieri consentono inoltre,
come vedremo, la possibilità di un aggiornamento culturale rapido ed economico. È Cosimo, non Francesco Sforza, a scegliere l’architetto e a pagare i lavori del Banco Mediceo: per
questo i Medici rivendicheranno la piena proprietà del palazzo, mentre gli Sforza intenderanno usufruirne a loro discrezione. E non si tratta
di un caso isolato.
Rispetto all’atteggiamento emulativo di
Galeazzo nei confronti dei principi italiani più
impegnati in munifiche committenze, Ludovico
è altrettanto indirizzato verso Firenze, ma mette
in atto una campagna propagandistica della
dinastia e del proprio ruolo giocata su piani
diversificati75. Anch’egli sceglie come interlocutore-antagonista Lorenzo il Magnifico, perpetuando la relazione tra Medici e Sforza. La competenza e l’aggiornamento di Lorenzo in materia di architettura sono infatti indiscutibili: e
forse il progetto per l’urbanizzazione di via
Laura, con l’ideazione di un “quartiere mediceo”, a Firenze funge da modello per il quartiere sforzesco di porta Vercellina a Milano76. A differenza di Galeazzo, Ludovico promuove dunque un uso politico molto spinto della scena
urbana, organizza i luoghi eminenti in funzione
dell’epifania principesca e dinastica, e pone
grande attenzione nel pubblicizzare ogni intervento ducale a favore di un maggiore decoro
urbano. Quanto Galeazzo è concentrato nella
competizione personale sul terreno del gusto e
della novità rispetto agli altri principi italiani –
un mecenatismo che resta chiuso all’interno
della corte – tanto Ludovico, probabilmente
sulla scia di Lorenzo de’ Medici, equilibra le esibizioni interne con iniziative sulle scene delle
città ducali, agendo sul tessuto urbano e risignificandolo per fulcri monumentali, piazze, ed edifici ornati77. In questo può valere, per Ludovico,
quanto Machiavelli scrive a proposito di Lorenzo: “volsesi a fare più bella e maggiore la sua
città: e perciò sendo in quella molti spazi senza
abitazioni, in essi nuove strade da empiersi di
nuovi edifici ordinò; ondeché quella città ne
divenne più bella e maggiore”78.
Ma il rapporto di emulazione e rivalità tra i
due è descritto con efficacia da Francesco Guicciardini:
Appetì la gloria [Lorenzo] e la eccellenza più
che alcuno altro; in che si può riprendere avere
avuto troppo questo appetito nelle cose eziando
minime, pel quale non voleva eziando ne’ versi,
ne’ giuochi, negli esercizi essere pareggiato o
imitato da alcuno cittadino, sdegnandosi contro
a chi facessi altrimenti: fu troppo eziando nelle
grande, conciosiachè volessi pareggiarsi e gareggiare in ogni cosa con tutti e’ principi di Italia, il
che dispiacque assai al signore Ludovico. Nondimeno in universum tale appetito fu laudabile e
fu cagione fare celebrare in ogni luogo, eziando
fuori di Italia, la gloria e il nome suo, perché si
ingegnò che à tempi sua fussino tutte le arte e le
virtù più eccellente in Firenze che in altra città
in Italia79.
Nel progetto di platea per la piazza antistante il
castello di Milano del 1492, che l’Arluno chiama
forum e che avrebbe fatto sistema con un’ulteriore piazza aperta davanti al duomo, è di nuovo
possibile leggere un parallelo con i pensieri
medicei per la città di Firenze, e questo poco
dopo il passaggio a Milano di Giuliano da Sangallo: segnatamente, vi si avverte un’eco del progetto per l’apertura di un foro all’antica nell’area
prospiciente l’Annunziata, immaginato da
Lorenzo forse sin dal 147880.
Le date sono congruenti. Giuliano da Sangallo, architetto laurenziano per eccellenza, nel
1492 viene inviato a Vigevano per presentare al
Moro “il modello del Poggio”81: si tratta della
villa di Poggio a Caiano, il cui rilievo nel 1489
era già stato richiesto, insieme a un progetto di
palazzo reale, da un committente altrettanto
avvertito quale il re di Napoli82. I lavori condotti da Lorenzo a Poggio erano senz’altro noti per
tempo alla corte milanese: già la Sforzesca, la
cascina-azienda agricola fondata dal Moro nei
pressi di Vigevano (1486), riecheggiava infatti
nell’impianto le Cascine medicee di Tavola presso Poggio a Caiano (1477-85)83.
Che il modello inviato da Firenze a Milano
nel 1492 sia quello della villa di Poggio è chiaramente attestato da una lettera inviata da Piero di
Lorenzo de’ Medici a Ludovico Sforza il 5 ottobre 1492:
La Excellentia Vostra per lettera che mi scripse
Messer Agnolo a di passati mi fece chiedere che io
mandassi uno modello della casa che la buonanime
di mio padre murava al Poggio: el quale havrei mandato subito alla Excellentia Vostra se fussi stato
prompto alla mano; et è stato necessario che Giuliano ingegnero apportatore di questa ne habbi
facto uno di nuovo come vederà la Excellentia
Vostra alla quale io lo mando per el maestro proprio per el quale Vostra Excellentia intenderà
anchora meglio l’animo et l’intentione di Lorenzo. Havreii voluto potere mandarli lo edificio proprio,
non solamente questo di legno84.
Per illustrare al Moro l’intentione di Lorenzo,
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onorato prima dal re, quando lo fece chiamare a
Napoli. Per che presentando egli il modello per
parte del Magnifico Lorenzo, riempiè quel duca
di stupore e di meraviglia nel vedere in esso l’ordine e la distribuzione di tanti begli ornamenti, e
con arte tutti e con leggiadria accomodati ne’ luoghi loro; il che fu cagione che procacciate tutte le
cose a ciò necessarie, si cominciasse a metterlo in
opera. Nella medesima città furono insieme Giuliano e Lionardo da Vinci che lavorava col duca; e
parlando esso Lionardo del getto che far voleva
del suo cavallo, n’ebbe bonissimi documenti: la
quale opera fu messa in pezzi per la venuta de’
Francesi; e così il cavallo non si finì, né ancora si
potè finire il palazzo87.
7. Palazzo Salvatico, planimetria del piano
terreno (stato attuale).
non potendo mandare l’edificio vero e proprio
(e qui si può cogliere una prima frecciata a
Ludovico), Piero gli invia dunque l’architetto
progettista, una sorta di depositario delle ultime volontà architettoniche del Magnifico. Il 13
ottobre 1492 Angelo Nicolini, giureconsulto e
oratore fiorentino a Milano, annuncia l’arrivo
di Giuliano da Sangallo accompagnato dal suo
modello85; e pochi giorni dopo, il 25 ottobre,
Giuliano viene condotto dal cancelliere del
Nicolini al cospetto del duca per la presentazione del progetto86.
Un nuovo palazzo mediceo per Milano
Nella vita di Giuliano da Sangallo Vasari lega
tuttavia il suo viaggio a Milano alla presentazione di un progetto di palazzo per Ludovico il
Moro: tanta era ormai la fama delle opere dell’architetto,
che dal duca di Milano, a ciò che gli facesse il modello d’un palazzo per lui, fu per il mezzo poi di
Lorenzo condotto a Milano; dove non meno fu
onorato Giuliano dal duca, che e’ si fusse stato
Di quale palazzo si tratta? Clausse ipotizza che
Lorenzo proponga al Moro di costruire a proprie spese un palazzo per sé a Milano, in sostituzione di quello di Cosimo precedentemente
venduto, a suggello di una rinnovata alleanza
politica tra Medici e Sforza88. Lo studioso collega inoltre questo progetto alla donazione
(1486) del sedime a porta Vercellina (“apud S.
Mauritium”), proprio in quel quartiere sforzesco forse ispirato dallo stesso Lorenzo. Il palazzo progettato da Giuliano sarebbe infine da
identificare in un edificio demolito nel 1895,
posto all’angolo tra via Terraggio e l’attuale
corso Magenta (ill. 2)89; nel frattempo, i Medici
avrebbero abitato nella parrocchia di San Maurilio, nella casa del duca di Urbino90.
Di tutt’altra opinione Cornelius von
Fabriczy, il quale, sulla scorta dei documenti che
gli consentono di datare il viaggio di Giuliano a
Milano al 1492, riconosce in un disegno del
Codice Vaticano Barberiniano Latino il suo progetto milanese, destinato tuttavia a Ludovico (f. 9r;
ill. 3). La casa in via Terraggio, nota attraverso
un rilievo di Luca Beltrami, sarebbe in questo
caso esclusa per la sua incongruenza con i modi
sangalleschi. Ciò nonostante Marchini riconosce, pur senza troppa convinzione, tracce sangallesche nelle sei nicchie scavate nel muro sud
del cortile in via Terraggio, “alludenti ad un
complesso più vasto e con forme dialettali”91.
Luciano Patetta ipotizza infine che Giuliano
abbia fornito una consulenza per il palazzo di
Lorenzo a porta Vercellina, il cui cantiere doveva essere stato aperto poco dopo la donazione
del 148692.
Proviamo a riordinare gli elementi a nostra
disposizione. L’affermazione di Vasari non
esclude che Giuliano nel 1492 abbia portato con
sé a Milano più progetti: il modello della villa di
Poggio a Caiano e un progetto di palazzo per
Ludovico il Moro. Del resto circostanze analoghe si erano già verificate con il re di Napoli,
destinatario di un progetto di palazzo approntato per lui da Giuliano nel 1488, e del modello di
Poggio inviatogli da Lorenzo nel 148993.
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8. Palazzo Salvatico, sezione longitudinale
nord-sud (Milano, Archivio privato
Asnago-Vender).
Circa le case dei Medici a Milano, i documenti una volta ordinati parlano chiaro: la residenza milanese dei fiorentini viene temporaneamente trasferita dal 1486 nel palazzo del duca di
Urbino, mentre la donazione del palazzo a porta
Vercellina sembra non avere avuto effetto94. Alla
morte di Lorenzo, nel maggio 1492, i Medici
rientrano in possesso del palazzo del Banco, e
nel mese di ottobre l’architetto di Lorenzo si
trova a Milano, poco dopo la restituzione dell’immobile a Piero.
Diviene a questo punto possibile ipotizzare
un intervento di Giuliano sul palazzo mediceo
appena restituito: se così fosse, il foglio Barberiniano collegato da von Fabriczy al viaggio milanese di Sangallo rappresenterebbe una proposta
di riassetto del Banco sotto il segno di una renovatio laurenziana postuma.
Il foglio contiene le planimetrie a fil di ferro
di due edifici diversi, entrambi riconducibili a
Lorenzo de’ Medici grazie alle sigle M°L°95.
L’impianto rappresentato nella parte superiore,
disegnato con minime variazioni anche nel Taccuino senese (f. 17r) è dotato di una scala grafica
che consente di misurare un perimetro quadrangolare di circa 91×92 braccia fiorentine, vale a
dire di 53 metri circa per lato: un edificio più
modesto rispetto ai grandi progetti laurenziani
per Napoli e per via Laura, del tutto congruente con le dimensioni di facciata del Banco Mediceo, che Filarete misura 87 1/2 braccia96.
Lo schema compositivo si organizza intorno
a un grande atrio ottagonale che distribuisce
quattro appartamenti angolari e quattro spazi
scoperti lungo gli assi principali97. L’ampio
ambiente centrale, caratterizzato da nicchie diagonali inquadrate da lesene di ordine gigante
piegate a libro, rinvia ad ambienti antichi rilevati dallo stesso Giuliano quali il cosiddetto Bagno
di Viterbo o lo Studio di Marco Varrone. Nell’architettura contemporanea, i termini di paragone possono invece essere individuati nella
sacrestia sangallesca di Santo Spirito, e principalmente negli “atri e sala” disegnati da Francesco di Giorgio Martini nei “fondi di case per
signori” del Codice Magliabechiano (ff. 20-21; ill.
4-5)98. I quattro spazi scoperti presentano altrettante varianti interpretative su vari tipi di cavedio descritti da Vitruvio, mentre la presenza di
un portico a ferro di cavallo richiama la descrizione pliniana del Laurentium – “portichus in D
litterae similitudinem circumactae” – ma anche
quella albertiana dei porticati a emiciclo99. Ma
non sembra trattarsi di una riflessione limitata
alla casa romana: la conformazione del cortile
con portici su tre lati attesterebbe infatti anche
un tentativo di restituzione della casa greca
secondo Vitruvio100.
L’aspirazione dei Medici a ricondurre la
loro casa milanese a un impianto quadrato era
già stata espressa da Filarete, secondo il quale
“vero è che [l’edificio del Banco] non va però al
quadro, perché altre case la’mpediscono”101.
Mentre la corte in forma di esedra aperta verso
la strada – assimilabile al grande emiciclo che
Giuliano da Sangallo progetterà a Firenze per
il complesso mediceo di via Laura – avrebbe
forse potuto sostituire quella piazza milanese
antistante il Banco che già nei desideri di Cosimo avrebbe dovuto amplificare il palazzo, probabilmente rimasta sulla carta per eccesso di
ambizione102. Anche in questo caso, Giuliano
procede dunque montando diverse fonti,
archeologiche e non, come avviene nel progetto per il palazzo del re di Napoli e, più tardi in
via Laura a Firenze103.
Come avverrà nel progetto per via Laura,
anche lo studio per il palazzo milanese del Banco
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9. Francesco di Giorgio Martini,
schemi di palazzo con atrio e “lume
superficiale” (Firenze, Bilioteca Nazionale,
Codice Magliabechiano, II, I, 141, f. 20v).
è in realtà progetto per un edificio di villa. Ma se
a Firenze l’area che sarebbe stata interessata dall’intervento mediceo si trova a ridosso delle
mura, e perciò adatta ad accogliere una villa
suburbana, a Milano una villa analoga sarebbe
stata realizzata in pieno centro urbano, in una
zona densamente costruita. È quanto, nuovamente, lo stesso Giuliano proporrà a Roma
intorno al 1513-15, nel grandioso progetto per
il palazzo di Leone X Medici in piazza Navona
(U 7949 A), una clamorosa associazione palazzo-circo di chiaro sapore imperiale. Anche in
questo caso si tratta di un palazzo in forma di
villa, per il quale Giuliano riprende e adatta le
invenzioni sperimentate nel palazzo per il re di
Napoli, e nel progetto per via Laura coevo a
quello romano (U 282 A)104.
È dunque possibile che Lorenzo il Magnifico
prima della morte, in vista della ripresa di possesso del palazzo di famiglia, abbia tentato di
imprimere con un progetto esemplare un ulteriore segno mediceo su Milano e insieme di dare
luogo, con un nuovo edificio all’antica, a una
sorta di damnatio memoriae delle incresciose
vicende precedentemente intervenute sulla proprietà105. A sua volta Ludovico non avrebbe
potuto che accettare di buon grado l’iniziativa
laurenziana, a ornamento della sua città. Paradossalmente, questa volta sarebbe stato il
Magnifico a “donare” al duca una casa “più
superba di quella di Ludovico”106. I progetti di
Giuliano avrebbero in questo modo contribuito
alla più vasta strategia di renovatio promossa
dallo Sforza in quegli stessi anni: la piazza di
Vigevano, la tribuna di Santa Maria delle Grazie, la ripresa dei lavori alla Certosa di Pavia, la
Canonica di Sant’Ambrogio. Tutti interventi
databili al 1492-93, posti sotto il segno di un
programma generale di propaganda che esibisce
un’esteriore adesione al gusto all’antica, declinato con maggiore o minore coerenza a seconda
dell’artefice prescelto.
In questo quadro e nell’ipotesi che il foglio
sangallesco del Codice Barberiniano sia effettivamente per il palazzo del Banco Mediceo, acquistano un certo rilievo alcune singolari somiglianze d’impianto tra la casa milanese del duca
d’Urbino e il progetto in questione. Illustrata
nel Trattato di Cesare Cesariano la dimora urbinate presenta infatti impronte martiniane eloquenti (ill. 6-8). Cesariano pone l’accento su
quella che ritiene essere la principale caratteristica del palazzo, un atrio a pianta ottagonale,
approfondito sui lati obliqui da nicchie. E un’incisione del suo Vitruvio mostra in effetti uno
strano oggetto, una sorta di tholos all’antica,
emergente dal corpo di fondo di un cortile, quest’ultimo dal linguaggio architettonico piuttosto
incerto107. Un atrio a pianta centrale, dunque,
posto oltre un cortile, così come sovente avviene negli schemi planimetrici che illustrano i
Trattati di Francesco di Giorgio Martini.
Grazie a nuovi elementi documentali è stato
possibile mettere meglio a fuoco la posizione dei
Montefeltro a Milano: beneficiari nel 1468 della
donazione di un sedimen precedentemente donato da Francesco Sforza alla madre di suo figlio –
e riadattato su commissione sforzesca da Francesco Solari – gli urbinati vi installano la loro
sede diplomatica108. La dimora risulta abitata
con continuità dall’oratore di Federico, il perugino Camillo de’ Barzi, e la proprietà urbinate è
ora documentabile fino al 1498, quando Guidobaldo da Montefeltro vende il palazzo a uno dei
personaggi più influenti della corte sforzesca:
Ambrogio da Rosate. Sullo sfondo, i rapporti
diplomatici, difficili e discontinui, tra i Montefeltro e gli Sforza109.
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Nessun documento riferisce di campagne di
lavori promosse dagli urbinati, a esclusione della
lastricatura della strada prospiciente il palazzo
nel 1471110.
Il palazzo è dunque di proprietà degli urbinati dal 1468 al 1498: trent’anni durante i quali l’unico proprietario stabile del palazzo risulta essere Federico da Montefeltro, l’unico interessato a
connotare come propria la residenza milanese,
in più intendente e tra i massimi committenti di
architettura111.
I rappresentanti dei Medici hanno sicuramente abitato nel palazzo dalla fine del 1486 al
1489, data prevista da Lorenzo per il rientro al
Banco, ma il protrarsi dell’attesa, causato dal
tergiversare di Ludovico, che nel frattempo vi
aveva insediato la figlia, deve aver allungato i
tempi fino all’inizio del 1492. Dai documenti si
desume che i Medici promuovono una campagna di ristrutturazione della casa dei Montefeltro; ma è davvero implausibile che si siano impegnati in lavori massicci o addirittura rifondativi,
essendovisi accomodati a denti stretti e con la
clessidra in mano per il conto alla rovescia: per
loro doveva essere, come il duca Sforza aveva
promesso, un “purgatorio” triennale.
Lorenzo ne prende infatti possesso nel
dicembre 1486112, e dalle lettere di Pietro Alamanni, oratore fiorentino, è possibile ricavare
alcune informazioni sullo stato della casa. L’oratore scrive a dicembre: “Della casa vostra ha
havuta la chiave Filippo di maestro Mariotto et
sta a vostra stanza; è una bella casa et da farla
ancor più bella, perché el sito è grande. Sarevi
tornato come rimanemo per insignorirsene del
tutto, ma è in tanto disordine et bisogna prima
un poco assettarla”113.
Dalla corrispondenza di Lorenzo de’ Medici
si desume che venga promossa una campagna di
lavori, di cui non è tuttavia possibile stabilire
l’entità. A seguire i lavori è Jacopo da Volterra,
protonotario apostolico, segretario e oratore
pontificio114, che il 13 giugno 1488 scrive a
Lorenzo che alcune delle stanze private non
sono ancora a posto115.
Le parole dei corrispondenti di Lorenzo
testimoniano in sostanza di uno stato di abbandono della casa: in disordine, “imbratata”, ma
comunque “molto bella”, degna del rango dei
Medici. Evidentemente dopo la morte di Federico da Montefeltro, come si può arguire dalla
conferma della donazione a Guidobaldo nel
1486, la casa, per volere degli stessi Sforza, era
stata abitata da diverse persone, verosimilmente
senza subire lavori di manutenzione. La strategia sforzesca è a questo punto chiara: proprio ai
Medici risulterà affidato il costoso mantenimento del palazzo del duca di Urbino.
E dunque è assai più probabile che quei lavori siano stati piccoli adattamenti in vista di un
“parcheggio” residenziale temporaneo. Si può
anzi aggiungere che lavori cospicui al palazzo
feltresco sarebbero stati controproducenti
rispetto all’ambizione primaria, quella cioè di
recuperare la sede milanese avita: lanciarsi in
una vera e propria riedificazione avrebbe in
sostanza offerto agli Sforza un ulteriore pretesto
per lasciarli ad libitum in quel limbo messo a
nuovo; quanto meno avrebbe tolto ai Medici
l’argomento (anch’esso un po’ capzioso) di mal
sopportare una residenza vecchia e scomoda,
non all’altezza dell’amplissima casa che Cosimo
aveva pagato, Pigello sorvegliato, Filarete celebrato e Lorenzo perduto. Certo è che all’inizio
del 1492 i fiorentini rientrano in possesso del
palazzo del Banco.
L’evidenza dell’impianto di tipo martiniano,
unito alla trentennale durata della proprietà feltresca consentono di porre un nuovo problema
attributivo. È Francesco di Giorgio, che Federico da Montefeltro chiama “mio architettore”, a
mostrare nei Trattati una spiccata preferenza per
atrii a pianta centrica, spesso illuminati dall’alto
con un “lume superficiale”: ambienti definiti
“atrio e sala”, laddove invece Cesariano usa
“cavedio” e “atrio” come sinonimi (ill. 9)116.
Nella descrizione di palazzo Salvatico quest’ultimo impiega tuttavia una terminologia a lui
estranea, e singolarmente martiniana: atrio
rotondo con lume superficiale.
Accostandolo allo schema del Codice Vaticano
Barberiniano Latino 4424, f. 9r, si possono osservare alcune analogie: ambedue presentano una
sala ottagonale posta al fondo di un cortile porticato e approfondita in diagonale da nicchie.
Se è corretta la datazione del disegno di
Giuliano al principio degli anni Novanta, si
possono formulare due ipotesi: Lorenzo de’
Medici potrebbe avere chiesto a Giuliano di
produrre una riflessione sullo schema planimetrico del palazzo del duca di Urbino, che doveva conoscere molto bene. In alternativa, Giuliano avrebbe rielaborato di sua iniziativa uno
schema che vede realizzato a Milano per la
prima volta.
Il progetto per il palazzo del Banco rimarrà
allo stato di proposta: morto Lorenzo, e cacciati
i Medici da Firenze, dal 1495 l’edificio cambierà
proprietario diverse volte. E sul palazzo per
Ludovico il Moro di cui riferisce Vasari i documenti, per ora, tacciono. Degli appetiti emulatori di Ludovico rispetto a Lorenzo si è già detto,
ma valga un’ultima notazione. Nel 1495 il
Moro, che mai si era interessato al collezionismo
di opere d’arte o di anticaglie, sguinzaglia senza
risultato il raffinato Caradosso nel tentativo di
appropriarsi di alcuni oggetti della collezione già
appartenuta al Magnifico: un ultimo, trionfale
“atto mancato” di appropriazione delle spoglie
dell’eredità laurenziana117.
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Appendice documentaria
1. Lettera di Iacopo Guicciardini a Lorenzo de’
Medici, Milano
(ASFi, MAP, filza XXVI, n. 339, 1486 [1485 mf]
marzo 8, in G. Franceschini, Il palazzo dei duchi di
Urbino a Milano, in “Archivio Storico Lombardo”,
s. VIII/2, 77, 1950, pp. 181-197)
Magnifice vir tamquam frater honorandissime, et
cetera. Havendo inteso per tua de dì XXVII, la
quale hebbi stamani con una lettera a Folcho Portinari, non piacerti la vendita della tua casa fatta
per detto Folcho, parendoti mal vanduta; et
havendo parlato con Folcho et datogli la tua lettera, n’è restato malissimo contento. Confortato a
far quanto tu gli scrivevi, et contentarsi di quello
ti contentavi tu. Et seguitò che il magnifico castellano mandò oggi a dirmi di volermi parlare, et
andato da sua magnificentia, usò molte buone
parole verso di te, et dipoi mi pregò ti scrivessi, et
ti confortassi a volergli compiacere di questa casa,
avendosi a vendere, et che ancor lui ti voleva scrivere. Io gli dixi ero certo della tua bona dispositione verso la sua magnificentia, ma parendoti che
la casa valevasi molto più del pregio era venduta te
n’era paruto male; et doppo molte parole la sua
magnificentia mi pregò ti scrivessi come dicho di
sopra, e credo che la magnificentia sua rimetterà
in te il pregio di detta casa. Tu intenderai lo scriver mio et son certo ne piglierai savio partito, et
che gli compiacerai al pari di qualcun altro di questa città: però che così meritano le virtù, et qualità
mia […].
2. Sf. (Lorenzo de’ Medici) al Castellano di Milano e a Folco Portinari
(ASFi, MAP, filza 89, n. 299, 1486 [1485 mf]
marzo 15)
Non ho prima risposto a una lettera di vostra
signoria, nella quale mi confortava alla ratificatione del mercato facto con Folco Portinari della
casa che ho costì, perché sono stato qualche dì
absente dalla città, dove essendo ritornato et
inteso quanto quella mi scrive, gli rispondo essere vero che per certo mio bisogno, nel quale mi
ritrovavo quando Folco partì di qui, gli commissi
che vendessi la casa et fu sì tarda la conclusione
che desideravo di questo mio proposito et commissione data che per altro migliore modo ho
remediato a quella necessità, la quale essendo
cessata come è, mi dà ragione che non mandi
inanzi questa vendita, di che io resto molto contento per la molestia che piglavo de essere constrecto a quella impresa et così non dubito punto
che, et a vostra signoria per l’affectione grande
che mi porta, di che ho veduto sempre exempli
molto manifesti, et a quelli che mi confortano al
medesimo effecto della lettera vostra, piacerà che
io habbi remediato al bisogno mio sanza essermi
privato di tanto mio honore et commodità. Però
priegho vostra signoria che come per mezo di
questa compera mostrava di subvenirmi molto
volentieri nel bisogno mio, come la mi scrive,
così resti contenta che sia cessata questa cagione
et che io li habbi trovato miglore expediente et se
degni mostrarmi anchora in questa cosa l’amore
che mi porta et che li sia accepta questa deliberatione, la quale quando fusse interpretata altrimenti da quello che è il vero, mi dorria insino al
cuore come stimo però non habbi ad essere per la
fede et observantia mia verso vostra signoria.
Folco, io respondo al signor castellano che ho
remediato per altra via, che cotesta della casa, al
bisogno in che mi trovavo alla partita tua, et che
sendo cessata la cagione che mi strigneva ad venderla non vogli gravarmi altrimenti alla ratificatione, ma resti contento a questa deliberatione et
come stimo farà per l’amore che mi porta. Questo
modo di r(eal)tà ho preso perché non fo pensiero
a nessuno modo gittare via cotesta casa né mutarmi di questo proposito insino che non incenda el
conveniente pregio che vale et però puoi lasciare
questa pratica et mandare inanzi quanto più presto puoi quella prima, la quale stimo a questa hora
habbi conclusa et così aspecto d’intendere con
desiderio et tu expedita che sia, te n’andrai al cammino tuo sanza soprastare più così et non seguendo conclusione alcuna della casa la lascerai ad
Andrea Bertolini […].
3. Lettera di Nicolaus Pontinus, oratoris florentini
cancellarius, a Lorenzo de’ Medici, Milano
(ASFi, MAP, filza 39, n. 458, 1486 marzo 27)
Magnifico vir domine mi singularissime et cetera. Essendo stato qui al tempo di Tommaso
Ridolfi suo cancellier et hora trovandomi col
magnifico messer Iacopo Guicciardini, ho ritenuto sempre qualche familiarità et col magnifico
castellano et con messer Luigi da Terzago, i
quali in disparte havendomi più volte parlato
circa la vendita della casa vostra di Milano, di
nuovo stamattina mandorono per me in rocha et
fecionmi intendere quanto pel passato erano
stati sempre vostri partigiani et havevano havuto
sempre precipuo rispecto allo honore et reputatione vostra. Ma che havendo dato libera commissione a Folco Portinari et mercatato con loro
sinceramente la casa et legiptime essendosi stipulato il contracto et voler che ogni cosa torni
indietro et sia annullato non solamente dichano
non potersi se non maravigliare, ma havere giusta cagione di dolersi et di difendere con buone
ragione il facto loro et con ogni altro miglior
modo che potessino et che quando la cosa non
havesse effecto resterebono in qualche dishonore. Et havendo facte più et più doglianze rispuosi loro che di simil cose per essere nuovamente
venuto qui non ero bene informato, ma che ero
certissimo et così loro potevono tenere per
fermo che non saria cosa al mondo che potendo
non ne compiacessi, perché non eri meno affectionato a lloro che sì fussino a voi, pregagli per
la amicitia reciproca fusse contenti non ci fare
resistenzia a quanto ultimamente v’eri resoluto
et che gli certificavo che quando vostra magnificentia si disponessi voler vendere la casa non
sarebbe mai se non loro. Sempre stetono forti
dicendo che ero disposti havere la casa et che se
a vostra magnificentia paressi havere mal venduto la casa a loro, non daria noia né dugento né
trecento ducati et da ora volevano far tanto
quanto paressi a me. Parvemi dire loro così:
datemi commissione che scriva al magnifico
Lorenzo, et parendogli fare la ratificagione voi
v’obligate darli al presente quattromila ducati
d’oro in oro et che le maseritie di casa si siano
sua si scossono alquanto di poi rimassono contenti darvi di presente quattromila ducati d’oro
in oro .L. et che le maseritie si fussino vostre
excepto che i legniami et dico sì s’è rimasto d’acordo et informo proposito d’obsternare et
conoscendo la magnificentia vostra questo essere il bisognio, ne dia aviso con presteza acciò si
rimanga in buona pace et benivolentia come pel
passato. Io per quanto s’aspecta allo ingegnio
mio ne conforterei pigliarne questo partito et
tanto più quanto il signor Lodovico ci va facendo per non dispiacere al castellano et come
buono et fedele servidore di vostra magnificentia et come quello che sono non me ne desidero
del suo buono stato che dello honore et reputatione sua al quale mi recomando et cetera. Ex
Mediolano XXVII martii 1486.
E(ccellentissime) vestre magnificentie servitor
Nicolaus Pontinus oratoris Florentini cancellarius.
4. Lettera di Iacopo Guicciardini a Lorenzo de’
Medici, Milano
(ASFi, MAP, filza 39, n. 467, 1486 aprile 18)
[…] Lorenzo Spinelli fu hieri qui et non essendosi
ancora avuti i quattromila ducati mi parve che stamani insieme con Folcho andassino a trovare il
signor Lodovico a Vighievini et io ancora gli scripsi
in quel modo che meglio seppi. Aspectogli domattina con l’ultima resolutione et non posso credere
che il signor Lodovico vogli manchare di tante sue
promesse et maxime a te, et sia certo che io ho usato
piutosto improntitudine che sollicitudine et nondimeno non ho potuto tanto fare che le loro bugie
non habbino vinto ogni mia opera. Credo però se il
signor Lodovico ci fussi stato non harebbono potuto fare quello hanno facto et pure spero che il signor
Lodovico ti vorrà servire, se altrimenti fussi ne
rimarrei ingannato, Lorenzo ci sia domani et doverrano essere chiari o del sì o del no.
Della casa non s’è facto altro né si può fare insino
ci sia il signor Lodovico che s’aspecta in questo
Santo Giorgio, a me dixe quando io fui a Vighievini che io ti scrivessi se ne farebbe la volontà tua
et che tu scrivessi le lettere ti dixi, le quali io
aspecto et venute fieno io farò quello potrò sanza
niuno riguardo et col parere del signor Lodovico
al quale bisognia governarsi et di quello succederà
sarai avisato.
[…] Iacobus Guicciardinus orator et cetera
5. Lettera di Iacopo Guicciardini a Lorenzo de’
Medici, Milano
(ASFi, MAP, filza 39, n. 525, 1486 giugno 30)
[…] Circha al fatto della casa io mi bargavo a
quella da porta Nuova, come ti scrissi, per rispetto degli obrighi in quella d’Urbino, ma trovando
ancora in quest’altra delle medesime cose per
essere del signor de Pesero, ed essere suta data al
padre e posedendola, sono stato confortato tore
quella che fu d’Urbino, e masime sendo questo di
Pesero pure della casa sforzescha parvemi rimettermi nel parere del signor Lodovico il quale m’a
confortato tore piutosto questa che fu del ducha
d’Urbino e così farò, ho parlato a messere Teodolo Piatta e egli dato la donazione che fu fatta a
Cosimo, la quale o auta, e non venuta de compera come tu scrivi avere inteso, ma solamente
donazione, e detto messere Teodolo il quale è
huomo dabene e valente e dimostra portarti afezione grande ed a auto molto caro avere inteso da
me a come tu m’abi scritto faci con suo parere
questo contratto m’a promesso aconciarlo bene e
con più forteza e validità fia posibile atendervi
contenovamente e alla tornata del signor Lodovico che a da esserci martedì si sparerà ogni cosa e
se ti paressi si sia usato tropa longheza, abi pazenza che s’è fatto per fare bene. Como o detto il
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contratto si farà con più forteza e validità si potrà
ma non posono esere in modo che cancelino gli
obrighi per mi, ma io fo conto che la cosa si riducie che mantenendoti nel essere che s’è ti sarà
anche mantenuto questa casa, quondo fussi altrimenti non coverebe nulla e so tu lo conosci. L’altra facenda il signor Lodovico m’a detto la faci a
mio modo e io non sono dottore e arei pure caro
che tu l’avessi fatta fare tu in quel modo ti paressi
se lo farai l’avocato, se non io farò il meglio saprò,
e se deliberi farla fare tu mandala per cavalaro
proprio e potrebe recarne e danari fa ora come ti
pare […].
6. Gian Galeazzo Maria Sforza dona a Lorenzo
de’ Medici le case che già furono del duca di
Urbino
(ASFi, Archivio Mediceo, Diplomatico, normali, alla
data; ASMi, Sforzesco, Reg. Ducali, 40 [QQ], cc.
107v-109v, in G. Franceschini, Il palazzo dei
duchi…, cit., pp. 181-197)
[…] Quo fit ex certa scientia motuque proprio et
de nostre potestatis absolute plenitudine et omnibus modo, iure, via, causa et forma, quibus melius
et validius possumus prefato Laurentio pro se suisque filiis et descendentibus et cui vel quibus
dederit elargiendum, dandum, tradendum et
donando duximus. Et sic tenore presentium titulo
pure mere et irrevocabilis donationis inter vivos
concedimus, elargimur, damus et condonamus
sedimen unum situm in porta Ticinensi, in parrochia Sancti Maurilii huius nostre urbis Mediolani,
quod est cum suis edificiis, cameris, salis, orto,
stallis, canepa subtus terram et aliis suis iuribus et
pertinentiis et quod teneri consueverat per Comitem Urbini, et Camere nostre pleno iure pertinens et spectans cum omnibus suis edificiis, iuribus et casamentis, ac coherentiis et pertinentiis
suis. Quas quidem coherentias et quod quidem
sedimen hic pro sufficienter expressis et declaratis
haberi volumus, et hec quidem cum debitis clausulis et solemnitatibus quibuscumque opportunis
ac cessione solemni iurium et actionum translatione dominii et possessionis et ita et taliter quod
ipse prefatus Laurentius eiusque filii et descendentes ac habentes causam ab eis habeat, teneat,
et gaudeat, ac possideat dictum sedimen cum iuribus et pertinentiis suis eidem ut supra donatis, de
eoque libere ad eius beneplacitum et ut supra
disponere possit. Constituentes, tenore presentium, prefatum Laurentium eiusque heredes et
successores et ut supra in nostrum et camere
nostre locum, ius, et statum respectu dicti sediminis, ac tranferentes in eum prefatum Laurentium
et ut supra omne ius omnemque actionem nobis
et Camere nostre competens et spectans in dicto
sedimine.
[…] Dantes insuper et concedentes eidem prefato
Laurentio donatario omnia iura omnesque actiones et rationes utiles et directas, reales et personales mixtas atque ipotecarias nobis et camere
nostre competentes et competituras in prefato
sedimine eiusque pretextu et occasione […].
7. Ricorso fatto da Lorenzo de’ Medici per la vendita abusiva di una casa a Milano
(ASFi, MAP, filza LXXXIX, n. 152, 1489 settembre 14, cit. in Archivio Mediceo avanti il Principato.
Inventario, vol. III, Roma 1957, p. 356)
Hoc est exemplum cuiusdam scripte cuius tenor
talis est.
Sendo venuto a notitia del magnifico Lorenço de
Medicis la vendita facta della sua casa di Milano
con sue masseritie et appartenençe per Folcho da
Donardo Portinari cittadino fiorentino, come
suo procuratore, a messer Maffio da Muçaro cittadino milanese per preço ducati quattromila
cento de 4 per ducato d’imperiali come appare
per instrumento rogato per messer Antonio da
Terçacho cittadino milanese sotto dì XX di febraro proximo passato o altro più vero tempo referendosene a decto instrumento et sentendosene
el sopradecto magnifico Lorenço per più cagione
gravemente offeso et damnificato, dubitando
esserne suto defraudato sendo suta venduta sança
sua saputa o riservo de sua ratificatione e per assai
mancho preço che la vera valuta dicta casa. Et
però ricorse allo illustrissimo signor Ludovico
Maria Sforça duca de Bari et tutore et ghovernatore dello illustrissimo signor Giovanghaleaço
duca di Milano preghando la sua excelentia che
non comportasse tanto suo damno et preiudicio
et che gli piacesse operare in tal modo che detta
vendita non havesse effecto et facessegli instituire la sua casa et reintegravelo come era innançi a
dicta vendita, allegando molte ragioni per le quali
gli pareva dovere essere exaudito. Il perché intendendo la excelentia del signor Ludovico la querela et doglençe del prefato magnifico Lorenço et
le ragioni per bene alleghate et considerando ai
meriti del prefato magnifico Lorenço per la fedele et divota servitù sua et degli altri suoi progenitori alla sua illustrissima casa et al presente più
che mai a questo illustrissimo signor et alla sua
signoria parendogli dovernelo exaudire, deliberò
farglele restituire secondo la sua domanda. Ma
havendo rispecto ai tempi presenti mossi da
ragionevoli et savie considerationi gli parve differire decta restitutione ad altro tempo et però
confortò el prefato magnifico Lorenço a lasciare
al presente patrone dicta vendita et ratificarla
promettendogli sopra la sua fede come veritiero
signore che infra anni tre proximi futuri farebbe
in modo che la decta sua casa gli sarebbe ristituita etiandio sança alcuno suo paghamento e sarebbene così signore come era innançi alla vendita
facta per il decto Folcho Portinari. Et questo dixe
volere fare per dimostrare a ciaschuno il vero
amore che la sua signoria porta al prefato magnifico Lorenço et quanto la sua servitù sia grata ad
questo illustrissimo signore et alla sua signoria et
ancora per correggiere chi presumptiosamente
ha comprato dicta casa sança licentia o saputa
della sua illustrissima signoria atteso decta casa
havere dependençia da questo illustrissimo
signore et sua signoria per essere suta donata
dalla felice memoria del ducha Francescho avo de
questo illustrissimo signore et padre suo al
magnifico Cosimo de Medicis avo del magnifico
Lorenço et per maggiore expressione dell’amore
suo verso el magnifico Lorenço motu proprio
gl’a donato una casa posta in Porta Tesinese con
ogni sua appartenençe come si contiene in dicta
donatione, la quale casa la sua excelentia vuole
che facto che harà restituire al prefato magnifico
Lorenço la casa sua et come è decto che la sua
excelentia ristituischa la casa che al presente gl’è
donata, siché l’effecto sia che riavuto che harà il
magnifico Lorenço de Medicis la casa sua venduta per Folcho Portinari come è decto debba rendere indietro la casa che al presente gl’è donata.
Et io Iacopo Guicciardini al presente oratore
della ex(cellentissima) repubblica fiorentina allo
illustrissimo signor duca de Milano per commissione del prefato illustrissimo signor Ludovico et
di voluntà del magnifico Lorenço de Medicis et
per fede della verità di tutte le cose s’è sopradecte ho facta questa scripta di mia propria mano
questo dì … (sic) d’agosto 1486, la quale i sopradecti illustrissimo signor Lodovico et magnifico
Lorenço de Medicis soscriveranno di loro propria mano per observare et exeguire tutte le
sopradecte cose interamente et perfectamente. Et
così piaccia a Dio.
Lodovicus Maria subscripsi
Laurentius de Medicis subscripsi
Et ego Simon Graçini Iacobi Graçini civis et
notarius Florentinus suprascriptam scripturam
privatam scriptam manu dicti Iacobi de Guicciardinis et subscriptam a prefatis illustrissimo domino domino Lodovico et Laurentio de Medicis
fideliter sumpsi et copiam nil addito vel diminuto
cum infrascriptis spectabilibus viris domino
Angelo de Niccolinis, Pierfilippo de Pandolfinis
et Niccolao de Ridolfis auscultavi et concordaliter
(invenimus) cum originali, ideo in fidem (me)
subscripsi die XIIII settembris 1489.
Io Agnolo di Merotto Nicholani doctore fui presente quando il decto ser Simone scripse copia et
exemplò la decta scripta con la decta subscriptione et rinscontrala tutta de verbo ad verbum con
gli infrascripti et trovato quanto si rinscontrava a
puncto, in fede delle predette chose mi sono
soscripto questo dì 14 di settembre 1489.
Io Pierfilippo Pandolfini fui presente et riscontrai
et vidi la decta copia con suo originale con sopradecto messer Agniolo et infrascritto Nicolò
Ridolfi et però mi sono soscritto detto dì sopra in
fede della verità.
Io Nicholò Ridolfi insieme cho sopraditti messer
Agniolo e Pierfilippo fui presente e rischontrai la
presente chopia chol suo originale la quale è
esemplo e in fede della verità questo dì sopradetto mi sono soschritto di mano propria.
8. Lettera di Pietro Alamanni a Lorenzo de’
Medici, Pavia
(ASFi, MAP, filza 50, n. 163, 1489 settembre 18)
[…] Alla parte della casa mi disse che non l’haveva
donata et che, oblighato ho no, suo animo è sempre suto che la casa sia vostra et che per sua parte
io vi preghassi che voi havessi patientia per un
pocho et che sopra la fede di real signore io v’acertassi che la casa saria vostra et perché sua intentione è di dare qualche reputatione alla figliuola,
haveva disegniato metterla quivi insino a tanto che
messer Gha(leazzo) havessi aconcio la casa sua per
potere talvolta andarla a vigitare, ché non haveva
prima dove tenerla honorevolmente, dicendomi
che la casa non era capace alla famiglia di messer
Gha(leazzo) né casa da signori et che voleva acceptare l’obligho per rendervi la casa di sua spontanea
volontà come vi diè la badia di Miramondo et
molto efficacemente mi disse quanto ho decto di
sopra, giurando più volte alla fede di real signore
che la casa ve la restituirebbe in breve. Io dissi che
sua ex(celentia) poteva fare parechi buoni effecti
restituirvi la casa per satisfare a quanto havea promesso et per più dimonstratione di quanto (lui)
ama et la figliuola la poterebbe usare come ha
disegniato la ex(celentia) sua e mi rispose il medesimo che sopra la fede sua la casa sarebbe vostra et
che noi fussimo contenti lasciarla governare a lui,
che la governerebbe in modo che vi sarebbe la satisfactione vostra et monstrerebbe ad ogni homo
che vi ama et stima […].
9. Lettera di Pietro Alamanni a Lorenzo de’
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Medici, Milano
(ASFi, MAP, filza 50, n. 165, 1489 settembre 29)
[…] Messer Francesco Minerbetti adrivò et da llui
et per la vostra postscripta intesi el desiderio
vostro circa la casa. So’ restato con monsignore
Ascanio che hoggi vadia a trovare sua excellentissima signoria et ci asodoremo come la vogliamo
governare et di quello seguirà ne sarete alla giornata advisato. […] Credo ch’el Terzago balzerà in
una prigione a Pavia et quivi si starà […].
10. Lettera di Pierfilippo Pandolfino a Lorenzo
de’ Medici, Milano
(ASFi, MAP, filza 50, n. 191, 1490 [1489 mf] gennaio 15)
[…] Della casa innanzi parta di qui farò di nuovo
pruova per vedere se potrò fare qualche conclusione buona ché al continuo vi penso et desiderola al pari di voi […].
11.Lettera di Angelo Niccolini a Piero de’ Medici,
Milano
(ASFi, MAP, filza 74, n. 11, 1492 maggio 14)
Buon pro ti farria Piero mio la casa quale già avete
in Milano questa mattina. Il signor Ludovico te
l’ha donata. Essendo ito a corte dopo ragionamenti me disse non mi partissi se prima non parlavo con il signor messer Galeazzo. Trovai nel
partir sua signoria me aspectava, dissemi per
observare quello ti promessi quando venisti et al
magnifico Piero ti fo intendere che la excellentia
del signor Ludovico era in singularissima dispositione verso la ciptà et de te mossovi me con molte
parole. Poi suiunse sua eccellenza per fare intendere l’affectione singular ti porta, la extimatione
grande fa alla persona tua t’avea donato la chasa.
Con dispositione con maggiori effecti fare intendere ogni di più la sua optima dispositione verso
di te. Et che mi farebbe le letere et lo significassino et darebbemele et le mansassi per la possessione della casa se oggi vuolevo mandare oggi in la
farebbe consegnare ch’era conceduta a sua
mogliera […].
12. Lettera di Giacomo Trotti al duca di Ferrara,
Milano
(ASMo, Cancelleria Ducale, Carteggio Ambasciatori
Estensi, b. 7, 1492 maggio 15)
[…] Il predetto signor Ludovico ha liberamente
donata una casa al magnifico Petro de Medici la
casa de Mediolano la quale vendette per quattromillia ducati Lorenzo suo patre ad Aluisio da Terzago, in la qual il predetto Aluisio haveva spexo in
lavorarla presso mille ducati, et gel’a liberamente
donata senza ch’ei facia restitutione veruna de
dinari per demostrare effectualmente a quiuncha
ch’el ama et stima il predetto magnifico Pietro et
per farlo tuto suo […].
13. Lettera di Angelo Nicolini a Piero di Lorenzo
de’ Medici, Pavia
(ASFi, MAP, filza 74, n. 14, 1492 maggio 18)
Poi ti scripsi a 14 del presente ti havea facto il
signor Ludovico ringratiandolo sì per la cosa in sé
et sì perché la donava, sì per il modo sì per il
tempo rispose che non era niente ad quello era
disposto fare verso la cità et di te, et che ognindì
lo monstrarebbe, et con facti et subiunse voglio
sappiate il vero: ero in fermo proposito di darla a
Lorenzo et dopo la morte sua haveo deliberato
darla a Piero, come sa quella magnificentia di
messer Iacopo Trotto, ma non così hora. Et perché cogniosciate che desidero et far cosa grata a la
persona vostra la ho acelerata et facta di presente.
Dico perché le ponderi ed li effecti infrascripti
[…].
14. Donatio facta Petro de Medicis de domo quondam
Aloysii Terzagi sita in Mediolano in parrochia San
Thome porta Cumana
(ASMi, Registri Ducali, reg. 61, cc. 35-36, 1492
maggio 22)
[…] Gens illa fieret edibus in urbe Mediolani
magnifice structis donavit hec autem amicitia a
tam initiis orta sanctissime deinde et a parente
nostro Illustrissimo e a nobisi custodita: eo mutuis
officiis cuncta est. Ut iam quo ultra progredi possit vix reliqui quique habeat: quam ut nos quoque
hoc argumento demonstremus non minoris a
nobis estimari, que ab avo nostro et parente factitatum sit, in mentem nobis venit magnificum
Petrum his aedibus munerari quae ab eius patre
superioribus anni venditae fuerunt: cuius rei
agendae, et si semper antea a nobis occasionem
vehementer optatam fuisse non diffitemur nihiloque magis expetitum quam harum aedium restitutione, quae maximum benivolentiae quae maioribus nostris, cum gente Medica intercedebat
monumetum erant, planum facere nihil de mutuo
amore nostro mutatum aut diminutum esse;
tamen cum id a nobis fieri minime posse videretur, quod heae in alterius potestatem essent, alias
Laurentio dono dedimus, ne is dum haec opportunitas se offeret publico amoris nostri signo careret, quae cum nunc oblata sit, devolutis hisce aedibus pleno iure ad cameram nostram ob scelesta
facinora quae Aloysius Terzagus in pernicem
nostram molitus est, non ultra differendumduximus quin id in magnificum Petrum conferamus,
quod illius patris si is aut ad presens vitam viveret,
aut occasio prius affulsisset libentissime praestitissemus, ut ex tam splendidarum aedium collatione
cum hiis quas proximis annis Laurentio donavimus […]. Qua propter per has nostras excerta
scientia motu proprio et de nostre potestatis plenitudine est absolute, et omnibus modo iure
vostra causa et forma, quibus melius, et validius
potuimus et possumus accedente est ad hoc consensii, et parabula illustrissimi domini Ludovici,
patrui curatori, locutenentis et capitanei nostri
generalis magnifico Petro pro ipsoo eiusque filiis
et descendentibus, et cui vel quibus dederit elargimur, tradimus, libereque donamus supradictas
aedes titulo pure mere et irrevocabilis donationis
inter vivos […].
quam ab avo nostro et parente factitatum sit, in
mentem nobis venit magnificum Petrum his aedibus munerari quae ab eius patre superioribus anni
venditae fuerunt: cuius rei agendae, et si semper
antea a nobis occasionem vehementer optatam
fuisse non diffitemur nihiloque magis expetitum
quam harum aedium restitutione, quae maximum
benivolentiae quae maioribus nostris, cum gente
Medica intercedebat monumetum erant, planum
facere nihil de mutuo amore nostro mutatum aut
diminutum esse; tamen cum id a nobis fieri minime posse videretur, quod heae in alterius potestatem essent, alias Laurentio dono dedimus, ne is
dum haec opportunitas se offeret publico amoris
nostri signo careret, quae cum nunc oblata sit,
devolutis hisce aedibus pleno iure ad cameram
nostram ob scelesta facinora quae Aloysius Terzagus in pernicem nostram molitus est, non ultra
differendumduximus quin id in magnificum
Petrum conferamus, quod illius patris si is aut ad
presens vitam viveret, aut occasio prius affulsisset
libentissime praestitissemus, ut ex tam splendidarum aedium collatione cum hiis quas proximis
annis Laurentio donavimus […].
15. Donazione a Piero di Lorenzo de’ Medici di
alcuni immobili già della famiglia Medici, venduti anni prima a Aloisio Terzago, Pavia 1492
Donatio cuiusdam domus in civitate Mediolani ducis
dicte civitatis magnifico Petro de Medicis de anno
1492
(ASFi, MAP, Pergamene, 1492 maggio 22, in
Franceschini, Il palazzo dei duchi… cit., pp. 181197)
Quam ut nos quoque hoc argumento demonstremus non minoris a nobis estimari (gens Medica)
52
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Ringrazio Elena Caldara, Mauro Galantino, Laura Massa, Manuela Morresi,
Nicola Soldini e Fabrizio Tonelli per
aver messo generosamente a mia disposizione il loro sapere nel corso di questo
studio.
1. Antonio Averlino detto il Filarete,
Trattato di architettura, a cura di A.M.
Finoli e L. Grassi, I-II, Milano 1972, pp.
698-704.
2. Cfr. E. Gombrich, Il mecenatismo dei
primi Medici, in Id., Norma e forma. Studi
sull’arte del Rinascimento, Torino 1973,
pp. 51-83 (ed. orig. London 1966); A.D.
Fraser Jenkins, Cosimo de Medici’s Patronage of Architecture and the Theory of
Magnificence, in “Journal of the Warburg
and Courtauld Institutes”, 33, 1976, pp.
162-170.
3. Archivio di Stato di Milano (d’ora in
poi ASMi), Registro V alias, A, Feudi,
Concessioni, Donatio Cosme de Medicis de
uno sedimine in porta cumana sito; Archivio
di Stato di Firenze (d’ora in poi ASFi),
Mediceo avanti il Principato (d’ora in poi
MAP), f. CXLVI, nn. 167-168. Cit. in C.
Casati, Documenti sul palazzo chiamato il
“Banco Mediceo”, in “Archivio Storico
Lombardo” [d’ora in poi “ASL”], XII,
1885, pp. 582-588. Sulla sede milanese
del Banco cfr. R. de Roover, Il Banco
Medici, dalle origini al declino 1397-1494,
Firenze 1970 (ed. orig. Cambridge
1963), pp. 373-395. E. Caldara, Splendori
e miserie del Banco Mediceo a Milano, tesi
di laurea, Università Statale di Milano, in
corso di elaborazione. La donazione è
successivamente confermata nel 1462,
ASMi, Registri delle Missive, reg. 13, c.
317r, 20 agosto 1462.
4. F. Catalano, Il ducato di Milano e la politica dell’equilibrio, in Storia di Milano, VII,
Milano 1956, pp. 227-414; C. Santoro, I
registri delle lettere ducali del periodo sforzesco, Milano 1961; J.T. Paoletti, The Banco
Mediceo in Milan: Urban Politics and
Family Power, in “Journal of Medieval
and Renaissance Studies”, 24, 2, 1994,
pp. 198-238; E. Welch, Art and Authority
in Renaissance Milan, New Haven-London 1995; R. Fubini, Quattrocento fiorentino. Politica, diplomazia, cultura, Pisa
1996; cfr. inoltre i diversi volumi del
Carteggio degli oratori mantovani alla corte
sforzesca (1450-1500), a cura di F. Leverotti, Roma 1999-2002.
5. F. Leverotti, La crisi finanziaria del
ducato di Milano alla fine del Quattrocento,
in Milano nell’età di Ludovico il Moro, atti
del convegno (Milano, Biblioteca Trivulziana, Castello Sforzesco, 28 febbraio-20
marzo 1983), Milano 1983, pp. 585-632,
p. 589.
6. R. Fubini, Appunti sui rapporti diplomatici fra il dominio sforzesco e Firenze medicea, in Gli Sforza a Milano e in Lombardia
e i loro rapporti con gli Stati italiani ed europei (1450-1530), Milano 1982, pp. 291334, p. 297. Pigello dirige infatti la filiale del Banco Mediceo di Milano dalla
fondazione, nel 1452, fino alla sua morte
nel 1468.
7. M. Michiel, Notizia d’opere di disegno, a
cura di G. Frizzoni, Bologna 1884, p. 48.
8. Filarete, Trattato…, cit. [cfr. nota 1], p.
700; Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da
Cimabue insino à tempi nostri [Firenze
1550], edizione a cura di L. Bellosi e A.
Rossi, Torino 1986, p. 329 nota 10. Cfr.
E. Caldara, schede Cicerone bambino che
legge e Medaglioni con teste virili, in G.
Agosti, M. Natale, G. Romano (a cura
di), Vincenzo Foppa, Milano 2003, pp.
142-145.
9. A questa data dal libro mastro risulta
che i Medici stanno comprando tapezzerie e suppellettili per arredare il palazzo.
Nel 1461 Pigello invita Giovanni di
Cosimo a Milano per vedere i lavori conclusi. ASFi, MAP, f. 8, n. 413. Cfr. de
Roover, Il Banco Medici…, cit. [cfr. nota
3], p. 377.
10. Sulla base di queste osservazioni C.
Baroni, Il problema di Michelozzo a Milano,
in Atti del IV Congresso Internazionale di
Storia dell’Architettura, Milano 1939, pp.
123-140, ha contestato l’attribuzione a
Michelozzo, propendendo per un progetto di Filarete eseguito da maestranze
lombarde. Cfr. Filarete, Trattato…, cit.
[cfr. nota 1], per il Banco Mediceo cfr. ivi,
pp. 698-704 con le note di Liliana Grassi; L. Patetta, Il caso di Michelozzo a Milano, in Michelozzo scultore e architetto (13961472), atti del convegno (Firenze, 1996),
a cura di G. Morolli, Firenze 1998, pp.
237-248 (con bibliografia); C.L. Frommel, Lombardia, in Bramante milanese e
l’architettura del Rinascimento lombardo,
atti del seminario di studi (Vicenza,
1996), a cura di C.L. Frommel, L. Giordano, R. Schofield, Venezia 2002, p. 3; E.
Caldara, Il Banco Mediceo di Milano e
Castiglione Olona: un legame possibile, in
“Solchi”, VII, 1-2, 2003, pp. 5-14.
11. Frommel, Lombardia, cit. [cfr. nota 10].
12. Ora alla Wallace Collection a Londra. Cfr. E. Caldara, schede Cicerone
bambino che legge e Medaglioni con teste
virili, in Vincenzo Foppa, cit. [cfr. nota 8].
Sul portale cfr. J.G. Bernstein, The Portal
of the Medici Bank in Milan, in Verrocchio
and Late Quattrocento Italian Sculpture, a
cura di S. Bule, A.Ph. Garr, F. Gioffredi
Superbi, Firenze 1992.
13. Cfr. ASMi, Autografi, b. 146, Portinari; J.G. Bernstein, A Florentine Patron in
Milan: Pigello and the Portinari Chapel, in
Florence and Milan: Comparisons and Relations, a cura di C.H. Smyth e G.C. Garfagnini, I-II, Firenze 1989, pp. 171-200;
L. Giordano, La Cappella Portinari, in
G.A. Dell’Acqua (a cura di), La Basilica di
Sant’Eustorgio in Milano, testi di G. Bora
et al., Milano 1984, pp. 70-91. Sulla villa
Mirabella cfr. L. Giordano, “Ditissima
Tellus”. Ville Quattrocentesche tra Po e Ticino, in “Bollettino pavese di Storia
patria”, 1988, pp. 145-295, pp. 238 ss.
14. Per l’evoluzione dei rapporti politici
e culturali Sforza-Medici cfr. infra.
15. Cfr. de Roover, Il Banco Medici…, cit.
[cfr. nota 3], p. 394. ASFi, MAP, filza
CXLIX, n. 41, Lorenzo di Piero di Cosimo
de’ Medici concede in affitto ad Acciarito di
Folco Portinari la casa grande di sua proprietà posta in Milano.
16. Cit. in de Roover, Il Banco Medici…,
cit. [cfr. nota 3], pp. 394-395.
17. Protocolli del Carteggio di Lorenzo il
Magnifico [d’ora in poi Protocolli], a cura
di M. Dal Piazzo, Firenze 1956 (“Deputazione Toscana di Storia Patria”), p.
342, A Iacopo Guicciardini a Milano,
1486 (1485 mf) febbraio 11: “[…] A Folcho Portinari, che tiri innanzi la praticha
della casa et ordini il pagamento de’ 4000
a’ Pescioli, pe’ quali andrà Antonio
apresso Carnasciale, e poi segua un suo
viaggio. A messer Antonio da Landriano
a Milano, ringratiandolo di quello che ha
facto per Folcho, e confortandolo a
seguire, etc.”.
18. Archivio di Stato di Modena (d’ora in
poi ASMo), Cancelleria Ducale, Carteggio
Ambasciatori Estensi, Milano, b. 4, Giacomo Trotti al duca di Ferrara, Milano,
1486 febbraio 23.
19. Protocolli, cit. [cfr. nota 17], p. 343,
1486 (1485 mf) febbraio 27.
20. ASFi, MAP, filza 36, n. 339 (trascritto e pubblicato da G. Franceschini, Il
palazzo dei duchi di Urbino a Milano, in
“ASL”, s. VIII/2, 77, 1950, pp. 181-197).
Cfr. Appendice documentaria n. 1.
21. Protocolli, cit. [cfr. nota 17], p. 343: “al
Castellano di Milano, a Folco Portinari.
Copia. A Jacopo Guicciardini, del medesimo effecto che la copia”, 1486 (1485
mf) 15 marzo; ASFi, MAP, filza 89, n.
299, Sf. (Lorenzo de’ Medici) al Castellano di Milano e a Folco Portinari, 1486
(1485 mf) marzo 15. Cfr. Appendice
documentaria n. 2.
22. Ibid.
23. Protocolli, cit. [cfr. nota 17], p. 344,
1486 aprile 2: “Al signor Lodovico, a
Jacopo Guicciardini, che non vuole a
nessun modo vender la casa etc.”.
24. ASFi, MAP, filza 39, n. 458, Lettera
di Nicolaus Pontinus, oratoris florentini cancellarius, a Lorenzo de’ Medici, Milano,
1486 marzo 27. Cfr. Appendice documentaria n. 3.
25. Protocolli, cit. [cfr. nota 17], p. 345,
1486 9 aprile: “Al signor Lodovico […] A
Jacopo Guicciardini […] et con 4 littere
per la sicurtà di quelli Pescioli, etc, et che
se’l signor Ludovico paga è 4mila ducati
sanza sicurtà o alcuno obligo che quello
di Lorenzo, rimandi le lettere”.
26. Bernardino Arluno, Historia Mediolanensis ab urbe condita ad sua tempora, Basilea 1530 (BAM, Cod. A 114 inf.), c. 93v.
27. ASFi, MAP, filza 39, n. 462, Lettera
di Iacopo Guicciardini a Lorenzo de’
Medici, Milano, 1486 aprile 15.
28. Ivi, n. 467, Lettera di Iacopo Guicciardini a Lorenzo de’ Medici, Milano,
1486 aprile 18. Cfr. Appendice documentaria n. 4.
29. ASMi, Registri Ducali, 40 [QQ], cc.
95r e v, Donazione a Lorenzo de Medici
di una casa presso San Maurizio a Milano: “[…] Impresentiarum cupiamus aliqua nostri in eum animi signa demostrare Domum sita apud S. Mauritium in
urbe nostra Mediolani quadam justissimis de causis ex certa scientia descernimus et declaramus camere nostre perti-
nere, et alienatione de ipsa hactenus facta
nulla irritasquibus esse […]” (cit. in
Casati, Documenti sul palazzo…, cit. [cfr.
nota 3]).
30. ASFi, MAP, filza 39, n. 525, Lettera
di Iacopo Guicciardini a Lorenzo de’
Medici, Milano, 1486 giugno 30. Cfr.
Appendice documentaria n. 5.
31. ASFi, Archivio Mediceo, Diplomatico,
normali, alla data 1486 luglio 16. Copia
in ASMi, Sforzesco, Registri Ducali, 40
[QQ], cc. 107v-109v (trascritta e pubblicata da Franceschini, Il palazzo dei
duchi…, cit. [cfr. nota 20], pp. 195-197).
Cfr. Appendice documentaria n. 6.
32. ASFi, MAP, filza 39, n. 549, Lettera
di Iacopo Guicciardini a Lorenzo de’
Medici, Milano, 1486 agosto 18. Cfr.
anche ivi, n. 556, Lettera di Iacopo Guicciardini, Milano, 1486 settembre 5.
33. ASMo, Cancelleria Ducale, Carteggio
Ambasciatori Estensi, Milano, b. 4, Giacomo Trotti al duca di Ferrara, Milano,
1486 dicembre 7.
34. Cfr. R. Martinis, Francesco di Giorgio
Martini e Cristoforo Solari a palazzo Salvatico: strategie pubbliche e committenza privata a Milano tra Quattro e Cinquecento,
tesi di dottorato di ricerca, Dipartimento
di Storia dell’Architettura, IUAV, Venezia 2002.
35. ASFi, MAP, filza LXXXIX, n. 152,
Ricorso fatto da Lorenzo de’ Medici per
la vendita abusiva di una casa a Milano,
1489 settembre 14. Archivio Mediceo
avanti il Principato. Inventario, vol. III,
Roma 1957, p. 356. Cfr. Appendice
documentaria n. 7.
36. ASFi, MAP, filza 50, n. 163, Lettera
di Pietro Alamanni a Lorenzo de’ Medici, Pavia, 1489 settembre 18. Cfr. Appendice documentaria n. 8. Alter ego di
Ludovico il Moro, Galeazzo Sanseverino
viene così descritto dall’ambasciatore di
Ferrara nel 1492: “a me pare che epso
messer Galeazzo sia Duca de Milano
perché el po ciò ch’el vole et ha quello
che sa dimandare et desiderare”. Figlio
di Roberto Sanseverino, nipote di Elisa
Sforza, sorella del duca Francesco. Capitano della cavalleria sforzesca, egli consolida ulteriormente le sue relazioni con
la famiglia Sforza e Ludovico il Moro
attraverso il suo matrimonio con la figlia
illegittima di quest’ultimo, Bianca. Riceve come dote la città di Voghera e il
palazzo del Banco Mediceo a Milano.
Galeazzo possiede diverse residenze: un
appartamento all’interno della corte di
Porta Giovia, un palazzo appena fuori
dal castello, un castello nel feudo di
Voghera. Gli viene donato un palazzo a
porta Vercellina, presso il ponte sul
Naviglio, dove abita negli ultimi anni
della dominazione sforzesca, ospitando
nel 1496 Luca Pacioli, proveniente da
Venezia. È in questo palazzo che, il 26
gennaio 1491, Leonardo allestisce un
torneo, per il quale restano degli appunti nel f. 250r del Codice Arundel. Cfr.
Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti
pittori, scultori ed architettori con nuove
annotazioni e commenti di Gaetano Milanesi, I-IX, Firenze 1878-1885, II, 1879, p.
493; A. Giulini, Bianca Sanseverino Sforza, figlia di Lodovico il Moro, in “ASL”,
53
15|2003 Annali di architettura
Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza
www.cisapalladio.org
serie IV, XVIII, anno 39, 1912, pp. 233252; F. Malaguzzi Valeri, La corte di Lodovico il Moro, I-IV, Milano 1913-1923, I,
La vita privata e l’arte a Milano nella seconda metà del Quattrocento, 1913, p. 464, cit.
in Welch, Art and Authority…, cit. [cfr.
nota 4], pp.198-199; 201-202, 220; 312313 note 92-94; C. Pedretti, Leonardo
architetto, Milano 1978, pp. 74, 291-294.
37. ASFi, MAP, filza 50, n. 165, Lettera
di Pietro Alamanni a Lorenzo de Medici,
Milano, 1489, settembre 29. Cfr. Appendice documentaria n. 9.
38. Ivi, n. 191, Lettera di Pierfilippo
Pandolfini a Lorenzo de’ Medici, Milano, 1490 (1489 mf.) gennaio 15. Cfr.
Appendice documentaria n. 10.
39. ASFi, MAP, filza 74, n. 11, a Piero
de’ Medici, 1492 maggio 14; ASMo,
Cancelleria Ducale, Carteggio Ambasciatori
Estensi, Milano, b. 7, Giacomo Trotti al
duca di Ferrara, Milano, 1492 15 maggio; ASFi, MAP, filza 74, n. 14, 1492
maggio 18. Cfr. Appendice documentaria nn. 11, 12, 13.
40. ASMi, Registri Ducali, 61, cc. 35-36;
ASFi, MAP, Pergamene, 1492 22 maggio,
Donazione a Piero di Lorenzo de’ Medici di
alcuni immobili già della famiglia Medici,
venduti anni prima a Aloisio Terzago, Pavia
1492. Donatio cuiusdam domus in civitate
Mediolani Ducis dicte civitatis Magnifico
Petro de Medicis de anno 1492 (in Franceschini, Il palazzo dei duchi…, cit. [cfr. nota
20], pp. 181-197). Cfr. Appendice documentaria nn. 14, 15.
41. ASMo, Cancelleria Ducale, Carteggio
Ambasciatori Estensi, Milano, b. 7, Giacomo Trotti al Duca di Ferrara, Milano,
1492 30 maggio. Documento segnalato
da Nicola Soldini.
42. Cfr. ASFi, MAP, filza 74, n. 50,
Angelo Niccolini a Piero di Lorenzo de
Medici, Miramondo, 1492 agosto 26:
“[…] El modello del poggio ti priega lo
mandi che n’harà grandissimo piacere”.
Ivi, n. 65, Lettera di Angelo Niccolini a
Piero di Lorenzo de Medici, Milano,
1492 ottobre 13: “[…] È venuto in questo punto Giuliano Sanghallo. El modello dice che ha lasciato a drieto et doverrarci essere lunedi. Ad la venuta sua si
farà poi quanto sia di bisogno circa il
presentarlo: perché ex grato gratius reddatur”. Ivi, n. 66, Angelo Niccolini a
Piero di Lorenzo de Medici, Miramondo, 1492 ottobre 25: “Veduto che non mi
sentivo apto ad transferirmi in persona
ad Vigevani per expedire Giuliano da
Sanghallo, m’andai di nuovo questa mattina dal signore el cancellier con lui et col
modello. El cancelliere che è tornato in
questo puncto mi dice che l’hanno presentato al signor Ludovico et che gli è
parso una cosa molto bella et degna della
buona memoria di Lorenzo et delli ingegni fiorentini et assai gli è piaciuta et te
ne ringrazia molto dicendo che per un
piacer non li potevi far per hora il più
grato. Aggiunge che Giuliano nel presentarlo et monstrarlo non potrebbe
essersi portato più accomondatamente
né havere usato migliori o più sante et
honorevoli parole verso di te, della excellentia del signore et della casa propria,
tanto ch’el signore l’ha visto volentieri,
et domattina ha voluto si torni dalla
ex(cellentissima) s(ignoria) ad buonhora.
Giuliano s’è rimasto ad Vigevani et però
non ti scrive per questo cavallaro. Io vi
manderò el cancelliere domattina ad tale
hora che vi gugnerà a tempo, et satisfarà
anche lui al debito suo inteso le cose tue,
e infine mi riferisce che è tenuta una cosa
bella et che al signore ha satisfacto mirabilmente, nec aliter”. Pubblicati da C.
von Fabriczy, Progetto di Giuliano da Sangallo per un palazzo in Milano, in “Rassegna d’Arte”, gennaio 1903, pp. 5-6.
43. ASFi, MAP, filza 74, n. 15.
44. ASMo, Cancelleria Ducale, Carteggio
Ambasciatori Estensi, Milano, b. 9, Giacomo Trotti al Duca di Ferrara, Milano,
1495 marzo 12: “Questo Illustrissimo
signore [Ludovico il Moro] ha donato al
Magnifico m.s Antonio Maria de San
Severino la casa che fu de Aluysio da Terzagho, la quale al presente era de Petro
di Medici, che fu etiam de Lorenzo suo
patre. Et dice de donarli 1000 ducati
apresso perchel se la facia conzare a suo
modo”. ASMi, Sforzesco, Milano città,
1120, Il duca a Bartolomeo Calco, Vigevano, 1495 marzo 20: “Havemo donato a
messer Antonio Maria de Sanseverino la
casa quale era di Lorenzo de Medici et
però volemo gli expedite la littera de la
donatione”.
45. Cit. in C.A. Vianello, Testimonianze
venete su Milano e la Lombardia degli anni
1492-1495, in “ASL”, s. IV, 1939, pp.
408-423, p. 421: Relazioni al Senato dell’ambasciatore Sebastiano Badoer (Biblioteca Nazionale Marciana, cod. 547, cl. VII,
fol. 106).
46. ASMi, Sforzesco, Milano città, 1135,
Deputati apparato, al duca, Vigevano,
1496 ottobre 13: “Preparativi per il R.mo
legato e ambasciatori: nei giorni scorsi
essi vennero ospitati a San Francesco e
nella casa dei Sanseverino, ma ora sono
tornati i frati e l’ambasciatore spagnolo
dei Sanseverini”. Si pensa perciò di preparare la casa dei Medici (Giuliano occupa solo il primo piano) e nella corte tante
camere: “Per provedere de tali lozamenti havemo pensato de preparare la casa de
Medici, de sotto, non movendo niente
messer zuliano quale tiene sulum li loci
de sopra. Et per non esser anchor quella
asatisfactione havemo pensato de preparare in la corte tante camere che satisfaressino al loro bisogno […]”. Documento segnalato da Nicola Soldini.
47. Milano, Biblioteca Trivulziana, Cod.
Archivio C 9, Registro delle Lettere dei
Dieci di Balia della Repubblica Fiorentina, c.
263r, 1497 (1496 mf.) 23 febbraio: “che il
signore dixe a un amico havere donato
una casa che già era stata de Medici nuovamente a Giuliano residente allora a
Milano”. Documento segnalato da Nicola Soldini.
48. ASMi, Registri delle Missive, 206, Bartolomeo Calco a Paolo Somenza, Milano, 1497 febbraio 21.
49. ASMo, Ambasciatori Milano, b. 16,
1499 settembre 27. Nicolò Bianchi al
Duca, Milano: “[…] Il Re ha donato a
Catellano Trivulzio la cassa che fuo de
Lorenzo di Medici et promessoli li beni
del Conte Ludovico del Bergamino ma
anchora se tace. […] Monsignore de
Ligni ha li beni del conte Petro dal
Verme”.
50. ASMo, Ambasciatori Milano, b. 3,
Paolo Antonio Trotti alla duchessa di
Ferrara, Eleonora d’Aragona, 1479 settembre 18. Donazione di una casa a
Roberto Sanseverino: “Il signore è stato
contento di lassare al signor Roberto
Castelnuovo et la casa qui de Milano, et
se drieto per dare scambii ad sua signoria, li hano offerta la casa de messer Ciecho sua signoria non la voluto aceptare
per fugare ogni infamia perché il se iudicava pure chel fusse amico de sua excellentia, credo che ne trovarano una altra
et in vero amche le stato molto contento
de castelnuovo”. Ivi, Paolo Antonio
Trotti alla duchessa, 1479 settembre 22:
“[…] la donazione facta de la casa del
signor Roberto perché dano ad sua
signoria la casa che fu del duca di Bari, la
qual vale da tanta quanto foaria quella
del signor Roberto che non li è cossa
alcuna che bona sia, vero è che questa del
duca di Bari è molto più lontana dal
castello […]”.
51. C. de’ Rosmini, Dell’istoria di Milano,
I-IV, Milano 1820, IV, appendice: “1474,
22 dicembre, Galeazzo Maria Sforza
dona a Lucia Marliani, sua amante, le
entrate del Naviglio della Martesana”.
52. ASMo, Ambasciatori Milano, b. 4,
Giacomo Trotti alla dica di Ferrara, 1486
settembre 15: “La casa del secretario è
donata al principe di Capua, l’altra casa
del secretario che fo del […] è donata a
dom piedro […]”.
53. Cfr. R. Martinis, Francesco di Giorgio
Martini…, cit. [cfr. nota 34].
54. ASMi, Potenze Estere, Modena, cit. in
Palazzo in Milano donato a Lorenzo il
Magnifico, in “ASL”, XIX, 1892, p. 493
55. ASMi, Sforzesco, Potenze estere, Marca,
b. 152, Giovanni Sforza Aragona conte
di Pesaro a Bartolomeo Calco, 1490
luglio 20. Ivi, Servitor Ludovicus Cardanis, cancelliere di Pesaro (di Giovanni
Sforza Aragona conte di Pesaro) a Bartolomeo Calco, 1490 luglio 28: “El prefato
signore mio ha renuntiato Torricella alla
Illustrissima Madonna sua matre per la
dote sua, et non la casa de Mediolano
[…] et prega la magnificentia vostra che
essendogli comisso la facessi privilegio
alcuno: se degni recordare all’excellentissimo signor Ludovico dicta casa esser la
sua, et che se la prefata Illustrissima
Madonna sua matre la vole habitare scrivendone qualche cosa alla signoria sua,
serà più presto contenta che essa la habita che alcuna altra persona. La magnificentia vostra se dignara pigliar la protectione del signore mio in questo, como ha
facto in le altre cose, anco non incurressi
in tale vergogna et danno qual non passaria senza carico del honore suo […]”.
56. ASMi, Registri ducali, reg. 61, pp.
229-232 (mod.), 1493 luglio 4. “Donatio
facta Marchesino Stanghe de quadam
domo sita super platea castru mediolani
[…] Decrevimus ipsum donare sedimine
et domo infrascripta que ad Cameram
nostram legitimo iure spectat et pertinet
domini oipsi sue quam edificat contermina et contigua […] sedimen unum iacens
in porta Vercellina parochia Sancti Pro-
tasii in Campo Intus inclyte civitatis
nostre mediolani iuxta plateam castri
nostri porte Jovis dicte nostri Civitatis,
quod fuit quondam egregii militis domini Francisci de Landriano et post mortem pervenit in spectabilem militem
domini Philippii de … capiteneum
nostrum dicti castri, et sucessive ab eo
Cameram nostram […]”. Cfr. Pedretti,
Leonardo architetto, cit. [cfr. nota 36], pp.
71-115.
57. Arluno, Historia Mediolanensis…, cit.
[cfr. nota 26], c. 99r. “Sanseverini / Vicecomites / Castellanei et alij plure peregrini cinti domos patentibus atrijs
amplissimas percinxerunt”.
58. G. Biscaro, La vigna di Leonardo da
Vinci fuori porta Vercellina, in “ASL”,
XXIII, 1909, pp. 363-396; Pedretti, Leonardo architetto, cit. [cfr. nota 36], pp. 71115.
59. A. Scotti, Il Pio AlbergoTrivulzio in via
della Signora, in 200 anni di solidarietà
milanese nei 100 quadri restaurati da Trivulzio, Martinitt, Stelline, catalogo della
mostra (Milano, 1990), a cura di P.
Biscottini, Milano 1990, pp. 133-150. Il
documento relativo alla cessione descrive
un palazzo: “cupatum, muratum, solatum
cum suis hedificijs, cameris, solarijs, salis,
curis duabus, canepis, zardino seu veridario magno, orto existenti desuptus apud
fossum”. ASMi, Trivulzio, AM, cart. 385.
60. All’interno dei beni camerali vi sono,
almeno in epoca viscontea, due classi di
proprietà immobiliari, alla cui amministrazione sono preposti ufficiali diversi:
quelle personali del duca, vengono gestiti dai magistri possessionum ducalium; i
beni di tipo camerale-statale, che servivano per finanziare il governo ducale, ma
non la persona del duca, sono amministrati dai maestri delle entrate ordinarie e
straordinarie. Cfr. C. Santoro, Gli uffici
del dominio sforzesco (1450-1500), Milano
1948; Ead., Gli offici del comune di Milano
e del dominio visconteo sforzesco (12161500), Milano 1968; Ead., Provvedimenti
visconteo sforzeschi in materia stradale, in
Ead., Scritti rari e inediti, Milano 1969.
61. Che tali immobili provenissero da
confische è tratto caratteristico di quei
beni camerali che vengono presto ridonati, onde evitare l’accusa di avarizia violenta e bramosia dei beni dei sudditi, una
caratteristica del tiranno già nella letteratura antica. La distruzione del nemico
politico interno, principalmente tramite
la sottrazione della sua base patrimoniale, può e deve dunque fungere da strumento di irrobustimento per il nuovo
regime. Allo stesso tempo tuttavia, i beni
confiscati devono essere in gran parte
donati, meglio se a enti religiosi, e divenire in tal modo segno di liberalità. Il
patrimonio immobiliare formalmente di
pertinenza della Camera ducale è, nei
fatti, in mano allo stesso duca. Insieme
alle donazioni compaiono anche le prime
licentiae aedificandi rilasciate a pagamento, a dimostrazione che la copertura del
fabbisogno finanziario dello Stato era
considerata prioritaria. La concessione
delle licentiae aedificandi cresce poi a
dismisura, rendendo notevoli introiti alle
casse ducali. Un altro tentativo di controllo del mercato immobiliare è rappresentato dalle lettere di concessione rila-
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15|2003 Annali di architettura
Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza
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sciate da Francesco Sforza in licentiam
procedendi ad emphiteoticam locationem, che
regolano l’accesso alla proprietà piena o
parziale di un bene immobiliare, nel contado per due terzi, in città per un terzo.
Tali concessioni tendono tuttavia a rarefarsi dopo la morte di Francesco. Cfr. G.
Soldi Rondinini, Milano tra XIV e XV
secolo, in Florence and Milan…, cit. [cfr.
nota 13], pp. 163-185, p. 173; P. Boucheron, Le pouvoir de bâtir. Urbanisme et politique edilitaire à Milan, XIVe-XVe siècles,
Roma 1998, pp. 393, 400-402. Nella terminologia cancelleresca lo strumento
giuridico della donazione, impiegato già
dai Visconti e più intensivamente dagli
Sforza rivela la propria intrinseca ambiguità. Concessio e donatio vengono infatti
usati in modo promiscuo, e non certo per
fortuita confusione, piuttosto per equivalenza: sono cioè atti della medesima
natura, assimilabili a un dono gratuito
del Principe, vale a dire a una gratia. Si
vedano ad esempio le licenze concesse ai
sudditi “pro bonis vendendis”, per gli
immobili sui quali gravano o possono
gravare diritti e riserve spettanti alla
Camera ducale, quali i beni donati dai
signori secondo le varie forme. Il duca, a
sua volta, detiene la facoltà di revoca
della donazione a sua discrezione. Cfr.
ASMi, Dispacci e diplomi sovrani, serie
Milano, cart. 3, doc. 3, 1425 agosto 7:
Filippo Maria Visconti detta ai Maestri
delle Entrate Straordinarie disposizioni
riguardanti forme e modalità delle donazioni ducali; ASMi, Sforzesco, Atti ducali,
Gride, b. 1496, 1471 ottobre 20: Decreto
ducale che dichiara qualmente le donazioni gratuite fatte e da farsi sono sempre
a beneplacito del Principe; ivi, 1471
ottobre 20: il duca Galeazzo Maria Sforza successo a Filippo Maria Visconti conferma tutte le donazioni e concessioni
gratuite di Beni, Proprietà, Ragioni Feudali di Terre e Luoghi, da esso fatte, colla
dichiarazione di doversi quelle osservare
inviolabilmente anche dai suoi successori qualora esso vivente non venghino
revocate; A.R. Natale, Stilus cancelleriae.
Formulario visconteo sforzesco, “Acta Italica” 19, Milano 1979, pp. cviii-cxviii.
62. Cfr. Franceschini, Il palazzo dei
duchi…, cit. [cfr. nota 20], p. 187.
63. ASMi, Panigarola, reg. 10, cc. 104105, 1481 luglio 18: Decretum quod concessiones donationum et exemptionum presententur infra mensem; ivi, c. 105r, 1481
luglio 27: Suspensio suprascripti proxime
decreti; ivi, cc. 105r e v, 1481 luglio 27:
Item ut supra proxime; ivi, cc. 118v-119r,
1481 ottobre 29: Decretum quod concessiones, privilegia et donationes solum extendantur in eius quibus facte fuerint et filios ac
descendentes. ASMi, Panigarola, reg. 11,
cc. 79r e v, 1489 maggio 20, Decretum
super donationibus et cessionibus: “[…] nisi
donatores et cedentes iure iurando protestentur et affirment ac etiam donatarii
et cessionarii eas veras non autem fictas
nec simulatas esse neque illa se ipsos
fraude avit dolo dictos nec in fraudem
alicuius persone des sua sponte atque
sincero mentis affectu ac bona fide ad
eiusmodi donationes et cessiones devenire […]”; ivi, c. 80, 1489 giugno 27: Declaratio suprascripti decreti; ivi, cc. 126r128v, 1490 novembre 14: si ordina di
pubblicare il decreto dato a Vigevano il
13 ottobre 1490 “quod concessiones …”:
“Reformavimus decretum quod superio-
ribus infrascriptibus edidimus supar
rebus immobilibus a nobis aut a camera
nostra dono vel feudo concessis que ad
feminas transire debeant vel ne quia nonnulla in eo emendationis indigere videbant id publica forma […]”; ivi, cc. 128v129v, 1490 dicembre 6, decreto a stampa; ivi, c. 213, 1495 febbraio 9: Privilegia
et donationes presentantur infra duos menses: “Per parte et comendamento del […]
Ludovico Maria Sforza Vesconte Duca
de Milano quale dio mantenga, se fa
notitia ad qualuncha persona che alla
Excellentia sua pare conveniente et iurudico che ciascuno quale habia immunitate, exemptione et donatione de aque,
possessione et altre cose […] debiano
comparere ad domandare da sua Illustrissima Signoria la confirmatione de
quelli […]”; ivi, c. 233v-234, 1495
dicembre 1: “[…] tuti et singuli feudatarii, donatarii exempti et altri privilegiati
da sua Excellentia o da suoi Illustrissimi
antecessori de venire ad pagare integramente quello restavano o in tuto o in
parte de l’annata imposta a loro dele cose
che hano dala camera sua […] Et perché
et prefato Illustrissimo signore nostro ha
havuto notitia esse alcuni che hano venduto dele cose a loro concesse in dono
per li soi Illustrissimi antecessori se
comanda ad ciascuno che habia venduto
che infra el medesimo termino de vinti
zorni debia havere notificato a sua Excellentia o deputati per ley le cose vendute
et havere pagato l’annata ad rasone de
cinque per cento del pretio recevuto,
sotto pena de refundere alla camera sua
altratanto quanto fosse lo pretio predicto
[…]”. Negli anni di Ludovico, ai decreti
sulle donazioni si affianca anche un provvedimento di esproprio per pubblica utilità del 1493, meglio noto come decreto
“in favorem volentium laute edificare”,
dai fondamenti giuridici ambigui, e che
permarrà in vigore sino al XVII secolo.
La “laute edificare” è suggellata dal
motto per privatas commoditas et publicis
elegantia: ed elegantiae publicae commoditati privatae, si legge infatti nell’iscrizione
apposta sull’archivolto del portale di
palazzo Castani in piazza San Sepolcro.
Ivi, c. 276v-277, 1498 gennaio 1: Refformando decreti super donationibus fiendis
intra duos annos. Sulla Laute aedificare cfr.
ivi, 1493 luglio 17: decreto emanato in
nome di Gian Galeazzo Maria Sforza, da
Ludovico il Moro, “in favorem volentium laute edificare” (pubblicato da: A.
Visconti, Il diritto privato nelle Nuove
Costituzioni dello Stato milanese, in “Rivista di Diritto Civile”, IV, 1912, pp. 454
ss.; G.C. Romby, La costruzione dell’architetura nel Cinquecento. Leggi, regolamenti,
modelli, realizzazioni, Firenze 1982, p. 28;
Boucheron, Le pouvoir de bâtir…, cit. [cfr.
nota 61], p. 607). Sull’impiego della
Laute aedificare durante il periodo francese cfr. 1507 marzo 24, Super venditionibus
factis per cameram et pro debitoribus camere:
“Essendo informato lo illustrissimo
Monsignore, gran Maestro etc., como el
signore Ludovico, quando se parti per
andare in Alamania, fece vendite et liberatione ad diverse persona de datii et
beni immobili et administratione de
intrate, senza havere havuto pagamento
ne facto rendere computo alcuno, como
quello che si voleva gratificare de quello
che ad lui in quello suo ultimo partire gli
poteva dare puocho dampno et jactura,
per questo volendo el prefato illustrissimo loutenempte che alcuno non golda se
non quando il debito gli permette. Se fa
publica crida per parte sua che, se alcuno
se pretende dovere havere ragione cum
la camera per causa depse entrare ad loro
vendute et liberactione facte, como è
dicto, de uno mese avante la partita de
dicto signore Ludovico da la cità de
Milano, la qual partita fue el giorno
secundo de settembre l’anno 1499, debano in termine de giorni vinti havere portato loro ragione in mane de l’advocato
de la prefata camera, e, non comparendo,
restarano privati de tute loro ragione
[…]” (pubblicato in L. Pélissier, Documents pour l’histoire de la domination
française dans les Milanais (1499-1513),
Tolouse 1891, doc. 52, pp. 154-155). Cfr.
anche ASMi, Panigarola, reg. 13, cc.
306v-307, 1515 dicembre 24: Quod feudatarii iurent et pro donationibus et privilegii presentandis: “Et parimente se commanda ad qualuncha altra persona de
dicto dominio et stato de milano che
habia donatione exemptione concessione
gratuite o vero altri privilegii vengano a
tore la confirmatione de epsi […]”;
ASMi, Panigarola, reg. 15, cc. 13r e v,
1516 febbraio 27: Habentes donatione, concessiones sive gratias bonorum confiscatorum
a principe Maximiliano presenten eas coram
domini magistris; ivi, cc. 80-81v, 1517
febbraio 13: si pubblica la grida quod feudatarii iurent et pro donationibus et privilegiis presentandis.
64. Boucheron, Le pouvoir de bâtir…, cit.
[cfr. nota 61], pp. 231-239.
65. Quando il 4 giugno 1456 Francesco
Sforza annuncia la venuta a Firenze di
Filarete, incaricato di studiare l’ospedale
di Santa Maria Nuova, seguito successivamente da Antonio della Porta, i Medici non si accontentano di mostrare agli
emissari milanesi le realizzazioni architettoniche in città, ma organizzano degli
incontri con differenti architetti fiorentini proponendo diversi modelli tra i quali
il duca di Milano avrebbe potuto scegliere. Cfr. ibid.
vato agli Uffizi, commissionato da
Lorenzo de’ Medici. Il ritratto del duca
di Milano è stato a lungo identificato con
il “quadro dipintovi la testa del duca
Ghaleazo di mano di P[ier]o del Pollajiuolo” registrato nella Camera Grande
Terrena di palazzo Medici nell’anno
della morte di Lorenzo (1492). E.
Müntz, Les collections des Médicis au XVe
siècle, Paris-London 1888, p. 60 cit. in A.
Wright, A Portrait for the Visit of Galeazzo Maria Sforza to Florence in 1471, in M.
Mallett, N. Mann (a cura di), Lorenzo the
Magnificent. Culture and Politics, London
1996, pp. 65-80, p. 68. La Wright sottolinea l’uso diplomatico del ritratto: quello di Galeazzo, stando all’inventario di
palazzo Medici del 1492, era appeso
accanto a quello di Federico da Montefeltro, in una galleria di personaggi di
fama, in questo caso di alleati non fiorentini della famiglia Medici.
69. G. Lubkin, A Renaissance Court.
Milan under Galeazzo Maria Sforza,
Berkeley 1994, p. 106
70. Cfr. S. Eiche, G. Lubkin, The Mausoleum Plan of Galeazzo Maria Sforza, in
“Mitteilungen des Kunsthistorischen
Institutes in Florenz”, XXXII, 1988, pp.
547-553, p. 549. Il battistero di Firenze è
indicato come modello da Lorenzo de’
Medici per l’erigenda sacrestia di Santo
Spirito a Firenze: “[…] e detto di per
loro partito deliberorono che la sagrestia
si facesse nel modo e forma chesta uno
modello affatto ffare Lorenzo di Piero di
Chosimo a Giuliano da sanghallo, che si
seguitij quello e qul più e meno che
paressi a detto Lorenzo, il quale modello
e in ottangholo colla trebuna nella forma
di San Giovannij” (ASFi, Conventi soppressi, Santo Spirito, A, n. 128, f. 99, cit. in
C. von Fabriczy, Giuliano da Sangallo, in
“Jahrbuch der Königlich-Preussischen
Kunstsammlungen”, 23, 1902, p. 30).
71. Cfr. Eiche, Lubkin, The Mausoleum
Plan…, cit. [cfr. nota 70], p. 549.
66. Welch, Art and Authority…, cit. [cfr.
nota 4], pp. 117 ss. Nella medesima occasione, Cosimo offre al signore di Milano
uno scultore capacissimo in ritratti,
reduce da quelli di casa Medici (Cosimo,
Piero), del signore di Faenza, del re di
Napoli: Mino da Fiesole. Ma anche in
questo caso tutto si riduce a un nulla di
fatto. Nel 1462 lo Sforza cerca poi di
ottenere, senza risultato, tre Madonne di
Desiderio da Settignano. Cfr. G. Agosti,
Bambaia e il classicismo lombardo, Torino
1990, pp. 50-52.
72. Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, E.XLIX.3, b. 1624, c. 93,
pubblicato in Eiche, Lubkin, The Mausoleum Plan…, cit. [cfr. nota 70], p. 552, n.
14. Dalle lettere successive al viaggio del
1471 a Firenze il duca sembra preoccuparsi esclusivamente di sapere che
impressione ha suscitato il suo sfarzo e il
suo seguito tra i fiorentini. Cfr. C.
Bonello Uricchio, I rapporti tra Lorenzo il
Magnifico e Galeazzo Maria Sforza negli
anni 1471-1473, in “ASL”, 24, 1964-65,
pp. 33-49.
67. Nel mese di settembre l’ambasciatore Nicodemo Tranchedini scrive: “Non
me sono scordato quanto me comesse
vostra Celsitudine de li desegni per la
sepoltura del illustrissimo Signore quondam vostro consorte, ma le occupatione
grandissime habiamo havute non hanno
permesso che Piero ce habia possuto
attendere cum l’animo reposato tamen
me dice che pigliara tempo ad havere
questi maestri et altri intendente a satisfare a vostra Celsitudine”. Cit. in
Welch, Art and Authority…, cit. [cfr. nota
4], p. 312, nota 82
73. La cappella ducale posta all’entrata
dell’appartamento privato del duca dal
punto di vista distributivo richiamerebbe
secondo la Welch la disposizione del
palazzo Medici in via Larga, visitato da
Galeazzo Maria già nel 1459 e poi nel
1471. Cfr. Welch, Art and Authority…,
cit. [cfr. nota 4], p. 213.
68. Cfr. la ricostruzione di Alison Wright
delle vicende del ritratto di Galeazzo
Maria Sforza di Piero Pollaiuolo, conser-
74. Cfr. Fubini, Appunti…, cit. [cfr. nota
6], pp. 291-334; G. Chittolini, Dagli
Sforza alle dominazioni straniere, in Giovanni Antonio Amadeo. Scultura e Architettura del suo tempo, atti del convegno
(Milano-Bergamo-Pavia, 1992), a cura di
J. Shell e L. Castelfranchi, Milano 1993,
pp. 19-35; F. Leverotti, “Governare a
modo e stilli de’ Signori…” Osservazioni in
55
15|2003 Annali di architettura
Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza
www.cisapalladio.org
margine all’amminstrazione della giustizia
al tempo di Galeazzo Maria Sforza duca di
Milano (1466-76), Firenze 1994.
75. L. Giordano, L’autolegittimazione di
una dinastia: gli Sforza e la politica dell’immagine, in “Artes”, I, 1993, pp. 7-33, p. 8.
76. C. Pedretti, Leonardo’s Plans for the
Enlargment of the City of Milan, in “Raccolta Vinciana”, XIX, 1962, pp. 132-147;
Id., Leonardo architetto, cit. [cfr. nota 36],
pp. 71 ss.; alcune perplessità sulla lettura
di Pedretti sono state recentemente sollevate da N. Soldini, Il governo francese e
la città: imprese edificatorie e politica urbana
nella Milano del primo ’500, in L. Arcangeli (a cura di), Milano e Luigi XII. Ricerche sul primo dominio francese in Lombardia, 1499-1512, Milano 2002, pp. 431447, p. 433 n. 9. Sull’attività milanese di
Leonardo cfr. R. Schofield, Leonardo’s
Milanese architecture; Career, Graphic techniques, Sources, in “Achademia Leonardi
Vinci”, IV, 1991, pp. 111-156.
77. M. Tafuri, Ricerca del Rinascimento.
Principi, città, architetti, Torino 1992, pp.
89-140.
78. N. Machiavelli, Istorie fiorentine, VIII,
xxxvi, in Id., Le opere, a cura di P. Fanfani
e L. Passerini, I, Firenze 1873, p. 420,
cit. in C. Elam, Lorenzo’s Architectural and
Urban Policies, in Lorenzo il Magnifico e il
suo mondo, atti del convegno internazionale di studi (Firenze, 9-13 giugno
1992), a cura di G.C. Garfagnini, Firenze 1994, pp. 357-384.
79. F. Guicciardini, Historie fiorentine, cit.
in L. Giordano, Carattere e stile di una
commitenza, in Ead. (a cura di), Ludovicus
dux, Vigevano 1995, p. 18.
80. Cfr. R. Schofield, Ludovico il Moro
and Vigevano, in “Arte Lombarda”, LXII,
1982, pp. 1116-129; C. Elam, Lorenzo de’
Medici and the Urban Development of
Renaissance Florence, in “Art History”, I,
1978, pp. 43-66; Tafuri, Ricerca del Rinascimento…, cit. [cfr. nota 77], pp. 90-115.
81. ASFi, MAP, filza 74, n. 50, Angelo
Niccolini a Piero di Lorenzo de Medici,
1492, agosto 26, Miramondo: “[…] El
modello del poggio ti priega lo mandi
che n’harà grandissimo piacere”.
82. Cfr. la lettera di Baccio Ugolini a
Lorenzo il Magnifico data da Napoli il 27
maggio 1489 parla di Poggioreale come
del luogo “che già mi scrivesti che il
Maiano avea tratto del vostro modello”.
M. Martelli, Studi Laurenziani, Firenze
1966, p. 109, cit. in Giordano, “Ditissima
Tellus”…, cit. [cfr. nota 13], p. 198.
83. Malaguzzi Valeri, La corte di Lodovico il Moro…, cit. [cfr. nota 36], I, pp.
664-668; P. Foster, Lorenzo de Medici’s
Cascine at Poggio a Caiano, in “Mitteilungen des Kunsthistorisches Institutes in
Florenz”, 14, 1969, pp. 47-56; Giordano, “Ditissima Tellus”…, cit. [cfr. nota
13], pp. 251 ss.
84. Archivio Giannalisa Feltrinelli,
Cologny, pubblicato in L. Heydenreich,
Giuliano da Sangallo in Vigevano, ein neues
Dokument, in Scritti di storia dell’arte in
onore di Ugo Procacci, a cura di M.G.
Ciardi Duprè dal Poggetto e P. dal Pog-
getto, I-II, Milano 1977, II, pp. 321323, p. 321 (corsivi miei).
85. ASFi, MAP, filza 74, n. 65, Angelo
Niccolini a Piero di Lorenzo de Medici,
Milano, 1492 ottobre 13: “[…] È venuto
in questo punto Giuliano Sanghallo. El
modello dice che ha lasciato a drieto et
doverrarci essere lunedi. Ad la venuta sua
si farà poi quanto sia di bisogno circa il
presentarlo: perché ex grato gratius reddatur” (pubblicato da von Fabriczy, Progetto di Giuliano da Sangallo…, cit. [cfr.
nota 42], pp. 5-6).
86. ASFi, MAP, filza 74, n. 66, Angelo
Niccolini a Piero di Lorenzo de Medici,
Miramondo, 1492 ottobre 25: “Veduto
che non mi sentivo apto ad transferirmi
in persona ad Vigevani per expedire
Giuliano da Sanghallo, m’andai di
nuovo questa mattina dal signore el cancellier con lui et col modello. El cancelliere che è tornato in questo puncto mi
dice che l’hanno presentato al signor
Ludovico et che gli è parso una cosa
molto bella et degna della buona memoria di Lorenzo et delli ingegni fiorentini
et assai gli è piaciuta et te ne ringrazia
molto dicendo che per un piacer non li
potevi far per hora il più grato. Aggiunge che Giuliano nel presentarlo et monstrarlo non potrebbe essersi portato più
accomondatamente né havere usato
migliori o più sante et honorevoli parole verso di te, della excellentia del signore et della casa propria, tanto ch’el
signore l’ha visto volentieri, et domattina ha voluto si torni dalla ex(cellentissima) s(ignoria) ad buonhora. Giuliano s’è
rimasto ad Vigevani et però non ti scrive
per questo cavallaro. Io vi manderò el
cancelliere domattina ad tale hora che vi
gugnerà a tempo, et satisfarà anche lui al
debito suo inteso le cose tue, e infine mi
riferisce che è tenuta una cosa bella et
che al signore ha satisfacto mirabilmente, nec aliter” (pubblicato da von
Fabriczy, Progetto di Giuliano da Sangallo…, cit. [cfr. nota 42]; cfr. Heydenreich,
Giuliano da Sangallo…, cit. [cfr. nota 84],
p. 321).
87. Vasari, Le vite…, cit. [cfr. nota 36],
IV, p. 276 (corsivi miei).
88. G. Clausse, Les Sangallo, architectes,
peintres, sculpteurs, médailleurs, XVe et
XVIe siècles, I-III, Paris 1900-1902, I,
1900, pp. 182-191.
89. Per l’ipotesi della casa dei Medici in
via Terraggio: P. Gazzola, La casa dei
Medici in porta Vercellina a Milano, in Atti
del IV convegno nazionale di Storia dell’Architettura, Milano 1939; G. Marchini,
Giuliano da Sangallo, Firenze 1942, p. 92.
Dell’edificio esiste un rilievo parziale a
cura di Luca Beltrami, eseguito prima
della demolizione nel 1895 e pubblicato
da Clausse, Les Sangallo…, cit. [cfr. nota
88], I, pp. 182-191.
90. Nell’ipotesi di Clausse Giuliano si
sarebbe recato a Milano nel 1490, ma i
documenti rinvenuti successivamente da
von Fabriczy assicurano della sua presenza in città nel 1492 (ibid).
91. Marchini, Giuliano da Sangallo, cit.
[cfr. nota 88], p. 92, cfr. Gazzola, La casa
dei Medici…, cit. [cfr. nota 89], pp. 153162.
92. L. Patetta, L’architettura del Quattrocento a Milano, Milano 1987, pp. 308313.
93. H. Biermann, Das Palastmodell Giuliano da Sangallos für Ferdinand I König von
Neapel, in “Wiener Jahrbuch für Kunstgeschichte”, XXIII, 1970, pp. 154-195;
H. Biermann, E. Worgull, Das Palastmodell Giuliano da Sangallos für Ferdinand I
König von Neapel. Versuch einer Rekonstruktion, in “Jahrbuch der Berliner
Museen”, XXI, 1979, pp. 91-118; H.
Biermann, Palast und Villa: Theorie und
Praxis in Giuliano da Sangallos Codex Barberini und im Taccuino Senese, in Les
Traités d’architecture de la Renaissance, atti
del convegno (Tours, 1°-11 luglio 1981),
a cura di J. Guillaume, Paris 1988, pp.
135-150.
94. Cfr. Martinis, Francesco di Giorgio
Martini…, cit. [cfr. nota 34].
95. Cfr. S. Borsi, Giuliano da Sangallo. I
disegni di architettura e dell’antico, Roma
1985, pp. 404-409.
(a destra) e testudinato (in alto). Nello
stesso foglio, nello schema di palazzo
disegnato in basso, un ambiente segnato
con la lettera H è nuovamente ricondotto alle idee martiniane sugli atri a sala.
99. Leon Battista Alberti, De re aedificatoria, V.XVII.
100. Vitruvio, De Architectura, a cura di
P. Gros, I-II, Torino 1997, II, p. 851,
VI.7.1-2. Si vedano gli studi sulla casa
greca di Francesco di Giorgio Martini
(Codice Saluzziano 148, ff. 17r e 24r) e di
Antonio da Sangallo il Giovane (U 116
Av, studi per triclini e oeci quadrati, e U
1188 Ar, planimetria della casa dei greci,
con triclinii rettangolari con colonne su
tre lati): L. Pellecchia, Recontructing the
Greek House: Giuliano da Sangallo’s Villa
for the Medici in Florence, in “Journal of
the Society of Architectural Historians”,
LII, 3, 1993, pp. 323-338.
101. Filarete, Trattato…, cit. [cfr. nota 1],
pp. 698-704.
102. Ibid.
96. Anche se le misure fornite da Filarete fossero in braccia milanesi e quelle di
Giuliano in braccia fiorentine, lo scarto
sarebbe minimo, poiché il braccio milanese è 0,595 m e quello fiorentino 0,583
m. La facciata misurerebbe 52,06 metri
in braccia milanesi, o 51 metri in braccia
fiorentine.
97. Il disegno è stato recentemente
oggetto di studio da parte di Sabine
Frommel. In base alle dimensioni e alle
funzioni rilevate da lettere come s per
sala e g per giardino la studiosa deduce
che si tratti di una “grandiosa villa” e
interpreta il disegno come un’ipotesi
preliminare per Poggio a Caiano. La
basis villae, secondo la Frommel, si sarebbe innalzata di 21 gradini, e dunque
sarebbe stata alta circa tre metri, la metà
di quella realizzata al Poggio: forse una
dimensione scarsa. La studiosa infine
attribuisce il progetto a Lorenzo il
Magnifico considerando la caratteristica
astratta e schematica della tecnica a fil di
ferro, trascurando però il fatto che questo schema venga disegnato più volte da
Giuliano da Sangallo sia nel Codice Barberiniano che nel Taccuino senese, e che questa tecnica di rappresentazione è comune
a parecchi architetti del Quattrocento
come Francesco di Giorgio e Leonardo
da Vinci. Cfr. S. Frommel, Lorenzo il
Magnifico, Giuliano da Sangallo e due progetti per ville del Codice Barberiniano, in Il
Principe Architetto, atti del convegno
internazionale (Mantova, 21-23 ottobre
1999), a cura di A. Calzona, F.P. Fiore, A.
Tenenti, C. Vasoli, Firenze 2002, pp.
413-454, p. 435, con ricostruzione grafica. Perplessità sulle effettive capacità
progettuali di Lorenzo de’ Medici sono
state sollevate da Manfredo Tafuri, Ricerca del Rinascimento…, cit. [cfr. nota 77],
pp. 94-97. Ma cfr. anche Gombrich, Il
mecenatismo…, cit. [cfr. nota 2], pp. 5183.
98. Cfr. Borsi, Giuliano da Sangallo…, cit.
[cfr. 95], pp. 404-409. Borsi collega inoltre lo schema sangallesco a un’interpretazione del testo vitruviano, e in particolare alla classificazione dei vari tipi di cavedio, avvicinandolo all’interpretazione
data da Cesariano del cavedio displuviato
103. Sulla datazione del progetto sangallesco per via Laura cfr. G. Miarelli
Mariani, Il disegno per il complesso mediceo
di via Laura a Firenze, in significativo
intervento urbano prefigurato da Giuliano
da Sangallo per Lorenzo il Magnifico, in
“Palladio”, XXII, 1972, pp. 127-162, e
Id., Giuliano da Sangallo per Lorenzo in via
Laura: “così è se vi pare”, in “Palladio”, 14,
1994, pp. 125-144, che lo ritiene eseguito nel 1491-92. Datano intorno al 151215 il progetto U 282 A, realizzato per
Leone X, C. Elam, Lorenzo de Medici and
the Urban Development of Renaissance Florence, in “Art History”, I, 1978, 1, pp. 4346; Pellecchia, Recontructing the Greek
House…, cit. [cfr. nota 100], pp. 323-338;
Tafuri, Ricerca del Rinascimento…, cit. [cfr.
nota 77], pp. 96, 113-114; Elam, Lorenzo’s Architectural…, cit. [cfr. nota 78]; L.
Pellecchia, Designing the via Laura Palace: Giuliano da Sangallo, the Medici and
Time, in Mallett, Mann (a cura di), Lorenzo the Magnificent…, cit. [cfr. nota 68],
pp. 37-63.
104. Tafuri, Ricerca del Rinascimento, cit.
[cfr. nota 77], pp. 90-115.
105. Vale la pena fare una notazione circa
lo stato delle informazioni che si possono
ricavare dalle rappresentazioni topografiche della città: in generale nelle mappe
di Milano il tessuto edilizio, in particolare quello privato, non viene rappresentato in maniera attendibile. Milano è presentata dai cartografi attraverso le sue
emergenze, i suoi nuclei monumentali, e
gli edifici religiosi. Il più sorprendente di
tutti è Antoine Lafrery, il quale fornisce
per Roma una rappresentazione così precisa da costituire uno strumento a
tutt’oggi prezioso: nel 1573 Milano per il
cartografo francese è così poco interessante da essere rappresentata in modo
talmente omogeneizzato che si fatica a
riconoscere addirittura il duomo o il broletto. Pochi anni più tardi Giovan Battista Clarici (1580 ca.) fornisce una mappa
piuttosto precisa ma per punti emergenti: edifici pubblici (il broletto, la crociera
di Filarete) e religiosi. Occorre aspettare
la mappa di Barateri (1629) per potere
almeno ravvisare la tessitura degli isolati:
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putroppo anch’egli si rivela poco attendibile, preso com’è dal suddividere l’interno degli isolati in corti schematiche.
Anche in questo caso l’orientamento è
tutto affidato alle emergenze degli edifici religiosi. Neppure l’accuratissima
“mappa degli Astronomi” dell’Osservatorio astronomico di Brera (1814), ci
soccorre: per il tessuto residenziale si
tratta di una rappresentazione “in negativo”, dove il costruito scompare nelle
campiture puntinate per lasciare emergere solamente gli spazi vuoti dei cortili e
dei giardini. Del palazzo del Banco
Mediceo, secondo la conformazione
descritta da Filarete, nelle mappe antiche
non rimane quasi traccia: l’unica testimonianza è affidata ai lacerti attualmente visibili in via dei Bossi. Al momento,
su base documentaria, non è dunque possibile riuscire a ricostruire la conformazione dell’isolato e dei confini esatti dell’antica proprietà dei Medici in contrada
de’ Bossi. Per una proposta di ricostruzione dell’assetto del palazzo mediceo
cfr. Patetta, Il caso di Michelozzo…, cit.
[cfr. nota 10], pp. 237-248.
106. F.W. Kent, ‘Più superba di quella di
Lorenzo’: Courtly and Family Interest in the
Building of Filippo Strozzi Palace, in
“Renaissance Quarterly”, XXX, 3, 1977,
pp. 311-321.
107. “[…] una specie di atriolo periptero
seu monoptero tholata, che proprio
apresso li antiqui erano dicte le case vel
aede, et consimili palatii rotundi quali
per la suprema apertura si po’ fare luminoso et claro infine in basso, como in
Mediolano è facto una consimile apertura in lo palatio dil Clarissimo Patricio et
Regio Senatore Domino Joanne Angelo
Sylvatico”. Vitruvio Pollione, De Architectura translato commentato et affigurato
da Cesare Cesariano, libro VI, lxxxxvii,
Gottardo da Ponte, Como 1521, a cura
di A. Bruschi, A. Carugo e F.P. Fiore,
Milano 1981. Su palazzo Salvatico cfr.
Franceschini, Il palazzo dei duchi…, cit.
[cfr. nota 20]; S. Gatti, Il palazzo di Giovanni Angelo Salvatico a Milano. Contributo allo studio della corrente classicheggiante
nell’architettura lombarda del primo Cinquecento, in “Quaderni dell’Istituto di
Storia dell’Arte Medievale e Moderna
della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Messina”, 2, 1976, pp. 2130; M.G. Pernis, Il palazzo di Federico da
Montefeltro a Milano: un’ipotesi per il viaggio di Bramante in Lombardia, in “Notizie
da palazzo Albani”, 19, 1990, pp. 13-26;
Martinis, Francesco di Giorgio Martini…,
cit. [cfr. nota 34].
dicembre 22, Lettera di Piero Alamanni
a Lorenzo de’ Medici. Ivi, n. 48, 1486
gennaio 17, Lettera di Pietro Alamanni a
Lorenzo de’ Medici: “Della casa sebbie
la chiave come credo habbiate inteso da
Filippo di maestro Mariotto il quale
aspecta dintender come senabbi agovernare […]”. Filippo di maestro Mariotto
potrebbe essere il figlio del medico personale di Lorenzo: abbiamo notizia di un
Francesco del maestro Mariotto, figlio
del medico di Lorenzo che abita in una
delle case di via Laura. Cfr. C. Elam,
Lorenzo’s Architectural…, cit. [cfr. nota
78], pp. 357-384.
114. ASMi, Frammenti dei Registri ducali,
4 a, framm. LII, c. 89r.
115. ASFi, MAP, filza 40, n. 344.
116. Cfr. P.N. Pagliara, Vitruvio da testo a
canone, in Memoria dell’antico nell’arte italiana, a cura di S. Settis, III, Torino 1986,
pp. 7-85; F.P. Fiore, Cultura settentrionale
e influssi albertiani nelle architetture vitruviane di Cesare Cesariano, in “Arte Lombarda”, 64, 1983, pp. 43-52; L. Pellecchia, Architects Read Vitruvius: Renaissance
Interpretations of the Atrium of the Ancient
House, in “Journal of the Society of
Architectural Historians”, LI, 1992, pp.
377-416.
117. Cfr. Giordano, Carattere e stile…,
cit. [cfr. nota 79], pp. 1-18. Il 9 febbraio
1495 Caradosso invia a Ludovico il
Moro un inventario degli oggetti preziosi di Piero de’ Medici, trascritto da F.
Malaguzzi Valeri, Artisti lombardi a Roma
nel Rinascimento, in “Repertorium für
Kunstwissenschaft”, 25, 1902, pp. 60-61.
108. Martinis, Francesco di Giorgio Martini…, cit. [cfr. nota 34].
109. Ibid.
110. Franceschini, Il palazzo dei duchi…,
cit. [cfr. nota 20].
111. Martinis, Francesco di Giorgio Martini…, cit. [cfr. nota 34]
112. ASFi, MAP, filza 50, n. 68, 1468
dicembre 15, Lettera di Piero Alamanni
a Lorenzo de’ Medici: “della casa haremo la possessione fra pochi giorni chome
così è ordinato”.
113. ASFi, MAP, filza 50, n. 49, 1486
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