rassegna stampa
Transcript
rassegna stampa
Federazione Italiana Bancari e Assicurativi via Modena, 5 – 00184 Roma – tel. 06-4746351 / fax 06-4746136 e-mail: [email protected] sito web: www.fiba.it Aderente alla UNI (Union Network International), alla CES (Confederazione Europea dei Sindacati) e alla CISL Internazionale RASSEGNA STAMPA GIOVEDÌ 29 APRILE 2010 Un aforisma al giorno _________________________ 2 LLaa M Meerrkkeell:: llaa G Grreecciiaa nnoonn ssiiaa ccoom mee LLeehhm maann D Deeccllaassssaattaa M Maaddrriidd....................................................................................................................................................33 A Atteennee nnoonn bbrruucciiaa m maa aattttaaccccaa ggllii ««ssppeeccuullaattoorrii»» ((ee ssvvuuoottaa ii ccoonnttii)) ............................................................................................................................................................44 L Loo cchhoocc ddeell m miittoo ssppaaggnnoolloo ««N Nooii nnoonn ttrruucccchhiiaam moo ii bbiillaannccii»» ....................................................................................................55 T Trreem moonnttii ddaall pprreem miieerr,, pprroonnttoo iill ddeeccrreettoo ppeerr A Atteennee..............................66 G Gllii eerrrroorrii cchhee ll’’EEuurrooppaa nnoonn ddeevvee rriippeetteerree ................................................................77 E Eccccoo ii vveerrbbaallii ssuullllaa ccaannddiiddaattuurraa SSiinniissccaallccoo ............................................................99 A Anncchhee llaa SSppaaggnnaa ddeeccllaassssaattaa B Boorrssee ggiiùù,, ll’’eeuurroo vvaa aa ppiiccccoo..............1111 ““M Maa llaa m moonneettaa uunniiccaa èè ffoorrttee ddiivviiddeerrssii ssaarreebbbbee uunnaa ffoolllliiaa””..............................................................................................................1122 B Beerrlliinnoo aapprree aall ffoonnddoo ssaallvvaa--G Grreecciiaa ..........................................................................................1133 E E oorraa ggllii ssppeeccuullaattoorrii ddii W Waallll SSttrreeeett ppuunnttaannoo ssuull ffaalllliim meennttoo ddeeii ““P Piiggss””............................................................................................1144 A Add A Atteennee ssaallee llaa pprrootteessttaa aannttii--tteeddeessccaa ..............................................................................1155 ““L L’’eeuurroo oorraa rriisscchhiiaa ddaavvvveerroo ppuuòò ssccoom mppaarriirree iinn ppoocchhii m meessii”” ..................................................................................................1166 F Fiinnaannzzaa iittaalliiaannaa eessppoossttaa ppeerr 55 m miilliiaarrddii ccoonn A Atteennee ................................1177 Rassegna Stampa del giorno 29 APRILE 2010 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pag.1 UN AFORISMA AL GIORNO by eater_communications “Dietro esistenze ammirevoli troveremo sempre ” un vizio strozzato e silente!! ((FFrraannççooiiss M Maauurriiaacc)) Rassegna Stampa del giorno 29 APRILE 2010 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pag.2 CORRIERE DELLA SERA pag. 2 -- sez. ECONOMIA GIOVEDÌ, 29 APRILE 2010 DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Danilo Taino La Merkel: la Grecia non sia come Lehman Declassata Madrid Telefonata tra Obama e la Cancelliera: azione risoluta Strauss-Kahn: non credere troppo alle agenzie di rating BERLINO — Sono in gioco le sorti dell'euro: per questo il governo tedesco è disposto a non dire no alla richiesta di salvataggio finanziario avanzata dalla Grecia. Ma non dice nemmeno un sì risolutivo, nonostante le enormi pressioni internazionali che stanno arrivando a Berlino perché decida con grande fretta di dare il via libera al pacchetto di aiuti. Dopo una giornata convulsa— simile a quelle drammatiche dei giorni più caldi della crisi finanziaria dell'autunno 2008 — fatta di riunioni tra ministri, parlamentari della maggioranza e dell'opposizione, incontri di livello internazionale, Angela Merkel ha detto che la Germania «darà il suo contributo» ma solo se il governo di Atene prenderà ulteriori misure di austerità nei prossimi giorni. La cancelliera e il suo ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble ieri hanno incontrato separatamente i capi delle maggiori istituzioni internazionali economiche e finanziarie accorsi d’urgenza a Berlino: il Fondo monetario internazionale (Fmi), la Banca mondiale, la Banca centrale europea, l'Ocse e l’Ilo (l’Organizzazione internazionale del lavoro). Tutti a premere per una decisione rapida del governo tedesco al fine di calmare i mercati sconvolti da una crisi che nelle ultime 48 ore è diventata serissima. In un clima infuocato: prima, i parlamentari dell'opposizione, Verdi in testa, hanno raccontato che il direttore dell’Fmi, Dominique Strauss-Kahn, aveva parlato di un salvataggio greco non più di 45 miliardi di euro ma di 100-120. Poi, il ministro dell' Economia, il liberale Rainer Brüderle, ha fatto trapelare dal Brasile che forse il pacchetto complessivo sarebbe di 135 miliardi in tre anni, almeno 25 dei quali a carico dei cittadini tedeschi. Cifre enormi, difficili da fare accettare all’opinione pubblica tedesca, già nettamente contraria ad aiutare i greci con gli 8,4 miliardi previsti fino a ieri. Clima diventato ancora più drammatico verso sera dopo il declassamento virale del debito della Spagna da parte dell' agenzia di rating Standard & Poor's. La cancelliera ha comunque tenuta aperta la porta. Le sarebbe stato impossibile chiuderla: pressioni le arrivano da tutta la zona euro ma anche da Barack Obama, molto preoccupato, che le ha telefonato condividendo la necessità di «un’azione risoluta e tempestiva», e dal governo britannico, che vede nella crisi greca il rischio di un contagio per il suo stesso debito pubblico (ieri i mercati hanno messo anche Londra sotto pressione). Ha sostenuto che non si deve permettere che la Grecia diventi «una nuova Lehman Brothers», cioè la banca americana il cui fallimento accese la miccia della crisi finanziaria del 2008. Ma è rimasta rigida sulla necessità di risolvere il problema là dove è nato, cioè in Grecia. Ha ammesso che le trattative per un salvataggio (ormai è chiaro che di questo si tratterebbe) vanno fatte in fretta, tra Fmi (Fondo Monetario internazionale), Bce (Banca centrale europea) e Atene. Ma ha voluto sottolineare che si tratta di affrontare un vecchio errore: «Nel 2000, fummo di fronte alla domanda se la Grecia sarebbe stata in grado di aderire alla zona euro: è risultato che la decisione (favorevole, ndr) potrebbe non essere stata studiata abbastanza a fondo». In questo passaggio drammatico, la signora Merkel rischia di affrontare quella che potrebbe essere crisi maggiore da quando è cancelliera: due terzi degli elettori non vogliono dare denaro ad Atene, la stampa ricorre a toni di allarme sui soldi dei tedeschi, le opposizioni la accusano di reticenza e di avere nascosto la reale portata della situazione greca. Il governo, quindi, cerca di sostenere che l'aiuto non sarebbe per Atene ma per evitare una catastrofe dell'euro, che ieri è scivolato a 1,3130 dollari, ai minimi da un anno. «È in gioco la stabilità dell' euro — ha detto ieri il ministro delle Finanze Schäuble — e siamo determinati a difendere questa stabilità nella sua completezza». Se tutto funzionerà, già da lunedì il parlamento di Berlino potrebbe iniziare a discutere il pacchetto di aiuti, per votarlo venerdì. Ma al Bundestag sarà una battaglia campale. Rassegna Stampa del giorno 29 APRILE 2010 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pag.3 CORRIERE DELLA SERA pag. 3 -- sez. ECONOMIA GIOVEDÌ, 29 APRILE 2010 di ANTONIO FERRARI Atene non brucia ma attacca gli «speculatori» (e svuota i conti) Tra rassegnazione e rabbia per l’«assedio» europeo ATENE — Chi si aspettava, o quasi auspicava, disordini, devastazioni e rivolte sociali è stato smentito. Le troupe delle televisioni straniere sono ad Atene, in attesa dell'evento esplosivo che non c'è e che probabilmente non si produrrà. Non perché non vi siano motivi per incendiare gli animi, visto che i morsi della crisi già hanno lasciato il segno sulla maggioranza dei greci. Ma perché la rabbia di essere stati raggirati dai politici, dai disattenti controllori della Bce, e d'essere diventati preda degli speculatori, a cominciare dai sensali dei fondi hedge, si sta coniugando con un diffuso scoramento. Per la prima volta negli ultimi decenni, la Grecia— Paese emotivo che ama nutrirsi di entusiasmo — conosce due reazioni quasi sconosciute, considerato il fiero carattere dei suoi abitanti: l'insicurezza e una sorta di depressione collettiva. L'orgoglio nazionale, da sempre bandiera della società ellenica, è stato pesantemente intaccato dagli spietati esami dei Paesi più forti, a cominciare dalla Germania. La stessa Germania che, essendo un pilota dell’export, ha riempito la Grecia dei suoi prodotti, soprattutto di lusso, ben felice di far cassa e senza porsi alcun problema di carattere «morale» sulle risorse finanziarie dei suoi generosi clienti. I sondaggi dicono che la gente ha comunque fiducia nella strategia del governo socialista di George Papandreou, che ha ereditato la crisi dal precedente esecutivo di centrodestra. Ma l'insicurezza si manifesta nella corsa a limare (in qualche caso a svuotare) i propri conti bancari, avviando un esodo di euro proprio nel momento in cui il Paese avrebbe bisogno di tutte le sue risorse. La promessa caccia agli evasori, più volte dichiarata dal governo, ha dato finora risultati modesti, anche perché nella fuga dagli ispettori del fisco non si ritrovano soltanto i conservatori. Se si pensa che in Grecia sono poco più di 5.000 i contribuenti che dichiarano redditi superiori a 100.000 euro all’anno, i conti sono presto fatti. E sono conti che coinvolgono, ovviamente, anche i sostenitori del partito socialista Pasok. Ma all'insicurezza si somma una diffusa depressione, che sta ormai contagiando tutti gli strati della società. Sia nel settore pubblico, che rappresenta di fatto la più grande industria del paese, sia in quello privato. Le manifestazioni, legate agli scioperi, non calamitano più, come all'inizio della crisi, decine di migliaia di persone, ma un numero assai più esiguo, come è accaduto anche l'altro ieri. È pur vero che in coda ai cortei vi sono spesso gruppetti di esagitati con il volto coperto, ma anche il rischio-terrorismo pare decisamente limitato, dopo che le forze di sicurezza hanno praticamente neutralizzato il gruppo «Lotta rivoluzionaria» nelle scorse settimane. Gruppo che era stato protagonista di numerosi attentati nel centro di Atene, rivendicati appunto con telefonate ai giornali e comunicati. La diffusa depressione è alimentata poi dall’impossibilità di ricevere segnali chiari soprattutto dai partner europei. Ieri, mentre il premier Papandreou invitava l'Ue ad assumersi le proprie responsabilità per evitare che l'incendio si propaghi», alcune dichiarazioni positive hanno placato l'ansia dei greci. Che ormai sono costretti a convivere con una quotidiana doccia fredda di messaggi contraddittori. Anche la consueta litania di attacchi al potere politico si è come attenuata, perché si fa strada la convinzione che «ormai i governi contano poco o niente» e che tutto il potere «è nelle mani di centrali finanziarie e di speculatori internazionali». Questo ovviamente non esclude le colpe del precedente governo di centrodestra che, forse contando sulla disattenzione di Bruxelles nei confronti della piccola Grecia, che rappresenta un piccolo frammento del Pil europeo, ha truccato le carte. Ma nessuno in Grecia invoca sanguinose rese dei conti. Nel momento dell'emergenza conta soprattutto la solidarietà. Rassegna Stampa del giorno 29 APRILE 2010 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pag.4 CORRIERE DELLA SERA pag. 3 -- sez. ECONOMIA GIOVEDÌ, 29 APRILE 2010 DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Elisabetta Rosaspina Lo choc del mito spagnolo «Noi non trucchiamo i bilanci» Ma i mercati temono l’«effetto domino». In due giorni la Borsa perde il 7% Il governo: finanze pubbliche a posto, stiamo facendo i compiti a casa MADRID— Paura no, rabbia e dubbi sì. Di fronte al deprezzamento della solvibilità spagnola, i cannoni della politica nazionale sospendono il fuoco incrociato, senza unirsi però contro la minaccia esterna. Quando nella trasmissione mattutina della conservatrice Radio Cope, la segretaria generale del Partito Popolare, all'opposizione, María Dolores Cospedal sostiene che «l'effetto rischio dell’economia spagnola è Zapatero», il bollettino di Standard & Poor’s non è ancora ufficiale, l'Ibex sta riprendendo ossigeno e riecheggiano le fiere parole della ministra all'Economia, Elena Salgado: «La Spagna è differente, perché non ritocca le statistiche». Ma la pessima è notizia è già nell’aria: dal Portogallo sta arrivando il virus dell'influenza greca. Anzi, è già qui. Per visualizzare meglio la situazione, il quotidiano El Economista pubblica in prima pagina la caduta libera nel burrone di una fila di quattro maialini, «pobres Pigs!»: Grecia, Portogallo e, subito dopo quello con la maglia spagnola, il ricciolo del prossimo in arrivo, l'italiano. La Borsa ha già ampiamente captato il messaggio e, a fine mattinata, quando la notizia arriva proprio negli ultimi minuti di attività, l'Ibex finisce sotto del 2,99%. In due giorni si è bruciato così il 7%. La sentenza pomeridiana non è una sorpresa, ma ammutolisce le segreterie politiche di fronte a un giudizio che, a Madrid, suona più ingiusto che allarmante; e in ogni caso un po' troppo precipitoso. In fondo è stato cancellato soltanto un più, resta la doppia A, a sufficiente garanzia del debito nazionale. Anche se il comunicato di Standard & Poor argomenta che «le prospettive negative riflettono la possibilità di un ulteriore peggioramento del rating se la posizione fiscale della Spagna andrà peggio di quanto ci aspettiamo». Ma è la stessa Standard & Poor’s che dava massimi voti alla Lehman Brothers alla vigilia del fallimento, sottolinea un comunicato governativo. La vicepresidente del consiglio, Maria Teresa Fernández de la Vega, s'incarica di difendere l'onore nazionale e soprattutto l'operato dei ministri: «Sappiamo fare i compiti a casa— dice —, li stiamo facendo e li stiamo facendo bene». Li elenca: un piano molto serio di consolidamento fiscale e di riduzione del deficit, oltre all'avvio della riforma del mercato del lavoro. Stiamo prendendo tutte le misure necessarie per rispettare i nostri impegni». Chiama i mercati alla tranquillità, e gli spagnoli alla fiducia. Si pronuncia anche il segretario di Stato per l'Economia, José Manuel Campa, per rintuzzare le osservazioni dell'agenzia di rating e le sue previsioni di crescita, «chiaramente molto inferiori» a quelle di qualunque altro analista, pubblico o privato. Ma non riesce a rassicurare i portavoce economici di altri partiti, come i nazionalisti baschi del Pnv o la sinistra catalana di Erc: il messaggio dei mercati è stato chiaro e l'ottimismo non basta, occorrono riforme strutturali immediate. Soltanto il deputato di Izquierda Unida, Gaspar Llamazares, se la prende direttamente con l'ambasciatore delle cattive notizie: «L'intervento di Standard & Poor’s è interessato — dice — perché il suo scopo è far pagare la crisi ai cittadini e non al sistema finanziario, che ne è il vero responsabile». Il sospetto che si tratti soltanto dell'avvisaglia di un attacco speculativo contro la Spagna, dopo Grecia e Portogallo, è diffuso nei commenti ed era già stato anticipato dagli opinionisti dopo l’affondo sui coinquilini della penisola: «Saremo i prossimi». Ma un patto nazionale tra governo e opposizione, come quello appena stipulato dai vicini, pare molto improbabile a Madrid: soltanto 24 ore prima il leader del Partito Popolare, il conservatore Mariano Rajoy, aveva rinfacciato in aula al premier, il socialista José Luis Zapatero, il tasso di disoccupazione arrivato al 20%, per contestarne le affermazioni secondo cui ormai la ripresa è faticosamente cominciata. Rassegna Stampa del giorno 29 APRILE 2010 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pag.5 CORRIERE DELLA SERA pag. 5 -- sez. ECONOMIA GIOVEDÌ, 29 APRILE 2010 Mario Sensini Tremonti dal premier, pronto il decreto per Atene Il ministero attingerà al fondo di tesoreria, nessuna emissione ad hoc di titoli di Stato ROMA— È già pronto il decreto legge per stanziare la quota italiana del prestito alla Grecia, pari a 5,5 miliardi di euro su 45 complessivi, 30 dei quali dai partner europei e 15 dal Fondo Monetario Internazionale. Il testo, molto snello, è stato già messo a punto e per il via libera si attende solo il segnale da Bruxelles, che coordinerà l’intervento. Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ha illustrato ieri il decreto al presidente del Consiglio, con il quale si è trattenuto per due ore a colazione, e poi al Presidente della Repubblica, che lo ha ricevuto al Quirinale. Ad entrambi Tremonti ha parlato del decreto e degli ultimi sviluppi della situazione. Al Tesoro, in ogni caso, non c’è grande preoccupazione per la possibilità di un «contagio». «La speculazione è in agguato, ma l’Italia è al riparo» ha detto il portavoce del premier, Paolo Bonaiuti. Oggi saranno in asta 8 miliardi di Btp e Cct, ma gli operatori ritengono che il Tesoro riuscirà a collocarli senza particolari difficoltà: ieri mattina il differenziale tra i titoli italiani e quelli tedeschi ha toccato i 124 punti base, per poi tornare sotto quota 110. Il decreto per gli aiuti alla Grecia potrebbe essere varato già domani dal Consiglio dei ministri, anche se Tremonti sarà a Berlino per una riunione dell’Aspen Institute, o più verosimilmente all’inizio della prossima settimana. I fondi saranno prelevati direttamente dal conto di tesoreria (la cassa dello Stato) senza ricorrere ad una emissione speciale di titoli pubblici. I 5,5 miliardi, via Bruxelles, saranno convogliati nella linea di credito da 45 miliardi a disposizione del governo di Atene per il 2010. Man mano che i fondi verranno effettivamente utilizzati, il Tesoro procederà ad aumentare in proporzione il volume delle emissioni in calendario di Btp e Cct per ricostituire il fondo di tesoreria. Trattandosi di un prestito, i 5,5 miliardi che verserà l’Italia non dovrebbero impattare sul deficit del 2010. La linea di credito Ue-Fmi da 45 miliardi potrebbe essere solo la prima tranche del pacchetto di aiuti alla Grecia. Quasi certamente, visto il peggioramento della situazione, saranno necessari altri fondi per il 2011 ed il 2012, ma non c’è ancora un’idea sulle modalità per concedere ulteriori supporti ad Atene. Potrebbero essere altri prestiti, ma non si esclude che nel frattempo possano essere messi in campo altri strumenti, come un fondo di stabilizzazione europeo. Il governo italiano in ogni caso preme, e c’è da scommettere che Tremonti, continuerà a farlo anche nel corso del week-end con i suoi colleghi europei, per un intervento rapido a sostegno dell’economia della Grecia. Dopo il declassamento della Grecia, del Portogallo e, ieri, della Spagna è chiaro che nel mirino dei mercati c’è l’euro. L’inerzia sta provocando ogni giorno danni maggiori, e l’evoluzione dei mercati lo dimostra. Tanto più che, rispetto a quando venne fatto l’accordo sul prestito da 45 miliardi al 5%, i mercati hanno già creato una situazione, per così dire, anomala. Per l’Italia il prestito è ancora un’operazione che, quando i fondi verranno restituiti dal governo di Atene, genererà profitto, perché il costo del denaro oggi è al 3,9% e l’interesse del prestito è fissato al 5%. In Irlanda e in Portogallo, però, dal momento dell’accordo ad oggi, i tassi sono saliti oltre il 5% (5,3% in Irlanda, 5,7% in Portogallo). Per questi due paesi, che hanno già le loro belle difficoltà, il prestito alla Grecia al 5% si trasformerà addirittura in una perdita di bilancio. Un paradosso che spinge verso la soluzione più rapida possibile. Rassegna Stampa del giorno 29 APRILE 2010 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pag.6 CORRIERE DELLA SERA pag. 6 -- sez. ECONOMIA GIOVEDÌ, 29 APRILE 2010 Federico Fubini Gli errori che l’Europa non deve ripetere Washington Il segretario al Tesoro e il capo della Fed chiesero al Congresso un pacchetto di aiuti da 700 miliardi di dollari Berlino I numeri uno della Bce e del Fmi domandano al parlamento tedesco di sbloccare il prestito di 100 miliardi di euro Se la reincarnazione rientra fra le superstizioni della finanza, a Jean-Claude Trichet e Dominique Strauss-Kahn ieri sarà corso un brivido lungo la schiena. Un senso di dejà vu deve aver assalito quei due dignitari francesi, numeri uno rispettivamente della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale, quando insieme hanno fatto il loro ingresso sotto la volta di cristallo del Bundestag a Berlino. Si trovavano lì per chiedere denaro per salvare la Grecia e l’euro, ma era come se una regia beffarda li avesse guidati in un perfido remake. Entrambi, in privato, avevano deprecato la gestione del fallimento di Lehman in America un anno e mezzo fa. Ma entrambi ieri hanno rimesso in scena una supplica simile a quella che Henry Paulson e Ben Bernanke presentarono al Congresso di Washington nel settembre del 2008: per l’allora segretario al Tesoro e per il capo della Federal Reserve, si trattava di salvare Wall Street con il sì del Congresso a un pacchetto di aiuti pubblici da 700 miliardi di dollari. Ora Trichet e Strauss-Kahn vogliono convincere il parlamento tedesco a sbloccare un prestito che arriverà, in tutto, a circa 100 miliardi di euro. Paulson e Bernanke fallirono al loro primo tentativo e l’indice Dow Jones reagì crollando di 770 punti in sole due ore. Per fortuna la storia non sempre si ripete fino all’ultima curva, Trichet e Strauss-Kahn possono ancora centrare il loro obiettivo. Eppure i corsi e ricorsi della storia potrebbero comunque farli riflettere, perché le catastrofi finanziarie americane dei primi dieci anni del secolo rappresentano già una sorta di manuale per l’Europa sugli errori già fatti e quelli assolutamente da evitare. Il fantasma di Enron e quei dubbi di Eurostat Chissà che qualcosa del genere non sia passato per la testa a quei funzionari di Eurostat che, nel 2008, sobbalzarono di fronte ai dati sulla Grecia. L’agenzia statistica europea aveva appena ricevuto gli ennesimi valori di bilancio da Atene, ma la loro credibilità non appariva a prova di bomba. Arthur Andersen, il revisore dei conti, pochi anni prima aveva dovuto chiudere per aver certificato i conti falsati della Enron. Né Eurostat né nessun altro organismo europeo hanno mai avuto la stessa responsabilità legale verso la Grecia, ma i tecnici di Lussemburgo non volevano neppure quella politica: al posto dei numeri giunti da Atene, quella volta proposero di lasciare spazi bianchi. Furono convinti a non farlo, benché la vicenda della Grecia nell’euro a quel punto avesse già conosciuto vari colpi di scena. Nel 2004, al suo arrivo al governo, era stato il premier conservatore Costas Karamanlis a dare il primo scossone: denunciò come il precedente esecutivo socialista di George Papandreou avesse alterato i conti nel 2000 per accelerare l’ingresso di Atene nell’euro. Il deficit allora non era al 2% del prodotto interno lordo, come dichiarato, ma al 4,1%. In realtà il disavanzo non era mai sceso sotto la soglia del 3% richiesta per l’aggancio alla moneta unica. Karamanlis promise allora che avrebbe corretto tutto e la Commissione europea, a cose fatte, rassicurò: «Le autorità greche hanno ampiamente coperto i buchi e lemancanze nel loro sistema statistico — dichiarò il 20 marzo 2005 la portavoce di Bruxelles Amelia Torres —. Oggi la loro situazione è notevolmente migliorata». Rassegna Stampa del giorno 29 APRILE 2010 pag.7 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 Non tutti ci hanno creduto, benché in pubblico non lo abbiano mai detto. All’Ecofin di Praga nell’aprile di un anno fa iministri finanziari europei rimproverarono a porte chiuse il collega greco Yannis Papathanassiou (governo Karamanlis) perché questi insisteva a prevedere un deficit appena al 3,7%. L’Ecofin gli scrisse, gli ingiunse di fornire dettagli ma Papathanassiou non cedette di un palmo. Solo in giugno dell’anno scorso ammise che, dopotutto, il «rosso» in bilancio sarebbe potuto arrivare fra il 5% e il 6% del pil. Ancora una volta, nessuno a Bruxelles gli credette ma nessuno osò dirlo in pubblico. Il quotidiano olandese Nrc Handelsblad, mai smentito, ha pubblicato un memorandum distribuito il 2 luglio 2009 all’Ecofin dall’allora commissario europeo agli Affari monetari Joaquin Almunia, dal quale emergono tutti i dubbi che esistevano già un anno fa. «Se le tendenze in atto dovessero continuare — si legge — il deficit del governo centrale (greco, ndr) supererà il 10% del pil». Il precedente Lehman e la logica del salvataggio Neanche quel documento ebbe effetto, perché né Almunia né alcuno dei ministri dell’Ecofin affrontò il problema. Si limitarono tutti a mostrare sorpresa quando, dopo le elezioni di ottobre, il nuovo governo socialista annunciò che il vero deficit sarebbe stato al 12% del pil (poi rivisto al 12,7%, quindi al 13,6% e infine al 14%). Fra gli obiettivi di un anno fa e i dati reali corre una differenza di circa 30 miliardi di euro. Ma sia l’Ecofin che la Commissione europea hanno lasciato passare un anno prezioso prima di porre rimedio: più della prudenza, ha contato il rispetto della sovranità e la convenzione europea di non criticare mai un governo prima di un’elezione. Ora che il default è alle porte e l’euro in bilico, Trichet e Strauss-Kahn nel ruolo che fu di Paulson e Bernanke 18 mesi fa, più che il fantasma di Enron pesa quello di Lehman. Allora il Tesoro Usa negò le garanzie necessarie al salvataggio della banca per non premiarne la gestione irresponsabile e incoraggiare altri a imitarla. Ne seguirono interventi pubblici molto più onerosi a favore tutti gli altri gruppi di Wall Street e la recessione globale più grave del dopoguerra. In quei giorni, dopo aver punito Lehman, Paulson si inginocchiò ai piedi della speaker della Camera Nancy Pelosi per ottenere i fondi e contenere i danni. Trichet spera di non dover fare altrettanto con la cancelliera Angela Merkel. * Dopo il no al salvataggio, crollo dell’indice Dow Jones * Eurostat ha lasciato passare un anno prima di porre rimedio Rassegna Stampa del giorno 29 APRILE 2010 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pag.8 CORRIERE DELLA SERA pag. 33 -- sez. ECONOMIA GIOVEDÌ, 29 APRILE 2010 Paola Pica Ecco i verbali sulla candidatura Siniscalco Le due mozioni per le nomine in Banca Intesa. Lo stop al voto della Tassara di Zaleski La proposta Benessia e il «lodo Fornero». Il richiamo di Remmert sulle regole MILANO — L’ex ministro del Tesoro Domenico Siniscalco alla presidenza del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, il professore della Bocconi Andrea Beltratti semplice consigliere. È questa la proposta originaria avanzata da Angelo Benessia, presidente della Compagnia di San Paolo, al comitato esecutivo della fondazione torinese primo socio della superbanca. La candidatura Siniscalco al posto di Enrico Salza risulta dai verbali redatti il 14 aprile, il giorno più lungo per i vertici della Compagnia impegnati in una maratona sette ore tra consultazioni informali e riunione ufficiale e in un lungo braccio di ferro sulle nomine. Due mozioni sono state votate a maggioranza quella sera, la prima sulla discontinuità rispetto a Salza, la seconda, modificata in corso d’opera, con l’affiancamento di Beltratti a quello di Siniscalco. Da Roma il leader della Lega Umberto Bossi annunciava, nelle stesse ore, «la presa» delle banche del Nord, condizionando il corso di una partita già complicata in partenza e facendo della partita delle nomine della prima banca italiana un banco di prova dell’autonomia del sistema finanziario. Dalla dichiarazione di Bossi in poi, insomma, la strada si è fatta più accidentata per Siniscalco, economista di indiscusso prestigio, gradito al ministro Giulio Tremonti. I criteri orientativi di «forte riconoscibilità, elevata professionalità, autorevolezza» che guidano l’individuazione di un nome da «raccomandare» alla presidenza del consiglio di gestione, osserva Benessia, hanno portato a «una prima ipotesi di candidatura formulata dai presidenti delle fondazioni di Padova e di Bologna» di Emilio Ottolenghi sul quale, però, è stata riscontrata «una contrarietà da parte del presidente della Fondazione Cariplo», Giuseppe Guzzetti, motivata con «la dichiarata preferenza accordata dai vertici della banca verso una ricandidatura dell’attuale presidente». Benessia viene invitato dalle altre fondazioni socie a individuare un nome in grado di aggregare «il consenso più ampio possibile». Con queste premesse, Benessia riferisce di aver «preso contatto» con Siniscalco, il quale ha manifestato «la sua disponibilità» assicurando di rinunciare alle altre cariche ricoperte, la presidenza di Assogestioni e la posizione di vice chairman in Italia di Morgan Stanley. Benessia mette in discussione una mozione che così recita nella parte finale: «Il Comitato, in particolare, auspica che il Prof. Siniscalco venga selezionato e proposto per la nomina, da parte del costituendo comitato nomine in seno al futuro consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, e poi eletto dal consiglio stesso alla carica di presidente del consiglio di gestione e conseguentemente incarica il presidente di operare al meglio, nel rispetto dei vincoli legali e statutari, affinché tale auspicio trovi attuazione». La professoressa Elsa Fornero - che domani sarà eletta dall’assemblea vice di Giovanni Bazoli, prima donna in Italia al vertice di una grande banca - giunge «alla conclusione che la candidatura più idonea sia quella di Beltratti». Un nome, dice, più «coerente con il disegno complessivo: il cambiamento del modello di banca e la conferma della fiducia al prof. Bazoli e al dott. Passera». La candidatura di Beltratti, sottilenea Fornero, «non potrebbe essere interpretata in alcun modo in chiave politica». Giuseppina De Santis esprime il suo «dissenso» sulla candidatura di Siniscalco; il vicepresi- Rassegna Stampa del giorno 29 APRILE 2010 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pag.9 dente Luca Remmert richiama «sul metodo» e sul «rispetto dello Statuto» della banca annunciando di non voler prendere parte alle votazione, dopo essersi già chiamato fuori, poche ore prima, dal voto sulla sostituzione di Salza. Nel verbale risulta che quest’ultimo sconta «una certa quale contrarietà», sono parole di Benessia, sull’avvicendamento alla Banca dei Territori con la nomina del nuovo direttore generale esterno, Marco Morelli. Il «lodo» Fornero, gli interventi di De Santis e Remmert portano a modificare la «mozione deliberativa» che viene emendata con l’equiparazione delle due candidature Beltratti ottiene di fatto una prevalenza di preferenze, sei contro cinque, considerato che De Santis si astiene facendo mettere a verbale «di apprezzare fortemente la candidatura Beltratti » . Emmert non vota e reputa che «il ricorso alle mozioni deliberative non rappresenti un buon metodo di lavoro». In chiusura Benessia ricorda la posizione del Comitato della Compagnia «fortemente contrario all’ipotesi che la Carlo Tassara possa concorrere al voto per l’elezione degli organi della banca, sua principale creditrice in presenza dell’accordo di moratoria». Rassegna Stampa del giorno 29 APRILE 2010 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pag.10 la Repubblica pag. 2-- sez. ECONOMIA GIOVEDÌ, 29 APRILE 2010 ELENA POLIDORI I mercati Anche la Spagna declassata Borse giù, l’euro va a picco Ad Atene servono 130 miliardi di aiuti Fmi e Bce Lo spread dei bond greci con i titoli tedeschi supera quota 1.000. Nuovo record dell´oro ROMA - Una manciata di minuti prima della chiusura dei mercati, Standard & Poor´s decreta anche il declassamento della Spagna. Ed è una tegola sulla testa delle piazze azionarie, già in affanno per le sorti della Grecia, già preoccupatissime della stima secondo cui ammonta a circa 130 miliardi il pacchetto di aiuti Fmi-Bce di cui Atene necessita in tre anni. La tensione si diffonde anche se la Ue assicura di non vedere «attualmente» nessun rischio contagio. Una raffica di segni meno torna a materializzarsi sui listini di Borsa di mezza Europa, che pure avevano respirato, dopo una pesante mattinata, di fronte alle aperture tedesche sugli aiuti: in due giorni vanno in fumo 225 miliardi. L´euro scende ai minimi da un anno. Soffrono i titoli di Atene, Lisbona e Madrid e ora pure Dublino, l´ultimo dei Pigs, i «paesi maiale», secondo l´ormai celebre dispregiativo acronimo anglosassone. La Commissione Ue, con il commissario Barnier, punta il dito contro le agenzie di rating chiedendo loro di comportarsi «in maniera responsabile» valutando tutto dei paesi, anche gli sforzi per risanare. Per forza di cose questo nuovo declassamento - da AA+ ad AA, con prospettive negative, che segue quello di Grecia e Portogallo, finisce per tradursi in un ciclone. Ovunque sui mercati domina l´orso. Madrid perde 2 punti in pochi secondi, lasciando sul campo il 2,99% del valore: il premier Zapatero dice di vedere «segnali» di una ripresa economica, la sua vice De La Vega lancia un appello alla calma e reclama fiducia. Atene è sull´ottovolante: per una volta respira (più 0,94) ma in tre giorni brucia l´8,5% e le vendite allo scoperto vengono bloccate per due anni. Lisbona accusa un meno 1,89%: governo e opposizione siglano un patto per combattere la speculazione. La performance di Milano, tra le peggiori del vecchio continente, segnala un meno 2,43%: l´Italia è «al riparo», assicura il sottosegretario Bonaiuti mentre il ministro Tremonti illustra al presidente Napolitano il decreto pro-Grecia e quel che sta accadendo in Europa in queste settimane. E ancora: l´euro scende fino a quota 1,3115 sul dollaro. Il differenziale tra i titoli greci con il bund tedesco arriva a superare quota 1000, prima di ripiegare ma sobbalzano anche i bond di tutti i partner più deboli di Eurolandia. Come sempre nei momenti di crisi, l´oro - bene rifugio per eccellenza - vola al suo massimo storico, 884,28 dollari l´oncia. Le tensioni e i patemi sono così forti che perfino il presidente Usa Obama fa sapere che «segue da vicino» l´evolversi della situazione: quando la Casa Bianca diffonde la sua nota, il presidente della Bce Trichet e il numero uno del Fmi Strauss-Kahn sono in missione a Berlino per convincere la signora Merkel a dire sì, e in fretta. Proprio Strauss-Kahn, davanti ai giornalisti, riconosce che la deriva dei deficit di alcuni paesi mette l´unione monetaria «in una situazione grave». La speculazione incalza. Gli spread volano. L´euro sobbalza. Gli analisti si interrogano sulle prospettive di uscita dalla crisi. Rassegna Stampa del giorno 29 APRILE 2010 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pag.11 la Repubblica pag. 3 -- sez. ECONOMIA GIOVEDÌ, 29 APRILE 2010 Prodi a Radio Capital: se c´è volontà politica la crisi può essere superata “Ma la moneta unica è forte dividersi sarebbe una follia” “L’intervento è modesto rispetto a quanto fatto per le banche, in questa crisi s’è visto di peggio” MILANO - «L´euro è grande, non è aggredibile se noi siamo uniti. Tutti sono aggredibili se sono divisi, ma sarebbe una follia a cui io non penso nemmeno». Lo ha detto Romano Prodi in un´intervista a Radio Capital. Lo stesso Prodi che ha risposto alle domande degli studenti del collegio Augustinianum di Milano. Dopo Grecia e Portogallo sono a rischio Spagna e Italia? «Io ritengo che non si diano ragioni perché ciò avvenga. La Gran Bretagna ha un deficit simile a quello greco; gli Usa hanno un deficit superiore al 10%. Non ci diano esempi di correttezza ed equilibrio coloro che l´equilibrio non ce l´hanno. Questa volta non è colpa di noi Pigs, di noi "maialini"». I mercati stiano scommettendo contro la moneta unica? «Non sempre i mercati sono riusciti a mettere in atto le speculazioni che volevano. Certo, se si continua con la follia, la situazione si aggrava; il problema è assolutamente alla portata delle nostre capacità di oggi». Eppure sembra proprio che ci sia un attacco all’euro. O no? «Se siamo saggi no, se siamo matti sì perché l´economia greca rappresenta il 2,6% del Pil europeo; l´intervento è minore di quanto fatto per singoli istituti bancari. In questa crisi abbiamo visto di peggio. Il problema è la volontà politica, non la dimensione del problema». Lei pensa alla Germania che ha rimandato la decisione sulla Grecia al giorno dopo le elezioni nel Nord Reno-Westfalia? «É veramente una cosa terribile! Il dramma delle democrazie di oggi è guardare al breve periodo, alle elezioni immediate, non agli interessi di lungo periodo». Come mai l’Euro è stato creato senza procedure per risolvere crisi come quella greca? «Quando abbiamo costruito l´euro la commissione da me presieduta ha lavorato per mesi perché accanto alle autorità di politica monetaria come la Bce venissero create autorità capaci di coordinare la politica economica. Purtroppo c´era la volontà politica per la moneta ma non c´era per andare più avanti». (g.l.) Rassegna Stampa del giorno 29 APRILE 2010 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pag.12 la Repubblica pag. 3-- sez. ECONOMIA GIOVEDÌ, 29 APRILE 2010 dal nostro corrispondente ANDREA TARQUINI Berlino apre al fondo salva-Grecia Appello di Papandreou: “Aiutateci a spegnere l’incendio, o bruceremo tutti” Il premier di Atene avverte però l’Fmi: “Non accetteremo tutte le condizioni sui tagli ai salari” BERLINO - Isolata nel mondo, criticata dai media, messa alle strette da Bce, Fmi e Commissione europea, la Germania di Angela Merkel inizia a piegarsi. Dopo ore di consulto con i presidente di Bce e Fmi, JeanClaude Trichet e Dominique Strauss-Kahn, il giorno più lungo dell´Europa si è chiuso con il primo sì della cancelliera e del ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble a partecipare al salvataggio di Atene, non solo quest´anno ma di qui al 2012, «se i greci vareranno un programma esigente». Ma la partita per salvare l´euro è ancora aperta: il premier ellenico Georgios Papandreou ha lanciato un drammatico appello, «aiutateci a spegnere l´incendio o bruceremo tutti», ma ha detto no a tagli retributivi. «Non è detto che Atene accetti tutte le condizioni», ha avvertito Strauss-Kahn. E con la politica interna tedesca in fiamme, e le elezioni nel Nordreno-Westfalia del 9 maggio che si annunciano catastrofiche per la coalizione di centrodestra, ogni pericolo resta in piedi. «E´ in gioco la fiducia nell´euro, ogni giorno che passa peggiora la situazione, le decisioni devono essere estremamente rapide, ciò richiede veloci scelte del governo tedesco», ha ammonito il presidente del Fmi. Gli ha fatto èco il numero uno della Bce: «E´assolutamente necessario che Berlino decida rapidamente, e Atene deve dare segnali convincenti». Strauss-Kahn e Trichet, i due senior francesi alla guida delle istituzioni monetarie internazionali, hanno condotto un fuoco incrociato. Prima con Schaeuble e i partiti tedeschi, poi con la cancelliera. La quale alla fine ha annunciato: «I negoziati (di Fmi e Bce con Atene, ndr) devono accelerarsi, qualsiasi aiuto dipenderà dal programma di Atene». Poi ha aggiunto la frase significativa: «La Germania si assumerà le proprie responsabilità per l´euro», lasciandosi poi sfuggire: «Forse la decisione dell´ingresso greco non fu valutata con sufficiente attenzione». Con buon viso a cattivo gioco, Berlino si rassegna a spendere. La tabella di marcia è più serrata che mai. Domenica dovrebbe concludersi il negoziato tra Grecia, Fmi e Bce. Nel frattempo il governo tedesco lavorerà per aver pronto lunedì un disegno di legge sugli aiuti. Manca l´assenso dei legislatori: il Bundestag, la Camera bassa, dovrebbe votare in settimana, il Bundesrat (Camera delle Regioni) nella sua seduta di venerdì 7. Proprio il 6 o il 7 Atene dovrebbe annunciare le sue misure. Se necessario, Merkel e Schaeuble vogliono una seduta parlamentare straordinaria sabato 8, e portare subito la legge alla firma del capo dello Stato Horst Koehler. Col voto del 9 infatti Cdu-csu e liberali potrebbero perdere la maggioranza al Bundesrat. Allarme e nervosismo crescono. Intanto il Fmi ha aumentato la sua tranche del pacchetto di aiuti immediati, da 15 a 25 miliardi, a fianco dei 30 europei. Fine testo Rassegna Stampa del giorno 29 APRILE 2010 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pag.13 la Repubblica pag. 4 -- sez. ECONOMIA GIOVEDÌ, 29 APRILE 2010 dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI E ora gli speculatori di Wall Street puntano sul fallimento dei “Pigs” Obama in contatto con i governi europei: “Siamo preoccupati” Le banche d´affari soffiano sul fuoco dell´euro-panico: "Quei paesi sono come la Lehman" Il ministero della Giustizia Usa: gli hedge fund hanno concordato un attacco all´euro Nuova giornata di bufera sui mercati finanziari. Nel ciclone è finita anche la Spagna. Standard & Poor´s ha infatti ridotto il rating sui titoli del debito pubblico di Madrid. Le borse hanno subìto pesanti flessioni. Il Fondo Monetario Internazionale stima che per salvare la Grecia servano almeno 120 miliardi di euro. La moneta europea è ai minimi mentre l´oro è a quotazioni record. Atene accusa la Germania di voler affondare il Paese. Berlino ha cautamente aperto sull´ipotesi del prestito. È un copione sinistro, che alla Casa Bianca ricorda le tappe del collasso finanziario del 2008-2009. Sono cambiati i bersagli, stavolta sono gli Stati sovrani invece delle banche. Ma i metodi, gli strumenti, i registi della grande offensiva anti-euro sono figure fin troppo familiari. Ci sono le stesse agenzie di rating che nell´ultima crisi ebbero un ruolo perverso. Furono Standard & Poor´s, Moody´s e Fitch ad incollare le etichette prestigiose "Aaa" sui titoli tossici legati ai mutui subprime. Incompetenza, conflitto d´interessi, la loro reputazione ne uscì distrutta. Quegli scandali non hanno impedito che Standard & Poor´s sia all´origine dell´ultima crisi di sfiducia, per il declassamento della Spagna (colpa delle regole europee: la Bce può acquistare titoli del debito pubblico solo se raggiungono un rating minimo). Soffiano sul fuoco dell´euro-panico le grandi banche di Wall Street, noncuranti delle indagini avviate contro di loro dal Congresso, dalla Sec e dalla Federal Reserve. Gli economisti di Goldman Sachs e JP Morgan Chase ieri hanno lanciato in perfetta concordia un annuncio tremendo: altro che i 45 miliardi di euro inizialmente previsti per il salvataggio della Grecia, «ora gli aiuti necessari per arrestare il contagio in altri paesi mediterranei sono di almeno 600 miliardi di euro». Si tratta, sottolineano i due colossi bancari di Wall Street, di «una cifra superiore al fondo Tarp (700 miliardi di dollari) varato nell´autunno 2008 dall´allora segretario al Tesoro Usa, Hank Paulson, per salvare il sistema finanziario da un collasso mortale». L´economista Philip Lane vede nella Grecia, nel Portogallo e nella Spagna «gli equivalenti odierni di Bear Stearns e Lehman Brothers», le due banche fallite nel 2008. Il paragone fa paura perché i due istituti individualmente avevano dimensioni "gestibili", ma il contagio della paura rischiò di travolgere tutti gli altri. Tornano in primo piano i titoli derivati chiamati "credit default swaps" (Cds). In apparenza sono contratti assicurativi, per proteggersi dal rischio del fallimento di un debitore. In realtà hanno assunto vita propria come formidabili strumenti speculativi, consentono di scommettere sulle bancarotte per guadagnarci. Hanno un effetto moltiplicatore, che si vede all´opera in queste ore. «Occhio alle banche europee – avverte JP Morgan – perché gli istituti tedeschi, francesi, olandesi e belgi più esposti verso l´Europa mediterranea possono a loro volta essere coinvolti nelle perdite, quindi diventare meno solidi». Un´inchiesta del Department of Justice accusa i più importanti hedge fund (Soros, Paulson, Grenlight, Sac capital) di aver concordato un attacco simultaneo all´euro, in una cena segreta l´8 febbraio a Wall Street. Il giorno dopo, 9 febbraio, al Chicago Mercantile Exchange i contratti futures che scommettevano su un tracollo dell´euro erano schizzati oltre 54.000, un record storico. Con Goldman Sachs e Barclays in buona vista nelle cronache su quelle grandi manovre. Il club dei grandi banchieri, anche se accusati di frode dalla Sec come il chief executive di Goldman Lloyd Blankfein, continua ad avere un potere d´influenza. Indica la tendenza, si trascina dietro il mercato. Il fondo Pimco, il più grande investitore privato del mondo in titoli di Stato, ha sospeso ogni acquisto di titoli greci e sta considerando «l´abbandono di tutta l´Europa periferica». Colossi industriali tradizionali come la Coca Cola, corrono a proteggersi contro una frana dell´euro, e così facendo usano gli stessi strumenti speculativi con cui gli hedge fund accelerano quella caduta. Payden & Rygel, gestore di 50 miliardi di fondi pensione californiani, ha svenduto titoli di Stato europei e comprato derivati per lucrare sulla svalutazione dell´euro. Perfino i piccoli risparmiatori sono trascinati in questo tsunami: è aumentato del 57% il numero di clienti individuali che acquistano "option" valutarie per puntare contro l´euro. Il colpo finale, secondo il Wall Street Journal, «è quello che verrà se le stesse banche centrali cominciano a mollare l´euro per limitare le perdite». Se la Fed, la banca centrale cinese e giapponese dovessero ridurre le loro riserve in euro «il prossimo scivolone sarà a quota 1,20 sul dollaro». E´ lo scenario che ha in mente l´Ocse quando avverte: «Siamo ben oltre il pericolo del contagio. Il contagio c´è già stato. Questo è il virus Ebola. Quando ce l´hai non ti resta che amputarti una gamba per sopravvivere». L´amputazione, in questo caso, è l´uscita dall´Eurozona dei paesi più deboli. Uno Rassegna Stampa del giorno 29 APRILE 2010 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pag.14 scenario che a Wall Street ha molti fautori. Rassegna Stampa del giorno 29 APRILE 2010 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pag.15 la Repubblica pag. 4 -- sez. ECONOMIA GIOVEDÌ, 29 APRILE 2010 dal nostro inviato ETTORE LIVINI Il reportage Ad Atene sale la protesta anti-tedesca “Altro che aiuti, speculano sulla pelle di noi greci”. E torna il ricordo dei danni di guerra Il tam tam per le strade della capitale ha un solo colpevole: Berlino. Siemens nel mirino ATENE - Il vero colpevole della crisi greca? Il tam tam per le strade di Atene in queste ore non ammette margini di dubbio: la Germania. I tentennamenti del governo tedesco sul pacchetto d´aiuti da 45 miliardi hanno lasciato il segno. Finanziario, perché il boom dei tassi (quadruplicati mentre Angela Merkel faceva il muso duro per ingraziarsi gli elettori della Renania Westfalia) ha costretto il governo Papandreou ad alzare bandiera bianca. Ma anche emotivo, con il barometro delle relazioni ellenico-tedesche - un indicatore da sempre piuttosto ballerino - sceso ai minimi storici. «Ci vogliono dare lezioni di finanza e di etica - dice John Panaretos, ministro dell´istruzione e responsabile del progetto «trasparenza» dell´esecutivo - Ma poi, se vai a guardare bene, scopri che il maggior corruttore della storia greca è stata la Siemens, distribuendo mazzette a pioggia per la fornitura del sistema di sicurezza elettronico alle Olimpiadi. Che, alla faccia dell´efficienza teutonica, non funziona ancora oggi». Inutile ricordare a lui e ai suoi concittadini che i primi contributori al pacchetto di aiuti per Atene - con un «assegnone» da 8,5 miliardi di euro - saranno proprio i falchi di Berlino. «Non è mica un regalo - calcola puntiglioso Panagiotis Foros, barbiere nel quartier di Makrygianni - La Merkel prende in prestito i soldi all´1,5% e ce li dà a un tasso del 5%. Sa cosa significa? Che Berlino guadagnerà ogni anno 300 milioni speculando sulla pelle di noi greci». La morale è semplice: «Se non vogliono darci i soldi non c´è problema - propone Panagiotis - Non pagheremo i debiti. Voglio vedere cosa dirà la Merkel alle banche tedesche». Che in portafoglio hanno 45 miliardi di titoli del paese mediterraneo. Il ping-pong di accuse tra Germania e Grecia, del resto, è un tormentone che va avanti da almeno un paio di mesi. Con Berlino che punta il dito contro l´inaffidabilità di Atene - colpevole di mettere a rischio l´euro con i suoi conti truccati - e l´opinione pubblica ellenica esasperata dai colpi di freno del (presunto) partner europeo sugli aiuti. «L´Italia e la Francia hanno capito che siamo sull´orlo del baratro - dice Iannis Tzakis, dipendente ministeriale in pensione - La Merkel scherza sul fuoco continuando ad alzare l´asticella solo per i suoi interessi domestici». Sono ruggini antiche. Deflagrate per colpa della recente copertina - choc del settimanale «Focus»: Una Venere di Milo non proprio politically correct, con il dito medio ben alzato in aria e un titolo al vetriolo: «Gli imbroglioni nella famiglia Ue». Il presidente del parlamento greco Filippos Petsalnikos ha convocato l´ambasciatore di Berlino per spiegazioni. Le associazioni dei consumatori locali hanno promosso un boicottaggio dei prodotti tedeschi. E tra i due paesi hanno iniziato a volare gli stracci. «La Wehrmacht ha portato via il nostro oro dai forzieri della banca centrale e non ce l´ha mai pagato», ha garbatamente ricordato alla Bbc con toni da ultrà in curva Theodoros Pangalos, numero due del governo Papandreou. «I tedeschi non hanno ancora saldato i danni di guerra», rincara la dose Tzakis, che ha perso il nonno durante l´occupazione nazista. Conto totale: «Settanta miliardi», secondo le stime ragionieristiche del sindaco di Atene Nikitas Kaklamanis. Quanto basterebbe per rimborsare un quarto del debito nazionale. La crisi della Ue ormai è qualcosa di più che una semplice questione di spread e tassi alle stelle. Il premier Papandreou - che con la Merkel si sente quasi tutti i giorni - prova a gettare acqua sul fuoco. Ma i think tank degli economisti nei due paesi continuano a rimpallarsi i reciproci peccati di scarso europeismo. Berlino rinfaccia alla Grecia i 30 miliardi di aiuti tedeschi ricevuti dal 1960 e i 115 milioni di marchi sborsati per cancellare i debiti bellici. Atene ricorda i 60 miliardi pagati dalla Ue con grande senso di responsabilità per aiutare la riunificazione tra le due Germanie. «Quel senso di solidarietà oggi si è perso, basta leggere i titoli dei giornali nazionali», commenta amaro Markos, edicolante nella piazza della Costituzione. Rimettere assieme i cocci dell´Europa, anche quando lo spread tra i bund e i titoli ellenici sarà tornato alla normalità, non sarà una passeggiata. Rassegna Stampa del giorno 29 APRILE 2010 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pag.16 la Repubblica pag. 4-- sez. ECONOMIA GIOVEDÌ, 29 APRILE 2010 dal nostro inviato ANAIS GINORI “L’euro ora rischia davvero può scomparire in pochi mesi” Attali: criteri più severi per il Patto di stabilità Se i governi non faranno un ministero delle Finanze comune, nessuna moneta unica potrà mai sopravvivere Rischia anche l´America. Tra il 2011 e il 2012 dovrà rimborsare 1.800 miliardi di dollari all´anno PARIGI - «Ormai non è più questione di mesi, ma di settimane. Se non ci sarà un´azione estremamente forte e immediata, l´anno prossimo l´euro non esisterà più». Jacques Attali è appena tornato dagli Stati Uniti dov´era rimasto bloccato a causa del vulcano Eyjafjallajkull. «Anche quest´incidente, assolutamente imprevedibile, conferma l´interrelazione del mondo nel quale viviamo». La crisi della Grecia è un altro di quegli eventi solo apparentemente lontani. «In questo caso, però, tutto era ampiamente prevedibile». Economista, saggista di successo (è appena uscito in Italia il suo «Sopravvivere alle crisi»), Attali propone un´unica soluzione: riscrivere il Trattato di Maastricht, con criteri di bilancio più vincolanti. Perché i mercati finanziari non credono al piano di salvataggio della Grecia? «La gestione di questa crisi è stata catastrofica. Il primo errore è stato credere che il Fondo monetario internazionale potesse agire da solo, mentre era chiaro a tutti che sarebbe diventato un problema per l´Europa intera. L´altro errore, ancora più grave, è stato ignorare volutamente la montagna di bugie e falsità dette dai responsabili della Grecia. L´Europa avrebbe dovuto muoversi molto prima. Oggi l´ipotesi più probabile rimane quella di un default sul debito con tutto ciò che ne consegue». Sta dicendo che questo piano non servirà a nulla? «Credo che convenga prepararci al peggio. Il default resta, a mio avviso, l´ipotesi più probabile. La Grecia non vuole guardare in faccia la realtà. Prima o poi dovrà arrendersi all´evidenza». Le reticenze della Germania hanno pesato molto. «La campagna elettorale tedesca ha condizionato l´atteggiamento del governo di Berlino. Mi sembra assurdo. Gli elettori tedeschi non sono stupidi. Era chiaro che, alla fine, la Germania sarebbe stata costretta a pagare». Cosa avrebbe dovuto fare l´Europa? «L´Unione europea doveva muoversi almeno due mesi fa, facendosi subito garante del debito greco. I mezzi per farlo c´erano. Purtroppo, è mancata l´intelligenza politica. I tassi di interesse sarebbe così diminuiti, non si sarebbe scatenata la speculazione. I governi europei avrebbero risparmiato i soldi che oggi sono costretti a sborsare». Ora c´è un rischio contagio? «L´effetto domino minaccia di andare anche al di là delle frontiere europee. Ci sono i timori per Portogallo e Spagna, il paese che mi sembra più a rischio. Ma c´è anche l´America. Tra il 2011 e il 2012 gli Usa dovranno rimborsare 1.800 miliardi di dollari all´anno, tra indebitamento nuovo e obbligazioni che arrivano a scadenza. La crisi finanziaria non è stata risolta. E´ stata semplicemente trasferita dalle banche ai governi. Oggi ci troviamo nella situazione opposta: i governi tentano di rinviare la palla alle banche». I mercati finanziari attaccheranno nuovi paesi? «Non possiamo dare la colpa alle Borse. Se non si vuole dar loro il potere di destabilizzare paesi, bisognerebbe anche smettere di ricorrere ai mercati per l´indebitamento pubblico. Quando chiedo un prestito al banchiere accetto di mettermi tra le sue mani». Il ritardo nel salvataggio della Grecia è stato anche causato dalle regole della zona euro. «Se i governi non si decideranno a fare un ministero del Finanze comune, nessuna moneta europea potrà mai sopravvivere. Se n´era già parlato durante il Trattato di Maastricht. Allora però la caduta del Muro di Berlino ha fatto cambiare le priorità. Oggi è diventata un´urgenza vitale». Bisogna rivedere il Patto di Stabilità? «Sarebbe tra le prima cose che dovrebbe fare un ministro europeo delle Finanze. Stabilire delle regole e un coordinamento minimo. Ma per fare questo ci vorrebbe trasparenza sui numeri. Diciamo la verità: tutti i paesi oggi forniscono cifre fittizie, falsificano i bilanci. Le banche centrali dei paesi applicano diverse strategie e tassi. I vari debiti nazionali sono camuffati in mille modi. Siamo in una situazione di menzogna generale e condivisa». Il famoso principio che limitava il debito al 3% del Pil è stato ormai superato in quasi tutti i paesi. «Questo non è l´aspetto più grave. Un debito che rappresenta anche il 100% del Pil è tollerabile se i tassi sono bassi. Il vero problema non è il debito, ma lo stock del debito combinato all´aumento dei tassi. E´ la situazione nella quale ci troviamo oggi. Su questo ci stiamo giocando il futuro dell´Europa». Rassegna Stampa del giorno 29 APRILE 2010 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pag.17 la Repubblica pag. 4-- sez. ECONOMIA GIOVEDÌ, 29 APRILE 2010 VITTORIA PULEDDA Prima stima dei bond nei portafogli di banche e assicurazioni. Il governo: “Speculazione in agguato, ma siamo al riparo” Finanza italiana esposta per 5 miliardi con Atene MILANO - «La speculazione internazionale è in agguato» ma l´Italia «è al riparo»: parola del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti. Una rassicurazione almeno per quanto riguarda la giornata di ieri suffragata dai numeri: ad esempio la differenza di rendimento di un Btp decennale rispetto al Bund tedesco, preso come pietra di paragone, è pari a 106 punti base. Nulla a che vedere con la Grecia, dove la distanza di rendimento rispetto alla Germania è di 689 punti (ma ieri ha anche superato gli 800), o il Portogallo (274) o ancora l´Irlanda (227). Tuttavia, nonostante tutto, le aste di oggi di Btp (a 3 e a 10 anni) e quella di Cct, complessivamente per un massimo di 8 miliardi di euro, vengono seguite con grande attenzione dagli operatori. Il piccolo intoppo di ieri dell´asta di Bot a sei mesi e Ctz riservata ai soli "specialist" per importi minimi e andata deserta, non è stato considerato un precedente per ora: la circostanza è stata attribuita all´eccesso di sollecitazioni esterne, su altri fronti. Ma ciò non toglie che oggi l´appuntamento viene vissuto con un po´ di tensione in più, rispetto al solito. Anche perché il rischio-contagio è inevitabilmente un elemento con cui fare i conti; anche sotto il profilo dell´esposizione dei grandi gruppi finanziari italiani (grosso modo, 5 miliardi). Generali ha reso noto che l´esposizione netta verso la Grecia è pari a 749 milioni di euro (e di 2,2 miliardi verso i Pigs, cioè Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna). Non è noto invece quanti di questi bond siano nelle polizze degli assicurati: sembra si tratti di 3-4 miliardi, ma non in prodotti venduti in Italia. «Non significativi» invece i numeri di Unicredit (nel portafoglio proprio e in quello della clientela); per quanto riguarda la società di risparmio gestito, invece, Pioneer Investments ha posizioni «del tutto marginali sui bond greci e totalmente assenti sui fondi di diritto italiano Pioneer Fondi Italia e sui lussemburghesi Pioneer funds». Intesa Sanpaolo dichiara invece un´esposizione pari a 1,5 miliardi verso i bond Pigs (di cui circa uno in titoli sovrani greci) ma non ha reso noto se e quanti siano i bond di Atene nei dossier titoli dei clienti (o nei fondi obbligazionari specializzati in bond governativi area euro). Più pesante invece il quadro per i clienti del gruppo Fonsai: la compagnia ha dichiarato un´esposizione netta di circa 50 milioni, che salgono tuttavia a 282 milioni verso la Grecia e a 22 verso il Portogallo: tasse e competenze delle minoranze a parte, il resto riguarda le quote degli assicurati. Rassegna Stampa del giorno 29 APRILE 2010 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pag.18 La Fiba-Cisl Vi augura una giornata serena. Arrivederci a domani per una nuova rassegna stampa! Rassegna Stampa del giorno 29 APRILE 2010 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pag.19