Tesi Iorio

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Tesi Iorio
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA
SCUOLA DI SCIENZE MEDICHE E FARMACEUTICHE
CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN FISIOTERAPIA
COORDINATORE: PROF. CARLO GANDOLFO
TESI DI LAUREA
Trattamento riabilitativo post ricostruzione di Legamento
Crociato Anteriore nel calciatore professionista.
Protocolli a confronto.
Candidato:
Docente Relatore:
Andrea Iorio
Alessandro Manelli
Matricola n°:3324752
Anno accademico 2011\2012
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A mia madre e mio padre.
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INDICE
1 - Introduzione
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2 - Tendine e legamento
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3 - Il ginocchio - Anatomia e funzione
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4 - Il Legamento Crociato Anteriore
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a. Anatomia
b. Biomeccanica e funzione
5- Patologia del Legamento Crociato Anteriore
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a. Eziopatogenesi
b. Clinica e diagnosi
6- Tipologie di trattamento
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a. Trattamento delle instabilità del ginocchio, generalità
b. Tipologie di trattamento chirurgico di ricostruzione del legamento
crociato anteriore
I- Con trapianto di tendine rotuleo
II- Con trapianto di tendini di semitendinoso e gracile
7- Protocolli
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I- Protocollo fisioterapico in uso presso “Palestra dello Sport di
Bussana - ASL1 Imperiese”
II- Protocollo fisioterapico in uso presso “Associazione Calcio Fiorentina”
III- Protocollo fisioterapico in uso presso “Gruppo Medico Isokinetic di Bologna”
IV- Protocollo fisioterapico in uso presso “Real Racing Club de Santander”
V- Protocollo fisioterapico in uso presso “Association Sportive de Monaco
Football Club”
8- Discussione
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9- Conclusioni
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10- Bibliografia
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RINGRAZIAMENTI
I miei ringraziamenti vanno innanzitutto al Dottor Alessandro Manelli che mi ha
attentamente, pazientemente e sapientemente seguito in questo percorso e alla
Professoressa Cinzia Laura per il supporto scrupoloso e competente che ha saputo
dare al mio lavoro.
I miei più sentiti ringraziamenti vanno anche allo Staff Medico del "Real Racing
Club de Santander", i Fisioterapisti Guillermo Adell Beltràn e Diego Romaña
Garcìa e i Medici Javier Ceballos Fontán, José Manuel Mantecón Aparicio e
Antonio Cruz Cámara che sono stati per me amici, colleghi e ispiratori per tutti i
quattro mesi che ho passato con loro nell'ambito del progetto "Erasmus".
Grazie anche a Pau Alberti Gomes e Daniel Pinillos, e a tutti gli altri giocatori del
"Racing" che mi hanno permesso di seguire in prima persona il loro percorso
riabilitativo arricchendo così la mia esperienza e le mie competenze.
Sentiti ringraziamenti anche al Dottor Paolo Manetti e al Fisioterapista Stefano
Dainelli dello staff medico della "ACF Fiorentina" che mi hanno ospitato presso la
loro Sede e mi hanno permesso di seguire il loro lavoro sul campo.
Un grazie enorme anche al dottor Giulio Sergio Roi del "Gruppo Medico
Isokinetic" che si è molto interessato al mio lavoro e che ha contribuito con
materiale e testimonianze fondamentali anche incitandomi a proseguire su questa
strada.
Grazie mille anche al Dottor Philippe Kuentz del "AS Monaco FC" che mi ha
fornito materiale e documentazione sul lavoro svolto dal suo Staff Medico.
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I
INTRODUZIONE
La domanda che mi sono posto e che mi ha portato ad affrontare questa
discussione, è stata come la fisioterapia possa far combaciare un trattamento
riabilitativo, che segua tutte le fasi necessarie e i tempi biologici dei tessuti per
riportare una struttura lesa e un paziente alla guarigione, con quell'accelerazione
del trattamento sempre più richiesta dalla società moderna e che, nel mondo del
Calcio, trova solitamente la sua estrema rappresentazione.
Questa domanda nasce dall'interesse di capire se tale accelerazione sia possibile
ugualmente in ambito sanitario.
La risposta segue un percorso che parte dal tipo di trattamento chirurgico, passa
quindi per i tempi di legamentizzazione e di guarigione (nel nostro caso specifico
del tendine trapiantato) e giunge a termine con le tempistiche indicate dal chirurgo
operante e con le fasi dei diversi progetti riabilitativi impostati dalle varie equipes
riabilitative.
Decisivi nella nostra discussione sono i risultati in termini di prestazioni, a partire
dall'attività lavorativa e ludico-sportiva, fino all'attività sportiva agonistica
professionale di alto livello.
Una diversa impostazione del programma rieducativo può influire sul processo
biologico di guarigione?
O comunque, può velocizzare il ritorno all'attività, qualunque essa sia, nonostante
la legamentizzazione debba ancora giungere a completamento?
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II
TENDINE E LEGAMENTO
Il tendine:
Con tale nome indichiamo delle formazioni di colore biancastro, splendenti,
estremamente resistenti, costituite dall’insieme di fasci di tessuto connettivo
denso.
Servono da collegamento fra il corpo muscolare e lo scheletro. (Testut, 1966).
I tendini consistono in fitti fasci di fibre parallele extracellulari di collagene, con
interposte file di cellule con nuclei densi, i fibrociti, che producono il collagene.
La vascolarizzazione, capillariforme, è raramente evidente. I tendini sono inoltre
provvisti di recettori chiamati “Organi tendinei di Golgi” che “registrano” la
tensione nel tendine.
Alcuni tendini sono avvolti da una guaina tendinea composta da due guaine
concentriche fatte di tessuto connettivo separate da uno stretto spazio. (Cormack,
2001)
È un tessuto connettivo di tipo meno denso, provvisto di abbondanti fibre
elastiche, che costituisce lo strato peritendineo o peritenonio.
Da questo strato partono profondamente sepimenti di connettivo più lasso che,
unendosi fra loro, circoscrivono i raggruppamenti maggiori dei fascetti tendinei,
mentre altri sepimenti, più sottili e più lassi ancora, nati dalla faccia profonda dei
precedenti, circoscrivono raggruppamenti meno numerosi di fasci, i quali
risultano a loro volta da un certo numero di fascetti tendinei fra loro uniti da una
sostanza amorfa, chiamata sostanza cementante interfascicolare.
Esiste pertanto, nella organizzazione del tendine, la disposizione al formarsi di
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raggruppamenti di fasci tendinei, sempre più grossi, dal cui insieme risulta
formato il tendine (Testut, 1966).
Mentre la guaina interna è attaccata al tendine, quella esterna si fonde con il
connettivo circostante.
Composte principalmente da collagene, le apposte superfici scorrevoli sono
spesso descritte come sinovia. La frizione tra le due è minimizzata da un sottile
film lubrificante di fluido sinoviale. (Cormack, 2001)
La matrice connettivale è quindi un insieme di molecole tra le quali quelle
maggiormente rappresentate sono il collagene, sotto forma fibrillare, immerso in
una “atmosfera” di proteoglicani. Le funzioni caratteristiche degli organismi
superiori dipendono dal mantenimento della costanza delle forme contro pressioni
interne ed esterne.
Lungo il processo evolutivo, il tessuto connettivo ha assolto tale compito
mediante le fibre collagene, resistenti alle tensioni, e i proteoglicani, che avendo la
peculiare proprietà di legare una grande quantità di acqua, si oppongono alle forze
pressorie (Scott, 1974).
La presenza di corretti rapporti tra proteoglicani e collagene è indispensabile per il
mantenimento della specifica funzionalità di ogni connettivo, infatti, in molti stati
patologici è stato possibile dimostrare la comparsa in circolo (solubilizzazione) di
quantità differenti e talvolta patognomoniche, ora di collagene, ora di
proteoglicani (Dey et al., 1992).
Riparazione tendinea
Le cellule chiave responsabili della riparazione tendinea sono i fibroblasti
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provenienti dalla guaina interna o, se la guaina tendinea non esiste, dal connettivo
circostante.
Quando i fibroblasti penetrano nella falla, producono abbondante nuovo collagene
che ripristina efficacemente la continuità e la forza del tendine.
Gli innesti tendinei iniziano a incorporarsi nei tendini ricongiunti in una maniera
simile. (Cormack, 2001)
Il legamento:
Hanno composizione simile ai tendini, con fasci paralleli di fibre extracellulari e
interposte file di nuclei appiattiti di fibrociti. La maggior parte dei legamenti ha
sostanziali fibre collagene longitudinali intrecciate con sottili fibre collagene e
alcune fibre elastiche.
Ciò rende i legamenti sufficientemente inestensibili per fornire un forte supporto e
limitare eccessivi o disallineati movimenti articolari senza impedire il normale
arco di movimento.
Riparazione legamentosa
Lo strappamento dei legamenti a causa di un eccessivo sforzo articolare si ripara
abbastanza facilmente purché la lesione sia opportunamente trattata.
Una guarigione efficace richiede una stretta apposizione dei due capi del
legamento. Ciò solitamente è ottenuto immobilizzando l'articolazione in una
posizione che approssimi i due capi.
In seguito ad un trauma più grave, il legamento strappato va ricucito con sutura
chirurgica per assicurare una riparazione adeguata.
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Un soddisfacente recupero della resistenza del legamento dipende da un'adeguata
deposizione di nuovo e forte collagene attraverso l'articolazione, come nella
riparazione tendinea. (Cormack, 2001)
Nel caso del ginocchio, la sutura andrebbe però effettuata in tempo zero in seguito
al trauma, cosa difficilmente fattibile viste le condizioni cliniche dell'articolazione
e le tempistiche di valutazione clinica e d'intervento nel primo momento posttrauma.
Si tende perciò ad aspettare per avere un quadro più preciso dello stato del
ginocchio; intanto la sinovia si interpone tra i due monconi impedendone
l'apposizione e la rigenerazione e portando i due frammenti verso un processo di
tipo degenerativo.
Per questo motivo si procede, in un secondo momento, con il trapianto tendineo.
Legamentizzazione
Dopo l'impianto chirurgico, l'innesto del LCA segue in sequenza le fasi di necrosi
avascolare, rivascolarizzazione e rimodellamento. Le proprietà del materiale
dell'innesto cambiano a mano a mano che il processo di legamentizzazione
(trasformazione da tendine a legamento) avanza. Durante il periodo di
maturazione, il punto di rottura di un autoinnesto prelevato dal tendine rotuleo
può diminuire fino all'11% rispetto al normale punto di rottura di un LCA e la
resistenza dell'innesto può diminuire fino al 13% rispetto a un normale LCA. I
dati sugli innesti umani indicano che questi ultimi assomiglino alla struttura di un
LCA naturale già 6 mesi dopo l'impianto, ma continuano a maturare per un anno
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intero. (Brotzman, 2008)
Abbiamo eseguito uno studio di microscopia presso il laboratorio di morfologia
umana dell’Università degli Studi dell’Insubria sulla neo-legamentizzazione ad un
anno dalla ricostruzione di un LCA con tendini della zampa d’oca, il quale ha
subito un nuovo evento traumatico che lo ha portato alla rottura.
Evidenziamo di seguito i risultati dello studio con microscopia elettronica a
scansione, trasmissione e forza atomica.
A microscopia elettronica a scansione (Fig. 2.1) possiamo subito notare la
presenza di numerose piccole fibre di probabile neoformazione, non ben orientate
verso una direzione. La struttura presenta ancora grossi fasci collagene, possibile
derivazione dal vecchio tendine.
Nelle zone valutate con questa metodica, non è stato possibile vedere la presenza
di cellularità.
Figura 2.1: Ingrandimento con microscopio elettronico a scansione
Alla valutazione in microscopia elettronica a trasmissione (Fig. 2.2, 2.3) possiamo
già notare, nei piccoli ingrandimenti della sezione trasversale delle fibre, la
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presenza di grosse fibre collagene assieme a molte piccole fibre collagene. Queste
ultime risultano parallele tra loro a fasci. La popolazione cellulare è rappresentata
da fibroblasti con caratteristiche citoplasmatiche di attività produttiva e le tipiche
digitalizzazioni. Inoltre sono presenti zone di degenerazione; la nostra ipotesi è
che rappresentino le strutture in via di degenerazione del “vecchio” legamento.
Figura 2.2: Ingrandimento con microscopio elettronico a trasmissione
A maggiore ingrandimento le neofibrille parallele si presentano con diametri
diversi, indice di attività di maturazione diversa delle stesse.
Figura 2.3: Ingrandimento con microscopio elettronico a trasmissione
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Passando alla valutazione con microscopia a forza atomica (Fig. 2.4) si evidenzia
la tridimensionalità del campione e appare il periodo delle fibre collagene (64nm).
I lati di questi rilievi sono di 3x2µm.
Le fibre non risultano parallele ma anche qui si notano fibre di diametri diversi,
indice di diversa maturazione fibrillare.
Figura 2.4: Ingrandimento con microscopio a forza atomica
Ciò che abbiamo potuto concludere da questo studio è che, sia in TEM
(transmission electron microscope) che in SEM (Scansion electron microscope)
notiamo la neoformazione di fibre collagene di forma più piccola e di direzionalità
diversa rispetto ai grossi fasci collagene che sembrano essere quelli in via di
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disgregazione del vecchio tendine; in TEM notiamo inoltre la presenza di
fibroblasti e di strutture di degenerazione.
Con la AFM (Atomic force microscope) è possibile mettere in evidenza il periodo
e si conferma la presenza di fibre di diversi diametri.
Se consideriamo le piccole fibre come quelle neoformate (parallele in fasci al
TEM) e quelle grosse i residui del vecchio legamento (in TEM con zone
degenerative e infiltrate da neofibrille) allora possiamo affermare che la
ricostruzione ad un anno è si quasi totalmente avvenuta ma ancora in fase di
maturazione.
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III
IL GINOCCHIO
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Il ginocchio costituisce una complessa articolazione che, per la sua posizione
intermedia nell'arto inferiore, necessita, da un lato, di una buona stabilità utile per
sostenere e trasmettere le numerose sollecitazioni provenienti dall'anca e,
dall'altro, di una buona mobilità.
A differenza, però, del gomito, articolazione intermedia dell'arto superiore, nel
ginocchio, la tenuta dei segmenti ossei non è assicurata, sopratutto, da una stabile
e notevole congruenza articolare che è tipica del gomito, bensì da robusti e
numerosi legamenti oltre che da pochi ma potenti muscoli.
L'articolazione del ginocchio, infatti, affinché gli sia permessa una buona mobilità
in presenza del notevole carico corporeo che deve sostenere, è costituita da due
raffinate articolazioni.
La prima è, infatti, rappresentata dalla faccia distale inferiore del femore con due
distinte regioni articolari e dalla faccia prossimale superiore della tibia che si
affronta al femore con altrettante parti articolari. Tale disposizione anatomica
finisce per far pensare alla presenza di due distinte articolazioni che lavorino per
proprio conto poste parallelamente.
La seconda è, invece, l'articolazione femoro-rotulea (o patellare).
(Pirola, 1996 )
 Articolazione Femoro-Tibiale
È costituita dalle facce convesse dei due condili femorali e dalle facce concave
della tibia.
Più precisamente la tibia presenta la faccia mediale di forma ovalare e
pianeggiante e la faccia laterale di forma quasi rotonda e lievemente concava.
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Fra superficie femorale e superficie tibiale, oltre alla cartilagine ialina che le
ricopre entrambe, sono poste due formazioni connettivali – i menischi – costituite
da fibre collagene oltre a cellule di tipo cartilagineo che aderiscono alle facce
articolari tibiali.
Fra le due facce tibiali è interposta una zona ossea irregolare detta eminenza
intercondiloidea.
L'articolazione è un ginglimo angolare ma la presenza delle due faccette la rende
simile a due articolazioni condiloidee: due gradi di libertà che permettono flessoestensione e rotazione.
(Pirola, 1996 )
MENISCHI:
Hanno forma di due “C”contrapposte di grosso spessore esterno che va
gradualmente diminuendo verso l'interno. I loro estremi sono denominati “corno
anteriore” e “corno posteriore”.
Le fibre collagene meniscali sono di due tipi.
Le principali, più grosse, sono disposte longitudinalmente secondo la forma dei
menischi. Le secondarie, più sottili, sono orientate ortogonalmente alle prime.
La tenuta dei menischi è assicurata dalla capsula articolare adesa a essi attraverso
la sua sinoviale e da legamenti. Ciò si rende necessario perchè i menischi
dispongono della capacità di muoversi sulla base tibiale.
Il menisco mediale ha forma di “C” aperta simile a una mezzaluna. La “C” si
presenta aperta anteriormente con un piccolo corno e larga posteriormente con un
ampio corno. É il menisco meno mobile poiché è unito, oltre che alla capsula
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articolare, anche al legamento collaterale mediale.
Il menisco laterale ha forma di “C” chiusa quasi completamente a cerchio. È unito
al femore tramite i suoi due corni dai legamenti menisco-femorale anteriore e
posteriore siti davanti e dietro al legamento crociato posteriore. Quasi sempre uno
dei due legamenti è assente.
Entrambi i menischi sono poi uniti sul davanti dal legamento trasverso del
ginocchio.
Il menisco laterale è in ogni caso più mobile per il fatto di essere privo di unione
con il suo legamento collaterale.
Entrambi i menischi si muovono indietro nella flessione nello stesso modo in cui i
condili femorali ruotando si spostano posteriormente. Il contrario avviene
nell'estensione. Il movimento avviene quindi attraverso una deformazione. È la
pressione dei condili femorali che, passivamente, spinge ”strizzando” indietro e in
avanti le superfici meniscali.
Intervengono anche i legamenti alari nell'estensione, per effetto dello spostamento
in avanti della rotula.
Il legamento crociato anteriore e il muscolo semimembranoso – per il menisco
interno – e il muscolo popliteo – per il menisco esterno – con fibre secondarie
facilitano lo spostamento posteriore nella flessione.
Più prevedibili sono gli spostamenti in rotazione, infatti è il movimento della tibia
in rotazione esterna che provoca il movimento in avanti del menisco laterale e
indietro di quello mediale per la pressione dei condili femorali il cui movimento è
opposto a quello della tibia. Il contrario avviene nella rotazione interna.
Concludendo, la funzione che i menischi esplicano è, in generale, ammortizzante
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per effetto della loro interposizione fra due facce articolari ossee.
Movimenti di rotazione esterna contemporaneamente alla flessione del ginocchio
o spinte laterali a ginocchio flesso possono provocare gravi traumi al menisco
mediale. La sua maggior fragilità rispetto al laterale deriva da una sua intrinseca
immobilità e dalla trazione più intensa, se esplicata in rotazione, del legamento
collaterale mediale sullo stesso menisco.
(Pirola, 1996 )
CAPSULA:
La capsula è ampia, lassa e sottile costituita da una parte sinoviale e una parte
fibrosa. È rinforzata da numerosi legamenti che la ricoprono o la penetrano.
Risulta più robusta posteriormente e più sottile sugli altri tre lati.
L'inserzione tibiale della capsula lascia all'esterno dell'articolazione il legamento
crociato anteriore, la spina con l'eminenza intercondiloidea e il legamento crociato
posteriore.
L'inserzione capsulare al femore rileva, inferiormente, l'esclusione degli attacchi
femorali dei legamenti crociato anteriore e posteriore. Anteriormente la capsula è
molto lassa per consentire la formazione di un recesso sottoquadricipitale.
Posteriormente, invece, c'è un ispessimento generalizzato della capsula più
evidente nella parte alta dei condili costituendo una parete di scorrimento dei
muscoli gemelli che vanno a inserirsi, al di fuori dell'articolazione, subito sopra ai
punti di confine della capsula.
Occorre aggiungere che qui, ma anche anteriormente, la membrana fibrosa si va a
inserire rispettivamente avanti e dietro ai legamenti crociati, incapsulandoli
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avendo interposto materiale lipidico.
Ecco perché si suole affermare che i legamenti crociati sono intracapsulari ma
extrarticolari.
Lateralmente e medialmente la capsula si presenta piuttosto lassa per formare i
recessi laterali rotulei, mentre posteriormente forma due recessi posteriori.
Lateralmente
e
subito
sotto
all'attacco
capsulare,
quindi
all'interno
dell'articolazione, si va a inserire il muscolo popliteo.
Medialmente è il legamento collaterale mediale a essere intracapsulare.
(Pirola, 1996 )
LEGAMENTI:
Il legamento patellare è teso dal margine inferiore della rotula alla tuberosità
tibiale. È la continuazione del tendine del muscolo quadricipite.
I legamenti alari si dividono in laterale e mediale.
Il legamento alare laterale origina dalla rotula e da fasci dei muscoli vasto laterale
e retto e si porta verticalmente, un po' obliquo, lateralmente alla tuberosità tibiale.
Il legamento alare mediale origina dalla rotula e da fasci del muscolo vasto
mediale si porta verticalmente, un po' obliquo, alla tibia davanti al legamento
collaterale mediale. Il legamento patellare e i legamenti alari hanno una funzione
di tenuta nei confronti della rotula sull'articolazione femoro-tibio-patellare.
Il legamento collaterale laterale è teso, verticalmente, dall'epicondilo laterale del
femore, un po' posteriore, fino alla testa della fibula; é affusolato e cordoniforme.
Il legamento collaterale mediale è teso, verticalmente, dall'epicondilo mediale
del femore al condilo mediale della tibia mentre alcune fibre si vanno a inserire
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sul menisco mediale. È piatto, a forma triangolare e totalmente interno alla
capsula articolare.
I due legamenti collaterali contribuiscono alla stabilità, sul piano frontale,
dell'articolazione del ginocchio. Ne limitano anche l'estensione.
Il legamento popliteo obliquo va dalla faccia postero-mediale della tibia come
espansione fibrosa del tendine del muscolo semimembranoso, da mediale a
laterale, dal basso verso l'alto, alla fossa intercondiloidea del femore.
Esso limita i movimenti di estensione.
Il legamento popliteo arcuato va, verticalmente, dalla testa fibulare alla capsula
articolare, dove si irradia verticalmente verso l'alto inserendovisi. Ha azione di
tenuta, con il legamento collaterale laterale, per la fibula.
I
legamenti
crociati
anteriore
e
posteriore
(dei
quali
parleremo
approfonditamente in un altro capitolo).
(Pirola, 1996 )
GRASSO E BORSE MUCOSE:
Il grasso possiede prevalenti funzioni ammortizzanti e di facilitazione allo
scorrimento ed è sito in diverse parti dell'articolazione fra membrana sinoviale e
membrana fibrosa.
La parte adiposa più importante è posta anteriormente con il nome di corpo
adiposo infrapatellare disposto dietro alla faccia postero-inferiore della rotula e al
legamento rotuleo e davanti al femore e alla tibia. La sua funzione è di riempire
spazi durante il movimento flessorio.
Le borse più importanti sono:
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
sovrapatellare, superiormente alla rotula.

prepatellare, davanti alla rotula sotto il tendine del muscolo quadricipite.

infrapatellare, inferiormente alla rotula sotto il tendine del muscolo
quadricipite.
(Pirola, 1996 )
- Articolazione femoro-rotulea
È costituita dalla rotula che contrappone la sua faccia articolare posteriore alla
faccia articolare anteriore della troclea femorale avente una forma vagamente
concava. La faccia articolare rotulea è composta da due faccette articolari, una
mediale e una laterale più ampia, divise da un'eminenza verticale. Si realizza così
un incastro mobile nel quale la rotula si muove sul femore come una fune in una
puleggia. L'articolazione è pertanto un ginglimo angolare o troclea.
Gli elementi che stabilizzano la rotula sono i già citati legamenti alari, il
legamento rotuleo e la capsula dell'articolazione che si inserisce sul contorno
articolare della rotula al limite della cartilagine articolare.
La posizione della rotula nella fase di estensione del ginocchio è verticale.
Durante la flessione la rotula si sposta dall'alto in basso, come su un arco di
cerchio, ritrovandosi, quando viene raggiunta la massima escursione articolare
flessoria, in posizione orizzontale con la faccia posteriore orientata verso il basso
e dietro.
La rotazione interna del ginocchio (la gamba ruota internamente) provoca la
rotazione esterna del femore e il contemporaneo spostamento all'esterno della
rotula. L'inverso avviene con la rotazione inversa del ginocchio.
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In conclusione la rotula, dal punto di vista funzionale, ha soprattutto il compito di
variare la direzione della trazione del muscolo quadricipite. (Pirola, 1996 )
FLESSIONE ED ESTENSIONE
I muscoli della flessione sono: il muscolo bicipite femorale sito lateroposteriormente,
il
muscolo
sartorio,
il
muscolo
gracile,
il
muscolo
semimembranoso e il muscolo semitendinoso siti medialmente, il muscolo
popliteo e il muscolo gastrocnemio siti posteriormente. Sono tutti muscoli
biarticolari con l'eccezione del muscolo popliteo.
L'estensione è effettuata dal muscolo quadricipite femorale.
Durante la flessione, movimento che avvicina le superfici posteriori di gamba e
coscia, non si avrà una coincidenza di affrontamento fra asse femorale e asse
tibiale ma la gamba si fletterà portandosi un po' all'interno rispetto alla posizione
della coscia. In ogni caso la meccanica della flesso-estensione si realizza con una
particolare dinamica che include rotazione e scivolamento. L'azione è comandata
dai muscoli ma, in essa, notevole è l'apporto di guida dei legamenti soprattutto dei
crociati. La rotazione dei condili femorali, nella flessione, avviene verso dietro e
lo scivolamento verso avanti. Senza questo scivolamento anteriore, in teoria, si
produrrebbe una lussazione posteriore del femore.
Il contrario avviene nell'estensione: rotazione avanti e scivolamento indietro.
Infine, durante la flesso-estensione si verifica un modesto movimento di rotazione
del tutto involontario.
Perché possa realizzarsi l'intera estensione del ginocchio, in stazione eretta,
occorre una modesta rotazione esterna terminale della tibia che detende un po' il
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legamento crociato anteriore consentendo ai collaterali di raggiungere il massimo
della tensione.
Ovviamente per poter iniziare la cinetica opposta, ossia la flessione, occorre prima
ruotare internamente la tibia.
(Pirola, 1996 )
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IV
IL LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE
A) Anatomia:
Il legamento crociato anteriore (LCA) è inserito sulla tibia immediatamente
davanti e lateralmente alla spina tibiale anteriore, passa sotto il legamento
trasverso, in parte unendosi al corno anteriore del menisco laterale, e va indietro,
in fuori e in alto, per inserirsi sul condilo femorale laterale.
L'inserzione femorale non è resistente quanto quella tibiale e ha la forma di un
segmento di cerchio.
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Nel suo passaggio dalla tibia al femore assume un andamento spiroide con un
angolo di circa 110°.
Il LCA può essere diviso anatomicamente in due parti: una banda anteromediale
che si inserisce sulla regione anteromediale, dell'inserzione sulla tibia, e una
massa posterolaterale che costituisce il resto del legamento.
L'incrociarsi e l'avvolgersi dei legamenti crociati nel passaggio dalle inserzioni
tibiali a quelle femorali sono causati dal fatto che le inserzioni sulla tibia si
trovano all'incirca su un piano sagittale, mentre a livello del femore sono quasi su
un piano frontale (Palastanga et al., 2006).
Il legamento crociato anteriore è extrasinoviale, pertanto è difficile visualizzarlo
bene con l’artroscopia, a meno che la membrana sinoviale non sia interrotta o non
vi si pratichi un'apertura. Tuttavia, esso è intra-capsulare, cosi che il sangue
proveniente dalla rottura del legamento produce un emartro.
La lunghezza del legamento, in teoria, dovrebbe rimanere pressoché costante (e
dunque in tensione) tra 60° e 120°, mentre dovrebbe aumentare dai 60° fino
all’estensione completa.
Composto di collagene-elastina, con una lunghezza media di 21 mm, il legamento
si può allungare solo dell’8% prima di rompersi (ovvero di 1,7 mm circa).
(Evans, 1989)
Essendo l'anatomia e la funzione del LCA in stretto rapporto con quelle del LCP ci limiteremo ad
accennarne una descrizione.
La sua inserzione tibiale é localizzata dorsalmente sul margine posteriore della tibia, da cui si
estende in basso lungo la faccia posteriore. È localizzata più sulla faccia posteriore che sulla
sommità della tibia. Di qui si dirige in avanti e in alto, medialmente al crociato anteriore e si
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inserisce sul condilo femorale mediale. Come per il crociato anteriore, la sua inserzione femorale é
situata in modo estremamente specifico rispetto all’asse di rotazione in flessione. La forma anche
in questo caso è a mezza luna, ma la porzione rettilinea é orizzontale pur essendo anch’essa posta
in stretta vicinanza dell’asse articolare in flessione. Come il crociato anteriore, anche questo
legamento é extrasinoviale.
Nel range articolare abituale, tra i 20° e i 30°, il legamento crociato posteriore è teso al minimo. In
estensione, l’inserzione femorale si allontana da quella tibiale per lo spostamento verso l’alto
dell’epicondilo. Questo fatto tende il legamento. Man mano che la flessione procede, la zona di
inserzione femorale ruota al di sopra dell’asse trasversale in flessione. In questo modo il legamento
diviene notevolmente teso.
Il legamento crociato posteriore aiuta ad impedire lo spostamento all’indietro della tibia rispetto al
femore (ad esempio quando si cammina in discesa). (Evans, 1989)
I legamenti crociati hanno una vascolarizzazione abbastanza buona, che dipende
sopratutto dall'arteria genicolare media, con un piccolo contributo dell'arteria
genicolare laterale inferiore.
I vasi ematici formano una guaina attorno ai legamenti dai quali emergono piccoli
vasi perforanti.
Vicino alle inserzioni femorali dei legamenti si trovano dei meccanocettori, simili
agli organi tendinei del Golgi, intorno alla periferia, dove si verificano le massime
flessioni, e paralleli all'asse maggiore del legamento. Probabilmente danno
informazioni sulle accelerazioni angolari e sono coinvolti nei riflessi che
proteggono il ginocchio da eventuali danni.
I nervi entrano ed escono attraverso le inserzioni femorali dei legamenti
(Palastanga et al., 2006).
26
B) Biomeccanica e funzione:
Il legamento crociato anteriore è il freno principale alla traslazione anteriore della
tibia e un freno secondario alla rotazione della tibia e alle sollecitazioni in varo e
in valgo.
Un LCA resiste fino a una tensione di 2500 N e deve essere danneggiato per il
20% prima di rompersi. I LCA delle persone anziane sono meno resistenti rispetto
ai LCA dei giovani.
Le forze che vengono applicate su un LCA variano da circa 100 N durante
l'estensione passiva del ginocchio a 400 N durante il cammino e 1700 N durante
attività di accelerazione e decelerazione.
Il carico può superare il punto di rottura del LCA solo per combinazioni inusuali
di stress sul ginocchio (Brotzman e Wilk, 2007).
In flessione, il legamento si avvolge su se stesso assumendo una forma ad “X”,
cosi che solo il fascio antero-mediale rimane teso (Girgis et al., 1975; Slocum e
Larson, 1968), il che equivale a circa un quarto delle fibre (Evans, 1989).
Man mano che l’articolazione si estende, avvengono due cose.

in primo luogo, il legamento si svolge, in quanto ruota il punto
d'inserzione, e quindi le sue fibre divengono quasi parallele

secondo, i due capi del legamento si allontanano l’uno dall’altro, poiché il
punto d'inserzione femorale si discosta ulteriormente dal piatto tibiale
Si tratta di un effetto di natura meccanica, causato dall’andamento spiroide delle
fibre o dalla morfologia del condilo femorale a ruota e cuneo.
Alla massima estensione un'ulteriore estensione non é possibile, a meno che il
legamento non ceda. Quando un esaminatore porta l'articolazione in estensione
27
completa, per ricercare l'eventuale presenza di lassità, non dovrebbero essere
possibili né movimenti di adduzione-abduzione, né di cassetto anteriore o
posteriore (traslazione postero-anteriore e antero-posteriore). Tutti i legamenti
sono tesi e non é presente "gioco" articolare. Questa condizione viene definita di
close-pack.
Poiché i legamenti sono tesi e le superfici articolari congruenti al massimo e
compresse l’una contro l’altra, questa é una posizione di notevole stabilità. Ciò
contrasta con la rimanente parte dell’escursione articolare, che può essere definita
nel suo insieme condizione di loose-pack durante la quale é possibile apprezzare
clinicamente un certo gioco articolare e la stabilita è significativamente
incrementata dai muscoli. La condizione di close-pack sollecita l’articolazione in
quanto i legamenti sono sotto tensione e la cartilagine articolare e l’osso
subcondrale sono compressi.
(Una condizione stressante é tuttavia utile in medicina. Il porre un’articolazione in
posizione di close-pack servirà a valutare la normalità delle varie strutture, quali i
legamenti, le superfici articolari, l’osso subcondrale nonché il volume intrasinoviale. Se
un’articolazione riesce a raggiungere la posizione di close-pack senza che insorga dolore,
è verosimile che essa non sia affetta da gravi alterazioni) (Evans, 1989).
In ortostatismo, il ginocchio è quasi esteso, ma non in posizione di close-pack;
tuttavia, se il soggetto sposta all’indietro il peso del corpo su una sola gamba
(Smith, 1953), allora il ginocchio si estende sino alla posizione di close-pack
(Evans, 1989).
In questa posizione l’articolazione é praticamente immobile.
In estensione, il legamento crociato anteriore occupa una piccola incisura posta
nella porzione antero-laterale della gola intercondiloidea del femore. Questa
28
piccola intaccatura può essere evidenziata in alcune immagini radiografiche della
gola intercondiloidea. Negli studi antropologici essa costituisce l’evidenza che il
ginocchio si estendeva totalmente e che pertanto la postura era quella eretta.
L’uomo di Neanderthal non presentava tale intaccatura e quindi è lecito supporre
che questi camminasse carponi e non in piedi. Nel femore dell’Australopiteco,
invece, tale intaccatura é presente. (Evans, 1989)
Il LCA è responsabile di circa l'86% della resistenza alla lussazione anteriore e il
LCP di circa il 94% della resistenza alla lussazione posteriore della tibia sul
femore. I legamenti crociati contribuiscono anche alla stabilità mediolaterale. Il
LCP garantisce il 36% della resistenza alla lussazione laterale, mentre il LCA è
responsabile del 30% della resistenza alla lussazione mediale della tibia
(Palastanga et al., 2006).
Al microscopio, i legamenti crociati sono composti prevalentemente da fibre
collagene, con una piccola quota di fibre elastiche (10%), per cui i legamenti
dispongono di una grande forza di tensione. Queste fibre sono disposte a formare
fascicoli di alcuni millimetri di diametro. Nel LCA si possono identificare due tipi
di fascicoli: quelli che decorrono direttamente tra le inserzioni tibiale e femorale e
quelli che si avvolgono attorno all'asse longitudinale del legamento, con un asse
elicoidale di 25°. Questa disposizione ad elica di molte delle fibre ha conseguenze
importanti. Quando il ginocchio è poco caricato, solo alcune fibre sono in
tensione, ma con l'aumentare del carico il legamento viene stirato, coinvolgendo
più fibre ed aumentando notevolmente ed efficacemente la sua forza.
Si possono identificare due fasi del carico dei legamenti crociati; prima del punto
di snervamento la deformazione è elastica, per lo stiramento e il raddrizzamento
29
del legamento. Un carico ulteriore, tuttavia, causa la distruzione dei legami
incrociati delle fibre e la conseguente deformazione è irreversibile.
La forza dei legamenti può essere influenzata da diversi fattori:

la forza di tensione, ma non la rigidità (stiffness), diminuisce
significativamente con l'età

l'immobilizzazione può causare una riduzione della forza di tensione fino
al 60%

la rotazione interna riduce la forza di tensione fino a circa il 6%; di
conseguenza le forze torsionali sono potenzialmente molto più dannose

l'esercizio può aumentare, sia pur di poco, la forza
Le inserzioni ossee dei legamenti mostrano una complessa interdigitazione di
fibre collagene tra l'osso e il legamento, tra le quali si interpone una zona
transizionale di fibrocartilagine. Questo permette un cambiamento graduale della
rigidità e impedisce la concentrazione delle sollecitazioni in questa regione
(Palastanga et al., 2006).
Durante la flessione il legamento crociato anteriore è responsabile dello
scivolamento del condilo in avanti combinato con un rotolamento verso l'indietro.
Nell'estensione spetta al legamento crociato posteriore la responsabilità dello
scivolamento indietro assieme a un rotolamento verso avanti. I legamenti
collaterali, assieme ai crociati, intervengono a limitare i movimenti di rotazione.
(Pirola, 1996)
30
V
PATOLOGIA DEL LEGAMENTO CROCIATO
ANTERIORE
A) Eziopatogenesi:
Prima di parlare dei meccanismi patogenetici, delineiamo una visione d'insieme
anatomo-funzionale dell'apparato capsulo-legamentoso e delle strutture muscolo
tendinee, che sono già state presentate nel secondo e terzo capitolo, per capire
meglio l'effetto dell'evento traumatico sull'articolazione del ginocchio.

il cosiddetto “pilone” o “pivot centrale”, costituito dai due legamenti
crociati (LCA e LCP)

il “compartimento interno” costituito dalle strutture mediali rappresentate
sopratutto dal legamento collaterale interno (LCI, o mediale quindi LCM),
dal legamento posteriore obliquo (costituito dalla porzione posteromediale della capsula articolare) e dal tendine capsulare del muscolo
31
semimembranoso.
Il legamento posteriore obliquo, il corno posteriore del menisco interno e il
tendine capsulare del muscolo semimembranoso costituiscono il cosiddetto “punto
d'angolo postero-interno” (PAPI).

il “compartimento esterno”, costituito dalle strutture laterali rappresentate
sopratutto dal robusto e cilindrico legamento collaterale esterno (LCE),
nonché dal tendine del muscolo popliteo e dal tendine distale del bicipite
femorale
Il LCE, il corno posteriore del menisco esterno e il tendine del muscolo popliteo
costituiscono il cosiddetto “punto d'angolo postero-esterno” (PAPE).
Gli stretti rapporti che legano tra loro tutte queste formazioni anatomiche rendono
ragione dell'eccezionalità delle loro lesioni isolate a seguito di sollecitazioni
traumatiche. (Morlacchi e Mancini, 2010)
Le lesioni legamentose del ginocchio provocano un danno della stabilità passiva
dell'articolazione e devono pertanto essere considerate e trattate come lesioni
potenzialmente gravi. Sono frequenti come le lesioni meniscali e si verificano
soprattutto in sport di contatto come il calcio, l'hockey su ghiaccio, la pallamano,
il basket, il rugby interessando comunque anche altri sport come lo sci, la
pallavolo e le arti marziali. Le lesioni legamentose possono essere causate da un
contrasto con l'avversario, nel caso di sport di contatto, oppure da movimenti
articolari, come le rotazioni, che eccedono la normale escursione articolare.
Maggiore è lo stress a carico del ginocchio, maggiore sarà il grado di
coinvolgimento dei legamenti. Le lesioni combinate sono in genere il risultato di
un impatto violento. Anche in questo caso maggiore è l'entità dell'impatto, più
32
grave e complicato sarà il danno legamentoso. (Ferrario, 2005)
I meccanismi patogenetici più frequenti sono:

Sollecitazione in valgismo a ginocchio atteggiato in flessione e tibia in
rotazione esterna; (Figura 5.1) La lesione conseguente a un trauma di
questo tipo è simile sia che l’impatto avvenga sul lato esterno del
ginocchio sia che si verifichi sul versante interno del piede, come, per
esempio,
quando
due
giocatori
colpiscono
entrambi
la
palla
contemporaneamente con il lato interno del piede. In tale evenienza si
verifica dapprima l'impegno del LCI e quindi quello del PAPI e del LCA
(la cosiddetta triade malheureuse degli Autori francesi).
Figura 5.1: Sollecitazione in valgismo a ginocchio atteggiato in flessione e tibia in
rotazione esterna.
33
In seguito a un impatto molto violento sul versante esterno del ginocchio si
può rompere infine il LCP. (Morlacchi e Mancini, 2010; Ferrario, 2005)

Sollecitazione in varismo, a ginocchio atteggiato in flessione e tibia in
rotazione interna; (Figura 5.2) La prima struttura che viene sottoposta a
tensione e che può rompersi è il LCE. Quando l'impatto è più violento, il
LCA è sottoposto ad allungamento sino a una sua possibile rottura, (sono
traumi tipici da sport: cambio brusco di direzione, ricaduta da un salto,
impatto contro la superficie mediale del ginocchio etc.) (Morlacchi e
Mancini, 2010; Ferrario, 2005).
Figura 5.2: Sollecitazione in varismo, a ginocchio atteggiato in flessione e tibia in
rotazione interna;
34

Sollecitazione in valgismo, a ginocchio esteso; in questo caso si verifica la
lesione del compartimento mediale, del LCA e del LCP

Sollecitazione in varismo a ginocchio esteso; in questo caso si verifica la
lesione del PAPE, del LCP e del LCA (Morlacchi e Mancini, 2010)

Trauma in iperestensione o iperflessione; molto più rari sono quei
meccanismi che possono provocare la lesione isolata dei legamenti
crociati: così ad esempio, la retropulsione della tibia da trauma sagittale in
corrispondenza dell'epifisi prossimale della tibia stessa, a ginocchio
atteggiato in flessione (trauma da cruscotto), può determinare la lesione
del LCP; mentre l'iperestensione forzata del ginocchio, può causare la
lesione del LCA. Le lesioni dei legamenti crociati possono essere associate
a un danno della capsula articolare posteriore nel PAPE (Morlacchi e
Mancini, 2010; Ferrario, 2005)

Trauma da rotazione senza contatto; un trauma da torsione senza contatto
può avvenire in seguito a una rotazione a piede fermo (quando la punta
della scarpa si impianta nell'erba nell’atto di calciare o nell'atterraggio da
un salto nella pallavolo). Questo tipo di trauma può provocare una lesione
sia meniscale sia legamentosa. La lesione del LCA può conseguire a una
rotazione interna forzata della tibia rispetto al femore. (Ferrario, 2005)
Si possono distinguere distorsioni:

di primo grado:
semplice distensione o distrazione di alcuni fasci dei legamenti interessati

di secondo grado:
lacerazione legamentosa parziale
35

di terzo grado:
lacerazione legamentosa totale o avulsione legamentosa dell'inserzione ossea
Possibile, in tutti i tipi di lesione capsulo-legamentosa del ginocchio, la presenza
di lesioni meniscali. (Morlacchi e Mancini, 2010)
B) Clinica e diagnosi:
Un accurato esame clinico inizia sempre con una precisa valutazione anamnestica,
riferita soprattutto al meccanismo di lesione. Il sintomo immediato soggettivo di
una lesione legamentosa (in particolare di una lesione del pivot centrale) è spesso
rappresentato da una sensazione di scatto o “schiocco” articolare, a volte anche
udibile, accompagnata dalla sensazione che il ginocchio “stia uscendo” di sede;
l'atleta cade a terra in seguito a un’immediata impotenza funzionale, ma succede a
volte, soprattutto nelle lesioni isolate del legamento crociato o dei legamenti
collaterali, che si rialzi e riprenda l’attività.
Un segno importante è anche la sensazione di instabilità immediata del ginocchio
che l'atleta prova nel rialzarsi dopo la caduta, indipendentemente dalla gravità del
dolore. Il dolore infatti può essere grave e duraturo ma anche minimo e
transitorio. La sua localizzazione è generalmente descritta in profondità nel
ginocchio o in qualsiasi punto lungo le strutture legamentose o sulla capsula
articolare, maggiormente in regione anteriore e laterale. Il livello di dolore non è
sempre proporzionale alla gravità della lesione. Per esempio, nelle lesioni
importanti del legamento collaterale mediale il dolore, all’inizio acuto, spesso
scompare in un attimo, mentre nel caso di traumi meno gravi può persistere più a
lungo; ciò porta a sottovalutare la severità della lesione.
36
La tumefazione articolare che si manifesta subito dopo la lesione sotto forma di
versamento endoarticolare (in genere emartro) o di rigonfiamento localizzato in
sede mediale o laterale è di entità variabile.
Nella figura 5.3 sono riportati i principali quadri clinici di lesione dei legamenti
del ginocchio.
Figura 5.3: Caratteristiche cliniche delle lesioni legamentose del ginocchio
Oltre alla diagnosi clinica, devono sempre essere eseguite una radiografia standard
del ginocchio per accertare la presenza di eventuali compromissioni
37
osteoarticolari, la TC e la RM, che permettono la verifica diagnostica, soprattutto
di lesione isolata o combinata, necessaria per l'impostazione del trattamento
definitivo.
Un bilancio articolare conclusivo è effettuato a qualche ora di distanza dal trauma,
dopo il primo trattamento immediato. (Ferrario, 2005)
(Ferrario, 2005)
Per quanto riguarda i tests diagnostici ci limiteremo a descrivere i più usati da
parte delle particolari figure mediche coinvolte nei casi e nei protocolli qui trattati:
a) Test del varo-valgo
La ricerca di lassità inizia con la manovra di stress in varo o in valgo con
ginocchio flesso di 30° - in modo da poter valutare i legamenti collaterali - o
esteso, per valutare lesioni dei punti d’angolo e del pivot centrale.
La valutazione comprende tre stadi:
• stadio l: lesione lieve con apertura della rima articolare fino a 5 mm;
• stadio 2: lesione media con apertura della rima articolare da 5 a 10 mm;
• stadio 3: lesione grave con apertura della rima articolare oltre i 10 mm e
coinvolgimento dei legamenti collaterali e del legamento crociato anteriore (in
valgo) o posteriore (in varo).
(Ferrario, 2005)
b) Test del cassetto anteriore
Si esegue con il ginocchio flesso di 60° e l'esaminatore seduto sull'avampiede del
paziente. Con entrambe le mani si applica una spinta dall’indietro all’avanti in
modo da rendere evidente un'eventuale traslazione anteriore della tibia.
Il test viene eseguito sia in posizione neutra sia in posizione di rotazione interna
38
ed esterna del ginocchio, in modo da mettere in evidenza anche il danno,
rispettivamente, del punto d'angolo posteroesterno (PAPE) e di quello
posterointerno (PAPI). (Ferrario, 2005)
c) Test di Lachman-Trillat
Si esegue con il ginocchio flesso di 30° impugnando con le due mani il femore e
la tibia e applicando la stessa sollecitazione in direzione opposta, dall'avanti
all'indietro e dall’indietro in avanti, in modo da evidenziare un'eventuale
traslazione anteriore della tibia rispetto al femore.
I risultati del test sono classificati secondo il grado di traslazione e il tipo di
arresto che può subire il movimento passivo, così da distinguere i test senza
arresto, che indicano generalmente una lesione completa del legamento crociato
anteriore, da quelli con arresto ritardato stabile, che possono indicare una lesione
incompleta che riguarda uno solo dei fasci del legamento o una detensione del
legamento stesso senza interruzione della struttura. A volte l'arresto in presenza di
lesione completa può essere dovuto a un compenso funzionale delle strutture
periferiche. (Ferrario, 2005)
d) Jerk-test
Si esegue con l'anca flessa di 45° e il ginocchio flesso di 90° nel paziente in
posizione supina. L'esaminatore produce uno stress in valgo spingendo il terzo
superiore della gamba e mantenendo con l'altra mano il piede in rotazione interna.
Intanto l'esaminatore estende passivamente il ginocchio. In caso di positività del
test, nel corso del movimento, a circa 30° di flessione del ginocchio, si avverte
uno spostamento del piatto tibiale che, a estensione quasi completa, si riduce
bruscamente riportando il piede in rotazione esterna. (Ferrario, 2005)
39
e) Pivot-shift test
Ha un significato funzionale simile a quello del Jerk-test. Si esegue con il
ginocchio esteso nel paziente in posizione supina, esercitando una pressione tale
da spingere il ginocchio in valgo. All'inizio della flessione del ginocchio si ha una
sublussazione anteriore dell’emipiatto tibiale laterale, che a circa 30° di flessione
si riduce spontaneamente con uno scatto nettamente percepibile. (Ferrario, 2005)
40
VI
TIPOLOGIE DI TRATTAMENTO
A) Trattamento delle instabilità del ginocchio, generalità
Il trattamento iniziale, sul campo, di una lesione legamentosa acuta del ginocchio
è valido qualunque sia il legamento interessato e consiste nell'applicazione di
ghiaccio in sede locale, bendaggio compressivo, doccia d'immobilizzazione
lievemente flessa, elevazione dall’arto, utilizzo di bastoni canadesi per
camminare. A qualche ora di distanza dal trauma può essere necessaria
un’artrocentesi di svuotamento dell'emartro con rinnovo dell'immobilizzazione.
(Ferrario, 2005)

Trattamento di lesione dei legamenti collaterali.
In caso di lesione parziale del legamento collaterale mediale o di quello esterno si
effettua un bendaggio funzionale, mentre se la lesione è completa si ricorre ai
41
seguenti provvedimenti: tutore d'immobilizzazione fissato a 30° di flessione del
ginocchio per 20 giorni, quindi una ginocchiera con articolarità limitata tra 0 e 90°
di flessione, concessione della normale deambulazione e inizio del lavoro
fisiochinesiterapico di recupero muscolare e propriocettivo e corsa leggera dopo
30 giorni di applicazione del tutore.
A volte, nelle lesioni croniche, può persistere un'instabilità con dolore continuo
mediale, per cui diventa necessario un trattamento chirurgico di ritensione
capsulolegamentosa mediale.

Trattamento di lesione del legamento crociato anteriore
In caso di lesione isolata del LCA, con scarsa sintomatologia dolorosa e scarsa
obiettività, sono consigliati l’uso di una ginocchiera protettiva per 20 giorni,
permettendo la deambulazione libera, e un intervento chirurgico di ricostruzione.
Questo è effettuato su un ginocchio cosiddetto “tranquillo” o “spento”, cioè dopo
la prima fase infiammatoria, quando l'articolarità del ginocchio è completa, non si
ha dolore ed è presente un buon controllo propriocettivo.
Attualmente le ricostruzioni in fase acuta, soprattutto se vi sono lesioni associate
dei legamenti collaterali o dei menischi, non sono più attuate, in quanto possono
residuare limitazioni articolari e sicuramente si determina un allungamento dei
tempi di recupero.
A volte, una lesione cronica isolata del legamento crociato anteriore può persino
essere silente da un punto di vista sintomatologico, non dare instabilità né
cedimenti, soprattutto se si verifica durante la pratica di sport in cui non si hanno
azioni di rotazione del ginocchio. L'intervento chirurgico è comunque consigliato,
perché la lassità articolare presente può portare nel corso degli anni a usura delle
42
componenti intrarticolari, soprattutto meniscali e cartilaginee, con conseguente
necessità tardiva di intervento.

Trattamento di lesione del legamento crociato posteriore
In caso di lesione isolata del LCP si deve valutare attentamente con la RM la zona
lesionata, in quanto una disinserzione ossea dalla spina tibiale posteriore o distale
può rappresentare un'indicazione chirurgica di ricostruzione immediata del
legamento in fase acuta.
In questa situazione la percezione clinica di una lesione parziale o totale è
estremamente difficile, pertanto il trattamento iniziale è simile a quello che si
effettua in caso di lesione del legamento crociato anteriore: immobilizzazione in
tutore per 20 giorni, quindi ripresa della deambulazione con uso di ginocchiera e
spinta posteriore tibiale di correzione del cassetto posteriore per altri 20 giorni e in
seguito riabilitazione adeguata, e molto attenta alla propriocezione, che deve (e
ciò è possibile) compensare lo scivolamento posteriore della tibia sul femore.
Si è visto che alcune lesioni parziali del legamento crociato posteriore a volte
guariscono, essendo questo maggiormente irrorato rispetto al legamento crociato
anteriore (l'apporto ematico deriva da tre arteriole, rami delle arterie genicolate
posteriori). Può permanere, con una certa frequenza, una residua lassità, che
rimane molto spesso compensata per parecchi anni. Sovente, le lesioni del
legamento crociato posteriore, più che instabilità, determinano dolore sotto sforzo,
a causa dell'incongruenza articolare che si viene a creare, rendendosi pertanto
necessaria una ricostruzione chirurgica.
A volte lesioni croniche del legamento crociato posteriore sono compatibili con
attività intense, anche in sport da contatto. La lassità presente comporterà però in
43
prospettiva una degenerazione artrosica del ginocchio lesionato.
(Ferrario, 2005)
Il trattamento chirurgico di lesioni dei legamenti crociati ha avuto inizio negli anni
Settanta con la ricostruzione in fase acuta, seguita da un’immobilizzazione
prolungata e da una rieducazione lunga e difficile.
Negli anni Ottanta si è diffuso l'uso di legamenti artificiali utilizzati come scaffold
su cui in teoria dovrebbero insediarsi le cellule fibrose, o come augmentation cioè
come sostegno a un innesto biologico autologo.
Parallelamente si è sviluppato il concetto di “isometria” dell'impianto del
neolegamento, con ricerca accurata delle aree d'inserzione anatomo-funzionali del
legamento originale.
Attualmente la ricostruzione del legamento crociato anteriore, effettuata in
artroscopia (vale a dire senza apertura della capsula articolare o artrotomia), può
essere praticata attraverso il trapianto autologo di tendine rotuleo (ipsi o
controlaterale), tendini dei muscoli semitendinoso e gracile, e tendine del muscolo
quadricipite femorale, oppure con il trapianto da cadavere di tendine rotuleo o di
tendine calcaneare o con legamenti artificiali.
I legamenti artificiali sono ormai stati ovunque abbandonati e i tendini da
cadavere non sono utilizzabili in Italia per la mancanza di adeguate banche in cui
conservarli.
All'immobilizzazione o all'intervento chirurgico segue sempre un'adeguata
riabilitazione prima della ripresa atletica.
La ripresa dell'attività sportiva agonistica può richiedere tempi lunghi di
44
riabilitazione, soprattutto dopo chirurgia ricostruttiva. Possono essere necessari
dai 6 agli 8 mesi dopo una ricostruzione del legamento crociato anteriore e
un'attesa rigorosa di 12 mesi dopo ricostruzione del legamento crociato posteriore
o in caso di ricostruzione associata dei due legamenti crociati. (Ferrario, 2005)
B) Tipologie di trattamento chirurgico di ricostruzione del
legamento crociato anteriore
Scopo dell'intervento di ricostruzione del legamento crociato anteriore è di dare
stabilità e quindi prevenire l'artrosi precoce. La tecnica più considerata per tanti
anni è stata quella che utilizza il terzo centrale del tendine rotuleo. Si tratta di un
ottimo sistema che dà risultati molto buoni.
Comporta però un sacrificio importante del tendine rotuleo e non è priva di
complicanze precoci e tardive per cui si è preferito considerare un intervento che
fosse in genere meno aggressivo con risultati finali sovrapponibili: dal 1997
hanno cominciato ad usare i tendini del semitendinoso e gracile per ricostruire il
LCA.
Attualmente è considerata la procedura di maggior tendenza in tutto il mondo,
anche se la ricostruzione con il rotuleo viene ancora utilizzata. (Coppola e
Masiero, 2005)
I- La tecnica di ricostruzione con il tendine rotuleo
Si pratica un'incisione cutanea longitudinale dall'apice inferiore della rotula alla
tuberosità tibiale mediana. Raggiunto il tendine rotuleo, salvaguardando il
peritenonio, che poi verrà risuturato, si preleva il terzo centrale della parte
45
tendinea (circa 10 mm) con le corrispondenti bratte ossee monocorticali rotulea e
tibiale per una lunghezza di circa 25 mm mediante l'utilizzo di una sega a lama
oscillante.
L'innesto così ottenuto viene armato prossimalmente con un filo robusto di
materiale non riassorbibile per il trascinamento all'interno della cavità articolare,
distalmente con doppio filo per il tensionamento.
Segue ora il tempo artroscopico dell'intervento: a ginocchio flesso a 90° si
procede utilizzando una guida opportunamente angolata a 55° alla preparazione
del tunnel tibiale in posizione isometrica, tunnel il cui diametro deve
corrispondere alla dimensione della bratta ossea distale.
Utilizzando la direzione di questo tunnel, si introduce una guida femorale
cannulata che permetta l'introduzione di un filo-guida nel punto isometrico
femorale che è appena anteriore e distale alla posizione “over the top”, a ore 13
per il ginocchio sinistro e a ore 11 per il ginocchio destro.
Si prepara quindi con una fresa cannulata il tunnel femorale di lunghezza e
diametro corrispondenti alla pasticca ossea da alloggiare.
Viene quindi introdotto l'innesto e fissato con viti a interferenza o pins transossee. (Coppola e Masiero, 2005)
II- La tecnica di ricostruzione con i tendini dei muscoli semitendinoso e
gracile.
Anche in questo caso si tratta di un intervento effettuato sotto controllo
artroscopico.
Si pratica una piccola incisione in corrispondenza dei tendini della zampa d'oca.
46
Aperta la fascia del sartorio, si isolano e prelevano i tendini del semitendinoso e
gracile. Disinseriti sia prossimalmente che distalmente, con apposito stripper
vengono liberati dai residui muscolari e armati, una volta raddoppiati su loro
stessi, con filo riassorbibile così da renderli più compatti.
Vengono quindi preparati i tunnels tibiale e femorale il cui diametro corrisponde a
quello dell'innesto, e attraverso un sistema guidato si fa passare l'innesto che viene
fissato prossimalmente con due pins in acido polilattico, o con sistema di
ancoraggio corticale al femore e distalmente alla tibia con sistema analogo o viti
riassorbibili in acido polilattico o trifosfato di calcio e polilattico. (Coppola e
Masiero, 2005)
47
VII
PROTOCOLLI
Presentiamo di seguito i protocolli riabilitativi da noi raccolti, evidenziando (in
rosso) il momento di passaggio dalla fase prettamente riabilitativa a quella di
riallenamento.
I- Protocollo fisioterapico in uso presso “Palestra dello Sport di
Bussana - ASL1 Imperiese”
Trattamento nel reparto chirurgico
Immediato post-operatorio (primi giorni)
OBIETTIVI
TRATTAMENTO

Riduzione dolore e infiammazione

Crioterapia

Controllo di postura in estensione

Isometria del quadricipite
del ginocchio

Insegnare a mantenere ginocchio in

Controllo dell'arto nei passaggi
posturali

estensione (anche in stazione eretta)

Insegnare a svolgere i passaggi
Verticalizzazione con concessione
posturali con ginocchio flesso a
carico
circa 20°

CPM
48
Trattamento ambulatoriale
TRATTAMENTO
PRIMA FASE - Prime 4 settimane

Crioterapia

Mobilizzazione passiva (senza
OBIETTIVI

Riduzione dolore e infiammazione

Recupero del ROM (90°-120°)

Abbandono degli ausili
forzare)

Mobilizzazione manuale della
rotula

Allenamento al cammino con ausili

Lavoro isometrico (quadricipite)

Posture per il recupero
dell'estensione

Esercizi per recuperare il ROM
attivo in flessione (tavola di
scorrimento)
(deambulazione
senza
ausili
dopo
3
settimane -se trapianto di tendine rotuleo- e
dopo 4 settimane -se trapianto di doppio
semitendinoso e gracile-; solo se buon
controllo di quadricipite e assenza di
zoppia)
SECONDA FASE - Secondo mese
OBIETTIVI

Recupero ROM completo
TRATTAMENTO

Mobilizzazione passiva e attiva-
49

assistita
Recupero funzione dell'arto in
appoggio

Iniziale recupero di forza muscolare

Iniziale recupero propriocezione

Stimolazione muscolare
(quadricipite)

Cyclette (resistenza e velocità
basse)

Esercizi in catena cinetica chiusa in
non appoggio del peso corporeo
(pedana con resistenze elastiche)

Esercizi in catena cinetica chiusa in
appoggio bipodalico e poi
progressivamente (dal 45° giorno)
monopodalico

Tapis roulant

Tapis roulant a marcia invertita
(allenamento ischio-crurali e del
tricipite)

Step (con appoggio AASS; solo
dopo 30° giorno poiché sollecita la
rotula)
TERZA FASE – Terzo mese
OBIETTIVI
TRATTAMENTO

Rinforzo muscolare selettivo


Recupero propriocezione
con resistenze isotoniche (pressa

Propedeutica alla corsa
isotonica)
Esercizi in catena cinetica chiusa
50

Esercizi in catena cinetica aperta
con resistenze isotoniche (Leg
Extension, rispettando sempre
ultimi gradi di estensione)

Esercizi in catena cinetica chiusa in
appoggio monopodalico
(simulazione passo, pedana
elastica)

Propedeutica alla corsa su tapis
roulant (nella fase finale di questo
periodo)
QUARTA FASE – Quarto mese
TRATTAMENTO
OBIETTIVI

Rinforzo e propriocezione

Rinforzo muscolare

Recupero propriocezione

Ripresa dell'attività di base per il
retta prima su tapis roulant e poi
ritorno all'attività sportiva
(quando svolta correttamente senza
continuano progressivamente

Allenamento alla corsa in linea
compensi) gestita dal paziente
QUINTA FASE – Quinto mese
(inizio fase d'allenamento)
OBIETTIVI

Rinforzo muscolare

Recupero propriocezione

Ripristino del gesto sportivo

Allenamento ai diversi tipi di corsa

Allenamento al salto
51
Sesto mese
(Previa valutazione con test di forza e test
RITORNO ALL'ATTIVITÀ SPORTIVA
funzionali come il “One-Leg Hop Test” salto in lungo monopodalico- il paziente
potrà ritornare a praticare attività sportiva)
II- Protocollo fisioterapico in uso presso “Associazione Calcio
Fiorentina”
Fase Pre-operatoria
OBIETTIVI

TRATTAMENTO
Creare condizioni articolari,

Crioterapia
muscolari e propriocettive

Lavoro isometrico per la muscolatura
ottimali per un miglior recupero

Mobilizzazione passiva e auto-
post-operatorio

assistita
Prevenire l'insorgenza di vizi
posturali e di deambulazione
Fase post-operatoria
Primo mese
OBIETTIVI
TRATTAMENTO

Recupero ROM

Mobilità della rotula e della
si pensa essere la flessione meccanica
cicatrice
di soli 0-100° reali e poiché tende a
Recupero schema del passo e
creare compensi).


Si preferisce non usare CPM (poiché
52
abbandono degli ausili

Recupero tono-trofismo
muscolare

Mobilizzazione passiva (senza
sforzare e sotto la soglia del dolore)

Responsabilizzazione del
paziente


Mobilizzazione auto-passiva e attiva
auto-assistita

Propriocezione statica
Idrochinesiterapia (corsa in acqua e
esercizi attivi con galleggiante)

Esercizi isotonici dell'anca con
resistenze isotoniche e KCE

Esercizi in catena cinetica chiusa su
pedana propriocettiva (gonfiabile in
gomma) in appoggio monopodalico

Stimolazione elettrica (sia durante
esercizi su pedana propriocettiva sia
durante esercizi attivi)

Diversi tipi di camminata (laterali,
ginocchia flesse, indietro, sulle punte)
senza ausili
Secondo mese
OBIETTIVI
TRATTAMENTO

Recupero ROM

Cyclette

Mobilità della rotula e della

Esercizi in catena cinetica chiusa su
cicatrice
pedana elastica e pedana instabile in

Recupero schema del passo
appoggio monopodalico

Recupero tono-trofismo

Camminata in percorso a ostacoli
muscolare

Corsa sul posto senza staccare i piedi

Propedeutica alla corsa

Corsa con correzione dei vizi

Recupero propriocezione
addominale, poi corsa e poi corsa con
dinamica
arresti monopodalici.
dal suolo, poi su pedana elastica


Cammino contro trazione elastica
Esercizi in catena cinetica chiusa in
appoggio bipodalico, in seguito con
carichi progressivi.
53

Lavoro isometrico su pedana
propriocettiva

Idrochinesiterapia

Corsa in linea
Terzo mese
(inizio fase d'allenamento)
OBIETTIVI
TRATTAMENTO

Rinforzo muscolare


Pliometria
poi in monopodalico e con

Recupero attività sportiva di base
mantenimento isometrico della

Corsa (varianti)
posizione d'arrivo

Recupero propriocezione per il

Balzi di diversi tipi in bipodalico e
Esercizio per il gesto specifico
(calcio) su pedana instabile
gesto specifico
(gonfiabile in gomma)

Esercizi in catena cinetica chiusa in
appoggio monopodalico e poi con
carichi progressivi.

Esercizi su scalini (corsa e saltelli in
salita)

Esercizi con la palla
Quarto Mese
OBIETTIVI
TRATTAMENTO

Corsa

Continua come sopra

Cambi di direzione

Esercizi con macchina isocinetica

Aumento forza

Stretching e esercizi eccentrici

Recupero ottimale del gesto

Recupero capacità motorie

Prevenzione di piccoli infortuni
possibili con il ritorno all'attività
agonistica (mantenimento forza,
54
propriocezione e flessibilità)

Favorire la stabilità ottimale
dell'innesto
Valutazione pre-rientro

Test di forza (isocinetico e balzo)

Test propriocettivo (pedana
computerizzata)

Test della corsa

Test con palla

KT1000 (Chirurgo)
III- Protocollo fisioterapico in uso presso “Gruppo Medico
Isokinetic di Bologna”
Prima settimana
Programma di autotrattamento a casa:
OBIETTIVI
TRATTAMENTO

aumento ROM

riposo, crioterapia e elevazione

diminuzione edema e dolore

esercizi per il recupero del ROM
attivo e passivo

stimolazione elettrica (quadricipite
femorale a ginocchio in completa
estensione)
(deambulazione con due stampelle)
55
Seconda settimana
Inizio programma riabilitativo
(dall'8° al 17° giorno)
(2 sedute al giorno per 5 giorni a settimana e
una seduta il Sabato mattina):
OBIETTIVI

aumento ROM (recupero
TRATTAMENTO

estensione)
Riscaldamento con cyclette con
sellino basso

aumento forza muscolare

Posture per il recupero dell'estensione

diminuzione edema e dolore

Cocontrazioni attive degli estensori e
dei flessori del ginocchio, dei flessori
e degli abduttori dell'anca

Isometria per gli adduttori

Mobilizzazione attiva da 45° a 0

Esercizi in catena cinetica chiusa in
modalità eccentrica in non appoggio
del peso corporeo (Leg Press con
elastici)

Massoterapia

Crioterapia
(Criteri per il proseguimento:
(dal 15° giorno deambulazione con una
non dolore, non aumento dell'edema,
stampella)
aumento del ROM)
Terza e quarta settimana
(oltre ai già citati)
(dal 18° al 29° giorno)
OBIETTIVI

aumento ROM (recupero
TRATTAMENTO

estensione)

aumento forza muscolare

diminuzione edema e dolore

recupero propriocezione
Riscaldamento con cyclette, stepper e
treadmill

Esercizi in catena cinetica aperta (Leg
Extention con carico, da 45° a 0)

Pedana instabile in appoggio
bipodalico
56

Idrochinesiterapia (cammino,
est/flex/ab/ad dell'anca senza e poi
con galleggiante, leg press con
galleggiante, corsa in acqua profonda)
(rimozione punti)
(dal 24° giorno deambulazione senza
stampelle)
Dal 30° al 42° giorno (2° mese)
(oltre ai già citati)
OBIETTIVI

aumento ROM (recupero
TRATTAMENTO

flessione)
Riscaldamento con camminata e poi
corsa su treadmill; stepper

aumento forza muscolare


diminuzione edema e dolore
scorrimento e scivolamento sul muro)

recupero propriocezione
e attiva-assistita per il recupero della

Propedeutica alla corsa
flessione

Mobilizzazione attiva (tavola di
Esercizi in catena cinetica chiusa in
appoggio monopodalico (Leg press
con elastici)

Pedana instabile in appoggio
monopodalico e tappetino elastico

Idrochinesiterapia (nuoto a dorso,
(Criteri per il proseguimento in campo:
stretching, stile libero con tavoletta,
non dolore, non edema, ROM completo,
esercizi con galleggianti, salti laterali
forza degli estensori almeno 80% dei
e in avanti, corsa in acqua profonda e
controlaterali).
poi in acqua bassa)
Dal 43° al 59° giorno (2° mese)
(oltre ai già citati)
OBIETTIVI
TRATTAMENTO

aumento ROM

Stretching

aumento forza muscolare

Leg Extention (progressivamente fino
57

diminuzione edema e dolore

recupero propriocezione

Recupero della corsa
a 45 kg)

Lavoro con macchina isocinetica per
l'estensione del ginocchio

Stimolazione elettrica

Esercizi per il corretto schema della
corsa

Corsa (lenta in campo, in cerchio,
cambiamenti di direzione, scatti,
decelerazioni, stop e ripartenze, corsa
su soglia anaerobica)
(termine lavoro in piscina e inizio lavoro in
campo)
Dal 60° al 72° giorno (3° mese)
(oltre ai già citati)
(inizio fase d'allenamento)
OBIETTIVI

aumento forza muscolare

recupero propriocezione

ritorno all'attività sportiva

recupero livello agonistico d'élite

recupero gesto specifico
Dal 73° al 90° giorno (fine 3° mese)
TRATTAMENTO

(individuale e con la squadra)

aumento forza muscolare

recupero propriocezione

partecipazione a competizione
ufficiale
Pliometria (esercizi per il gesto
sportivo del calcio)
(oltre ai già citati)
OBIETTIVI

Corsa e allenamento con la palla
TRATTAMENTO

Leg Press (con resistenze isotoniche
progressive)

Progressiva partecipazione a partite
ufficiali
58
(Criteri per il ritorno alle competizioni
ufficiali: mancanza di sensazione di
instabilità da parte del soggetto, recupero
completo del gesto sportivo, valore
all'esame con KT1000 minore di 2 mm di
differenza con il controlaterale, soglia
aerobica maggiore di 11 km/h, soglia
anaerobica maggiore di 13.5 km/h e una
differenza nell'estensione isometrica tra i
due lati minore del 10% a 80° di flex.)
(Roi GS et al., 2005)
IV- Protocollo fisioterapico in uso presso “Real Racing Club de
Santander”
Prima Settimana
(Immobilizzazione in ginocchiera bloccata in
estensione)
OBIETTIVI
TRATTAMENTO

Protezione

Lavoro isometrico (quadricipite)

Mantenimento articolare e

Mobilizzazione attiva della tibio-
muscolare delle articolazioni non
tarsica e dell'anca
lese

Recupero capacità contrattile
della muscolatura estensoria
(quadricipite)
59
Seconda Settimana
(Rimozione ginocchiera)
(Rimozione punti in 11a giornata)
OBIETTIVI
TRATTAMENTO

Trattamento dolore e edema

Crioterapia

Recupero del ROM

Tens

Deambulazione con due bastoni

Lavoro isometrico (quadricipite)
canadesi

Mobilizzazione passiva (no CPM)
Recupero capacità contrattile

Posture per il recupero dell'estensione
della muscolatura estensoria

Stimolazione elettrica (quadricipite)

(quadricipite)
poi anche abbinata a mobilizzazione
attiva

Ultrasuoni

Stretching

Addestramento alla deambulazione
con due canadesi (solo se il paziente
riesce a riprodurre il normale schema
del passo; si posticipa se presenta
zoppia)
Terza Settimana
Inizio trattamento presso l'ambulatorio della
mutua (con piscina) al mattino e con il team
riabilitativo della squadra nel pomeriggio
OBIETTIVI
TRATTAMENTO

Trattamento dolore e edema

Recupero ROM

Rinforzo selettivo muscolatura

Crioterapia
flessoria

Tens
Iniziale rinforzo muscolatura

Mobilizzazione passiva
estensoria

Posture per il recupero dell'estensione

Mobilizzazione rotula

Esercizi attivi degli ischio-crurali


Idrochinesiterapia (cammino, flessoestensione e stretching)
contro resistenza
60

Mobilizzazione attiva in estensione
(tavola di scorrimento)

Stimolazione elettrica

Ultrasuoni

Stimolazione elettrica + estensione
attiva fino a 40°

Esercizi in catena cinetica chiusa su
pedana (resistenze elastiche)

Quarta settimana
Cyclette
Continuano le due sedute giornaliere in
piscina e in palestra con il team riabilitativo.
OBIETTIVI
TRATTAMENTO

Trattamento dolore e edema


Recupero ROM

Rinforzo muscolare

Crioterapia

Abbandono ausili

Mobilizzazione passiva

Mobilizzazione rotula

Ultrasuoni

Stimolazione elettrica

Esercizi in catena cinetica chiusa su
Idrochinesiterapia (cammino, flessoestensione e stretching)
pedana (resistenze elastiche)

Cyclette

Addestramento a deambulazione
senza ausili

Esercizi in catena cinetica chiusa su
pedana con carichi progressivi (Leg
Press) in bipodalico

Estensione attiva contro carico
leggero in catena cinetica aperta
61
Continuano le due sedute giornaliere in
Secondo mese
piscina e in palestra con il team riabilitativo
OBIETTIVI
TRATTAMENTO

Recupero ROM completo


Rinforzo muscolare

Correzione vizi dello schema del

Crioterapia
passo

Mobilizzazione passiva

Recupero propriocezione

Ultrasuoni

Rinforzo muscolare generale

Stimolazione elettrica

Cyclette

Leg Press in bipodalico

Estensione attiva contro carico
Idrochinesiterapia (cammino, flessoestensione e stretching)
leggero in catena cinetica aperta

Allenamento schema del passo
ottimale

Esercizi in catena cinetica chiusa in
bipodalico con appoggio del peso
corporeo

Esercizi di rinforzo e mantenimento
generale
Continuano le due sedute giornaliere in
Terzo mese
piscina e in palestra con il team riabilitativo
OBIETTIVI

Rinforzo muscolare

Recupero propriocezione

Recupero della corsa
TRATTAMENTO

Idrochinesiterapia (cammino, flessoestensione e stretching)

Crioterapia

Mobilizzazione passiva

Ultrasuoni

Stimolazione elettrica

Cyclette

Leg Press in bipodalico
62

Estensione attiva contro carico
leggero in catena cinetica aperta

Esercizi su pedana instabile e pedana
propriocettiva prima in appoggio
bipodalico e poi monopodalico

Esercizi di rinforzo e mantenimento
generale

Versapulley *

Yo-Yo **

Corsa su tapis roulant e leggera
all'aperto
Quarto mese
Solo una seduta giornaliera in palestra con il
(inizio fase d'allenamento)
team riabilitativo
OBIETTIVI
TRATTAMENTO

Rinforzo muscolare

Crioterapia

Corsa

Mobilizzazione passiva

Ultrasuoni

Stimolazione elettrica

Cyclette

Leg Press in bipodalico

Estensione attiva contro carico
leggero in catena cinetica aperta

Esercizi su pedana instabile e pedana
propriocettiva in appoggio
monopodalico

Esercizi di rinforzo e mantenimento
generale

Versapulley *

Yo-Yo **

Corsa su tapis roulant

Corsa leggera in campo (con scarpe
da ginnastica normali)
63
Solo una seduta giornaliera in palestra con il
Quinto mese
team riabilitativo
OBIETTIVI
TRATTAMENTO

Rinforzo muscolare

Crioterapia

Corsa

Mobilizzazione passiva

Ripresa del gesto specifico del

Ultrasuoni
calcio

Stimolazione elettrica

Cyclette

Leg Press in bipodalico

Estensione attiva contro carico
leggero in catena cinetica aperta

Esercizi su pedana instabile e pedana
propriocettiva in appoggio
monopodalico

Esercizi di rinforzo e mantenimento
generale

Versapulley *

Yo-Yo **

Corsa su tapis roulant

Corsa in campo (con scarpe da calcio
con tacchetti) (scatti, skip alto, cambi
di direzione)

Esercizi con la palla
Sesto mese
OBIETTIVI

Ritorno all'attività agonistica
TRATTAMENTO

Continuano gli esercizi di rinforzo
analitico e globale

Corsa e esercizi con il resto della
squadra

Prima partita ufficiale
*Versapulley: La resistenza che viene fornita dalla macchina è di tipo reattivo concentrico (durante
64
le inversioni di ciclo), eccentrica, pliometrica causate dalla rapidità massimale che si può
raggiungere nelle spinte prodotte e con decelerazioni repentine, tipiche di tutti gli sport di squadra e
in quelli multi-direzionali.
**YOYO: durante la fase concentrica dell’esercizio, il muscolo viene contratto con la massima forza
possibile tirando una cinghia arrotolata sull’asse del volano, mettendolo in rotazione ad alta
velocitá. La cinghia ha una lunghezza tale da essere completamente svolta alla fine del movimento.
Per via della propria inerzia, il volano continua a ruotare riavvolgendo la cinghia nel senso opposto,
tirando a sé l’arto e iniziando la successiva fase eccentrica. Dopo una blanda resistenza iniziale, il
soggetto inizia a frenare tirando la cinghia fino a completo arresto del volano.
V- Protocollo fisioterapico in uso presso “Association Sportive de
Monaco Football Club”
Dal 1° al 3° giorno
(Ginocchiera bloccata in estensione giorno e
notte)
OBIETTIVI

TRATTAMENTO
Gestione della ginocchiera e della

Posizione declive
posizione declive

Crioterapia
Trattamento dolore e

Mobilizzazione della tibio-tarsica
infiammazione

Isometria (quadricipite)

Recupero ROM

Mobilizzazione del ginocchio con

Addestramento alla

deambulazione con ausili

CPM

Iniziale recupero capacità
contrattile muscolare
Esercizi
di
flessione
attiva
del
ginocchio

Cocontrazioni
di
quadricipite
e
65

ischio-crurali
Mantenimento articolaremuscolare delle articolazioni sane

Deambulazione con carico concesso,
con
ginocchiera
e
due
bastoni
canadesi
(Rimozione del drenaggio)
3° giorno
(Utilizzo di contenzione elastica)
OBIETTIVI
TRATTAMENTO

Come sopra

Posizione declive

Promozione di guarigione dei

Crioterapia
tessuti

Mobilizzazione della tibio-tarsica

Isometria (quadricipite)

Mobilizzazione con CPM

Mobilizzazione rotula

Mobilizzazione attiva dell'anca (con
protezione della ginocchiera)

Flessione
attiva-assistita
del
ginocchio

Cocontrazioni
di
quadricipite
e
ischio-crurali

Deambulazione con carico concesso,
con
ginocchiera
e
due
bastoni
canadesi
Continua come sopra
4° e 5° giorno
OBIETTIVI

Come sopra

Promozione di guarigione dei
tessuti

Addestramento a salita e discesa
delle scale
TRATTAMENTO

Rimozione ginocchiera a letto (solo
durante il giorno)

Allenamento alla salita e discesa delle
scale
(La ginocchiera viene rimossa alla fine della
prima settimana)
66
Fino al 45° giorno
(Abbandono dei bastoni canadesi e
deambulazione libera tra la quarta e la sesta
settimana se buon controllo del quadricipite e
non zoppia)
OBIETTIVI

TRATTAMENTO
Trattamento dolore e

Crioterapia
infiammazione

Isometria

Recupero ROM

Mobilizzazione rotula

Addestramento alla

Mobilizzazione
deambulazione senza ausili
passiva
e
attiva-
assistita

Rinforzo muscolare

Recupero propriocezione
bipodalico e poi in monopodalico con

Educazione del pz. ad evitare
carichi progressivi
movimenti di rotazione, di


iperestensione e flessione
violenta
Esercizi in catena cinetica chiusa in
Lavoro propriocettivo in appoggio
bipodalico in catena cinetica chiusa

Lavoro
propriocettivo
su
pedana
instabile in bipodalico e poi in
monopodalico

Cyclette

Idrochinesiterapia (nuoto solo a dorso
con pinne)
Fino al 90° giorno
OBIETTIVI

Recupero ROM completo

Rinforzo muscolare

Recupero propriocezione

Iniziale recupero del gesto

TRATTAMENTO

Esercizi in catena cinetica aperta con
carico distale progressivo

Lavoro
propriocettivo
su
pedana
instabile in monopodalico
sportivo specifico

Esercizi pliometrici
Recupero del gesto del salto

Cyclette

Salti (con corda e laterali)

Idrochinesiterapia (nuoto con pinne)
67
(Il 90° giorno si effettua il primo test
isocinetico)
Quarto mese
OBIETTIVI
TRATTAMENTO

Rinforzo muscolare

Recupero propriocezione

Iniziale
recupero

Esercizi in catena cinetica aperta con
carico distale progressivo
del
gesto

Lavoro
propriocettivo
su
pedana
(nuoto
senza
instabile in monopodalico
sportivo specifico

Recupero del gesto del salto

Esercizi pliometrici

Recupero della corsa

Salti (con corda e laterali)

Cyclette

Corsa in linea

Idrochinesiterapia
pinne)
Quinto mese
(inizio fase d'allenamento)
OBIETTIVI
TRATTAMENTO

Rinforzo muscolare

Recupero propriocezione

Recupero
del
gesto

Continuano gli esercizi della fase
precedente con incremento
sportivo

Esercizi sport-specifici
specifico

Recupero del gesto del salto

Recupero della corsa

Riallenamento allo sforzo
68
(Si effettua il secondo test isocinetico)
Sesto mese
OBIETTIVI

Recupero
TRATTAMENTO
funzione
di
perno

Esercizi in rotazione
dell'arto inferiore in gesti sportivi
di rotazione

Ritorno all'attività sportiva senza
limitazioni (talvolta può avvenire
nel quinto mese)
A 12 mesi
(Si effettua il terzo test isocinetico)
69
VIII
DISCUSSIONE
Nel commentare i protocolli fin qui presentati, inizieremo a estrapolarne i tratti
fondamentali, cioè quelle tappe, in termini di tempistiche e obiettivi raggiunti, che
ci forniscono un quadro d'insieme del progetto riabilitativo e della sua efficacia
sul paziente e sul recupero della funzione.
Commento del protocollo fisioterapico in uso presso “Palestra dello
Sport di Bussana - ASL1 Imperiese”
IMMOBILIZZAZIONE:
A discrezione dell'ortopedico (l'ambulatorio riceve
pazienti operati da diversi chirurghi e quindi con
differenti tecniche).
INIZIO DEL
TRATTAMENTO
RIABILITATIVO:
A discrezione dell'ortopedico (tra i 2 e i 10 giorni,
quindi in base alla fase di protezione voluta
dall'ortopedico).
CARICO:
Concessione del carico in prima giornata
postoperatoria e deambulazione con due bastoni
canadesi. I bastoni vengono abbandonati
solitamente in 3ª settimana nel caso di trapianto
con tendine rotuleo e in 4ª settimana nel caso di
trapianto con doppio semitendinoso e gracile (solo
70
se il controllo del quadricipite è buono e non vi è
zoppia).
INIZIO DEL RINFORZO
MUSCOLARE:
Il rinforzo della muscolatura estensoria inizia dopo
60 giorni con lavoro isotonico. Precedentemente
(già nel secondo mese) si è iniziato il rinforzo
isotonico dei muscoli flessori.
INIZIO ESERCIZI
PROPRIOCETTIVI:
Nel secondo mese si effettuano esercizi in
appoggio bipodalico e dopo il 45° giorno in
appoggio monopodalico. Nel terzo mese si passa
al lavoro monopodalico su una pedana instabile.
INIZIO CORSA:
Il lavoro propedeutico su tapis roulant inizia alla
fine del terzo mese; nel quarto si passa alla corsa
in linea, gestita autonomamente dal paziente, solo
nel momento in cui è svolta correttamente e senza
compensi.
INIZIO DEL RECUPERO
DEL GESTO SPORTSPECIFICO
Nel quinto mese (lavoro non eseguito in
ambulatorio).
71
RITORNO ALL'ATTIVITÀ
SPORTIVA AGONISTICA
Non prima del sesto mese e una volta recuperate, a
livello ottimale, le abilità di base (corsa e salto) e
il gesto sportivo specifico.
Il trattamento riabilitativo inizia quindi dai 2 ai 10 giorni dopo l'intervento in base
a quanto prescritto dall'ortopedico.
In concomitanza viene svolta la visita fisiatrica post-intervento.
Le macchine per la mobilizzazione passiva (CPM = Continuous Passive Motion)
nell'immediato post-operatorio vengono solitamente utilizzate ma, essendo
oggetto di numerose controversie (Brach e Goitz, 2006) riguardanti l'effetto che
possono avere sul dolore e sull'edema, se non sono tollerate dal paziente, vengono
sostituite da mobilizzazione manuale passiva.
Secondo alcuni studi, infatti, la CPM ridurrebbe dolore e edema essendo anche
una scelta più economica rispetto a un trattamento manuale (Grumbine et al,
1990; Worland et al, 1998; O'Driscoll, 2000), mentre secondo altri la CPM non
produrrebbe risultati migliori in termini di recupero del ROM e risoluzione di
edema e dolore (Denis et al, 2006).
Si tenderà comunque a sostituirla con una mobilizzazione manuale passiva quanto
più presto possibile.
Quest'ultima non dovrà mai avvenire in maniera forzata e dovrà rispettare sempre
la soglia del dolore.
Il trattamento fisioterapico in ambulatorio dura dai primi giorni post-intervento
fino al recupero dell'attività sportiva di base e quindi della corsa; in seguito il
percorso di guarigione e di ritorno alla condizione pre-trauma continua per il
72
paziente, ma al di fuori dell'ambito sanitario-fisioterapico divenendo di interesse
unicamente sportivo.
Ecco che anche la ripresa del gesto specifico inizia quando si passa alla fase di
allenamento.
Questa fase sarà gestita autonomamente dal paziente o da chi si occupa della sua
preparazione atletica fino al momento in cui il paziente tornerà a praticare l'attività
sportiva nella sua completezza.
Questo protocollo servirà alla nostra discussione come metro di paragone.
Commento del protocollo fisioterapico in uso presso “Associazione
Calcio Fiorentina”
IMMOBILIZZAZIONE:
Nessuna
INIZIO DEL
TRATTAMENTO
RIABILITATIVO:
In prima giornata post-intervento
CARICO:
Deambulazione con concessione del carico e con
l'aiuto di due bastoni canadesi che saranno
abbandonati gradualmente nel corso del primo
mese. Intanto si allena lo schema del passo nei
diversi tipi di camminata in modo da arrivare a
fine primo mese senza i bastoni e con l'abilità della
camminata acquisita.
73
INIZIO DEL RINFORZO
MUSCOLARE:
Nel secondo mese lavoro isotonico sia per la
muscolatura flessoria che per quella estensoria.
INIZIO ESERCIZI
PROPRIOCETTIVI:
Nel primo mese in appoggio monopodalico.
INIZIO CORSA:
Propedeutica alla corsa all'inizio del secondo mese
passando gradualmente all'allenamento alla corsa
nello stesso mese.
INIZIO DEL RECUPERO
DEL GESTO SPORTSPECIFICO
Nel terzo mese.
RITORNO ALL'ATTIVITÀ
SPORTIVA AGONISTICA
Dall'inizio del 5° mese in poi, quando la
valutazione pre-rientro (forza, propriocezione,
stabilità) lo permette.
Il lavoro pre-operatorio che viene svolto in questo protocollo, aiuta innanzitutto a
formare o migliorare il rapporto terapista\paziente e a far prendere coscienza al
paziente di quello che sarà il lavoro da effettuare in seguito all'intervento, oltre
che ad una preparazione delle condizioni articolari, muscolari e propriocettive per
affrontare al meglio la fase di recupero. Queste componenti aiutano anche a
prevenire l'insorgenza di vizi della postura e della deambulazione.
Per quanto riguarda la CPM, il team riabilitativo preferisce non utilizzarla, poiché
è pensiero comune che la macchina porti il paziente a creare compensi e che, per
questo motivo, il range di movimento effettivamente impresso sia da 0 a 100° e
74
non maggiore.
Alla luce di questo, nei primi giorni post-intervento si lavora con mobilizzazioni
passive manuali che non dovranno essere forzate né dolorose.
La mobilizzazione passiva viene al più presto sostituita con movimenti
inizialmente passivi auto-assistiti e, in seguito, attivi auto-assistiti in modo che il
paziente possa inserirli in uno schema cinestesico seguendo, cioè, il proprio senso
del movimento. Il terapista, in questa fase, ha il compito di correggere il
movimento e di far sì che il paziente ponga attenzione alle sensazioni che da esso
gli arrivano.
Il programma è impostato dal team riabilitativo sottolineando maggiormente la
funzione del gesto piuttosto che il recupero della forza muscolare che, sarà
certamente allenata, ma in quanto necessaria per svolgere al meglio la funzione
richiesta.
Per migliorare sempre più il rapporto terapista\paziente del quale abbiamo parlato
poche righe sopra, il terapista incita il paziente a focalizzarsi su obiettivi a
brevissimo termine, in modo che l'idea di un obiettivo a lungo termine, che sarà
raggiunto in un lasso di circa 6 mesi, non lo spaventi e non vada così a
comprometterne il tono umorale e la compliance.
Si cerca poi di responsabilizzare il paziente condividendo con lui anche la
spiegazione del lavoro da effettuare.
Un aspetto importante, direi fondamentale per la nostra discussione, è la parte di
questo trattamento che viene svolta in ambiente acquatico (la stessa cosa avviene
anche negli altri protocolli e per questo ne parleremo meglio più avanti).
Un altro punto fortemente sottolineato dal team riabilitativo nel progetto, riguarda
75
gli stimoli, i quali devono essere sempre diversi e proposti in maniera progressiva
secondo un collegamento consequenziale, in modo da proporre uno stimolo nuovo
solo quando sia stato acquisito quello precedente.
Ad esempio il criterio usato in questo protocollo per il recupero della corsa è il
seguente: dalla deambulazione con stampelle a quella senza, dalla camminata alla
corsa in acqua, dalla corsa in acqua alla corsa in palestra, dalla corsa lenta alla
corsa veloce, dalla corsa in linea ai cambi di direzione fino alla corsa con la palla.
Commento del protocollo fisioterapico in uso presso “Gruppo Medico
Isokinetic di Bologna”
IMMOBILIZZAZIONE:
Nessuna.
INIZIO DEL
TRATTAMENTO
RIABILITATIVO:
8 giorni dopo l'intervento.
CARICO:
Subito dopo l'intervento deambulazione con
bastoni canadesi con carico concesso; dal 15°
giorno si passa alla deambulazione con un bastone
canadese per poi abbandonarli in 24ª giornata.
INIZIO DEL RINFORZO
MUSCOLARE:
Inizio lavoro isotonico per la muscolatura
estensoria e per quella flessoria in terza settimana.
76
INIZIO ESERCIZI
PROPRIOCETTIVI:
Terza settimana esercizi in appoggio bipodalico su
pedana instabile, poi in monopodalico nel secondo
mese.
INIZIO CORSA:
Dall'inizio del secondo mese
INIZIO DEL RECUPERO
DEL GESTO SPORTSPECIFICO
Dopo 60 giorni (terzo mese)
RITORNO ALL'ATTIVITÀ
SPORTIVA AGONISTICA
A due mesi e mezzo dall'intervento (77ª giornata)
Questo protocollo è stato “scolpito” su un preciso caso clinico e per la sua
specificità andremo a descriverlo prima del commento.
Presentazione del caso:
Il paziente è un calciatore (attaccante) di 35 anni che ha subito una lesione isolata
completa del LCA sinistro nella metà della stagione 2001-2002.
Era candidato per un posto nella Nazionale Italiana per i Mondiali che si
sarebbero giocati 135 giorni dopo la sua lesione e, solo se avesse dimostrato di
poter tornare a giocare al massimo livello, sarebbe stato selezionato.
Il paziente subì un intervento di ricostruzione in artroscopia con trapianto di
doppio semitendinoso e gracile (variante “over the top”), 4 giorni dopo la lesione.
Otto giorni dopo l'intervento, il paziente iniziò la riabilitazione al ritmo di 2 sedute
al giorno, 5 giorni a settimana più una seduta il Sabato mattina.
Queste sedute erano svolte in piscina per gli esercizi acquatici, in una palestra per
77
esercizi di flessibilità, coordinazione e forza e in campo per il recupero delle
abilità tecnico-tattiche, con monitoraggio continuo dell'intensità.
La tecnica chirurgica e il programma riabilitativo permisero al paziente di giocare
20 minuti di una partita ufficiale di “Serie A” a 77 giorni dall'intervento e una
partita intera a 90 giorni.
Nei 18 mesi successivi all'intervento il paziente aveva disputato 62 partite di
“Serie A”, segnando 26 volte e senza ricevere ulteriori trattamenti per il
ginocchio.
Valutazione funzionale, 8 giorni dopo l'intervento:
Il paziente presentava residuo di versamento, dolore con punteggio 3 su scala da 1
a 10 solo ai flessori del ginocchio, ROM in Flesso-estensione 80°-10°-0.
Ginocchio non immobilizzato in tutore e deambulazione con stampelle con carico
parziale.
Il paziente è stato rivalutato anche l'undicesimo giorno dopo l'intervento e poi con
cadenza settimanale, esaminando sempre versamento, ROM, dolore e funzione.
Valutazione funzionale, 90 giorni dopo l'intervento:
ROM completo, la forza isometrica del quadricipite femorale era il 95% del
controlaterale, nessuna instabilità registrata, la differenza all'esame con KT1000
da lato a lato era minore di 2 mm e al test del salto, prima con i due arti inferiori,
poi con quello non interessato e infine con quello interessato, non vi era differenza
nell'altezza del salto (0.20 m) né nel tempo del salto (0.4 sec.) tra i due arti.
Valutazione funzionale, 18 mesi dall'intervento:
il test isocinetico rivelava un valore 103% del quadricipite e un valore 102% degli
ischiocrurali rispetto ai controlaterali e il test con KT2000 (massima forza
78
manuale) era di 6.5 mm sul lato interessato rispetto ai 6 mm del lato non
interessato.
Commento:
Il ritorno alle competizioni più veloce e sicuro possibile di un atleta
professionista, dopo ricostruzione di legamento crociato anteriore, è l'obiettivo dei
team riabilitativi di ogni sport. La pressione per far tornare un atleta professionista
d'élite al livello competitivo prelesionale, è immensa.
L'atleta, essendo un professionista, permette una più frequente e intensa
riabilitazione (più ore al giorno) per facilitare il ritorno al gioco.
Un'accelerazione indiscriminata della riabilitazione può essere pericolosa. Ad ogni
modo, nella medicina sportiva, la risposta alla domanda “quanto presto potrà
tornare a giocare?” deve sempre essere “tanto veloce quanto più in sicurezza
possibile.”
Mentre non c'è consenso di opinioni circa le tempistiche, le tecniche chirurgiche e
i protocolli riabilitativi dopo rottura di LCA, molti studi dimostrano che precoci,
accelerati e progressivi protocolli riabilitativi non influenzano in maniera avversa
il recupero funzionale (Roi et al., 2005).
Un aspetto fondamentale di questo programma è stata l'attenzione nel mantenere
un livello di forma compatibile con la capacità di giocare a calcio ad alto livello.
Le sedute di riabilitazione in campo erano della durata di 2 ore e venivano svolte
senza ginocchiera protettiva e monitorate con cardiofrequenzimetro.
La progressione del trattamento è stata impostata in base a costanti rivalutazioni
medico-fisioterapiche e a tests da sforzo.
79
Dal suo ritorno all'attività agonistica il paziente aveva giocato 62 partite di Serie A
segnando 26 volte; benché questi dati sportivi non siano importanti dal punto di
vista riabilitativo-sanitario, sono importanti per la nostra discussione, poiché ci
dimostrano come i forti interessi sportivo-economici possano spingere un'equipe
riabilitativa e un paziente a dimezzare letteralmente le tempistiche classiche del
progetto riabilitativo, per ottenere un risultato concreto in termini di vittorie
sportive e fatturato, anche andando contro ai tempi fisiologici di guarigione dei
tessuti e di legamentizzazione.
Nella discussione finale dell'articolo dal quale abbiamo tratto questo caso e il suo
protocollo, l'autore scrive:
“Anche se l'intensità della riabilitazione qui descritta può essere possibile solo
con un individuo che ha le risorse (tempo e denaro) da investire in accessi
illimitati alle strutture e al personale riabilitativo, molto di ciò che è stato
presentato ha un impatto sulla discussione circa il carico ottimale del trapianto e
la riabilitazione post-ricostruzione di LCA in generale”.
Viene così sottolineato il problema della questione e cioè che le tempistiche, le
attrezzature e le intensità del trattamento descritto sono fortemente elitarie e
costose e spesso a disposizione solo di società calcistiche di alto livello.
E ancora, scrive:
“L'atleta è stato sottoposto a ricostruzione meno di una settimana dopo la lesione.
Benché ci siano controversie sulla tempistica della ricostruzione del LCA in
seguito alla lesione (come abbiamo già menzionato nel capitolo II), la
ricostruzione precoce è spesso attuata negli atleti professionisti nei quali siano
presenti poco versamento, estensione completa del ginocchio e la capacità di
80
camminare senza zoppia. In questa situazione la riabilitazione può proseguire
bene e la ricostruzione precoce non preclude un recupero accelerato.
Inoltre l'atleta presentava 8 giorni dopo la chirurgia un residuo di versamento e,
una settimana dopo, il ROM era 115°-0.
Questo sottolinea un importante tema di questa discussione: i criteri oggettivi,
anziché programmi specifici, dovrebbero guidare la presa di decisioni cliniche.
Questo atleta aveva la capacità di progredire velocemente.
Altri, con lesioni più severe o con lesioni che si riacutizzano all'aumentare del
carico, possono richiedere più tempo per la progressione del programma.
Progressioni basate sulle tempistiche, invece che sui criteri clinici, ignorano le
differenze interpersonali.
Questo atleta ha avuto una lesione isolata del LCA … e questi risultati non
dovrebbero essere generalizzati insieme a lesioni più complicate.
In aggiunta, vi è una variabilità individuale nel rispondere ai processi di
guarigione e ai protocolli riabilitativi.
Il precoce ritorno all'attività competitiva ufficiale può anche essere stato il
risultato di due fattori: la forma fisica dell'atleta/stato del ginocchio prima della
chirurgia e il suo stato d'animo/ preparazione mentale alla chirurgia e alla
riabilitazione.
Questo giocatore professionista è stato impegnato nel campionato di Serie A per
tanti anni allenandosi 5 giorni a settimana per 11 mesi all'anno.
Il paziente era anche fortemente motivato a tornare precocemente a giocare.”
(Roi et al., 2005)
81
Commento del protocollo fisioterapico in uso presso “Real Racing Club
de Santander”
IMMOBILIZZAZIONE:
Tutore bloccato in estensione (o valva gessata) per
tutta la prima settimana.
INIZIO DEL
TRATTAMENTO
RIABILITATIVO:
Appena rimosso il presidio di immobilizzazione
CARICO:
Dopo l'intervento concessione del carico e
(una settimana dopo l'intervento).
deambulazione con due bastoni canadesi (solo se il
paziente riesce a riprodurre il normale schema del
passo; si posticipa se presenta zoppia) che
verranno poi abbandonati in quarta settimana.
INIZIO DEL RINFORZO
MUSCOLARE:
Lavoro isotonico in terza settimana per la
muscolatura flessoria e in quarta per la
muscolatura estensoria.
INIZIO ESERCIZI
PROPRIOCETTIVI:
Dall'inizio del secondo mese con appoggio del
peso corporeo e poi su pedana instabile nel terzo
mese.
INIZIO CORSA:
Dal terzo mese.
82
INIZIO DEL RECUPERO
DEL GESTO SPORTSPECIFICO
Nel quinto mese.
RITORNO ALL'ATTIVITÀ
SPORTIVA AGONISTICA
Dal sesto mese.
Come prima cosa, notiamo in questo protocollo la fase iniziale di protezione
completa con ginocchiera bloccata in estensione per una settimana.
Il chirurgo intende così dare più spazio possibile alla guarigione dei tessuti e
all'iniziale fissazione del neo-legamento, per poi partire sì, con un trattamento
molto intenso e progressivo, ma anche con una maggior sicurezza.
Inoltre nei primi 8 giorni dopo la rimozione dell'immobilizzazione non sono
consentite contrazioni attive contro resistenza di nessun genere.
Anche in questo programma riabilitativo viene preferita la mobilizzazione passiva
manuale all'utilizzo della CPM, talvolta sforzando e procedendo oltre la soglia del
dolore ma sempre nei limiti biologici di sicurezza dell'innesto.
Possiamo notare come la seduta giornaliera di riabilitazione in ambiente acquatico
sia sistematica, intensa e parte integrante del programma riabilitativo.
Commento del protocollo fisioterapico in uso presso “Association
Sportive de Monaco Football Club”
IMMOBILIZZAZIONE:
Ginocchiera bloccata in estensione per la prima
settimana (si rimuove durante il giorno per fare gli
esercizi).
83
INIZIO DEL
TRATTAMENTO
RIABILITATIVO:
Subito dopo l'intervento.
CARICO:
Concessione del carico e deambulazione con
ginocchiera e due bastoni canadesi nell'immediato
post-operatorio;
progressivo
abbandono
dei
bastoni canadesi e deambulazione libera tra la
quarta e la sesta settimana se buon controllo del
quadricipite e non zoppia.
INIZIO DEL RINFORZO
MUSCOLARE:
Lavoro isotonico nel primo mese e mezzo sia per
la muscolatura flessoria che per quella estensoria.
INIZIO ESERCIZI
PROPRIOCETTIVI:
Nel primo mese e mezzo prima in bipodalico e poi
in monopodalico.
INIZIO CORSA:
Quarto mese.
INIZIO DEL RECUPERO
DEL GESTO SPORTSPECIFICO
Nel quinto mese.
RITORNO ALL'ATTIVITÀ
SPORTIVA AGONISTICA
Tra il quinto e il sesto mese.
Anche in questo protocollo abbiamo una fase di protezione importante durante
tutta la prima settimana ma essa è concomitante con l'inizio del trattamento (reso
84
possibile dalla ginocchiera che viene rimossa per svolgere gli esercizi).
Viene fatto uso della CPM dal primo giorno post-intervento, per poi gradualmente
passare a mobilizzazione passiva manuale.
L'abbandono dei bastoni canadesi, diversamente dagli altri protocolli trattati,
avviene più lentamente (possibile sia in quarta, come nel protocollo 1, sia in
quinta, sia in sesta settimana).
Viene prestata particolare attenzione a quei movimenti che maggiormente
producono sollecitazioni rotatorie sul ginocchio molto pericolose per il trapianto;
infatti, uno degli obiettivi del secondo mese consiste nell'educare il paziente a
evitare questi movimenti (oltre che quelli di iperestensione e flessione violenta);
inoltre notiamo che la ripresa degli sports più poveri di questo tipo di
sollecitazioni in rotazione (per esempio corsa e bicicletta) sono permessi
dall'inizio del quarto mese, mentre tutti gli altri dall'inizio del sesto; infatti in
questo lasso di tempo vengono svolti esercizi per recuperare la funzione di perno
dell'arto inferiore. Anche in questo programma troviamo la presenza
dell'idrochinesiterapia, ma essa è meno sistematica ed è più intesa come
allenamento corporeo generale senza attrito articolare che non, invece, come
lavoro propedeutico alla riabilitazione a secco.
L'obiettivo di tutti questi protocolli è quindi quello di ricondurre il paziente verso
una funzionalità a livello del pre-trauma, attraverso:

il recupero del range di movimento e della componente muscolare

recupero dell'autonomia di base e del cammino

recupero dell'attività sportiva di base (corsa e salto) e del gesto sportspecifico
85
Il programma riabilitativo deve essere adeguato all'evoluzione individuale della
patologia, alla variabilità soggettiva e funzionale del paziente e sopratutto
impostato rispettando i tempi di guarigione dei tessuti e di fissazione del neolegamento.
La parola d'ordine è, perciò, “PERSONALIZZAZIONE” del protocollo.
Quelle schematizzate nei protocolli, sono le tappe da seguire secondo le linee
guida, ma vanno sempre adeguate al tipo di paziente e al tipo di intervento
effettuato.
Una cosa che accomuna i vari programmi è il fatto che il rinforzo degli ischiocrurali viene iniziato prima del rinforzo degli estensori poiché sono muscoli che,
con la loro azione antagonista durante l'estensione attiva, lavorano in sinergia con
il LCA impedendo alla tibia una traslazione anteriore eccessiva ed evitando quindi
l'eccessiva tensione del legamento.
É inoltre molto importante per la nostra discussione l'utilizzo che viene fatto (in
tutti i protocolli tranne in quello dell'ASL1) dell'idrochinesiterapia, cioè la
riabilitazione che sfrutta il movimento in ambiente acquatico.
In acqua l'articolazione sofferente è sottratta al carico e il paziente può camminare
senza dolore grazie alla spinta idrostatica e, inoltre, se la temperatura è
sufficientemente alta (34° circa), essa crea un effetto miorilassante e contribuisce
alla scorrevolezza dei tessuti migliorandone l'elasticità, cosicché ogni movimento
risulterà più facile. É molto utile anche per il rinforzo muscolare per esempio con
spinte contro attrezzi galleggianti o con la corsa e i movimenti veloci che
troveranno nella massa d'acqua da spostare una grande resistenza che aumenterà
all'aumentare della profondità. Si possono proporre al paziente anche esercizi di
86
allungamento e di stabilizzazione.
(Coppola, 2005)
In un contesto sanitario pubblico, lavorare in una piscina è un vantaggio limitato
ad una ristretta élite di centri attrezzati. Si può certamente consigliare al paziente
di andare a nuotare e fare esercizi autonomamente in una piscina pubblica, ma
senza quei risultati che si possono ottenere con una seduta riabilitativa di
idrochinesiterapia seguita da un terapista specializzato.
La riabilitazione in medicina dello sport ha come presupposto due momenti
fondamentali:

uno, relativo alla lesione acuta sino alla guarigione e alla ripresa
funzionale con ripristino dell'autonomia dell’atleta nell'ambito dell'attività
sportiva di base;

l'altro, comprendente il riallenamento e il riadattamento specifico
all'allenamento tecnico di una determinata specialità.
(Ferrario, 2005)
Nel protocollo dell'ASL1, come abbiamo già detto, quando il paziente riprende
l'attività sportiva di base, momento che corrisponde alla ripresa della corsa, finisce
la fase riabilitativa in ambulatorio e inizia quella dell'allenamento al di fuori
dell'ambulatorio che prescinde dal nostro interesse fisioterapico.
Diversamente avviene per quanto riguarda gli altri protocolli trattati, nei quali
questi due momenti non sono nettamente distinti, ma strettamente legati l'uno
all'altro e l'ultima parte del primo e la prima parte del secondo, oltre a essere
continuativi, hanno ampie aree temporali e tecniche di sovrapposizione.
La bibliografia prevede quindi che durante il periodo riabilitativo, in seguito alla
87
prima fase di protezione, il paziente atleta non debba mai abbandonare lo sport,
intendendo con ciò che deve proseguire un allenamento cardiovascolare (cyclette,
nuoto) e distrettuale periferico alle articolazioni non interessate (perdere anche
solo un mese di allenamento equivale a raddoppiare i tempi di recupero
agonistico). (Ferrario, 2005)
La terminologia usata in passato, ma ancora oggi valida, di “riposo attivo” per
indicare l'allenamento alternativo durante un infortunio, consiste in programmi di
lavoro in acqua o in bicicletta, che se da una parte tutelano il ginocchio, dall'altra
permettono allenamenti fisici intensi. (Ferrario, 2005)
Le sedute di “allenamento riabilitativo” dell'atleta (così si esprime l'autore in
bibliografia, ndr.) durano sino a 3 ore al giorno per 5-6 volte la settimana e
prevedono un giorno di recupero completo. (Ferrario, 2005)
I protocolli sportivi prevedono inoltre che la ripresa muscolare e articolare sia
verificata con test fuori carico (tests isocinetici di valutazione mio-articolare del
ginocchio) e con test in carico (test di salti e balzi), che permettono di valutare
obiettivamente nel tempo la ripresa del ginocchio lesionato a confronto con il
ginocchio controlaterale sano. (Ferrario, 2005)
I metodi valutativi della forza (dinamometri, isocinetici) ci permettono di seguire
meglio il percorso di recupero della capacità muscolare. È bene puntualizzare che
la forza non è proprietà del solo muscolo, ma dell'intero sistema neuromotorio, e
che nella sua determinazione intervengono comandi centrali sui quali
interferiscono cascate di feedback interni ed esterni. La perdita della forza in
seguito a disuso può raggiungere il 50% della forza iniziale.
Il riallenamento, deve essere finalizzato a costruire un substrato atletico
88
distrettuale e globale che permetta, una volta raggiunte le condizioni ottimali di
ripresa, di essere il più possibile al riparo da una recidiva. (Ferrario, 2005)
L'obiettivo finale della riabilitazione è sia il recupero completo delle gestualità
sportive che il paziente era in grado di effettuare prima dell’infortunio sia
l'ottenimento di un miglioramento specifico che lo protegga dalle condizioni che
hanno provocato il danno (Ferrario, 2005); questo nel caso in cui il danno non sia
stato provocato da un agente vulnerante esterno, bensì da un cambio repentino di
velocità o direzione o a causa di un disequilibrio tra muscolatura flessoria e
estensoria.
Per questo, nelle squadre che abbiamo seguito per la nostra discussione, viene
sistematicamente
svolto
un
attento
lavoro
di
allenamento
fortemente
personalizzato, in modo che ogni giocatore possa rinforzare quella parte del suo
sistema muscolo-scheletrico dove è più debole sia per motivi costituzionali che a
causa di precedenti lesioni e sofferenze; questo quindi nell'ottica di prevenire
possibili future lesioni o, in pazienti precedentemente lesionati, future recidive.
Le gestualità sportive in parte sono comuni a diverse discipline sportive, come per
esempio la corsa e i balzi, e in parte sono specifiche per ognuna di esse, come la
battuta nel tennis o lo swing nel golf.
In tutti i casi sono il risultato di una somma di qualità neuro-motorie che l'atleta è
riuscito a maturare durante la sua carriera e che devono essere riprese durante il
periodo di riabilitazione.
Partendo da questo concetto, una riabilitazione corretta dello sportivo deve
necessariamente completarsi sul campo di gara, con attenzione da parte del
medico, del terapista e dell'allenatore a correggere precocemente i difetti, le
89
asimmetrie del gesto, le alterazioni funzionali, i meccanismi di difesa del dolore
che emergono alla ripresa del gesto tecnico specifico. (Ferrario, 2005)
Alla luce dei dati raccolti nei precedenti capitoli, possiamo ora riassumere quali
sono i risultati riabilitativi dei diversi protocolli in termini di tempistiche per il
ritorno all'attività sportiva di base.
Protocolli
Mesi compiuti di trattamento riabilitativo
1
ASL1
Quattro mesi
2
FIORENTINA
Due mesi
3
ISOKINETIC
Due mesi
4
RACING
Tre mesi
5
MONACO
Quattro mesi
90
IX
CONCLUSIONI
In questo lavoro abbiamo studiato il ginocchio dal punto di vista dell'anatomia,
dell'istologia e della cinesiologia e abbiamo esaminato diverse forme e programmi
di riabilitazione in seguito alla ricostruzione del legamento crociato anteriore.
Una prima conclusione, alla quale possiamo subito giungere, è che una minore o
maggiore accelerazione del trattamento non va a modificare il processo biologico
di legamentizzazione del tendine trapiantato, bensì va a modificare il controllo
neuromuscolare, l'elasticità e la resistenza dei tessuti e la capacità muscolare, che
diviene anche componente protettiva, rendendo così l'articolazione funzionale
molto tempo prima che l'innesto abbia ripreso le caratteristiche anatomiche e
biomeccaniche che sono tipiche del legamento crociato anteriore (capitolo II).
Quindi possiamo affermare che una diversa impostazione del programma
riabilitativo, sempre prestando particolare attenzione alla sicurezza dell'innesto e
alla personalizzazione del trattamento, può velocizzare il ritorno allo sport senza
ostacolare la legamentizzazione in corso. Ciò che può influire sul processo di
guarigione sono, negativamente, le sollecitazioni sbagliate e, positivamente, una
maggior protezione e attenzione a tali sollecitazioni.
Ecco che abbiamo risposto alla domanda che ci ponevamo nell'introduzione e cioè
se la fisioterapia può far combaciare la guarigione con l'accelerazione del
trattamento.
Quali sono quei fattori che possono velocizzare il recupero funzionale
dell'articolazione nonostante il legamento non sia pienamente guarito?
91
Per prima cosa è, nello sport, il rapporto terapista\atleta che si instaura già durante
la vita di squadra, a partire dal lavoro preventivo giornaliero atto a ridurre il
rischio di lesioni, fino ad arrivare, in seguito ad un infortunio, alla trasformazione
in rapporto terapista\paziente nella fase di trattamento che precede l'intervento di
ricostruzione. Abbiamo quindi già (spesso è così) un'ottima compliance da parte
del paziente che viene accentuata (Roi, 2005) anche da quella maggior
disponibilità di mezzi, in termini di tempo e denaro, che un calciatore
professionista spesso possiede; inoltre essendo quest'ultimo un atleta, è
maggiormente preparato a sopportare importanti intensità di lavoro e, ancora una
volta citando Roi, egli avrà molto probabilmente un certo livello di forma fisica e
di stato del ginocchio prima della chirurgia e una determinata preparazione
mentale alla riabilitazione, tali da rendere il processo di recupero più agevole.
Tutto ciò è accentuato dal fatto che spesso in questo ambiente vi sono diversi
terapisti in equipe che si occupano di un solo paziente, al contrario dell'ambito
sanitario nazionale dove abbiamo un terapista che segue più pazienti in uno stesso
periodo.
Un secondo fattore fondamentale sono gli interessi economici e sportivi, nonché
la maggior disponibilità di mezzi, che spingono una società sportiva di alto livello
a riabilitare un giocatore nel minor tempo possibile.
Grazie a queste maggiori disponibilità il paziente viene anche sottoposto a
costanti rivalutazioni non solo di tipo clinico ma anche per mezzo di specifici
macchinari e innovative tecnologie di valutazione (Ferrario, 2005).
Un mezzo che, come già abbiamo evidenziato più volte nel corso della
discussione, aumenta le differenze tra il trattamento ambulatoriale del SSN e
92
quello in ambito sportivo professionistico, è la presenza dell'idrochinesiterapia;
come detto da Ferrario e da Coppola (2005), la riabilitazione in acqua permette di
mantenere alta l'intensità del lavoro cardiovascolare, del rinforzo muscolare e di
aumentare ROM e migliorare lo stato dei tessuti senza interferire con la
guarigione e senza provocare dolore. Tutti questi effetti contribuiscono a
velocizzare il recupero funzionale.
L'ultima differenza, non per importanza, è quella fase di allenamento che nel
protocollo ASL1 segue alla fase riabilitativa e che negli altri protocolli spesso a
quest'ultima si sovrappone e interseca. (Ferrario, 2005)
Per rispondere quindi all'ultima domanda che ci siamo posti e che va a chiudere il
cerchio del nostro discorso, e cioè se tale accelerazione sia possibile in ambito
sanitario, possiamo evincere dai dati raccolti che è potenzialmente raggiungibile
anche in questo ambito.
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