Tesi Iorio
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Tesi Iorio
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA SCUOLA DI SCIENZE MEDICHE E FARMACEUTICHE CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN FISIOTERAPIA COORDINATORE: PROF. CARLO GANDOLFO TESI DI LAUREA Trattamento riabilitativo post ricostruzione di Legamento Crociato Anteriore nel calciatore professionista. Protocolli a confronto. Candidato: Docente Relatore: Andrea Iorio Alessandro Manelli Matricola n°:3324752 Anno accademico 2011\2012 1 A mia madre e mio padre. 2 INDICE 1 - Introduzione 5 2 - Tendine e legamento 6 3 - Il ginocchio - Anatomia e funzione 14 4 - Il Legamento Crociato Anteriore 24 a. Anatomia b. Biomeccanica e funzione 5- Patologia del Legamento Crociato Anteriore 31 a. Eziopatogenesi b. Clinica e diagnosi 6- Tipologie di trattamento 41 a. Trattamento delle instabilità del ginocchio, generalità b. Tipologie di trattamento chirurgico di ricostruzione del legamento crociato anteriore I- Con trapianto di tendine rotuleo II- Con trapianto di tendini di semitendinoso e gracile 7- Protocolli 48 I- Protocollo fisioterapico in uso presso “Palestra dello Sport di Bussana - ASL1 Imperiese” II- Protocollo fisioterapico in uso presso “Associazione Calcio Fiorentina” III- Protocollo fisioterapico in uso presso “Gruppo Medico Isokinetic di Bologna” IV- Protocollo fisioterapico in uso presso “Real Racing Club de Santander” V- Protocollo fisioterapico in uso presso “Association Sportive de Monaco Football Club” 8- Discussione 70 9- Conclusioni 91 10- Bibliografia 94 3 RINGRAZIAMENTI I miei ringraziamenti vanno innanzitutto al Dottor Alessandro Manelli che mi ha attentamente, pazientemente e sapientemente seguito in questo percorso e alla Professoressa Cinzia Laura per il supporto scrupoloso e competente che ha saputo dare al mio lavoro. I miei più sentiti ringraziamenti vanno anche allo Staff Medico del "Real Racing Club de Santander", i Fisioterapisti Guillermo Adell Beltràn e Diego Romaña Garcìa e i Medici Javier Ceballos Fontán, José Manuel Mantecón Aparicio e Antonio Cruz Cámara che sono stati per me amici, colleghi e ispiratori per tutti i quattro mesi che ho passato con loro nell'ambito del progetto "Erasmus". Grazie anche a Pau Alberti Gomes e Daniel Pinillos, e a tutti gli altri giocatori del "Racing" che mi hanno permesso di seguire in prima persona il loro percorso riabilitativo arricchendo così la mia esperienza e le mie competenze. Sentiti ringraziamenti anche al Dottor Paolo Manetti e al Fisioterapista Stefano Dainelli dello staff medico della "ACF Fiorentina" che mi hanno ospitato presso la loro Sede e mi hanno permesso di seguire il loro lavoro sul campo. Un grazie enorme anche al dottor Giulio Sergio Roi del "Gruppo Medico Isokinetic" che si è molto interessato al mio lavoro e che ha contribuito con materiale e testimonianze fondamentali anche incitandomi a proseguire su questa strada. Grazie mille anche al Dottor Philippe Kuentz del "AS Monaco FC" che mi ha fornito materiale e documentazione sul lavoro svolto dal suo Staff Medico. 4 I INTRODUZIONE La domanda che mi sono posto e che mi ha portato ad affrontare questa discussione, è stata come la fisioterapia possa far combaciare un trattamento riabilitativo, che segua tutte le fasi necessarie e i tempi biologici dei tessuti per riportare una struttura lesa e un paziente alla guarigione, con quell'accelerazione del trattamento sempre più richiesta dalla società moderna e che, nel mondo del Calcio, trova solitamente la sua estrema rappresentazione. Questa domanda nasce dall'interesse di capire se tale accelerazione sia possibile ugualmente in ambito sanitario. La risposta segue un percorso che parte dal tipo di trattamento chirurgico, passa quindi per i tempi di legamentizzazione e di guarigione (nel nostro caso specifico del tendine trapiantato) e giunge a termine con le tempistiche indicate dal chirurgo operante e con le fasi dei diversi progetti riabilitativi impostati dalle varie equipes riabilitative. Decisivi nella nostra discussione sono i risultati in termini di prestazioni, a partire dall'attività lavorativa e ludico-sportiva, fino all'attività sportiva agonistica professionale di alto livello. Una diversa impostazione del programma rieducativo può influire sul processo biologico di guarigione? O comunque, può velocizzare il ritorno all'attività, qualunque essa sia, nonostante la legamentizzazione debba ancora giungere a completamento? 5 II TENDINE E LEGAMENTO Il tendine: Con tale nome indichiamo delle formazioni di colore biancastro, splendenti, estremamente resistenti, costituite dall’insieme di fasci di tessuto connettivo denso. Servono da collegamento fra il corpo muscolare e lo scheletro. (Testut, 1966). I tendini consistono in fitti fasci di fibre parallele extracellulari di collagene, con interposte file di cellule con nuclei densi, i fibrociti, che producono il collagene. La vascolarizzazione, capillariforme, è raramente evidente. I tendini sono inoltre provvisti di recettori chiamati “Organi tendinei di Golgi” che “registrano” la tensione nel tendine. Alcuni tendini sono avvolti da una guaina tendinea composta da due guaine concentriche fatte di tessuto connettivo separate da uno stretto spazio. (Cormack, 2001) È un tessuto connettivo di tipo meno denso, provvisto di abbondanti fibre elastiche, che costituisce lo strato peritendineo o peritenonio. Da questo strato partono profondamente sepimenti di connettivo più lasso che, unendosi fra loro, circoscrivono i raggruppamenti maggiori dei fascetti tendinei, mentre altri sepimenti, più sottili e più lassi ancora, nati dalla faccia profonda dei precedenti, circoscrivono raggruppamenti meno numerosi di fasci, i quali risultano a loro volta da un certo numero di fascetti tendinei fra loro uniti da una sostanza amorfa, chiamata sostanza cementante interfascicolare. Esiste pertanto, nella organizzazione del tendine, la disposizione al formarsi di 6 raggruppamenti di fasci tendinei, sempre più grossi, dal cui insieme risulta formato il tendine (Testut, 1966). Mentre la guaina interna è attaccata al tendine, quella esterna si fonde con il connettivo circostante. Composte principalmente da collagene, le apposte superfici scorrevoli sono spesso descritte come sinovia. La frizione tra le due è minimizzata da un sottile film lubrificante di fluido sinoviale. (Cormack, 2001) La matrice connettivale è quindi un insieme di molecole tra le quali quelle maggiormente rappresentate sono il collagene, sotto forma fibrillare, immerso in una “atmosfera” di proteoglicani. Le funzioni caratteristiche degli organismi superiori dipendono dal mantenimento della costanza delle forme contro pressioni interne ed esterne. Lungo il processo evolutivo, il tessuto connettivo ha assolto tale compito mediante le fibre collagene, resistenti alle tensioni, e i proteoglicani, che avendo la peculiare proprietà di legare una grande quantità di acqua, si oppongono alle forze pressorie (Scott, 1974). La presenza di corretti rapporti tra proteoglicani e collagene è indispensabile per il mantenimento della specifica funzionalità di ogni connettivo, infatti, in molti stati patologici è stato possibile dimostrare la comparsa in circolo (solubilizzazione) di quantità differenti e talvolta patognomoniche, ora di collagene, ora di proteoglicani (Dey et al., 1992). Riparazione tendinea Le cellule chiave responsabili della riparazione tendinea sono i fibroblasti 7 provenienti dalla guaina interna o, se la guaina tendinea non esiste, dal connettivo circostante. Quando i fibroblasti penetrano nella falla, producono abbondante nuovo collagene che ripristina efficacemente la continuità e la forza del tendine. Gli innesti tendinei iniziano a incorporarsi nei tendini ricongiunti in una maniera simile. (Cormack, 2001) Il legamento: Hanno composizione simile ai tendini, con fasci paralleli di fibre extracellulari e interposte file di nuclei appiattiti di fibrociti. La maggior parte dei legamenti ha sostanziali fibre collagene longitudinali intrecciate con sottili fibre collagene e alcune fibre elastiche. Ciò rende i legamenti sufficientemente inestensibili per fornire un forte supporto e limitare eccessivi o disallineati movimenti articolari senza impedire il normale arco di movimento. Riparazione legamentosa Lo strappamento dei legamenti a causa di un eccessivo sforzo articolare si ripara abbastanza facilmente purché la lesione sia opportunamente trattata. Una guarigione efficace richiede una stretta apposizione dei due capi del legamento. Ciò solitamente è ottenuto immobilizzando l'articolazione in una posizione che approssimi i due capi. In seguito ad un trauma più grave, il legamento strappato va ricucito con sutura chirurgica per assicurare una riparazione adeguata. 8 Un soddisfacente recupero della resistenza del legamento dipende da un'adeguata deposizione di nuovo e forte collagene attraverso l'articolazione, come nella riparazione tendinea. (Cormack, 2001) Nel caso del ginocchio, la sutura andrebbe però effettuata in tempo zero in seguito al trauma, cosa difficilmente fattibile viste le condizioni cliniche dell'articolazione e le tempistiche di valutazione clinica e d'intervento nel primo momento posttrauma. Si tende perciò ad aspettare per avere un quadro più preciso dello stato del ginocchio; intanto la sinovia si interpone tra i due monconi impedendone l'apposizione e la rigenerazione e portando i due frammenti verso un processo di tipo degenerativo. Per questo motivo si procede, in un secondo momento, con il trapianto tendineo. Legamentizzazione Dopo l'impianto chirurgico, l'innesto del LCA segue in sequenza le fasi di necrosi avascolare, rivascolarizzazione e rimodellamento. Le proprietà del materiale dell'innesto cambiano a mano a mano che il processo di legamentizzazione (trasformazione da tendine a legamento) avanza. Durante il periodo di maturazione, il punto di rottura di un autoinnesto prelevato dal tendine rotuleo può diminuire fino all'11% rispetto al normale punto di rottura di un LCA e la resistenza dell'innesto può diminuire fino al 13% rispetto a un normale LCA. I dati sugli innesti umani indicano che questi ultimi assomiglino alla struttura di un LCA naturale già 6 mesi dopo l'impianto, ma continuano a maturare per un anno 9 intero. (Brotzman, 2008) Abbiamo eseguito uno studio di microscopia presso il laboratorio di morfologia umana dell’Università degli Studi dell’Insubria sulla neo-legamentizzazione ad un anno dalla ricostruzione di un LCA con tendini della zampa d’oca, il quale ha subito un nuovo evento traumatico che lo ha portato alla rottura. Evidenziamo di seguito i risultati dello studio con microscopia elettronica a scansione, trasmissione e forza atomica. A microscopia elettronica a scansione (Fig. 2.1) possiamo subito notare la presenza di numerose piccole fibre di probabile neoformazione, non ben orientate verso una direzione. La struttura presenta ancora grossi fasci collagene, possibile derivazione dal vecchio tendine. Nelle zone valutate con questa metodica, non è stato possibile vedere la presenza di cellularità. Figura 2.1: Ingrandimento con microscopio elettronico a scansione Alla valutazione in microscopia elettronica a trasmissione (Fig. 2.2, 2.3) possiamo già notare, nei piccoli ingrandimenti della sezione trasversale delle fibre, la 10 presenza di grosse fibre collagene assieme a molte piccole fibre collagene. Queste ultime risultano parallele tra loro a fasci. La popolazione cellulare è rappresentata da fibroblasti con caratteristiche citoplasmatiche di attività produttiva e le tipiche digitalizzazioni. Inoltre sono presenti zone di degenerazione; la nostra ipotesi è che rappresentino le strutture in via di degenerazione del “vecchio” legamento. Figura 2.2: Ingrandimento con microscopio elettronico a trasmissione A maggiore ingrandimento le neofibrille parallele si presentano con diametri diversi, indice di attività di maturazione diversa delle stesse. Figura 2.3: Ingrandimento con microscopio elettronico a trasmissione 11 Passando alla valutazione con microscopia a forza atomica (Fig. 2.4) si evidenzia la tridimensionalità del campione e appare il periodo delle fibre collagene (64nm). I lati di questi rilievi sono di 3x2µm. Le fibre non risultano parallele ma anche qui si notano fibre di diametri diversi, indice di diversa maturazione fibrillare. Figura 2.4: Ingrandimento con microscopio a forza atomica Ciò che abbiamo potuto concludere da questo studio è che, sia in TEM (transmission electron microscope) che in SEM (Scansion electron microscope) notiamo la neoformazione di fibre collagene di forma più piccola e di direzionalità diversa rispetto ai grossi fasci collagene che sembrano essere quelli in via di 12 disgregazione del vecchio tendine; in TEM notiamo inoltre la presenza di fibroblasti e di strutture di degenerazione. Con la AFM (Atomic force microscope) è possibile mettere in evidenza il periodo e si conferma la presenza di fibre di diversi diametri. Se consideriamo le piccole fibre come quelle neoformate (parallele in fasci al TEM) e quelle grosse i residui del vecchio legamento (in TEM con zone degenerative e infiltrate da neofibrille) allora possiamo affermare che la ricostruzione ad un anno è si quasi totalmente avvenuta ma ancora in fase di maturazione. 13 III IL GINOCCHIO 14 Il ginocchio costituisce una complessa articolazione che, per la sua posizione intermedia nell'arto inferiore, necessita, da un lato, di una buona stabilità utile per sostenere e trasmettere le numerose sollecitazioni provenienti dall'anca e, dall'altro, di una buona mobilità. A differenza, però, del gomito, articolazione intermedia dell'arto superiore, nel ginocchio, la tenuta dei segmenti ossei non è assicurata, sopratutto, da una stabile e notevole congruenza articolare che è tipica del gomito, bensì da robusti e numerosi legamenti oltre che da pochi ma potenti muscoli. L'articolazione del ginocchio, infatti, affinché gli sia permessa una buona mobilità in presenza del notevole carico corporeo che deve sostenere, è costituita da due raffinate articolazioni. La prima è, infatti, rappresentata dalla faccia distale inferiore del femore con due distinte regioni articolari e dalla faccia prossimale superiore della tibia che si affronta al femore con altrettante parti articolari. Tale disposizione anatomica finisce per far pensare alla presenza di due distinte articolazioni che lavorino per proprio conto poste parallelamente. La seconda è, invece, l'articolazione femoro-rotulea (o patellare). (Pirola, 1996 ) Articolazione Femoro-Tibiale È costituita dalle facce convesse dei due condili femorali e dalle facce concave della tibia. Più precisamente la tibia presenta la faccia mediale di forma ovalare e pianeggiante e la faccia laterale di forma quasi rotonda e lievemente concava. 15 Fra superficie femorale e superficie tibiale, oltre alla cartilagine ialina che le ricopre entrambe, sono poste due formazioni connettivali – i menischi – costituite da fibre collagene oltre a cellule di tipo cartilagineo che aderiscono alle facce articolari tibiali. Fra le due facce tibiali è interposta una zona ossea irregolare detta eminenza intercondiloidea. L'articolazione è un ginglimo angolare ma la presenza delle due faccette la rende simile a due articolazioni condiloidee: due gradi di libertà che permettono flessoestensione e rotazione. (Pirola, 1996 ) MENISCHI: Hanno forma di due “C”contrapposte di grosso spessore esterno che va gradualmente diminuendo verso l'interno. I loro estremi sono denominati “corno anteriore” e “corno posteriore”. Le fibre collagene meniscali sono di due tipi. Le principali, più grosse, sono disposte longitudinalmente secondo la forma dei menischi. Le secondarie, più sottili, sono orientate ortogonalmente alle prime. La tenuta dei menischi è assicurata dalla capsula articolare adesa a essi attraverso la sua sinoviale e da legamenti. Ciò si rende necessario perchè i menischi dispongono della capacità di muoversi sulla base tibiale. Il menisco mediale ha forma di “C” aperta simile a una mezzaluna. La “C” si presenta aperta anteriormente con un piccolo corno e larga posteriormente con un ampio corno. É il menisco meno mobile poiché è unito, oltre che alla capsula 16 articolare, anche al legamento collaterale mediale. Il menisco laterale ha forma di “C” chiusa quasi completamente a cerchio. È unito al femore tramite i suoi due corni dai legamenti menisco-femorale anteriore e posteriore siti davanti e dietro al legamento crociato posteriore. Quasi sempre uno dei due legamenti è assente. Entrambi i menischi sono poi uniti sul davanti dal legamento trasverso del ginocchio. Il menisco laterale è in ogni caso più mobile per il fatto di essere privo di unione con il suo legamento collaterale. Entrambi i menischi si muovono indietro nella flessione nello stesso modo in cui i condili femorali ruotando si spostano posteriormente. Il contrario avviene nell'estensione. Il movimento avviene quindi attraverso una deformazione. È la pressione dei condili femorali che, passivamente, spinge ”strizzando” indietro e in avanti le superfici meniscali. Intervengono anche i legamenti alari nell'estensione, per effetto dello spostamento in avanti della rotula. Il legamento crociato anteriore e il muscolo semimembranoso – per il menisco interno – e il muscolo popliteo – per il menisco esterno – con fibre secondarie facilitano lo spostamento posteriore nella flessione. Più prevedibili sono gli spostamenti in rotazione, infatti è il movimento della tibia in rotazione esterna che provoca il movimento in avanti del menisco laterale e indietro di quello mediale per la pressione dei condili femorali il cui movimento è opposto a quello della tibia. Il contrario avviene nella rotazione interna. Concludendo, la funzione che i menischi esplicano è, in generale, ammortizzante 17 per effetto della loro interposizione fra due facce articolari ossee. Movimenti di rotazione esterna contemporaneamente alla flessione del ginocchio o spinte laterali a ginocchio flesso possono provocare gravi traumi al menisco mediale. La sua maggior fragilità rispetto al laterale deriva da una sua intrinseca immobilità e dalla trazione più intensa, se esplicata in rotazione, del legamento collaterale mediale sullo stesso menisco. (Pirola, 1996 ) CAPSULA: La capsula è ampia, lassa e sottile costituita da una parte sinoviale e una parte fibrosa. È rinforzata da numerosi legamenti che la ricoprono o la penetrano. Risulta più robusta posteriormente e più sottile sugli altri tre lati. L'inserzione tibiale della capsula lascia all'esterno dell'articolazione il legamento crociato anteriore, la spina con l'eminenza intercondiloidea e il legamento crociato posteriore. L'inserzione capsulare al femore rileva, inferiormente, l'esclusione degli attacchi femorali dei legamenti crociato anteriore e posteriore. Anteriormente la capsula è molto lassa per consentire la formazione di un recesso sottoquadricipitale. Posteriormente, invece, c'è un ispessimento generalizzato della capsula più evidente nella parte alta dei condili costituendo una parete di scorrimento dei muscoli gemelli che vanno a inserirsi, al di fuori dell'articolazione, subito sopra ai punti di confine della capsula. Occorre aggiungere che qui, ma anche anteriormente, la membrana fibrosa si va a inserire rispettivamente avanti e dietro ai legamenti crociati, incapsulandoli 18 avendo interposto materiale lipidico. Ecco perché si suole affermare che i legamenti crociati sono intracapsulari ma extrarticolari. Lateralmente e medialmente la capsula si presenta piuttosto lassa per formare i recessi laterali rotulei, mentre posteriormente forma due recessi posteriori. Lateralmente e subito sotto all'attacco capsulare, quindi all'interno dell'articolazione, si va a inserire il muscolo popliteo. Medialmente è il legamento collaterale mediale a essere intracapsulare. (Pirola, 1996 ) LEGAMENTI: Il legamento patellare è teso dal margine inferiore della rotula alla tuberosità tibiale. È la continuazione del tendine del muscolo quadricipite. I legamenti alari si dividono in laterale e mediale. Il legamento alare laterale origina dalla rotula e da fasci dei muscoli vasto laterale e retto e si porta verticalmente, un po' obliquo, lateralmente alla tuberosità tibiale. Il legamento alare mediale origina dalla rotula e da fasci del muscolo vasto mediale si porta verticalmente, un po' obliquo, alla tibia davanti al legamento collaterale mediale. Il legamento patellare e i legamenti alari hanno una funzione di tenuta nei confronti della rotula sull'articolazione femoro-tibio-patellare. Il legamento collaterale laterale è teso, verticalmente, dall'epicondilo laterale del femore, un po' posteriore, fino alla testa della fibula; é affusolato e cordoniforme. Il legamento collaterale mediale è teso, verticalmente, dall'epicondilo mediale del femore al condilo mediale della tibia mentre alcune fibre si vanno a inserire 19 sul menisco mediale. È piatto, a forma triangolare e totalmente interno alla capsula articolare. I due legamenti collaterali contribuiscono alla stabilità, sul piano frontale, dell'articolazione del ginocchio. Ne limitano anche l'estensione. Il legamento popliteo obliquo va dalla faccia postero-mediale della tibia come espansione fibrosa del tendine del muscolo semimembranoso, da mediale a laterale, dal basso verso l'alto, alla fossa intercondiloidea del femore. Esso limita i movimenti di estensione. Il legamento popliteo arcuato va, verticalmente, dalla testa fibulare alla capsula articolare, dove si irradia verticalmente verso l'alto inserendovisi. Ha azione di tenuta, con il legamento collaterale laterale, per la fibula. I legamenti crociati anteriore e posteriore (dei quali parleremo approfonditamente in un altro capitolo). (Pirola, 1996 ) GRASSO E BORSE MUCOSE: Il grasso possiede prevalenti funzioni ammortizzanti e di facilitazione allo scorrimento ed è sito in diverse parti dell'articolazione fra membrana sinoviale e membrana fibrosa. La parte adiposa più importante è posta anteriormente con il nome di corpo adiposo infrapatellare disposto dietro alla faccia postero-inferiore della rotula e al legamento rotuleo e davanti al femore e alla tibia. La sua funzione è di riempire spazi durante il movimento flessorio. Le borse più importanti sono: 20 sovrapatellare, superiormente alla rotula. prepatellare, davanti alla rotula sotto il tendine del muscolo quadricipite. infrapatellare, inferiormente alla rotula sotto il tendine del muscolo quadricipite. (Pirola, 1996 ) - Articolazione femoro-rotulea È costituita dalla rotula che contrappone la sua faccia articolare posteriore alla faccia articolare anteriore della troclea femorale avente una forma vagamente concava. La faccia articolare rotulea è composta da due faccette articolari, una mediale e una laterale più ampia, divise da un'eminenza verticale. Si realizza così un incastro mobile nel quale la rotula si muove sul femore come una fune in una puleggia. L'articolazione è pertanto un ginglimo angolare o troclea. Gli elementi che stabilizzano la rotula sono i già citati legamenti alari, il legamento rotuleo e la capsula dell'articolazione che si inserisce sul contorno articolare della rotula al limite della cartilagine articolare. La posizione della rotula nella fase di estensione del ginocchio è verticale. Durante la flessione la rotula si sposta dall'alto in basso, come su un arco di cerchio, ritrovandosi, quando viene raggiunta la massima escursione articolare flessoria, in posizione orizzontale con la faccia posteriore orientata verso il basso e dietro. La rotazione interna del ginocchio (la gamba ruota internamente) provoca la rotazione esterna del femore e il contemporaneo spostamento all'esterno della rotula. L'inverso avviene con la rotazione inversa del ginocchio. 21 In conclusione la rotula, dal punto di vista funzionale, ha soprattutto il compito di variare la direzione della trazione del muscolo quadricipite. (Pirola, 1996 ) FLESSIONE ED ESTENSIONE I muscoli della flessione sono: il muscolo bicipite femorale sito lateroposteriormente, il muscolo sartorio, il muscolo gracile, il muscolo semimembranoso e il muscolo semitendinoso siti medialmente, il muscolo popliteo e il muscolo gastrocnemio siti posteriormente. Sono tutti muscoli biarticolari con l'eccezione del muscolo popliteo. L'estensione è effettuata dal muscolo quadricipite femorale. Durante la flessione, movimento che avvicina le superfici posteriori di gamba e coscia, non si avrà una coincidenza di affrontamento fra asse femorale e asse tibiale ma la gamba si fletterà portandosi un po' all'interno rispetto alla posizione della coscia. In ogni caso la meccanica della flesso-estensione si realizza con una particolare dinamica che include rotazione e scivolamento. L'azione è comandata dai muscoli ma, in essa, notevole è l'apporto di guida dei legamenti soprattutto dei crociati. La rotazione dei condili femorali, nella flessione, avviene verso dietro e lo scivolamento verso avanti. Senza questo scivolamento anteriore, in teoria, si produrrebbe una lussazione posteriore del femore. Il contrario avviene nell'estensione: rotazione avanti e scivolamento indietro. Infine, durante la flesso-estensione si verifica un modesto movimento di rotazione del tutto involontario. Perché possa realizzarsi l'intera estensione del ginocchio, in stazione eretta, occorre una modesta rotazione esterna terminale della tibia che detende un po' il 22 legamento crociato anteriore consentendo ai collaterali di raggiungere il massimo della tensione. Ovviamente per poter iniziare la cinetica opposta, ossia la flessione, occorre prima ruotare internamente la tibia. (Pirola, 1996 ) 23 IV IL LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE A) Anatomia: Il legamento crociato anteriore (LCA) è inserito sulla tibia immediatamente davanti e lateralmente alla spina tibiale anteriore, passa sotto il legamento trasverso, in parte unendosi al corno anteriore del menisco laterale, e va indietro, in fuori e in alto, per inserirsi sul condilo femorale laterale. L'inserzione femorale non è resistente quanto quella tibiale e ha la forma di un segmento di cerchio. 24 Nel suo passaggio dalla tibia al femore assume un andamento spiroide con un angolo di circa 110°. Il LCA può essere diviso anatomicamente in due parti: una banda anteromediale che si inserisce sulla regione anteromediale, dell'inserzione sulla tibia, e una massa posterolaterale che costituisce il resto del legamento. L'incrociarsi e l'avvolgersi dei legamenti crociati nel passaggio dalle inserzioni tibiali a quelle femorali sono causati dal fatto che le inserzioni sulla tibia si trovano all'incirca su un piano sagittale, mentre a livello del femore sono quasi su un piano frontale (Palastanga et al., 2006). Il legamento crociato anteriore è extrasinoviale, pertanto è difficile visualizzarlo bene con l’artroscopia, a meno che la membrana sinoviale non sia interrotta o non vi si pratichi un'apertura. Tuttavia, esso è intra-capsulare, cosi che il sangue proveniente dalla rottura del legamento produce un emartro. La lunghezza del legamento, in teoria, dovrebbe rimanere pressoché costante (e dunque in tensione) tra 60° e 120°, mentre dovrebbe aumentare dai 60° fino all’estensione completa. Composto di collagene-elastina, con una lunghezza media di 21 mm, il legamento si può allungare solo dell’8% prima di rompersi (ovvero di 1,7 mm circa). (Evans, 1989) Essendo l'anatomia e la funzione del LCA in stretto rapporto con quelle del LCP ci limiteremo ad accennarne una descrizione. La sua inserzione tibiale é localizzata dorsalmente sul margine posteriore della tibia, da cui si estende in basso lungo la faccia posteriore. È localizzata più sulla faccia posteriore che sulla sommità della tibia. Di qui si dirige in avanti e in alto, medialmente al crociato anteriore e si 25 inserisce sul condilo femorale mediale. Come per il crociato anteriore, la sua inserzione femorale é situata in modo estremamente specifico rispetto all’asse di rotazione in flessione. La forma anche in questo caso è a mezza luna, ma la porzione rettilinea é orizzontale pur essendo anch’essa posta in stretta vicinanza dell’asse articolare in flessione. Come il crociato anteriore, anche questo legamento é extrasinoviale. Nel range articolare abituale, tra i 20° e i 30°, il legamento crociato posteriore è teso al minimo. In estensione, l’inserzione femorale si allontana da quella tibiale per lo spostamento verso l’alto dell’epicondilo. Questo fatto tende il legamento. Man mano che la flessione procede, la zona di inserzione femorale ruota al di sopra dell’asse trasversale in flessione. In questo modo il legamento diviene notevolmente teso. Il legamento crociato posteriore aiuta ad impedire lo spostamento all’indietro della tibia rispetto al femore (ad esempio quando si cammina in discesa). (Evans, 1989) I legamenti crociati hanno una vascolarizzazione abbastanza buona, che dipende sopratutto dall'arteria genicolare media, con un piccolo contributo dell'arteria genicolare laterale inferiore. I vasi ematici formano una guaina attorno ai legamenti dai quali emergono piccoli vasi perforanti. Vicino alle inserzioni femorali dei legamenti si trovano dei meccanocettori, simili agli organi tendinei del Golgi, intorno alla periferia, dove si verificano le massime flessioni, e paralleli all'asse maggiore del legamento. Probabilmente danno informazioni sulle accelerazioni angolari e sono coinvolti nei riflessi che proteggono il ginocchio da eventuali danni. I nervi entrano ed escono attraverso le inserzioni femorali dei legamenti (Palastanga et al., 2006). 26 B) Biomeccanica e funzione: Il legamento crociato anteriore è il freno principale alla traslazione anteriore della tibia e un freno secondario alla rotazione della tibia e alle sollecitazioni in varo e in valgo. Un LCA resiste fino a una tensione di 2500 N e deve essere danneggiato per il 20% prima di rompersi. I LCA delle persone anziane sono meno resistenti rispetto ai LCA dei giovani. Le forze che vengono applicate su un LCA variano da circa 100 N durante l'estensione passiva del ginocchio a 400 N durante il cammino e 1700 N durante attività di accelerazione e decelerazione. Il carico può superare il punto di rottura del LCA solo per combinazioni inusuali di stress sul ginocchio (Brotzman e Wilk, 2007). In flessione, il legamento si avvolge su se stesso assumendo una forma ad “X”, cosi che solo il fascio antero-mediale rimane teso (Girgis et al., 1975; Slocum e Larson, 1968), il che equivale a circa un quarto delle fibre (Evans, 1989). Man mano che l’articolazione si estende, avvengono due cose. in primo luogo, il legamento si svolge, in quanto ruota il punto d'inserzione, e quindi le sue fibre divengono quasi parallele secondo, i due capi del legamento si allontanano l’uno dall’altro, poiché il punto d'inserzione femorale si discosta ulteriormente dal piatto tibiale Si tratta di un effetto di natura meccanica, causato dall’andamento spiroide delle fibre o dalla morfologia del condilo femorale a ruota e cuneo. Alla massima estensione un'ulteriore estensione non é possibile, a meno che il legamento non ceda. Quando un esaminatore porta l'articolazione in estensione 27 completa, per ricercare l'eventuale presenza di lassità, non dovrebbero essere possibili né movimenti di adduzione-abduzione, né di cassetto anteriore o posteriore (traslazione postero-anteriore e antero-posteriore). Tutti i legamenti sono tesi e non é presente "gioco" articolare. Questa condizione viene definita di close-pack. Poiché i legamenti sono tesi e le superfici articolari congruenti al massimo e compresse l’una contro l’altra, questa é una posizione di notevole stabilità. Ciò contrasta con la rimanente parte dell’escursione articolare, che può essere definita nel suo insieme condizione di loose-pack durante la quale é possibile apprezzare clinicamente un certo gioco articolare e la stabilita è significativamente incrementata dai muscoli. La condizione di close-pack sollecita l’articolazione in quanto i legamenti sono sotto tensione e la cartilagine articolare e l’osso subcondrale sono compressi. (Una condizione stressante é tuttavia utile in medicina. Il porre un’articolazione in posizione di close-pack servirà a valutare la normalità delle varie strutture, quali i legamenti, le superfici articolari, l’osso subcondrale nonché il volume intrasinoviale. Se un’articolazione riesce a raggiungere la posizione di close-pack senza che insorga dolore, è verosimile che essa non sia affetta da gravi alterazioni) (Evans, 1989). In ortostatismo, il ginocchio è quasi esteso, ma non in posizione di close-pack; tuttavia, se il soggetto sposta all’indietro il peso del corpo su una sola gamba (Smith, 1953), allora il ginocchio si estende sino alla posizione di close-pack (Evans, 1989). In questa posizione l’articolazione é praticamente immobile. In estensione, il legamento crociato anteriore occupa una piccola incisura posta nella porzione antero-laterale della gola intercondiloidea del femore. Questa 28 piccola intaccatura può essere evidenziata in alcune immagini radiografiche della gola intercondiloidea. Negli studi antropologici essa costituisce l’evidenza che il ginocchio si estendeva totalmente e che pertanto la postura era quella eretta. L’uomo di Neanderthal non presentava tale intaccatura e quindi è lecito supporre che questi camminasse carponi e non in piedi. Nel femore dell’Australopiteco, invece, tale intaccatura é presente. (Evans, 1989) Il LCA è responsabile di circa l'86% della resistenza alla lussazione anteriore e il LCP di circa il 94% della resistenza alla lussazione posteriore della tibia sul femore. I legamenti crociati contribuiscono anche alla stabilità mediolaterale. Il LCP garantisce il 36% della resistenza alla lussazione laterale, mentre il LCA è responsabile del 30% della resistenza alla lussazione mediale della tibia (Palastanga et al., 2006). Al microscopio, i legamenti crociati sono composti prevalentemente da fibre collagene, con una piccola quota di fibre elastiche (10%), per cui i legamenti dispongono di una grande forza di tensione. Queste fibre sono disposte a formare fascicoli di alcuni millimetri di diametro. Nel LCA si possono identificare due tipi di fascicoli: quelli che decorrono direttamente tra le inserzioni tibiale e femorale e quelli che si avvolgono attorno all'asse longitudinale del legamento, con un asse elicoidale di 25°. Questa disposizione ad elica di molte delle fibre ha conseguenze importanti. Quando il ginocchio è poco caricato, solo alcune fibre sono in tensione, ma con l'aumentare del carico il legamento viene stirato, coinvolgendo più fibre ed aumentando notevolmente ed efficacemente la sua forza. Si possono identificare due fasi del carico dei legamenti crociati; prima del punto di snervamento la deformazione è elastica, per lo stiramento e il raddrizzamento 29 del legamento. Un carico ulteriore, tuttavia, causa la distruzione dei legami incrociati delle fibre e la conseguente deformazione è irreversibile. La forza dei legamenti può essere influenzata da diversi fattori: la forza di tensione, ma non la rigidità (stiffness), diminuisce significativamente con l'età l'immobilizzazione può causare una riduzione della forza di tensione fino al 60% la rotazione interna riduce la forza di tensione fino a circa il 6%; di conseguenza le forze torsionali sono potenzialmente molto più dannose l'esercizio può aumentare, sia pur di poco, la forza Le inserzioni ossee dei legamenti mostrano una complessa interdigitazione di fibre collagene tra l'osso e il legamento, tra le quali si interpone una zona transizionale di fibrocartilagine. Questo permette un cambiamento graduale della rigidità e impedisce la concentrazione delle sollecitazioni in questa regione (Palastanga et al., 2006). Durante la flessione il legamento crociato anteriore è responsabile dello scivolamento del condilo in avanti combinato con un rotolamento verso l'indietro. Nell'estensione spetta al legamento crociato posteriore la responsabilità dello scivolamento indietro assieme a un rotolamento verso avanti. I legamenti collaterali, assieme ai crociati, intervengono a limitare i movimenti di rotazione. (Pirola, 1996) 30 V PATOLOGIA DEL LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE A) Eziopatogenesi: Prima di parlare dei meccanismi patogenetici, delineiamo una visione d'insieme anatomo-funzionale dell'apparato capsulo-legamentoso e delle strutture muscolo tendinee, che sono già state presentate nel secondo e terzo capitolo, per capire meglio l'effetto dell'evento traumatico sull'articolazione del ginocchio. il cosiddetto “pilone” o “pivot centrale”, costituito dai due legamenti crociati (LCA e LCP) il “compartimento interno” costituito dalle strutture mediali rappresentate sopratutto dal legamento collaterale interno (LCI, o mediale quindi LCM), dal legamento posteriore obliquo (costituito dalla porzione posteromediale della capsula articolare) e dal tendine capsulare del muscolo 31 semimembranoso. Il legamento posteriore obliquo, il corno posteriore del menisco interno e il tendine capsulare del muscolo semimembranoso costituiscono il cosiddetto “punto d'angolo postero-interno” (PAPI). il “compartimento esterno”, costituito dalle strutture laterali rappresentate sopratutto dal robusto e cilindrico legamento collaterale esterno (LCE), nonché dal tendine del muscolo popliteo e dal tendine distale del bicipite femorale Il LCE, il corno posteriore del menisco esterno e il tendine del muscolo popliteo costituiscono il cosiddetto “punto d'angolo postero-esterno” (PAPE). Gli stretti rapporti che legano tra loro tutte queste formazioni anatomiche rendono ragione dell'eccezionalità delle loro lesioni isolate a seguito di sollecitazioni traumatiche. (Morlacchi e Mancini, 2010) Le lesioni legamentose del ginocchio provocano un danno della stabilità passiva dell'articolazione e devono pertanto essere considerate e trattate come lesioni potenzialmente gravi. Sono frequenti come le lesioni meniscali e si verificano soprattutto in sport di contatto come il calcio, l'hockey su ghiaccio, la pallamano, il basket, il rugby interessando comunque anche altri sport come lo sci, la pallavolo e le arti marziali. Le lesioni legamentose possono essere causate da un contrasto con l'avversario, nel caso di sport di contatto, oppure da movimenti articolari, come le rotazioni, che eccedono la normale escursione articolare. Maggiore è lo stress a carico del ginocchio, maggiore sarà il grado di coinvolgimento dei legamenti. Le lesioni combinate sono in genere il risultato di un impatto violento. Anche in questo caso maggiore è l'entità dell'impatto, più 32 grave e complicato sarà il danno legamentoso. (Ferrario, 2005) I meccanismi patogenetici più frequenti sono: Sollecitazione in valgismo a ginocchio atteggiato in flessione e tibia in rotazione esterna; (Figura 5.1) La lesione conseguente a un trauma di questo tipo è simile sia che l’impatto avvenga sul lato esterno del ginocchio sia che si verifichi sul versante interno del piede, come, per esempio, quando due giocatori colpiscono entrambi la palla contemporaneamente con il lato interno del piede. In tale evenienza si verifica dapprima l'impegno del LCI e quindi quello del PAPI e del LCA (la cosiddetta triade malheureuse degli Autori francesi). Figura 5.1: Sollecitazione in valgismo a ginocchio atteggiato in flessione e tibia in rotazione esterna. 33 In seguito a un impatto molto violento sul versante esterno del ginocchio si può rompere infine il LCP. (Morlacchi e Mancini, 2010; Ferrario, 2005) Sollecitazione in varismo, a ginocchio atteggiato in flessione e tibia in rotazione interna; (Figura 5.2) La prima struttura che viene sottoposta a tensione e che può rompersi è il LCE. Quando l'impatto è più violento, il LCA è sottoposto ad allungamento sino a una sua possibile rottura, (sono traumi tipici da sport: cambio brusco di direzione, ricaduta da un salto, impatto contro la superficie mediale del ginocchio etc.) (Morlacchi e Mancini, 2010; Ferrario, 2005). Figura 5.2: Sollecitazione in varismo, a ginocchio atteggiato in flessione e tibia in rotazione interna; 34 Sollecitazione in valgismo, a ginocchio esteso; in questo caso si verifica la lesione del compartimento mediale, del LCA e del LCP Sollecitazione in varismo a ginocchio esteso; in questo caso si verifica la lesione del PAPE, del LCP e del LCA (Morlacchi e Mancini, 2010) Trauma in iperestensione o iperflessione; molto più rari sono quei meccanismi che possono provocare la lesione isolata dei legamenti crociati: così ad esempio, la retropulsione della tibia da trauma sagittale in corrispondenza dell'epifisi prossimale della tibia stessa, a ginocchio atteggiato in flessione (trauma da cruscotto), può determinare la lesione del LCP; mentre l'iperestensione forzata del ginocchio, può causare la lesione del LCA. Le lesioni dei legamenti crociati possono essere associate a un danno della capsula articolare posteriore nel PAPE (Morlacchi e Mancini, 2010; Ferrario, 2005) Trauma da rotazione senza contatto; un trauma da torsione senza contatto può avvenire in seguito a una rotazione a piede fermo (quando la punta della scarpa si impianta nell'erba nell’atto di calciare o nell'atterraggio da un salto nella pallavolo). Questo tipo di trauma può provocare una lesione sia meniscale sia legamentosa. La lesione del LCA può conseguire a una rotazione interna forzata della tibia rispetto al femore. (Ferrario, 2005) Si possono distinguere distorsioni: di primo grado: semplice distensione o distrazione di alcuni fasci dei legamenti interessati di secondo grado: lacerazione legamentosa parziale 35 di terzo grado: lacerazione legamentosa totale o avulsione legamentosa dell'inserzione ossea Possibile, in tutti i tipi di lesione capsulo-legamentosa del ginocchio, la presenza di lesioni meniscali. (Morlacchi e Mancini, 2010) B) Clinica e diagnosi: Un accurato esame clinico inizia sempre con una precisa valutazione anamnestica, riferita soprattutto al meccanismo di lesione. Il sintomo immediato soggettivo di una lesione legamentosa (in particolare di una lesione del pivot centrale) è spesso rappresentato da una sensazione di scatto o “schiocco” articolare, a volte anche udibile, accompagnata dalla sensazione che il ginocchio “stia uscendo” di sede; l'atleta cade a terra in seguito a un’immediata impotenza funzionale, ma succede a volte, soprattutto nelle lesioni isolate del legamento crociato o dei legamenti collaterali, che si rialzi e riprenda l’attività. Un segno importante è anche la sensazione di instabilità immediata del ginocchio che l'atleta prova nel rialzarsi dopo la caduta, indipendentemente dalla gravità del dolore. Il dolore infatti può essere grave e duraturo ma anche minimo e transitorio. La sua localizzazione è generalmente descritta in profondità nel ginocchio o in qualsiasi punto lungo le strutture legamentose o sulla capsula articolare, maggiormente in regione anteriore e laterale. Il livello di dolore non è sempre proporzionale alla gravità della lesione. Per esempio, nelle lesioni importanti del legamento collaterale mediale il dolore, all’inizio acuto, spesso scompare in un attimo, mentre nel caso di traumi meno gravi può persistere più a lungo; ciò porta a sottovalutare la severità della lesione. 36 La tumefazione articolare che si manifesta subito dopo la lesione sotto forma di versamento endoarticolare (in genere emartro) o di rigonfiamento localizzato in sede mediale o laterale è di entità variabile. Nella figura 5.3 sono riportati i principali quadri clinici di lesione dei legamenti del ginocchio. Figura 5.3: Caratteristiche cliniche delle lesioni legamentose del ginocchio Oltre alla diagnosi clinica, devono sempre essere eseguite una radiografia standard del ginocchio per accertare la presenza di eventuali compromissioni 37 osteoarticolari, la TC e la RM, che permettono la verifica diagnostica, soprattutto di lesione isolata o combinata, necessaria per l'impostazione del trattamento definitivo. Un bilancio articolare conclusivo è effettuato a qualche ora di distanza dal trauma, dopo il primo trattamento immediato. (Ferrario, 2005) (Ferrario, 2005) Per quanto riguarda i tests diagnostici ci limiteremo a descrivere i più usati da parte delle particolari figure mediche coinvolte nei casi e nei protocolli qui trattati: a) Test del varo-valgo La ricerca di lassità inizia con la manovra di stress in varo o in valgo con ginocchio flesso di 30° - in modo da poter valutare i legamenti collaterali - o esteso, per valutare lesioni dei punti d’angolo e del pivot centrale. La valutazione comprende tre stadi: • stadio l: lesione lieve con apertura della rima articolare fino a 5 mm; • stadio 2: lesione media con apertura della rima articolare da 5 a 10 mm; • stadio 3: lesione grave con apertura della rima articolare oltre i 10 mm e coinvolgimento dei legamenti collaterali e del legamento crociato anteriore (in valgo) o posteriore (in varo). (Ferrario, 2005) b) Test del cassetto anteriore Si esegue con il ginocchio flesso di 60° e l'esaminatore seduto sull'avampiede del paziente. Con entrambe le mani si applica una spinta dall’indietro all’avanti in modo da rendere evidente un'eventuale traslazione anteriore della tibia. Il test viene eseguito sia in posizione neutra sia in posizione di rotazione interna 38 ed esterna del ginocchio, in modo da mettere in evidenza anche il danno, rispettivamente, del punto d'angolo posteroesterno (PAPE) e di quello posterointerno (PAPI). (Ferrario, 2005) c) Test di Lachman-Trillat Si esegue con il ginocchio flesso di 30° impugnando con le due mani il femore e la tibia e applicando la stessa sollecitazione in direzione opposta, dall'avanti all'indietro e dall’indietro in avanti, in modo da evidenziare un'eventuale traslazione anteriore della tibia rispetto al femore. I risultati del test sono classificati secondo il grado di traslazione e il tipo di arresto che può subire il movimento passivo, così da distinguere i test senza arresto, che indicano generalmente una lesione completa del legamento crociato anteriore, da quelli con arresto ritardato stabile, che possono indicare una lesione incompleta che riguarda uno solo dei fasci del legamento o una detensione del legamento stesso senza interruzione della struttura. A volte l'arresto in presenza di lesione completa può essere dovuto a un compenso funzionale delle strutture periferiche. (Ferrario, 2005) d) Jerk-test Si esegue con l'anca flessa di 45° e il ginocchio flesso di 90° nel paziente in posizione supina. L'esaminatore produce uno stress in valgo spingendo il terzo superiore della gamba e mantenendo con l'altra mano il piede in rotazione interna. Intanto l'esaminatore estende passivamente il ginocchio. In caso di positività del test, nel corso del movimento, a circa 30° di flessione del ginocchio, si avverte uno spostamento del piatto tibiale che, a estensione quasi completa, si riduce bruscamente riportando il piede in rotazione esterna. (Ferrario, 2005) 39 e) Pivot-shift test Ha un significato funzionale simile a quello del Jerk-test. Si esegue con il ginocchio esteso nel paziente in posizione supina, esercitando una pressione tale da spingere il ginocchio in valgo. All'inizio della flessione del ginocchio si ha una sublussazione anteriore dell’emipiatto tibiale laterale, che a circa 30° di flessione si riduce spontaneamente con uno scatto nettamente percepibile. (Ferrario, 2005) 40 VI TIPOLOGIE DI TRATTAMENTO A) Trattamento delle instabilità del ginocchio, generalità Il trattamento iniziale, sul campo, di una lesione legamentosa acuta del ginocchio è valido qualunque sia il legamento interessato e consiste nell'applicazione di ghiaccio in sede locale, bendaggio compressivo, doccia d'immobilizzazione lievemente flessa, elevazione dall’arto, utilizzo di bastoni canadesi per camminare. A qualche ora di distanza dal trauma può essere necessaria un’artrocentesi di svuotamento dell'emartro con rinnovo dell'immobilizzazione. (Ferrario, 2005) Trattamento di lesione dei legamenti collaterali. In caso di lesione parziale del legamento collaterale mediale o di quello esterno si effettua un bendaggio funzionale, mentre se la lesione è completa si ricorre ai 41 seguenti provvedimenti: tutore d'immobilizzazione fissato a 30° di flessione del ginocchio per 20 giorni, quindi una ginocchiera con articolarità limitata tra 0 e 90° di flessione, concessione della normale deambulazione e inizio del lavoro fisiochinesiterapico di recupero muscolare e propriocettivo e corsa leggera dopo 30 giorni di applicazione del tutore. A volte, nelle lesioni croniche, può persistere un'instabilità con dolore continuo mediale, per cui diventa necessario un trattamento chirurgico di ritensione capsulolegamentosa mediale. Trattamento di lesione del legamento crociato anteriore In caso di lesione isolata del LCA, con scarsa sintomatologia dolorosa e scarsa obiettività, sono consigliati l’uso di una ginocchiera protettiva per 20 giorni, permettendo la deambulazione libera, e un intervento chirurgico di ricostruzione. Questo è effettuato su un ginocchio cosiddetto “tranquillo” o “spento”, cioè dopo la prima fase infiammatoria, quando l'articolarità del ginocchio è completa, non si ha dolore ed è presente un buon controllo propriocettivo. Attualmente le ricostruzioni in fase acuta, soprattutto se vi sono lesioni associate dei legamenti collaterali o dei menischi, non sono più attuate, in quanto possono residuare limitazioni articolari e sicuramente si determina un allungamento dei tempi di recupero. A volte, una lesione cronica isolata del legamento crociato anteriore può persino essere silente da un punto di vista sintomatologico, non dare instabilità né cedimenti, soprattutto se si verifica durante la pratica di sport in cui non si hanno azioni di rotazione del ginocchio. L'intervento chirurgico è comunque consigliato, perché la lassità articolare presente può portare nel corso degli anni a usura delle 42 componenti intrarticolari, soprattutto meniscali e cartilaginee, con conseguente necessità tardiva di intervento. Trattamento di lesione del legamento crociato posteriore In caso di lesione isolata del LCP si deve valutare attentamente con la RM la zona lesionata, in quanto una disinserzione ossea dalla spina tibiale posteriore o distale può rappresentare un'indicazione chirurgica di ricostruzione immediata del legamento in fase acuta. In questa situazione la percezione clinica di una lesione parziale o totale è estremamente difficile, pertanto il trattamento iniziale è simile a quello che si effettua in caso di lesione del legamento crociato anteriore: immobilizzazione in tutore per 20 giorni, quindi ripresa della deambulazione con uso di ginocchiera e spinta posteriore tibiale di correzione del cassetto posteriore per altri 20 giorni e in seguito riabilitazione adeguata, e molto attenta alla propriocezione, che deve (e ciò è possibile) compensare lo scivolamento posteriore della tibia sul femore. Si è visto che alcune lesioni parziali del legamento crociato posteriore a volte guariscono, essendo questo maggiormente irrorato rispetto al legamento crociato anteriore (l'apporto ematico deriva da tre arteriole, rami delle arterie genicolate posteriori). Può permanere, con una certa frequenza, una residua lassità, che rimane molto spesso compensata per parecchi anni. Sovente, le lesioni del legamento crociato posteriore, più che instabilità, determinano dolore sotto sforzo, a causa dell'incongruenza articolare che si viene a creare, rendendosi pertanto necessaria una ricostruzione chirurgica. A volte lesioni croniche del legamento crociato posteriore sono compatibili con attività intense, anche in sport da contatto. La lassità presente comporterà però in 43 prospettiva una degenerazione artrosica del ginocchio lesionato. (Ferrario, 2005) Il trattamento chirurgico di lesioni dei legamenti crociati ha avuto inizio negli anni Settanta con la ricostruzione in fase acuta, seguita da un’immobilizzazione prolungata e da una rieducazione lunga e difficile. Negli anni Ottanta si è diffuso l'uso di legamenti artificiali utilizzati come scaffold su cui in teoria dovrebbero insediarsi le cellule fibrose, o come augmentation cioè come sostegno a un innesto biologico autologo. Parallelamente si è sviluppato il concetto di “isometria” dell'impianto del neolegamento, con ricerca accurata delle aree d'inserzione anatomo-funzionali del legamento originale. Attualmente la ricostruzione del legamento crociato anteriore, effettuata in artroscopia (vale a dire senza apertura della capsula articolare o artrotomia), può essere praticata attraverso il trapianto autologo di tendine rotuleo (ipsi o controlaterale), tendini dei muscoli semitendinoso e gracile, e tendine del muscolo quadricipite femorale, oppure con il trapianto da cadavere di tendine rotuleo o di tendine calcaneare o con legamenti artificiali. I legamenti artificiali sono ormai stati ovunque abbandonati e i tendini da cadavere non sono utilizzabili in Italia per la mancanza di adeguate banche in cui conservarli. All'immobilizzazione o all'intervento chirurgico segue sempre un'adeguata riabilitazione prima della ripresa atletica. La ripresa dell'attività sportiva agonistica può richiedere tempi lunghi di 44 riabilitazione, soprattutto dopo chirurgia ricostruttiva. Possono essere necessari dai 6 agli 8 mesi dopo una ricostruzione del legamento crociato anteriore e un'attesa rigorosa di 12 mesi dopo ricostruzione del legamento crociato posteriore o in caso di ricostruzione associata dei due legamenti crociati. (Ferrario, 2005) B) Tipologie di trattamento chirurgico di ricostruzione del legamento crociato anteriore Scopo dell'intervento di ricostruzione del legamento crociato anteriore è di dare stabilità e quindi prevenire l'artrosi precoce. La tecnica più considerata per tanti anni è stata quella che utilizza il terzo centrale del tendine rotuleo. Si tratta di un ottimo sistema che dà risultati molto buoni. Comporta però un sacrificio importante del tendine rotuleo e non è priva di complicanze precoci e tardive per cui si è preferito considerare un intervento che fosse in genere meno aggressivo con risultati finali sovrapponibili: dal 1997 hanno cominciato ad usare i tendini del semitendinoso e gracile per ricostruire il LCA. Attualmente è considerata la procedura di maggior tendenza in tutto il mondo, anche se la ricostruzione con il rotuleo viene ancora utilizzata. (Coppola e Masiero, 2005) I- La tecnica di ricostruzione con il tendine rotuleo Si pratica un'incisione cutanea longitudinale dall'apice inferiore della rotula alla tuberosità tibiale mediana. Raggiunto il tendine rotuleo, salvaguardando il peritenonio, che poi verrà risuturato, si preleva il terzo centrale della parte 45 tendinea (circa 10 mm) con le corrispondenti bratte ossee monocorticali rotulea e tibiale per una lunghezza di circa 25 mm mediante l'utilizzo di una sega a lama oscillante. L'innesto così ottenuto viene armato prossimalmente con un filo robusto di materiale non riassorbibile per il trascinamento all'interno della cavità articolare, distalmente con doppio filo per il tensionamento. Segue ora il tempo artroscopico dell'intervento: a ginocchio flesso a 90° si procede utilizzando una guida opportunamente angolata a 55° alla preparazione del tunnel tibiale in posizione isometrica, tunnel il cui diametro deve corrispondere alla dimensione della bratta ossea distale. Utilizzando la direzione di questo tunnel, si introduce una guida femorale cannulata che permetta l'introduzione di un filo-guida nel punto isometrico femorale che è appena anteriore e distale alla posizione “over the top”, a ore 13 per il ginocchio sinistro e a ore 11 per il ginocchio destro. Si prepara quindi con una fresa cannulata il tunnel femorale di lunghezza e diametro corrispondenti alla pasticca ossea da alloggiare. Viene quindi introdotto l'innesto e fissato con viti a interferenza o pins transossee. (Coppola e Masiero, 2005) II- La tecnica di ricostruzione con i tendini dei muscoli semitendinoso e gracile. Anche in questo caso si tratta di un intervento effettuato sotto controllo artroscopico. Si pratica una piccola incisione in corrispondenza dei tendini della zampa d'oca. 46 Aperta la fascia del sartorio, si isolano e prelevano i tendini del semitendinoso e gracile. Disinseriti sia prossimalmente che distalmente, con apposito stripper vengono liberati dai residui muscolari e armati, una volta raddoppiati su loro stessi, con filo riassorbibile così da renderli più compatti. Vengono quindi preparati i tunnels tibiale e femorale il cui diametro corrisponde a quello dell'innesto, e attraverso un sistema guidato si fa passare l'innesto che viene fissato prossimalmente con due pins in acido polilattico, o con sistema di ancoraggio corticale al femore e distalmente alla tibia con sistema analogo o viti riassorbibili in acido polilattico o trifosfato di calcio e polilattico. (Coppola e Masiero, 2005) 47 VII PROTOCOLLI Presentiamo di seguito i protocolli riabilitativi da noi raccolti, evidenziando (in rosso) il momento di passaggio dalla fase prettamente riabilitativa a quella di riallenamento. I- Protocollo fisioterapico in uso presso “Palestra dello Sport di Bussana - ASL1 Imperiese” Trattamento nel reparto chirurgico Immediato post-operatorio (primi giorni) OBIETTIVI TRATTAMENTO Riduzione dolore e infiammazione Crioterapia Controllo di postura in estensione Isometria del quadricipite del ginocchio Insegnare a mantenere ginocchio in Controllo dell'arto nei passaggi posturali estensione (anche in stazione eretta) Insegnare a svolgere i passaggi Verticalizzazione con concessione posturali con ginocchio flesso a carico circa 20° CPM 48 Trattamento ambulatoriale TRATTAMENTO PRIMA FASE - Prime 4 settimane Crioterapia Mobilizzazione passiva (senza OBIETTIVI Riduzione dolore e infiammazione Recupero del ROM (90°-120°) Abbandono degli ausili forzare) Mobilizzazione manuale della rotula Allenamento al cammino con ausili Lavoro isometrico (quadricipite) Posture per il recupero dell'estensione Esercizi per recuperare il ROM attivo in flessione (tavola di scorrimento) (deambulazione senza ausili dopo 3 settimane -se trapianto di tendine rotuleo- e dopo 4 settimane -se trapianto di doppio semitendinoso e gracile-; solo se buon controllo di quadricipite e assenza di zoppia) SECONDA FASE - Secondo mese OBIETTIVI Recupero ROM completo TRATTAMENTO Mobilizzazione passiva e attiva- 49 assistita Recupero funzione dell'arto in appoggio Iniziale recupero di forza muscolare Iniziale recupero propriocezione Stimolazione muscolare (quadricipite) Cyclette (resistenza e velocità basse) Esercizi in catena cinetica chiusa in non appoggio del peso corporeo (pedana con resistenze elastiche) Esercizi in catena cinetica chiusa in appoggio bipodalico e poi progressivamente (dal 45° giorno) monopodalico Tapis roulant Tapis roulant a marcia invertita (allenamento ischio-crurali e del tricipite) Step (con appoggio AASS; solo dopo 30° giorno poiché sollecita la rotula) TERZA FASE – Terzo mese OBIETTIVI TRATTAMENTO Rinforzo muscolare selettivo Recupero propriocezione con resistenze isotoniche (pressa Propedeutica alla corsa isotonica) Esercizi in catena cinetica chiusa 50 Esercizi in catena cinetica aperta con resistenze isotoniche (Leg Extension, rispettando sempre ultimi gradi di estensione) Esercizi in catena cinetica chiusa in appoggio monopodalico (simulazione passo, pedana elastica) Propedeutica alla corsa su tapis roulant (nella fase finale di questo periodo) QUARTA FASE – Quarto mese TRATTAMENTO OBIETTIVI Rinforzo e propriocezione Rinforzo muscolare Recupero propriocezione Ripresa dell'attività di base per il retta prima su tapis roulant e poi ritorno all'attività sportiva (quando svolta correttamente senza continuano progressivamente Allenamento alla corsa in linea compensi) gestita dal paziente QUINTA FASE – Quinto mese (inizio fase d'allenamento) OBIETTIVI Rinforzo muscolare Recupero propriocezione Ripristino del gesto sportivo Allenamento ai diversi tipi di corsa Allenamento al salto 51 Sesto mese (Previa valutazione con test di forza e test RITORNO ALL'ATTIVITÀ SPORTIVA funzionali come il “One-Leg Hop Test” salto in lungo monopodalico- il paziente potrà ritornare a praticare attività sportiva) II- Protocollo fisioterapico in uso presso “Associazione Calcio Fiorentina” Fase Pre-operatoria OBIETTIVI TRATTAMENTO Creare condizioni articolari, Crioterapia muscolari e propriocettive Lavoro isometrico per la muscolatura ottimali per un miglior recupero Mobilizzazione passiva e auto- post-operatorio assistita Prevenire l'insorgenza di vizi posturali e di deambulazione Fase post-operatoria Primo mese OBIETTIVI TRATTAMENTO Recupero ROM Mobilità della rotula e della si pensa essere la flessione meccanica cicatrice di soli 0-100° reali e poiché tende a Recupero schema del passo e creare compensi). Si preferisce non usare CPM (poiché 52 abbandono degli ausili Recupero tono-trofismo muscolare Mobilizzazione passiva (senza sforzare e sotto la soglia del dolore) Responsabilizzazione del paziente Mobilizzazione auto-passiva e attiva auto-assistita Propriocezione statica Idrochinesiterapia (corsa in acqua e esercizi attivi con galleggiante) Esercizi isotonici dell'anca con resistenze isotoniche e KCE Esercizi in catena cinetica chiusa su pedana propriocettiva (gonfiabile in gomma) in appoggio monopodalico Stimolazione elettrica (sia durante esercizi su pedana propriocettiva sia durante esercizi attivi) Diversi tipi di camminata (laterali, ginocchia flesse, indietro, sulle punte) senza ausili Secondo mese OBIETTIVI TRATTAMENTO Recupero ROM Cyclette Mobilità della rotula e della Esercizi in catena cinetica chiusa su cicatrice pedana elastica e pedana instabile in Recupero schema del passo appoggio monopodalico Recupero tono-trofismo Camminata in percorso a ostacoli muscolare Corsa sul posto senza staccare i piedi Propedeutica alla corsa Corsa con correzione dei vizi Recupero propriocezione addominale, poi corsa e poi corsa con dinamica arresti monopodalici. dal suolo, poi su pedana elastica Cammino contro trazione elastica Esercizi in catena cinetica chiusa in appoggio bipodalico, in seguito con carichi progressivi. 53 Lavoro isometrico su pedana propriocettiva Idrochinesiterapia Corsa in linea Terzo mese (inizio fase d'allenamento) OBIETTIVI TRATTAMENTO Rinforzo muscolare Pliometria poi in monopodalico e con Recupero attività sportiva di base mantenimento isometrico della Corsa (varianti) posizione d'arrivo Recupero propriocezione per il Balzi di diversi tipi in bipodalico e Esercizio per il gesto specifico (calcio) su pedana instabile gesto specifico (gonfiabile in gomma) Esercizi in catena cinetica chiusa in appoggio monopodalico e poi con carichi progressivi. Esercizi su scalini (corsa e saltelli in salita) Esercizi con la palla Quarto Mese OBIETTIVI TRATTAMENTO Corsa Continua come sopra Cambi di direzione Esercizi con macchina isocinetica Aumento forza Stretching e esercizi eccentrici Recupero ottimale del gesto Recupero capacità motorie Prevenzione di piccoli infortuni possibili con il ritorno all'attività agonistica (mantenimento forza, 54 propriocezione e flessibilità) Favorire la stabilità ottimale dell'innesto Valutazione pre-rientro Test di forza (isocinetico e balzo) Test propriocettivo (pedana computerizzata) Test della corsa Test con palla KT1000 (Chirurgo) III- Protocollo fisioterapico in uso presso “Gruppo Medico Isokinetic di Bologna” Prima settimana Programma di autotrattamento a casa: OBIETTIVI TRATTAMENTO aumento ROM riposo, crioterapia e elevazione diminuzione edema e dolore esercizi per il recupero del ROM attivo e passivo stimolazione elettrica (quadricipite femorale a ginocchio in completa estensione) (deambulazione con due stampelle) 55 Seconda settimana Inizio programma riabilitativo (dall'8° al 17° giorno) (2 sedute al giorno per 5 giorni a settimana e una seduta il Sabato mattina): OBIETTIVI aumento ROM (recupero TRATTAMENTO estensione) Riscaldamento con cyclette con sellino basso aumento forza muscolare Posture per il recupero dell'estensione diminuzione edema e dolore Cocontrazioni attive degli estensori e dei flessori del ginocchio, dei flessori e degli abduttori dell'anca Isometria per gli adduttori Mobilizzazione attiva da 45° a 0 Esercizi in catena cinetica chiusa in modalità eccentrica in non appoggio del peso corporeo (Leg Press con elastici) Massoterapia Crioterapia (Criteri per il proseguimento: (dal 15° giorno deambulazione con una non dolore, non aumento dell'edema, stampella) aumento del ROM) Terza e quarta settimana (oltre ai già citati) (dal 18° al 29° giorno) OBIETTIVI aumento ROM (recupero TRATTAMENTO estensione) aumento forza muscolare diminuzione edema e dolore recupero propriocezione Riscaldamento con cyclette, stepper e treadmill Esercizi in catena cinetica aperta (Leg Extention con carico, da 45° a 0) Pedana instabile in appoggio bipodalico 56 Idrochinesiterapia (cammino, est/flex/ab/ad dell'anca senza e poi con galleggiante, leg press con galleggiante, corsa in acqua profonda) (rimozione punti) (dal 24° giorno deambulazione senza stampelle) Dal 30° al 42° giorno (2° mese) (oltre ai già citati) OBIETTIVI aumento ROM (recupero TRATTAMENTO flessione) Riscaldamento con camminata e poi corsa su treadmill; stepper aumento forza muscolare diminuzione edema e dolore scorrimento e scivolamento sul muro) recupero propriocezione e attiva-assistita per il recupero della Propedeutica alla corsa flessione Mobilizzazione attiva (tavola di Esercizi in catena cinetica chiusa in appoggio monopodalico (Leg press con elastici) Pedana instabile in appoggio monopodalico e tappetino elastico Idrochinesiterapia (nuoto a dorso, (Criteri per il proseguimento in campo: stretching, stile libero con tavoletta, non dolore, non edema, ROM completo, esercizi con galleggianti, salti laterali forza degli estensori almeno 80% dei e in avanti, corsa in acqua profonda e controlaterali). poi in acqua bassa) Dal 43° al 59° giorno (2° mese) (oltre ai già citati) OBIETTIVI TRATTAMENTO aumento ROM Stretching aumento forza muscolare Leg Extention (progressivamente fino 57 diminuzione edema e dolore recupero propriocezione Recupero della corsa a 45 kg) Lavoro con macchina isocinetica per l'estensione del ginocchio Stimolazione elettrica Esercizi per il corretto schema della corsa Corsa (lenta in campo, in cerchio, cambiamenti di direzione, scatti, decelerazioni, stop e ripartenze, corsa su soglia anaerobica) (termine lavoro in piscina e inizio lavoro in campo) Dal 60° al 72° giorno (3° mese) (oltre ai già citati) (inizio fase d'allenamento) OBIETTIVI aumento forza muscolare recupero propriocezione ritorno all'attività sportiva recupero livello agonistico d'élite recupero gesto specifico Dal 73° al 90° giorno (fine 3° mese) TRATTAMENTO (individuale e con la squadra) aumento forza muscolare recupero propriocezione partecipazione a competizione ufficiale Pliometria (esercizi per il gesto sportivo del calcio) (oltre ai già citati) OBIETTIVI Corsa e allenamento con la palla TRATTAMENTO Leg Press (con resistenze isotoniche progressive) Progressiva partecipazione a partite ufficiali 58 (Criteri per il ritorno alle competizioni ufficiali: mancanza di sensazione di instabilità da parte del soggetto, recupero completo del gesto sportivo, valore all'esame con KT1000 minore di 2 mm di differenza con il controlaterale, soglia aerobica maggiore di 11 km/h, soglia anaerobica maggiore di 13.5 km/h e una differenza nell'estensione isometrica tra i due lati minore del 10% a 80° di flex.) (Roi GS et al., 2005) IV- Protocollo fisioterapico in uso presso “Real Racing Club de Santander” Prima Settimana (Immobilizzazione in ginocchiera bloccata in estensione) OBIETTIVI TRATTAMENTO Protezione Lavoro isometrico (quadricipite) Mantenimento articolare e Mobilizzazione attiva della tibio- muscolare delle articolazioni non tarsica e dell'anca lese Recupero capacità contrattile della muscolatura estensoria (quadricipite) 59 Seconda Settimana (Rimozione ginocchiera) (Rimozione punti in 11a giornata) OBIETTIVI TRATTAMENTO Trattamento dolore e edema Crioterapia Recupero del ROM Tens Deambulazione con due bastoni Lavoro isometrico (quadricipite) canadesi Mobilizzazione passiva (no CPM) Recupero capacità contrattile Posture per il recupero dell'estensione della muscolatura estensoria Stimolazione elettrica (quadricipite) (quadricipite) poi anche abbinata a mobilizzazione attiva Ultrasuoni Stretching Addestramento alla deambulazione con due canadesi (solo se il paziente riesce a riprodurre il normale schema del passo; si posticipa se presenta zoppia) Terza Settimana Inizio trattamento presso l'ambulatorio della mutua (con piscina) al mattino e con il team riabilitativo della squadra nel pomeriggio OBIETTIVI TRATTAMENTO Trattamento dolore e edema Recupero ROM Rinforzo selettivo muscolatura Crioterapia flessoria Tens Iniziale rinforzo muscolatura Mobilizzazione passiva estensoria Posture per il recupero dell'estensione Mobilizzazione rotula Esercizi attivi degli ischio-crurali Idrochinesiterapia (cammino, flessoestensione e stretching) contro resistenza 60 Mobilizzazione attiva in estensione (tavola di scorrimento) Stimolazione elettrica Ultrasuoni Stimolazione elettrica + estensione attiva fino a 40° Esercizi in catena cinetica chiusa su pedana (resistenze elastiche) Quarta settimana Cyclette Continuano le due sedute giornaliere in piscina e in palestra con il team riabilitativo. OBIETTIVI TRATTAMENTO Trattamento dolore e edema Recupero ROM Rinforzo muscolare Crioterapia Abbandono ausili Mobilizzazione passiva Mobilizzazione rotula Ultrasuoni Stimolazione elettrica Esercizi in catena cinetica chiusa su Idrochinesiterapia (cammino, flessoestensione e stretching) pedana (resistenze elastiche) Cyclette Addestramento a deambulazione senza ausili Esercizi in catena cinetica chiusa su pedana con carichi progressivi (Leg Press) in bipodalico Estensione attiva contro carico leggero in catena cinetica aperta 61 Continuano le due sedute giornaliere in Secondo mese piscina e in palestra con il team riabilitativo OBIETTIVI TRATTAMENTO Recupero ROM completo Rinforzo muscolare Correzione vizi dello schema del Crioterapia passo Mobilizzazione passiva Recupero propriocezione Ultrasuoni Rinforzo muscolare generale Stimolazione elettrica Cyclette Leg Press in bipodalico Estensione attiva contro carico Idrochinesiterapia (cammino, flessoestensione e stretching) leggero in catena cinetica aperta Allenamento schema del passo ottimale Esercizi in catena cinetica chiusa in bipodalico con appoggio del peso corporeo Esercizi di rinforzo e mantenimento generale Continuano le due sedute giornaliere in Terzo mese piscina e in palestra con il team riabilitativo OBIETTIVI Rinforzo muscolare Recupero propriocezione Recupero della corsa TRATTAMENTO Idrochinesiterapia (cammino, flessoestensione e stretching) Crioterapia Mobilizzazione passiva Ultrasuoni Stimolazione elettrica Cyclette Leg Press in bipodalico 62 Estensione attiva contro carico leggero in catena cinetica aperta Esercizi su pedana instabile e pedana propriocettiva prima in appoggio bipodalico e poi monopodalico Esercizi di rinforzo e mantenimento generale Versapulley * Yo-Yo ** Corsa su tapis roulant e leggera all'aperto Quarto mese Solo una seduta giornaliera in palestra con il (inizio fase d'allenamento) team riabilitativo OBIETTIVI TRATTAMENTO Rinforzo muscolare Crioterapia Corsa Mobilizzazione passiva Ultrasuoni Stimolazione elettrica Cyclette Leg Press in bipodalico Estensione attiva contro carico leggero in catena cinetica aperta Esercizi su pedana instabile e pedana propriocettiva in appoggio monopodalico Esercizi di rinforzo e mantenimento generale Versapulley * Yo-Yo ** Corsa su tapis roulant Corsa leggera in campo (con scarpe da ginnastica normali) 63 Solo una seduta giornaliera in palestra con il Quinto mese team riabilitativo OBIETTIVI TRATTAMENTO Rinforzo muscolare Crioterapia Corsa Mobilizzazione passiva Ripresa del gesto specifico del Ultrasuoni calcio Stimolazione elettrica Cyclette Leg Press in bipodalico Estensione attiva contro carico leggero in catena cinetica aperta Esercizi su pedana instabile e pedana propriocettiva in appoggio monopodalico Esercizi di rinforzo e mantenimento generale Versapulley * Yo-Yo ** Corsa su tapis roulant Corsa in campo (con scarpe da calcio con tacchetti) (scatti, skip alto, cambi di direzione) Esercizi con la palla Sesto mese OBIETTIVI Ritorno all'attività agonistica TRATTAMENTO Continuano gli esercizi di rinforzo analitico e globale Corsa e esercizi con il resto della squadra Prima partita ufficiale *Versapulley: La resistenza che viene fornita dalla macchina è di tipo reattivo concentrico (durante 64 le inversioni di ciclo), eccentrica, pliometrica causate dalla rapidità massimale che si può raggiungere nelle spinte prodotte e con decelerazioni repentine, tipiche di tutti gli sport di squadra e in quelli multi-direzionali. **YOYO: durante la fase concentrica dell’esercizio, il muscolo viene contratto con la massima forza possibile tirando una cinghia arrotolata sull’asse del volano, mettendolo in rotazione ad alta velocitá. La cinghia ha una lunghezza tale da essere completamente svolta alla fine del movimento. Per via della propria inerzia, il volano continua a ruotare riavvolgendo la cinghia nel senso opposto, tirando a sé l’arto e iniziando la successiva fase eccentrica. Dopo una blanda resistenza iniziale, il soggetto inizia a frenare tirando la cinghia fino a completo arresto del volano. V- Protocollo fisioterapico in uso presso “Association Sportive de Monaco Football Club” Dal 1° al 3° giorno (Ginocchiera bloccata in estensione giorno e notte) OBIETTIVI TRATTAMENTO Gestione della ginocchiera e della Posizione declive posizione declive Crioterapia Trattamento dolore e Mobilizzazione della tibio-tarsica infiammazione Isometria (quadricipite) Recupero ROM Mobilizzazione del ginocchio con Addestramento alla deambulazione con ausili CPM Iniziale recupero capacità contrattile muscolare Esercizi di flessione attiva del ginocchio Cocontrazioni di quadricipite e 65 ischio-crurali Mantenimento articolaremuscolare delle articolazioni sane Deambulazione con carico concesso, con ginocchiera e due bastoni canadesi (Rimozione del drenaggio) 3° giorno (Utilizzo di contenzione elastica) OBIETTIVI TRATTAMENTO Come sopra Posizione declive Promozione di guarigione dei Crioterapia tessuti Mobilizzazione della tibio-tarsica Isometria (quadricipite) Mobilizzazione con CPM Mobilizzazione rotula Mobilizzazione attiva dell'anca (con protezione della ginocchiera) Flessione attiva-assistita del ginocchio Cocontrazioni di quadricipite e ischio-crurali Deambulazione con carico concesso, con ginocchiera e due bastoni canadesi Continua come sopra 4° e 5° giorno OBIETTIVI Come sopra Promozione di guarigione dei tessuti Addestramento a salita e discesa delle scale TRATTAMENTO Rimozione ginocchiera a letto (solo durante il giorno) Allenamento alla salita e discesa delle scale (La ginocchiera viene rimossa alla fine della prima settimana) 66 Fino al 45° giorno (Abbandono dei bastoni canadesi e deambulazione libera tra la quarta e la sesta settimana se buon controllo del quadricipite e non zoppia) OBIETTIVI TRATTAMENTO Trattamento dolore e Crioterapia infiammazione Isometria Recupero ROM Mobilizzazione rotula Addestramento alla Mobilizzazione deambulazione senza ausili passiva e attiva- assistita Rinforzo muscolare Recupero propriocezione bipodalico e poi in monopodalico con Educazione del pz. ad evitare carichi progressivi movimenti di rotazione, di iperestensione e flessione violenta Esercizi in catena cinetica chiusa in Lavoro propriocettivo in appoggio bipodalico in catena cinetica chiusa Lavoro propriocettivo su pedana instabile in bipodalico e poi in monopodalico Cyclette Idrochinesiterapia (nuoto solo a dorso con pinne) Fino al 90° giorno OBIETTIVI Recupero ROM completo Rinforzo muscolare Recupero propriocezione Iniziale recupero del gesto TRATTAMENTO Esercizi in catena cinetica aperta con carico distale progressivo Lavoro propriocettivo su pedana instabile in monopodalico sportivo specifico Esercizi pliometrici Recupero del gesto del salto Cyclette Salti (con corda e laterali) Idrochinesiterapia (nuoto con pinne) 67 (Il 90° giorno si effettua il primo test isocinetico) Quarto mese OBIETTIVI TRATTAMENTO Rinforzo muscolare Recupero propriocezione Iniziale recupero Esercizi in catena cinetica aperta con carico distale progressivo del gesto Lavoro propriocettivo su pedana (nuoto senza instabile in monopodalico sportivo specifico Recupero del gesto del salto Esercizi pliometrici Recupero della corsa Salti (con corda e laterali) Cyclette Corsa in linea Idrochinesiterapia pinne) Quinto mese (inizio fase d'allenamento) OBIETTIVI TRATTAMENTO Rinforzo muscolare Recupero propriocezione Recupero del gesto Continuano gli esercizi della fase precedente con incremento sportivo Esercizi sport-specifici specifico Recupero del gesto del salto Recupero della corsa Riallenamento allo sforzo 68 (Si effettua il secondo test isocinetico) Sesto mese OBIETTIVI Recupero TRATTAMENTO funzione di perno Esercizi in rotazione dell'arto inferiore in gesti sportivi di rotazione Ritorno all'attività sportiva senza limitazioni (talvolta può avvenire nel quinto mese) A 12 mesi (Si effettua il terzo test isocinetico) 69 VIII DISCUSSIONE Nel commentare i protocolli fin qui presentati, inizieremo a estrapolarne i tratti fondamentali, cioè quelle tappe, in termini di tempistiche e obiettivi raggiunti, che ci forniscono un quadro d'insieme del progetto riabilitativo e della sua efficacia sul paziente e sul recupero della funzione. Commento del protocollo fisioterapico in uso presso “Palestra dello Sport di Bussana - ASL1 Imperiese” IMMOBILIZZAZIONE: A discrezione dell'ortopedico (l'ambulatorio riceve pazienti operati da diversi chirurghi e quindi con differenti tecniche). INIZIO DEL TRATTAMENTO RIABILITATIVO: A discrezione dell'ortopedico (tra i 2 e i 10 giorni, quindi in base alla fase di protezione voluta dall'ortopedico). CARICO: Concessione del carico in prima giornata postoperatoria e deambulazione con due bastoni canadesi. I bastoni vengono abbandonati solitamente in 3ª settimana nel caso di trapianto con tendine rotuleo e in 4ª settimana nel caso di trapianto con doppio semitendinoso e gracile (solo 70 se il controllo del quadricipite è buono e non vi è zoppia). INIZIO DEL RINFORZO MUSCOLARE: Il rinforzo della muscolatura estensoria inizia dopo 60 giorni con lavoro isotonico. Precedentemente (già nel secondo mese) si è iniziato il rinforzo isotonico dei muscoli flessori. INIZIO ESERCIZI PROPRIOCETTIVI: Nel secondo mese si effettuano esercizi in appoggio bipodalico e dopo il 45° giorno in appoggio monopodalico. Nel terzo mese si passa al lavoro monopodalico su una pedana instabile. INIZIO CORSA: Il lavoro propedeutico su tapis roulant inizia alla fine del terzo mese; nel quarto si passa alla corsa in linea, gestita autonomamente dal paziente, solo nel momento in cui è svolta correttamente e senza compensi. INIZIO DEL RECUPERO DEL GESTO SPORTSPECIFICO Nel quinto mese (lavoro non eseguito in ambulatorio). 71 RITORNO ALL'ATTIVITÀ SPORTIVA AGONISTICA Non prima del sesto mese e una volta recuperate, a livello ottimale, le abilità di base (corsa e salto) e il gesto sportivo specifico. Il trattamento riabilitativo inizia quindi dai 2 ai 10 giorni dopo l'intervento in base a quanto prescritto dall'ortopedico. In concomitanza viene svolta la visita fisiatrica post-intervento. Le macchine per la mobilizzazione passiva (CPM = Continuous Passive Motion) nell'immediato post-operatorio vengono solitamente utilizzate ma, essendo oggetto di numerose controversie (Brach e Goitz, 2006) riguardanti l'effetto che possono avere sul dolore e sull'edema, se non sono tollerate dal paziente, vengono sostituite da mobilizzazione manuale passiva. Secondo alcuni studi, infatti, la CPM ridurrebbe dolore e edema essendo anche una scelta più economica rispetto a un trattamento manuale (Grumbine et al, 1990; Worland et al, 1998; O'Driscoll, 2000), mentre secondo altri la CPM non produrrebbe risultati migliori in termini di recupero del ROM e risoluzione di edema e dolore (Denis et al, 2006). Si tenderà comunque a sostituirla con una mobilizzazione manuale passiva quanto più presto possibile. Quest'ultima non dovrà mai avvenire in maniera forzata e dovrà rispettare sempre la soglia del dolore. Il trattamento fisioterapico in ambulatorio dura dai primi giorni post-intervento fino al recupero dell'attività sportiva di base e quindi della corsa; in seguito il percorso di guarigione e di ritorno alla condizione pre-trauma continua per il 72 paziente, ma al di fuori dell'ambito sanitario-fisioterapico divenendo di interesse unicamente sportivo. Ecco che anche la ripresa del gesto specifico inizia quando si passa alla fase di allenamento. Questa fase sarà gestita autonomamente dal paziente o da chi si occupa della sua preparazione atletica fino al momento in cui il paziente tornerà a praticare l'attività sportiva nella sua completezza. Questo protocollo servirà alla nostra discussione come metro di paragone. Commento del protocollo fisioterapico in uso presso “Associazione Calcio Fiorentina” IMMOBILIZZAZIONE: Nessuna INIZIO DEL TRATTAMENTO RIABILITATIVO: In prima giornata post-intervento CARICO: Deambulazione con concessione del carico e con l'aiuto di due bastoni canadesi che saranno abbandonati gradualmente nel corso del primo mese. Intanto si allena lo schema del passo nei diversi tipi di camminata in modo da arrivare a fine primo mese senza i bastoni e con l'abilità della camminata acquisita. 73 INIZIO DEL RINFORZO MUSCOLARE: Nel secondo mese lavoro isotonico sia per la muscolatura flessoria che per quella estensoria. INIZIO ESERCIZI PROPRIOCETTIVI: Nel primo mese in appoggio monopodalico. INIZIO CORSA: Propedeutica alla corsa all'inizio del secondo mese passando gradualmente all'allenamento alla corsa nello stesso mese. INIZIO DEL RECUPERO DEL GESTO SPORTSPECIFICO Nel terzo mese. RITORNO ALL'ATTIVITÀ SPORTIVA AGONISTICA Dall'inizio del 5° mese in poi, quando la valutazione pre-rientro (forza, propriocezione, stabilità) lo permette. Il lavoro pre-operatorio che viene svolto in questo protocollo, aiuta innanzitutto a formare o migliorare il rapporto terapista\paziente e a far prendere coscienza al paziente di quello che sarà il lavoro da effettuare in seguito all'intervento, oltre che ad una preparazione delle condizioni articolari, muscolari e propriocettive per affrontare al meglio la fase di recupero. Queste componenti aiutano anche a prevenire l'insorgenza di vizi della postura e della deambulazione. Per quanto riguarda la CPM, il team riabilitativo preferisce non utilizzarla, poiché è pensiero comune che la macchina porti il paziente a creare compensi e che, per questo motivo, il range di movimento effettivamente impresso sia da 0 a 100° e 74 non maggiore. Alla luce di questo, nei primi giorni post-intervento si lavora con mobilizzazioni passive manuali che non dovranno essere forzate né dolorose. La mobilizzazione passiva viene al più presto sostituita con movimenti inizialmente passivi auto-assistiti e, in seguito, attivi auto-assistiti in modo che il paziente possa inserirli in uno schema cinestesico seguendo, cioè, il proprio senso del movimento. Il terapista, in questa fase, ha il compito di correggere il movimento e di far sì che il paziente ponga attenzione alle sensazioni che da esso gli arrivano. Il programma è impostato dal team riabilitativo sottolineando maggiormente la funzione del gesto piuttosto che il recupero della forza muscolare che, sarà certamente allenata, ma in quanto necessaria per svolgere al meglio la funzione richiesta. Per migliorare sempre più il rapporto terapista\paziente del quale abbiamo parlato poche righe sopra, il terapista incita il paziente a focalizzarsi su obiettivi a brevissimo termine, in modo che l'idea di un obiettivo a lungo termine, che sarà raggiunto in un lasso di circa 6 mesi, non lo spaventi e non vada così a comprometterne il tono umorale e la compliance. Si cerca poi di responsabilizzare il paziente condividendo con lui anche la spiegazione del lavoro da effettuare. Un aspetto importante, direi fondamentale per la nostra discussione, è la parte di questo trattamento che viene svolta in ambiente acquatico (la stessa cosa avviene anche negli altri protocolli e per questo ne parleremo meglio più avanti). Un altro punto fortemente sottolineato dal team riabilitativo nel progetto, riguarda 75 gli stimoli, i quali devono essere sempre diversi e proposti in maniera progressiva secondo un collegamento consequenziale, in modo da proporre uno stimolo nuovo solo quando sia stato acquisito quello precedente. Ad esempio il criterio usato in questo protocollo per il recupero della corsa è il seguente: dalla deambulazione con stampelle a quella senza, dalla camminata alla corsa in acqua, dalla corsa in acqua alla corsa in palestra, dalla corsa lenta alla corsa veloce, dalla corsa in linea ai cambi di direzione fino alla corsa con la palla. Commento del protocollo fisioterapico in uso presso “Gruppo Medico Isokinetic di Bologna” IMMOBILIZZAZIONE: Nessuna. INIZIO DEL TRATTAMENTO RIABILITATIVO: 8 giorni dopo l'intervento. CARICO: Subito dopo l'intervento deambulazione con bastoni canadesi con carico concesso; dal 15° giorno si passa alla deambulazione con un bastone canadese per poi abbandonarli in 24ª giornata. INIZIO DEL RINFORZO MUSCOLARE: Inizio lavoro isotonico per la muscolatura estensoria e per quella flessoria in terza settimana. 76 INIZIO ESERCIZI PROPRIOCETTIVI: Terza settimana esercizi in appoggio bipodalico su pedana instabile, poi in monopodalico nel secondo mese. INIZIO CORSA: Dall'inizio del secondo mese INIZIO DEL RECUPERO DEL GESTO SPORTSPECIFICO Dopo 60 giorni (terzo mese) RITORNO ALL'ATTIVITÀ SPORTIVA AGONISTICA A due mesi e mezzo dall'intervento (77ª giornata) Questo protocollo è stato “scolpito” su un preciso caso clinico e per la sua specificità andremo a descriverlo prima del commento. Presentazione del caso: Il paziente è un calciatore (attaccante) di 35 anni che ha subito una lesione isolata completa del LCA sinistro nella metà della stagione 2001-2002. Era candidato per un posto nella Nazionale Italiana per i Mondiali che si sarebbero giocati 135 giorni dopo la sua lesione e, solo se avesse dimostrato di poter tornare a giocare al massimo livello, sarebbe stato selezionato. Il paziente subì un intervento di ricostruzione in artroscopia con trapianto di doppio semitendinoso e gracile (variante “over the top”), 4 giorni dopo la lesione. Otto giorni dopo l'intervento, il paziente iniziò la riabilitazione al ritmo di 2 sedute al giorno, 5 giorni a settimana più una seduta il Sabato mattina. Queste sedute erano svolte in piscina per gli esercizi acquatici, in una palestra per 77 esercizi di flessibilità, coordinazione e forza e in campo per il recupero delle abilità tecnico-tattiche, con monitoraggio continuo dell'intensità. La tecnica chirurgica e il programma riabilitativo permisero al paziente di giocare 20 minuti di una partita ufficiale di “Serie A” a 77 giorni dall'intervento e una partita intera a 90 giorni. Nei 18 mesi successivi all'intervento il paziente aveva disputato 62 partite di “Serie A”, segnando 26 volte e senza ricevere ulteriori trattamenti per il ginocchio. Valutazione funzionale, 8 giorni dopo l'intervento: Il paziente presentava residuo di versamento, dolore con punteggio 3 su scala da 1 a 10 solo ai flessori del ginocchio, ROM in Flesso-estensione 80°-10°-0. Ginocchio non immobilizzato in tutore e deambulazione con stampelle con carico parziale. Il paziente è stato rivalutato anche l'undicesimo giorno dopo l'intervento e poi con cadenza settimanale, esaminando sempre versamento, ROM, dolore e funzione. Valutazione funzionale, 90 giorni dopo l'intervento: ROM completo, la forza isometrica del quadricipite femorale era il 95% del controlaterale, nessuna instabilità registrata, la differenza all'esame con KT1000 da lato a lato era minore di 2 mm e al test del salto, prima con i due arti inferiori, poi con quello non interessato e infine con quello interessato, non vi era differenza nell'altezza del salto (0.20 m) né nel tempo del salto (0.4 sec.) tra i due arti. Valutazione funzionale, 18 mesi dall'intervento: il test isocinetico rivelava un valore 103% del quadricipite e un valore 102% degli ischiocrurali rispetto ai controlaterali e il test con KT2000 (massima forza 78 manuale) era di 6.5 mm sul lato interessato rispetto ai 6 mm del lato non interessato. Commento: Il ritorno alle competizioni più veloce e sicuro possibile di un atleta professionista, dopo ricostruzione di legamento crociato anteriore, è l'obiettivo dei team riabilitativi di ogni sport. La pressione per far tornare un atleta professionista d'élite al livello competitivo prelesionale, è immensa. L'atleta, essendo un professionista, permette una più frequente e intensa riabilitazione (più ore al giorno) per facilitare il ritorno al gioco. Un'accelerazione indiscriminata della riabilitazione può essere pericolosa. Ad ogni modo, nella medicina sportiva, la risposta alla domanda “quanto presto potrà tornare a giocare?” deve sempre essere “tanto veloce quanto più in sicurezza possibile.” Mentre non c'è consenso di opinioni circa le tempistiche, le tecniche chirurgiche e i protocolli riabilitativi dopo rottura di LCA, molti studi dimostrano che precoci, accelerati e progressivi protocolli riabilitativi non influenzano in maniera avversa il recupero funzionale (Roi et al., 2005). Un aspetto fondamentale di questo programma è stata l'attenzione nel mantenere un livello di forma compatibile con la capacità di giocare a calcio ad alto livello. Le sedute di riabilitazione in campo erano della durata di 2 ore e venivano svolte senza ginocchiera protettiva e monitorate con cardiofrequenzimetro. La progressione del trattamento è stata impostata in base a costanti rivalutazioni medico-fisioterapiche e a tests da sforzo. 79 Dal suo ritorno all'attività agonistica il paziente aveva giocato 62 partite di Serie A segnando 26 volte; benché questi dati sportivi non siano importanti dal punto di vista riabilitativo-sanitario, sono importanti per la nostra discussione, poiché ci dimostrano come i forti interessi sportivo-economici possano spingere un'equipe riabilitativa e un paziente a dimezzare letteralmente le tempistiche classiche del progetto riabilitativo, per ottenere un risultato concreto in termini di vittorie sportive e fatturato, anche andando contro ai tempi fisiologici di guarigione dei tessuti e di legamentizzazione. Nella discussione finale dell'articolo dal quale abbiamo tratto questo caso e il suo protocollo, l'autore scrive: “Anche se l'intensità della riabilitazione qui descritta può essere possibile solo con un individuo che ha le risorse (tempo e denaro) da investire in accessi illimitati alle strutture e al personale riabilitativo, molto di ciò che è stato presentato ha un impatto sulla discussione circa il carico ottimale del trapianto e la riabilitazione post-ricostruzione di LCA in generale”. Viene così sottolineato il problema della questione e cioè che le tempistiche, le attrezzature e le intensità del trattamento descritto sono fortemente elitarie e costose e spesso a disposizione solo di società calcistiche di alto livello. E ancora, scrive: “L'atleta è stato sottoposto a ricostruzione meno di una settimana dopo la lesione. Benché ci siano controversie sulla tempistica della ricostruzione del LCA in seguito alla lesione (come abbiamo già menzionato nel capitolo II), la ricostruzione precoce è spesso attuata negli atleti professionisti nei quali siano presenti poco versamento, estensione completa del ginocchio e la capacità di 80 camminare senza zoppia. In questa situazione la riabilitazione può proseguire bene e la ricostruzione precoce non preclude un recupero accelerato. Inoltre l'atleta presentava 8 giorni dopo la chirurgia un residuo di versamento e, una settimana dopo, il ROM era 115°-0. Questo sottolinea un importante tema di questa discussione: i criteri oggettivi, anziché programmi specifici, dovrebbero guidare la presa di decisioni cliniche. Questo atleta aveva la capacità di progredire velocemente. Altri, con lesioni più severe o con lesioni che si riacutizzano all'aumentare del carico, possono richiedere più tempo per la progressione del programma. Progressioni basate sulle tempistiche, invece che sui criteri clinici, ignorano le differenze interpersonali. Questo atleta ha avuto una lesione isolata del LCA … e questi risultati non dovrebbero essere generalizzati insieme a lesioni più complicate. In aggiunta, vi è una variabilità individuale nel rispondere ai processi di guarigione e ai protocolli riabilitativi. Il precoce ritorno all'attività competitiva ufficiale può anche essere stato il risultato di due fattori: la forma fisica dell'atleta/stato del ginocchio prima della chirurgia e il suo stato d'animo/ preparazione mentale alla chirurgia e alla riabilitazione. Questo giocatore professionista è stato impegnato nel campionato di Serie A per tanti anni allenandosi 5 giorni a settimana per 11 mesi all'anno. Il paziente era anche fortemente motivato a tornare precocemente a giocare.” (Roi et al., 2005) 81 Commento del protocollo fisioterapico in uso presso “Real Racing Club de Santander” IMMOBILIZZAZIONE: Tutore bloccato in estensione (o valva gessata) per tutta la prima settimana. INIZIO DEL TRATTAMENTO RIABILITATIVO: Appena rimosso il presidio di immobilizzazione CARICO: Dopo l'intervento concessione del carico e (una settimana dopo l'intervento). deambulazione con due bastoni canadesi (solo se il paziente riesce a riprodurre il normale schema del passo; si posticipa se presenta zoppia) che verranno poi abbandonati in quarta settimana. INIZIO DEL RINFORZO MUSCOLARE: Lavoro isotonico in terza settimana per la muscolatura flessoria e in quarta per la muscolatura estensoria. INIZIO ESERCIZI PROPRIOCETTIVI: Dall'inizio del secondo mese con appoggio del peso corporeo e poi su pedana instabile nel terzo mese. INIZIO CORSA: Dal terzo mese. 82 INIZIO DEL RECUPERO DEL GESTO SPORTSPECIFICO Nel quinto mese. RITORNO ALL'ATTIVITÀ SPORTIVA AGONISTICA Dal sesto mese. Come prima cosa, notiamo in questo protocollo la fase iniziale di protezione completa con ginocchiera bloccata in estensione per una settimana. Il chirurgo intende così dare più spazio possibile alla guarigione dei tessuti e all'iniziale fissazione del neo-legamento, per poi partire sì, con un trattamento molto intenso e progressivo, ma anche con una maggior sicurezza. Inoltre nei primi 8 giorni dopo la rimozione dell'immobilizzazione non sono consentite contrazioni attive contro resistenza di nessun genere. Anche in questo programma riabilitativo viene preferita la mobilizzazione passiva manuale all'utilizzo della CPM, talvolta sforzando e procedendo oltre la soglia del dolore ma sempre nei limiti biologici di sicurezza dell'innesto. Possiamo notare come la seduta giornaliera di riabilitazione in ambiente acquatico sia sistematica, intensa e parte integrante del programma riabilitativo. Commento del protocollo fisioterapico in uso presso “Association Sportive de Monaco Football Club” IMMOBILIZZAZIONE: Ginocchiera bloccata in estensione per la prima settimana (si rimuove durante il giorno per fare gli esercizi). 83 INIZIO DEL TRATTAMENTO RIABILITATIVO: Subito dopo l'intervento. CARICO: Concessione del carico e deambulazione con ginocchiera e due bastoni canadesi nell'immediato post-operatorio; progressivo abbandono dei bastoni canadesi e deambulazione libera tra la quarta e la sesta settimana se buon controllo del quadricipite e non zoppia. INIZIO DEL RINFORZO MUSCOLARE: Lavoro isotonico nel primo mese e mezzo sia per la muscolatura flessoria che per quella estensoria. INIZIO ESERCIZI PROPRIOCETTIVI: Nel primo mese e mezzo prima in bipodalico e poi in monopodalico. INIZIO CORSA: Quarto mese. INIZIO DEL RECUPERO DEL GESTO SPORTSPECIFICO Nel quinto mese. RITORNO ALL'ATTIVITÀ SPORTIVA AGONISTICA Tra il quinto e il sesto mese. Anche in questo protocollo abbiamo una fase di protezione importante durante tutta la prima settimana ma essa è concomitante con l'inizio del trattamento (reso 84 possibile dalla ginocchiera che viene rimossa per svolgere gli esercizi). Viene fatto uso della CPM dal primo giorno post-intervento, per poi gradualmente passare a mobilizzazione passiva manuale. L'abbandono dei bastoni canadesi, diversamente dagli altri protocolli trattati, avviene più lentamente (possibile sia in quarta, come nel protocollo 1, sia in quinta, sia in sesta settimana). Viene prestata particolare attenzione a quei movimenti che maggiormente producono sollecitazioni rotatorie sul ginocchio molto pericolose per il trapianto; infatti, uno degli obiettivi del secondo mese consiste nell'educare il paziente a evitare questi movimenti (oltre che quelli di iperestensione e flessione violenta); inoltre notiamo che la ripresa degli sports più poveri di questo tipo di sollecitazioni in rotazione (per esempio corsa e bicicletta) sono permessi dall'inizio del quarto mese, mentre tutti gli altri dall'inizio del sesto; infatti in questo lasso di tempo vengono svolti esercizi per recuperare la funzione di perno dell'arto inferiore. Anche in questo programma troviamo la presenza dell'idrochinesiterapia, ma essa è meno sistematica ed è più intesa come allenamento corporeo generale senza attrito articolare che non, invece, come lavoro propedeutico alla riabilitazione a secco. L'obiettivo di tutti questi protocolli è quindi quello di ricondurre il paziente verso una funzionalità a livello del pre-trauma, attraverso: il recupero del range di movimento e della componente muscolare recupero dell'autonomia di base e del cammino recupero dell'attività sportiva di base (corsa e salto) e del gesto sportspecifico 85 Il programma riabilitativo deve essere adeguato all'evoluzione individuale della patologia, alla variabilità soggettiva e funzionale del paziente e sopratutto impostato rispettando i tempi di guarigione dei tessuti e di fissazione del neolegamento. La parola d'ordine è, perciò, “PERSONALIZZAZIONE” del protocollo. Quelle schematizzate nei protocolli, sono le tappe da seguire secondo le linee guida, ma vanno sempre adeguate al tipo di paziente e al tipo di intervento effettuato. Una cosa che accomuna i vari programmi è il fatto che il rinforzo degli ischiocrurali viene iniziato prima del rinforzo degli estensori poiché sono muscoli che, con la loro azione antagonista durante l'estensione attiva, lavorano in sinergia con il LCA impedendo alla tibia una traslazione anteriore eccessiva ed evitando quindi l'eccessiva tensione del legamento. É inoltre molto importante per la nostra discussione l'utilizzo che viene fatto (in tutti i protocolli tranne in quello dell'ASL1) dell'idrochinesiterapia, cioè la riabilitazione che sfrutta il movimento in ambiente acquatico. In acqua l'articolazione sofferente è sottratta al carico e il paziente può camminare senza dolore grazie alla spinta idrostatica e, inoltre, se la temperatura è sufficientemente alta (34° circa), essa crea un effetto miorilassante e contribuisce alla scorrevolezza dei tessuti migliorandone l'elasticità, cosicché ogni movimento risulterà più facile. É molto utile anche per il rinforzo muscolare per esempio con spinte contro attrezzi galleggianti o con la corsa e i movimenti veloci che troveranno nella massa d'acqua da spostare una grande resistenza che aumenterà all'aumentare della profondità. Si possono proporre al paziente anche esercizi di 86 allungamento e di stabilizzazione. (Coppola, 2005) In un contesto sanitario pubblico, lavorare in una piscina è un vantaggio limitato ad una ristretta élite di centri attrezzati. Si può certamente consigliare al paziente di andare a nuotare e fare esercizi autonomamente in una piscina pubblica, ma senza quei risultati che si possono ottenere con una seduta riabilitativa di idrochinesiterapia seguita da un terapista specializzato. La riabilitazione in medicina dello sport ha come presupposto due momenti fondamentali: uno, relativo alla lesione acuta sino alla guarigione e alla ripresa funzionale con ripristino dell'autonomia dell’atleta nell'ambito dell'attività sportiva di base; l'altro, comprendente il riallenamento e il riadattamento specifico all'allenamento tecnico di una determinata specialità. (Ferrario, 2005) Nel protocollo dell'ASL1, come abbiamo già detto, quando il paziente riprende l'attività sportiva di base, momento che corrisponde alla ripresa della corsa, finisce la fase riabilitativa in ambulatorio e inizia quella dell'allenamento al di fuori dell'ambulatorio che prescinde dal nostro interesse fisioterapico. Diversamente avviene per quanto riguarda gli altri protocolli trattati, nei quali questi due momenti non sono nettamente distinti, ma strettamente legati l'uno all'altro e l'ultima parte del primo e la prima parte del secondo, oltre a essere continuativi, hanno ampie aree temporali e tecniche di sovrapposizione. La bibliografia prevede quindi che durante il periodo riabilitativo, in seguito alla 87 prima fase di protezione, il paziente atleta non debba mai abbandonare lo sport, intendendo con ciò che deve proseguire un allenamento cardiovascolare (cyclette, nuoto) e distrettuale periferico alle articolazioni non interessate (perdere anche solo un mese di allenamento equivale a raddoppiare i tempi di recupero agonistico). (Ferrario, 2005) La terminologia usata in passato, ma ancora oggi valida, di “riposo attivo” per indicare l'allenamento alternativo durante un infortunio, consiste in programmi di lavoro in acqua o in bicicletta, che se da una parte tutelano il ginocchio, dall'altra permettono allenamenti fisici intensi. (Ferrario, 2005) Le sedute di “allenamento riabilitativo” dell'atleta (così si esprime l'autore in bibliografia, ndr.) durano sino a 3 ore al giorno per 5-6 volte la settimana e prevedono un giorno di recupero completo. (Ferrario, 2005) I protocolli sportivi prevedono inoltre che la ripresa muscolare e articolare sia verificata con test fuori carico (tests isocinetici di valutazione mio-articolare del ginocchio) e con test in carico (test di salti e balzi), che permettono di valutare obiettivamente nel tempo la ripresa del ginocchio lesionato a confronto con il ginocchio controlaterale sano. (Ferrario, 2005) I metodi valutativi della forza (dinamometri, isocinetici) ci permettono di seguire meglio il percorso di recupero della capacità muscolare. È bene puntualizzare che la forza non è proprietà del solo muscolo, ma dell'intero sistema neuromotorio, e che nella sua determinazione intervengono comandi centrali sui quali interferiscono cascate di feedback interni ed esterni. La perdita della forza in seguito a disuso può raggiungere il 50% della forza iniziale. Il riallenamento, deve essere finalizzato a costruire un substrato atletico 88 distrettuale e globale che permetta, una volta raggiunte le condizioni ottimali di ripresa, di essere il più possibile al riparo da una recidiva. (Ferrario, 2005) L'obiettivo finale della riabilitazione è sia il recupero completo delle gestualità sportive che il paziente era in grado di effettuare prima dell’infortunio sia l'ottenimento di un miglioramento specifico che lo protegga dalle condizioni che hanno provocato il danno (Ferrario, 2005); questo nel caso in cui il danno non sia stato provocato da un agente vulnerante esterno, bensì da un cambio repentino di velocità o direzione o a causa di un disequilibrio tra muscolatura flessoria e estensoria. Per questo, nelle squadre che abbiamo seguito per la nostra discussione, viene sistematicamente svolto un attento lavoro di allenamento fortemente personalizzato, in modo che ogni giocatore possa rinforzare quella parte del suo sistema muscolo-scheletrico dove è più debole sia per motivi costituzionali che a causa di precedenti lesioni e sofferenze; questo quindi nell'ottica di prevenire possibili future lesioni o, in pazienti precedentemente lesionati, future recidive. Le gestualità sportive in parte sono comuni a diverse discipline sportive, come per esempio la corsa e i balzi, e in parte sono specifiche per ognuna di esse, come la battuta nel tennis o lo swing nel golf. In tutti i casi sono il risultato di una somma di qualità neuro-motorie che l'atleta è riuscito a maturare durante la sua carriera e che devono essere riprese durante il periodo di riabilitazione. Partendo da questo concetto, una riabilitazione corretta dello sportivo deve necessariamente completarsi sul campo di gara, con attenzione da parte del medico, del terapista e dell'allenatore a correggere precocemente i difetti, le 89 asimmetrie del gesto, le alterazioni funzionali, i meccanismi di difesa del dolore che emergono alla ripresa del gesto tecnico specifico. (Ferrario, 2005) Alla luce dei dati raccolti nei precedenti capitoli, possiamo ora riassumere quali sono i risultati riabilitativi dei diversi protocolli in termini di tempistiche per il ritorno all'attività sportiva di base. Protocolli Mesi compiuti di trattamento riabilitativo 1 ASL1 Quattro mesi 2 FIORENTINA Due mesi 3 ISOKINETIC Due mesi 4 RACING Tre mesi 5 MONACO Quattro mesi 90 IX CONCLUSIONI In questo lavoro abbiamo studiato il ginocchio dal punto di vista dell'anatomia, dell'istologia e della cinesiologia e abbiamo esaminato diverse forme e programmi di riabilitazione in seguito alla ricostruzione del legamento crociato anteriore. Una prima conclusione, alla quale possiamo subito giungere, è che una minore o maggiore accelerazione del trattamento non va a modificare il processo biologico di legamentizzazione del tendine trapiantato, bensì va a modificare il controllo neuromuscolare, l'elasticità e la resistenza dei tessuti e la capacità muscolare, che diviene anche componente protettiva, rendendo così l'articolazione funzionale molto tempo prima che l'innesto abbia ripreso le caratteristiche anatomiche e biomeccaniche che sono tipiche del legamento crociato anteriore (capitolo II). Quindi possiamo affermare che una diversa impostazione del programma riabilitativo, sempre prestando particolare attenzione alla sicurezza dell'innesto e alla personalizzazione del trattamento, può velocizzare il ritorno allo sport senza ostacolare la legamentizzazione in corso. Ciò che può influire sul processo di guarigione sono, negativamente, le sollecitazioni sbagliate e, positivamente, una maggior protezione e attenzione a tali sollecitazioni. Ecco che abbiamo risposto alla domanda che ci ponevamo nell'introduzione e cioè se la fisioterapia può far combaciare la guarigione con l'accelerazione del trattamento. Quali sono quei fattori che possono velocizzare il recupero funzionale dell'articolazione nonostante il legamento non sia pienamente guarito? 91 Per prima cosa è, nello sport, il rapporto terapista\atleta che si instaura già durante la vita di squadra, a partire dal lavoro preventivo giornaliero atto a ridurre il rischio di lesioni, fino ad arrivare, in seguito ad un infortunio, alla trasformazione in rapporto terapista\paziente nella fase di trattamento che precede l'intervento di ricostruzione. Abbiamo quindi già (spesso è così) un'ottima compliance da parte del paziente che viene accentuata (Roi, 2005) anche da quella maggior disponibilità di mezzi, in termini di tempo e denaro, che un calciatore professionista spesso possiede; inoltre essendo quest'ultimo un atleta, è maggiormente preparato a sopportare importanti intensità di lavoro e, ancora una volta citando Roi, egli avrà molto probabilmente un certo livello di forma fisica e di stato del ginocchio prima della chirurgia e una determinata preparazione mentale alla riabilitazione, tali da rendere il processo di recupero più agevole. Tutto ciò è accentuato dal fatto che spesso in questo ambiente vi sono diversi terapisti in equipe che si occupano di un solo paziente, al contrario dell'ambito sanitario nazionale dove abbiamo un terapista che segue più pazienti in uno stesso periodo. Un secondo fattore fondamentale sono gli interessi economici e sportivi, nonché la maggior disponibilità di mezzi, che spingono una società sportiva di alto livello a riabilitare un giocatore nel minor tempo possibile. Grazie a queste maggiori disponibilità il paziente viene anche sottoposto a costanti rivalutazioni non solo di tipo clinico ma anche per mezzo di specifici macchinari e innovative tecnologie di valutazione (Ferrario, 2005). Un mezzo che, come già abbiamo evidenziato più volte nel corso della discussione, aumenta le differenze tra il trattamento ambulatoriale del SSN e 92 quello in ambito sportivo professionistico, è la presenza dell'idrochinesiterapia; come detto da Ferrario e da Coppola (2005), la riabilitazione in acqua permette di mantenere alta l'intensità del lavoro cardiovascolare, del rinforzo muscolare e di aumentare ROM e migliorare lo stato dei tessuti senza interferire con la guarigione e senza provocare dolore. Tutti questi effetti contribuiscono a velocizzare il recupero funzionale. L'ultima differenza, non per importanza, è quella fase di allenamento che nel protocollo ASL1 segue alla fase riabilitativa e che negli altri protocolli spesso a quest'ultima si sovrappone e interseca. (Ferrario, 2005) Per rispondere quindi all'ultima domanda che ci siamo posti e che va a chiudere il cerchio del nostro discorso, e cioè se tale accelerazione sia possibile in ambito sanitario, possiamo evincere dai dati raccolti che è potenzialmente raggiungibile anche in questo ambito. 93 X BIBLIOGRAFIA Brach P, Goitz RJ, Elbow arthroscopy: surgical techniques and rehabilitation, J Hand Ther. 19, 228-36, 2006 Brotzman S B e Wilk K E, Manuale di riabilitazione in ortopedia (seconda edizione), Elsevier Masson S.r.l. 2008, Milano, 294. Ed. It. a cura di Boccardi S. Coppola L, Masiero S, Riabilitazione in ortopedia, Ed. 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