33 tite che diventano un po` meno “ossessionanti”

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33 tite che diventano un po` meno “ossessionanti”
Opificio delle Pietre Dure
tite che diventano un po’ meno “ossessionanti”
soltanto dopo che le ho scritte. E dopo la mattinata passata all’Opificio delle Pietre Dure la
cosa che non riesco a dimenticare è che il marmo è una pietra morbida. Questa che in fondo
è una piccola curiosità e, del resto, ampiamente spiegata dalla composizione chimico-fisica
della pietra in questione, diventa una specie di
ostacolo impossibile da aggirare: non perché sia
eccezionale o strano che il marmo sia una pietra tenera, ma perché avevo sempre pensato il
contrario, quindi significa che nel mio cervello
si è fatta strada l’idea che esiste qualcosa di più
duro del marmo. A voler essere precisi, anche la
nave da crociera che si è accasciata all’Isola del
Giglio è stata sbranata da una pietra. Granito.
Capite, un sasso è riuscito a far affondare una
nave delle dimensioni di un piccolo quartiere,
più o meno. E allora è ancor più stupefacente
che qui dove siamo adesso, qui nel Laboratorio
dell’Opificio, ci siano persone che riescono a tagliare questi sassi invincibili.
Ovunque in rete si reperiscono informazioni “istituzionali” sull’Opificio delle Pietre Dure
(abbreviazione: OPD). Un Istituto Centrale del
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, com-
posto da tre laboratori a Firenze (via Alfani,
Fortezza da Basso e Palazzo Vecchio) e diviso
tra due attività principali: il restauro di opere
d’arte e la produzione di opere d’arte in pietre
dure. E quest’ultimo campo di attività è quello storicamente presente nell’Opificio, fin da
quando nel ‘500 i Medici decisero di aprirlo a
Firenze. È il signor Raddi delle Ruote a spiegarcelo, con queste parole: “È stato una manifattura fino all’Unità d’Italia. In seguito, l’Opificio
non aveva più richieste di produzione, perché
si erano aperti laboratori a San Pietroburgo, a
Nuove direzioni • n. 9 maggio-giugno 2012
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