Cantico Dei Cantici
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Cantico Dei Cantici
Adelio G. PELLEGRINI Cantico Dei Cantici di Salomone, re d’Israele La SACRA BIBBIA Versione Nuova Riveduta 1 2 Cantico dei Cantici 1 Il poema di questo libro, che dovrebbe essere intitolato Canto dei Canti, è il solo, in tutta la raccolta biblica, in cu l’Eterno non è nominato, invocato e lodato. Questo l i b r o è stato ed è ancora tutt’oggi l’oggetto di interpretazioni le p i ù disparate. Riteniamo quindi importante poterlo comprendere. I cinque libri didattici della saggezza ebraica iniziano con il libro di Giobbe e concludono con il Cantico dei Cantici. Amare e soffrire sono emozioni molto vicine tra loro. Giobbe ci presenta la fedeltà in mezzo agli assalti della sofferenza; la Sulamita, è la fedeltà in lotta con le seduzioni d el la gioia. L’amore appare invincibile solamente quando supera entrambe 1e situazioni. Il deserto d ella tentazione e il Getzemane sono i due campi di battaglia dove Gesù è stato investito dal godere e approfittare del prestigio e d e l l a gi o ia per poi essere sommerso dagli spaventi del dolore. Nel giorno che precede il Golgota il vero Giobbe supera la sofferenza nel 1’esprimere la volontà incondizionata di essere fedele a Dio anche nel mistero dell’angoscia n e l l a quale è lasciato solo. Come dopo il battesimo, che segna il suo impegno per il regno di Dio, assistiamo al suo amore ideale nei confronti del Padre, per il quale rinuncia a l l a seduzione dell’avere, al fascino dello splendore dei miracoli, alla gloria del potere, così la Sulamita, è fedele all’amore di colui dal quale è amata, il suo Signore, il quale apparentemente sembra che non le dia nulla, se ciò che riceve si confronta con le seduzioni che offrono le ricchezze d e l l a corte reale. Al Cantico dei Cantici si attribuiscono diverse chiavi di lettura. Non è nostra intenzione entrare in merito alle varie interpretazioni, ma ci permettiamo fare solamente alcune brevi osservazioni. 1. Oggi generalmente questo lib ro dell’Antico Testamento (A.T.) è visto come un insieme di cantate popolari che esaltano 1’amore in occasione delle feste nuziali. Di vero in questa posizione ci sembra che ci sia il 1 Il presente lavoro esprime quanto sostenuto dal teologo GODET Frédéric, ètude bibliques, V ed., Delachauz et Niestlé, Neuchâtel 1869, pp. 249-338. 3 sostenere che l’amore tra un uomo e una donna è sacro e santo, ma ciò non è lo scopo di questo libro biblico. 2. Il re Salomone fa della Sulamita la sua sposa e passa da un’attrazione puramente fisica a un vero e puro amore. É poco sostenibile questa posizione per il fatto che c’è un terzo personaggio, il pastorello del quale la Sulamita è profondamente innamorata e per lui respinge Salomone e tutte le sue seduzioni. Non è sostenibile la difesa di questa posizione che replica alla critica, affermando che se così fosse, questa lettura, metterebbe Salomone in cattiva luce e per questo motivo i rabbini non avrebbero accettato che il libro venisse inserito nel canone Sacro. Una delle caratteristiche della Rivelazione è quella di presentare i propri personaggi con le loro virtù, ma anche con le loro miserie. La Bibbia non passa sotto silenzio le bugie del padre dei credenti, Abrahamo; l’adulterio del re Davide, l’immoralità, anche se si vuole giustificare con la mentalità dei tempi, di dare al vecchio re infreddolito una giovane vergine nel letto per scaldarlo, e le diverse mogli avute. Del resto Salomone non onora molto il suo Dio con le trecento mogli e settecento concubine, anche se ciò faceva parte del potere del tempo. – Al tempo della sua passione nei confronti della Sulamita aveva già 60 mogli e 80 concubine (6:8). La Sulamita sarebbe stata per lui più che un amore, del quale poteva avere perso il significato, un capriccio che cresceva e s’ingigantiva nella sua passione nella misura in cui la giovane ragazza lo respingeva. 3. Si è pensato anche, con abilità di parole, di identificare Salomone con il pastorello facendo dei due un solo personaggio. Sebbene questa spiegazione è presentata con particolari diversi, è sufficiente ricordare quanto è detto alla fine del racconto, quando la giovane donna è in compagnia del pastorello: «L’amore è una fiamma dell’Eterno... Le grandi acque non possono spegnere l’amore e dei fiumi non possono sommergerlo. Se uno desse tutti i beni di casa sua in cambio dell’amore, sarebbe del tutto disprezzato» 8:6,7. Più avanti la Sulamita ricordando la sua resistenza che ha fatto al re dice alla sorellina: «Io sono un muro... e così io ho ottenuto che egli mi accordasse la pace» 8:10. Chi è l’egli che gli ha accordato la 4 pace? «Salomone aveva una vigna in Baal-Hamon». Salomone e il pastorello sono due persone diverse. 4. Gli antichi interpreti giudei, come diversi Padri della Chiesa, la maggioranza degli scolastici e un certo numero di teologi moderni hanno visto e vedono nel Cantico, il dramma amoroso tra solo due persone, il re Salomone e la Sulamita quale rappresentazione allegorica, del rapporto d’amore tra Yahvé e il suo popolo d’Israele o tra Cristo e la Chiesa od ogni fedele. Lo scopo del poema sarebbe quello di presentare l’intimità e la dolcezza della relazione dell’uomo con Dio. Nel sostenere questa posizione si spiegano e si spiritualizzano con difficoltà le effusioni sentimentali espresse nel linguaggio uomo-donna e il significato da dare agli occhi, ai capelli, ai denti, alle labbra, al collo, alle mani, alle gambe, al naso, ai piedi, ai denti, ecc., delle Sulamita, ma anche a quelli di Dio e di Cristo. C’è un particolare che impedisce ogni allegoria di questo genere. Salomone (in questo caso l’Eterno) aveva sessanta mogli e ottanta concubine (6:8). Inoltre se così fosse il poema dovrebbe finire alla fine del cap. 4 quando presenta l’unione dei due amanti e non continuare con i capp. 5-8. Chi sostiene a oltranza questa posizione dice, per giustificare questi capitoli, che il rapporto di amore tra i due amanti ha avuto una pausa di raffreddamento a seguito della quale Salomone ha poi cambiato mestiere, da re è andato a fare il pastore o a vivere una vita di campagna semplice. La Bibbia ci dice però che Salomone fino alla fine ha vissuto nel fasto della sua regalità (1 Re 11:1 e seg). 5. Un’altra spiegazione è quella che descrive il dramma della Sulamita che resta fedele a chi ama. Si pensa che la ragazza, d’una bellezza perfetta, sia stata presa dalle guardie di Salomone e portata al re. Essa respinge i suoi corteggiamenti, le sue adulazioni, le sue promesse e lo stesso trono che il re è disposto a dividere con lei perché lei ama un altro che appare in tutto il dramma solo alla fine. Dopo aver esaurito, nei confronti della giovane contadina, le proprie ambizioni amatorie, non potendo riuscire a vincere la sua nobile resistenza di incorruttibile fedeltà, Salomone finisce per lasciarla libera. 5 Il pastorello, l’amico amato; Salomone il suo rivale e la fedeltà incrollabile della Sulamita rappresentano la vittoria dell’amore su ogni relazione che ha per principio l’egoismo. In questo dramma, da una parte, abbiamo i1 re con tutto lo splendore della sua gloria pieno d’ammirazione per la Sulamita e per lei è come un fiume che straripa di passione, dall’altra parte, abbiamo il pastorello povero e senza splendore, al quale la ragazza ha dato la sua fede. Il primo è presente, il secondo assente. Tra i due rivali, la giovane ragazza è chiamata a disporre, non proprio liberamente, di se stessa. Essa vive la lotta in tutta la sua grandezza morale. Senza l’assenza totale dell’amato, la lotta non sarebbe quella del modello della fedeltà. Come nel libro di Giobbe è solamente alla fine che 1’Eterno fa sentire la sua voce al patriarca, così nel Cantico dei Cantici il ben amato è assente per tutto il tempo della prova. É solamente quando la lotta è completamente terminata, quando la Sulamita ha riportato completamente sola la vittoria, l’amato appare sulla scena avendo appoggiato al suo braccio l’eroina. 6. É su questa vicenda che poi lo stesso Salomone costruirà tutto il dramma arricchendolo di insegnamenti teologici di una profondità straordinaria. Questa comprensione del testo è denominata come la interpretazione storica. Questa spiegazione non è il frutto di una ricerca cavillosa, ma è quella che s’impone alla scienza dello studio che viene fatta in una forma approfondita. Un esempio. Dopo che la Sulamita finalmente si è incontrata con il suo pastorello il quale le dice: «O tu che dimori nei giardini, dei compagni stanno intenti alla tua voce! Fammela udire!» 8:13. La Sulamita risponde: «Fuggi, amico mio... » 8:14. Sarebbe questo l’ultima parola di un romanzo d’amore? Quando era separata da lui lei gli diceva: «Vieni!» E ora che sono riuniti, il suo canto si riassume in questa parola: «Fuggi!». É sulle note di questo vibrante addio che sparisce il pastorello. Evidentemente questo amato non è simile a quello di tante altre innamorate. Il Cantico dei Cantici non è la celebrazione d’un amore puramente terreno. Quando la Sulamita parla di colui che lei ama si esprime con termini che descrivono il suo stato estatico nel quale si viene a trovare nelle diverse occasioni: «Io dormivo, ma il mio cuore 6 vegliava» 5:2. «O figlie di Gerusalemme, io vi scongiuro, non svegliate l’amore mio» 8:4. Questa ultima chiave di lettura ci sembra quella che meglio valorizzi e spieghi, in tutta la sua bellezza, questo libro della saggezza d’Israele il cui autore è Salomone. Il Cantico dei Cantici è un dramma lirico che si presenta in tre atti e undici scene. Il primo atto ci porta all’interno del palazzo di Salomone, il secondo davanti al palazzo, poi nel palazzo stesso e il terzo nel giardino della dimora di Salomone. I primi due atti presentano la vittoria della Sulamita nei confronti delle offerte del re, nel terzo descrive il trionfo della ragazza quale conseguenza di queste vittorie. Purtroppo la punteggiatura, nelle versioni tradizionali della Bibbia, non tiene conto del susseguirsi dei vari momenti e gl i interventi dei personaggi che si presentano sulla scena. Diversi sono gli autori che hanno rappresentato questo poema come opera teatrale. Personaggi in ordine d’apparizione: una donna, la Sulamita, le donne, Salomone, il pastorello. Il problema era: che rapporti aveva Israele con il sovrano? La terra di Canaan era patrimonio del popolo stesso? Israele deve pagare per la sua terra una imposta a Salomone? Se così fosse, Israele sarebbe degradato allo stesso rango dei popoli conquistati. É stato però Israele a volere il re; era una follia, e Israele l’ha commessa. Ora non si può più sottrarsi alle conseguenze della posizione scelta. Samuele aveva detto, quando ancora c’era la possibilità di evitare la monarchia: Il re «prenderà i vostri campi, le vostre vigne, i vostri migliori uliveti per darli ai suoi servitori... e voi sarete suoi schiavi» 1Samuele 8:14,17. A questo problema la coscienza israelita impersonificata dalla Sulamita diede questa soluzione: «La mia vigna, che è mia (distingue con questa espressione il paese di Canaan, che Dio ha dato a Israele, dai paesi conquistati, che sono il dominio particolare del re), la guardo da me (la tengo sotto i miei occhi, non come quelle lontane di 7 Salomone in Baal-Hamon. Io avrei il diritto, quale primogenita dell’Eterno, di reclamare una esenzione delle rendite di questa terra, quale mia proprietà sulla quale abito. Tuttavia io mi sottometto alla stessa condizione di vita degli altri popoli: io pagherò i mille sicli e); tu, Salomone, tieni pure i tuoi mille sicli, (in altre parole lo stesso tributo che pagano tutti gli altri popoli. Tuttavia, pur prendendo questo impegno, quale conseguenza dell’errore che è stato commesso, il popolo nel non aver guardato la propria vigna, pone una condizione: su questo tributo, che annualmente veniva pagato al re (sia prelevato un quinto, cioè) “duecento sicli”, affinché siano destinati al mantenimento dei guardiani e alle cure dei quali questa vigna d’Israele da sempre è stata confidata»8:13. Chi sono queste guardie? I sacerdoti e i leviti. I sacerdoti, che non svolgevano altra attività, avevano vissuto fino alla monarchia mediante la decima restituita dal popolo. Ora che il popolo doveva contribuire al tesoro del re, imposta che prima non aveva, i sacerdoti correvano il pericolo di non ricevere ciò che era dovuto a loro e di trovarsi in povertà. La Sulamita pur accettando il peso delle imposte reali, ha cura di prendersi in carico il sostentamento parziale o totale del sacerdozio. É stato in occasione della consacrazione del tempio che il sacerdozio e i leviti ricevettero un’organizzazione definitiva. Secondo degli studiosi, i sacerdoti non ricevettero un trattamento indipendente, ma furono messi a carico del bilancio reale, che gli aveva costruito il tempio e che aveva accresciuto la loro considerazione e il loro splendore. 8 INSEGNAMENTO TEOLOGICO Quanto è successo a Salomone, con la giovane contadina, ha fatto vibrare nel suo animo le corde più profonde della coscienza d’Israele. L’insegnamento teologico del Cantico dei Cantici scaturisce dalla comprensione dei personaggi e dalla spiegazione agli interrogativi che sorgono spontaneamente, dalla lettura del testo, quando presenta dei luoghi, il melo, la vigna, la sorella della Sulamita e il pastorello che deve fuggire anziché continuare a stare con la sua bella. Il s i g n i f i c a t o dei personaggi e risposta a g l i interrogativi che il testo pone Pastorello Il pastorello non appare in tutto il dramma se non nell’estasi della Sulamita. É visto nell’ultimo atto e si presenta per un istante accanto alla sua amata, e le chiede solamente un canto. Dopo aver ascoltato la sua voce accetta l’invito di fuggire via. Il luogo dove dimora è unico come la sua persona. Pastura le gregge fra i gigli (2:16) e sulle montagne profumate (4:6). Il suo carattere è ideale come la sua dimora. Ha tutti gli attributi della perfezione: ha una bellezza compiuta (5:10-16), libertà infinita (2:9p.p.), saggezza perfetta (8:2p.p.). Queste qualità fanno impallidire la magnificenza e la saggezza di Salomone. La Sulamita ama nel suo pastorello l’ideale e il prototipo del suo popolo. L’ideale per l’israelita non è una semplice idea2; è un essere vivente, divino, É Yahvè stesso, il cui nome non significa solamente Colui che è, ma Colui che verrà a realizzare sulla terra il bene assoluto, cioè il Dio che esce dalla sua trascendenza per avvicinarsi al mondo, per unirsi sempre più strettamente all’umanità, presentandosi lui stesso nella forma umana sulla scena della storia. Questo ideale, quest’attesa, ha caratterizzato attraverso i secoli la coscienza d’Israele. Il pastore, l’essere perfetto, colui che conduce le sue gregge negli 2 La verità non è un concetto, un pensiero, un ragionamento, è una persona, è il Signore stesso, Gesù Cristo (Giovanni 14:6). 9 spazi celesti, al di sopra delle grossolane realtà della vita quotidiana, dove vive ancora la sua amata, di tanto in tanto discende, con sorpresa, dalle sue altezze, e nelle visioni e rivelazioni profetiche, appare a colei che le ha dato il suo cuore. Lui che l’ama di un amore santo e austero non le offre altro che se stesso con la più assoluta devozione, ma nulla che possa soddisfare i suoi sensi. Lui, quale prezzo della sua offerta d’amore infinito, non chiede da lei nient’altro che la sua voce, (2:14). Il «monte della mirra e il colle dell’incenso» 4:6, come sostenevano già gli antichi commentatori, non esprime soltanto una realtà celeste, ma è un’allusione al Tempio di Gerusalemme, quale rappresentazione terrestre del santuario invisibile. I profumi sono quelli che quotidianamente erano bruciati sull’altare d’oro del luogo santo in onore a Yahvé. La montagna della mirra (Har-Mor) può essere un’allusione al monte Moria (Mor-Jah), dove la Sulamita va a incontrare il buon Pastore, all’alba e al tramonto (2:17; 4:6), quando si offrivano i profumi e il popolo si riuniva nel santuario. Nel Cantico dei Cantici il nome e la persona di Yahvé non appaiono perché Davide aveva già cantato: «L’Eterno è il mio pastore...» Salmo 23:1. Come nei tempi di decadenza dei regni e degli imperi, quando un popolo è arrivato all’esaurimento della sua civiltà, i poeti presentano l’esistenza ideale nel ritorno alla vita campestre (abbiamo l’esempio di Virgilio con le sue Bucoliche, e al tempo di Luigi XV e XVI si scrivono le pastorali delle Deshoulières, Fontenelle e Florian), così nel tempo dell’apogeo che coincide con quello del declino di Salomone (dopo la morte del re, il regno si dividerà in due: dieci tribù al nord e due al sud) i colori della vita pastorale offrono le espressioni per esprimere l’ideale. Sulamita Per la Sulamita si è pensato a una ragazza della città di Sunem della tribù d’Issacar, ma si può credere a qualcosa di meglio. Salomone, nome maschile, significa: perfetto, prospero, pacifico. Sulamita, femminile di Salomone, significa: perfetta, compiuta, pacifica. Questi due nomi sono in relazione con la parola shalom, il 10 buono stato delle cose, la completa prosperità. Il significato di pace data a questa parola non è altro che un’applicazione della nozione più generale di prosperità. Questa parola è usata dalla Sulamita quando celebra la sua vittoria nell’ultimo atto (8:10) creando così un gioco di parole: «Io – la prospera –, sono stata davanti ai suoi (di Salomone il prospero) come colei che trova pace – prosperità » 8:10. Come il pastorello rappresenta l’ideale al quale tende l’aspirazione d’Israele, così la Sulamita, la perfetta, è il simbolo di quest’aspirazione di se stesa e di tutti quelli che la condividono. Salomone Salomone è la personificazione della regalità terrestre, quella che il profeta Samuele creò suo malgrado, pur con il consenso di Dio. Nel Cantico dei Cantici Salomone rappresenta la regalità terrestre concessa a Israele in opposizione alla sovranità di Yahvé, l’invisibile monarca del popolo eletto. Le figlie di Gerusalemme Nel dramma costituiscono il coro. Rappresentano la realtà del popolo, l’Israele carnale affascinato dallo splendore della corte. É il contrario di ciò che rappresenta la Sulamita, l’Israele secondo lo Spirito. I fratelli della Sulamita o i figli di sua madre Sono forse i personaggi più difficili da identificare: due possibi1ita. a) I profeti, con a capo Samuele, che s’indignò profondamente nei confronti delle velleità d’Israele di volere un re umano. Fin dall’inizio profetizzò le conseguenze: «Questo sarà il modo di agire del re che regnerà su di voi. Prenderà i vostri figli e li metterà sui suoi carri e fra i suoi cavalieri e dovranno correre davanti al suo carro; se ne farà dei capitani di migliaia e dei capitani di cinquantina; li metterà ad arare i suoi campi, a mietere le sue biade, a fabbricare i suoi ordigni di guerra e gli attrezzi dei suoi carri. Prenderà le vostre figlie per farsene delle profumiere, delle cuoche, delle fornaie. Prenderà i vostri campi, le vostre vigne, i vostri migliori uliveti per darli ai suoi servitori. Prenderà la decima delle vostre sementi e delle vostre vigne per darla ai suoi eunuchi e ai suoi servitori. Prenderà i vostri servi, le vostre serve, il fiore della vostra gioventù e i vostri asini per adoperarli nei suoi lavori. 11 Prenderà le decime dei vostri greggi e voi sarete suoi schivi. E allora griderete per cagione del re che vi sarete scelti, ma in quel giorno l’Eterno non vi risponderà» 1 Samuele 8:11-18. b) Le autorità d’Israele. Sotto il regime di Saul, Davide e Salomone stesso lo stato patriarcale finì e la regalità introdusse il popolo in una nuova fase della sua civilizzazione, creando da quel momento il fardello di una vita di corte com’esisteva in Egitto, Fenicia, Babilonia e in Assiria. Un pesante sistema d’imposte e anche di lavori forzati fu organizzato, com’era stato previsto. Una della caratteristiche più importanti fu la trasformazione d’Israele da nazione nomade e agricola in nazione militare e conquistatrice. Ogni mese 24.000 uomini a rotazione dovevano fare il servizio del re (1 Cronache 27:1 e seg). Non si trattava solamente di guardare il paese di Canaan, bensì tutte le contrade vicine che erano state sottomesse e annesse all’impero d’Israele. I prefetti di Davide risiedevano in Damasco, in Ammon e in Edom sostituendo i re nazionali. Questi popoli tributari dovevano essere mantenuti nell’obbedienza. A questo scopo furono costituite delle guarnigioni che comportavano un servizio militare notevole che fino a quel momento non c’era stato. Ciò che è detto di Davide «che mise delle guarnigioni in tutto il territorio dell’Idumea» 2 Samue1e 8:13,14, si applica a tutti i territori conquistati, dall’Eufrate al Mediterraneo, dal Libano al mar Rosso. Questo regime nuovo esprime bene quando la Sulamita dice: «I figli di mia madre si sono adirati contro di me; mi hanno fatta guardiana delle vigne»1:6, cioè altri territori. I prefetti del re facevano eseguire al popolo d’Israele, una / volta libero, un lungo servizio militare e delle pesanti corvé. Così il popolo pur essendo padrone del proprio paese era nella posizione di chi lo aveva perduto perché è impiegato a controllare i territori stranieri e il proprio. Israele aveva così perduto la sua bellezza originale. Se la massa del popolo, rappresentata dalle figlie di Gerusalemme, è affascinata dalla bellezza, della potenza e dal lusso del giovane re, che rende l’oro così comune in Gerusalemme come la polvere della terra; ma la vera coscienza israelitica non si fa 12 ingannare da questi splendori e in mezzo a quest’esaltazione è portatrice di sentimenti di degradazione. La Sulamita incarna questa realtà. Negli incontri di Salomone con la Sulamita, si hanno così le espressioni delle arti seduttrici da parte del re e l’estasi della ragazza, nelle quali la Sulamita cerca e assaporare, solamente nello spirito, la presenza del vero Pastore d’Israele, il suo ben amato. Questi incontri rappresentano l’attrazione che Salomone esercita sul cuore d’Israele mediante l’ideale della grandezza territoriale, di cui il figlio di Davide è stato il più perfetto realizzatore storico e fino a ora insuperato. Le figlie di Gerusalemme è il popolo affascinato da questa gloria esteriore che appare in Salomone e a lui si sottomettono. La Sulamita, mediante la sua resistenza indomabile alle offerte del re e mediante la sua fedeltà incrollabile nei confronti del pastorello, al quale appartiene il suo cuore, rappresenta la profonda aspirazione verso Yahvé, la sete inestinguibile di Dio e l’istinto divino indistruttibile alla cui origine c’è Lui e la sua piena realizzazione è il Messia. Sedersi ora sul trono dell’Eterno, accanto ad un sovrano terrestre, quale rappresentante dell’umanità glorificata, è per la coscienza pura e idealista d’Israele un obbrobrio, perché è cosciente della sua vocazione di essere la fidanzata dell’Eterno, la futura sua sposa, senza macchia né ruga che sarà da lui trasformata per il giorno della sua venuta. La coscienza d’Israele mediante il profetismo ha espresso la più pura ed elevata vocazione umana. É da notare che la Sulamita i momenti più difficili delle sue lotte contro le seduzioni sfociano nell’estasi, nel rapimento profetico. Le espressioni che utilizza: «Io dormivo, ma i1 mio cuore vegliava» (5:2) ricorda quando Balaam descrive la mano dell’Eterno che si era posata su di lui: «Così, dice colui che contempla la visione dell’Onnipotente, colui che cade e a cui si aprono gli occhi» Numeri 24:4. Il profeta Daniele descriverà la sua esperienza: «All’udire il suono delle sue parole, caddi profondamente assopito, con la faccia a terra» 10:9. Giovanni dice di sé: «Quando l’ebbi veduto caddi ai suoi piedi come morto...» 13 Apocalisse 1:17. Queste espressioni presentano uno stato d’insensibilità momentanea in relazione al mondo esterno, ma nello stesso tempo una straordinaria chiaroveggenza nei confronti della visione divina che lo Spirito faceva vedere. Le parole della Sulamita alle figlie di Gerusalemme: «Non svegliate l’amore mio, finché lei non lo desideri!» 3:5; 8:4, è un invito che rivolge a loro affinché esse non la strappino dal suo stato di beatitudine d’amore fino a quando non sarà lei stessa a uscirne. Le invita a non interrompere, qualora lo possano fare, la sua estasi profetica. Il poema, che si colloca dopo lo stabilimento della monarchia, presenta Israele in una posizione critica, tra due amanti che esercitano le loro attrazioni contrapposte. Salomone Pastorello - in pompa regale che attirava gli - austero nell’amore di Dio, disdesguardi e seduceva i sensi. gna di utilizzare le attrazioni carnali per avere dalla sua parte il popolo. - coronato di gloria e d’onore. - appare nell’estasi profetica, nell’aspetto più modesto: «la testa bagnata dalle gocce della rugiada della notte». - l’ideale al quale aspira l’uomo - Yahvé spogliato della sua gloria naturale. Il popolo glorificato nel esteriore, ha come attrazione re che l’impersonifica. l’amore che esercita per i suoi e appare in terra come lo ha contemplato Isaia nell’uomo di dolore (Isaia 53). Israele è chiamato a scegliere tra i due contendenti che si disputano il suo cuore: Salomone da una parte, Yahvé dall’altra. La storia d’Israele, nella sua espressione più profonda, è caratterizzata dalla lotta tra il vero e i1 falso ideale di gloria messianica. La grande catastrofe che per un tempo ha messo fine alla sua esistenza come nazione è dipesa dall’aver preferito la scelta della falsa gloria. Gesù stesso ha messo in risalto questa caratteristica quando ha detto: «Io sono venuto nel nome del Padre mio, e voi non mi ricevete; se un altro verrà nel suo proprio nome, voi lo 14 riceverete. Come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri e non cercate la gloria che viene da Dio solo?» Giovanni 5:43,44. Il pastorello che la Sulamita ha contemplato nelle sue estasi è ora davanti, accanto a lei. L’apparizione dell’amato è una allusione alla manifestazione di Yahvé sul palco della storia, cioè il suo avvenimento messianico, che corona le apparizioni già compiute dal tempo dei patriarchi e delle rivelazioni profetiche. Sorellina Se la Sulamita rappresenta Israele, la sua sorellina, non ancora adulta, non può che raffigurare quella parte dell’umanità che non è ancora pronta a subire la prova alla quale il popolo ebraico è stato chiamato per primo. L’umanità pagana, che ha già avuto una informazione su Yahvé, deve crescere, diventare donna matura come conseguenza della piena manifestazione della Rivelazione. Questo pensiero in favore dei gentili Salomone lo aveva già espresso in occasione dell’inaugurazione del Santuario, che doveva essere come una dimora per Yahvé in Israele. Il re aveva riservato un luogo per i non israeliti. Per loro pregò: «Anche lo straniero che non è del tuo popolo d’Israele, quando verrà da un paese lontano a motivo del tuo nome... quando verrà a pregarti in questa casa, tu esaudiscilo dal cielo, dal luogo della tua dimora e concedi a questo straniero tutto quello che ti domanderà...» 1 Re 8:41-43. La regina di Saba andò a visitare Salomone per aver sì udito la sua fama ma anche «a motivo del nome dell’Eterno» 1 Re 10:1. Ai Gentili dunque la possibilità di decidere un giorno della loro sorte, come Israele era chiamato a farlo in quel tempo. Ai Gentili la possibilità di optare a favore dei sogni di falsa gloria o la felicità gustata nell’amore per Yahvé. Decidere per il messia coronato d’oro e per il Messia dai capelli umidi della rugiada della notte, impastati di sangue e con la testa incoronata di spine! Melo Al tempo della saggezza ebraica era piacevole rievocare il tempo delle origini. La saggezza stessa è comparata nel libro dei Proverbi a «un albero di vita» 3:18. Mediante lei l’Eterno ha compiuto la sua opera (8:22,30) ed essa ha messo la sua «gioia tra i figli degli uomini» 8:31. Ciò ci riporta al capitolo 2 della Genesi. Inoltre dobbiamo rilevare che il 15 melo, nella mitologia orientale, è l’emblema ricorrente del paradiso. Ciò ci permette di pensare che è nel paradiso e nel dolore che è stato generato il Messia, il fidanzato d’Israele. È sotto l’albero della caduta, nell’angoscia delle conseguenze dell’abbandono che fu pronunciata la promessa, che d’allora in poi, sorvola, come una mano benevola, sulla storia dell’umanità: «La posterità della donna, stritolerà il capo del serpente» Genesi 3:15. Questa promessa è stata il primo passo verso l’incarnazione. Per molto tempo il Messia ha dormito sotto l’albero dove era stato generato nella promessa quale Salvatore dell’umanità. Dopo aver (scelto la sua fidanzata sulla terra, nella persona d’Israele, è sembrato che per molti secoli non si sia curato di lei, abbandonando la Sulamita in cattività, la parte fedele del popolo, al giogo di Salomone. Appariva ai suoi al momento dell’adorazione e del culto, in occasione dell’estasi profetica e delle visioni, delle difficoltà e lei gli gridava: «Oh squarciassi tu pure i cieli e scendessi!» Isaia 64:1. «Fino a quando Signore» Salmo 6:3; 13:1; 74:10; 89:46; 90:13). Questa è la supplica che Israele rivolge per bocca del salmista e dei profeti. Questo sospiro: «Vieni!» 7:12, è quello della coscienza integra d’Israele, è l’anima della vita del popolo e della Chiesa. Dio stesso ha invitato le sentinelle che vegliano su Gerusalemme a «Non avere requie e a non dare requie a Lui...» Isaia 62:6,7. Nel Cantico dei Cantici la Sulamita è la personificazione di questa attesa di Israele, mentre nell’Apocalisse la sposa tende la mano verso il Cristo che ritorna. L’apparizione di Yahvè, nome che significa: io sono, io vengo, è la risposta a questo appello dell’umanità che crede e spera. Con il suo amato la Sulamita celebra la potenza del legame che lo univa a lui. L’amore, dice l’Eterno, non è un sentimento d’origine umana e non può essere acquistata a nessun prezzo. «É una fiamma dell’Eterno» 8:6, accesa da lui e lui stesso deve essere il supremo oggetto. La passione di un ricco che offre tutto, senza donarsi egli stesso, non incontrerà che fallimenti, mentre l’amore vero di Dio che non offre nulla, nulla al di fuori di se stesso e che si dona tutto intero, ha un potere irresistibile, simile a quello della morte e del sepolcro. Vigna 16 Dopo aver svegliato l’amato sotto il melo, dopo aver parlato con la sorellina, la Sulamita si rivolge a Salomone che se anche non è presente ha con lui un conto in sospeso. A causa di un errore, il popolo ha la monarchia e Salomone come re. Israele non può annullare ciò che ha voluto e fatto in un’ora di oblio. È la stessa legge che opera a causa di un errore di un individuo, di un popolo, dell’umanità. Quando per una decisione giusta o sbagliata l’essere libero dà spazio, nella sua esistenza a un valore, questo diventa una potenza e non può essere soppresso con un semplice atto della volontà. Ha acquisito diritto di vita. Non morirà che dopo aver esaurito tutto ciò che conteneva in sé. «Tu – uomo – mangerai della fatica delle tue mani» Salmo 128:2. è la stessa cosa per la regalità in Israele. La Sulamita riconosce questa legge della natura, l’accetta, si sottomette, l’affronta. «Salomone aveva una vigna a Baal-Hamon; egli affidò la vigna a dei guardiani, ognuno dei quali portava, come frutto mille sicli d’argento. La mia vigna, che è mia, me la guardo da me; tu, Salomone, tieni pure i tuoi mille sicli, e se n’abbiano duecento quei che guardano il frutto della tua!» 8:11,12. Cosa è la vigna di Salomone e cosa significa la della Sulamita (1:5; 8:12)? Che relazione c’è tra le due? Che cosa rappresentano i mille presicli pagati…? Ci sono tante spiegazioni quanti sono stati gli interpreti. La vigna rievoca alla mente del lettore biblico le espressioni del profeta Isaia e in particolare del cap. 8, quando in una forma poetica presenta il popolo d’Israele nei confronti del quale l’Eterno ha fatto tutto quanto era possibile per avere un buon prodotto, ma ha raccolto poi dei frutti aspri. Non ci sembra forzare il testo nel sostenere che la vigna sia la rappresentazione figura del popolo d’Israele e in generale anche degli altri popoli. Baal-Hamon significa: padrone di una moltitudine, indica di conseguenza Salomone come signore, non d’Israele soltanto, ma di una moltitudine di nazioni. Al suo scettro erano sottomessi: Edomiti, Moabiti, Ammoniti, Siriani, Filistei. Questi paesi appartenevano personalmente al re e non al popolo d’Israele. Era solamente il re che beneficiava delle imposte di questi vasti territori. Aveva nominato dei 17 funzionari incaricati a ritirare i tributi ogni anno. Questi tributi sono rappresentati dai mille sicli che i gerenti della vigna erano obbligati a pagare al re che ne fosse il principale proprietario. I gerenti erano dunque coloro che percepivano le imposte per conto del re in ogni paese. Per esempio il re di Moab, Mescha, forniva annualmente 100.000 agnelli e 100.000 montoni con la loro lana (2 Re 3:4); la stessa cosa era per gli altri popò!i. Il problema era: che rapporti aveva Israele con il sovrano? La terra di Canaan era patrimonio del popolo stesso? Israele deve pagare per la sua terra, un’imposta a Salomone? Se così fosse, Israele sarebbe degradato allo stesso rango dei popoli conquistati. É stato però Israele a volere il re; era una follia, e Israele l’ha commessa. Ora non si può più sottrarsi alle conseguenze della posizione scelta. Samuele aveva detto, quando ancora c’era la possibilità di evitare la monarchia che il re «prenderà i vostri campi, le vostre vigne, i vostri migliori uliveti per darli ai suoi servitori... e voi sarete suoi schiavi» 1 Samuele 8:14,17. A questo problema la coscienza israelita impersonificata dalla Sulamita diede questa soluzione: «La mia vigna, che è mia (distingue con questa parola il paese di Canaan, che Dio ha dato a Israele, dai paesi conquistati, che sono il dominio particolare del re), la guardo da me, la tengo sott’occhio, non come quelle lontane di Salomone in Baal-Hamon. Io avrei il diritto, quale primogenita dell’Eterno, di reclamare un’esenzione delle rendite di questa terra, quale mia proprietà sulla quale abito. Tuttavia mi sottometto alla stessa condizione di vita degli altri popoli: io pagherò i mille sicli e tu, Salomone, tieni pure i tuoi mille sicli, (cioè lo stesso tributo che pagano tutti gli altri popoli. Tuttavia, pur prendendo quest’impegno, quale conseguenza dell’errore che è stato commesso, il popolo nel non aver guardato la propria vigna, pone una condizione: su questo tributo, che annualmente era pagato al re, sia prelevato un quinto, cioè “duecento sicli”, affinché siano destinati al mantenimento dei guardiani e alle cure dei quali questa vigna d’Israele da sempre è stata confidata» 8:13. Chi sono questi guardie? I sacerdoti e i leviti. I sacerdoti, che non svolgevano altra attività, avevano vissuto fino alla monarchia mediante la decima, che restituiva il popolo. Ora che il popolo doveva contribuire 18 al tesoro del re, imposta che prima non avevano, i sacerdoti rischiavano di non ricevere ciò che era dovuto a loro e di trovarsi in povertà. La Sulamita pur accettando il peso delle imposte reali, ha cura di prendersi in carico il sostentamento parziale o totale del sacerdozio. É stato in occasione della consacrazione del tempio che il sacerdozio e i leviti ricevettero un’organizzazione definitiva. Secondo degli studiosi, i sacerdoti non ricevettero un trattamento indipendente, ma furono messi a carico del bilancio reale, che gli aveva costruito il tempio e che aveva accresciuta la loro considerazione e il loro splendore. Fuga del pastorello «Fuggì, amico mio, come una gazzella o un cerbiatto, sui monti degli aromi!» 8:14. Già Davide aveva sentito dire dall’Eterno al Messia: «Siedi alla mia destra...» Salmo 110:1. Il Signore avrebbe dovuto lasciare la terra per andare a sedersi sul trono divino per un certo tempo: «Finché io (l’Eterno) abbia fatto dei tuoi nemici lo sgabello dei tuoi piedi», cioè finché il mondo intero abbia riconosciuto la tua sovranità messianica. Così il pastorello amato dalla Sulamita, dopo un incontro lungamente atteso, preparato, sperato, voluto, anziché vivere e dare per sempre la gioia della sua presenza al suo popolo, organizzare il suo regno, deve ancora lasciare la terra per un certo tempo e abbandonare al potere di Salomone, il rappresentante dello stato terreste, colei che il suo cuore ama. La Chiesa può incontrare il suo Signore, colui che lei ama, «sul monte degli aromi» quando lo adora in spirito e verità. Il Messia tornerà a regnare sulla terra dopo un certo tempo, quando l’Eterno avrà conquistato per lui il nostro mondo. Fino a quando i1 trono di Salomone sussiste, il Re invisibile può avere il suo regno nei cuori, ma non ancora sulla scena visibile di questo mondo. Conclusione Nell’atto finale sono così presi in considerazione i seguenti avveni19 menti : - l’adempimento dell’attesa messianica, la manifestazione del Cristo; - la prova dei Gentili, quando la sorellina diventerà donna matura, manifesterà la sua fedeltà all’Eterno, seguirà l’esempio del popolo d’Israele; - l’assoggettamento volontario di Israele a Salomone a condizione che siano rispettati i diritti di Dio; - l’allontanamento del Messia dopo la sua apparizione momentanea sulla scena della storia. Questi argomenti danno una risposta agli interrogativi che Israele si poneva in relazione alla sua speranza, al potere di questo mondo, alla sua missione nei confronti dell’umanità che lo circondava. Il Cantico dei Cantici esprime il dramma d’Israele in seguito alla monarchia che purtroppo confermava le previsioni negative che avrebbero causato alla spiritualità del popolo. ATTO I – 1:2-3:5. Quattro scene. Il corteo regale dalla residenza di Gerusalemme conduce il re nella casa di campagna. Una giovane ragazza di Sunem abbandona la 20 sua vigna per andare a vedere in una valle i progressi di una vegetazione primaverile (6:11), viene attratta dal passare del corteo regale, si è fermata ad ammirare. Vista dalle guardie, per la sua bellezza, viene presa e portata nella casa reale. Prima scena: la Sulamita e le fanciulle dell’harem di Salomone 1:27 - Le donne esaltano la magnificenza di Salomone 1:2-4sp - la Sulamita viene condotta nell’appartamento di Salomone 1.4tp - le donne esaltano i1 re 1:4qp - la Sulamita si rivolge alle donne di Gerusalemme, pensa e descrive la bellezza di colui che lei ama e non sa dove sia 1:5-7 - ironicamente le donne invitano la Sulamita a cercarlo 1:8 Seconda scena: Salomone entra nell’appartamento e si rivolge alla Sulamita: 1:9-2:7. - Salomone esprime alla Sulamita la sua ammirazione, crede con le sue parole e con le sue promesse di sedurre la giovane ragazza 1:9-11 - l a Sulamita, nello stesso momento in cui il re le parla, lei pensa al suo amato 1:12-14 - Salomone le esprime la sua ammirazione 1:15 - la Sulamita estasiata parla del suo amato e s’immagina trasportata vicino a lui, preferisce i tappeti verdi e gli alberi della foresta alla casa dorata del re 1:16-2:1 - i1 re non scoraggiato, cogliendo un’espressione della Sulamita, la esalta 2:2 - il pensiero della Sulamita è rivolta a colui che ama, ricorda i momenti che la raggiungeva, è così estasiata dal suo amato, che rivede dove s’incontravano. Si sente spossata per aver resistito alle adulazioni del re. Invita le persone che la circondano a rispettare la bellezza del suo amore. 2:3-7 21 Terza scena: può essere una scena mattinale. 2:8-17 - alla Sulamita sembra di ascoltare la voce del suo amato che la invita a passeggiare in una natura che si risveglia alla primavera. Non potendo seguire colui che ama, l’amato l’invita a farsi vedere e a cantare. Risponde con un canto ricordando l’ordine dei fratelli di guardare la vigna. Non potendolo seguire lo invita a ritornare. 2:8-17 Quarta scena: è sera, l’amato non è ritornato. 3:1-5 - La sera è arrivata, l’amato non è apparso. La notte regna tutt’attorno e nel cuore della Sulamita. La scena che si presentata è tutta immaginata. La giovane ragazza è in uno stato d’estasi per i1 suo pastorello e rievoca le notti d’attesa. I pastori in oriente durante la notte vegliano i loro greggi. Lei vuole andare a cercare l’amore suo. Ripete la preghiera che aveva rivolto alle giovani che la circondavano. 3:1-5 ATTO II – 3:6-8:4. Tre scene. Nel secondo canto del poema, o secondo atto, la Sulamita viene esposta nuovamente alla prova che si presentano con maggiore intensità. Il re dà corso alla sua passione, spera che lei gli apparterrà e sarà la sua unica in mezzo a tutte le altre regine e di tutte le bellezze che popolano il suo harem. Questo secondo atto duplica il primo, ma con proporzioni ingrandite. Prima scena: la Sulamita è portata in giro sulla portantina di Salomone. Giunge alle porte del palazzo ammirata dal popolo. Viene ricevuta dal re che la introduce nel palazzo. Il re esprime la sua passione. 3:6-11 22 - il popolo esprime la propria ammirazione nel vedere la Sulamita nella sua bellezza che viene come da lontano 3:6 - il letto nuziale è presentato alla folla per il giorno delle nozze del re. Le ragazze di Gerusalemme sono invitate a uscire per vedere i1 re incoronato per il matrimonio 3:7-11 Seconda scena: il dialogo tra Salomone e la Sulamita: 4:1-6:3 - Salomone esprime alla Sulamita, come in precedenza, la sua ammirazione (É là ripetizione di 1:14). 4:1-5 - la Sulamita spera che prima della sera sia libera 4:6 - Salomone rivela il proprio ardore alla Sulamita 4:7-16sp - la Sulamita risponde alle parole di Salomone esprimendo i propri sentimenti di amore, non per lui, ma per colui 4:16up che lei ama3 - il re crede che quanto viene detto dalla Sulamita si riferisce a lui e le risponde con l’ardore del suo cuore sicura della sua vittoria, si rivolge ai suoi amici e li invita a unirsi alla sua gioia 5:1 - la Sulamita è presa dall’estasi del suo amato con il quale però non s’incontra. Lo cerca. Le guardie la percuotono e la feriscono (v. 7)4 e, come nel primo atto, si rivolge ancora alle figlie di Gerusalemme per invitarle, questa volta, che dicano quanto lei ami il suo amato. 5:2-8 - coro delle donne, che come nel primo atto, chiedono: «chi è colui che tu ami?» 5:9 - la Sulamita descrive con entusiasmo chi lei ama 5:10-16 3 Questa frase è stata vista come la prova che lei accetta l’amore-passione di Salomone. Bisogna però notare che l’espressione «il mio ben amato» in nessuna parte del Cantico dei Cantici è indirizzato a qualcuno altro che non sia il pastorello al quale lei aveva dato il suo cuore. Come in altre occasioni la Sulamita interrompe il re e si rivolge a colui che lei ama ed è assente. L’amato suo, anziché essere Salomone è il suo rivale. 4 Se la Sulamita fosse diventata la moglie di Salomone, come spiegare che le guardie possano picchiare la regina, la favorita del re. 23 - domanda delle donne in coro - la Sulamita risponde 6:1 6:2,3 Terza scena: riprende la quarta scena del primo atto. Salomone cerca con un supremo sforzo di conquistare le grazie della giovane, rinnovando enfaticamente i suoi elogi comparando la Sulamita alle due più belle città del suo regno. 6:4-8:4. - Salomone esprime il suo vivo desiderio per la Sulamita 6:4-10 - la Sulamita rievoca il perché aveva lasciato la sua vigna e la follia della sua curiosità per vedere il corteo regale 6:11-12 - mentre già se ne stava andando la gente la invita a ritornare per essere ammirata 7:1pp - la Sulamita risponde con una ingenua modestia 7:1sp - il coro delle donne elogia le bellezze e la grazia della Sulamita 7:2-6 - Salomone si ripropone alla Sulamita con passione 7:7-10pp - la Sulamita interrompe Salomone e appropriandosi delle 7:10sp sue parole le pone in relazione con chi lei ama -8:4 Il Secondo atto termina con la vittoria della Sulamita che trionfa sulla seduzione della carne, la concupiscenza degli occhi e l’orgoglio della vita. Preferisce l’amore, apparentemente, povero, ma sincero, del suo pastorello, alla passione sfacciata e sensuale del re. L’amore di colui che non dona niente altro che se stesso, le è apparso migliore che l’amore di colui che dona tutto, senza se stesso. ATTO III – 8:5-13 Quattro scene. Il trionfo che segue la vittoria. Prima scena: incontro della Sulamita con il pastorello. Questa scena si contrappone alla prima del II Atto. 8:5-7 - coro delle donne: in lontananza appare il pastorello con la sua amata 8:5pp - la Sulamita parla al pastorello 8:5sp 24 - i l pastorello parla alla Sulamita Seconda scena: la Sulamita e la sua sorellina. 8:8-10 - la Sulamita ricorda che il suo comportamento nei confronti del re è stato come un muro e ha vinto. Così deve essere .la sorella. Se sarà ferma sarà coronata, ma se cade, la vergogna e la servitù l’aspettano 8:6,7 8:8-10 Terza scena: la Sulamita regola il suo conto con Salomone assente, ma gli parla come se fosse presente. 8:11,12 - la Sulamita si rivolge a Salomone come se fosse presente 8:11,12 Quarta scena: pastorello e Sulamita. 8:13,14 - il pastorello chiede alla Sulamita di farle sentire la sua voce. Altri compagni la desiderano ascoltare - la Sulamita invita il pastorello a fuggire perché non può ancora seguirla completamente per la realtà a lui ostile 8:13 8:14 25 26 Cantico dei Cantici di Salomone, re d’Israele ATTO I Narratore Siamo nelle stanze del palazzo reale. Le fanciulle aspettano l’arrivo del re Salomone. I scena La Sulamita e le fanciulle nell’harem di Salomone 1:2-7 Capitolo 1 2 Mi baci egli dei baci della sua bocca, poiché le tue carezze sono migliori del vino. 3 I tuoi profumi hanno un odore soave; il tuo nome è un Aspettando l’arrivo del re, profumo che si spande; perciò ti amano le fanciulle! ne esalta la 4 Attirami a te! Una concubina figura Tutte Noi ti correremo dietro! Sulamita Il re m’ha condotta ne’ suoi appartamenti; Tutte Noi gioiremo, ci rallegreremo a motivo di te; noi celebreremo le tue carezze più del vino! A ragione sei amato! Esaltano il re Narratore La Sulamita confronta la sua pelle abbronzata, perché costretta a vivere in campagna, con quella bianca delle concubine che vivevano nel palazzo Sulamita 5 Sono scura ma bella, o figliuole di Gerusalemme, come le tende di Chedar, come i padiglioni di Salomone. 27 6 Non guardate se sono scura; è il sole che mi ha bruciata; i figli di mia madre si sono adirati contro di me; mi hanno fatta guardiana delle vigne, ma io, la mia vigna, non l’ho guardata. Parla del suo 7 O tu che il mio cuore ama, dimmi dove conduci a pascolare il tuo gregge, e dove lo fai riposare sul mezzogiorno. Infatti, innamorato che pascola il perché sarei io come una donna sperduta, presso i greggi dei gregge tuoi compagni? Tutte 8 Se non lo sai, o la più bella delle donne, esci e segui le tracce delle pecore, e fa’ pascolare i tuoi capretti presso alle tende dei pastori. Narratore Entra Salone e subito nota la Sulamita. II scena Salomone entra nell’appartamento e si rivolge alla Sulamita 1:9-27 Salomone Cerca di conquistarla offrendole gioielli Sulamita Il suo amico le ricorda sempre i profumi dei campi Salomone Narratore 28 9 Amica mia, io t’assomiglio alla mia cavalla che si attacca ai carri di Faraone. 10 Le tue guance sono belle in mezzo alle collane, e il tuo collo è bello tra i filari di perle. 11 Noi ti faremo delle collane d’oro con dei punti d’argento. 12 Mentre il re è nel suo convito, il mio nardo esala il suo profumo. 13 Il mio amico m’è un sacchetto di mirra, che passa la notte sul mio seno. 14 Il mio amico m’è un grappolo di cipro delle vigne d’EnGhedi. 15 Come sei bella, amica mia, come sei bella! I tuoi occhi son come quelli dei colombi. Mentre il re parla, il pensiero della fanciullo corre al suo fidanzato Sulamita Estasiata, parla di colui che ama. 16 Come sei bello, amico mio, come sei amabile! Anche il nostro letto è verdeggiante. 17 Le travi delle nostre case sono cedri, i nostri soffitti sono di cipresso. Capitolo 2 Sulamita 1 Io sono la rosa di Saron, il giglio delle valli. Narratore La Sulamita con questa frase ricorda al re di essere solo una selvaggia, non adatta a vivere in un palazzo, ma il re rettifica Salomone 2 Quale un giglio tra le spine, tale è l’amica mia tra le fanciulle. In ammiraz. Narratore La ragazza non accetta il complimento interessato rivolto a lei e lo gira a favore del suo pastorello Sulamita 3 Qual è un melo fra gli alberi del bosco, tal è l’amico mio fra i giovani. Io desidero sedermi alla sua ombra, e il suo frutto è dolce al mio palato. 4 Egli m’ha condotta nella casa del convito, e l’insegna che spiega su di me è Amore. 5 Fortificatemi con delle schiacciate d’uva passa, sostentatemi con mele, perché sono malata d’amore. 6 La sua sinistra sia sotto al mio capo, la sua destra m’abbracci! 7 Figlie di Gerusalemme, io vi scongiuro per le gazzelle, per le cerve dei campi, non svegliate, non svegliate l’amor mio, finché lei non lo desideri! Parla di colui che ama. Preferisce i prati e gli alberi ai tappeti del palazzo III scena 29 Può essere una scena mattinale 2:8-17 Sulamita 8 Ecco la voce del mio amico! Eccolo che viene, saltando per i monti, balzando per i colli. 9 L’amico mio è simile a una gazzella, o ad un cerbiatto. Eccolo, egli sta dietro al nostro muro, e guarda per la finestra, lancia occhiate attraverso le persiane. 10 Il mio amico parla e mi dice: “Alzati, amica mia, mia bella, e vieni, 11 poiché, ecco, l’inverno è passato, il tempo delle piogge è finito, se n’è andato; 12 i fiori spuntano sulla terra, il tempo del canto è giunto, e la voce della tortora si fa udire nella nostra campagna. 13 Il fico ha messo i suoi frutti, le viti fiorite esalano il loro profumo. Alzati, amica mia, mia bella, e vieni". 14 O mia colomba, che stai nelle fessure delle rocce, nel nascondiglio delle balze, mostrami il tuo viso, fammi udire la tua voce; poiché la tua voce è soave, e il tuo viso è bello. Insiste nel dire 15 Prendeteci le volpi, le volpicine che guastano le vigne, che il suo poiché le nostre vigne sono in fiore! innamorato è 16 Il mio amico è mio, e io sono sua: di lui, che pastura il un pastore e gregge fra i gigli. non un re 17 Prima che spiri la brezza del giorno e che le ombre fuggano, torna, amico mio, come la gazzella o il cerbiatto sui monti che ci separano! IV scena È sera, l’amato non è ritornato 3:1-5 Capitolo 3 Sulamita 1 Sul mio letto, durante la notte, ho cercato il mio amore; In estasi pensa l’ho cercato, ma non l’ho trovato. che il suo 2. Ora mi alzerò e andrò attorno per la città, per le strade e amato vada da per le piazze; cercherò il mio amore; l’ho cercato, ma non 30 lei di notte. Lo attende. v. 2 Lo va a cercare. l’ho trovato. 3. Le guardie che vanno attorno per la città mi hanno incontrata; e ho chiesto a loro: “Avete visto il mio amore?”. 4. Di poco le avevo passate, quando trovai il mio amore; io l’ho preso, e non lo lascerò, finché non l’abbia condotto in casa di mia madre, nella camera di colei che m’ha concepita. 5 Io vi scongiuro, o figlie di Gerusalemme, per le gazzelle, per le cerve dei campi, non svegliate, non svegliate l’amor mio, finché lei non lo desideri! Narratore La fanciulla prigioniera sogna di essere libera e di amare liberamente il suo pastorello. Allora Salone, vedendo di avere a che fare con una difficile preda, gioca tutte le sue carte. Allestisce tutti i preparativi per le nozze. Vuole fare della semplice pastorella una regina. ATTO II I scena La Sulamita è portata in giro sulla portantina di Salomone. Giunge alla porta del palazzo ammirata dal popolo. Viene ricevuta dal re che la introduce nel palazzo. Il re esprime la sua passione 3:6-11 Popolo La scena si svolge all’esterno. Il re non aveva potuto conquistare la ragazza con i gioielli, allora le offre di diventare regina 6 Chi è colei che sale dal deserto, simile a colonne di fumo, profumata di mirra e d’incenso e d’ogni aroma dei mercanti? 7 Ecco la lettiga di Salomone, intorno alla quale stanno sessanta prodi, fra i più prodi d’Israele. 8 Tutti maneggiano la spada, sono esperti nelle armi; ciascuno ha la sua spada al fianco, per gli spaventi notturni. 9 Il re Salomone s’è fatto una lettiga di legno del Libano. 10 Ne ha fatto le colonne d’argento, la spalliera d’oro, il sedile di porpora; in mezzo è un ricamo, lavoro d’amore 31 Vuole sposarla e prepara una cerimonia nuziale. delle figliuole di Gerusalemme. 11 Uscite, figlie di Sion, mirate il re Salomone con la corona di cui l’ha incoronato sua madre, il giorno delle sue nozze, il giorno della gioia del suo cuore. Narratore Salomone accoglie incantato la pastorella-regina II scena Dialogo tra Salomone e la Sulamita 4:1-6:3 Capitolo 4 1 Come sei bella, amica mia, come sei bella! I tuoi occhi, dietro al tuo velo, somigliano quelli delle colombe; i tuoi Esalta la Sulamita con capelli sono come un gregge di capre, sospese ai fianchi del apprezzamenti monte di Galaad. pesanti 2 I tuoi denti sono come un branco di pecore tosate, che tornano dal lavatoio; tutte hanno dei gemelli, non ve n’è alcuna che sia sterile. 3 Le tue labbra somigliano un filo di scarlatto, la tua bocca è graziosa; le tue gote, dietro al tuo velo, sono come un pezzo di melagrana. 4 Il tuo collo è come la torre di Davide, costruita per essere un’armeria; mille scudi vi sono appesi, tutte le targhe dei valorosi. 5 Le tue due mammelle sono due gemelli di gazzella, che pasturano fra i gigli. Salomone Sulamita Vuole essere libera 6 Prima che spiri l’aura del giorno e che le ombre fuggano, io me ne andrò al monte della mirra e al colle dell’incenso. Narratore Salomone fa finta di non capire Salomone 7 Tu sei tutta bella, amica mia, e non c’è nessun difetto in te. 8 Vieni con me dal Libano, o mia sposa, vieni meco dal Libano! Guarda dalla cima dell’Amana, dalla cima del Senir Continua la sua corte 32 serrata e dell’Hermon, dalle spelonche dei leoni, dai monti dei leopardi. 9 Tu m’hai rapito il cuore, o mia sorella, o sposa mia! Tu m’hai rapito il cuore con uno solo dei tuoi sguardi, con uno solo dei monili del tuo collo. 10 Quanto sono dolci le tue carezze, o mia sorella, o sposa mia! Come le tue carezze sono migliori del vino, come l’odore dei tuoi profumi e più soave di tutti gli aromi! 11 O sposa mia, le tue labbra stillano miele, miele e latte sono sotto la tua lingua; l’odore delle tue vesti è come l’odore del Libano. 12 O mia sorella, o sposa mia, tu sei un giardino serrato, una sorgente chiusa, una fonte sigillata. 13 I tuoi germogli sono un giardino di melagrani e d’alberi di frutti deliziosi, di piante di cipro e di nardo; 14 di nardo e di croco, di canna odorosa e di cinnamomo, e d’ogni albero da incenso; di mirra e d’aloe, e d’ogni più squisito aroma. 15 Tu sei una fontana di giardino, una sorgente d’acqua viva, un ruscello che scende giù dal Libano. 16 Sorgi, vento del Nord, e vieni, o vento del Sud! Soffiate sul mio giardino, perché se ne spandano gli aromi! Narratore La Sulamita lo interrompe bruscamente e puntualizza Sulamita Venga l’amico mio nel suo giardino, e ne mangi i frutti deliziosi! Narratore Salomone fa ancora una volta finta di non aver capito l’allusione Capitolo 5 Salomone Fraintende. Invita gli 1 Sono venuto nel mio giardino, o mia sorella, o sposa mia; ho colto la mia mirra e i miei aromi; ho mangiato il mio favo di miele; ho bevuto il mio vino ed il mio latte. Amici, 33 amici. mangiate, bevete, inebriatevi d’amore! 2 Io dormivo, ma il mio cuore vegliava. Sento la voce del mio amico, che picchia e dice: "Aprimi, sorella mia, amica mia, colomba mia, o mia perfetta! Poiché il mio capo è coperto di rugiada e le mie chiome sono piene di gocce della notte". 3 Io mi sono tolta la gonna; come me la rimetterei ancora? Mi sono lavata i piedi; come li sporcherei ancora? 4 L’amico mio ha passato la mano per la finestra, il mio amore si è agitato per lui. 5 Mi sono alzata per aprire al mio amico, e le mie mani hanno stillato mirra le mie dita mirra liquida, sulla maniglia della serratura. 6 Ho aperto all’amico mio, ma l’amico mio si era ritirato, era partito. v. 7. Le guardie hanno Ero fuori di me mentr’egli parlava; l’ho cercato, ma non l’ho impedito con trovato; l’ho chiamato, ma non m’ha risposto. la forza che la 7 Le guardie che vanno attorno per la città m’hanno futura sposa incontrata, mi hanno battuta, mi hanno ferita; le guardie delle del re scappi mura mi hanno strappato il velo. per andare a cercare un 8 Io vi scongiuro, o figlie di Gerusalemme, se trovate il mio altro amico, che gli direte? Che sono malata d’amore. Sulamita Pensa solo al suo amico Tutte incuriosite 9 Che è dunque, l’amico tuo, più d’un altro amico, o la più bella fra le donne? Che è dunque, l’amico tuo, più d’un altro amico, che così ci scongiuri? Sulamita 10 L’amico mio è bianco e vermiglio, e si distingue fra diecimila. 11 Il suo capo è oro finissimo, le sue chiome sono crespe, re come il corvo. 12 I suoi occhi paiono colombe in riva a ruscelli, che si lavano nel latte, montati nei castoni di un anello. 13 Le sue gote sono come un’aia d’aromi, come aiuole di fiori odorosi; le sue labbra sono gigli, e stillano mirra Risponde con entusiasmo decantando l’amato suo 34 liquida. 14 Le sue mani sono anelli d’oro, incastonati di berilli; il suo corpo è d’avorio lucente, coperto di zaffiri. 15 Le sue gambe sono colonne di marmo, fondate su basi d’oro puro. Il suo aspetto è come il Libano, superbo come i cedri. 16 Il suo palato è tutto dolcezza, tutta la sua persona è un incanto. Tal è l’amor mio, tal è l’amico mio, o figlie di Gerusalemme. Capitolo 6 Tutte domanda Sulamita Risponde e puntualizza chi è il suo amico 1 Dove è andato il tuo amico, o la più bella fra le donne? Quale direzione ha preso l’amico tuo? Noi lo cercheremo teco. 2 Il mio amico è disceso nel suo giardino, nelle aie degli aromi, a pasturare le greggi nei giardini, e coglier gigli. 3 Io sono dell’amico mio; e l’amico mio, che pascola il gregge tra i gigli, è mio. III scena Riprende la IV scena del I Atto Salomone cerca con un supremo sforzo di conquistare le grazie della giovane, rinnovando enfaticamente i suoi elogi comparando la Sulamita alle due più belle città del suo regno 6:6-8:4 Narratore Salomone si rende conto di avere a che fare con una ragazza molto fiera, innamorata che non si lascia corrompere; ma insiste tuttavia nella sua corte spietata continuando ad adularla. Salomone 4 Amica mia, tu sei bella come Tirza, vaga come Esprime il suo Gerusalemme, tremenda come un esercito a bandiere 35 desiderio. spiegate. 5 Distogli da me gli occhi tuoi, che mi turbano. I tuoi capelli sono come un gregge di capre, sospese ai fianchi di Galaad. 6 I tuoi denti sono come un branco di pecore, che tornano dal lavatoio; tutte hanno dei gemelli, non ce ne è una che sia sterile; 7 le tue gote, dietro il tuo velo, sono come un pezzo di melagrana. 8 Ci sono sessanta regine, ottanta concubine, e fanciulle innumerevoli; 9 ma la mia colomba, la perfetta mia, è unica; è l’unica di sua madre, la prescelta di colei che l’ha partorita. Le fanciulle la vedono, e la proclamano beata; la vedono pure le regine e le concubine, e la lodano. 10 Chi è colei che appare come l’alba, bella come la luna, pura come il sole, tremenda come un esercito a bandiere spiegate? 11 Io sono discesa nel giardino dei noci a vedere le piante Racconta verdi della valle, a veder se le viti mettevano le loro gemme, come ha fatto se i melagrani erano in fiore. ad arrivare al 12 Io non so come, il mio desiderio m’ha resa simile ai carri palazzo reale di Amminadab (vers. Riveduta). Sulamita Narratore La fanciulla, quindi, si era allontana dalla sua vigna per vedere passare i carri del re ed è talmente estasiata che si lascia prendere dai soldati del re salendo sui suoi carri. (Essere simile ai carri di Amminadab significa ammirare tanto una cosa fino a identificarsi con essa). Ora però, ricordando lo shock subito quando si è trovata nel palazzo, cerca di scappare. Ma le ragazze la fermano. Capitolo 7 Tutte 36 1 Torna, torna, o Sulamita, torna, torna, che ti miriamo. Sulamita Perché ammirate la Sulamita come una danza a due schiere? Tutte 2 Come sono belli i tuoi piedi nei loro calzari, o figlia di principe! I contorni delle tue anche sono come monili, opera di mano di artefice. 3 Il tuo seno e una tazza rotonda, dove non manca mai vino profumato. Il tuo corpo è un mucchio di grano, circondato di gigli. 4 Le tue due mammelle sembrano due gemelli di gazzella. 5 Il tuo collo è come una torre d’avorio; i tuoi occhi sono come le piscine di Cheshbon presso la porta di Bath-Rabbim. Il tuo naso è come la torre del Libano, che guarda verso Damasco. 6 Il tuo capo si eleva come il Carmelo, e la chioma del tuo capo sembra di porpora; un re incatenato dalle tue trecce! Narratore Il re s’impegna nell’ultima seduzione Salomone 7 Quanto sei bella, quanto sei piacevole, amor mio, in mezzo alle delizie! 8 La tua statura è simile alla palma, le tue mammelle a grappoli d’uva. 9 Ho detto: “Io salirò sulla palma, e m’appiglierò ai suoi rami”. Siano le tue mammelle come grappoli di vite, il profumo del tuo fiato, come quello delle mele, 10 e la tua bocca come un vino generoso,… Si ripropone alla Sulamita. Sulamita Interrompe il re provocandolo. Parla di colui che lei ama ed esprime il desiderio di … che cola dolcemente per il mio amico, e scivola fra le labbra di quelli che dormono. 11 Io sono del mio amico, e verso me va il suo desiderio. 12 Vieni, amico mio, usciamo ai campi, passiamo la notte nei villaggi! 13 Fin dal mattino andremo nelle vigne; vedremo se la vite ha sbocciato, se il suo fiore si apre, se i melagrani fioriscono. 37 stare con lui. Là ti darò le mie carezze. 14 Le mandragole mandano profumo, sulle nostre porte stanno frutti deliziosi d’ogni sorta, nuovi e vecchi, che ho serbati per te, amico mio. Capitolo 8 Preferirebbe essere sua sorella pur di essere libera di incontrarlo Narratore 1 Oh perché non sei tu come un mio fratello, allattato dalle mammelle di mia madre! Trovandoti fuori, ti bacerei, e nessuno mi sprezzerebbe. 2 Ti condurrei, t’introdurrei in casa di mia madre; tu m’istruiresti, e io ti darei da bere vino aromatico, succo del mio melagrano. 3 La sua sinistra sia sotto il mio capo, e la sua destra mi abbracci! 4 O figlie di Gerusalemme, io vi scongiuro, non svegliate, non svegliate l’amor mio, finché lei non lo desideri! Salomone, il potente re, non ha potuto nulla contro una fanciulla innamorata. Alla fine cede e le lascia la libertà. A questo punto la scena cambia, siamo fuori, all’aperto. Avanzano la Sulamita e il pastorello. ATTO III I scena Incontro della Sulamita c on il pastorello. (questa scena si contrappone alla prima del II Atto) 8:5-7 Popolo 5 Chi è colei che sale dal deserto appoggiata all’amico suo? Pastorello Io ti ho svegliata sotto il melo, dove tua madre ti ha partorito, dove quella che ti ha partorito, si è sgravata di te. 6 Mettimi come un sigillo sul tuo cuore, come un sigillo sul tuo braccio; perché l’amore è forte come la morte, la gelosia Unico discorso del giovane che 38 parla solo d’amore è dura come il soggiorno dei morti. I suoi ardori sono ardori di fuoco, fiamma potente. 7 Le grandi acque non potrebbero spegnere l’amore, i fiumi non potrebbero sommergerlo. Se uno desse tutti i beni di casa sua in cambio dell’amore, sarebbe del tutto disprezzato. II scena La Sulamita e la sua sorella 8:8-10 Sulamita Si preoccupa della piccola sorella 8 Noi abbiamo una piccola sorella, che non ha ancora mammelle; che faremo della nostra sorella, quando si tratterà di lei? 9 Se è un muro, costruiremo su lei una torretta d’argento; se è un uscio, la chiuderemo con una tavola di cedro. 10 Io sono un muro, e le mie mammelle sono come torri; io sono stata ai suoi occhi come colei che ha trovato pace. III scena La Sulamita regola il suo conto con Salomone assente, ma gli parla come se fosse presente 8:11,12 Sulamita 11 Salomone aveva una vigna a Baal-Hamon; egli affidò la vigna a dei guardiani, ognun dei quali portava, come frutto, mille sicli d’argento. 12 La mia vigna, che è mia, la guardo da me; tu, Salomone, tieni per te i tuoi mille sicli, e ne abbiano duecento quelli che guardano il frutto della tua! Sulamita IV scena Il pastorello e la Sulamita È così felice di aver ritrovato il suo amato che gli 8:13,14 39 chiede ancora di parlarle d’amore 13 O tu che dimori nei giardini, i compagni stanno intenti alla tua voce! Fammela udire! Narratore A questo punto ci aspetteremmo il felice epilogo della storia e un bel discorso da parte del pastorello. Invece… Sulamita 14 Fuggi, amico mio, come una gazzella od un cerbiatto, sui monti degli aromi! Narratore Il re non ha potuto avere la pastorella, ma non permette neanche che ella si goda la sua felicità perché il pastorello è costretto a fuggire. 40