Cantico Dei Cantici

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Cantico Dei Cantici
Adelio G. PELLEGRINI
Cantico Dei Cantici
di Salomone, re d’Israele
La SACRA BIBBIA
Versione Nuova Riveduta
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Cantico dei Cantici
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Il poema di questo libro, che dovrebbe essere intitolato Canto dei
Canti, è il solo, in tutta la raccolta biblica, in cu l’Eterno non è nominato,
invocato e lodato. Questo l i b r o è stato ed è ancora tutt’oggi l’oggetto di
interpretazioni le p i ù disparate. Riteniamo quindi importante poterlo
comprendere.
I cinque libri didattici della saggezza ebraica iniziano con il libro di
Giobbe e concludono con il Cantico dei Cantici. Amare e soffrire sono
emozioni molto vicine tra loro. Giobbe ci presenta la fedeltà in mezzo agli
assalti della sofferenza; la Sulamita, è la fedeltà in lotta con le seduzioni
d el la gioia. L’amore appare invincibile solamente quando supera entrambe
1e situazioni.
Il deserto d ella tentazione e il Getzemane sono i due campi di battaglia
dove Gesù è stato investito dal godere e approfittare del prestigio e d e l l a
gi o ia per poi essere sommerso dagli spaventi del dolore. Nel giorno che
precede il Golgota il vero Giobbe supera la sofferenza nel 1’esprimere la
volontà incondizionata di essere fedele a Dio anche nel mistero dell’angoscia
n e l l a quale è lasciato solo. Come dopo il battesimo, che segna il suo
impegno per il regno di Dio, assistiamo al suo amore ideale nei confronti del
Padre, per il quale rinuncia a l l a seduzione dell’avere, al fascino dello
splendore dei miracoli, alla gloria del potere, così la Sulamita, è fedele
all’amore di colui dal quale è amata, il suo Signore, il quale apparentemente
sembra che non le dia nulla, se ciò che riceve si confronta con le seduzioni
che offrono le ricchezze d e l l a corte reale.
Al Cantico dei Cantici si attribuiscono diverse chiavi di lettura.
Non è nostra intenzione entrare in merito alle varie interpretazioni,
ma ci permettiamo fare solamente alcune brevi osservazioni.
1. Oggi generalmente questo lib ro dell’Antico Testamento (A.T.) è visto
come un insieme di cantate popolari che esaltano 1’amore in occasione
delle feste nuziali. Di vero in questa posizione ci sembra che ci sia il
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Il presente lavoro esprime quanto sostenuto dal teologo GODET Frédéric,
ètude bibliques, V ed., Delachauz et Niestlé, Neuchâtel 1869, pp. 249-338.
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sostenere che l’amore tra un uomo e una donna è sacro e santo,
ma ciò non è lo scopo di questo libro biblico.
2. Il re Salomone fa della Sulamita la sua sposa e passa da
un’attrazione puramente fisica a un vero e puro amore. É poco
sostenibile questa posizione per il fatto che c’è un terzo
personaggio, il pastorello del quale la Sulamita è profondamente
innamorata e per lui respinge Salomone e tutte le sue seduzioni.
Non è sostenibile la difesa di questa posizione che replica alla
critica, affermando che se così fosse, questa lettura, metterebbe
Salomone in cattiva luce e per questo motivo i rabbini non
avrebbero accettato che il libro venisse inserito nel canone Sacro.
Una delle caratteristiche della Rivelazione è quella di presentare i
propri personaggi con le loro virtù, ma anche con le loro miserie.
La Bibbia non passa sotto silenzio le bugie del padre dei credenti,
Abrahamo; l’adulterio del re Davide, l’immoralità, anche se si
vuole giustificare con la mentalità dei tempi, di dare al vecchio re
infreddolito una giovane vergine nel letto per scaldarlo, e le diverse
mogli avute. Del resto Salomone non onora molto il suo Dio con le
trecento mogli e settecento concubine, anche se ciò faceva parte del
potere del tempo. – Al tempo della sua passione nei confronti della
Sulamita aveva già 60 mogli e 80 concubine (6:8). La Sulamita
sarebbe stata per lui più che un amore, del quale poteva avere
perso il significato, un capriccio che cresceva e s’ingigantiva nella
sua passione nella misura in cui la giovane ragazza lo respingeva.
3. Si è pensato anche, con abilità di parole, di identificare Salomone
con il pastorello facendo dei due un solo personaggio. Sebbene
questa spiegazione è presentata con particolari diversi, è sufficiente
ricordare quanto è detto alla fine del racconto, quando la giovane
donna è in compagnia del pastorello: «L’amore è una fiamma
dell’Eterno... Le grandi acque non possono spegnere l’amore e dei
fiumi non possono sommergerlo. Se uno desse tutti i beni di casa
sua in cambio dell’amore, sarebbe del tutto disprezzato» 8:6,7. Più
avanti la Sulamita ricordando la sua resistenza che ha fatto al re
dice alla sorellina: «Io sono un muro... e così io ho ottenuto che
egli mi accordasse la pace» 8:10. Chi è l’egli che gli ha accordato la
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pace? «Salomone aveva una vigna in Baal-Hamon». Salomone e il
pastorello sono due persone diverse.
4. Gli antichi interpreti giudei, come diversi Padri della Chiesa, la
maggioranza degli scolastici e un certo numero di teologi moderni
hanno visto e vedono nel Cantico, il dramma amoroso tra solo due
persone, il re Salomone e la Sulamita quale rappresentazione
allegorica, del rapporto d’amore tra Yahvé e il suo popolo d’Israele
o tra Cristo e la Chiesa od ogni fedele. Lo scopo del poema
sarebbe quello di presentare l’intimità e la dolcezza della relazione
dell’uomo con Dio. Nel sostenere questa posizione si spiegano e si
spiritualizzano con difficoltà le effusioni sentimentali espresse nel
linguaggio uomo-donna e il significato da dare agli occhi, ai capelli,
ai denti, alle labbra, al collo, alle mani, alle gambe, al naso, ai piedi,
ai denti, ecc., delle Sulamita, ma anche a quelli di Dio e di Cristo.
C’è un particolare che impedisce ogni allegoria di questo genere.
Salomone (in questo caso l’Eterno) aveva sessanta mogli e ottanta
concubine (6:8). Inoltre se così fosse il poema dovrebbe finire alla
fine del cap. 4 quando presenta l’unione dei due amanti e non
continuare con i capp. 5-8. Chi sostiene a oltranza questa posizione dice, per giustificare questi capitoli, che il rapporto di amore tra
i due amanti ha avuto una pausa di raffreddamento a seguito della
quale Salomone ha poi cambiato mestiere, da re è andato a fare il
pastore o a vivere una vita di campagna semplice. La Bibbia ci dice
però che Salomone fino alla fine ha vissuto nel fasto della sua
regalità (1 Re 11:1 e seg).
5. Un’altra spiegazione è quella che descrive il dramma della Sulamita
che resta fedele a chi ama. Si pensa che la ragazza, d’una bellezza
perfetta, sia stata presa dalle guardie di Salomone e portata al re.
Essa respinge i suoi corteggiamenti, le sue adulazioni, le sue
promesse e lo stesso trono che il re è disposto a dividere con lei
perché lei ama un altro che appare in tutto il dramma solo alla fine.
Dopo aver esaurito, nei confronti della giovane contadina, le
proprie ambizioni amatorie, non potendo riuscire a vincere la sua
nobile resistenza di incorruttibile fedeltà, Salomone finisce per
lasciarla libera.
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Il pastorello, l’amico amato; Salomone il suo rivale e la fedeltà
incrollabile della Sulamita rappresentano la vittoria dell’amore su
ogni relazione che ha per principio l’egoismo. In questo dramma,
da una parte, abbiamo i1 re con tutto lo splendore della sua gloria
pieno d’ammirazione per la Sulamita e per lei è come un fiume che
straripa di passione, dall’altra parte, abbiamo il pastorello povero e
senza splendore, al quale la ragazza ha dato la sua fede. Il primo è
presente, il secondo assente. Tra i due rivali, la giovane ragazza è
chiamata a disporre, non proprio liberamente, di se stessa. Essa
vive la lotta in tutta la sua grandezza morale. Senza l’assenza totale
dell’amato, la lotta non sarebbe quella del modello della fedeltà.
Come nel libro di Giobbe è solamente alla fine che 1’Eterno fa
sentire la sua voce al patriarca, così nel Cantico dei Cantici il ben
amato è assente per tutto il tempo della prova. É solamente quando
la lotta è completamente terminata, quando la Sulamita ha riportato
completamente sola la vittoria, l’amato appare sulla scena avendo
appoggiato al suo braccio l’eroina.
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É su questa vicenda che poi lo stesso Salomone costruirà tutto il
dramma arricchendolo di insegnamenti teologici di una profondità
straordinaria. Questa comprensione del testo è denominata come
la interpretazione storica. Questa spiegazione non è il frutto di una
ricerca cavillosa, ma è quella che s’impone alla scienza dello studio
che viene fatta in una forma approfondita.
Un esempio. Dopo che la Sulamita finalmente si è incontrata con il
suo pastorello il quale le dice: «O tu che dimori nei giardini, dei
compagni stanno intenti alla tua voce! Fammela udire!» 8:13. La
Sulamita risponde: «Fuggi, amico mio... » 8:14. Sarebbe questo
l’ultima parola di un romanzo d’amore? Quando era separata da
lui lei gli diceva: «Vieni!» E ora che sono riuniti, il suo canto si
riassume in questa parola: «Fuggi!». É sulle note di questo vibrante
addio che sparisce il pastorello. Evidentemente questo amato non è
simile a quello di tante altre innamorate. Il Cantico dei Cantici non
è la celebrazione d’un amore puramente terreno.
Quando la Sulamita parla di colui che lei ama si esprime con
termini che descrivono il suo stato estatico nel quale si viene a
trovare nelle diverse occasioni: «Io dormivo, ma il mio cuore
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vegliava» 5:2. «O figlie di Gerusalemme, io vi scongiuro, non svegliate
l’amore mio» 8:4.
Questa ultima chiave di lettura ci sembra quella che meglio
valorizzi e spieghi, in tutta la sua bellezza, questo libro della saggezza
d’Israele il cui autore è Salomone.
Il Cantico dei Cantici è un dramma lirico che si presenta in tre atti e
undici scene. Il primo atto ci porta all’interno del palazzo di Salomone,
il secondo davanti al palazzo, poi nel palazzo stesso e il terzo nel
giardino della dimora di Salomone. I primi due atti presentano la vittoria
della Sulamita nei confronti delle offerte del re, nel terzo descrive il
trionfo della ragazza quale conseguenza di queste vittorie.
Purtroppo la punteggiatura, nelle versioni tradizionali della Bibbia,
non tiene conto del susseguirsi dei vari momenti e gl i interventi dei
personaggi che si presentano sulla scena.
Diversi sono gli autori che hanno rappresentato questo poema come
opera teatrale.
Personaggi in ordine d’apparizione:
una donna, la Sulamita, le donne, Salomone, il pastorello.
Il problema era: che rapporti aveva Israele con il sovrano? La terra
di Canaan era patrimonio del popolo stesso? Israele deve pagare per la
sua terra una imposta a Salomone? Se così fosse, Israele sarebbe
degradato allo stesso rango dei popoli conquistati. É stato però Israele a
volere il re; era una follia, e Israele l’ha commessa. Ora non si può più
sottrarsi alle conseguenze della posizione scelta.
Samuele aveva detto, quando ancora c’era la possibilità di evitare la
monarchia: Il re «prenderà i vostri campi, le vostre vigne, i vostri migliori
uliveti per darli ai suoi servitori... e voi sarete suoi schiavi» 1Samuele
8:14,17.
A questo problema la coscienza israelita impersonificata dalla
Sulamita diede questa soluzione: «La mia vigna, che è mia (distingue
con questa espressione il paese di Canaan, che Dio ha dato a Israele,
dai paesi conquistati, che sono il dominio particolare del re), la guardo
da me (la tengo sotto i miei occhi, non come quelle lontane di
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Salomone in Baal-Hamon. Io avrei il diritto, quale primogenita
dell’Eterno, di reclamare una esenzione delle rendite di questa terra,
quale mia proprietà sulla quale abito. Tuttavia io mi sottometto alla
stessa condizione di vita degli altri popoli: io pagherò i mille sicli e); tu,
Salomone, tieni pure i tuoi mille sicli, (in altre parole lo stesso tributo
che pagano tutti gli altri popoli. Tuttavia, pur prendendo questo
impegno, quale conseguenza dell’errore che è stato commesso, il popolo
nel non aver guardato la propria vigna, pone una condizione: su questo
tributo, che annualmente veniva pagato al re (sia prelevato un quinto,
cioè) “duecento sicli”, affinché siano destinati al mantenimento dei
guardiani e alle cure dei quali questa vigna d’Israele da sempre è stata
confidata»8:13.
Chi sono queste guardie? I sacerdoti e i leviti. I sacerdoti, che non
svolgevano altra attività, avevano vissuto fino alla monarchia mediante
la decima restituita dal popolo. Ora che il popolo doveva contribuire al
tesoro del re, imposta che prima non aveva, i sacerdoti correvano il
pericolo di non ricevere ciò che era dovuto a loro e di trovarsi in
povertà.
La Sulamita pur accettando il peso delle imposte reali, ha cura di
prendersi in carico il sostentamento parziale o totale del sacerdozio.
É stato in occasione della consacrazione del tempio che il
sacerdozio e i leviti ricevettero un’organizzazione definitiva. Secondo
degli studiosi, i sacerdoti non ricevettero un trattamento indipendente,
ma furono messi a carico del bilancio reale, che gli aveva costruito il
tempio e che aveva accresciuto la loro considerazione e il loro
splendore.
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INSEGNAMENTO TEOLOGICO
Quanto è successo a Salomone, con la giovane contadina, ha fatto
vibrare nel suo animo le corde più profonde della coscienza d’Israele.
L’insegnamento teologico del Cantico dei Cantici scaturisce dalla
comprensione dei personaggi e dalla spiegazione agli interrogativi che
sorgono spontaneamente, dalla lettura del testo, quando presenta dei
luoghi, il melo, la vigna, la sorella della Sulamita e il pastorello che
deve fuggire anziché continuare a stare con la sua bella.
Il s i g n i f i c a t o dei personaggi e
risposta a g l i interrogativi che il testo pone
Pastorello
Il pastorello non appare in tutto il dramma se non nell’estasi della
Sulamita. É visto nell’ultimo atto e si presenta per un istante accanto
alla sua amata, e le chiede solamente un canto. Dopo aver ascoltato la
sua voce accetta l’invito di fuggire via.
Il luogo dove dimora è unico come la sua persona. Pastura le gregge
fra i gigli (2:16) e sulle montagne profumate (4:6).
Il suo carattere è ideale come la sua dimora. Ha tutti gli attributi della
perfezione: ha una bellezza compiuta (5:10-16), libertà infinita
(2:9p.p.), saggezza perfetta (8:2p.p.). Queste qualità fanno impallidire
la magnificenza e la saggezza di Salomone. La Sulamita ama nel suo
pastorello l’ideale e il prototipo del suo popolo.
L’ideale per l’israelita non è una semplice idea2; è un essere vivente,
divino, É Yahvè stesso, il cui nome non significa solamente Colui che è,
ma Colui che verrà a realizzare sulla terra il bene assoluto, cioè il Dio
che esce dalla sua trascendenza per avvicinarsi al mondo, per unirsi
sempre più strettamente all’umanità, presentandosi lui stesso nella
forma umana sulla scena della storia. Questo ideale, quest’attesa, ha
caratterizzato attraverso i secoli la coscienza d’Israele.
Il pastore, l’essere perfetto, colui che conduce le sue gregge negli
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La verità non è un concetto, un pensiero, un ragionamento, è una persona, è il
Signore stesso, Gesù Cristo (Giovanni 14:6).
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spazi celesti, al di sopra delle grossolane realtà della vita quotidiana,
dove vive ancora la sua amata, di tanto in tanto discende, con sorpresa,
dalle sue altezze, e nelle visioni e rivelazioni profetiche, appare a colei
che le ha dato il suo cuore. Lui che l’ama di un amore santo e austero
non le offre altro che se stesso con la più assoluta devozione, ma nulla
che possa soddisfare i suoi sensi. Lui, quale prezzo della sua offerta
d’amore infinito, non chiede da lei nient’altro che la sua voce, (2:14).
Il «monte della mirra e il colle dell’incenso» 4:6, come sostenevano
già gli antichi commentatori, non esprime soltanto una realtà celeste,
ma è un’allusione al Tempio di Gerusalemme, quale rappresentazione
terrestre del santuario invisibile. I profumi sono quelli che quotidianamente erano bruciati sull’altare d’oro del luogo santo in onore a
Yahvé.
La montagna della mirra (Har-Mor) può essere un’allusione al
monte Moria (Mor-Jah), dove la Sulamita va a incontrare il buon
Pastore, all’alba e al tramonto (2:17; 4:6), quando si offrivano i
profumi e il popolo si riuniva nel santuario.
Nel Cantico dei Cantici il nome e la persona di Yahvé non
appaiono perché Davide aveva già cantato: «L’Eterno è il mio pastore...»
Salmo 23:1.
Come nei tempi di decadenza dei regni e degli imperi, quando un
popolo è arrivato all’esaurimento della sua civiltà, i poeti presentano
l’esistenza ideale nel ritorno alla vita campestre (abbiamo l’esempio di
Virgilio con le sue Bucoliche, e al tempo di Luigi XV e XVI si
scrivono le pastorali delle Deshoulières, Fontenelle e Florian), così nel
tempo dell’apogeo che coincide con quello del declino di Salomone
(dopo la morte del re, il regno si dividerà in due: dieci tribù al nord e
due al sud) i colori della vita pastorale offrono le espressioni per
esprimere l’ideale.
Sulamita
Per la Sulamita si è pensato a una ragazza della città di Sunem della
tribù d’Issacar, ma si può credere a qualcosa di meglio.
Salomone, nome maschile, significa: perfetto, prospero, pacifico.
Sulamita, femminile di Salomone, significa: perfetta, compiuta,
pacifica. Questi due nomi sono in relazione con la parola shalom, il
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buono stato delle cose, la completa prosperità. Il significato di pace data
a questa parola non è altro che un’applicazione della nozione più
generale di prosperità. Questa parola è usata dalla Sulamita quando
celebra la sua vittoria nell’ultimo atto (8:10) creando così un gioco di
parole: «Io – la prospera –, sono stata davanti ai suoi (di Salomone il
prospero) come colei che trova pace – prosperità » 8:10.
Come il pastorello rappresenta l’ideale al quale tende l’aspirazione
d’Israele, così la Sulamita, la perfetta, è il simbolo di quest’aspirazione di se
stesa e di tutti quelli che la condividono.
Salomone
Salomone è la personificazione della regalità terrestre, quella che il
profeta Samuele creò suo malgrado, pur con il consenso di Dio. Nel Cantico
dei Cantici Salomone rappresenta la regalità terrestre concessa a Israele in
opposizione alla sovranità di Yahvé, l’invisibile monarca del popolo eletto.
Le figlie di Gerusalemme
Nel dramma costituiscono il coro. Rappresentano la realtà del popolo,
l’Israele carnale affascinato dallo splendore della corte. É il contrario di ciò
che rappresenta la Sulamita, l’Israele secondo lo Spirito.
I fratelli della Sulamita o i figli di sua madre
Sono forse i personaggi più difficili da identificare: due possibi1ita.
a)
I profeti, con a capo Samuele, che s’indignò profondamente nei
confronti delle velleità d’Israele di volere un re umano. Fin dall’inizio
profetizzò le conseguenze: «Questo sarà il modo di agire del re che
regnerà su di voi. Prenderà i vostri figli e li metterà sui suoi carri e fra i
suoi cavalieri e dovranno correre davanti al suo carro; se ne farà dei
capitani di migliaia e dei capitani di cinquantina; li metterà ad arare i
suoi campi, a mietere le sue biade, a fabbricare i suoi ordigni di guerra e
gli attrezzi dei suoi carri. Prenderà le vostre figlie per farsene delle
profumiere, delle cuoche, delle fornaie. Prenderà i vostri campi, le
vostre vigne, i vostri migliori uliveti per darli ai suoi servitori. Prenderà la
decima delle vostre sementi e delle vostre vigne per darla ai suoi
eunuchi e ai suoi servitori. Prenderà i vostri servi, le vostre serve, il fiore
della vostra gioventù e i vostri asini per adoperarli nei suoi lavori.
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Prenderà le decime dei vostri greggi e voi sarete suoi schivi. E allora
griderete per cagione del re che vi sarete scelti, ma in quel giorno
l’Eterno non vi risponderà» 1 Samuele 8:11-18.
b)
Le autorità d’Israele. Sotto il regime di Saul, Davide e Salomone
stesso lo stato patriarcale finì e la regalità introdusse il popolo in una
nuova fase della sua civilizzazione, creando da quel momento il
fardello di una vita di corte com’esisteva in Egitto, Fenicia,
Babilonia e in Assiria. Un pesante sistema d’imposte e anche di
lavori forzati fu organizzato, com’era stato previsto. Una della
caratteristiche più importanti fu la trasformazione d’Israele da
nazione nomade e agricola in nazione militare e conquistatrice.
Ogni mese 24.000 uomini a rotazione dovevano fare il servizio del
re (1 Cronache 27:1 e seg). Non si trattava solamente di guardare
il paese di Canaan, bensì tutte le contrade vicine che erano state
sottomesse e annesse all’impero d’Israele. I prefetti di Davide
risiedevano in Damasco, in Ammon e in Edom sostituendo i re
nazionali. Questi popoli tributari dovevano essere mantenuti
nell’obbedienza. A questo scopo furono costituite delle guarnigioni
che comportavano un servizio militare notevole che fino a quel
momento non c’era stato. Ciò che è detto di Davide «che mise
delle guarnigioni in tutto il territorio dell’Idumea» 2 Samue1e
8:13,14, si applica a tutti i territori conquistati, dall’Eufrate al
Mediterraneo, dal Libano al mar Rosso. Questo regime nuovo
esprime bene quando la Sulamita dice: «I figli di mia madre si sono
adirati contro di me; mi hanno fatta guardiana delle vigne»1:6, cioè
altri territori.
I prefetti del re facevano eseguire al popolo d’Israele, una / volta
libero, un lungo servizio militare e delle pesanti corvé. Così il
popolo pur essendo padrone del proprio paese era nella
posizione di chi lo aveva perduto perché è impiegato a controllare i
territori stranieri e il proprio. Israele aveva così perduto la sua
bellezza originale.
Se la massa del popolo, rappresentata dalle figlie di
Gerusalemme, è affascinata dalla bellezza, della potenza e dal lusso
del giovane re, che rende l’oro così comune in Gerusalemme come
la polvere della terra; ma la vera coscienza israelitica non si fa
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ingannare da questi splendori e in mezzo a quest’esaltazione è
portatrice di sentimenti di degradazione. La Sulamita incarna questa
realtà.
Negli incontri di Salomone con la Sulamita, si hanno così le
espressioni delle arti seduttrici da parte del re e l’estasi della ragazza,
nelle quali la Sulamita cerca e assaporare, solamente nello spirito,
la presenza del vero Pastore d’Israele, il suo ben amato.
Questi incontri rappresentano l’attrazione che Salomone
esercita sul cuore d’Israele mediante l’ideale della grandezza
territoriale, di cui il figlio di Davide è stato il più perfetto
realizzatore storico e fino a ora insuperato.
Le figlie di Gerusalemme è il popolo affascinato da questa
gloria esteriore che appare in Salomone e a lui si sottomettono. La
Sulamita, mediante la sua resistenza indomabile alle offerte del re e
mediante la sua fedeltà incrollabile nei confronti del pastorello, al
quale appartiene il suo cuore, rappresenta la profonda aspirazione
verso Yahvé, la sete inestinguibile di Dio e l’istinto divino
indistruttibile alla cui origine c’è Lui e la sua piena realizzazione è il
Messia. Sedersi ora sul trono dell’Eterno, accanto ad un sovrano
terrestre, quale rappresentante dell’umanità glorificata, è per la
coscienza pura e idealista d’Israele un obbrobrio, perché è
cosciente della sua vocazione di essere la fidanzata dell’Eterno, la
futura sua sposa, senza macchia né ruga che sarà da lui
trasformata per il giorno della sua venuta.
La coscienza d’Israele mediante il profetismo ha espresso la più
pura ed elevata vocazione umana.
É da notare che la Sulamita i momenti più difficili delle sue lotte
contro le seduzioni sfociano nell’estasi, nel rapimento profetico.
Le espressioni che utilizza: «Io dormivo, ma i1 mio cuore
vegliava» (5:2) ricorda quando Balaam descrive la mano
dell’Eterno che si era posata su di lui: «Così, dice colui che
contempla la visione dell’Onnipotente, colui che cade e a cui si
aprono gli occhi» Numeri 24:4. Il profeta Daniele descriverà la sua
esperienza: «All’udire il suono delle sue parole, caddi profondamente assopito, con la faccia a terra» 10:9. Giovanni dice di sé:
«Quando l’ebbi veduto caddi ai suoi piedi come morto...»
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Apocalisse 1:17. Queste espressioni presentano uno stato
d’insensibilità momentanea in relazione al mondo esterno, ma
nello stesso tempo una straordinaria chiaroveggenza nei confronti
della visione divina che lo Spirito faceva vedere. Le parole della
Sulamita alle figlie di Gerusalemme: «Non svegliate l’amore mio,
finché lei non lo desideri!» 3:5; 8:4, è un invito che rivolge a loro
affinché esse non la strappino dal suo stato di beatitudine d’amore
fino a quando non sarà lei stessa a uscirne. Le invita a non
interrompere, qualora lo possano fare, la sua estasi profetica.
Il poema, che si colloca dopo lo stabilimento della monarchia, presenta Israele in una posizione critica, tra due amanti che
esercitano le loro attrazioni contrapposte.
Salomone
Pastorello
- in pompa regale che attirava gli - austero nell’amore di Dio, disdesguardi e seduceva i sensi.
gna di utilizzare le attrazioni carnali
per avere dalla sua parte il popolo.
- coronato di gloria e d’onore.
- appare nell’estasi profetica, nell’aspetto più modesto: «la testa bagnata dalle gocce della rugiada della
notte».
- l’ideale al quale aspira l’uomo - Yahvé spogliato della sua gloria
naturale. Il popolo glorificato nel esteriore, ha come attrazione
re che l’impersonifica.
l’amore che esercita per i suoi e
appare in terra come lo ha
contemplato Isaia nell’uomo di
dolore (Isaia 53).
Israele è chiamato a scegliere tra i due contendenti che si disputano il suo
cuore: Salomone da una parte, Yahvé dall’altra.
La storia d’Israele, nella sua espressione più profonda, è caratterizzata
dalla lotta tra il vero e i1 falso ideale di gloria messianica. La grande catastrofe
che per un tempo ha messo fine alla sua esistenza come nazione è dipesa dall’aver preferito la scelta della falsa gloria. Gesù stesso ha messo in risalto
questa caratteristica quando ha detto: «Io sono venuto nel nome del Padre
mio, e voi non mi ricevete; se un altro verrà nel suo proprio nome, voi lo
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riceverete. Come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri e
non cercate la gloria che viene da Dio solo?» Giovanni 5:43,44.
Il pastorello che la Sulamita ha contemplato nelle sue estasi è ora davanti,
accanto a lei. L’apparizione dell’amato è una allusione alla manifestazione di
Yahvé sul palco della storia, cioè il suo avvenimento messianico, che corona le
apparizioni già compiute dal tempo dei patriarchi e delle rivelazioni profetiche.
Sorellina
Se la Sulamita rappresenta Israele, la sua sorellina, non ancora adulta,
non può che raffigurare quella parte dell’umanità che non è ancora pronta a
subire la prova alla quale il popolo ebraico è stato chiamato per primo.
L’umanità pagana, che ha già avuto una informazione su Yahvé, deve
crescere, diventare donna matura come conseguenza della piena
manifestazione della Rivelazione.
Questo pensiero in favore dei gentili Salomone lo aveva già espresso in
occasione dell’inaugurazione del Santuario, che doveva essere come una
dimora per Yahvé in Israele. Il re aveva riservato un luogo per i non israeliti.
Per loro pregò: «Anche lo straniero che non è del tuo popolo d’Israele,
quando verrà da un paese lontano a motivo del tuo nome... quando verrà a
pregarti in questa casa, tu esaudiscilo dal cielo, dal luogo della tua dimora e
concedi a questo straniero tutto quello che ti domanderà...» 1 Re 8:41-43.
La regina di Saba andò a visitare Salomone per aver sì udito la sua fama ma
anche «a motivo del nome dell’Eterno» 1 Re 10:1.
Ai Gentili dunque la possibilità di decidere un giorno della loro sorte,
come Israele era chiamato a farlo in quel tempo. Ai Gentili la possibilità di
optare a favore dei sogni di falsa gloria o la felicità gustata nell’amore per
Yahvé. Decidere per il messia coronato d’oro e per il Messia dai capelli
umidi della rugiada della notte, impastati di sangue e con la testa
incoronata di spine!
Melo
Al tempo della saggezza ebraica era piacevole rievocare il tempo
delle origini. La saggezza stessa è comparata nel libro dei Proverbi a
«un albero di vita» 3:18. Mediante lei l’Eterno ha compiuto la sua opera
(8:22,30) ed essa ha messo la sua «gioia tra i figli degli uomini» 8:31. Ciò
ci riporta al capitolo 2 della Genesi. Inoltre dobbiamo rilevare che il
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melo, nella mitologia orientale, è l’emblema ricorrente del paradiso.
Ciò ci permette di pensare che è nel paradiso e nel dolore che è
stato generato il Messia, il fidanzato d’Israele. È sotto l’albero della
caduta, nell’angoscia delle conseguenze dell’abbandono che fu
pronunciata la promessa, che d’allora in poi, sorvola, come una mano
benevola, sulla storia dell’umanità: «La posterità della donna, stritolerà
il capo del serpente» Genesi 3:15. Questa promessa è stata il primo
passo verso l’incarnazione. Per molto tempo il Messia ha dormito sotto
l’albero dove era stato generato nella promessa quale Salvatore
dell’umanità. Dopo aver (scelto la sua fidanzata sulla terra, nella persona
d’Israele, è sembrato che per molti secoli non si sia curato di lei,
abbandonando la Sulamita in cattività, la parte fedele del popolo, al
giogo di Salomone. Appariva ai suoi al momento dell’adorazione e
del culto, in occasione dell’estasi profetica e delle visioni, delle difficoltà
e lei gli gridava: «Oh squarciassi tu pure i cieli e scendessi!» Isaia 64:1.
«Fino a quando Signore» Salmo 6:3; 13:1; 74:10; 89:46; 90:13). Questa
è la supplica che Israele rivolge per bocca del salmista e dei profeti.
Questo sospiro: «Vieni!» 7:12, è quello della coscienza integra d’Israele,
è l’anima della vita del popolo e della Chiesa. Dio stesso ha invitato le
sentinelle che vegliano su Gerusalemme a «Non avere requie e a non
dare requie a Lui...» Isaia 62:6,7.
Nel Cantico dei Cantici la Sulamita è la personificazione di questa
attesa di Israele, mentre nell’Apocalisse la sposa tende la mano verso
il Cristo che ritorna.
L’apparizione di Yahvè, nome che significa: io sono, io vengo, è la
risposta a questo appello dell’umanità che crede e spera. Con il suo
amato la Sulamita celebra la potenza del legame che lo univa a lui.
L’amore, dice l’Eterno, non è un sentimento d’origine umana e non
può essere acquistata a nessun prezzo. «É una fiamma dell’Eterno» 8:6,
accesa da lui e lui stesso deve essere il supremo oggetto. La passione di
un ricco che offre tutto, senza donarsi egli stesso, non incontrerà che
fallimenti, mentre l’amore vero di Dio che non offre nulla, nulla al di
fuori di se stesso e che si dona tutto intero, ha un potere irresistibile,
simile a quello della morte e del sepolcro.
Vigna
16
Dopo aver svegliato l’amato sotto il melo, dopo aver parlato con la
sorellina, la Sulamita si rivolge a Salomone che se anche non è
presente ha con lui un conto in sospeso.
A causa di un errore, il popolo ha la monarchia e Salomone come
re. Israele non può annullare ciò che ha voluto e fatto in un’ora di
oblio. È la stessa legge che opera a causa di un errore di un individuo,
di un popolo, dell’umanità. Quando per una decisione giusta o
sbagliata l’essere libero dà spazio, nella sua esistenza a un valore,
questo diventa una potenza e non può essere soppresso con un
semplice atto della volontà. Ha acquisito diritto di vita. Non morirà che
dopo aver esaurito tutto ciò che conteneva in sé.
«Tu – uomo – mangerai della fatica delle tue mani» Salmo 128:2. è
la stessa cosa per la regalità in Israele. La Sulamita riconosce questa
legge della natura, l’accetta, si sottomette, l’affronta.
«Salomone aveva una vigna a Baal-Hamon; egli affidò la vigna a dei
guardiani, ognuno dei quali portava, come frutto mille sicli d’argento.
La mia vigna, che è mia, me la guardo da me; tu, Salomone, tieni pure i
tuoi mille sicli, e se n’abbiano duecento quei che guardano il frutto della
tua!» 8:11,12.
Cosa è la vigna di Salomone e cosa significa la della Sulamita (1:5;
8:12)? Che relazione c’è tra le due? Che cosa rappresentano i mille
presicli pagati…? Ci sono tante spiegazioni quanti sono stati gli
interpreti.
La vigna rievoca alla mente del lettore biblico le espressioni del
profeta Isaia e in particolare del cap. 8, quando in una forma poetica
presenta il popolo d’Israele nei confronti del quale l’Eterno ha fatto
tutto quanto era possibile per avere un buon prodotto, ma ha raccolto
poi dei frutti aspri. Non ci sembra forzare il testo nel sostenere che la
vigna sia la rappresentazione figura del popolo d’Israele e in generale
anche degli altri popoli.
Baal-Hamon significa: padrone di una moltitudine, indica di conseguenza Salomone come signore, non d’Israele soltanto, ma di una
moltitudine di nazioni. Al suo scettro erano sottomessi: Edomiti,
Moabiti, Ammoniti, Siriani, Filistei. Questi paesi appartenevano personalmente al re e non al popolo d’Israele. Era solamente il re che
beneficiava delle imposte di questi vasti territori. Aveva nominato dei
17
funzionari incaricati a ritirare i tributi ogni anno. Questi tributi sono
rappresentati dai mille sicli che i gerenti della vigna erano obbligati a
pagare al re che ne fosse il principale proprietario. I gerenti erano
dunque coloro che percepivano le imposte per conto del re in ogni
paese. Per esempio il re di Moab, Mescha, forniva annualmente
100.000 agnelli e 100.000 montoni con la loro lana (2 Re 3:4); la stessa
cosa era per gli altri popò!i.
Il problema era: che rapporti aveva Israele con il sovrano? La terra
di Canaan era patrimonio del popolo stesso? Israele deve pagare per la
sua terra, un’imposta a Salomone? Se così fosse, Israele sarebbe
degradato allo stesso rango dei popoli conquistati. É stato però Israele a
volere il re; era una follia, e Israele l’ha commessa. Ora non si può più
sottrarsi alle conseguenze della posizione scelta.
Samuele aveva detto, quando ancora c’era la possibilità di evitare la
monarchia che il re «prenderà i vostri campi, le vostre vigne, i vostri
migliori uliveti per darli ai suoi servitori... e voi sarete suoi schiavi» 1
Samuele 8:14,17.
A questo problema la coscienza israelita impersonificata dalla
Sulamita diede questa soluzione: «La mia vigna, che è mia (distingue
con questa parola il paese di Canaan, che Dio ha dato a Israele, dai
paesi conquistati, che sono il dominio particolare del re), la guardo da
me, la tengo sott’occhio, non come quelle lontane di Salomone in
Baal-Hamon. Io avrei il diritto, quale primogenita dell’Eterno, di
reclamare un’esenzione delle rendite di questa terra, quale mia
proprietà sulla quale abito. Tuttavia mi sottometto alla stessa
condizione di vita degli altri popoli: io pagherò i mille sicli e tu,
Salomone, tieni pure i tuoi mille sicli, (cioè lo stesso tributo che pagano
tutti gli altri popoli. Tuttavia, pur prendendo quest’impegno, quale
conseguenza dell’errore che è stato commesso, il popolo nel non aver
guardato la propria vigna, pone una condizione: su questo tributo, che
annualmente era pagato al re, sia prelevato un quinto, cioè “duecento
sicli”, affinché siano destinati al mantenimento dei guardiani e alle cure
dei quali questa vigna d’Israele da sempre è stata confidata» 8:13.
Chi sono questi guardie? I sacerdoti e i leviti. I sacerdoti, che non
svolgevano altra attività, avevano vissuto fino alla monarchia mediante
la decima, che restituiva il popolo. Ora che il popolo doveva contribuire
18
al tesoro del re, imposta che prima non avevano, i sacerdoti
rischiavano di non ricevere ciò che era dovuto a loro e di trovarsi in
povertà.
La Sulamita pur accettando il peso delle imposte reali, ha cura di
prendersi in carico il sostentamento parziale o totale del sacerdozio.
É stato in occasione della consacrazione del tempio che il
sacerdozio e i leviti ricevettero un’organizzazione definitiva. Secondo
degli studiosi, i sacerdoti non ricevettero un trattamento indipendente,
ma furono messi a carico del bilancio reale, che gli aveva costruito il
tempio e che aveva accresciuta la loro considerazione e il loro
splendore.
Fuga del pastorello
«Fuggì, amico mio, come una gazzella o un cerbiatto, sui monti degli
aromi!» 8:14.
Già Davide aveva sentito dire dall’Eterno al Messia: «Siedi alla
mia destra...» Salmo 110:1. Il Signore avrebbe dovuto lasciare la terra
per andare a sedersi sul trono divino per un certo tempo: «Finché io
(l’Eterno) abbia fatto dei tuoi nemici lo sgabello dei tuoi piedi», cioè
finché il mondo intero abbia riconosciuto la tua sovranità messianica.
Così il pastorello amato dalla Sulamita, dopo un incontro
lungamente atteso, preparato, sperato, voluto, anziché vivere e dare
per sempre la gioia della sua presenza al suo popolo, organizzare il suo
regno, deve ancora lasciare la terra per un certo tempo e abbandonare
al potere di Salomone, il rappresentante dello stato terreste, colei che il
suo cuore ama.
La Chiesa può incontrare il suo Signore, colui che lei ama, «sul
monte degli aromi» quando lo adora in spirito e verità.
Il Messia tornerà a regnare sulla terra dopo un certo tempo, quando
l’Eterno avrà conquistato per lui il nostro mondo.
Fino a quando i1 trono di Salomone sussiste, il Re invisibile può
avere il suo regno nei cuori, ma non ancora sulla scena visibile di
questo mondo.
Conclusione
Nell’atto finale sono così presi in considerazione i seguenti avveni19
menti :
- l’adempimento dell’attesa messianica, la manifestazione del Cristo;
- la prova dei Gentili, quando la sorellina diventerà donna matura,
manifesterà la sua fedeltà all’Eterno, seguirà l’esempio del popolo
d’Israele;
- l’assoggettamento volontario di Israele a Salomone a condizione che
siano rispettati i diritti di Dio;
- l’allontanamento del Messia dopo la sua apparizione momentanea
sulla scena della storia.
Questi argomenti danno una risposta agli interrogativi che Israele si
poneva in relazione alla sua speranza, al potere di questo mondo, alla
sua missione nei confronti dell’umanità che lo circondava.
Il Cantico dei Cantici esprime il dramma d’Israele in seguito alla
monarchia che purtroppo confermava le previsioni negative che
avrebbero causato alla spiritualità del popolo.
ATTO I – 1:2-3:5. Quattro scene.
Il corteo regale dalla residenza di Gerusalemme conduce il re
nella casa di campagna. Una giovane ragazza di Sunem abbandona la
20
sua vigna per andare a vedere in una valle i progressi di una
vegetazione primaverile (6:11), viene attratta dal passare del corteo
regale, si è fermata ad ammirare. Vista dalle guardie, per la sua
bellezza, viene presa e portata nella casa reale.
Prima scena: la Sulamita e le fanciulle dell’harem di Salomone 1:27
- Le donne esaltano la magnificenza di Salomone
1:2-4sp
- la Sulamita viene condotta nell’appartamento di
Salomone
1.4tp
- le donne esaltano i1 re
1:4qp
- la Sulamita si rivolge alle donne di Gerusalemme, pensa e
descrive la bellezza di colui che lei ama e non sa dove
sia
1:5-7
- ironicamente le donne invitano la Sulamita a cercarlo
1:8
Seconda scena: Salomone entra nell’appartamento e si rivolge alla
Sulamita: 1:9-2:7.
- Salomone esprime alla Sulamita la sua ammirazione,
crede con le sue parole e con le sue promesse di
sedurre la giovane ragazza
1:9-11
- l a Sulamita, nello stesso momento in cui il re le parla,
lei pensa al suo amato
1:12-14
- Salomone le esprime la sua ammirazione
1:15
- la Sulamita estasiata parla del suo amato e s’immagina
trasportata vicino a lui, preferisce i tappeti verdi e gli
alberi della foresta alla casa dorata del re
1:16-2:1
- i1 re non scoraggiato, cogliendo un’espressione della
Sulamita, la esalta
2:2
- il pensiero della Sulamita è rivolta a colui che ama,
ricorda i momenti che la raggiungeva, è così estasiata
dal suo amato, che rivede dove s’incontravano.
Si sente spossata per aver resistito alle adulazioni del re.
Invita le persone che la circondano a rispettare la
bellezza del suo amore.
2:3-7
21
Terza scena: può essere una scena mattinale. 2:8-17
- alla Sulamita sembra di ascoltare la voce del suo amato
che la invita a passeggiare in una natura che si risveglia
alla primavera.
Non potendo seguire colui che ama, l’amato l’invita a
farsi vedere e a cantare.
Risponde con un canto ricordando l’ordine dei fratelli di
guardare la vigna.
Non potendolo seguire lo invita a ritornare.
2:8-17
Quarta scena: è sera, l’amato non è ritornato. 3:1-5
- La sera è arrivata, l’amato non è apparso.
La notte regna tutt’attorno e nel cuore della Sulamita.
La scena che si presentata è tutta immaginata. La giovane ragazza è in uno stato d’estasi per i1 suo pastorello
e rievoca le notti d’attesa.
I pastori in oriente durante la notte vegliano i loro
greggi.
Lei vuole andare a cercare l’amore suo.
Ripete la preghiera che aveva rivolto alle giovani che la
circondavano.
3:1-5
ATTO II – 3:6-8:4. Tre scene.
Nel secondo canto del poema, o secondo atto, la Sulamita viene
esposta nuovamente alla prova che si presentano con maggiore
intensità. Il re dà corso alla sua passione, spera che lei gli apparterrà e
sarà la sua unica in mezzo a tutte le altre regine e di tutte le bellezze
che popolano il suo harem. Questo secondo atto duplica il primo, ma
con proporzioni ingrandite.
Prima scena: la Sulamita è portata in giro sulla portantina di
Salomone. Giunge alle porte del palazzo ammirata dal popolo. Viene
ricevuta dal re che la introduce nel palazzo. Il re esprime la sua passione.
3:6-11
22
- il popolo esprime la propria ammirazione nel vedere la
Sulamita nella sua bellezza che viene come da lontano
3:6
- il letto nuziale è presentato alla folla per il giorno delle
nozze del re. Le ragazze di Gerusalemme sono invitate a
uscire per vedere i1 re incoronato per il matrimonio
3:7-11
Seconda scena: il dialogo tra Salomone e la Sulamita: 4:1-6:3
- Salomone esprime alla Sulamita, come in precedenza, la
sua ammirazione (É là ripetizione di 1:14).
4:1-5
- la Sulamita spera che prima della sera sia libera
4:6
- Salomone rivela il proprio ardore alla Sulamita
4:7-16sp
- la Sulamita risponde alle parole di Salomone esprimendo i propri sentimenti di amore, non per lui, ma per colui
4:16up
che lei ama3
- il re crede che quanto viene detto dalla Sulamita si riferisce
a lui e le risponde con l’ardore del suo cuore sicura
della sua vittoria, si rivolge ai suoi amici e li invita a
unirsi alla sua gioia
5:1
- la Sulamita è presa dall’estasi del suo amato con il quale
però non s’incontra.
Lo cerca.
Le guardie la percuotono e la feriscono (v. 7)4 e, come
nel primo atto, si rivolge ancora alle figlie di Gerusalemme per invitarle, questa volta, che dicano quanto
lei ami il suo amato.
5:2-8
- coro delle donne, che come nel primo atto, chiedono:
«chi è colui che tu ami?»
5:9
- la Sulamita descrive con entusiasmo chi lei ama
5:10-16
3
Questa frase è stata vista come la prova che lei accetta l’amore-passione di
Salomone. Bisogna però notare che l’espressione «il mio ben amato» in nessuna
parte del Cantico dei Cantici è indirizzato a qualcuno altro che non sia il pastorello
al quale lei aveva dato il suo cuore. Come in altre occasioni la Sulamita interrompe il
re e si rivolge a colui che lei ama ed è assente. L’amato suo, anziché essere
Salomone è il suo rivale.
4
Se la Sulamita fosse diventata la moglie di Salomone, come spiegare che le
guardie possano picchiare la regina, la favorita del re.
23
- domanda delle donne in coro
- la Sulamita risponde
6:1
6:2,3
Terza scena: riprende la quarta scena del primo atto.
Salomone cerca con un supremo sforzo di conquistare le grazie
della giovane, rinnovando enfaticamente i suoi elogi comparando la
Sulamita alle due più belle città del suo regno. 6:4-8:4.
- Salomone esprime il suo vivo desiderio per la Sulamita
6:4-10
- la Sulamita rievoca il perché aveva lasciato la sua vigna e
la follia della sua curiosità per vedere il corteo regale
6:11-12
- mentre già se ne stava andando la gente la invita a ritornare per essere ammirata
7:1pp
- la Sulamita risponde con una ingenua modestia
7:1sp
- il coro delle donne elogia le bellezze e la grazia della
Sulamita
7:2-6
- Salomone si ripropone alla Sulamita con passione
7:7-10pp
- la Sulamita interrompe Salomone e appropriandosi delle
7:10sp
sue parole le pone in relazione con chi lei ama
-8:4
Il Secondo atto termina con la vittoria della Sulamita che trionfa
sulla seduzione della carne, la concupiscenza degli occhi e l’orgoglio
della vita. Preferisce l’amore, apparentemente, povero, ma sincero, del
suo pastorello, alla passione sfacciata e sensuale del re. L’amore di
colui che non dona niente altro che se stesso, le è apparso migliore
che l’amore di colui che dona tutto, senza se stesso.
ATTO III – 8:5-13 Quattro scene.
Il trionfo che segue la vittoria.
Prima scena: incontro della Sulamita con il pastorello. Questa scena
si contrappone alla prima del II Atto. 8:5-7
- coro delle donne: in lontananza appare il pastorello con
la sua amata
8:5pp
- la Sulamita parla al pastorello
8:5sp
24
- i l pastorello parla alla Sulamita
Seconda scena: la Sulamita e la sua sorellina. 8:8-10
- la Sulamita ricorda che il suo comportamento nei
confronti del re è stato come un muro e ha vinto. Così
deve essere .la sorella. Se sarà ferma sarà coronata, ma se
cade, la vergogna e la servitù l’aspettano
8:6,7
8:8-10
Terza scena: la Sulamita regola il suo conto con Salomone assente,
ma gli parla come se fosse presente. 8:11,12
- la Sulamita si rivolge a Salomone come se fosse presente
8:11,12
Quarta scena: pastorello e Sulamita. 8:13,14
- il pastorello chiede alla Sulamita di farle sentire la sua
voce. Altri compagni la desiderano ascoltare
- la Sulamita invita il pastorello a fuggire perché non può
ancora seguirla completamente per la realtà a lui ostile
8:13
8:14
25
26
Cantico dei Cantici
di Salomone, re d’Israele
ATTO I
Narratore
Siamo nelle stanze del palazzo reale. Le fanciulle aspettano
l’arrivo del re Salomone.
I scena
La Sulamita e le fanciulle nell’harem di Salomone
1:2-7
Capitolo 1
2 Mi baci egli dei baci della sua bocca, poiché le tue carezze
sono migliori del vino.
3 I tuoi profumi hanno un odore soave; il tuo nome è un
Aspettando
l’arrivo del re, profumo che si spande; perciò ti amano le fanciulle!
ne esalta la
4 Attirami a te!
Una
concubina
figura
Tutte
Noi ti correremo dietro!
Sulamita
Il re m’ha condotta ne’ suoi appartamenti;
Tutte
Noi gioiremo, ci rallegreremo a motivo di te; noi celebreremo le tue carezze più del vino! A ragione sei amato!
Esaltano il re
Narratore
La Sulamita confronta la sua pelle abbronzata, perché
costretta a vivere in campagna, con quella bianca delle
concubine che vivevano nel palazzo
Sulamita
5 Sono scura ma bella, o figliuole di Gerusalemme, come le
tende di Chedar, come i padiglioni di Salomone.
27
6 Non guardate se sono scura; è il sole che mi ha bruciata; i
figli di mia madre si sono adirati contro di me; mi hanno
fatta guardiana delle vigne, ma io, la mia vigna, non l’ho
guardata.
Parla del suo 7 O tu che il mio cuore ama, dimmi dove conduci a pascolare
il tuo gregge, e dove lo fai riposare sul mezzogiorno. Infatti,
innamorato
che pascola il perché sarei io come una donna sperduta, presso i greggi dei
gregge
tuoi compagni?
Tutte
8 Se non lo sai, o la più bella delle donne, esci e segui le
tracce delle pecore, e fa’ pascolare i tuoi capretti presso alle
tende dei pastori.
Narratore
Entra Salone e subito nota la Sulamita.
II scena
Salomone entra nell’appartamento e si rivolge alla
Sulamita
1:9-27
Salomone
Cerca di
conquistarla
offrendole
gioielli
Sulamita
Il suo amico
le ricorda
sempre i
profumi dei
campi
Salomone
Narratore
28
9 Amica mia, io t’assomiglio alla mia cavalla che si attacca
ai carri di Faraone.
10 Le tue guance sono belle in mezzo alle collane, e il tuo
collo è bello tra i filari di perle.
11 Noi ti faremo delle collane d’oro con dei punti d’argento.
12 Mentre il re è nel suo convito, il mio nardo esala il suo
profumo.
13 Il mio amico m’è un sacchetto di mirra, che passa la notte
sul mio seno.
14 Il mio amico m’è un grappolo di cipro delle vigne d’EnGhedi.
15 Come sei bella, amica mia, come sei bella! I tuoi occhi
son come quelli dei colombi.
Mentre il re parla, il pensiero della fanciullo corre al suo
fidanzato
Sulamita
Estasiata,
parla di colui
che ama.
16 Come sei bello, amico mio, come sei amabile! Anche il
nostro letto è verdeggiante.
17 Le travi delle nostre case sono cedri, i nostri soffitti sono
di cipresso.
Capitolo 2
Sulamita
1 Io sono la rosa di Saron, il giglio delle valli.
Narratore
La Sulamita con questa frase ricorda al re di essere solo una
selvaggia, non adatta a vivere in un palazzo, ma il re
rettifica
Salomone
2 Quale un giglio tra le spine, tale è l’amica mia tra le
fanciulle.
In ammiraz.
Narratore
La ragazza non accetta il complimento interessato rivolto a
lei e lo gira a favore del suo pastorello
Sulamita
3 Qual è un melo fra gli alberi del bosco, tal è l’amico mio
fra i giovani.
Io desidero sedermi alla sua ombra, e il suo frutto è dolce al
mio palato.
4 Egli m’ha condotta nella casa del convito, e l’insegna che
spiega su di me è Amore.
5 Fortificatemi con delle schiacciate d’uva passa,
sostentatemi con mele, perché sono malata d’amore.
6 La sua sinistra sia sotto al mio capo, la sua destra
m’abbracci!
7 Figlie di Gerusalemme, io vi scongiuro per le gazzelle, per
le cerve dei campi, non svegliate, non svegliate l’amor mio,
finché lei non lo desideri!
Parla di colui
che ama.
Preferisce i
prati e gli
alberi ai
tappeti del
palazzo
III scena
29
Può essere una scena mattinale
2:8-17
Sulamita
8 Ecco la voce del mio amico! Eccolo che viene, saltando
per i monti, balzando per i colli.
9 L’amico mio è simile a una gazzella, o ad un cerbiatto.
Eccolo, egli sta dietro al nostro muro, e guarda per la
finestra, lancia occhiate attraverso le persiane.
10 Il mio amico parla e mi dice: “Alzati, amica mia, mia
bella, e vieni,
11 poiché, ecco, l’inverno è passato, il tempo delle piogge è
finito, se n’è andato;
12 i fiori spuntano sulla terra, il tempo del canto è giunto, e
la voce della tortora si fa udire nella nostra campagna.
13 Il fico ha messo i suoi frutti, le viti fiorite esalano il loro
profumo. Alzati, amica mia, mia bella, e vieni".
14 O mia colomba, che stai nelle fessure delle rocce, nel
nascondiglio delle balze, mostrami il tuo viso, fammi udire la
tua voce; poiché la tua voce è soave, e il tuo viso è bello.
Insiste nel dire 15 Prendeteci le volpi, le volpicine che guastano le vigne,
che il suo
poiché le nostre vigne sono in fiore!
innamorato è
16 Il mio amico è mio, e io sono sua: di lui, che pastura il
un pastore e
gregge fra i gigli.
non un re
17 Prima che spiri la brezza del giorno e che le ombre
fuggano, torna, amico mio, come la gazzella o il cerbiatto sui
monti che ci separano!
IV scena
È sera, l’amato non è ritornato
3:1-5
Capitolo 3
Sulamita
1 Sul mio letto, durante la notte, ho cercato il mio amore;
In estasi pensa l’ho cercato, ma non l’ho trovato.
che il suo
2. Ora mi alzerò e andrò attorno per la città, per le strade e
amato vada da
per le piazze; cercherò il mio amore; l’ho cercato, ma non
30
lei di notte.
Lo attende.
v. 2 Lo va a
cercare.
l’ho trovato.
3. Le guardie che vanno attorno per la città mi hanno
incontrata; e ho chiesto a loro: “Avete visto il mio amore?”.
4. Di poco le avevo passate, quando trovai il mio amore; io
l’ho preso, e non lo lascerò, finché non l’abbia condotto in
casa di mia madre, nella camera di colei che m’ha concepita.
5 Io vi scongiuro, o figlie di Gerusalemme, per le gazzelle,
per le cerve dei campi, non svegliate, non svegliate l’amor
mio, finché lei non lo desideri!
Narratore
La fanciulla prigioniera sogna di essere libera e di amare
liberamente il suo pastorello. Allora Salone, vedendo di
avere a che fare con una difficile preda, gioca tutte le sue
carte.
Allestisce tutti i preparativi per le nozze. Vuole fare della
semplice pastorella una regina.
ATTO II
I scena
La Sulamita è portata in giro sulla portantina di
Salomone. Giunge alla porta del palazzo ammirata
dal popolo. Viene ricevuta dal re che la introduce nel
palazzo. Il re esprime la sua passione
3:6-11
Popolo
La scena si
svolge
all’esterno.
Il re non
aveva potuto
conquistare la
ragazza con i
gioielli, allora
le offre di diventare regina
6 Chi è colei che sale dal deserto, simile a colonne di fumo,
profumata di mirra e d’incenso e d’ogni aroma dei mercanti?
7 Ecco la lettiga di Salomone, intorno alla quale stanno
sessanta prodi, fra i più prodi d’Israele.
8 Tutti maneggiano la spada, sono esperti nelle armi;
ciascuno ha la sua spada al fianco, per gli spaventi notturni.
9 Il re Salomone s’è fatto una lettiga di legno del Libano.
10 Ne ha fatto le colonne d’argento, la spalliera d’oro, il
sedile di porpora; in mezzo è un ricamo, lavoro d’amore
31
Vuole
sposarla e
prepara una
cerimonia
nuziale.
delle figliuole di Gerusalemme.
11 Uscite, figlie di Sion, mirate il re Salomone con la corona
di cui l’ha incoronato sua madre, il giorno delle sue nozze, il
giorno della gioia del suo cuore.
Narratore
Salomone accoglie incantato la pastorella-regina
II scena
Dialogo tra Salomone e la Sulamita
4:1-6:3
Capitolo 4
1 Come sei bella, amica mia, come sei bella! I tuoi occhi,
dietro al tuo velo, somigliano quelli delle colombe; i tuoi
Esalta la
Sulamita con capelli sono come un gregge di capre, sospese ai fianchi del
apprezzamenti monte di Galaad.
pesanti
2 I tuoi denti sono come un branco di pecore tosate, che
tornano dal lavatoio; tutte hanno dei gemelli, non ve n’è
alcuna che sia sterile.
3 Le tue labbra somigliano un filo di scarlatto, la tua bocca è
graziosa; le tue gote, dietro al tuo velo, sono come un pezzo
di melagrana.
4 Il tuo collo è come la torre di Davide, costruita per essere
un’armeria; mille scudi vi sono appesi, tutte le targhe dei
valorosi.
5 Le tue due mammelle sono due gemelli di gazzella, che
pasturano fra i gigli.
Salomone
Sulamita
Vuole essere
libera
6 Prima che spiri l’aura del giorno e che le ombre fuggano,
io me ne andrò al monte della mirra e al colle dell’incenso.
Narratore
Salomone fa finta di non capire
Salomone
7 Tu sei tutta bella, amica mia, e non c’è nessun difetto in te.
8 Vieni con me dal Libano, o mia sposa, vieni meco dal
Libano! Guarda dalla cima dell’Amana, dalla cima del Senir
Continua la
sua corte
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serrata
e dell’Hermon, dalle spelonche dei leoni, dai monti dei
leopardi.
9 Tu m’hai rapito il cuore, o mia sorella, o sposa mia! Tu
m’hai rapito il cuore con uno solo dei tuoi sguardi, con uno
solo dei monili del tuo collo.
10 Quanto sono dolci le tue carezze, o mia sorella, o sposa
mia! Come le tue carezze sono migliori del vino, come
l’odore dei tuoi profumi e più soave di tutti gli aromi!
11 O sposa mia, le tue labbra stillano miele, miele e latte
sono sotto la tua lingua; l’odore delle tue vesti è come
l’odore del Libano.
12 O mia sorella, o sposa mia, tu sei un giardino serrato, una
sorgente chiusa, una fonte sigillata.
13 I tuoi germogli sono un giardino di melagrani e d’alberi di
frutti deliziosi, di piante di cipro e di nardo;
14 di nardo e di croco, di canna odorosa e di cinnamomo, e
d’ogni albero da incenso; di mirra e d’aloe, e d’ogni più
squisito aroma.
15 Tu sei una fontana di giardino, una sorgente d’acqua viva,
un ruscello che scende giù dal Libano.
16 Sorgi, vento del Nord, e vieni, o vento del Sud!
Soffiate sul mio giardino, perché se ne spandano gli aromi!
Narratore
La Sulamita lo interrompe bruscamente e puntualizza
Sulamita
Venga l’amico mio nel suo giardino, e ne mangi i frutti
deliziosi!
Narratore
Salomone fa ancora una volta finta di non aver capito
l’allusione
Capitolo 5
Salomone
Fraintende.
Invita gli
1 Sono venuto nel mio giardino, o mia sorella, o sposa mia;
ho colto la mia mirra e i miei aromi; ho mangiato il mio favo
di miele; ho bevuto il mio vino ed il mio latte. Amici,
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amici.
mangiate, bevete, inebriatevi d’amore!
2 Io dormivo, ma il mio cuore vegliava.
Sento la voce del mio amico, che picchia e dice: "Aprimi,
sorella mia, amica mia, colomba mia, o mia perfetta! Poiché
il mio capo è coperto di rugiada e le mie chiome sono piene
di gocce della notte".
3 Io mi sono tolta la gonna; come me la rimetterei ancora?
Mi sono lavata i piedi; come li sporcherei ancora?
4 L’amico mio ha passato la mano per la finestra, il mio
amore si è agitato per lui.
5 Mi sono alzata per aprire al mio amico, e le mie mani
hanno stillato mirra le mie dita mirra liquida, sulla maniglia
della serratura.
6 Ho aperto all’amico mio, ma l’amico mio si era ritirato, era
partito.
v. 7. Le
guardie hanno Ero fuori di me mentr’egli parlava; l’ho cercato, ma non l’ho
impedito con trovato; l’ho chiamato, ma non m’ha risposto.
la forza che la
7 Le guardie che vanno attorno per la città m’hanno
futura sposa
incontrata, mi hanno battuta, mi hanno ferita; le guardie delle
del re scappi
mura mi hanno strappato il velo.
per andare a
cercare un
8 Io vi scongiuro, o figlie di Gerusalemme, se trovate il mio
altro
amico, che gli direte? Che sono malata d’amore.
Sulamita
Pensa solo al
suo amico
Tutte
incuriosite
9 Che è dunque, l’amico tuo, più d’un altro amico, o la più
bella fra le donne? Che è dunque, l’amico tuo, più d’un altro
amico, che così ci scongiuri?
Sulamita
10 L’amico mio è bianco e vermiglio, e si distingue fra
diecimila.
11 Il suo capo è oro finissimo, le sue chiome sono crespe, re
come il corvo.
12 I suoi occhi paiono colombe in riva a ruscelli, che si
lavano nel latte, montati nei castoni di un anello.
13 Le sue gote sono come un’aia d’aromi, come aiuole di
fiori odorosi; le sue labbra sono gigli, e stillano mirra
Risponde con
entusiasmo
decantando
l’amato suo
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liquida.
14 Le sue mani sono anelli d’oro, incastonati di berilli; il suo
corpo è d’avorio lucente, coperto di zaffiri.
15 Le sue gambe sono colonne di marmo, fondate su basi
d’oro puro. Il suo aspetto è come il Libano, superbo come i
cedri.
16 Il suo palato è tutto dolcezza, tutta la sua persona è un
incanto.
Tal è l’amor mio, tal è l’amico mio, o figlie di Gerusalemme.
Capitolo 6
Tutte
domanda
Sulamita
Risponde e
puntualizza
chi è il suo
amico
1 Dove è andato il tuo amico, o la più bella fra le donne?
Quale direzione ha preso l’amico tuo? Noi lo cercheremo
teco.
2 Il mio amico è disceso nel suo giardino, nelle aie degli
aromi, a pasturare le greggi nei giardini, e coglier gigli.
3 Io sono dell’amico mio; e l’amico mio, che pascola il
gregge tra i gigli, è mio.
III scena
Riprende la IV scena del I Atto
Salomone cerca con un supremo sforzo di
conquistare le grazie della giovane, rinnovando
enfaticamente i suoi elogi comparando la Sulamita
alle due più belle città del suo regno
6:6-8:4
Narratore
Salomone si rende conto di avere a che fare con una ragazza
molto fiera, innamorata che non si lascia corrompere; ma
insiste tuttavia nella sua corte spietata continuando ad
adularla.
Salomone
4 Amica mia, tu sei bella come Tirza, vaga come
Esprime il suo Gerusalemme, tremenda come un esercito a bandiere
35
desiderio.
spiegate.
5 Distogli da me gli occhi tuoi, che mi turbano. I tuoi capelli
sono come un gregge di capre, sospese ai fianchi di Galaad.
6 I tuoi denti sono come un branco di pecore, che tornano dal
lavatoio; tutte hanno dei gemelli, non ce ne è una che sia
sterile;
7 le tue gote, dietro il tuo velo, sono come un pezzo di
melagrana.
8 Ci sono sessanta regine, ottanta concubine, e fanciulle
innumerevoli;
9 ma la mia colomba, la perfetta mia, è unica; è l’unica di
sua madre, la prescelta di colei che l’ha partorita.
Le fanciulle la vedono, e la proclamano beata; la vedono
pure le regine e le concubine, e la lodano.
10 Chi è colei che appare come l’alba, bella come la luna,
pura come il sole, tremenda come un esercito a bandiere
spiegate?
11 Io sono discesa nel giardino dei noci a vedere le piante
Racconta
verdi della valle, a veder se le viti mettevano le loro gemme,
come ha fatto se i melagrani erano in fiore.
ad arrivare al 12 Io non so come, il mio desiderio m’ha resa simile ai carri
palazzo reale
di Amminadab (vers. Riveduta).
Sulamita
Narratore
La fanciulla, quindi, si era allontana dalla sua vigna per
vedere passare i carri del re ed è talmente estasiata che si
lascia prendere dai soldati del re salendo sui suoi carri.
(Essere simile ai carri di Amminadab significa ammirare
tanto una cosa fino a identificarsi con essa). Ora però,
ricordando lo shock subito quando si è trovata nel palazzo,
cerca di scappare. Ma le ragazze la fermano.
Capitolo 7
Tutte
36
1 Torna, torna, o Sulamita, torna, torna, che ti miriamo.
Sulamita
Perché ammirate la Sulamita come una danza a due schiere?
Tutte
2 Come sono belli i tuoi piedi nei loro calzari, o figlia di
principe!
I contorni delle tue anche sono come monili, opera di mano
di artefice.
3 Il tuo seno e una tazza rotonda, dove non manca mai vino
profumato.
Il tuo corpo è un mucchio di grano, circondato di gigli.
4 Le tue due mammelle sembrano due gemelli di gazzella.
5 Il tuo collo è come una torre d’avorio; i tuoi occhi sono
come le piscine di Cheshbon presso la porta di Bath-Rabbim.
Il tuo naso è come la torre del Libano, che guarda verso
Damasco.
6 Il tuo capo si eleva come il Carmelo, e la chioma del tuo
capo sembra di porpora; un re incatenato dalle tue trecce!
Narratore
Il re s’impegna nell’ultima seduzione
Salomone
7 Quanto sei bella, quanto sei piacevole, amor mio, in mezzo
alle delizie!
8 La tua statura è simile alla palma, le tue mammelle a
grappoli d’uva.
9 Ho detto: “Io salirò sulla palma, e m’appiglierò ai suoi
rami”.
Siano le tue mammelle come grappoli di vite, il profumo del
tuo fiato, come quello delle mele,
10 e la tua bocca come un vino generoso,…
Si ripropone
alla Sulamita.
Sulamita
Interrompe il
re provocandolo.
Parla di colui
che lei ama ed
esprime il
desiderio di
… che cola dolcemente per il mio amico, e scivola fra le
labbra di quelli che dormono.
11 Io sono del mio amico, e verso me va il suo desiderio.
12 Vieni, amico mio, usciamo ai campi, passiamo la notte
nei villaggi!
13 Fin dal mattino andremo nelle vigne; vedremo se la vite
ha sbocciato, se il suo fiore si apre, se i melagrani fioriscono.
37
stare con lui.
Là ti darò le mie carezze.
14 Le mandragole mandano profumo, sulle nostre porte stanno frutti deliziosi d’ogni sorta, nuovi e vecchi, che ho serbati
per te, amico mio.
Capitolo 8
Preferirebbe
essere sua
sorella pur di
essere libera
di incontrarlo
Narratore
1 Oh perché non sei tu come un mio fratello, allattato dalle
mammelle di mia madre! Trovandoti fuori, ti bacerei, e
nessuno mi sprezzerebbe.
2 Ti condurrei, t’introdurrei in casa di mia madre; tu
m’istruiresti, e io ti darei da bere vino aromatico, succo del
mio melagrano.
3 La sua sinistra sia sotto il mio capo, e la sua destra mi
abbracci!
4 O figlie di Gerusalemme, io vi scongiuro, non svegliate,
non svegliate l’amor mio, finché lei non lo desideri!
Salomone, il potente re, non ha potuto nulla contro una
fanciulla innamorata. Alla fine cede e le lascia la libertà.
A questo punto la scena cambia, siamo fuori, all’aperto.
Avanzano la Sulamita e il pastorello.
ATTO III
I scena
Incontro della Sulamita c on il pastorello.
(questa scena si contrappone alla prima del II Atto)
8:5-7
Popolo
5 Chi è colei che sale dal deserto appoggiata all’amico suo?
Pastorello
Io ti ho svegliata sotto il melo, dove tua madre ti ha partorito,
dove quella che ti ha partorito, si è sgravata di te.
6 Mettimi come un sigillo sul tuo cuore, come un sigillo sul
tuo braccio; perché l’amore è forte come la morte, la gelosia
Unico
discorso del
giovane che
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parla solo
d’amore
è dura come il soggiorno dei morti.
I suoi ardori sono ardori di fuoco, fiamma potente.
7 Le grandi acque non potrebbero spegnere l’amore, i fiumi
non potrebbero sommergerlo.
Se uno desse tutti i beni di casa sua in cambio dell’amore,
sarebbe del tutto disprezzato.
II scena
La Sulamita e la sua sorella
8:8-10
Sulamita
Si preoccupa
della piccola
sorella
8 Noi abbiamo una piccola sorella, che non ha ancora
mammelle; che faremo della nostra sorella, quando si tratterà
di lei?
9 Se è un muro, costruiremo su lei una torretta d’argento; se
è un uscio, la chiuderemo con una tavola di cedro.
10 Io sono un muro, e le mie mammelle sono come torri; io
sono stata ai suoi occhi come colei che ha trovato pace.
III scena
La Sulamita regola il suo conto con Salomone
assente, ma gli parla come se fosse presente
8:11,12
Sulamita
11 Salomone aveva una vigna a Baal-Hamon; egli affidò la
vigna a dei guardiani, ognun dei quali portava, come frutto,
mille sicli d’argento.
12 La mia vigna, che è mia, la guardo da me; tu, Salomone,
tieni per te i tuoi mille sicli, e ne abbiano duecento quelli che
guardano il frutto della tua!
Sulamita
IV scena
Il pastorello e la Sulamita
È così felice
di aver
ritrovato il suo
amato che gli
8:13,14
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chiede ancora
di parlarle
d’amore
13 O tu che dimori nei giardini, i compagni stanno intenti
alla tua voce! Fammela udire!
Narratore
A questo punto ci aspetteremmo il felice epilogo della storia
e un bel discorso da parte del pastorello. Invece…
Sulamita
14 Fuggi, amico mio, come una gazzella od un cerbiatto, sui
monti degli aromi!
Narratore
Il re non ha potuto avere la pastorella, ma non permette
neanche che ella si goda la sua felicità perché il pastorello è
costretto a fuggire.
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