Nel sorriso di un addio - Associazione Succede solo a Bologna
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Nel sorriso di un addio - Associazione Succede solo a Bologna
Nel sorriso di un addio di Luca Chendi Il colore dei tuoi passi sul filare dello sfondo. In fondo il tuo viso che richiama ansioso alla partenza le parole di un saluto a mezzo cuore: “Amore, vieni?” E ti raggiunsi; nel mio stelo il gonfiore dolce del fiore che nel sole d’agosto ancora non è stato dissacrato dal polline amato per la riproduzione. Poi calò il cielo in manti di nuvole addensate al tetto della casa da noi scelta per costruirvi il nostro nido nel sogno di un ritorno. Prestigio delle tue guance offerte alla carezza premurosa della luna, alla prosciugata arsura dei miei baci. E il mio dondolare oltre il punto di rottura ultimo tra la vita e la morte, e non posso dirti ancora se il mondo, più in là, saprà prometterti l’amore, o l’amaro della solitudine. Da sempre ci siamo inseguiti in sentieri tra lusinghe e visioni intraviste di grigi orizzonti, e ci siamo confusi; ma ora, guardandoti, nel sorriso di un addio, non riesco ad esser cieco al saluto di un tuo bacio. Essere figlio di Luca Chendi Vuol dire imparare che l’amore ci precede sempre in sfavore dell’istinto, relegando il singolare verso un’apertura prosperosa alla scoperta delle parti; vuol dire imporre un particolare profondo modo di pensare, ostinato ed inusuale, spesso un aspetto sconosciuto alla realtà, come tradizione che si vuole salvare; vuol dire essere sete di vita volta a deglutire ad ogni intoppo il boccone, sempre là, fermo nemico al suo posto di blocco; vuol dire essere operai in costruzione di speranze, di mattoni da montare resistenti alle danze del futuro per far fronte al bisogno; essere cullato e ripreso ogni giorno, farsi desiderio e discorso, una promessa al progressivo cambiamento, un ricambio, un impegno di unità ed amore; vuol dire essere rabbia e riflessione capace di impostare un pretesto nuovo per la riproduzione, la fine e l’inizio di un filo teso a cucire le maglie del tempo; vuol dire cognome, una risorsa nel solo parlare del nome che poco spesso si scorda come antidoto del cuore; vuol dire ammettere, un giorno, di essere grandi per il bacio di una madre pur sapendo che non sarà mai troppo vecchia per smettere di baciare, te; vuol dire essere monete d’oro illuminanti, soli infuocati di mezzogiorno infuriati dall’amore di un cuore adolescente che non ferma la sua corsa fino quando, dilatandosi, brucia i polmoni; così, ardente la fronte sgocciola piccoli soli di un sudore puro. Ma in fondo figlio vuol dire Essere se stesso, un’assenza di sesso che cade al potere d’un fiore sbocciato nel diluvio di pioggia nel mare. Una sagoma solitaria di Luca Chendi Rimembro Il tuo volto che appariva e scompariva nel fumo, e ogni volta era un po’ meno; tornerò mai a vedermi com’ero, e non come sono senza lei? Il lutto condanna il mio corpo vivo ad una solitudine ineffabile come la malattia che imprigiona il sofferente. Il gelo nella tua voce confondeva il mio passo. E tutto era una domanda scagliata, un grido aperto, una spinta a ritroso contro la direzione del normale fluire. Ora, fronte a me, sulla parete, un orologio antico, un meccanismo debole e vecchio: lancette destinate a passare solo per transitare, per essere solo un secondo innocente, vuoto; Ed io, una sagoma solitaria sotto il portico di notte, la cui nerezza è sbriciolata all’aria completamente da un soffio pieno completo profondo. Uno spasmo d’orrore in fondo nulla