RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – martedì 10 gennaio 2017
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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – martedì 10 gennaio 2017
RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – martedì 10 gennaio 2017 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2) Migranti, tutti i Comuni obbligati all'accoglienza (Piccolo) Candidato aveva le risposte, stop al concorso (M. Veneto) Strade, gli addetti restano regionali (Gazzettino) La svolta strategica di Illy. Fatturato a 500 milioni (Piccolo) Comparto elettrico, scatta lo sciopero (M. Veneto) CRONACHE LOCALI (pag. 6) Porto Nogaro, un altro anno nero. Traffico giù, si spera nei dragaggi (M. Veneto Udine) Alto Friuli a quota 44mila pensionati. «Tanti nodi irrisolti (Gazzettino Udine) Formazione, Cafc stringe alleanze a Bolzano (M. Veneto Udine) Profughi al Bronx, salta il vertice con la Caritas (Gazzettino Pordenone) «Posta in ritardo? Il problema nasce a Padova» (M. Veneto Pordenone) Cento soci delle Coop contro l’archiviazione proposta per Seghene (Piccolo Trieste) “Adotta una bolletta”: in 2300 non pagano più (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Pipistrel, il giallo delle telecamere fantasma (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Mille persone sulla Majestic. Prove a mare tutte superate (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Irisacqua chiude lo sportello a Ronchi (Piccolo Gorizia-Monfalcone) 1 ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE Migranti, tutti i Comuni obbligati all'accoglienza (Piccolo) di Gianpaolo Sarti - In Fvg diventa obbligatorio accogliere profughi. Dovranno farlo tutti i Comuni, nessuno escluso. Piaccia o no. È il ministero dell'Interno a imboccare la linea dura, per voce del capo del dipartimento Immigrazione del Viminale, Mario Morcone. Il funzionario è intervenuto ieri in videoconferenza nel vertice con i prefetti, organizzato nel palazzo di governo di Trieste, assieme all'Anci e ai sindaci di Gorizia Ettore Romoli, di Udine Furio Honsell e di Pordenone Alessandro Ciriani. Per il capoluogo era presente l'assessore al Welfare Carlo Grilli. Al tavolo - il primo che Roma apre sull’intero territorio nazionale dopo l’accordo fra Anci e Viminale - ha preso parte anche la presidente della Regione Debora Serracchiani assieme all’assessore competente Gianni Torrenti. Tutti i sindaci, d'ora in avanti, sono chiamati a fare la propria parte nella gestione dei richiedenti asilo, «altrimenti i prefetti dovranno agire d'imperio», ha scandito Serracchiani. Non ci sono mezzi termini: solo 90 su 216 Comuni, a oggi, hanno accettato l’accoglienza diffusa. E dunque «dietro a questa scelta ci sono ragioni di equità», osserva il prefetto di Trieste Annapaola Porzio. Anche perché, a sentire chi era seduto al tavolo, Morcone avrebbe parlato del Fvg come di un modello «che funziona». Accantonata la patata bollente del futuro Cie, che tornerà protagonista nella Conferenza Stato-Regioni del 19 gennaio, gli sforzi si concentrano sul come convincere i sindaci. Con un «pressing molto forte» sui Comuni: ecco la soluzione. Dovranno incaricarsene i prefetti. «Eserciteremo attività di convincimento sui Comuni in favore dell'accoglienza diffusa», così Porzio. In caso contrario, scatta l'extrema ratio dell'imposizione. «Se qualcuno si rifiuta - così Porzio - il problema non verrà affatto aggirato, perché sarà il ministero a trovare centri, alloggi o alberghi da destinare». A far da traino anche gli incentivi finanziari. Morcone ha affermato che sta per essere firmato dal ministero dell'Economia l'accordo con il Viminale per lo stanziamento di fondi una tantum ai Comuni che nel 2016 hanno offerto ospitalità ai richiedenti asilo. In Fvg sono circa 2,8 milioni di euro, da distribuire sulla base delle quote gestite finora: a Trieste 632mila euro, a Udine 1 milione e 176mila, a Gorizia 473mila e a Pordenone 527mila. Fondi che i Comuni potranno impiegare senza vincoli di uso, «per qualsiasi cosa, dal rifacimento del marciapiede alla creazione di un museo», ha spiegato Porzio. Lo Stato intende mantenere la promessa sottoscritta negli accordi con l'Anci: 2,5 migranti ogni mille abitanti così da evitare grosse concentrazioni di profughi nei centri urbani. Ma «il Fvg è già oltre a questo numero, visto che abbiamo già circa 5mila profughi», ammonisce il presidente Anci Fvg Mario Pezzetta. «Quindi prima di mettere i migranti nei piccoli Comuni, che sono privi di strutture, si provveda ai trasferimenti in altre regioni». Serracchiani ha insistito: sgravare Udine, Pordenone, Gorizia e Trieste. «Spalmare le presenze sul territorio - ha evidenziato - consente di avere maggiore ordine pubblico, rafforza la possibilità di una vigilanza sanitaria costante». Anche Torrenti ha esortato i sindaci: «Il coinvolgimento di un maggior numero di Comuni consente di evitare le grandi concentrazioni nelle città così come nei piccoli paesi». I rappresentanti dei Comuni capoluogo di Provincia concordano nella necessità di arrivare a una distribuzione più «equa» dei migranti. Il sindaco di Gorizia Ettore Romoli, precisando che «si doveva affrontare il problema dei Cie e dei respingimenti, cosa non avvenuta», ha indicato che «a Gorizia la quota è di oltre 10 migranti ogni mille abitanti, ben superiore al 2.5 stabilito dall'accordo fra ministero e Anci a livello nazionale. È necessaria una redistribuzione». Analoga la posizione del sindaco di Udine Furio Honsell. Grilli per Trieste: «In regione la maggior parte degli ospiti sono afghani e pachistani, spacchettarli sul territorio serve anche a evitare che si formino specie di clan». 2 Candidato aveva le risposte, stop al concorso (M. Veneto) di Anna Buttazzoni e Luana de Francisco - Tutto da rifare. La graduatoria che la Regione Fvg aveva stilato a metà dicembre, per procedere all’assunzione di 17 operatori della Centrale unica di risposta, in vista dell’attivazione del Nue 112, nella sede della Protezione civile a Palmanova, è finita in Procura. Per l’esattezza, nel fascicolo che il pm Marco Panzeri ha aperto poco prima di Natale, sulla scorta di una denuncia partita dalla stessa commissione e volta a fare luce su presunte irregolarità nel corso dell’esame. La selezione per diventare operatore del Numero unico dell’emergenza (Nue) consisteva in una prova scritta a risposta multipla e in un orale, svolti nella stessa giornata, nella sede della Protezione civile. A presiedere il gruppo di commissari che doveva valutare i candidati era Luciano Sulli, direttore della Protezione civile. È Sulli a riscontrare delle irregolarità, nel comportamento di un solo concorrente, ma tanto basta a mandare a carte quarantotto l’intero esame e a invalidare la successiva graduatoria, composta da 79 papabili. Perché un candidato risulta avere partecipato al compito scritto, superandolo e accedendo in tal modo alla successiva prova orale, dopo avere visionato la traccia. L’elevato punteggio assegnato alla sua prova, in altre parole, sarebbe stato agevolato dalla possibilità di vedere in anticipo la soluzione delle domande contenute nel compito. A raccontarlo era stato lo stesso candidato, peccando forse d’ingenuità, durante un colloquio con una o più persone che, a loro volta, lo avevano riferito ad altri. La voce era infine arrivata agli stessi componenti della commissione e al suo presidente, che, compresa la gravità dell’episodio, non ha esitato a denunciarlo ai carabinieri della Compagnia di Palmanova. Approdata in Procura a Udine, l’informativa ha messo in moto un procedimento penale che, al momento, vede iscritta sul registro degli indagati la sola persona incaricata della custodia delle tracce d’esame. Il reato ipotizzabile a suo carico, per come la vicenda ha preso corpo, è l’abuso d’ufficio. L’esito degli accertamenti fin qui condotti dalla Polizia giudiziaria, però, sembrerebbe avere già ridimensionato la portata dell’inchiesta. Il candidato sarebbe incappato nelle domande per puro caso. Un classico colpo di fortuna, insomma, seppure vanificato poi dalla fretta di raccontarlo in giro. Le tracce erano state lasciate in bella vista, in un luogo di libero accesso, e lui avrebbe semplicemente colto l’occasione per sbirciare, senza godere di alcun favoritismo da parte di nessuno. «Se gli ulteriori accertamenti in corso dovessero confermare quanto fin qui emerso – ha affermato il procuratore di Udine, Antonio De Nicolo –, e cioè che le risposte erano state lasciate incustodite per imprudenza o disattenzione, l’episodio difetterebbe dei presupposti del dolo, che è base di partenza dell’abuso in atti d’ufficio. In questa fase delle indagini preliminari, comunque, la prudenza è ancora d’obbligo. A prescindere dalla direzione che il nostro ufficio imboccherà, compresa quella dell’archiviazione, compete invece all’autorità amministrativa l’annullamento del superamento della prova». Fiducioso l’assessore regionale con delega alla Protezione civile, Paolo Panontin. «È stato il nostro direttore a segnalare irregolarità appena ne ha avuto contezza, per autotutela della Regione e della Protezione civile. La nostra azione – spiega Panontin – è quindi trasparente. Rifaremo la selezione entro gennaio e nel frattempo saranno le autorità competenti a fare le verifiche del caso». E così il Nue 112 ancora non decolla e l’atteso debutto, annunciato a novembre, slitta a marzo. Strade, gli addetti restano regionali (Gazzettino) testo non disponibile 3 La svolta strategica di Illy. Fatturato a 500 milioni (Piccolo) di Christian Benna - Il regno del gusto della famiglia Illy si riorganizza e pensa alla Borsa come prossimo approdo per il cioccolato Domori e il tè Damman Frères. Almeno queste sembrano essere le ultime tessere del mosaico che il gruppo triestino sta componendo per definire l'assetto strategico di una nuova fase di espansione e quindi spalancare le porte in azienda alla quarta generazione. In un'intervista concessa al Corriere Economia, il settimanale di economia e finanza del Corriere della Sera, i fratelli Riccardo e Andrea Illy hanno escluso l'ipotesi di quotazione di IllyCaffè, l'ammiraglia della holding Illy, che genera quasi il 90% del fatturato di gruppo e che si appresta a chiudere il 2016 con circa 500 milioni di euro di ricavi. Se la tazzina rimane gelosamente nelle mani di famiglia, continuando a coccolare il segmento premium, per le altre controllate del polo del gusto il collocamento sul listino potrebbe essere "una soluzione", almeno così si è espresso Andrea Illy. Tutte le società del regno delle eccellenze Illy vantano tassi di crescita sostenuti e registrano l'utile nell'ultimo rigo del bilancio. Tutte tranne una. Perché se le confetture Agrimontana, il vino Mastrojanni e il tè Damman Frères contribuiscono positivamente al risultato consolidato, il cioccolato Domori è ancora in rosso. E la svolta non è attesa prima del 2018. E forse saranno proprio gli aromi del cacao, che fatturato circa 12 milioni di euro l'anno, a essere destinati alla quotazione per trovare quelle risorse necessarie a fare il salto di qualità anche in termine di risultati economici. Anche se è Damman Frères la società che per giro d'affari (33 milioni di euro) presenta i conti più interessanti per la quotazione. E magari il viaggio sul listino potrebbe coinvolgere entrambe le società. Del resto il gruppo ha tutta l'intenzione di crescere ancora e non mancano i dossier per eventuali espansioni nel campo del retail. Il piano di sviluppo che vede al centro Damman Fréres e Domori prevede la creazione di una rete di boutique del gusto, negozi che metteranno in vetrina anche le altre eccellenze del gruppo. Nonostante il pressing esterno, soprattutto dalle piazze finanziarie anglosassoni, dove il Financial Times ha annunciato in più occasioni l'imminente quotazione dell'intero gruppo, la famiglia Illy si è tenuta sempre lontano dalle sirene della Borsa. Il nodo del debito, circa 130 milioni di euro quello in essere di Illycaffé con le banche, non è a livelli tali da impensierire troppo i vertici della holding, seppure interessati ad allungarne la durata da 7 a 15 anni e migliorare la redditività che oggi vale circa il 10 milioni di euro di utili. Inoltre, dopo il lancio di un bond da 70 milioni di euro nel 2015, nei prossimi mesi potrebbe arrivare sul mercato un'altra obbligazione corporate da 25 milioni che servirà a finanziare l'espansione del canale retail. L'idea della famiglia Illy è quella di progettare il futuro senza l'assillo delle trimestrali e il fiato addosso degli analisti. Dentro la tazzina globale del caffè si sta consumando una guerra globale senza esclusione di colpi. Il gruppo tedesco Jab della famiglia Reimann ha speso 30 miliardi dollari per dare il via alle danze della stagione del risiko de caffè, acquisendo big come gli americani di Keuring, già alleati di Lavazza e poi di Illy. Ora Jab avrebbe in serbo un'altra scalata a suon di miliardi, circa nove quelli necessari per conquistare Donkin Donuts. Se l'operazione dovesse andare in porto, sul listino rimarrebbe un unico grande competitor nel retail che è Starbucks, mettendo all'angolo - almeno sul ricco mercato americano - un gigante come Nespresso, del gruppo Nestlè. Il gruppo Illy, ormai fortemente internazionalizzato, e in netta crescita in America, continua a coltivare la nicchia della fascia alta del settore, ma lo scontro fra titani comincia a far paura a tutti nel settore. Per non perdere terreno l'azienda triestina ha messo in moto un piano di rinnovamento che ha visto, insieme all'aumento di capitale da 38 milioni, nel 2016 l'ingresso di manager esterni: Massimiglianio Pogliani nuovo amministratore delegato di IllyCaffè e Federico Marescotti alla guida della Holding. Riccardo Illy rimane presidente della holding e di Domori ma ha avviato il passaggio generazionale cedendo la nuda proprietà del suo pacchetto azionario alla figlia Daria che gli è subentrata nel Cda di Illycaffé. 4 Comparto elettrico, scatta lo sciopero (M. Veneto) La data è stata cambiata, ma la protesta rimane. I sindacati Filctem, Flaei, Uiltec, hanno proclamato per il 16 gennaio la giornata nazionale di mobilitazione a sostegno della vertenza per il rinnovo del contratto nazionale del settore elettricità, alla quale partecipano anche le segreterie regionali del Fvg. Inizialmente il periodo per la protesta era stato indicato tra il 9 e il 13 gennaio, date che sono state respinte dal ministero a fine dicembre per incompatibilità. Da qui la scelta di ricalendarizzare lo sciopero per tutte le centrali di produzione a partire dal giorno 16 gennaio 2017, prevedendo un’articolazione dello sciopero su un periodo più ampio. Da qui le 8 ore di astensione dal lavoro per il 16 gennaio, a cui potranno fare seguito altre iniziative se la trattativa per il contratto non dovesse ripartire. Nell’ultimo incontro tra le parti, svoltosi a dicembre, tra la delegazione sindacale e quella di Assolettrica/Utilitalia per verificare se ci fossero le condizioni per pervenire in tempi brevi alla firma del contratto di settore elettrico, «purtroppo – è la considerazione delle tre sigle sindacali –, le differenze registrate sono ancora notevoli. Le aziende hanno ritirato diversi argomenti negoziali, nel corso della trattativa, ma i temi che intendono ancora discutere (turni, reperibilità, orario di lavoro e altro), non sono accettabili per noi nell’impostazione presentata dalla delegazione aziendale». Protesta confermata, dunque, con conseguenti possibili disagi per l’utenza nel giorno dello sciopero, durante il quale saranno garantite solo le prestazioni minime. 5 CRONACHE LOCALI Porto Nogaro, un altro anno nero. Traffico giù, si spera nei dragaggi (M. Veneto Udine) di Francesca Artico - Lo scalo friulano di Porto Nogaro nel 2016 ritorna sotto il milione di tonnellate movimentate facendo registrare un -4.45 % rispetto a un non già brillante 2015 dopo un disastroso 2014, attestandosi su 997.615 tonnellate contro le 1.044.099 dell’anno precedente. La situazione è grave ma gli operatori del porto sperano in una ripresa legata alla consegna dei lavori di dragaggio che hanno portato i fondali a meno 7.50 metri medio mare e alla ripartenza della zona industriale dell’Aussa Corno e l’avvio del nuovo stabilimento del cloro soda di Torviscosa, ma soprattutto in un ritorno (difficile) delle brame. Ricordiamo che il porto friulano ha una potenzialità di movimentazione pari a 3 milioni di tonnellate: nel periodo ante crisi ha raggiunto una operatività di 1,7 milioni di merci transitate per lo scalo. Va anche sottolineato che il porto è la più grande azienda dell’Aussa Corno con circa 450 addetti tra imprese portuali, case di spedizione e agenzie marittime, ormeggiatori, piloti, e dogana (senza contare il personale della Capitaneria di Porto), con un indotto pari a circa mille addetti. Se le merci imbarcate partite da Porto Nogaro nel 2016 sono state pari a 704.745 tonnellate, drastica la riduzione di quelle sbarcate, ovvero 292.870, che indicano le difficoltà della zona industriale legate alla crisi delle aziende, ma anche i traffici sostanziosi delle brame che a causa dei fondali vengono scaricate a Monfalcone per poi arrivare nei laminatoi sangiorgini via gomma. Come spiega Sandro Midolini, presidente dell’omonima impresa portuale che opera nello scalo di Porto Margreth con l’Impresa Porto Nogaro, «l’anno non è stato semplice, ma ora attendiamo l’ufficialità e la conseguente ordinanza, dei 7.50 metri per poter ripartire. Avendo vinto il bando per l’operatività del porto che di fatto ha raddoppiato l’affitto afferma - siamo fiduciosi nel futuro dello scalo. La ripartenza della Sangalli (oggi Sisecam) con i traffici di merci rinfuse, come quello prospettato della nuova azienda di fertilizzanti e quello che deriverà dal nuovo stabilimento del cloro soda di Torviscosa (100-150 mila tonnellate di sale) ci farà recuperare i traffici delle merci rinfuse, mentre sarà molto difficile recuperare quello delle brame che vengono sbarcate a Monfalcone e arrivano su camion negli impianti. E’ invece possibile che queste possano addirittura, con i lavori dei patti territoriali alla linea ferroviaria, arrivare su treno». Nodo cruciale resta comunque la consegna dei lavori di dragaggio che hanno portato il canale commerciale a meno 7.50 metri medio mare (da anni fermi a poco più di 6 metri) per permettere l’attracco di navi da 12 mila tonnellate di stazza contro quelle attuali che hanno una stazza massima di 4.500- 5.000 tonnellate. Alto Friuli a quota 44mila pensionati. «Tanti nodi irrisolti (Gazzettino Udine) testo non disponibile 6 Formazione, Cafc stringe alleanze a Bolzano (M. Veneto Udine) Il collegamento Friuli-Bolzano diventa sempre più forte: Cafc spa si candida quale cabina di regia per un’alta formazione rivolta agli ingegneri grazie al consolidamento del rapporto con la società Ecocenter di Bolzano che gestisce il servizio idrico e quello dei rifiuti. Si migliorerà così il livello professionale dei dipendenti e si coglieranno le innovazioni sul mercato soprattutto in ambiti specifici di impiantistica e depurazione; questo programma sarà esteso anche alla società Venetoacque. In questo modo non solo Cafc ma anche la società, che dal 1 gennaio si occupa del servizio idrico di 124 comuni della provincia di Udine portando complessivamente i numeri di Cafc a 6 mila chilometri di rete acquedottistica, a 4 mila di rete fognaria e a 500 impianti di depurazione, potranno acquisire le conoscenze tecniche all’avanguardia da trasferire sul nostro territorio grazie al piano formativo e di aggiornamento continuo deciso fra le due società e in procinto di proseguire per i prossimi mesi con incontri intensivi (gestori del Fvg, Veneto e Trentino). L’occasione per definire la strategia che prevede interscambi educativi con gli ingegneri e gli staff tecnici è stata la recente visita all’impianto di Bolzano: una delegazione Cafc, composta dai vertici della società e dei rappresentanti di Friulab (il laboratorio di analisi di riferimento per i gestori del servizio idrico delle provincie di Udine e del Consorzio di bonifica, è stata ricevuta dal direttore generale di Ecocenter, l’ingegner Marco Palmitano e dal direttore di Eco-Research di Bolzano, Werner Tirler. Rispetto alla realtà in Friuli, a Bolzano la situazione è diversificata, alla luce dell’impianto di termovalorizzazione presente in città, con i rilevanti investimenti eseguiti su un terzo del territorio cittadino attraverso il teleriscaldamento: qui le reti acquedottistiche interne sono gestite dai comuni, mentre fognature e depurazione sono servizi delegati al gestore che addebita, a ciascun comune, i relativi costi. In Alto Adige la fattura agli utenti del servizio idrico è inviata dal Comune e il costo a metrocubo di acqua trattata oscilla da 1,3 a 1,8 euro al metrocubo, valori allineato o superiori rispetto alle tariffe attualmente applicate da Cafc, dunque ciò conferma che «le nostre tariffe non sono affatto care», precisa il presidente Eddi Gomboso che intende proseguire anche sulla strada della comunicazione e sensibilizzazione dei cittadini su questi temi di interesse ambientale. Nel programma di rafforzamento delle competenze interne a Cafc, rientra anche l’attività di Friulab che sta operando per estendere i servizi di analisi ad altri gestori della Regione (ed entro il 2017 la struttura si trasferirà dall’attuale sede in via Cotonificio alla sede centrale Cafc in viale Palmanova). Contestualmente sarà deciso un rafforzamento di organico di Friulab e nuove strumentazioni di ultima generazione, come, per esempio, il macchinario “Trappola orbitale” – per un investimento pari a circa 350 mila euro – in grado di trasformare le analisi in una ricerca scientifica per controllare l’acqua in modo da prevenire eventuali interventi. Con questo potente macchinario si riescono ad individuare molecole derivanti da scarichi ospedalieri e farmaceutici, inclusa l’intensità delle presenze, al fine di intervenire ed apportare modifiche strutturali agli impianti di depurazione. Friulab diventerà un vero e proprio Centro di ricerca applicata che monitorerà le attività industriali, agricole, i rifiuti ospedalieri, discariche, con l’obiettivo di salvaguardare i consumatori anche ampliando i parametri cercati nelle acque e facendo rispettare i valori tabellari di riferimento. Nel corso di un anno sono eseguite da Friulab circa 2 mila 280 analisi e i parametri inseriti per valutare lo stato dell’acqua sono 33 mila; per quanto riguarda la depurazione le analisi in media si aggirano attorno su 3 mila 900 e i parametri sono 45 mila. 7 Profughi al Bronx, salta il vertice con la Caritas (Gazzettino Pordenone) Davide Lisetto - Doveva essere il giorno della soluzione per la questione dei profughi senza-tetto dopo l'occupazione-blitz della loggia del municipio la notte dell'Epifania. A dirlo, dopo la trattativa davanti alla locanda Al Sole, era stato lo stesso vicesindaco Eligio Grizzo. Ieri mattina, però, l'incontro tra il Comune i vertici dell'Ambito socio-assistenziale e la Caritas è saltato ed è stato rinviato a questa mattina. La programmata riunione della giunta guidata dal sindaco Alessandro Ciriani è proseguita più del previsto. Nel pomeriggio lo stesso sindaco, con l'assessore alle Politiche sociali Grizzo, ha partecipato al vertice del tavolo dell'accoglienza convocato a Trieste con i prefetti, l'Associazione dei sindaci e la Regione. Non c'è stato, dunque, il tempo per fare il punto con la Caritas sul piano dell'emergenza freddo e dunque anche sull'emergenza dei richiedenti asilo ospitati, da venerdì sera all'ultima notte il numero è salito a nove, nella sede di Rifondazione comunista in via Fratelli Bandiera. Anche se ieri Rifondazione, con la Rete solidale, ha ribadito la necessità di trovare urgentemente una soluzione. L'attesa, dunque, è per questa mattina: si capirà quale sarà la soluzione proposta dal Comune. In particolare per gli stranieri - nel gruppo dovrebbero essere due, almeno questo sarebbe emerso dalle verifiche della polizia sempre nella serata di venerdì scorso - già in possesso del permesso di asilo. Altri invece sarebbero fuoriusciti volontariamente dai piani di accoglienza perdendo di conseguenza il diritto. Ma ulteriori verifiche sarebbero in corso. Nel frattempo, anche dopo l'incontro triestino di ieri (la presidente Serracchiani ha chiesto l'impegno dei Comuni che non accolgono) il sindaco Alessandro Ciriani ha ribadito che non potranno trovare ospitalità quelle persone non in possesso dei requisiti per entrare nei piani di accoglienza. «Discorso diverso - ha rimarcato il primo cittadino - per chi ha problemi di salute. Su questo fronte fin dal primo momento ci siamo attivati ospitando all'hotel Santin tre immigrati che erano stati dimessi dall'ospedale dopo essere stati ricoverati con la polmonite». Sembra perciò difficile che i nove migranti ospitati fino alla notte scorsa da Rifondazione possano trovare un tetto a Pordenone. «Se ci sono Comuni che hanno posti, e ce ne sono, si comportino di conseguenza accogliendo», ha ribadito Ciriani. «Il sindaco - attacca Marco Salvador, consigliere Pn1291 - in questa triste vicenda per la nostra città non ha saputo esercitare un ruolo di leadership come avrebbe dovuto convocando lui un tavolo anche con gli altri sindaci. Invece li ha fatti arrabbiare tutti non essendo stato capace di governare una situazione che pare sfuggirgli di mano». 8 «Posta in ritardo? Il problema nasce a Padova» (M. Veneto Pordenone) Poste Italiane consegna a giorni alterni la corrispondenza a Sacile ma aumenta le tariffe 2017 da oggi. Arriveranno dei rincari su alcuni servizi come le raccomandate, gli atti giudiziari e anche le assicurate. «Scelte aziendali di Poste ma a Sacile il servizio di consegna è positivo e non mi risultano delle giacenze – ha verificato Paolo Riccio sindacalista Uil post –. Ci sono 14 portalettere professionali e il servizio non ha i problemi che invece hanno creato caos nelle consegne a Pordenone». Da oggi alcuni servizi di Poste subiranno dei rincari come ha comunicato l’azienda sulla piattaforma web. L’aumento riguarderà la posta raccomandata (“retail”) che passerà da di 4,50 a 5 euro. Gli aumenti, inoltre, saranno applicati anche alle comunicazioni connesse alle notifiche: si tratta dell’avvenuto deposito, i atti giudiziari e anche per l’avvenuta notifica. Le raccomandate internazionali, poi, subiranno un aumento di 65 centesimi in quanto passeranno da 5,95 a 6,60 euro. Quelle riservate ai professionisti cioè la raccomandata smart e pro subiranno invece un incremento di 10 centesimi di euro, in base al peso. Oltre alle raccomandate vi saranno dei rincari anche per le tariffe della posta assicurata. Per esempio, il costo per invii fino a 50 euro, con un peso tra i venti e cinquanta grammi, passerà da 6,90 euro a 7,25. Aumenterà anche la posta assicurata internazionale sempre per gli scaglioni di peso successivi al primo, quindi oltre i venti grammi. Il rincaro per tale servizio sarà di 60 centesimi per oggetti di peso tra i 20 e 50 grammi. Il sito web di Poste conferma gli aumenti anche per l’atto giudiziario: saranno incrementate le tariffe in base agli scaglioni di peso. Per gli invii fino a 20 grammi si passerà da 6,60 euro fino a 6,80 euro. Il piano. Quello quinquennale di sviluppo aziendale di Poste arriverà al 2020. «Il declino dei volumi postali – ha verificato Riccio - ha condotto Poste Italiane alla consegna della posta a giorni alterni. Coprirà il 25% dell’utenza nazionale nel 2017». I sacilesi che segnalano ritardi nelle consegne ci sono, però. «I problemi possono essere a monte – ha confermato Riccio –: a Padova oppure a Mestre nella fase di smistamento». Quello che va risolto a Sacile? «Capita che i palmari dei portalettere non funzionino – dice il sindacalista –. E vanno sostituiti. Servono per la tracciabilità delle raccomandate e speriamo che arrivino le sostituzioni tecniche nel 2017». Non sono previste chiusure di sportelli in città. «Via Cavour e via Cipressi – conclude Riccio – funzionano bene».(c.b.) 9 Cento soci delle Coop contro l’archiviazione proposta per Seghene (Piccolo Trieste) di Piero Rauber Non ci stanno proprio ad ingoiare l’idea che lo sfascio delle Coop operaie sia imputabile a una cerchia talmente ristretta da poterla tenere sulle dita di una mano soltanto: dall’ex presidente di lungo corso Livio Marchetti all’ex direttore generale Pier Paolo Della Valle, passando per i tre sindaci Rodolfo Pobega, Tiziana Seriau e Michela Raffaelli, ovvero i cinque personaggi per i quali i pm Federico Frezza e Matteo Tripani, titolari del maxifascicolo Coop, hanno chiesto a fine 2016 il rinvio a giudizio. I cento (e passa) soci più agguerriti e meno fatalisti - quelli rappresentati dall’avvocato Stefano Alunni Barbarossa che nel 2015, a indagine in moto, avevano firmato un articolato esposto alla Procura contro la presunta “cricca” accusata di aver truffato migliaia di consumatori e risparmiatori triestini - ora reclamano in effetti altre 29 “teste” a rigor di Codice di procedura penale. Ventinove figure a carico delle quali gli stessi due magistrati inquirenti, dopo aver indagato su di loro, ritengono allo stato che non si debba procedere oltre e ne hanno dunque chiesto l’archiviazione. A cominciare dalla “testa” di certo più illustre: quella dell’ex vicesindaco Augusto Seghene, lo storico presidente della partecipata Reparto 7 che riforniva in esclusiva le allora Coop operaie di frutta e verdura. Seghene era stato considerato inizialmente dagli investigatori il cosiddetto “uomo ombra” che tesseva le fila del colosso cooperativo di casa nostra, tanto da essere indagato a sua volta per bancarotta fraudolenta insieme a Marchetti subito dopo il commissariamento del management Coop avvenuto per via giudiziaria nell’autunno del 2014. A fine inchiesta, però, la sua posizione si è evidentemente sgonfiata anche perché, così almeno si può presumere, “marchiare” Seghene come amministratore di fatto avrebbe potuto significare ridurre il ruolo di Marchetti a quello di un mero “uomo di paglia” di un dominus nascosto dietro le quinte. Una ricostruzione che i cento irriducibili che fanno capo per l’appunto ad Alunni Barbarossa (nome e faccia in prima linea per anni contro il “blocco Marchetti” e che come consigliere regionale d’opposizione nella precedente legislatura invocò un intervento straordinario sulle Coop da parte dell’allora amministrazione Tondo) contestano, usando le armi che concede loro la legge. I soci delle Operaie, in questo caso, sono infatti “parti offese” e Alunni Barbarossa, in quanto rappresentante legale di un centinaio di queste presunte “parti offese”, con l’esposto del 2015 ha ottenuto il diritto a essere notiziato sull’esito delle indagini dei pm Frezza e Tripani. Una volta ricevuta la notifica che lo informava che i due magistrati avevano formulato la richiesta di rinvio a giudizio per cinque indagati e l’archiviazione per altri 29 - oltre ad Augusto Seghene vi figurano la figlia di quest’ultimo Alessandra, l’ex sindaco Luciano Peloso e 26 ex consiglieri d’amministrazione (si legga a destra, ndr) - Alunni Barbarossa, su mandato dei soci che tutela, ha redatto e spedito a Foro Ulpiano quella che, tecnicamente, si chiama opposizione all’archiviazione. L’ultima parola, a questo punto, spetterà al gip nel giorno in cui si celebrerà un’udienza preliminare che, ad oggi, non è stata ancora fissata. 10 “Adotta una bolletta”: in 2300 non pagano più (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Francesco Fain - Sono più di 2.300 goriziani. Sono in difficoltà e non riescono nemmeno più a pagare le bollette. La loro vita è diventata sopravvivenza. Ed è così che le Acli provinciali hanno deciso di lanciare, anzi rilanciare "Adotta una bolletta". L'invito è alle persone che hanno maggiori disponibilità economiche, a quelli che stanno meglio: facciano donazioni detraibili sul conto corrente messo a disposizione dalla Caritas diocesana per pagare le bollette di luce, acqua o gas alle famiglie maggiormente in difficoltà. L’appello è pressante perché il disagio sociale è in costante aumento. La cosiddetta "soglia di povertà" varia da Comune a Comune perché dipende sostanzialmente dai differenti livelli di spesa per consumi delle famiglie. A Gorizia tale limite si aggira sui 10.485 euro annui. Ebbene: ben l'11 per cento dei goriziani ha dichiarato redditi ben inferiori a tale cifra: redditi da fame. A certificarlo gli ultimi dati del Dipartimento per le politiche fiscali del ministero delle Finanze. Il quadro che emerge è, a dir poco, preoccupante perché sono 2.332 i contribuenti goriziani in evidente difficoltà. E, per loro, anche pagare una bolletta diventa un ostacolo insormontabile. Da qui, la decisione. Le Acli provinciali di Gorizia insieme alla Caritas diocesana lanciano l'iniziativa "Adotta una bolletta", «perché a distanza oramai di tre anni, quando per la prima volta fu lanciata l'iniziativa a sostegno delle famiglie più disagiate, nulla è cambiato rimarca la presidente Silvia Paoletti -. Forse potremmo dire che la situazione socio-economica si è andata addirittura peggiorando. A confermarlo il nostro osservatorio sulle dinamiche sociali di Gorizia e dell'Isontino. La non-crescita occupazionale e conseguentemente economica ha fatto crescere i cosidetti "inattivi" che le Acli identificano ormai come persone quasi "invisibili". Potrebbe sembrare una parola forte ma anche la realtà che le Acli provinciali in qualità di sentinelle del territorio, rappresentanti dei corpi intermedi toccano quotidianamente con mano, è una situazione forte e pesante: pesante per le tante persone che oramai sono disilluse e stanche di sentirsi dare risposte negative alla richiesta di un seppur semplice lavoro». Continua Paoletti: «Molti invisibili sono i tanti giovani che "scappano" dalla nostra provincia verso Paesi stranieri a cercar lavoro e fortuna. Molti invisibili rientrano nella quotidiana normalità, perché aumentano gli utenti della mensa dei Cappuccini». Perché questa iniziativa? «Perché le Acli sono chiamate a tendere l'orecchio, ad ascoltare il bisogno degli ultimi che come già detto sono in preoccupante aumento. Sono molteplici le richieste di aiuto per poter pagare le bollette delle utenze di luce e gas, talvolta anche per una visita medica. Ecco allora il bisogno di rilanciare l'iniziativa condivisa con la Caritas diocesana: la speranza è che molti possano donare luce al cammino degli ultimi con un atto di generosità. La donazione può essere effettuata al conto corrente “Carità diocesana di Gorizia onlus”, cc postale n.10289494 ccb Credito Cooperativo di Lucinico Farra e Capriva, Iban It15o0862212401004000323364 con causale “Adotta una bolletta”». In ultimo, un appello. «L’impegno delle istituzioni, tutte, dovrebbe essere di preoccuparsi a creare occupazione, partendo dalla produzione all'artigianato, al terziario che, come ho sempre asserito, è soltanto l'ultimo anello della vita economica di un territorio. Se le famiglie non guadagnano anche le attività commerciali (di tutti i generi), a lungo andare ne risentono. Ed è quello che sta succedendo», conclude Silvia Paoletti. «La crisi sta presentando il conto: il barile è stato raschiato fino in fondo e non c'è più nulla, non ci sono più risparmi per fare fronte alle emergenze. E questa situazione scaraventa nella depressione persone che, sino a qualche anno fa, vivevano bene, erano autonome, avevano un lavoro che garantiva loro le entrate necessarie per vivere con dignità». 11 Pipistrel, il giallo delle telecamere fantasma (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Francesco Fain - Il giallo delle telecamere fantasma. Non è il titolo di un avvincente romanzo ricco di colpi di scena, di quelli che non riesci a smettere di leggere. Il giallo è reale e riguarda la “Pipistrel”, lo stabilimento bersaglio di un vero e proprio atto di sabotaggio nei giorni scorsi, a base di vetrate mandate in frantumi e un’inequivocabile scritta “Ivo go home” sulle pareti dell’azienda, indirizzata al proprietario. Sino a oggi, si era detto che l’impianto di videosorveglianza era regolarmente attivato ed era stato reso inoffensivo dall’azione dei vandali-sabotatori che avevano manomesso il quadro elettrico che alimentava (e alimenta) anche i due grandi fanali che illuminano a giorno la facciata della fabbrica. Oggi, da fonti vicine alla Questura, emerge un’altra verità. È necessaria una premessa. Ogni impianto di videosorveglianza è autoalimentato e il motivo è molto semplice: se c’è un’interruzione dell’erogazione dell’energia elettrica deve continuare a filmare, ad essere attivo, altrimenti, viene meno ogni utilità. Pertanto, anche l’impianto alla Pipistrel era autoalimentato nel momento in cui sono entrati. Il problema, semmai, è un altro. Le telecamere, sì, c’erano ed erano attive anche dopo l’interruzione dell’energia elettrica determinata dagli autori del raid ma non erano collegate ad alcun impianto di registrazione delle immagini. Non solo. Non c’era nessun operatore (una guardia giurata, ad esempio) che guardasse quanto raccolto dalle telecamere. E, dulcis in fundo, non erano nemmeno collegate (come spesso accade) alle centrali operative delle forze dell’ordine. Quindi, tutte quelle immagini - che potevano essere decisive per le indagini - sono andate perse. Non c’è uno “storico”. Non sono immagazzinate su nessun supporto informatico. E questo costituisce un giallo di non poco conto: che senso ha installare delle telecamere se non c’è nessuno che guarda le immagini in tempo reale, se non c’è un impianto di registrazione che permette di vederle anche il giorno successivo, se non sono collegate alle centrali operative delle forze dell’ordine? Questo è un punto interrogativo. Uno dei tanti. E filtra da ambienti vicini alla Polizia. Tuttavia non c’è certezza che le telecamere magari per un secondo non abbiano immortalato i sabotatori, questa potrebbe anche essere un strategia degli investigatori per farli sentire al sicuro e quindi in grado di commettere un passo falso. Nel frattempo, l’imprenditore Ivo Boscarol continua nel suo “no comment” perché le forze dell’ordine, che stanno indagando sulla questione, gli hanno messo il silenziatore. Eppure, secondo quanto riferisce il “Primorski Dnevnik”, lo stesso Boscarol si è lasciato andare a una dichiarazione alle televisione slovena. Che suona piuttosto sibillina. «Prima o poi - le sue parole tradotte in italiano dal Primorski - verremo a conoscenza di chi non vuole che ce ne andiamo in Italia». E questa affermazione non fa altro che confermare che i sospetti sono tutti indirizzati in Slovenia. Non a caso, nei giorni scorsi, annotavamo come Boscarol avesse più di qualche "nemico" in patria. Forse proprio per la decisione di aprire lo stabilimento in Italia e non in casa sua. E registrammo le parole delle forze dell'ordine: «La Slovenia è a pochi passi». Accantonata, oramai, l'ipotesi delle bravata, ovvero che gli autori possano essere stati dei delinquenti comuni, persone che non sapendo come passare le proprie serate hanno deciso di spaccare le vetrate di uno stabilimento in costruzione. 12 Mille persone sulla Majestic. Prove a mare tutte superate (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Giulio Garau - In mille a bordo della Majestic Princess per concludere con successo le pesanti prove a mare. È rientrata ieri mattina alle 7.30 al cantiere di Panzano la gemella della Royal e della Regal, la più grande nave da crociera mai realizzata in Italia dalla Fincantieri. E da quanto si è saputo dal cantiere la nuova ammiraglia che si sta completando a Panzano commissionata dal gruppo Carnival per la società armatrice Princess Cruises, ha completato con grande soddisfazione tutti i test fatti in navigazione. Sette giorni di prove molto dure come richiede il protocollo di sicurezza previsto per queste navi sempre più grandi, ma al tempo sempre più sofisticate e dotate di tecnologie che le rendono sempre più sicure e confortevoli. E come ha confermato anche Fincantieri le prove a mare sono andate «molto bene e dal punto di vista tecnico sono stati svolti tutti i test previsti contrattualmente per l’accettazione». È stata verificata dunque la tabella della velocità, dei consumi, con risultati corrispondenti alle previsioni. Tra le prove principali quella dell’«endurance», ovvero la resistenza nelle diverse manovre tra cui il crash stop ovvero la manovra di arresto forzato. Questa, secondo i manuali, viene eseguita o mettendo all’improvviso i motori indietro tutta (a massima velocità) mentre la nave sta procedendo a velocità di crociera, o ruotando gli azipod se ci sono (il sistema di propulsione a elica a passo fisso e giri variabili) per verificare la reazione dello scafo e le vibrazioni oltre che lo spazio di arresto. Tutte situazioni e condizioni “estreme” che si spera che la nave non debba mai subire in crociera ma che comunque deve riuscire a sopportare. E la Majestic è riuscita a sopportare molto bene queste situazioni di “condizioni estreme” durante gli impegnativi giorni di test iniziati il 4 gennaio scorso. A bordo, come detto all’inizio, almeno un migliaio di persone tra personale tecnico della Fincantieri, della società armatrice e del Registro di classifica. La nuova unità da crociera, che è stata pensata per il mercato cinese, comandata dal triestino Dino Sagani, si è spinta fino San Benedetto del Tronto con varie prove di velocità e nella profondità delle acque proprio al largo di San Benedetto del Tronto ha provato anche le ancore. Si tratta di un vero colosso, la Majestic infatti è una nave da 145mila tonnellate che potrà ospitare fino a 4mila 250 passeggeri e oltre 1500 membri di equipaggio. Un gigante bianco e azzurro che è stato varato quasi un anno fa, l’8 febbraio 2016, una data beneaugurante secondo la tradizione cinese. Una data scelta proprio perchè l’8 febbraio coincideva con il Capodanno di Pechino (lo scorso anno era l’anno della scimmia). E beneaugurante era stata anche la giornata di pioggia battente del giorno del varo. Majestic Princess è una nave pensata per i cinesi fino nell’animo e nella scelta degli intrattenimenti: sullo scafo anche il nome “Shèng Shì Gng Zh Haò”, che, scelto dagli impiegati di "Carnival plc's China", ha il significato di "Grand World" o "Grand Spirit". Prima di fare base a Shangai, la nave passeggeri trascorrerà comunque quasi due mesi in Mediterraneo. La crociera inaugurale, di cinque giorni, salperà il 4 aprile. Dal porto di riferimento di Shangai, Majestic Princess condurrà poi i suoi ospiti in crociere con destinazione Giappone e Corea, confermando l'elevata qualità delle soluzioni che hanno reso le sorelle maggiori "Royal Princess" e "Regal Princess", sempre costruite a Monfalcone. L’equipaggio della compagnia di navigazione dovrebbe completare l’imbarco a metà marzo mentre lo stesso comandante Sagani, che volerà ad Amsterdam e poi a Pechino, prenderà in mano la Majestic che già la sera del 31 marzo potrebbe arrivare a Trieste dove resterà ormeggiata alla Stazione Marittima per un’intera giornata. Il viaggio inaugurale partirà da Ravenna. 13 Irisacqua chiude lo sportello a Ronchi (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Luca Perrino - «Per necessità di riorganizzazione logistica, lo sportello commerciale di Ronchi dei Legionari rimane temporaneamente chiuso. Per qualsiasi informazione è attivo il numero verde 800 933 131, ricordando che per ogni richiesta è disponibile la modulistica sul sito aziendale www.irisacqua.it Le richieste possono essere inoltrate ad Irisacqua tramite e-mail, fax oppure on line dal web». Ecco cosa si son trovati davanti agli occhi gli utenti che, ieri, si sono presentati allo sportello ronchese di via Cau de Mezo dell’azienda di distribuzione dell’acqua potabile e della gestione del sistema fognario dell’Isontino. Una decisione che ha creato malumore e preoccupazione non solo tra i cittadini, ma anche fra gli amministratori pubblici. Lo sportello di Ronchi dei Legionari è l’unico presente nella bisiacaria e serve un bacino d’utenza di quasi 70mila abitanti. Per il momento non resta altro che andare a Gorizia, dove gli incaricati sono a disposizione del pubblico dal lunedì al giovedì, dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 14 alle 18, venerdì e sabato dalle 8.30 alle 12.30. Ciò che preccupa maggiormente è che questa scelta non si trasformi da temporanea in definitiva, depauperando il territorio di un altro presidio. La gestione dell’acqua potabile, nella cittadina, è di casa da quando, negli anni Settanta, era stato formato il Consorzio intercomunale acqua e gas. Ma il gas, purtroppo, è solo un ricordo e tanti sanno quali e quanti problemi ha creato la dismissione di questo ramo d’azienda. Sulla questione è intervenuto Diego Moretti, capogruppo del Pd in Consiglio regionale: «Ho ricevuto in questi giorni diverse segnalazioni – spiega – e in primo luogo chiedo ai vertici societari, visto che non si tratta della sede sociale ma di uno sportello a servizio del cittadino e delle aziende, di sapere se la chiusura è davvero temporanea o se essa è il prologo per una chiusura definitiva. Mi chiedo quale logica industriale e di rapporto con l’utenza abbia indotto a tale scelta, visto che tale sportello serve un bacino d’utenza di quasi 70mila abitanti? E viste le ripercussioni esterne e la natura pubblica della società (proprietari sono i Comuni, ndr), vorrei sapere se i sindaci del territorio sono stati informati di tale scelta. Spero che si tratti davvero di una chiusura temporanea, contingente rispetto a questioni organizzative interne, e che l’allarme sia ingiustificato». E aggiunge: «Diversamente sarebbe un precedente - dice Moretti - molto grave sul quale le istituzioni del territorio non potranno non mobilitarsi». E i sindaci lo hanno fatto subito. Livio Vecchiet reputa inaccettabile la chiusura e ha contattato Bolzan, mentre la collega monfalconese Anna Cisint ha provveduto a chiamare con urgenza l’amministratore delegato di Irisacqua Paolo Lanari. 14