Una persona va curata con amore sino al

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Una persona va curata con amore sino al
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Venerdì, 17 febbraio 2012
Sanità
Al San Matteo la tavola rotonda sul “fine vita”
in occasione della Giornata del Malato
“Una persona
va curata con amore
sino al momento
della sua morte”
“E’ fondamentale rinnovare in ogni
occasione la centralità della persona, anche nella malattia. Gesù
combatte il dolore: il suo esempio è
quello della positività della vita
vissuta nell’amore. Per questo dobbiamo sempre offrire dignità alle
persone che soffrono ed hanno bisogno di cure”. Sono alcune delle
riflessioni che il vescovo Giovanni
Giudici ha scritto nel messaggio
letto sabato 11 febbraio, nell’aula
Golgi del San Matteo, in apertura
del convegno dal titolo “Il fine vita:
sfida, problematica, speranza”. L’iniziativa è stata organizzata dalla
Diocesi di Pavia (in collaborazione
con il San Matteo, l’Asp e l’Università) in occasione della Giornata
mondiale del Malato. “Spesso si
arriva impreparati al momento del
fine vita – ha sottolineato, in apertura, il professor Giovanni Ricevuti -. E’ una situazione che coinvolge la persona destinata a morire, i
suoi familiari ed anche i medici
che assistono il malato. Per questo
è importante fare chiarezza su un
argomento così delicato”. Ettore
Filippi ha portato i saluti a nome
del San Matteo. “Il compito di chi
deve seguire una persona giunta a
conclusione della sua esperienza
umana – ha spiegato Filippi -, è
ancora più difficile di quello di chi
deve assistere un malato, seppur
grave”. Antonio Dal Canton, preside della facoltà di Medicina dell’Università di Pavia, si è soffermato
sulle difficoltà che incontra un medico nella sua professione. “Il medico ha a che fare con persone
profondamente colpite dalla malattia, sul piano fisico e morale- ha
affermato Dal Canton -. Con le risorse sempre più limitate che abbiamo a disposizione, non è facile
garantire un’assistenza costante ai
pazienti, anche quando si tratta di
malati terminali: un medico oggi è
chiamato soprattutto ad avere una
visione più aperta sulla comunità,
e non a limitarsi solo al rapporto
diretto con il malato”. Sergio Contrini, presidente dell’Asp, ha spiegato che “un operatore sanitario
deve essere garbato, anche nei piccoli gesti, verso le persone che soffrono: si deve accompagnare con la
speranza anche chi sta concludendo la sua vita. E’ quanto cerchiamo di fare ogni giorno nelle strutture dell’Asp, dove vengono curati
con particolare attenzione i soggetti più fragili e quelli giunti alla fase terminale della loro esperienza
umana”.
La professoressa Giovanna Ruberto, docente di bioetica, ha affermato “l’importanza di un rapporto
chiaro tra il medico ed il paziente,
ed anche tra il medico ed i familiari del malato: non deve mai esserci qualcosa di non detto, non chiarito, non citato. Ed è fondamentale anche trovare il tempo per parlare con i malati e con i loro cari: è
una battaglia di civiltà che si deve
avere il tempo di affrontare, in
una società come quella attuale
dove tutti vanno di fretta”.
Don Giovanni Lodigiani ha preso
spunto dalla lettera di San Paolo
ai Romani: “Noi siamo del Signore,
quando veniamo al mondo, durante la nostra vita ed anche nel momento della morte. E’ il Signore
dei morti e dei vivi: da Lui promana la forza verso un cammino di
fedeltà”.
Il professor Giampaolo Azzoni, docente di Diritto, si è soffermato
sulla proposta del testamento biologico, un disegno di legge attualmente in discussione in Parlamento. “Il biotestamento - ha spiegato
il prof. Azzoni - pone problemi di
ampiezza di contenuti, di vincolatilità e di attualità: quanto abbiamo
disposto qualche anno fa sulle cure
a cui vogliamo o non vogliamo sottoporci, oggi può non andarci più
bene”. Azzoni ha citato il caso di
Piergiorgio Welby (“che in piena
coscienza ha preso una decisione
“), evidenziando le profonde differenze con quello di Eluana Englaro. La tavola rotonda (seguita da
un folto pubblico, con la presenza
di molti medici e infermieri e anche di numerosi studenti) è poi
proseguita con interventi di carattere tecnico, dedicati alla cura dei
malati terminali.
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Mons. Giudici: “Gesù ci invita
ad “aprirci” alle persone malate
che hanno bisogno di noi”
La Messa all’istituto
Santa Margherita
celebrata dal vescovo
Il vescovo Giovanni Giudici ha celebrato venerdì 10 febbraio, all'istituto Santa Margherita di Pavia, la Santa Messa in occasione
della Giornata mondiale del
Malato. Oltre a Sergio Contrini, presidente dell'Asp, erano
presenti anche: il prefetto
Giuseppa Peg Strano Materia;
l’assessore comunale Massimo
Valdati; l’assessore provinciale Francesco Brendolise; il direttore medico della Fondazione Mondino, dottoressa Angela Moneta; il presidente dell’associazione VIP Viviamo in
Positivo, Pierluigi Boggeri;
l’associazione “Amici del Santa Margherita” con Claudio
Cantoni, Piero Colonna ed Edgardo Verzoni; il professor
Giovanni Ricevuti, dell’Università di Pavia; il direttore del quotidiano “La Provincia pavese”, Pierangela Fiorani; il direttore del settimanale diocesano “il
Ticino”, Alessandro Repossi; le superiore delle Comunità Canossiane di via Menocchio e corso Garibaldi; le consacrate dell'Ordo
Virginum, Laura Vaccari e Laura Necchio; i medici specializzandi e tirocinanti presenti al Santa Margherita; il direttore di presidio IDR Santa Margherita, dottor Marco Rollone con i medici
della struttura e il direttore della RSA “Mons. Francesco Pertusati”, dottor Neldo Antoniello; i volontari e le volontarie dell'AVULSS; il direttore generale dell'Asp Maurizio Niutta, con il
provveditore, dottor Luigi Noé, e i consiglieri di amministrazione
dell’Asp, Blandino Taccuso e Carlo Guerini.
La Santa Messa è stata accompagnata dai canti della corale
Santa Margherita.
Sull’altare, con il vescovo, il cappellano del Santa Margherita
don Domenico Doninotti, padre Mario Vigano, responsabile della
commissione diocesana per la sanità con il segretario della commissione, don Alberto Manelli.
Durante l’omelia, monsignor Giudici (prendendo spunto dalla pagina del Vangelo) ha ricordato l'invito che ci viene rivolto da Gesù di “aprirci” agli altri: un atteggiamento che aiuta anche le
persone malate che hanno bisogno di noi”. “Gesù ci è sempre vicino - ha ricordato mons. Giudici -. Noi dobbiamo essere vicino a
lui con la preghiera e con le nostre azioni quotidiane”.
“Ringraziamo il vescovo – ha sottolineato Sergio Contrini, presidente dell’Asp – che ha scelto ancora il Santa Margherita come
luogo in cui la Chiesa diocesana si ritrova a pregare nella Giornata mondiale del Malato e della Madonna di Lourdes. E’ un momento che coinvolge tutti, anche le persone più fragili come gli
ospiti del Santa Margherita. E’ significativo che quest’anno, come nelle edizioni precedenti, i rappresentanti istituzionali del
territorio abbiano scelto di partecipare: e mi riferisco anche ai
volontari, alle associazioni ed agli studenti. Tutti insieme concorrono al fatto che l’invito ad “aprirci” agli altri, presente nel Vangelo e sottolineato dal nostro vescovo, sia qualcosa di vissuto nella quotidianità e non resti semplicemente uno slogan. “Apriti” significa essere presenti in mezzo a chi è fragile ed aiutarlo ogni
giorno”.
Alessandro Repossi
([email protected])
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