Come in pieno giorno

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Come in pieno giorno
Beati
NOI
Anno Oratoriano
2015 •2016
Come in pieno
Diocesi di Cremona
Giorno
Percorso di progettazione e formazione per i GIOVANI
Come in pieno
Giorno
Sussidio formativo per i gruppi GIOVANI
Introduzione
“Beati noi! Sfide giovani per la vita” è il tema proposto dalla PG diocesana per
l’anno 2015-2016. Sullo sfondo intendiamo tenere lo sguardo fisso su alcuni
eventi ecclesiali che potranno consegnare molti stimoli anche alla pastorale giovanile: il Convegno di Firenze sull’umanesimo; il Sinodo per la famiglia, l’anno
giubilare e la GMG di Cracovia. Il filo conduttore che si dipana, riguarda proprio
la visione che dell’uomo emerge dal Vangelo e dalla prassi ecclesiale e che, con
accenti provocatori e graffianti si coagula nelle Beatitudini. Da anni si riflette sulla connessione, al tempo stesso faticosa e promettente, tra Oratorio e percorsi
giovanili, tra singole realtà e territori di alleanza più ampia, tra preti e laici nella
progettazione e nella condivisione delle proposte giovanili. In ballo c’è la capacità di credere ancora in proposte anche culturalmente forti e il desiderio di
testimoniare, oltre le stanchezze e le tattiche personali, che c’è una Chiesa che si
muove e cerca l’interlocuzione dei giovani. Lo strumento che consegniamo a chi
desidera riflettere, copiare, ritagliare, incollare… tenta qualche declinazione e
qualche affondo a partire proprio dalle Beatitudini: si sa che sono parole dure, a
tratti incredibili, eppure altrettanto realistiche e quotidiane. Certo stride l’accostamento della felicità con un elenco scioccante di debolezze che suscitano rabbia e senso di impotenza, tanto all’epoca in cui furono pronunciate, quanto oggi,
sulla zattera postmoderna cui – drammaticamente fuor di metafora – milioni di
persone cercano senza successo di aggrapparsi. Le Beatitudini con il loro carico
di paradosso forzoso rimandano al bisogno di una umanità nuova che nel Vangelo esce dalle alte sfere dell’utopico per entrare a pieno titolo nelle sfide che una
comunità nuova, profetica ed escatologica, riceve in consegna e vuole assumersi.
Nasce così anche per l’anno 2015-2016 “come in pieno giorno”, percorso dedicato ai gruppi giovanili: uno strumento sussidiario da assumere al livello che più
si desidera e può servire, dalla suggestione all’impiego puntuale. Il “pieno giorno” fa riferimento all’energia del sole che può ancora riscaldare di passioni e di
desideri i giovani, spesso confinati nell’anestesia di una prolungata adolescenza,
ma anche alla luce che proviene dal Vangelo: una luce che può essere discussa,
anche contestata, ma che di certo non può sembrare ad occhi onesti remissiva o
marginale; il “come” insinua il sapore anche della costruzione, dell’attesa, della
sfida che muove i suoi passi, ma che non si conclude né oggi né domani, perché
posta nell’orizzonte di Dio.
L’augurio è che queste pagine, in parallelo allo strumento “Domani è già qui”, dedicato alla pastorale formativa degli adolescenti, siano utili e come una scatola
di costruzioni possa essere apprezzata, montata e rimontata secondo le combinazioni che fantasia e realismo educativo suggeriscono.
A tutti e a ciascuno buon lavoro!
d. Paolo Arienti
Pastorale giovanile diocesana
Schema ragionato
“Come in pieno giorno” sviluppa le otto beatitudini matteane più la nona che
apre al resto del discorso della Montagna, immaginandole come altrettante colonne che possono provocare “emersioni” dal mondo più o meno liquido in cui si
è immersi. Si presenta agli educatori come uno scheletro di suggerimenti, rimandi e suggestioni, strumento aperto ed umile, ma anche ragionato secondo alcuni
passaggi:
0. La beatitudine e una sua possibile attualizzazione
1. Un commento educativo
2. Alcuni rimandi interni alla Scrittura
3. La vicenda storica di un testimone
4. Una serie di suggestioni culturali che interpellano a mo’ di esempio l’arte, la
letteratura, la cinematografia
5. Una rosa di suggerimenti operativi.
Alcune indicazioni
Le proposte catechistiche e formative rivolte ai giovani si sono moltiplicate negli
ultimi anni con alcune caratteristiche, dapprima innovative, poi sempre più condivise.
Sul piano dei contenuti l’aspetto saliente sta nel profilo culturale della proposta
che richiede il sapore della provocazione, la qualifica dei contenuti e la chiarezza
dell’esperienza vissuta.
Sul versante della forma i linguaggi che possono mediare i contenuti sono altrettanto importanti: il teatro, la musica, letture di brani letterari, spezzoni cinematografici, ballo…
La combinazione di questi fattori non sempre è facile. Richiede un tempo preciso di programmazione e di fantasia spesa sulla costruzione degli incontri, ma
soprattutto la consapevolezza che più del numero degli incontri e la loro concatenazione importerà la bellezza e la cura delle proposte. Non necessariamente
occorrerà coinvolgere un “nome di grido”, mentre sarà indispensabile la competenza.
Anche l’aspetto della comunicazione non andrà trascurato: le iniziative andranno accompagnate da alcune soluzioni tecniche (audio, collocazione dei relatori,
ambiente di accoglienza, grafica e impiego dei social) su cui è bene “mettere la
testa”, intavolare alcune collaborazioni e non lesinare qualche investimento.
Prima di partire: le parole di Firenze
Beatitudine e felicità chiamano in causa direttamente l’uomo e la visione che se
ne ha. Non c’è infatti felicità piena senza presa in carico di quanto rende l’uomo davvero uomo, nelle sue strutture essenziali e nelle sue infrastrutture di esistenza. La Traccia preparatoria al convegno ecclesiale di Firenze esplicita alcune
considerazioni preziose che possono riferirsi anche al mondo giovanile: come
una presa di coscienza di alcune tendenze antropologiche da un lato e, dall’altro,
come una nuova narrazione della proposta evangelica. Nella contemporaneità
l’uomo rischia molto: per lo smarrimento di un “senso” che lo orienti, per tanti
appiattimenti sul calcolo e sulla produzione, per il rischio di una esasperazione dell’individuo, esposto tragicamente alla solitudine se non alla concorrenza.
Queste linee intersecano anche il mondo dei giovani che si affaccia alla vita con
inquietudine, slancio, fatica e desiderio. È bene che, mentre si progetta un percorso formativo per i giovani, ci si interroghi sull’orizzonte umano che si vuole
proporre, alla luce della fede in Cristo Gesù.
Le ragioni della nostra speranza
Dalla Traccia preparatoria per il convengo ecclesiale di Firenze 2015 “In Cristo Gesù il nuovo umanesimo”
Se l’umano e il divino sono uno in Gesù Cristo, è da Lui che l’essere umano riceve
piena luce e senso. Questa profonda e gioiosa consapevolezza non può però essere la giustificazione per imporsi al mondo, quasi nella presunzione di “possedere” Cristo. Prima di tutto perché in noi stessi questa consapevolezza va sempre
risvegliata e rigenerata: per questo ci proponiamo di scrutare continuamente il
volto di Cristo, nel suo stare con i poveri e i malati, con i peccatori e gli increduli, accettando la sofferenza e vivendo un’autentica fraternità. Solo così potremo
annunciarlo a ogni essere umano, perché il metodo che Gesù ci ha consegnato
per diffondere il suo messaggio è quello della testimonianza. Se Gesù si è incarnato, accettando e facendo propri, al contempo, i limiti e le risorse dell’umano, è
da qui che dobbiamo partire, consapevoli del nostro limite ma anche della luce
che possiamo lasciar risplendere in noi. Quella luce Egli ha diffuso nel mondo il
mattino di Pasqua e donato alla Chiesa col fuoco di Pentecoste. E che sempre ci
meraviglia quando scopriamo che anche attraverso le nostre fragilità fatiche può
arrivare ad altri.
La meraviglia di questo dono sempre nuovo non è semplicemente un esercizio
intellettuale o un’attitudine estetica. Piuttosto, è una vera e propria conversione, cioè un «accompagnamento» dell’intelligenza e della ragione. Una «meraviglia credente» – come la chiamava don Giovanni Moioli: la stessa della donna
di Nazareth che pur domandandosi come umanamente sia possibile ciò che le è
annunciato, si lascia infinitamente rallegrare dalla notizia secondo cui ciò che è
impossibile agli uomini è possibile a Dio.
Dio incontra le periferie dell’umano con Gesù
Per queste ragioni sappiamo di dover cercare l’autenticamente umano non sul
piano delle idee, talmente alte e nobili da rischiare di restare astratte o, peggio,
degenerare in ideologie, bensì in Cristo Gesù, nel suo esser-uomo. Il suo concreto
vissuto umano rivela anzitutto Dio: in lui, nato povero a Betlemme, cresciuto nella quotidianità familiare di Nazareth, itinerante per le strade di Palestina, morto
innocentemente sulla collina del Golgota, Dio supera ogni distanza (si può dire
che trascende, perfino, la propria trascendenza), rendendosi visibile nella storia
comune degli uomini.
Gesù lo rivela con le parabole, con i gesti accoglienti e con quelli prodigiosi, con
il suo modo nuovo di pregare; lo indica presente nella vita degli uomini e delle
donne con cui s’incontra e cui rivolge l’attenzione. Ai suoi occhi costoro hanno
sempre un’importanza superiore rispetto a ogni pretesa dell’antica religione, le
cui consuetudini egli comunque rispetta. Ogni volta che un essere umano può
essere salvato o aiutato a vivere, egli infrange apertamente e senza esitare ogni
tabù, sconfinando continuamente nel cosiddetto “profano” e inaugurandovi la
visita di Dio: mangia coi pubblicani, dialoga con le prostitute, biasima i farisei e
confuta i dottori del tempio, entra nella casa di Zaccheo e si porta dietro l’esattore, come pure Pietro e altri uomini esperti nei vari mestieri umili dell’epoca e non
addetti al culto sacerdotale o a quello sinagogale.
A un fariseo come Nicodemo chiede di «rinascere», di ricominciare daccapo, incontrandolo non nell’atrio del tempio ma nella notte: andandogli incontro, cioè,
nell’oscurità dei suoi dubbi. Da quel momento in poi non c’è più un tempio in cui
celebrare il culto a YHWH, poiché il nuovo tempio è quello dello Spirito e della
Verità, come il Maestro insegna alla samaritana. Lui stesso è considerato un rabbì
“laico”, non della tribù di Levi. La parabola del buon samaritano lascia intuire
bene questa sua consapevolezza: capace di abitare la strada, come si addice a Dio
stesso, non rinchiuso e fermo in templi di pietre, ma in cammino col suo popolo.
La maggior parte dei suoi gesti pubblici sono operati in coerenza a un nuovo canone: «Il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato» (Mc 2,27). La legge
si radica nell’essere amati e si attua nell’amare: «Gesù ha guardato alle donne e
agli uomini che ha incontrato con amore e tenerezza, accompagnando i loro passi
con pazienza e misericordia, nell’annunciare le esigenze del Regno di Dio» (Sinodo dei Vescovi 2014). E, così, Dio si rivela in una suprema tensione verso l’uomo:
Dio è per l’uomo, si mette al servizio dell’uomo. Dio per primo – come s’intuisce
nella cosiddetta parabola del figliol prodigo (cf. Lc 15,20) – esce incontro all’uomo, lo raggiunge lì, dove si trova, persino nella lontananza estrema del suo peccato, nella precarietà della sua esistenza ormai minata dalla morte. L’uomo è la
periferia presso la quale Dio si reca in Gesù Cristo: al suo peccato non è opposto
un rifiuto sdegnoso, poiché ormai di esso Cristo accetta di farsi carico («Dio per
noi lo fece peccato»: 2 Cor 5,21).
Il verbo fatto uomo meraviglia di Dio
Tutto ciò non deve suonare come una bestemmia che contraddica l’annuncio biblico
del tre volte Santo, o che smentisca l’antico detto teologico secondo cui Dio è sempre il più grande (Deus semper maior, diceva nel medioevo sant’Anselmo d’Aosta).
Dio davvero è e rimane santissimo. Davvero è e rimane il più grande. Il racconto biblico è attraversato da questa permanente sovreccedenza di Dio, dove ogni
compimento supera sempre la promessa.
In quest’orizzonte Dio raggiunge il suo massimo in Gesù di Nazareth. Egli che è
già tutto, non ha altra via per superarsi se non quella di procedere senza termine in direzione dell’uomo, scegliendo di diminuire: se è già l’Altissimo, allora si
abbassa sino a terra; se è già il Signore, allora entra nella condizione del servo;
se è già pienezza, allora si svuota di Sé, rinuncia alle sue divine prerogative e
abbraccia la morte (cf. Fil 2,6-8). Dio, nella carne umana di Gesù Cristo, ridiventa
ancor più Se stesso, com’è annunciato nel Nuovo Testamento: Cristo Gesù «pur
essendo Figlio, imparò l’obbedienza dalle cose che patì» (Eb 5,8), cioè visse in
una forma del tutto inedita la sua stessa figliolanza (“obbedienza” significa biblicamente, appunto, l’ascolto che il Figlio presta al Padre). Per questo possiamo
affermare che in Cristo Gesù proprio l’uomo è quel semper maior di Dio. I Padri
della Chiesa antica l’avevano ben compreso. Si pensi a Sant’Ireneo: «L’uomo vivente è la gloria di Dio», o a Teofilo di Antiochia mentre dialoga con chi non credeva in Cristo: «Tu mi dici: mostrami il tuo Dio ed io ti dirò: mostrami il tuo uomo
e io ti mostrerò il mio Dio». La meraviglia inaudita non è aver conosciuto un Dio
tanto potente e grande verso cui elevarci, tanto buono e misericordioso per cui
consolarci, quanto un Dio la cui potenza e bontà l’hanno condotto a svuotarsi per
sposare l’umanità. Con Gesù non ci troviamo, però, dinanzi a un uomo che brama
di primeggiare sugli altri uomini («Tra di voi non sia così», dice il Salvatore ai suoi
discepoli secondo il racconto dei vangeli sinottici, in Mt 20,24-28, Mc 10,41-45
e Lc 22,24-27), bensì a un uomo che è nella condizione umile e umiliata del condannato. La kenosis, lo svuotamento di sé, l’uscita da sé, è il primo paradigma di
un umanesimo nuovo e “altro” e la via paradossale di un’autentica libertà, capace
di costruire fraternità. Non si tratta però, come molti superficialmente ritengono,
di accettare una visione vittimistica e, forse, pessimistica dell’umano. Si tratta
piuttosto di uscire dallo schema mondano vincitori/vinti, per assaporare su un
piano diverso la bellezza della lieta notizia: mentre è inchiodato sulla croce (sul
legno), e dunque sconfitto agli occhi del mondo, Gesù viene anche innalzato da
terra e ricondotto alla gloria del Padre (cf. Gv 8,28 e Fil 2,9-11). Nella vicenda
pasquale del Crocifisso Risorto ogni uomo ferito, reietto, rifiutato, emarginato,
scartato, è anche “più uomo”, abbracciato nella figliolanza del Figlio, vivificato
dal suo stesso Spirito che torna a gridare gioioso nel cuore di molti: «Abbà, Padre» (cf. Rm 8,15-16 e Gal 4,6).
In Gesù Cristo, dunque, la verità dell’uomo è manifestata al pari di quella di Dio.
Essa, tuttavia, non è immediatamente evidente. Difatti, quest’umanesimo segnato dal paradosso non è scontato e ovvio; occorre discernerlo dentro le pieghe e le
piaghe della storia, come esige il Vangelo di Gesù che, alla domanda di chi chiede
al Figlio dell’Uomo «quando mai ti abbiamo visto?», risponde: «Ogni volta che
l’avete fatto a uno di questi fratelli più piccoli» (Mt 25,37-40).
Una nuova possibilità per l’uomo
In tale prospettiva, nella vita di Gesù possiamo rintracciare le due direttrici principali di un sempre nuovo umanesimo: la cura e la preghiera. La cura, innanzitutto: se
ne parla già nella conclusione dell’Invito, che cita l’episodio evangelico della moltiplicazione dei pani e dei pesci . Dal loro «immobilismo rinunciatario» i discepoli
sono sollecitati da Gesù a scuotersi: «Date voi a loro da mangiare». Non c’è nulla di
miracolistico in questa richiesta, apparentemente inattuabile. Se si leggono nell’originale greco i racconti evangelici delle guarigioni compiute dal Figlio di David,
ci si accorge che spesso la voce verbale usata per dire che Gesù guariva coloro
che incontrava è terapéuo, che significa letteralmente curare, prendersi cura. La
cura, dunque, esercitata secondo lo stile di Gesù, è una coordinata imprescindibile dell’esser-uomo come lui. Essa significa custodire, prendersi in carico, toccare, fasciare, dedicare attenzione, proprio come faceva Gesù, allorché si fermava a
cogliere il grido del cieco nato o del lebbroso o della cananea che lo rincorrevano
per strada, o quando cercava di incrociare lo sguardo dell’emorroissa in mezzo alla
calca, o quando soccorreva il paralitico sempre da tutti emarginato presso la fonte
di Betzaetà. E come ancora il cristianesimo fa sin dai suoi inizi, con lo sguardo e
l’attenzione che Pietro e Giovanni rivolgono al paralitico presso la Porta Bella del
Tempio, o con la testimonianza di Paolo che si fa compagno di strada di tutti, senza
riserve e senza parzialità di alcun genere, sottoponendosi alla legge e al contempo proclamandosi un fuori legge, facendosi debole e servo di tutti. «La comunità
evangelizzatrice – ha scritto a tal proposito papa Francesco – si mette, mediante
opere e gesti, nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino
all’umiliazione se è necessario, e assume la vita umana, toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo [...] il suo sogno non è riempirsi di nemici, ma piuttosto che
la Parola venga accolta e manifesti la sua potenza liberatrice e rinnovatrice» (Evangelii gaudium 24). La preghiera, inoltre, non meno della cura: esercizio non semplicemente devozionale, bensì comprensione e interpretazione e quindi – come
si legge già nell’Invito – occasione «di ascolto, di confronto e di discernimento».
Nella preghiera sono tradotti in invocazione ogni grido d’aiuto, ogni fatica, persino
ogni apparente bestemmia, ma anche ogni «grazie», tutto comprendendo alla luce
del Vangelo, tutto vedendo con lo sguardo di Dio, tutto ascoltando con le orecchie
di Dio – per dirla con una suggestiva espressione di don Divo Barsotti –, affinché
la cura non si risolva in mera filantropia. Ogni autentica liturgia, del resto, con le
sue preziose riserve di contemplazione, è una cura orante e, al contempo, una preghiera efficace. E la stessa vita familiare ha bisogno di nutrirsi di questo linguaggio
della gratitudine e dell’affidamento, per rigenerare e far fiorire i legami tra i suoi
membri. La cura e la preghiera sono i due modi in cui Gesù stesso vive la propria attitudine a mettersi – gratuitamente e per puro dono – in relazione con gli altri e con
l’Altro, con i suoi conterranei e contemporanei non meno che col Padre suo. E se
la cura costituisce la traduzione dell’identità filiale nella fraternità con gli uomini,
la preghiera costituisce a sua volta il fondamento della capacità di realizzare una
radicale condivisione di tutto con tutti.
Tempo
ordinario
1
Beati i miti,
2
Beati i puri di cuore,
3
Beati gli operatori di pace,
4
Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli
perché erediteranno la terra
perché vedranno Dio
perché saranno chiamati figli di Dio
L’altro
Il potere
Gli affetti
La pace
Come in pieno
Giorno
BEATI NOI! Sfide giovani per la vita
1
Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli
L’altro
TEMPO ORDINARIO
Appunti per gli educatori
Il Vangelo proclama felici quanti lasciano spazio all’altro e all’Altro, non si credono autosufficienti, cercano Dio nella loro vita e fuori di sé, nella logica del dono
gratuito; quanti intuiscono che scoprirsi dipendenti, anche bisognosi, limitati e
addirittura poveri non è una maledizione, bensì una benedizione. Anche la fede
nel Dio di Gesù Cristo è una forma di povertà: per accogliere Dio occorre non
sostituirsi a lui, accettare la giusta misura di sé, riscoprirsi destinatari di una “grazia” che non rende schiavi, ma chiede all’uomo di essere se stesso. Ed è proprio
l’esperienza di una gratuità originaria, di un dono costitutivo che sta alla base
della fede cristiana. Fuori dall’orizzonte della grazia non sarebbe comprensibile
l’annuncio cristiano di un Dio amore, che si fa prossimo, sino all’annientamento
della croce. A chi cerca questa dimensione della vita, la scopre e la custodisce, è
fatta la promessa del cielo, sinonimo di una pienezza che non passa. La prima beatitudine ha il coraggio di sgomberare la scena da equivoci pesanti: nessuna concorrenza tra Dio e uomo, nessuna dimostrazione di dignità da dover strappare dal
basso; al contrario la dichiarazione di una povertà di spirito, di cuore, di essenza
vera che rende possibile la visita del Dio che salva. L’alternativa sarebbe l’idolo,
che né salva né promette libertà. L’uomo che la prima beatitudine immagina felice, non è né Prometeo né Narciso: in queste figure che riassumono tanti aspetti
anche della cultura contemporanea, non c’è spazio per la fede, perché piuttosto
c’è sospetto, gara, chiusura. Al cuore della proposta del Vangelo c’è l’annuncio
straordinario di un amore che non richiede tasse e che offre un percorso libero e
forte di vita. Ci si deve però chiedere se questa prospettiva non sia solo teorica,
magari anche una bella suggestione: ha senso vivere così? Gli adulti ci credono?
Per noi è davvero meglio ospitare, accogliere, percepirsi bisognosi o inseguire
altri obiettivi?
Oggi secolarizzazione e laicità – intese ormai come valori non negoziabili – sembrano disposte ad offrire asilo alla lontananza dalla fede, a partire dall’assunto
che questa presa di distanza si batte nell’interesse comune contro il totalitarismo
e la violenza della fede e a favore dello sviluppo dei diritti individuali. Nel frattempo l’idolo si è formato. Nella postmodernità non è più Prometeo il primo santo
del calendario non religioso, come voleva Marx; e nemmeno Dioniso, come voleva
Nietzsche. È Narciso: la legge erotica della libertà che si risolve nella appropriazione di se stessa. Oggi l’ideale umanistico ha un mito di riferimento: Narciso, l’eterno
adolescente. Narciso si sottrae al pensiero della generazione come al sacrificio del
lavoro creativo. Mentre Prometeo è ribelle verso gli dei, ma si sacrifica per gli uomini, Narciso è indifferente agli dei e agli uomini. Rivolgendosi costantemente su di
sé, Narciso conduce la sua affettività all’anestesia. Narciso non lavora, non pensa,
non rischia: è uomo/donna di immagine, non di parola. Prometeo e Dioniso sono
violenti, conflittuali, trasgressivi, sono contro la religione e l’etica. Narciso invece è
un dio-ragazzino, un po’ impasticcato e un po’ ingenuo: ha solo bisogno di amore.
Ma la noia e la disperazione prodotti in lui sono una miscela esplosiva. Il vitello
d’oro oggi si forma qui.
P. SEQUERI, Contro gli idoli postmoderni, Torino 2011, pp. 73-78 passim.
la scrittura si legge con la scrittura
I riferimenti alla povertà in spirito nella Scrittura sono davvero molteplici ed accompagnano soprattutto le figure centrali della Bibbia: coloro che ascoltano la
Parola e si lasciano chiamare, sperimentano la condizione di una singolare povertà, che narra la forza dello Spirito. E spesso alla povertà interiore fa eco in loro
anche una essenzialità di condizione, di tratto, di appartenenza sociale. Solo per
citarne alcuni: Abramo e la sua vocazione (almeno Gn 12, 15, 22); il profeta Elia
(tutto il ciclo, ma soprattutto 1Sam 19); Maria di Nazaret cui è annunciata la prima
beatitudine neotestamentaria (Lc 1-2); i primi passi di Paolo di Tarso (At 9). Molto
significativa potrebbe essere la lettura del racconto di Caino ed Abele, in cui la
gratuità della scelta dell’Altro (Dio) suscita la distruzione del fratello.
volti beati nella storia
Benedetta della Croce e l’“empatia”
Teresa Benedetta della Croce (Breslavia, 12 ottobre 1891 – Auschwitz, 9 agosto 1942), Edith
Stein, di origine ebraica, si convertì al cattolicesimo dopo un periodo di ateismo che durava
dall’adolescenza, venne arrestata in Olanda dai
nazisti e rinchiusa nel campo di concentramento
di Auschwitz-Birkenau dove, insieme alla sorella Rosa (anch’ella monaca carmelitana scalza)
trovò la morte. Nel 1998 papa Giovanni Paolo
II l’ha proclamata santa e l’anno successivo l’ha
dichiarata compatrona d’Europa. Membro della facoltà a Friburgo, si dedicò anche all’attività
politico-sociale, impegnandosi nel Partito Democratico Tedesco a favore del diritto di voto delle donne e al ruolo nella società
della donna che lavora. Era considerata la discepola più promettente di Husserl,
uno dei massimi esponenti della fenomenologia del ‘900. Letta l’autobiografia
della mistica santa Teresa d’Avila, durante una vacanza nel 1921, abbandonò
formalmente l’ateismo e si convertì. A causa delle persecuzioni dei nazisti che
infuriavano contro gli Ebrei, fu costretta a rinunciare al suo posto di assistente di
Husserl. Il 12 aprile 1933, alcune settimane dopo l’insediamento di Hitler al cancellierato, Edith Stein scrisse a Roma per chiedere a papa Pio XI e al suo segretario di stato - il cardinale Pacelli, già nunzio apostolico in Germania e futuro papa
Pio XII - di non tacere più e di denunciare le prime persecuzioni contro gli ebrei.
Dopo la conversione, lesse e tradusse S. Tommaso e perfezionò il cuore della sua
proposta filosofica che si salda con l’esperienza cristiana: il concetto di “empatia”
(Einfühlung), relazione empatica, comunione. L’empatia diviene come la struttura
fondamentale dell’essere umano, chiamato radicalmente ad essere-con, ad accorgersi dell’orizzonte dell’altro e ad accoglierlo in sé. La spiritualità carmelitana
avrebbe fatto il resto: la Croce sarà per Edith il vertice dell’empatia, nella forma
del dono di Cristo: l’espropriazione, massima lontananza dalla metafisica del sé
che da filosofa fenomenologa Edith aveva contestato anni prima come troppo
arida e distaccata dai processi vitali della conoscenza e della coscienza.
Nella riflessione della Stein (Il problema dell’empatia, Scientia Crucis) l’uomo è
ricco proprio perché povero, bisognoso, esposto: chiamato alla relazione e ritrovare nell’altro la verità di sé. L’amore fraterno cristiano ed il sacrificio di Cristo
sono per la Stein pienezza di questo desiderio, di questa struttura interiore.
contributi culturali
un’opera d’arte
Narciso di Caravaggio
Narciso è un dipinto a olio su tela (112x92) generalmente attribuito a Caravaggio dallo storico dell’arte Roberto Longhi,
sebbene se ne sia discussa l’attribuzione. Fu dipinto all’incirca tra il 1597 e il 1599. È conservato nella Galleria Nazionale
d’Arte Antica a Palazzo Barberini in Roma. Nei secoli la figura
cantata da Ovidio nelle Metamorfosi è divenuta oggetto di
molte interpretazioni. Il Narcisismo è inteso comunemente
come affezione dello spirito, chiusra e ripiegamento su di sé,
autoreferenzialità. Nell’opera di Caravaggio Narciso si specchia nell’acqua e secondo il mito l’innamoramento di sé lo
porterà ad annegare nel tentativo di possedersi.
L’Annunciazione di Leonardo
Olio e tempera su tavola (98x217 cm), attribuito a
Leonardo da Vinci, databile tra il 1472 e il 1475 circa e conservato nella Galleria degli Uffizi di Firenze.
L’angelo benedicente plana ai piedi della Vergine
che con una mano indica l’umiltà del lavoro quotidiano, con
l’altra accoglie quasi in gesto di resa la volontà divina su di
lei. Il mistero della libertà dell’uomo e della volontà salvifica
di Dio si saldano nel colloquio delicato e pieno dei due personaggi.
un libro
P. SEQUERI, Contro gli idoli postmoderni, Torino 2011
G. RAVASI – A. SOFRI, Beati i poveri in spirito, perché di essi è
il regno dei cieli, Torino 2012
un film
Uomini di Dio
Regia di Xavier Beauvois, Francia 2010.
La vicenda dei monaci cistercensi di Tibhirine che nel 1996
vengono sequestrati ed eliminati dalla follia estremista in
Algeria. Una pellicola struggente, che mette in scena la delicatezza della carità, il dramma della scelta, la forza eucaristica del sacrificio certo non fine a se stesso, ma capace di
feconda povertà.
La settima stanza
Regia di Márta Mészáros, Ungheria 1995.
L’esistenza sorprendente di E. Stein, prima filosofa e poi monaca carmelitana, uccisa ad Aushwitz e proclamata da Giovanni Paolo II compatrona d’Europa.
un luogo
Visita ad un monastero ed incontro-testimonianza con una
figura vocazionale. Possibile tema della visita: la scelta della
fede e la storia di uno di noi.
passi operativi
Domande da suscitare
La fede è atto irrazionale? Quale felicità nell’essere poveri in spirito? Qual è il paradigma moderno oggi diffuso e difeso? Quale rilevanza ha nella vita di un giovane la povertà/la fede? La fede è sempre sinonimo di minorità? Come valutare la
contraddizione delle beatitudini, in cui tutto sembra rovesciato? È solo una follia
idealizzata? Quale idea/modello di uomo convince e “paga” di più?
Possibili modalità
• Confronto con un ospite sull’esperienza della fede; ascolto e dibattito.
• Confronto con un ospite sul tema dell’altro: “fratello o nemico?”.
• Incontro biblico a partire da un personaggio della Scrittura.
• Contributi da “Stento a crederci” sulla fede (DVD 1, puntate 1 e 2, anche su
YouTube).
• Proiezione di un film (o spezzoni) e dibattito.
Suggerimenti per la conduzione dell’incontro: collocare in vista le due opere d’arte indicate, aprire l’incontro con alcuni accenni letterari (preparati da uno o più
lettori), suscitare alcune domande per il dibattito, introdurre la biografia di E.
Stein e consegnarla per la lettura personale, suggerire qualche lettura.
2
Beati i miti,
perché erediteranno la terra
Il potere
TEMPO ORDINARIO
Appunti per gli educatori
Il Vangelo proclama felici quanti scelgono l’equilibrio dell’ascolto e dell’amore
e non si lasciano ingannare dalla violenza: sono coloro che ridisegnano il potere
nella forma dell’amore. In eredità avranno la terra, quasi a dire che ci sarà futuro
solo nella mitezza. Dentro la mitezza sta la questione cruciale del potere e della
sua gestione. I miti non sono coloro che rinunciano idealisticamente al potere,
come in un sogno astratto: sono al contrario coloro che convertono il potere nella
forma alta e plastica del servizio, ne fanno l’orizzonte in cui si muovono, il terreno su cui appoggiarsi. L’essere umano nasce dotato di un potere che dice i suoi
desideri, i suoi limiti, ma anche il suo campo di azione: la mitezza plasma questa
azione rendendola feconda, aperta, costruttiva, amorevole. La rende “cura” rispettosa.
Chi sono i miti? La mitezza sembra essere propria di chi sopporta e ciò è innegabile
(..). costui però non sopporta perché sia un debole e neppure perché un forte contro
cui la furia rabbiosa si infrange… Piuttosto il suo è un sapere, una forma di consapevolezza: basata sul presupposto che la violenza trova in sé il suo antidoto, perché
– come il male – è energia che divora se stessa.
(S. Givone)
la scrittura si legge con la scrittura
Nel Nuovo Testamento Gesù è il prototipo della mitezza. Basti leggere Mt 1: nel
cuore della drammatica discussione sull’identità di Gesù, l’evangelista colloca
la autoproclamazione di Gesù mite ed umile. La mitezza ritorna accanto ad altre
virtù soprattutto nei cataloghi delle lettere neotestamentarie (cfr. Gal 5 e Ef 6).
volti beati nella storia
Piergiorgio Frassati e la contraddizione
degli stili
Cresciuto in una famiglia alto borghese e poco unita, attenta più all’apparenza che all’essere, all’avere
più che ai sentimenti, Pier Giorgio Frassati portò la
tempesta nella sua casa (la santità è sempre “rivoluzionaria”). Invece di adeguarsi a quello stereotipo
di esistenza sterile, lui si oppone e pur continuando, a differenza di un san Francesco d’Assisi, a vivere fra le pesanti mura domestiche, segue ugualmente un cammino diverso.
La sua breve, ma intensa esistenza, fu la realizzazione, nel quotidiano, dello straordinario nell’ordinario. In occasione della sua beatificazione, avvenuta il 20 maggio 1990, il «Times» di Londra gli
dedicò un articolo in prima pagina. Ma perché tanto interesse per questo ragazzo
ricco, bello, intelligente, dalla vita normale, che non ha fondato né istituti, né
scuole, né congregazioni religiose?
Pier Giorgio nasce a Torino il 6 aprile 1901. Cresce in una città di inizio secolo
piena di ricordi storici e sabaudi; da poco è stata defraudata del suo titolo di capitale, qualche torinese si è addirittura suicidato per questo, eppure è piena di
vitalità, di voglia di produrre e di pensare: da un lato troviamo l’industria, in particolare quella automobilistica e dall’altro intellettuali che fanno della città un laboratorio di idee. La Chiesa locale vanta di fronte al mondo la sua santità sociale
(Giuseppe Cafasso, Giuseppe Benedetto Cottolengo, Giovanni Bosco, Francesco
Faà di Bruno, i marchesi di Barolo…).
Giovanni Paolo II, grande ammiratore di Pier Giorgio, lo definì il ragazzo delle
otto beatitudini: «Ad uno sguardo superficiale, lo stile di Pier Giorgio Frassati,
un giovane moderno pieno di vita, non presenta granché di straordinario… In lui
la fede e gli avvenimenti quotidiani si fondono armonicamente, tanto che l’adesione al Vangelo si traduce in attenzione ai poveri e ai bisognosi». L’entrata all’Istituto Sociale dei padri Gesuiti è un momento decisivo. Padre Lombardi
gli consiglia la comunione quotidiana, con la grande disapprovazione materna,
e d’ora in poi l’eucaristia sarà il centro della sua vita. A 17 anni entra a far parte
della Conferenza di San Vincenzo, assumendo così un impegno costante di carità.
In casa Pier Giorgio non viene compreso: non si capisce perché preferisca recitare
il rosario quotidianamente in una casa dove non si prega, perché non ambisca ad
occupare un posto di rilievo nella società come invece suo padre ha sempre fatto
raggiungendo il successo. È il giovane che invece di studiare, come i suoi genitori
vorrebbero per raggiungere presto la laurea in ingegneria, «bighellona» con gli
amici della San Vincenzo, della Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana),
del Partito Popolare di don Luigi Sturzo, nel convento dei padri domenicani, nelle sacrestie delle chiese per servire messa, «perdendo» continuamente tempo
prezioso e invece di pensare ai doveri di un rampollo del suo rango si occupa di
preghiere, di celebrazioni eucaristiche, di letture spirituali e come non bastasse
alla legazione italiana di Berlino, dove suo padre è ambasciatore, ruba i fiori nelle
sale di rappresentanza per portarli sulle tombe della povera gente.
Un posto tutto particolare nella sua vita lo occupa l’amicizia. Negli anni del Politecnico dà vita ad un gruppo di ragazzi e ragazze che vivono con serenità e rispetto il valore dell’amicizia: «La Società dei tipi loschi». Ogni membro, «lestofanti»
e «lestofantesse», prendono un nome, Pier Giorgio sceglie «Robespierre». Voglia di vivere e spirito goliardico aleggia fra gli amici di Frassati per poter «servire
Dio in perfetta letizia». L’impegno sociale e politico, contro il Regime fascista, lo
schiera tra le fila del Partito Popolare italiano. Il suo impegno politico e sociale fu
una diretta conseguenza del suo modo di sentirsi cristiano: non gli era sufficiente
aiutare i poveri, andare nelle loro misere soffitte, nei tuguri dove la malattia e la
fame si confondevano nel dolore, non gli bastava portare ai diseredati una parola
di conforto, carbone, viveri, medicinali e denari, voleva dare una soluzione a quei
problemi di miseria e di abbandono e la politica gli parve la via idonea per fare
pressione là dove si decideva la giustizia. Durissima fu la sua lotta contro il fascismo, una realtà che respirò anche a casa sua: il padre venne anche perseguitato
per la battaglia, condotta sulle colonne del suo giornale, contro il Regime.
La morte lo rapisce, rapidissima. Viene colpito dalla poliomielite fulminante. Sei
giorni appena per corrodere quel fisico sano e forte di 24 anni. E ancora una volta la famiglia non lo comprende: tutti sono attenti all’agonia dell’anziana nonna
Ametis, non accorgendosi della gravità del suo male. Non un lamento uscirà dalla sua bocca, non una richiesta. Le grandi incomprensioni svaniscono: Alfredo
Frassati è di fronte alla bara del figlio “ribelle”, alla quale rendono omaggio, con
suo sconcerto, migliaia e migliaia di persone e di poveri della Torino semplice e
umile. Tutti presenti non per i meriti del nome Frassati, ma per Pier Giorgio, solo
per ciò che lui e lui solo ha rappresentato e qualcuno scoprirà dopo che quel giovane pronto a soccorrere tutti era il figlio del senatore e direttore de La Stampa.
Proprio da qui Alfredo inizia a scoprire l’identità di Pier Giorgio, la sua grandezza
umana e spirituale. E il lungo tempo della prova condurrà lui, non credente, alla
conversione.
Quattro giorni dopo la morte del figlio, Alfredo scrive a sua madre, Giuseppina
Frassati, una lettera colma di strazio, un tormento che perdurerà ancora 36 anni,
fino alla morte: «Avevo troppo nel mondo: fino a 57 anni ho avuto tutto. Ora sono
il più povero dei poveri. Mendico nel mondo, nessuno può darmi anche la minima
parte di quello che mi fu tolto».
contributi culturali
un’opera d’arte
Il ritorno del figlio prodigo di Rembrandt
Dipinto a olio su tela (262x206 cm), databile al 1668 e conservato nel Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo, è una
delle raffigurazioni più potenti e celebri della parabola di Lc
15. La luce, le scelte dei vestiti, le posture dei personaggi, gli
occhi e le mani del Padre... tutto è codice di benedizione e di
vita nuova, nella forza del perdono.
Adorazione dei pastori di Gherardo Delle Notti
Secondo lo stile caravaggesco del chiaroscuro, l’opera concentra il fulgore della meraviglia a partire da Gesù appena
nato, mentre i pastori, Maria e Giuseppe contemplano l’accaduto. L’opera è datata 1622 ed è conservata nel Wallraf-Richartz Museum di Colonia.
un libro
A. D’Avenia, Quel che inferno non è, Milano 2014
Tre i protagonisti dell’ultima opera di D’Avenia: don Pino Puglisi, lo studente Federico e l’Inferno, che mescolano la loro
rispettiva biografia tra le strada infuocate del quartiere Brancaccio di Palermo.
S. GIVONE – R. BODEI, Beati i miti, perché avranno in eredità
la terra, Torino 2013
un film
L’Avvocato del Diavolo
Regia di Taylor Hackford, con Al Pacino e Kevin Lomax, USA
1997
La drammatica vicenda di un avvocato di successo che vende l’anima al diavolo e si vede distruggere l’esistenza nelle
sue dimensioni più sacre e profonde. Straordinario Al Pacino
nella parte di Milton, sotto le cui sembianze si nasconde il
Demonio.
un luogo
Visita ad una comunità residenziale (di recupero o di accoglienza). Possibile tema della visita: il potere del servizio
nell’esperienza concreta di una o più storie; un nuovo inizio
e una nuova fiducia.
testimonianze che riscrivono le Batitudini
Trasmissione “Beati voi” su Sat2000
http://www.tv2000.it/beativoi/video/3-puntata-beati-i-miti-perche-erediteranno-la-terra
• Intervento della scrittrice Susanna Tamaro - min 6
• Testimonianze di Marzia Caciopoli e don Maurizio Patriciello, dalla Terra dei fuochi – min 40
passi operativi
Domande da suscitare
È scontato che “potere” sia una qualità dell’umano, della vita. Ma quale potere è
davvero generativo? Tutto è possibile, legittimo?
Possibili modalità
• Incontro con un testimone di una vicenda di perdono o di cambiamento di vita.
• Tavola rotonda su esperienze di servizio nella comunità: amministrazione, società civile, volontariato…
• Incontro biblico: lectio dell’inno cristologico di Filippesi 2 (al centro l’annuncio
cristiano della kenosi).
• Incontro artistico-culturale a commento di alcune opere d’arte che esprimono il
tema della beatitudine.
• Incontro parrocchiale o interparrocchiale alla scoperta delle azioni di “cura”
presenti sul territorio.
Suggerimenti per la conduzione dell’incontro: collocare in vista le due opere d’arte indicate, aprire l’incontro con alcuni accenni letterari (preparati da uno o più
lettori), suscitare alcune domande per il dibattito, introdurre la biografia di P.
Frassati e consegnarla per la lettura personale, suggerire qualche lettura.
3
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio
Gli affetti
TEMPO ORDINARIO
Appunti per gli educatori
Il Vangelo proclama felici quanti liberano la propria interiorità dalle scorie del
possesso egoista. Questa è per Gesù la via per poter guardare in faccia Dio: rendere puri gli affetti perché nessuna creatura sia schiava. Considerare pure le cose,
ovvero destinatarie non di atti di rapina e violenza, bensì di dono, è il cuore della
castità. Non si tratta di mera astensione né di arcigno moralismo, ma di un orientamento fondamentale dell’essere: rispetto alle cose, alle persone, alla corporeità. Ci lasciamo provocare a proposito dalle parole di papa Francesco:
Io non vorrei fare il moralista ma vorrei dire una parola che non piace, una parola
impopolare. Anche il Papa alcune volte deve rischiare sulle cose per dire la verità.
L’amore è nelle opere, nel comunicare, ma l’amore è molto rispettoso delle persone,
non usa le persone e cioè l’amore è casto. E a voi giovani in questo mondo, in questo mondo edonista, in questo mondo dove soltanto ha pubblicità il piacere, passarsela bene, fare la bella vita, io vi dico: siate casti, siate casti. Tutti noi nella vita
siamo passati per momenti in cui questa virtù è molto difficile, ma è proprio la via
di un amore genuino, di un amore che sa dare la vita, che non cerca di usare l’altro
per il proprio piacere. è un amore che considera sacra la vita dell’altra persona: io
ti rispetto, io non voglio usarti, io non voglio usarti. Non è facile. Tutti sappiamo le
difficoltà per superare questa concezione “facilista” ed edonista dell’amore. Perdonatemi se dico una cosa che voi non vi aspettavate, ma vi chiedo: fate lo sforzo di
vivere l’amore castamente.
E da questo ricaviamo una conseguenza: se l’amore è rispettoso, se l’amore è nelle
opere, se l’amore è nel comunicare, l’amore si sacrifica per gli altri. Guardate l’amore dei genitori, di tante mamme, di tanti papà che al mattino arrivano al lavoro
stanchi perché non hanno dormito bene per curare il proprio figlio ammalato, questo è amore! Questo è rispetto. Questo non è passarsela bene. Questo è - andiamo
su un’altra parola chiave – questo è “servizio”. L’amore è servizio. è servire gli altri.
(Intervento di papa Francesco a Turin for Young, 21 giugno 2015).
La purezza di cuore ha quindi a che fare con la castità e ne costituisce lo “sguardo
operativo e propositivo” che riguarda la percezione di sé, degli altri e delle cose
della vita. Uno sguardo puro riguarderà così anche il mondo della professione e
delle relazioni, assomigliando molto alla giustizia e alla carità; riguarderà anche
la percezione del tempo, assomigliando alla gratuità.
la scrittura si legge con la scrittura
Le affermazioni di Gesù sulle compromissioni affettive sono gravi e forti: basti
pensare alla polemica contro il ripudio e l’adulterio del cuore di Mt 5,27; altrettanto lo sono i gesti di liberazione che Cristo compie, come nel caso della sventata lapidazione ai danni della donna adultera (Gv 8).
volti beati nella storia
Una coppia che ha saputo generare
Luigi Beltrame era nato a Catania il 12 gennaio
1880; a Roma studia Giurisprudenza. Qui conosce
Maria Luisa Corsini. Una ragazza piena di doti: colta,
sensibile e raffinata, amante della letteratura e della
musica, a vent’anni aveva già pubblicato un saggio
su Dante Gabriele Rossetti e i preraffaelliti.
Le nozze vengono celebrate nella Basilica di S. Maria Maggiore il 25 novembre 1905. L’anno seguente
nasce il primo figlio, Filippo, seguito da Stefania (nel
1908), Cesare (1909) ed Enrichetta (1914). Entrambi avevano a cuore i problemi
della società e della nazione: animatori dei gruppi del Movimento di Rinascita Cristiana, avevano aderito anche al Movimento “Per un mondo migliore” di P. Lombardi. Luigi fu amico di Don Sturzo e di Alcide De Gasperi; senza mai prendere
una tessera di partito, esercitò l’apostolato nella testimonianza cristiana offerta nel
proprio ambiente di lavoro, nella profonda bontà che ebbe nel trattare con tutti,
soprattutto i “lontani”, nella sollecitudine costante verso i bisognosi che bussavano quotidianamente alla loro porta di casa, in Via Depretis, sul colle Viminale.
Lei, infermiera volontaria della Croce Rossa, durante le due guerre si prodigò per
i soldati feriti; catechista attivissima per le donne del popolo nella parrocchia di
S. Vitale, organizzò i corsi per fidanzati, autentica novità pastorale per quei tempi,
quando il matrimonio veniva considerato come qualcosa di scontato, che non esigeva approfondimento nè preparazione. Maria svolse anche un’intensa opera di
apostolato con la penna: appoggiò la nascita dell’Università Cattolica del S. Cuore,
accanto a P. Agostino Gemelli e Armida Barelli.
Non è certo possibile riassumere in poche righe la straordinaria vicenda umana e
spirituale dei coniugi Beltrame Quattrocchi. La loro esistenza di sposi fu un cammino di santità, un andare verso Dio attraverso l’amore del coniuge. Mezzo secolo di
vita insieme, senza mai un attimo di noia, di stanchezza, ma conservando sempre il
sapore continuo della novità. Il loro segreto? La preghiera.
Nel 1917 divennero terziari francescani e nel corso della loro vita non mancarono
mai di accompagnare gli ammalati, secondo le loro possibilità, a Loreto e a Lourdes
col treno dell’UNITALSI, lui come barelliere, lei come infermiera e dama di compagnia.
Il loro esempio, la loro profonda vita di fede, la pratica quotidiana del pregare in
famiglia ebbero di certo i propri effetti sui figli, che si sentirono tutti e quattro chiamati dal Signore alla vita consacrata. Non senza ragione, perché “la famiglia che è
aperta ai valori trascendenti, che serve i fratelli nella gioia, che adempie con generosa fedeltà i suoi compiti ed è consapevole della sua quotidiana partecipazione al
mistero della Croce gloriosa di Cristo, diventa il primo e il miglior seminario della
vocazione alla vita di consacrazione al Regno di Dio”, come giustamente ha sostenuto il Giovanni Paolo II nell’Esortazione Familiaris Consortio (n. 53). Nel progetto
di Dio il matrimonio è vocazione alla santità e offre tutti i mezzi per raggiungerla.
contributi culturali
un’opera d’arte
Adamo ed Eva e la tentazione
L’affresco di Michelangelo risale al 1510 ca. e fa parte
dell’imponente ciclo pittorico della Sistina. La plasticità dei
corpi dei progenitori (raffigurati oltre ogni moralismo nella
bellezza del canone classico) si riflette nella scena che narra,
come in un continuo, la tentazione, la caduta e la cacciata.
un libro
M. TWAIN, Il diario di Adamo ed Eva, Viterbo 2000
Il celebre romanziere dedica una avvincente e fiabesca ricostruzione diaristica alla coppia dei progenitori, “tipo” del
maschile e del femminile, sino agli ultimi istanti di vita. Un
linguaggio accattivante ed insolitamente concreto per recuperare l’origine e la struttura degli affetti fondamentali.
S. MANNUZZU – G. FOFI, Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio, Torino 2012
CONSULTORIO UCIPEM-FOCR, That’s Amore, 2 Voll., Cremona 2013
Nei due contributi pubblicati in sinergia negli ultimi anni
sono raccolti approfondimenti di riflessione e spunti operativi sul tema dell’affettività, come sintesi di diversi percorsi
offerti agli Oratori della diocesi.
unfilm
Match Point
Regia di Woody Allen, con Jonathan Rhys-Meyers, USA 2006
Il maestro di tennis Chris si trova fortuitamente inserito nella
high society londinese e si riscopre protagonista di una serie
di sotterfugi ed equilibrismi affettivi, come la palla da tennis
che per un soffio può cadere dal net dalla parte giusta. Ma la
sua vita tragica, sospesa tra finzioni affettive e tradimenti,
non potrà conservarsi per sempre.
un luogo
Visita ad una famiglia. Possibile tema della visita: la narrazione di un’esperienza di generatività, oggi.
testimonianze che riscrivono le Batitudini
Trasmissione “Beati voi” su Sat2000
http://www.tv2000.it/beativoi/video/6-puntata-beati-i-puri-di-cuore
• Marco Palano, operatore Unità di strada di ascolto delle
prostitute – Roma – min 41
• Senatore Puglia, sulla trasparenza della politica – min 1:30
passi operativi
Domande da suscitare
Quali pensieri e idee sono in circolazione sugli affetti, la sessualità e sull’amore? Quale dimensione dell’amore si vorrebbe vivere con maggiore libertà? Ci si accorge della
equiparazione tra amore e sue versioni edonistiche, disimpegnate, prive di futuro?
Quali desideri e sogni è possibile coltivare oggi sugli affetti? E sulla loro stabilità?
Possibili modalità
• Incontro con un ospite sugli aspetti culturali e psicologici degli affetti, oggi.
• Incontri su tematiche specifiche legate all’affettività e alla sessualità.
• Incontro sulla generatività e sulla scommessa della famiglia oggi.
• Incontro-testimonianza sulla corporeità e il suo valore (il corpo nell’arte, nella
danza…).
• Recuperare alcune declinazioni della Beatitudine in “Beati voi” di Sat2000
Suggerimenti per la conduzione dell’incontro: collocare in vista l’opera d’arte suggerita, aprire l’incontro con alcuni accenni letterari o giornalistici (preparati da uno
o più lettori), suscitare alcune domande per il dibattito, suggerire qualche lettura.
4
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio
La pace
TEMPO ORDINARIO
Appunti per gli educatori
Il Vangelo proclama felici quanti costruiscono percorsi di pace e rifiutano la violenza come logica di risoluzione dei conflitti. Secondo Gesù chi opera la pace,
possiede una parentela stretta con Dio, ne diventa addirittura figlio. Nella visione
biblica la pace è dono del Signore e si configura come shalom, equilibrio, armonia, altra cosa rispetto alla assenza provvisoria di conflitto o al fatale armamento
considerato strategico rispetto alla pace. Shalom ha a che fare con il posto rispettato di tutti e con il riconoscimento di un processo, di una costruzione. La pace
evangelica non esiste come valore in sé, ma si dà come scelta, stile e processo.
Nella Beatitudine si intuisce una connessione strettissima tra l’operare la pace e
l’essere generati da Dio: due facce della stessa shalom. E come si è figli e si diventa contemporaneamente tali, così si è chiamati alla pace e ci si compromette
per la sua costruzione.
la scrittura si legge con la scrittura
Le affermazioni di Gesù sulle compromissioni affettive sono gravi e forti: basti
pensare alla polemica contro il ripudio e l’adulterio del cuore di Mt 5,27; altrettanto lo sono i gesti di liberazione che Cristo compie, come nel caso della sventata lapidazione ai danni della donna adultera (Gv 8).
volti beati nella storia
Lo stile e le scelte: Salvo D’Acquisto
Di carattere mite e silenzioso era attaccatissimo ai
suoi ed amava la disciplina ed il lavoro. Maturò la sua
personalità dentro un percorso di fede e dal 1939
prestò servizio nell’Arma dei Carabinieri. Le sue doti
di bontà ed il senso cristiano della vita risplendono nell’atto eroico di Palidoro (Roma), allorché, Vice-Comandante della locale stazione dell’Arma, si
offrì come vittima innocente per salvare la vita a 22
ostaggi che stavano per essere fucilati. Salvo D’Acquisto nacque a Napoli il 7 ottobre 1920. Nel 1939
si arruolò nell’Arma dei Carabinieri, segnalandosi
per le sue qualità. Pur vivendo in un’epoca alquanto difficile era caratterizzato da
ottimismo e gioia di vivere. Aspirava a formarsi una famiglia. Di lui si conservano ancora le bellissime lettere scritte alla sua fidanzata. Le sue doti di bontà ed il
senso cristiano della vita risplendono nell’atto eroico di Palidoro (Roma), allorché,
Vice-Comandante della locale stazione dell’Arma, si offrì come vittima innocente
per salvare la vita a 22 ostaggi che stavano per essere fucilati.
Dopo l’8 settembre del 1943, un reparto di SS si era installato in una caserma abbandonata della Guardia di Finanza sita nella Torre di Palidoro, presso la località di
Torrimpietra. In tale caserma, la sera del 22 settembre, alcuni soldati tedeschi, rovi-
stando in una cassa, provocarono lo scoppio di una bomba a mano: uno dei militari
rimase ucciso e altri due furono gravemente feriti. L’episodio, del tutto fortuito, fu
attribuito dai tedeschi ad un attentato dei partigiani.
La mattina dopo, il comandante del reparto tedesco, recatosi nella Stazione di Torrimpietra per cercare il comandante della locale stazione dei Carabinieri, vi trovò
il vice brigadiere D’Acquisto, al quale ordinò di individuare i responsabili dell’accaduto. Il giovane sottufficiale tentò senza alcun risultato di convincerlo che si era
trattato solo di un tragico incidente. L’ufficiale tedesco fu irremovibile e promise
una rappresaglia esemplare.
Poco dopo, Torrimpietra fu circondata e 22 cittadini innocenti furono rastrellati,
caricati su un camion e trasportati presso la Torre di Palidoro. Il vice brigadiere Salvo D’Acquisto, resosi conto che stava per accadere l’irreparabile, affrontò una seconda volta il comandante delle SS, nel tentativo di ricondurlo ad una valutazione
oggettiva dell’accaduto. La risposta fu: “Trovate i colpevoli”! Alle rimostranze del
giovane sottufficiale, l’ufficiale nazista reagì in modo spietato. Gli ostaggi furono
costretti a scavarsi una fossa comune, alcuni con le pale, altri a mani nude. Visto
questo gesto Salvo D’Acquisto si autoaccusò come responsabile dell’attentato e
chiese che gli ostaggi fossero liberati. Subito dopo la liberazione degli ostaggi, il
vice brigadiere venne freddato da una scarica del plotone d’esecuzione nazista.
Contributi culturali
un’opera d’arte
Angelus Novus
“C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca
aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo
aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto.
Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle
sue ali, ed è cosi forte che egli non può più chiuderle. Questa
tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge
le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al
cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta”.
W. Benjamin, Angelus novus, 1962, pp. 76-77
un libro
P. COSTA, La lista del console. Ruanda: cento giorni un milione di morti, Milano 2004.
La straordinaria vicenda del console onorario in Ruanda Costa nell’inferno dello scontro tra Uti e Tuzi e la sua risposta:
rischiare la vita per salvare il maggior numero di persone, di
entrambe le etnie.
A. RICCARDI – F. CASSANO, Beati gli operatori di pace, perché
saranno chiamati figli di Dio, Torino 2013
un film
Alla luce del sole
Regia di R. Faenza, con Luca Zingaretti, Italia 2005.
La pellicola – non senza alcuni adattamenti – narra la vicenda
di Pino Puglisi, impegnato nel quartiere Brancaccio di Palermo come sacerdote e testimone della verità e della legalità,
eliminato da una spedizione mafiosa.
un video musicale
Civil War, Guns’n Roses, Usa 1993
This is War, Thirty second to Mars, Usa 2009
un luogo
Sermig di Torino
Il “Servizio Missionario Giovani” è nato nel 1964 da un’intuizione di Ernesto Olivero e da un sogno condiviso con molti:
sconfiggere la fame con opere di giustizia e di sviluppo, vivere la solidarietà verso i più poveri e dare una speciale attenzione ai giovani cercando insieme a loro le vie della pace. Dai
“Sì” di giovani, coppie di sposi e famiglie, monaci e monache
è nata la Fraternità della Speranza, per essere vicini all’uomo
del nostro tempo e aiutarlo a incontrare Dio.
www.sermig.org
Comunità di S. Egidio di Roma
Nasce a Roma nel 1968, all’indomani del Concilio Vaticano
II. Oggi è un movimento di laici impegnato nella comunicazione del Vangelo e nella carità a Roma, in Italia e in più di
70 paesi dei diversi continenti. è riconosciuta dal Pontifico
Consiglio per il Laici come “Associazione pubblica di laici
della Chiesa”. è articolata in comunità sparse nel mondo, che
condividono la stessa spiritualità e i fondamenti che caratterizzano il cammino di Sant’Egidio: La preghiera, che accompagna la vita di tutte le comunità a Roma e nel mondo e ne
costituisce un elemento essenziale. La preghiera è il centro
e il luogo primario dell’orientamento complessivo della vita
comunitaria.
La comunicazione del Vangelo, cuore della vita della Comunità, che si estende a tutti coloro che cercano e chiedono un
senso nella vita. La solidarietà con i poveri, vissuta come servizio volontario e gratuito. L’ecumenismo, vissuto come amicizia, preghiera e ricerca dell’unità tra i cristiani del mondo
intero. Il dialogo, indicato dal Vaticano II come via della pace
e della collaborazione tra le religioni, ma anche come modo
di vita e come metodo per la riconciliazione nei conflitti.
www.santegidio.org
testimonianze che riscrivono le Batitudini
Trasmissione “Beati voi” su Sat2000
http://www.tv2000.it/beativoi/video/7-puntata-beati-gli-operatori-di-pace
• Testimonianza di Mario Boccia, fotografo di guerra – min 9
• Intervento di Monica Confraffatto, caporale dell’Esercito
Italiano reduce dall’Afganistan - min 19
• Testimonianza di Abba Mussie Zerai, sacerdote che si occupa in Svizzera della pastorale agli Eritrei, sulla fuga in massa
dalla dittatura eritrea – min 33
• Intervento di Corrado Formigli di “Piazza Pulita”, inviato tra
Turchia e Siria, e Adib Fatè Alì, curdo di Bagdad, giornalista –
min 1:00
• Le voci di un gruppo di donne ucraine – min 1: 17
passi operativi
Domande da suscitare
La storia è quasi inevitabilmente narrata e costruita sui conflitti e sulla vittoria
di poteri forti. Può esistere un altro modo di leggere la storia? La pace quali conversioni e stili richiede? È questione solo “alta” o riguarda anche le comunità più
locali, le cerchie più quotidiane? Quali informazioni abbiamo sugli “operatori di
pace” oggi?
Possibili modalità
• Incontro con chi ha vissuto esperienze di conflitto e può testimoniare la costruzione della pace (volontari, militari, giornalisti, operatori umanitari…).
• Incontro con alcuni rappresentanti di culture e tradizioni sul territorio.
• Attività di recensione della stampa e dei social sui conflitti in corso e sulle narrazioni di pace.
• Recuperare alcune declinazioni della Beatitudine in “Beati voi” di Sat2000.
Suggerimenti per la conduzione dell’incontro: collocare in vista l’opera d’arte suggerita, aprire l’incontro con alcuni accenni letterari o giornalistici (preparati da
uno o più lettori), suscitare alcune domande per il dibattito, suggerire qualche
lettura.
Avvento
e natale
5
Beati quelli che hanno
6 fame e sete della giustizia,
Beati gli afflitti,
perché saranno consolati
perché saranno saziati
7
Beati i perseguitati
per la giustizia,
perché saranno saziati
Il dolore
Il bene
I pregiudizi
Come in pieno
Giorno
BEATI NOI! Sfide giovani per la vita
5
Beati gli afflitti,
perché saranno consolati
Il dolore
AVVENTO-NATALE
Appunti per gli educatori
Il Vangelo proclama felici coloro che vivono la contrarietà del dolore, il grande
mistero antagonista. Viene promessa la consolazione: viene offerto di credere
nel futuro. L’afflizione è l’essere nel pianto perché colpiti e privati. Con ogni probabilità questa beatitudine è la più “universale”: narra della condizione in cui
ogni uomo si trova e rimanda l’interrogazione angosciata della creatura rispetto
al limite della vita. La nascita e lo sviluppo della teodicea – la riflessione sulla
conciliabilità razionale tra Dio, sua giustizia e male – affonda la radici in intuizioni molto antiche, trova un respiro esplicito in età moderna, resta tuttora una
questione “aperta”. Anche il cristianesimo non offre – ricorda Balthasar – una
soluzione teorica al male, soprattutto se visto dal versante dell’innocenza. Nel
mistero della croce intravvede l’ingresso “in Dio” anche della sofferenza: una
assunzione scandalosa che si coniuga con la promessa della Beatitudine, quella
della consolazione nel futuro di Dio.
la scrittura si legge con la scrittura
Il drammatico libro di Giobbe si erge come spartiacque nella grande narrazione
biblica rispetto ad approcci più tradizionali. Il grido del giusto che soffre resta
alto, rasenta la rottura, si riconcilia solo nella faticosa accettazione dell’alleanza
nelle mani di Dio. La tradizione sapienziale immaginava un senso educativo della
sofferenza, mentre Genesi nella grande eziologia delle origini incastona il male
nel mistero della libertà umana. Nel Nuovo Testamento il dolore è sganciato dalla
mera punizione ed assunto nell’orizzonte del destino di dono del Figlio (Mc 8 e i
racconti della Passione).
volti beati nella storia
Chiara Badano e la Luce della consolazione
(Savona, 29 ottobre 1971 – Sassello, Savona, 7 ottobre 1990)
Terminate le medie a Sassello si trasferisce a Savona dove frequenta il liceo classico. A sedici anni,
durante una partita a tennis, avverte i primi lancinanti dolori ad una spalla: callo osseo la prima
diagnosi, osteosarcoma dopo analisi più approfondite: Affetta dunque da un tumore osseo di quarto
grado, il più grave. Ha 17 anni. Inutili interventi alla
spina dorsale, chemioterapia, spasmi, paralisi alle
gambe. Rifiuta la morfina che le toglierebbe lucidità. Alcuni medici, non praticanti, riscoprono le domande della fede. La sua cameretta, in ospedale prima e a casa poi, diventa una piccola chiesa, luogo di incontro
e di apostolato: “L’importante è fare la volontà di Dio... è stare al suo gioco... Un
altro mondo mi attende... Mi sento avvolta in uno splendido disegno che, a poco
a poco, mi si svela... Mi piaceva tanto andare in bicicletta e Dio mi ha tolto le gambe, ma mi ha dato le ali...” Chiara Lubich, che la seguirà da vicino, durante tutta
la malattia, in un’affettuosa lettera le pone il soprannome di ‘Luce’. Negli ultimi
giorni, Chiara non riesce quasi più a parlare, ma vuole prepararsi all’incontro con
‘lo Sposo’ e si sceglie l’abito bianco, molto semplice, con una fascia rosa. Lo fa
indossare alla sua migliore amica per vedere come le starà. Spiega anche alla
mamma come dovrà essere pettinata e con quali fiori dovrà essere addobbata la
chiesa; suggerisce i canti e le letture della Messa. Vuole che il rito sia una festa.
Le ultime sue parole: “Mamma sii felice, perché io lo sono. Ciao!”. Muore all’alba
del 7 ottobre 1990. è “venerabile” dal 3 luglio 2008. è stata beatificata il 25 settembre 2010 presso il Santuario del Divino Amore in Roma.
Contributi culturali
un’opera d’arte
Il buon samaritano
In questo olio su tela del 1890 Van Gogh traspone la tappa
centrale della parabola lucana: il cielo plumbeo, il dinamismo continuo, il volto del samaritano molto somigliante a
quello del pittore che da poco si era ripreso da una malattia
e tentava di sfuggire al male oscuro della depressione.
un libro
L. SCARAFFIA – E. AFFINATI, Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati, Torino 2012.
H. U. VON BALTHASAR, Dio e la sofferenza, Roma 2010.
F. DOSTOEWSKIJ, I fratelli Karamazov, Roma 2015 (originale
russo completato nel 1880).
In particolare il dialogo sul senso della sofferenza tra i fratelli Ivan e Aliosa merita di essere riletto come provocazione e
rimando al dilemma che l’uomo avverte davanti alla contraddizione del male.
un film
Lo scafandro e la farfalla
Regia di Julian Schnabel, Francia 2007.
La vicenda di un giornalista libertino che si ritrova paralizzato e condannato a comunicare con l’esterno con l’uso del
solo movimento dell’occhio. Scafandro del palombaro e libera farfalla sono le metafore drammatiche di un pensiero che
vuole liberarsi dalla prigionia di un corpo diventato carcere.
un video musicale
Lettera dall’inferno, di Emis Killa
un luogo
Casa Famiglia presso le Suore Adoratrici a Rivolta.
Emanazione dell’Istituto Suore Adoratrici, accoglie disabili gravi e gravissimi, con menomazioni fisiche, psicofisiche
e sensoriali, privilegiando nell’accoglienza le persone a più
alto rischio di “abbandono”, di “emarginazione sociale ed
emergenze familiari”. www.casafamigliaspinelli.it
testimonianze che riscrivono le Batitudini
Trasmissione “Beati voi” su Sat2000
http://www.tv2000.it/beativoi/video/2-puntata-beati-gli-afflitti-perche-saranno-consolati
• Testimonianza del dott. Mario Melazzini, dottore che è rimasto paralizzato, e don Fabio Lorenzetti, direttore del centro riabilitazione don Guanella – min 56
• Testimonianza di Brando Pacitto, il Vale di “Braccialetti Rossi” – min 1:09
passi operativi
Domande da suscitare
Quali sono le reazioni davanti al dolore e al male? Prevale la fuga, il rifiuto? È
vero che il mondo giovanile è come anestetizzato al tema? Che impatto ha il male
sulla fede? A cosa la costringe?
Possibili modalità
• Incontro con chi ha vissuto un’esperienza di dolore.
• Lectio di alcuni brani dal libro di Giobbe e recupero della vicenda del libro
• Ascolto e commento di Lettera dall’inferno di E. Killa
• Incontro-testimonianza con operatori della sanità e della carità: racconti della
loro prossimità.
• Interfaccia con le proposte e la formazione dell’Ufficio per la Pastorale della
Salute.
• proposta dell’iniziativa FOCr “Soul is young”: i giovani che raccontano, con il
genere loro più consono, l’esperienza del dolore.
Suggerimenti per la conduzione dell’incontro: collocare in vista l’opera d’arte suggerita, aprire l’incontro con alcuni accenni letterari o giornalistici (preparati da uno
o più lettori), suscitare alcune domande per il dibattito, suggerire qualche lettura.
6
Beati quelli che hanno
fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati
Il bene
AVVENTO-NATALE
Appunti per gli educatori
Il Vangelo proclama felici quanti desiderano la giustizia o perché ne sono privati o perché la servono. Gesù chiede di perseguire il bene, averne fame e sete,
guardando al suo compimento e non solo alle sue limitazioni. Esistono infatti diverse tipologie di “giustizia” che lo sviluppo del diritto e delle scienze sociali ha
posto in evidenza. Il Vangelo insiste sulla qualità umana della giustizia, più che
sul suo tenore materiale: è una dimensione che genera bisogno, fame e sete e
che attende sazietà. La giustizia è così un “bisogno primario” come il nutrirsi per
sopravvivere. L’alternativa è “fare la fame”, “soffrire la sete”. La giustizia tende al
bene, quest’ultimo ne è il contenuto, l’obiettivo: non solo un “po’ per uno”, ma la
misura della verità e della bontà. Il paradosso della beatitudine spinge alla ricerca del bene e della giustizia, quasi in valore assoluto, a dimostrazione del fatto
che non ci si può fermare alla “mia” o alla “nostra giustizia”, ma si è richiamati ad
uno sguardo d’insieme, capace di soffrire il tutto. È questa la base per entrare in
delicate questioni quali l’economia, i diritti e i doveri, l’ecologia. La spiritualità
dell’Avvento accoglie con forza il tema della giustizia, proprio perché espressione pedagogica dell’escatologia cristiana: i profeti che si allenano all’attesa del
Giorno del Signore sono coloro che insistono sul fermento da giocare nell’oggi,
perché l’uomo credente non viva scisso. Questa tensione diverrà il “preparate la
strada del Signore” posta sulla bocca e nelle intenzioni del Battista e sarà come
il filo conduttore delle figure di giustizia che costellano l’avvento storico del Signore. Ragionare sulla giustizia, soffrirne i contorni spesso sbiaditi, desiderarne
il compimento e scegliere passi concreti di stili di vita è Avvento, è servizio al
Regno.
la scrittura si legge con la scrittura
La denuncia dei Profeti sui temi della giustizia e la sollecitazione a convertirsi
al vero bene, quello non parziale, attraversano tutta la Scrittura. Basti ricordare
le pagine di denuncia di Isaia (Is 1-2 ad es., ma anche la voce di Elia IN 1-2Re, la
vicenda umana di Geremia, lo stile di Osea e del Battista).
volti beati nella storia
Grazia Genga: non quanto si vive, ma come si vive!
Una ragazzina pugliese immigrata a Torino. Taciturna,
sottile. I lisci capelli castani incorniciano un volto straordinariamente espressivo.
Ha quasi 16 anni. Tra gli scioperi scolastici, l’intasamento delle macchine di via Nizza, le discussioni condotte con il linguaggio scanzonato dei giovanissimi,
sente nascere dentro un affetto tenero e prepotente
per Elio, 16 anni anche lui. Lo annota nel diario.
«Ieri sera è venuta a trovarmi Maria Rosa con un ragaz-
zo, boia cane, bello. Ha soltanto sedici anni, ma sembra un uomo fatto. Si chiama
Elio». Alcuni giorni dopo continua: «È un ragazzo che mi ha stupito in ogni senso.
Ieri sono uscita con lui e company. Ho avuto la conferma che Elio si è imbarcato
di me, e anch’io me ne sono imbarcata. Si potrebbe stare bene assieme. Ma io ho
paura». Qualche settimana dopo: «Domenica, ore boh! Il mio primo bacio d’amore. Ehi, sono all’undicesimo cielo!». Grazia è nata nel novembre 1958 a Stratte,
in provincia di Taranto. Papà e mamma vengono a Torino quando Grazia ha appena 10 anni. Prendono alloggio in un vecchio caseggiato con ringhiera nei pressi
della stazione ferroviaria di Porta Nuova. Papà lavora come operaio, mamma fa la
casalinga. Accanto a Grazia crescono tre fratelli, nell’alloggio stretto, pieno di letti e di nervosismo. Per la ragazzina l’impatto con la città è duro. Il lungo inverno
getta nelle strade di Torino nebbie dense, nevai grigi, piogge tristi. Quattro anni
di scontro silenzioso con questa distesa disumana di case, con i tappeti di automobili che lastricano le vie. Intanto ha scoperto un gruppo di ragazzi e ragazze,
nella parrocchia del Sacro Cuore: il gruppo si chiama «Camminiamo insieme».
Una ventina di ragazzi che, insieme a un pretino pallido, cercano di « camminare
insieme alla ricerca dell’amore», di «vivere il Vangelo» nel quartiere nero della
stazione dove ogni mattina il diretto da Siracusa sbarca famiglie di meridionali
con figli e scatole di cartone, e il racket della mano d’opera dirige il «mercato
delle braccia giovani».
Grazia è una ragazza moderna, viva. Ama la musica e le canzoni «scatenate», fa
tifo per il Cagliari, fa pallacanestro e pattinaggio artistico, vorrebbe esercitarsi in
atletica leggera. Legge romanzi di avventure e fumetti che la fanno «evadere».
Sulle pagine di un grosso quaderno, che battezza con nome buffo Pallino, Grazia
comincia a scrivere il suo diario. Registra le piccole cose di tutti i giorni, i pensieri
segreti, le emozioni. Parla con Pallino dei battibecchi con la mamma, degli incontri allegri con gli amici, degli avvenimenti gravi che scoppiano nella città ammalata di violenza. 27 mesi sfilano sereni e nervosi, punteggiati dalle parole limpide
che rivolge direttamente a Dio, gonfi dell’amore che Grazia sente crescere in sé
non solo per Elio ma per tutte le persone che le stanno attorno: «Incomincio ad
amare tutti. Voglio amare, ho bisogno di amare».
Papà si logora in fabbrica. Mamma fa i salti mortali per far bastare le lire. Il denaro
è una parola che batte e ribatte sulla vita di tutti. Grazia scrive: «Ho appena finito
di leggere un brano del Vangelo: “Guardate gli uccelli del cielo: non seminano,
non mietono, non raccolgono in granai, e il vostro Padre celeste li nutre”. Mi è
balzato alla mente il fatto che tutti lottiamo per il denaro. A volte mi domando
che cos’è questo denaro e a che cosa serve oltre che a dividerci in classi. Io sono
dell’idea che il denaro non dovrebbe esistere: tutti dovremmo esercitare onestamente un mestiere, lavorando e sacrificandoci gli uni per gli altri: ogni mestiere
la possibilità di un servizio. Sarebbe fantastico vivere come gli uccelli, sotto lo
sguardo di Dio!». I poveri. Una realtà che in quest’anno entrano violentemente
nella vita di Grazia, e la fanno pensare, maturare, diventare esigente. « Sono andata a trovare la signora C, una vecchia di ottantanni, ammalata. Mi è venuto un
colpo: non c’è. Veniamo a sapere che è ricoverata... L’anziano è un essere umano
come noi. Perché deve essere considerato un reietto? Ma con i tempi che corrono,
ognuno pensa ai “cavoli propri”. C’è molto egoismo.
Finisce il 1973. L’anno nuovo, l’ultimo anno intero nella vita di Grazia, sarà dominato da due elementi che calamitano i suoi pensieri: l’amore e la morte. Grazia si
trova all’improvviso con il cuore tenero per un ragazzo, Salvatore. Nella seconda
parte dell’anno scolastico sente un fastidioso nodulo alla spalla. Non passa. A
volte la fa soffrire. Non lo sa, ma è il primo annuncio del «sarcoma» che porrà
drammaticamente fine alla sua vita.
Finisce l’anno scolastico. Il fastidio alla spalla c’è sempre. A volte la fa piangere di
dolore, a volte si assopisce. Le visite mediche non concludono nulla. Nelle brevi
vacanze di Val Varaita accarezza un sogno grande per la sua vita: « Ho pensato al
mio paese, a Stratte, vicino a Taranto, alla mia gente, ai giovani soprattutto: mi sacrificherei tutta la vita per loro, in questo momento. Vorrei fare qualcosa: andare
giù, creare un gruppo, operare...».Mentre l’amore e il male oscuro crescono in lei,
Grazia vede con tristezza la violenza che si scatena, la vita che si fa più cattiva,
disumana. «Anche la voglia di ridere va perdendosi. Dappertutto nient’altro che
facce cupe». « Strage a Brescia. È pazzesco come aumenta la delinquenza nel
nostro paese. Ma che gusto ci trovano nell’uccidere la gente? Non si può vivere
così, è assurdo! Dovremmo essere soprattutto noi cristiani a lottare per la pace, la
giustizia, la libertà del mondo, e invece ci limitiamo a fare da spettatori, a esclamare: Come mi dispiace! Poverino! Che macello!».
Notte sul 17 marzo 1975. Grazia sussurra alla mamma che la veglia: «Vorrei parlare con padre Luca. Lo so che è notte, ma ti prego, mamma, chiamalo». Padre
Luca ricorda: «Il confratello che mi comunicò la telefonata mi disse: “Se fossi in
te non andrei. Sai come sono i malati. Ci andrai domani”. Mi ributtai sul letto, ma
dopo pochi minuti mi misi in strada, e raggiunsi l’ospedale come potei. Erano
passate le 3. Sapevo che Grazia era grave, ma non immaginavo che fosse alla fine.
Quando mi vede, fa: “Ah, ce ne hai messo del tempo. Ti aspettavo. Ho bisogno di
te. Sai, devo cambiare casa. Vado a casa mia. Mi capisci, vero?”. Ho risposto di sì,
che capivo. E ho ascoltato quella che avrebbe dovuto essere l’ultima confessione
di Grazia, e che è stata un’ultima dichiarazione di amore per Gesù, accompagnata
dal rammarico di non potere fare di più per Lui. E dopo qualche istante... ». Nel
diario di Grazia sono rimaste tre pagine bianche. Pochi giorni prima aveva scritto:
«Sono convinta che non conta quanto si vive, ma come si vive».
Contributi culturali
un’opera d’arte
La giustizia
Dopo anni di attribuzione alla bottega, la critica si riorienta
a riferire a Giotto l’affresco monocromo sulla Giustizia, databile al 1306 e facente parte della Cappella degli Scrovegni a
Padova. Giustizia regge nelle mani i due piatti di una bilancia
in cui si trovano a destra un angelo con la spada sguainata in
atto di colpire un malfattore e a sinistra un altro angelo che
incorona invece un saggio (quasi illeggibile).
un libro
FRANCESCO, Laudato si’, Roma 2015
L’ultima enciclica che il papa indirizza a tutto il mondo sulla
condizione e le prospettive della “casa comune” che è il pianeta, esposto alla violenza di tante ingiustizie e grettezze.
Utile anche il commento di Autori vari Curare madre terra,
Bologna 2015.
ASS. LIBERA, Cento passi verso un’altra Italia, Milano 2015
Aperto da un dialogo con don Ciotti, il testo ripercorre il tormentato rapporto tra Italia e Mafia, anche in zone ritenute
tradizionalmente lontane dalle infiltrazioni malavitose, per
indicare percorsi di convivenza e responsabilità civile.
G. PEREGO, Uomini e donne come noi, Milano 2015
Don Giancarlo ripercorre la situazione odierna circa il problema della migrazione, connettendolo alle due grandi interfacce: la paura e la cultura della solidarietà.
CARITAS-MIGRANTES, XXIV Rapporto Immigrazione “Migranti, attori di sviluppo”, Milano 2015
un film
Hotel Rwanda
Regia di Terry George, USA 2004.
Basato su di una vicenda drammaticamente vera, il film si
svolge nel contesto del genocidio ruandese nel quale gli
Hutu sterminarono brutalmente una parte rilevante della
popolazione Tutsi. L’Hôtel des Mille Collines di Kigali, capitale del Ruanda, fu trasformato dal direttore Paul Rusesabagina in un luogo di rifugio per oltre 1 200 Tutsi e Hutu.
un luogo
Montesole-Marzabotto (BO), oggi parco che conserva
la memoria dell’eccidio nazifascista del 1944.
www.parcostoricomontesole.it
testimonianze che riscrivono le Batitudini
Trasmissione “Beati voi” su Sat2000
http://www.tv2000.it/beativoi/video/4-puntata-beati-quelli-che-hanno-fame-e-sete-della-giustizia
• Intervento di Suor Laura sulla fame nel mondo – min 9
• La voce di don Beniamino Sacco, parroco di Vittoria (RG),
impegnato nell’accoglienza di profughi dall’Africa con una
rete di tre comunità – min 30
• Testimonianza di don Ciotti e del magistrato Catello Maresca, Direzione antimafia di Napoli – min 1:12
• Testimonianza di don Colmegna, sacerdote della diocesi di
Milano – min 2:24
passi operativi
Domande da suscitare
Quale coscienza abbiamo della giustizia nel mondo e delle sue sofferte vicissitudini? Quanto grande o ristretto è l’orizzonte nel quale conduciamo le nostre
esistenze? Quali scelte concrete possono abitare le nostre giornate rispetto ai
grandi (e falsamente lontani) temi legati alla giustizia e al bene comune, come
l’ecologia, la solidarietà, l’attenzione all’altro?
Possibili modalità
• Un incontro con un testimone impegnato nel campo della cooperazione o della
giustizia
• Una tavola rotonda sui temi della giustizia economica e della mondialità
• Una lettura con un ospite competente dell’enciclica di papa Francesco “Laudato
si’”
• Lectio su alcuni brani dei profeti e presentazione di alcune figure profetiche
antiche e contemporanee
Suggerimenti per la conduzione dell’incontro: collocare in vista l’opera d’arte suggerita, aprire l’incontro con alcuni accenni letterari o giornalistici (preparati da
uno o più lettori), suscitare alcune domande per il dibattito, suggerire qualche
lettura.
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Beati i perseguitati
per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli
I pregiudizi
AVVENTO-NATALE
Appunti per gli educatori
Il Vangelo proclama felici quanti soffrono discriminazione e dolore per la giustizia. A loro è dato il regno, il compimento di una vita piena. Gesù benedice quanti
esprimono con storie personali drammatiche il valore della giustizia e lo gridano al mondo. Solo in apparenza il paradosso della beatitudine sembra confinare
l’uomo povero nella sua miseria, relegarlo alla sofferenza fine a se stessa: chi è
perseguitato, è sì vittima, ma anche protagonista di una difesa e di una proclamazione onesta e coraggiosa della verità. Chi è perseguitato, esplicita sotto i colpi
della malvagità che c’è un bene che infastidisce e viene rifiutato e che il potere troppo semplice e troppo scontato degli uomini tende a calpestare la libertà
dell’altro. L’opposizione a scapito della giustizia, dell’equilibrio e del riconoscimento dell’altro come fratello e figlio, si alimenta di pregiudizi che soffocano la
libertà e ingabbiano in sguardi angusti e settari. La Beatitudine, facendo riflettere
su quel “per la giustizia”, denuncia il pregiudizio che deriva sia dalla carenza che
dall’esercizio della giustizia stessa: il Regno è dunque l’orizzonte in cui la “giustizia giusta” – oltre ogni retorica – può instaurarsi come anelito, come conversione,
come esercizio di responsabilità.
la scrittura si legge con la scrittura
La Bibbia è attraversata dal grande e drammatico filone del povero che subisce
ingiustizia e persecuzione, quasi come metafora forte e drammatica dell’intera
vicenda storica umana. I poveri di YHWH sono nell’Antico Testamento un tema
ricorrente, spesso destinatari della misericordia e della rivelazione di salvezza.
Israele stesso oscilla tra persecuzione subita e dimenticanza della salvezza. Il
pregiudizio frutto del potere colora di sangue diverse pagine dei due testamenti.
Qui indichiamo la vicenda di Giuseppe, sposo di Maria, coinvolto suo malgrado in
una vicenda di pregiudizio; Gesù stesso, testimone fedele, il crocifisso-risorto, e i
primi cristiani che in Atti, ma soprattutto nei potenti racconti di Apocalisse sono
incastonati nel dramma della persecuzione. Anche la vicenda di Caino ed Abele
(Gn 4), trasposizione ancestrale e eziologica del confronto-scontro tra le differenze fraterne, può essere utilmente letto come dramma dell’incomprensione e
del pregiudizio, attorno alla benedizione di Abele a scapito dell’offerta di Caino.
volti beati nella storia
Oscar Romero e la risurrezione nel popolo
(Ciudad Barrios 1917 – San Salvador 1980)
Dopo gli studi a Roma, diventa rettore del seminario
di San Salvador, direttore di riviste pastorali e segretario della Conferenza Episcopale dell’America Centrale
e di Panama. È un uomo che conta, conosciuto per la
sua posizione conservatrice e tradizionalista, spiritualmente molto vicino all’Opus Dei. Per questo sono in
molti a stupirsi ed a dispiacersi, quando nel 1970 diventa ausiliare del vescovo
“progressista” di San Salvador, perché si ha timore che il conservatore Romero
possa frenare l’azione innovativa intrapresa.
Timori e ostilità anche nel clero si manifestano maggiormente quando, nel 1977,
diventa a sorpresa arcivescovo di San Salvador, cui si contrappone la gioia del
governo e dei gruppi di potere, per i quali la nomina di questo vescovo quasi
sessantenne, tutto “spirituale” e completamente “dedito agli studi”, è la miglior
garanzia di un rallentamento dell’impegno per i poveri che l’arcidiocesi stava sviluppando con il predecessore. Ci sono cioè fondate speranze che con lui la Chiesa
di San Salvador si sciolga da ogni impegno sociale e politico, che la sua diventi
una pastorale “spiritualizzata” e dunque asettica, disincarnata, disinteressata ad
ogni evento politico. Così si interpreta il suo rifiuto della Cadillac fiammante e
del sontuoso palazzo di marmi che i proprietari terrieri subito gli offrono, come
anche la sua mancata presenza alla cerimonia di insediamento del dittatore.
Cosa avvenga di così deflagrante nella vita di Mons. Romero, da trasformare il
conservatore che tutti conoscono nel battagliero assertore dei diritti umani, non
è dato saperlo, anche se alcuni collegano questa sua “conversione” all’assassinio del gesuita padre Rutilio Grande, di cui era amico, avvenuto poche settimane
dopo la sua nomina. Non bisogna però dimenticare che Romero fin dagli anni giovanili aveva fama di sacerdote austero, con una profonda spiritualità, una salda
dottrina e un amore speciale per i poveri. Molto semplicemente, di fronte all’oppressione e allo sfruttamento del popolo, osservando gli squadroni della morte
che uccidono contadini, poveri e preti impegnati, il vescovo capisce di non poter
fare a meno di prendere una posizione chiara. Istituisce una Commissione per la
difesa dei diritti umani; le sue messe cominciano a diventare affollatissime; memorabili le sue denunce dei crimini di stato che ogni giorno si compiono.
Paga con un progressivo isolamento e con forti contrasti, sia in nunziatura che in Vaticano, la sua scelta preferenziale per i poveri: alcuni vescovi lo accusano di incitare
“alla lotta di classe e alla rivoluzione”, mentre è malfamato e deriso dalla destra
come sovversivo e comunista. “Nel nome di Dio e del popolo che soffre vi supplico,
vi prego, e in nome di Dio vi ordino, cessi la persecuzione contro il popolo”, dice
il 23 marzo 1980, nella sua ultima predica in cattedrale. Il giorno dopo, nel tardo
pomeriggio, un sicario si intrufola nella cappella dell’ospedale, dove Romero sta
celebrando, e gli spara dritto al cuore, mentre il vescovo alza il calice al momento
dell’offertorio. Aveva appena detto: “In questo Calice il vino diventa sangue che è
stato il prezzo della salvezza. Possa questo sacrificio di Cristo darci il coraggio di offrire il nostro corpo ed il nostro sangue per la giustizia e la pace del nostro popolo”.
Subito considerato come martire dal popolo salvadoregno, la causa della sua beatificazione inizia nel 1997 ma si arena subito in Vaticano, perché anche da morto
il vescovo ha i suoi nemici: pesa come un’ombra cupa sul suo operato l’accusa
di essere stato simpatizzante della Teologia della Liberazione, mentre chi lo ha
conosciuto bene continua a testimoniare che “Romero non era un rivoluzionario,
ma un uomo della Chiesa, del Vangelo e quindi dei poveri”.
Contributi culturali
un’opera d’arte
La caduta dell’angelo
di M. Chagall, 1923 – 1933 – 1947, Kunstmuseum - Basilea
Realizzato in tre periodi diversi, l’opera trasmette una potenza straziante. Tutte le figure nell’opera assumono un significato preciso: dall’ebreo che fugge per proteggere la Torah,
all’asino che urla impotente, fino al pendolo che precipita
come sono precipitati gli eventi e il tempo nella sua esistenza e in quella dell’umanità intera.
Gli amanti
di R. Magritte, 1928, Moma - New York
Magritte colloca nel tipico ambiente surreale onirico la relazione velata tra un uomo ed una donna. Molteplici i livelli
di interpretazione, accomunati dalla fatica di andare oltre la
corporeità che diviene come un diaframma rispetto all’interiorità dei protagonisti.
un libro
CARDINI F. – MURARO L., Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli, Torino 2012
SAKO L. R., Più forti del terrore. I cristiani nel medio oriente e
la violenza dell’Isis, Bologna 2015.
Il patriarca di Bagdad racconta con toni accesi la persecuzione subita dalla sua comunità all’avvento della follia fondamentalista dell’Isis.
KRISTEVA J., Stranieri a noi stessi, Roma 2014 (orig. francese
del 1988)
La linguista strutturalista francese indaga l’archetipo dello
straniero e la sua interazione con le paure e le angosce di
ciascuno, tra difesa ed accoglienza.
CASADEI R., Perseguitati perché cristiani. Milano 2015
Reportage di luoghi in cui le comunità cristiane soffrono la
persecuzione, condividendo la sofferenza con altre popolazioni locali. Schede di approfondimento e appendice fotografica.
un sito
L’immenso dramma della persecuzione soprattutto per motivi religiosi e specialmente a scapito dei Cristiani è in continua evoluzione. Cfr. il Dossier di Avvenire sul tema (questo
il suo link: http://www.avvenire.it/Dossier/Cristianofobia/
Pagine/default.aspx).
un film
Romero Regia di J. Duigan, USA 1989
La vicenda del Vescovo Romero raccontata da una potente
pellicola. Recuperabile anche il contributo culturale di Rai
Storia. Questo il link: http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/
puntate/monsignor-romero/764/default.aspx.
City of God Regia di Fernando Meirelles, Brasile 2002
Rio de Janeiro, dagli anni sessanta agli ottanta. La favela di
Cidade de Deus diventa il palcoscenico delle storie parallele di Buscapé e Dadinho. Entrambi tredicenni, sono però
mossi da ambizioni diversissime: il primo vorrebbe diventare
fotografo, il secondo il più temuto criminale della città. Se
Buscapé trova molti ostacoli nella realizzazione dei propri
sogni, Dadinho diventa rapidamente padrone della favela e
del narcotraffico con lo pseudonimo di Zé Pequeno. La morte
del suo braccio destro Bené e la violenza perpetrata ai danni
della fidanzata del mite Galinha innescheranno una guerra
tra bande dall’esito tragico.
un luogo
“Binario 21” - presso la Stazione Centrale di Milano, memoriale della Shoà in Italia (http://www.memorialeshoah.it/
italiano/progettomemoriale.html)
un video musicale
Mercanti e servi, Nomadi, Italia 1992
Le case di Mosul, The Sun, Italia 2015
testimonianze che riscrivono le Batitudini
Trasmissione “Beati voi” su Sat2000
http://www.tv2000.it/beativoi/video/8-puntata-beati-i-perseguitati-a-causa-della-giustizia
• Intervista di Scortino a Sharazad Houshmand, teologa Pontificia università gregoriana – Roma, e sua proposta di riscrittura - min 8
• Testimonianza di Lucietta Scaraffia, storica e giornalista
Università La Sapienza di Roma, sulle persecuzioni nella storia contemporanea - min 20
• Intervento di Bernardo Cervellera, direttore di Asianews sui
cristiani in Cina – min. 1:07.
• Reportage sulla fuga degli Eritrei: il caso di Roma – min 1:19
• Intervento di Giorgio Fornoni , giornalista, su Oscar Romero
– min 1:37
passi operativi
Domande da suscitare
Accanto alle provocazioni della precedente beatitudine: Che conoscenza abbiamo delle persecuzioni che per diverse motivazioni sono ancora radicate nel mondo? Quali canali seguire per garantirsi una minima ed efficace informazione?
Possibili modalità
• Visione e commento di uno dei video e/o testimonianze proposti
• Testimonianza di missionari, cooperanti e/o esperti di fondamentalismo
Suggerimenti per la conduzione dell’incontro: collocare in vista l’opera d’arte suggerita, aprire l’incontro con alcune provocazioni video, musicali, dati statistici o
letture dai testi indicati, lasciare suggerimenti di approfondimento.
tempo di
quaresima
8
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia
La misericordia
Come in pieno
Giorno
BEATI NOI! Sfide giovani per la vita
8
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia
La misericordia
QUARESIMA
Appunti per gli educatori
Il Vangelo proclama felici quanti esercitano un cuore aperto e ricco di perdono. Il
loro stile è come un seme che germina frutti di bene. Nel Vangelo la fonte della
misericordia è Dio stesso, poiché “amore” è il suo vero volto e nome: un amore
non banale, che si qualifica non per un presunto buonismo, ma per una radicale
capacità di dono. E il dono diviene fiducia, benedizione, riconoscimento. Nel delineare il volto dell’uomo così come il Discorso della Montagna lo profila e come
in particolare le Beatitudini lo costruiscono, la misericordia è quella chiave di
volta che fa assomigliare l’uomo a Dio e lo rende propriamente più uomo: perché
solo il “cuore grande” che perdona, sa imprimere alla storia altro futuro ed uscire dalla ciclicità della vendetta; sa aprire nuovi orizzonti e generare veramente
“cose nuove”. Queste le affermazioni di papa Francesco sulla preziosità di questo
tema, che chiama irresistibilmente ad una presa di posizione, ad una scelta: “La
prima verità della Chiesa è l’amore di Cristo. Di questo amore, che giunge fino
al perdono e al dono di sé, la Chiesa si fa serva e mediatrice presso gli uomini.
Pertanto, dove la Chiesa è presente, là deve essere evidente la misericordia del
Padre. Nelle nostre parrocchie, nelle comunità, nelle associazioni e nei movimenti, insomma, dovunque vi sono dei cristiani, chiunque deve poter trovare un’oasi
di misericordia” (Misericordiae Vultus, n. 12). Nella struttura della Beatitudine è
chiara la meta della misericordia: non una perdita, uno svuotamento, bensì un
“guadagno”, una “diffusione” dello stesso dono, nella promessa che ogni investimento di bene nell’oggi non andrà perduto. La potenza escatologica della beatitudine è forte: quanto sembra una sconfitta, una debolezza, una remissività mal
riposta, è la logica forte e libera del Vangelo.
la scrittura si legge con la scrittura
Anche per questo tema i riferimenti biblici sono immensi: dall’invito di Isaia alla
purificazione (la grande parenesi del capitolo 1) alle tre parabole della misericordia descritte in Lc 15. È bene richiamare l’attenzione anche alle parole conclusive
del Padre Nostro nella versione matteana che sfora sulla disponibilità al perdono
fraterno, come “condizione” del perdono divino.
volti beati nella storia
Leonella Sgorbati, volto di coraggio e perdono (Piacenza 1940 - Moga-
discio 2006)
Nasce a Gazzola, nel piacentino, nel 1940 e a 16 anni confida a mamma di voler
andare missionaria. “Ne riparleremo quando avrai 20 anni”, commenta mamma;
ma la ragazza non cambia idea. Entrata nelle Missionarie della Consolata, poi va
in Inghilterra a studiare da infermiera e solo nel 1970 realizza il suo sogno volando in Kenya. Come ostetrica sembra abbia fatto nascere 4000 bambini. L’ideale del “dare tutto” passa attraverso il suo “amare tanto”, si concretizza nell’
“amare tutti” e si traduce nel “perdonare sempre”, anche attraverso le fragilità
di ogni giorno. Lo testimonia oggi una consorella
tanzaniana, da lei educata al perdono nel momento tragico della morte violenta del proprio fratello:
“sei tu che devi cominciare a fare questo gesto di
perdono, non aspettare che tuo fratello si scusi”, le
dice, facendo chiaramente intendere che in questo
si sta esercitando, lei per prima, da tanto tempo.
A casa sua e in tutte le missioni in cui passa, sono
pronti a giurare che il suo biglietto da visita è il
sorriso. Se le chiedono: “Perché sorridi anche a chi
non conosci?”, invariabilmente risponde: “Perché
così chi mi guarda sorriderà a sua volta. E sarà un
po’ più felice”.
Dal 2001 inizia a fare la “pendolare” tra il Kenya
e la Somalia per iniziare anche qui una scuola per infermieri. Trova un paese
dilaniato da 10 anni di guerra civile, segnato da anarchia, carestia, morti senza
numero, campi profughi, banditismo ed in cui, di conseguenza, si è radicato un
fondamentalismo religioso che considera i missionari cattolici, specie se bianchi,
obiettivo privilegiato. Suor Leonella sa che per lei e le consorelle è pericoloso
anche solo attraversare la strada, e ne ha paura, com’è normale: “C’è una pallottola con scritto sopra il mio nome e solo Dio sa quando arriverà”, ma con la forza
della fede aggiunge sempre: “La mia vita l’ho donata al Signore e Lui può fare di
me ciò che vuole.” Il vescovo di Gibuti è solito dire che il cuore di suor Leonella è
più grande del suo fisico, pur imponente e “rotondetto”.
E proprio questo grande cuore viene spaccato il 17 settembre 2006 da una pallottola, sparata a distanza ravvicinata, da due uomini che l’attendono mentre rientra a casa dall’ospedale, che si trova dirimpetto. Tra lei e le pallottole omicide
cerca di frapporsi Mohamed Mahamud, un musulmano, padre di quattro figli, che
la sta scortando in quel brevissimo tragitto. Anch’egli viene ucciso e il sangue del
musulmano si mescola in un’unica pozza con quello della missionaria cattolica.
“Cristiani e musulmani che cercano di condividere la vita devono mettere in conto la possibilità di unire il proprio sangue nel martirio”, scrivono in quei giorni.
Difatti, non si tratta di una semplice coincidenza: “per me la morte di una italiana
e di un somalo, di una cristiana e di un musulmano, di una donna e di un uomo,
ci dice che è possibile vivere insieme, visto che è possibile morire insieme! Per
questo il martirio di suor Leonella è un segno di speranza”, dice il vescovo.
All’ospedale fanno di tutto per salvarla, i somali vanno a gara per donarle il loro
sangue, esattamente come lei aveva fatto per loro, puntualmente, ogni tre mesi,
come donatrice di sangue. Prima che si spenga come una candela, la consorella
che le tiene la mano la sente sussurrare distintamente: “Perdono, perdono, perdono”. Sono le sue ultime parole, la sua firma sopra il proprio martirio.
Contributi culturali
un’opera d’arte
Le sette opere di misericordia
di Brughel, 1616-1618 ca. - Bruxelles, collezione
privata.
Il Fiammingo passa in rassegna, nelle classiche
ambientazioni nordiche, le sette articolazioni tradizionali che danno sostanza alla misericordia: la
comunità è come informata dalla vicenda pratica
della misericordia, che attraversa i momenti qualificanti dell’umanità.
un libro
LOMUNNO M., Il cortile dietro le sbarre: il mio oratorio al Ferrante Aporti, Torino 2015. Il libro è una intervista con il salesiano Domenico Ricca, da 35 anni cappellano del carcere minorile di Torino. Un’esperienza di speranza e rimotivazione,
in uno dei luoghi più contraddittori.
un film
Baran Regia di Majid Majidi, Iran 2001
La vicenda di due ragazzi impiegati in un cantiere, a confronto con l’esigenza di sopravvivere e l’invidia, sino ad una inversione inaspettata che mostra le cose sotto un altro punto
di vista.
Gandi Regia di R. Attenborough, Inghilterra 2000.
Il lungo film documentario che ripercorre le tappe decisive
della vicenda umana, spirituale e politica di Gandi.
un luogo
Visita ad una delle chiese giubilari (in primis la Cattedrale) e
celebrazione della misericordia giubilare.
un video musicale
Luca Maffi, Salvo per miracolo, Italia 2012
www.rapgesucristico.com
L’esperienza del DJ Luca di Casalmaggiore che canta con stile
giovanile una storia di dolore, violenza e riapertura alla vita.
testimonianze che riscrivono le Batitudini
Trasmissione “Beati voi” su Sat2000
http://www.tv2000.it/beativoi/video/5-puntata-beati-i-misericordiosi
• Intervento di Alex Schwazer, campione olimpico coinvolto
in un caso di doping – min 19
• Testimonianza di Carolina Censato, mamma che ha perso un
figlio di 18 anni – min 1:35
• Testimonianza di Giovanni Bachelet, figlio del docente universitario ucciso dalle BR – min 1:50
passi operativi
Domande da suscitare
Qual è la rilevanza della misericordia nella nostra vita? Abbiamo sperimentato la
logica del perdono, quello ricevuto e quello offerto? Quanto pesa la naturalezza
della vendetta e della rivalsa in noi?
Possibili modalità
• Testimonianze sul perdono come risorsa della vita; anche a partire dalle esperienze vocazionali (ad es. la famiglia, la coppia...)
• Lectio su alcuni brani biblici (ad es. Lc 15).
• Focus sul tema del perdono sacramentale.
Suggerimenti per la conduzione dell’incontro: collocare in vista l’opera d’arte suggerita, aprire l’incontro con alcune provocazioni video, musicali, letture dai testi
indicati, lasciare suggerimenti di approfondimento.
Beati i misericordiosi
è il tema della GMG di Cracovia 2016
• Iscrivi il tuo oratorio alla GMG
• Recupera il messaggio del papa per le Palme 2016
• Richiedi in FOCr il sussidio nazionale di preparazione alla GMG 2016, contenente le schede sulla cultura, la storia, le tradizioni spirituali e la vita ecclesiale
polacche.
Preghiera GMG Cracovia 2016
GIORNATA
MONDIALE
JOURNÉES MONDIALES
DELLA
GIOVENTÙ
DE LA JEUNESSE
Dio, Padre misericordioso,
che hai rivelato il Tuo amore nel Figlio tuo Gesù Cristo,
e l’hai riversato su di noi nello Spirito Santo, Consolatore,
Ti affidiamo oggi i destini del mondo e di ogni uomo.
Ti affidiamo in modo particolare
i giovani di ogni lingua, popolo e nazione:
guidali e proteggili lungo gli intricati sentieri del mondo di oggi
e dona loro la grazia di raccogliere frutti abbondanti
dall’esperienza della Giornata Mondiale
della Gioventù di Cracovia.
Padre Celeste,
rendici testimoni della Tua misericordia.
Insegnaci a portare la fede ai dubbiosi,
la speranza agli scoraggiati,
l’amore agli indifferenti,
il perdono a chi ha fatto del male
e la gioia agli infelici.
Fa’ che la scintilla dell’amore misericordioso
che hai acceso dentro di noi
diventi un fuoco che trasforma i cuori
e rinnova la faccia della terra.
Maria, Madre di Misericordia, prega per noi
San Giovanni Paolo II, prega per noi
Santa Faustina, prega per noi
www.krakow2016.com
GIORNATA
MONDIALE
JOURNÉES MONDIALES
Tempo di
pasqua
9
Beati voi
quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e mentendo diranno ogni male contro di voi per causa
mia. Rallegratevi ed esultate: grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato
i profeti prima di voi. Voi siete il sale della terra:
ma se il sale perdesse sapore, a che cosa servirà? A
null’altro che ad essere gettato via e calpestato! Voi
siete la luce del mondo: non può restare nascosta
una città costruita su di un monte! Così risplenda la
vostra luce davanti agli uomini!
Il dono,
la fatica
e la vocazione
Come in pieno
Giorno
BEATI NOI! Sfide giovani per la vita
9
Beati voi
quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e mentendo diranno
ogni male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate:
grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi. Voi siete il sale della terra: ma se il
sale perdesse sapore, a che cosa servirà? A null’altro che ad essere gettato via e calpestato! Voi siete la luce del mondo: non può
restare nascosta una città costruita su di un monte! Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini!
Il dono, la fatica e la vocazione
pasqua
Appunti per gli educatori
Il Vangelo proclama l’ultima beatitudine guardando alla verità delle cose, senza
però restarne imprigionato: chiede addirittura di esultare perché la profezia non
perde il suo valore e il suo senso, e di stare in guardia perché la luce ed il sapore
restino carichi di efficacia. Questa è in fondo la chiamata di ognuno: dono e compito, talento e sua destinazione, paura, desiderio, capacità e limite. Ma il Discorso
della Montagna riserva ai discepoli del Regno la proposta che a prevalere siano
il potere del sale (che dà sapore, ma anche sa distruggere!) e l’efficacia della luce
che non si lascia insensatamente a macerare nell’inutilità. Il Vangelo esalta l’originale “posto” di ciascun discepolo, il tenore di bene che possiede perché lo ha
ricevuto, magari plasmato e forgiato dalle difficoltà della vita e dalle esperienze
anche del male. La vita giovanile – a differenza di quella infantile – non può permettersi il lusso illusorio di scappare dalle fatiche del vivere. Ma a differenza di
tante prospettive che cantano il peso dell’esistere – la sua oscillazione tra noia e
paura – il Vangelo proclama la beatitudine anche nel buio umano della persecuzione, perché intravvede il potenziale in ciascuno e chiede che ognuno si alleni a
fare altrettanto. In agguato il paradosso dello spreco: quello legato alla paura che
paralizza o alla sfiducia che svuota. Il Discorso della Montagna traccia i contorni
forti e liberi della vocazione cristiana e ne esalta la possibilità concreta, il rischio
vero, la qualità reale.
la scrittura si legge con la scrittura
Tutti i personaggi biblici sono destinatari di una vocazione: Abramo, Mosè, i profeti, Maria e Gesù stesso. Il ciché dell’annunciazione o della investitura di missione configura una pista che racconta una visione dell’uomo, reso amico di Dio dalla grazia e posto nelle condizioni di prestare il proprio contributo alla salvezza.
volti beati nella storia
“Oggi è un grande dono” Sono le parole che
Giusy Versace si ripete ogni giorno dal 2005 quando, a causa di un banale incidente in automobile, un guardrail le ha tagliato entrambe le gambe
all’altezza del ginocchio, strappandola a una vita
invidiabile, piena di affetti, impegni di lavoro, sogni e amore. Di quel momento Giusy ricorda tutto:
il dolore straziante, il terrore di morire e le pre-
ghiere. Forza che diventa la sua arma. Insieme alla famiglia e agli amici che le si
stringono attorno, Giusy muove i primi passi nella sua nuova vita. Fra pianti, speranze, paure e momenti di gioia arrivano le protesi, “le mie nuove gambe”. Prima
quelle da passeggio, poi da mare, poi addirittura da corsa, nonostante qualche
dottore le suggerisca di lasciar perdere. A un anno dall’incidente Giusy ha lasciato un fidanzato poco presente e si è buttata a capofitto in un futuro che le ha
riservato sorprese e soddisfazioni: un nuovo lavoro, un nuovo amore, la creazione
della onlus Disabili No Limits, che raccoglie fondi per donare ausili a chi non può
permetterseli, l’oro e il record italiano sui 200 e 100 metri e il record europeo sui
100 metri. Giusy è stata ospite anche del CSI di Cremona, in qualità di Testimonial
del Centro sportivo italiano. Ha scritto anche un libro: “Con la testa e con il cuore
si va ovunque”, racconto di una vicenda personale, ma anche di una scelta che
riguarda tutti coloro che si trovano ad affrontare un grande cambiamento: guardare oltre e costruirsi un domani o continuare a rimpiangere un bel passato che
non c’è più? Giusy non ha avuto dubbi.
Contributi culturali
un’opera d’arte
Conversione di Paolo di Tarso
Caravaggio, 1600-1601, Roma
Chiamata di Levi Matteo
Caravaggio, 1599-1600, Roma
un libro
Lorenzi F., La strada del sole, Milano 2014
La vicenda del leader dei The Sun che riconquista alla luce
di una nuova fede la coscienza di sé e dei propri desideri.
Un diario che racconta le tappe di un viaggio giovane che
lascia alle spalle tante esperienze effimere per dare spazio
alla qualità dell’umano.
Giusy Versace, Con la testa e con il cuore si va ovunque,
Milano 2013
La vicenda umana, sportiva e spirituale di Giusy Versace che
ha ritrovato il coraggio di camminare… in una modalità del
tutto nuova e sorprendente.
un video musicale
The Sun, Io non ho paura, Italia 2010
The Sun, Onda perfetta, Italia 2012
un film
Quasi amici Regia di O. Nakache e E. Toledano, Francia 2012
La straordinaria vicenda di un ricco disabile che impara a rivivere e di un improbabile badante che si converte all’umanità che è dentro di sé.
Una settimana da Dio Regia di D. Shadyac, Usa 2003
Nella sfida di ereditare per qualche giorno i poteri dell’Onnipotente, il protagonista – interpretato di J. Carrey, ricostruirà
la propria dimensione umana, recuperando la fiducia e la capacità di amare.
un luogo
Le “opere segno” della Caritas diocesana; un monastero di
clausura; una comunità religiosa; una famiglia della Parrocchia.
passi operativi
Domande da suscitare
Siamo consapevoli di avere ricevuto, oltre che di “possedere”? Quale valore attribuiamo alla vita come vocazione? Avvertiamo la responsabilità di quanto abbiamo ricevuto nello scorrere del tempo? Quali contesti sono per noi il terreno
della nostra vocazione?
Possibili modalità
• Un incontro con giovani-adulti che hanno compiuto scelte vocazionali.
• Una lectio su di un brano vocazionale della Scrittura, anche nello stile della proposta “Non dire sono giovane” che prevede un lavoro previo sul testo da parte
dei giovani (cfr. http://www.focr.it/formazione/non-dire-sono-giovane).
• Una tavola rotonda a cui invitare alcuni laici ad approfondire il rapporto tra fede
e vita, fede e storia: vicende professionali, familiari, di servizio…
Suggerimenti per la conduzione dell’incontro: collocare in vista l’opera d’arte suggerita, aprire l’incontro con alcune provocazioni video, musicali, letture dai testi
indicati, lasciare suggerimenti di approfondimento.
Si ringrazia
per la consulenza
dei video musicali
Sandro Barosi,
della comunità di Calvatone