Il nostro Padre Nostro

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Il nostro Padre Nostro
“…E in Cesarea v'era un uomo, di nome Cornelio, centurione della coorte detta l'Italica; pio e timorato di Dio, come tutta la sua famiglia, egli faceva molte limosine a' poveri e molte orazioni a Dio. Egli ebbe una visione in sull'ora nona del giorno: chiaramente vide un angelo di Dio, che entrò da lui e gli disse: «Cornelio». Ed egli, mirandolo fiso, tutto spaventato esclamò: «Che è, Signore?». E l'angelo disse: «Le tue preghiere e le tue limosine son salite a Dio, che se n'è ricordato. Su, manda qualcuno a Joppe, e fa' chiamare un certo Simone, soprannominato Pietro; egli dimora con un tal Simone, coiaio, che ha la casa presso il mare: egli ti dirà ciò che devi fare.
E come l'angelo che gli parlava se ne fu partito, Cornelio chiamò due de' suoi domestici e un soldato timorato di Dio, di quelli sottoposti a lui, e, raccontata loro ogni cosa, li mandò a Joppe. Il giorno seguente, mentre quelli erano in viaggio e s'avvicinavano alla città, Pietro salì sul terrazzo della casa, verso l'ora sesta, per pregare.
E sentendo fame, desiderava di prender cibo; e, mentre glielo preparavano, fu rapito in estasi; e vide il cielo aperto e scenderne un oggetto simile a un gran lenzuolo, il quale tenuto per le quattro estremità, s'abbassava verso terra; e dentro c'era ogni sorta di quadrupedi, rettili della terra e uccelli dell'aria.
E una voce gli disse: «Su, Pietro, uccidi e mangia. Ma Pietro rispose: Non sia mai, Signore; io non ho mai mangiato nulla di profano e d'impuro.
E la voce disse ancora: «Quel che Dio ha purificato, tu non lo chiamar profano.
Questi seguì sino a tre volte, e, subito quell'oggetto fu ritirato in cielo.
Or mentre Pietro stava incerto tra sé sul significato della visione avuta ecco gli uomini mandati da Cornelio, i quali, informatisi della casa di Simone, si presentarono alla porta.
E data la voce, domandarono se un Simone, soprannominato Pietro, abitasse li
E in quel che Pietro stava ripensando alla visione, lo spirito gli disse: «Ecco tre uomini che cercano di te.
Levati, dunque, scendi e va' con essi senza incertezze, perché li ho mandati io
E Pietro, sceso a quegli uomini, disse: «Eccomi, son io quello che cercate; qual è la cagione per cui siete venuti?
Gli risposero: «Cornelio centurione, uomo giusto e timorato di Dio, bene accetto a tutto il popolo de' Giudei, ha avuto ordine dall'angelo santo di farti chiamare a casa sua, per udire da te delle cose
Allora, fattili entrare, li ospitoò; e la mattina, levatosi, partiì con loro, accompagnato da alcuni dei fratelli che erano in Joppe.
Il giorno appresso entrarono in Cesarea. Cornelio li aspettava in casa coi suoi parenti e i piu' ù
intimi amici; e, come Pietro entrava, gli andoò incontro, e, cadutogli ai piedi, lo adoro.
Ma Pietro lo alzoò dicendo: «Levati, sono un uomo anch'io!». Poi, discorrendo con lui, entroò là dov'erano i molti radunati; disse loro: «Voi sapete che non si conviene a un Giudeo l'unirsi o accostarsi a uno straniero; ma Dio m'ha insegnato a non chiamar profano o impuro alcun uomo.”
Paolo Seganti
Paolo Seganti
35 anni. La notte del 10 luglio 2005 è stato ucciso, dopo essere stato torturato con un coltello, in un parco alla periferia di Roma. Era un gay dichiarato e un cattolico praticante. “Uno che aveva scelto di non nascondere la sua fede e il suo orientamento omosessuale”.
Padre Nostro...
Le parole di
Natascia…
“…Signore sono qui con i miei fratelli e sorelle omosessuali questa sera sotto il cielo di Roma. So che tu sei il Padre di tutti, e che ognuno ami come fosse un tuo figlio unico e prediletto. Spesso noi omosessuali ci riteniamo figli di serie B, non ci sentiamo degni di essere chiamati tuoi figli... Perchè? Forse perchè
sentiamo ripetere fin da quando siamo piccoli che essere omosessuali è sbagliato, che non è normale, che si deve e si può guarire, Ci sentiamo dire che forse è solo un momento, forse è meglio parlarne con uno psicologo...
Questo provoca in noi l’idea di doverci sbarazzare da questa diversità, di dover essere diversi da quello che ci viene naturale fin dalla tenera età. Succede allora che nel periodo dell’adolescenza, quando per la prima volta proviamo degli affetti, delle attrazioni verso persone del nostro stesso sesso, si forma in noi un grumo di paura, di estraneità verso noi stessi, talvolta anche di vero odio verso noi, perchè ci sentiamo nati sbagliati, sporchi, pervertiti. Pensiamo sia giusto nascondere a tutti quelli che siamo veramente, che sia meglio non dire, non esporsi, dissimulare, mentire, fare finta di niente, sperando un giorno di svegliarci eterosessuali e aver solo creduto ad un brutto incubo. Accade così che teniamo dentro, come un segreto maledetto, questa parte di noi e la temiamo, la consideriamo nemica, perchè ci impedisce di essere come gli altri, ci impedisce di sentirci normali....
Questo odio si chiama omofobia interiorizzata ed è la sedimentazione delle tante parole di scherno e dei tanti gesti discriminatori che abbiamo sentito pronunciare nei vari ambiti della nostra vita, in famiglia, alla televisione, a scuola, all’oratorio... E allora, Padre, come possiamo sentirci anche noi tuoi Figli? Come possiamo ritenerci degni del tuo Amore se ci sentiamo dire che la forza d’amore che abbiamo dentro è DISORDINATA, è CONTRO NATURA, e’
MORALMENTE INACCETTABILE e non potrà mai tramutarsi in un amore vero e forte, ma solo rimanere inevitabilmente una patologia psicologica frutto di immaturità affettiva?
Qualcuno di noi non ce la fa e soccombe a tutto questo: suicidi, malattie psichiche, terapie riparative
che per tutta la vita illudono di poter cambiare l’orientamento e non fanno che provocare altri e peggiori danni. Si vive nella paura di essere riconosciuti, di essere scoperti, si vive facendo una doppia o tripla vita.... Caro Padre, dammi e dacci la forza di non credere a tutte queste menzogne, anche se spesso vengono pronunciate da coloro che ricoprono ruoli importanti e cruciali nella nostra vita: i genitori, i familiari, i politici, i sacerdoti, i catechisti, i colleghi...
Caro Padre, fa che sopra tutte queste voci vinca la Tua, la sola che da sempre ci assicura che siamo veramente uguali, che siamo amati da Te in maniera esplicita e forte. Che tu non ci ami solo come persone, ma ci hai creato così come siamo: Tu ci hai creato omosessuali. Facci capiere che non solo siamo degni di vivere alla luce del sole il nostro orientamento, ma che siamo anche noi capaci di un progetto di amore fecondo per noi stessi e per chi ci vive accanto... Facci sentire in profondità che il nostro amore non è male...
Padre concedici di sentire la tua voce piena di passione per noi, voce di Padre che ci assicura che anche noi facciamo parte del tuo disegno d’amore e che siamo pienamente tuoi Figli... si, fratelli, noi lo siamo REALMENTE!”
Noxolo Nogwaza
Noxolo Nogwaza
24 anni, attivista sudafricana per i diritti degli omosessuali,. Lo scorso aprile è stata lapidata, accoltellata e violentata da diversi uomini. Lo stupro correttivo è una pratica criminale perpetrata da uomini su donne lesbiche, che vengono violentate con l’intento di “guarirle” dalla omosessualità.
Che sei nei cieli...…
Le parole di
Andrea
“…In questa preghiera, Signore, che ci ha insegnato tuo Figlio Gesù, sei laddove noi non siamo, nei cieli…
Questo pensiero, per me ha costituito fonte spesso di disperazione, angoscia…
In alcuni momenti, in cui ho attraversato il buio della vita, avrei voluto sentirti qui sulla terra, accanto a me, come un Padre amorevole…
Quando da adolescente ho cominciato a capire di essere omosessuale, mi sono sentito solo… dovevo gestire la comprensione di questa parte così
importante di me e non avevo gli strumenti… Tentavo di trovare informazioni, appigli, ma negli anni ’80 non era così facile…
Fuori di me vedevo l’omosessualità raffigurata come qualcosa di grottesco, deformato, qualcosa da prendere in giro, ridicolizzare, emarginare…
Qualcosa che travalicava il modo in cui la realtà
doveva essere…
E vedevo tutto questo proiettato su e dentro di me…
Ho cominciato ad avere paura, paura degli altri, paura di me, dei miei pensieri, dei miei desideri, delle mie pulsioni…
Il mio rapporto con te piano piano si modificava… Il Dio amorevole, solo buono, che avevo conosciuto nella mia infanzia, in parrocchia, a scuola, in famiglia, lasciava gradualmente il posto a un Dio Giudice, sempre più confinato nell’empireo, nei cieli siderali più lontani… Un Dio che temevo, fino a non dormirci la notte, un Dio che aveva grandissimi occhi spalancati solo per guardare a fondo i miei pensieri e le mie azioni… Un Dio “normativo”, non un Padre…
Non ho trovato nessuno, in quegli anni, che mi porgesse la mano e mi aiutasse a trovare conforto e a riconquistare il Tuo vero volto. In parrocchia l’omosessualità non era un argomento che avevo mai sentito nominare in parrocchia, tranne per un’infelice uscita di una collega del corso post‐cresima che, non smentita dal vice‐parroco, disse che “gli omosessuali sicuramente sono destinati all’inferno, perché il desiderio sessuale è troppo forte negli uomini e quindi inevitabile e, poiché, farlo tra persone dello stesso sesso ‐ usò proprio queste parole – “grida vendetta al cospetto divino, non hanno scampo…”. No ci ho dormito la notte…
Di omosessualità, in pratica, si parlava solo quando c’era da prendere in giro qualcuno o quando bisognava “teorizzare” di morale. Nulla esisteva che riguardasse l’omosessualità reale, quella vissuta da molti adolescenti tra cui me…
Io ero solo e tu eri, per la mia percezione alterata, nei cieli, lontanissimo ma presentissimo con i tuoi occhi enormi e spalancati.
Mi ci sono voluti moltissimi anni per ritrovarti nella tua vera essenza… Per fortuna Tu e la Vita che elargisci vanno ben oltre le gabbie dove ci rinchiudiamo e dove ci rinchiude il mondo…
La Vita è sgorgata in me copiosa: prima l’amore, poi degli incontri con dei sacerdoti illuminati, quindi la riscoperta della vera essenza della Tua Parola attraverso i libri e le conferenze di Alberto Maggi.
Ho capito che il tuo posto, quando hai deciso di farti Uomo, è stato solo con gli ultimi, i derelitti, con persone a cui ti presentavi senza norme precostituite, offrendo loro esclusivamente la prospettiva di una vita piena e feconda, anche oltre le convenzioni della società e della religione farisaica.
E’ da quel momento ti ho “ritrovato” accanto a me, al mio fianco, a sostenermi e incoraggiarmi… Non più
“solo nei Cieli”, ma anche nella Terra, dove ogni Donna o Uomo sono chiamati a far sgorgare la Vita in se stessi e negli altri, attraverso l’Amore, la comprensione, il dono, il servizio…”
David Kato
Kisule
David Kato
Kisule
(1964 – Kampala, 26 gennaio 2011)
Il 16 ottobre 2010 la rivista ugandese Rolling
Stones pubblicò in prima pagina le foto di 100 attivisti omosessuali (o presunti tali) ugandesi chiedendone l’arresto. Tra le 100 foto vi era anche quella di David Kato Kisule, l’esponente più noto del movimento. Dopo 3 mesi, 26 gennaio 2011, David Kato viene aggredito nella sua casa e brutalmente ucciso a martellate.
Sia santificato
il tuo nome...…
Le parole di
Alessandra
“…E’ il NOME ciò che rende riconoscibile e quindi designabile ogni persona.
E Tu ci hai insegnato a chiamarti per nome: PADRE.
Il tuo nome è santificato ogni volta che nella nostra vita ripudiamo la violenza, quando nessun uomo e nessuna donna cade vittima di un sopruso, privata della sua identità, del suo Nome.
Il ricordo delle vittime dell’odio omofobico che celebriamo questa sera ha nomi e cognomi, e dà voce anche a tutti quelli di cui il nome non è conosciuto per la vergogna di denunciare , perché essere additato come omosessuale nella nostra piccola italia è per molti ancora uno stigma troppo pesante da sopportare, e perché a volte non essere nemmeno “nominati” ci fa cadere vittima della nostra omofobia interiore. Per la nostra madre chiesa non è opportuno e fa paura nominare e celebrare il loro ricordo, per i nostri governanti non è opportuna una legge che nomini la particolare sofferenza derivante dalla violenza fisica e morale della discriminazione per il proprio orientamento sessuale.
Invece tu ti fai chiamare per nome e ci chiami per nome.
Insegnaci a tenere duro, Signore, a capire che tutti quelli che ti chiamano Padre e poi non vivono come fratelli in realtà sono molto distanti dal tuo Vangelo, che tu ci chiedi non tanto se siamo credenti o non credenti, ma principalmente se siamo pensanti o non pensanti.
Sia santificato il Tuo Nome, nella nostra vita di gruppo , nella nostra vita di coppia, nella vita dei nostri figli, nel nostro percorso di liberazione dalle paure, in noi e negli altri.
Sia santificato il Tuo Nome, quando difronte a una ragazza o un ragazzo picchiato o discriminato perché
“frocio” abbiamo il coraggio di credere che tutte le sofferenze che patiamo per la nostra omosessualità tu le hai già passate, e vinte, e che quando viviamo sulla nostra pelle il mistero della Pasqua abbiamo la certezza che ci sei e cammini accanto a noi da risorto.”
Billy Lucas
Billy Lucas
Aveva 15 anni. Il 9 settembre 2010 si è tolto la vita impiccandosi nel granaio della sua casa di Greensburg, Indiana. Era stato sospeso da scuola proprio quel giorno dopo un litigio con i compagni che lo prendevano in giro perché era gay. Venga il tuo
regno...
Le parole di
Franco
“…A me piace in questa frase l’uso di un “venga”, che è un congiuntivo esortativo che si differenzia dall’affermazione con l’indicativo presente in altre frasi del Padre Nostro. Questa esortazione è un desiderio che nella preghiera esprimiamo affinché il Suo Regno venga, qui su questa terra. Questa interpretazione di invitare il Padre a far venire il Suo regno è quella che mi piace. E’ un’interpretazione che si differenzia da quella di alcuni interpreti che limitano il regno all’aldila’, al dopo la morte . Come se su questa terra ci sia lo spazio solo della sofferenza. L’immagine a cui mi è venuto di pensare figurandomi questo movimento, con la mia fantasia, e’ quella dell’acqua del mare che arriva sulla battigia e bagna permea e riempie la sabbia della spiaggia, per poi da ultimo tornare al mare.
Ho comunque cercato di riflettere sul senso del Regno nei passi della Parola di Dio. Se rifletto sul vecchio testamento, le parole che mi vengono a mente sono quelle di Isaia al capitolo 12, dove si parla di uno spazio/tempo in cui il lupo abiterà
con l’agnello, la pantera si accovaccerà con il capretto: il vitello e il leone pascoleranno insieme,…. La mucca e l’orso pascoleranno insieme …il lattante giocherà
sulla buca della vipera,….”. Se rifiletto al senso di questa veglia e alle tante vittime dell’omofobia, il senso del regno è quello dove non ci saranno piu’ bulli o violenti di cui aver paura, ma gli omosessuali potranno serenamente camminare le strade di questa terra senza doversi nascondere nel timore di subire delle soprafazioni che come si diceva sono ancora spesso molte e di ogni tipo….
Se penso invece all’immagine del regno nel nuovo testamento mi viene da pensare all’immagine del granellino di senape, che è il piu’ piccolo dei semi, eppure quando cresce diventa un enorme albero all’ombra del quale tutti possono trovare frescura e refrigerio. Anche qui mi viene da pensare che il piccolo gesto, anche solo di questa veglia, può far cambiare la mentalità a molti. Un domani quello che è la mentalità
purtroppo ancora di una minoranza potrà diventare la mentalità della maggioranza che non si porrà più con la fobia nei confronti di una determinata condizione o minoranza; e i pregiudizi cadranno.”
Tyler Clementi
Tyler Clementi
Aveva 18 anni. Il 22 settembre, 2010, nel New Jersey, si è buttato dal ponte George Washington. Il suo compagno di stanza lo aveva segretamente registrato con una videocamera mentre si trovava in intimità
con un altro ragazzo. Sia fatta la tua
volontà, come in
cielo cosiì in
terra...
Le parole di
Vincenzo
“…Com’è dura a volte dire “sia fatta la Tua volontà”. La violenza e l’ingiustizia spesso lasciano sgomenti ed ammutoliti i tuoi figli.
Perché abbiamo paura del diverso, del diverso che sta intorno a noi, del diverso che è dentro di noi? Non sarebbe tutto più semplice se fossimo tutti simili, standardizzati, prevedibili?
Eppure, Signore, è proprio nella diversità e nella complessità del creato che si avverte la Tua presenza. È il tuo modo di dire “se mio figlio, ti amo, ma il mondo è più vasto di così. Io sono oltre, ed altro, ed ancora altro, e poi ancora altro...”. E che bella scoperta comprendere la nostra incompletezza e parzialità; il modo in cui le persone che ci sono accanto, anche quelle che reputiamo sgradevoli, o che ci mettono in imbarazzo, diventano improvvisamente un’altro pezzo di quel puzzle d’amore di cui noi siamo e percepiamo solo una parte.
E allora sia fatta la Tua volontà d’amore su tutti noi, perché il cielo e la terra possano finalmente essere un po’ più simili.”
Alfredo Ormando
Alfredo Ormando
Il 13 gennaio 1998 si diede fuoco a Roma in Piazza San Pietro per protestare contro l’atteggiamento della Chiesa cattolica nei confronti degli omosessuali. Morì dopo 10 giorni di atroci sofferenze nell’ospedale romano Sant’Eugenio. Scrive in una lettera ad una amico nel dicembre 1997: “Spero che capiranno il messaggio che voglio dare: è una forma di protesta contro la Chiesa che demonizza l’omosessualità, demonizzando nel contempo la natura, perché
l’omosessualità è sua figlia”.
Dacci oggi il
nostro pane
quotidiano...
Le parole di
Dario
“…E’ strana questa richiesta…. mi verrebbe da dire “ma chi è che non ha il pane quotidiano?”. A parte che nel mondo, oggi, ma forse anche in Italia sono ancora tante le persone che faticano ad avere il loro pane quotidiano…
Ma qui forse il significato di pane è diverso. In tutta la Bibbia, il pane è sinonimo di cibo ed in una società
abituata agli stenti di un ambiente sfavorevole e di una continua precarietà di vita, avere il pane significava avere la possibilità di lavorare, viaggiare, faticare, arrivare vivi al giorno successivo. Il pane è
sinonimo di vita ed infatti Cristo spezza il pane per condividere con gli Apostoli il suo corpo cioè la sua vita. E noi tutti durante l’Eucaristia partecipiamo alla divisione del corpo di Cristo, fatta dal sacerdote con noi e per noi.
Allora questa frase significa che dobbiamo aspettare passivamente dal Padre il pane quotidiano? Io credo che il vero significato stia nella comprensione profonda della vita che ci è stata donata dal Padre e questo dono è sempre gratuito, il Padre non vuole nulla indietro ma c’invita a far si che questa vita sia piena, sia vissuta, non venga lasciato da parte nulla.
Io per tanto tempo ho rinunciato a vivere parte della mia vita, ho creduto che essere omosessuale fosse un peccato, una vergogna, credevo di essere giudicato da Dio in quanto non corrispondevo al modello di cristiano che avevo interiorizzato. Per anni ho rinunciato a testimoniare con la mia vita quotidiana la gioia di amare il mio compagno e di condividere con lui ogni passo della mia esistenza.
E allora, vivere pienamente la mia vita, per me, omosessuale e credente, significa non cedere alle tenebre della paura, non rinunciare a testimoniare la bellezza di ciò che sono e di ciò che rappresento e soprattutto non negarmi né una piena esperienza di affettività né un completo cammino di fede.
Significa anche non piegarmi davanti a chi mi giudica inferiore perché diverso, mi condanna perché deviato, mi compatisce perché malato ed in nome di una supposta normalità non mi riconosce come persona, mi nega i miei diritti fondamentali sia come singolo ma soprattutto in coppia, mi deride, mi offende e mi discrimina.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano significa per me proprio: dammi oggi Signore, come ieri e come domani, l’aiuto, la spinta a realizzare me stesso, a testimoniare la mia vita di cristiano sempre e dovunque ed a permettermi di camminare lungo la strada che mi trovo davanti, che sia lunga o corta, diritta o piena di deviazioni, e così compiere il disegno di piena realizzazione che Tu hai pensato per me.”
Gisberta Salce
Junior
Gisberta Salce
Junior
Febbraio 2006, transessuale brasiliana che viveva in una condizione di estrema esclusione sociale nella città portoghese di Oporto. E’ stata torturata e violentata per 3 giorni e poi gettata in un pozzo e lasciata morire in un cantiere abbandonato. Un gruppo di dodici/quattordici ragazzi tra i 12 e i 16 anni hanno confessato il crimine.
E rimetti a noi i
nostri debiti...
Le parole di
Bernardo
“…E' molto importante per noi cristiani credere che Gesù perdona i nostri debiti. Siamo tutti quanti pecatori ma redenti in Gesù Risorto. Lui, l'agnello immolato per mezzo del suo sacrificio ci ha salvati. Il nostro peccato più grande è il credere che Dio fa differenze tra le persone. Da adolescente pensavo di essere un credente di serie "B" con il grave peccato di essere omosessuale, questo mi ha fatto allontanare dalla chiesa cattolica pensando di essere escluso da Dio Padre e non da uomini che dettano le leggi in nome di Dio sulla terra. Grazie Signore Gesù per avermi perdonato e per avermi donato il tuo Spirito Santo, la tua pecora ti ha ritrovato, tu sei il mio pastore.”
Dal vangelo di Giovanni: Cap. 10 Vers. 27,28,29,30
“Le mie pecore acoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuna le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è piu grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. Io e il padre siamo una cosa sola. “
Mahmoud
Asgari e Ayaz
Marhoni
Mahmoud
Asgari e Ayaz
Marhoni
Due adolescenti omosessuali di 16 anni iraniani vengono impiccati nella piazza Edalat
(della Giustizia) a Mashhad, Iran del nordest, il 19 luglio del 2005. La condanna a morte è
stata motivaata dal Consiglio nazionale iraniano con l’accusa di “disgregazione dell'ordine pubblico”.
Come noi li
rimettiamo ai
nostri debitori...
Le parole di
Teo
“…Sistemare i debiti ai miei debitori, mi chiede di ridare pienezza alla giustizia, quella giustizia sempre fragile che soffre continuamente di immaturità.
Gesù racconta: (Mt 18,23‐35)
Un servo era debitore di diecimila talenti. Non avendo denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui, moglie, figli e quanto possedeva, e saldasse così il debito. Quello… si getta a terra, lo supplica… il padrone si impietosisce… lo lasciò andare, gli condonò il debito.
Quel servo trovò un altro servo, gli doveva cento denari, lo afferra, lo soffoca… Paga!.... quello si getta a terra e lo supplica…. Ma lo fece gettare in carcere, finchè non avesse pagato il debito. […]
Così il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello.
Il debitore dei 10.000 talenti è contento ha il debito con‐donato. Ma è profondamente incapace di relazionarsi, di riversare la sua gratitudine nel ripetere il gesto di con‐dono del debito. Con‐donare un debito, è capacità di per‐donare, in una sana capacità di relazionarsi.
“Come noi li rimettiamo ai nostri debitori“,
mette al centro l’importanza delle relazioni umane, la fragilità delle relazioni umane, la necessità di ristabilire la riconciliazione nelle relazioni umane.
Avevo 11/12 anni quando facevo domande, ai miei genitori, al mio sacerdote, sul corpo, sulla vita, Adamo ed Eva…
Avevo risposte vuote, tipicamente prefabbricate o……. il silenzio.
Così, negli anni della preadolescenza, dell’adolescenza, fanciullezza e giovinezza, in cui si manifestavano i segni della vita affettiva, di orientamento affettivo che non sapevo cosa era, tutto era nella cappa del silenzio pesante della mia coscienza, perché affettività e sessualità erano tabù
potente, incatenato, nel mio mondo ecclesiale, della mia famiglia, della mia parrocchia, dei formatori laici o consacrati o civili, il dolore di non poter esprimere, la paura e, soltanto verso i 18 anni scoprirò che quello che esisteva in me e in tanta parte di umanità, aveva un nome, omo‐affettività, omo‐sessualità.
Signore, davanti a te e ai miei fratelli, ecco a dirti che nessuno mi ha chiesto di condonargli il debito di non‐
risposte, di silenzi, di paure subite, una spesa che sono stato costretto a subire da solo sulla mia pelle e il loro debito è enorme.
Signore Gesù, faccio fatica a per‐donare.
Signore Gesù, donami di per‐donare.
Figlio e fratello nella Tua Chiesa.”
Lesbiche, gay e
transessuali
periti
nell’Omocausto
Lesbiche, gay e
transessuali
periti
nell’Omocausto
Decine di migliaia di omosessuali furono deportati dai nazisti. L'origine di questa deportazione ha una legame con il razzismo: l'omosessualità era un reato perché impediva la riproduzione della presunta "razza ariana". Per questo migliaia di gay furono massacrati nei campi di concentramento. I nazisti classificavano le vittime del loro sterminio con distintivi triangolari colorati che riflettevano i "reati commessi": il rosa era il colore per gli omosessuali. Hitler in uno dei suoi discrosi disse:"Bisogna eliminare questa peste con la morte".
E non ci
abbandonare alla
tentazione...
Le parole di
Fausto
“…È entrata nell’uso comune, siamo abituati a recitare questa frase pronunciando meccanicamente, senza probabilmente prestare attenzione, «non ci indurre in tentazione»; qualcuno più sofisticato dice «non ci esporre alla tentazione». In entrambi i casi la sostanza non cambia: siamo di fronte ad un’immagine di un Dio che si diverte a tentarci, quasi fosse un gioco spietato.
Non dobbiamo stupirci perché (e ce lo insegna il Vangelo) la prima cosa che fa la religione è fornire un’idea forviata di Dio, cosicché, una volta fatta nostra, siamo condannati a condurre un’esistenza tormentata.
C’è da esserne sconcertati se pensiamo come una mente (sant’Agostino) capace di intuire millecinquecento prima di Einstein il concetto relativistico di Tempo nato con la Creazione piuttosto che di Creazione avvenuta nel Tempo, ritenesse appropriata a Dio l’idea che i bambini non battezzati finissero per l’eternità nei tormenti dell’inferno ed insieme che fosse di gravità mortale la perdita della verginità femminile.
La mistificazione riguarda anche l’immaginario del femminile attraverso la figura della madonna, che prima cerca con fratelli e sorelle di fermare Gesù che con la sua predicazione di grazia e non di meriti sta
disonorando la famiglia [vedi Mr 3, 21 e 30‐35], poi sarebbe santa perché sofferente delle afflizioni del figlio (poveri figli, condannati a non essere se stessi per non rendersi colpevoli, e povere madri sacrificate a dolersi di figli che le fanno vergognare!).
Al contrario la sua grandezza risiede nell’essersi fatta discepola del figlio mostrando la sua fierezza sotto la croce e nel rifiutare la chiesa gerarchica di Giacomo, fratello del Signore, per far parte della comunità di Rode, la schiava. [vedi Atti 12, 11‐17]
Ai tempi di Gesù se eri “difettato”, se eri afflitto da una qualche malattia o se (come accade ancora oggi) la tua condizione esistenziale, il tuo essere più
profondo, non era in linea con un certo modello di finitura non potevi accostarti a Dio. Immaginate che una donna col ciclo mestruale oppure avviata alla prostituzione fin da bambina, un individuo con una malattia della pelle o un pastore che, per stare con gli animali giorni notti e intere stagioni, non poteva materialmente partecipare a tutti i quotidiani riti religiosi, erano considerati dai pii osservanti rigettati da Dio [altro che la bucolica immagine ingannevole del pastorello col flauto e l’agnellino davanti la capanna!]: un po’ come oggi una divorziata, un gay in coppia, o uno felicemente se stesso, non possono accostarsi alla santa cena (all’eucaristia).
Ovviamente il modello di finitura cui dover essere conformati era ed è tuttora quello familistico eterosessista patriarcale.
Gesù è stato condannato a morte dal sinedrio perché
ha predicato esattamente l’opposto: è proprio la vicinanza col divino che aiuta le persone in difficoltà
per stigma sociale, per stato di salute o per oppressione dalle leggi religiose, a sostenere la discriminazione e a permettergli di vivere con dignità.
Sta proprio in questa indicazione di Gesù la scelta che abbiamo fatto di usare la traduzione della C.E.I. «non ci abbandonare alla tentazione» ovvero, nella tentazione – Signore – non allontanarti da noi, perché ciò di cui più abbiamo bisogno nell’afflizione è sentirci avvolti dal calore dell’amore di Dio; cioè prendere da quell’energia la forza per affrontare ed andare oltre lo sconforto che può paralizzare.
Mi sento così ora e per timore che le mie parole non fossero di edificazione non avevo voglia di testimoniare. Ma ho pensato che non bisogna avere imbarazzo della propria fragilità, che questa è anche ciò che abbiamo in comune con tanti e tante di noi che per l’omofobia nella cultura vengono uccisi ma anche si tolgono la vita dall’adolescenza alla maturità, come Ormando e Nerio (fratello di Vicenza).
Ho creduto che fare coming out in famiglia e perseverare nel mettere a parte i familiari del mio essere, fosse la condotta più corretta ed utile, e lo credo anche oggi.
Però vi dico che sento di aver trovato davanti degli scogli inamovibili a causa proprio del mio atteggiamento comprensivo e remissivo che mi ha fatto accettare il mancato rispetto come fossi io strutturalmente ingrato perché colpevole di qualcosa.
Si viene uccisi dall’omofobia anche quando si esiste fisicamente, ma si è impediti ad una vita piena, a realizzare compiutamente i nostri talenti, ad essere felici e leggeri.
Oggi voglio allontanarmi dalla famiglia e distanziarmi da un conflitto che è diventato assurdo per provare ad assaporare la gioia di vivere.
Non ne ho la possibilità materiale e condividere tutto ciò è penoso, mi fa sentire ancor più solo perché a causa dell’opinione comune che fonda l’affrancamento sul benessere materiale, non mi faccio capire.
Mi sembra che da Dio non venga alcun aiuto.
Per quanto detto la mia preghiera è esattamente questa: «nella difficoltà, o Signore, stammi vicino».”
... E tutti noi...
... E tutti noi...
Migliaia di donne e uomini, ragazzi e ragazze in Italia sono costretti a vivere una vita d'apparenza, a mettere tutti i giorni una maschera, a fare finta di essere quello che non sono. La pena è l'esclusione sociale, la discriminazione sul lavoro, gli sfottò, o peggio ancora, la violenza fisica.
Ha scritto Napolitano:"Voglio esprimere la mia preoccupazione per il persistere di discriminazioni e comportamenti ostili nei confronti di persone con orientamenti sessuali diversi. Inammissibili episodi di impudente aggressivita' e intolleranza si verificano con frequenza preoccupante"
“non bisogna sottovalutare i rischio che l'abitudine all'uso nel discorso pubblico di allusioni irriverenti, lesive della dignita' delle persone, contribuiscano a nutrire il terreno su cui l'omofobia si radica". "L'irrisione nei confronti di omosessuali e' inammissibile in societa' democratiche adulte"
Ma liberaci dal
male.
Le parole di
sONIA
“…Ho riflettuto più volte, in questi giorni, sulla frase con la quale termina il padre nostro: liberaci dal male! E' un'invocazione, una preghiera, una richiesta forte che noi cristiani rivolgiamo a Lui, al padre: ma di quale male si tratta? In un tempo ormai lontano, quando ho attraversato quel momento particolare di crisi profonda nel quale dovevo decidere se vivere ciò che sono o castrarmi nelle direttive imposte dalla Chiesa, mi è capitato spesso di pronunciare quell'ultima frase con un accezione lievemente personale: "Liberami dalla mia omossessualità!" ‐ Mi chiedo, quante, di queste preghiere, sono salite al cielo con un'invocazione simile? Tante, troppe!
In quest'ultima settimana ho effettuato un'ecografia mammaria per il consueto controllo annuale. Mentre ero distesa sul lettino e la mia mente vagava sulla possibilità che prima o poi i dottori potessero scoprire qualcosa che non andava, è di nuovo salita alle mie labbra l'invocazione del Padre Nostro: "Liberaci dal male!" ‐ un male tangibile, desolante e vigliacco. L'ecografia non ha evidenziato nulla di anormale, fortunatamente, ma la mia mente ha continuato a riflettere sul significato che questa parola ha nelle nostre vite di cristiani omosessuali. E la mia scoperta è
stata sorprendente:
c'è un male che è dentro di noi, dentro ogni uomo, indipendentemente dalla razza, dal colore o dall'orientamento sessuale, che lo porta a crogiolarsi nelle sue paure, nei suoi limiti e nei suoi egoismi. Probabilmente il male dal quale dobbiamo liberarci è, prima di tutto, questo, quello che ci ancora alla vita di tutti i giorni e non ci permette di essere profeti, di diffondere la speranza attraverso le parole di Gesù. Allora mi piace pensare che, forse, la frase con cui termina il Padre Nostro, liberaci dal male, non sia altro che un'esortazione a guardarci dentro, a migliorarci e finalmente, ad alzarci e partire!”