Così disse lo splendido Ettore, e tese le braccia a suo figlio,
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Così disse lo splendido Ettore, e tese le braccia a suo figlio,
Omero Il presagio di Ettore - Parafrasi (Iliade, libro VI, vv. 466-496) TESTO ORIGINALE PARAFRASI Così disse lo splendido Ettore, e tese le braccia a suo figlio, / ma il bambino piegò la testa gridando nel seno / della nutrice, terrorizzato dalla vista del padre; Così parlò Ettore, bello e forte, e tese le braccia verso suo figlio, ma il bambino si mise a gridare e si girò verso il petto della balia, perché era terrorizzato dall’aspetto del padre; lo spaventava il bronzo e il cimiero coi crini / di cavallo che vedeva oscillare terribilmente in cima all’elmo. lo spaventavano l’armatura e il terrificante cimiero di crine di cavallo che vedeva oscillare sull’elmo [di Ettore]. Sorrisero allora il padre e la nobile madre, / e dalla testa si tolse subito l’elmo lo splendido Ettore / e lo depose, rilucente, sopra la terra: Allora Ettore e Andromaca sorrisero, ed Ettore si tolse subito l’elmo dalla testa e lo poggiò a terra, brillante: baciò suo figlio e lo palleggiò tra le braccia, / poi rivolse una preghiera a Zeus e agli altri immortali: baciò suo figlio e lo prese tra le braccia facendolo saltare, poi rivolse una preghiera a Zeus e agli altri dèi: «Zeus e voi altri dèi, concedete che questo mio figlio / si distingua come me in mezzo ai Troiani, / che abbia forza e dominio sovrano su Ilio, «Zeus e voi altri dèi, lasciate che questo mio figlio come me possa essere il primo tra i Troiani, che sia forte e che regni su Troia, e un giorno qualcuno dica “è molto più grande del padre”, / quando tornerà dalla guerra, e [fate che] un giorno, quando lui tornerà dalla guerra, qualcuno possa dire “è molto più glorioso di suo padre”, e possa portare le spoglie cruente / dei nemici uccisi, e ne sia lieta sua madre». e possa portare i cadaveri insanguinati dei nemici che avrà ucciso, e sua madre ne sia felice». Dopo aver detto queste parole, diede suo figlio Così detto, diede suo figlio in braccio alla sposa, in braccio alla moglie, che lo strinse al petto / e lei lo accolse sul petto fragrante, e sorrideva profumato, sorridendo e piangendo allo stesso / in mezzo alle lacrime. tempo. La vide Ettore e n’ebbe pietà, / l’accarezzò con la mano, si rivolse a lei e le disse: Ettore se ne accorse ed ebbe compassione di Andromaca, l’accarezzò e le disse: «Sventurata, ti prego, non abbatterti troppo nell’animo; «Sfortunata, ti prego, non soffrire così tanto; nessuno mi getterà nell’Ade contro il destino, / e al destino, ti dico, non può sfuggire nessuno degli uomini, / non il vile, non il coraggioso, una volta che è nato. nessuno mi ucciderà se questo non è il mio destino, e nessun uomo – ti dico – da quando nasce può sfuggire al destino, sia che si comporti da pauroso, sia che si dimostri coraggioso. Ma tu torna alla casa e pensa ai tuoi lavori, / al Torna invece a casa e occupati dei tuoi compiti: telaio, alla spola, e comanda alle ancelle / di fare del telaio, della spola. E fai in modo che le serve il loro lavoro; si occupino del loro lavoro; alla guerra penseranno gli uomini, / tutti quelli che sono nati a Troia, ed io soprattutto». alla guerra invece penseranno gli uomini, tutti i troiani e io più di ogni altro». Così disse lo splendido Ettore, e riprese da terra / l’elmo con il cimiero equino; Così parlò Ettore, bello e forte, e riprese da terra l’elmo con il cimiero di crini di cavallo; Andromaca ritornò a casa, / voltandosi indietro e versando copiose lacrime. Andromaca ritornò a casa, voltandosi indietro [per guardare Ettore] e piangendo mille lacrime. Parafrasi completa Così parlò Ettore, bello e forte, e tese le braccia verso suo figlio, ma il bambino si mise a gridare e si girò verso il petto della balia, perché era terrorizzato dall’aspetto del padre; lo spaventavano l’armatura e il terrificante cimiero di crine di cavallo che vedeva oscillare sull’elmo [di Ettore]. Allora Ettore e Andromaca sorrisero, ed Ettore si tolse subito l’elmo dalla testa e lo poggiò a terra, brillante: baciò suo figlio e lo prese tra le braccia facendolo saltare, poi rivolse una preghiera a Zeus e agli altri dèi: «Zeus e voi altri dèi, lasciate che questo mio figlio come me possa essere il primo tra i Troiani, che sia forte e che regni su Troia, e [fate che] un giorno, quando lui tornerà dalla guerra, qualcuno possa dire “è molto più glorioso di suo padre”, e possa portare i cadaveri insanguinati dei nemici che avrà ucciso, e sua madre ne sia felice». Dopo aver detto queste parole, diede suo figlio in braccio alla moglie, che lo strinse al petto profumato, sorridendo e piangendo allo stesso tempo. Ettore se ne accorse ed ebbe compassione di Andromaca, l’accarezzò e le disse: «Sfortunata, ti prego, non soffrire così tanto; nessuno mi ucciderà se questo non è il mio destino, e nessun uomo – ti dico – da quando nasce può sfuggire al destino, sia che si comporti da pauroso, sia che si dimostri coraggioso. Torna invece a casa e occupati dei tuoi compiti: del telaio, della spola. E fai in modo che le serve si occupino del loro lavoro; alla guerra invece penseranno gli uomini, tutti i troiani e io più di ogni altro». Così parlò Ettore, bello e forte, e riprese da terra l’elmo con il cimiero di crini di cavallo; Andromaca ritornò a casa, voltandosi indietro [per guardare Ettore] e piangendo mille lacrime.