L`amore

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L`amore
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L’amore
Aprire le stanze della sposa
All’epoca di Mosè, Dio diede al suo popolo i dieci comandamenti. Tuttavia, al tempo in cui il Signore Gesù camminò sulla
terra, le prescrizioni rabbiniche si erano moltiplicate in numero di
migliaia. Non c’è modo per una persona di osservare perfettamente migliaia di leggi. Così i capi giudei ridimensionarono le pretese
legaliste dividendo tutte le loro regole e precetti in leggi pesanti e
leggi leggere. Dicevano: “Le leggi pesanti sono solo queste e sono
obbligatorie. Le leggi leggere? Beh, su quelle potete commettere
delle infrazioni”.
Certi rabbini andarono oltre ed insegnarono che se un uomo
sceglieva solamente un grande precetto ed osservava quello, poteva trascurare tutti gli altri.
All’interno di questo contesto, un avvocato andò da Gesù e gli
pose una domanda: «“Maestro, qual è, nella legge, il gran comandamento? Gesù gli disse: “Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo
cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il
grande e il primo comandamento. Il secondo, simile a questo, è: “Ama
il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti» (vv. 37-40).
Così il nostro Signore stabilì l’amore come la più alta delle virtù
spirituali. L’apostolo Paolo confermò la superiorità dell’amore:
“Ora dunque queste tre cose durano: fede, speranza, amore; ma la
più grande di esse è l'amore” (1 Corinzi 13:13).
L’esempio di Pietro
Cosa comporta l’osservanza di questo primo comandamento
che il nostro Signore ha definito come supremo? Non conosco
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un’illustrazione migliore di quella fornita dai dodici discepoli in
Giovanni 21:2-17.
“Vado a pescare!” disse un giorno Pietro dopo la morte e la
resurrezione del Signore Gesù Cristo. Stava comunicando agli altri
discepoli la sua intenzione di tornare al lavoro di pescatore, cioè a
ciò che era solito fare in passato. Dato che Pietro era il capo, il
resto della compagnia disse: “Andiamo anche noi” e seguirono
devotamente Pietro sulla barca. Il Signore allora dirottò tutto il
pesce del mare di Galilea di modo che neanche uno si avvicinasse
alla barca. Così Pietro e gli altri faticarono tutta la notte senza
risultati.
“Avete preso qualcosa?” chiese loro uno straniero all’alba del
giorno dopo.
“No”, risposero.
“Gettate le reti dall’altro lato della barca e prenderete del
pesce”. Chissà perché i discepoli ubbidirono ad un suggerimento
così insolito. Probabilmente fu per l’autorità insita nella voce di
quell’estraneo. Comunque, fecero come era stato loro suggerito.
Nel frattempo, il Signore diresse in modo soprannaturale tutto il
pesce sul lato destro della barca. La pesca fu così grande che i discepoli non riuscivano a issare le reti a bordo della barca.
“È il Signore” disse Giovanni. Udito ciò, Pietro si tuffò in
acqua e nuotò fino a riva.
Gesù li invitò a colazione, un pasto che aveva preparato forse in
modo soprannaturale. Mentre Pietro e gli altri stavano seduti a
mangiare col Signore della Gloria, Pietro deve aver pensato: Che
stupido che sono! Che persona disubbidiente ed incapace! Ho fallito di
nuovo. Pietro era virtualmente caduto ad ogni prova che il Signore
gli aveva posto davanti. Non poteva proprio farcela. Ci devono
essere state lacrime amare nei suoi occhi e dolore e pena nel suo
cuore mentre guardava quel Gesù che amava così tanto ma che serviva così miseramente.
Alla fine, il Signore parlò. “Pietro, mi ami più di questi?”
Questi cosa? Forse queste cose: la barca, il pesce, le reti, il mare o
tutta l’attività di pescatore. O forse il Signore stava chiedendo a
Pietro se lo amava più di quanto lo amavano gli altri discepoli.
Pietro una volta aveva dichiarato di essere più fedele degli altri.
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Senza dubbio aveva creduto che il suo amore per il Maestro fosse
più grande di quello degli altri.
“Pietro, mi ami? Mi ami in maniera genuina?” Il Signore ricorse al termine agapao che indica il grado d’amore supremo.
Non sappiamo quanto tempo Pietro ci mise a rispondere.
Tuttavia disse: “Sì, Signore, tu sai che ti voglio bene”. Ma Pietro
usò un verbo diverso rispetto al Signore, phileo, termine che denota rispetto e devozione. È come se gli avesse risposto: “Ti sono
molto affezionato”.
Probabilmente Pietro sentiva che il suo amore era totale ma,
vergognandosi del suo recente fallimento, non poteva stare in presenza del Signore e dichiarare di possedere quel genere d’amore.
Ricorderete che lo aveva rinnegato tre volte la notte della crocifissione e Gesù lo aveva guardato negli occhi quando il gallo aveva
cantato. Sarebbe stato ridicolo se Pietro avesse detto: “Signore, ti
amo di un amore supremo, ma non ce la faccio a dimostrarlo
quando potrebbe costarmi qualcosa”.
Una volta chiesi ad un bambino di cinque anni in che modo
poteva dimostrare ai suoi genitori il suo amore. Rispose: “Potrei
ubbidire”. Persino un bambino capisce che l’amore si dimostra al
meglio in questo modo.
Non è il caso di parlare di amore supremo quando non si è
disposti ad ubbidire alla persona a cui si dichiara quell’amore. Così
Pietro non fece tale dichiarazione. Dato che aveva rinnegato il
Signore in tre occasioni, Cristo gli diede tre opportunità di redimersi. Gesù gli disse una seconda volta: “Simone di Giovanni [il
Signore lo chiamò col suo vecchio nome perché si stava comportando come si sarebbe comportato il suo vecchio io], mi ami?”
Ancora una volta il Signore usò la parola agapao.
“Sì, Signore; tu sai che ti voglio bene”.
Gesù lo mise alla prova una terza volta ma ora usò la stessa
parola utilizzata di Pietro. “Simone di Giovanni, mi vuoi bene?”
La Bibbia dice che Pietro si rattristò. Perché? Forse perché era stato
interrogato tre volte? No, ma perché il Signore stava mettendo alla
prova la testimonianza di Pietro e mettendo in discussione la misura del suo amore.
“Signore, tu sai ogni cosa; tu conosci che ti voglio bene”. Pietro
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intendeva dire: “Non stare a sentire solo ciò che ti dico. Guarda il
mio cuore”.
Quando ero un ragazzino, pensavo spesso alla dottrina dell’onniscienza, ossia al fatto che Dio conosce ogni cosa. Questo è un bel
problema per chi non ubbidisce. Mio padre era solito mettermi in
guardia: “Noi possiamo non sapere le cose ma Dio le sa! Lui vede
ciò che fai, Johnny”. Mi chiedevo perché Dio perdesse tempo a
guardare quello che facevo io.
Crescendo e maturando, giunsi alla consapevolezza che per
molti versi sono come Pietro. Ci sono alcuni giorni in cui l’unico
modo che Dio ha per sapere se l’amo è tramite la sua onniscienza.
Mi sono reso conto che questa dottrina ha un aspetto positivo.
Non sei felice di sapere che in quei giorni in cui la tua vita non è
una chiara testimonianza del tuo amore, tu puoi dire: “Signore, mi
dispiace per il modo in cui mi comporto. Leggi il mio cuore e vedi
che ti amo!” È ciò che fece Pietro.
Le caratteristiche del nostro amore per Dio
Che genere d’amore cercava Gesù in Pietro e che genere d’amore desidera trovare in noi? È un amore emotivo, una sorta di
fremito sentimentale? Dobbiamo avere una sorta di pelle d’oca spirituale per il Signore? Ebbene, ci sono momenti nella mia vita in
cui non provo questo sentimento avvolgente di calore ed intimità
verso Cristo e nemmeno posso suscitare in me una reazione emotiva. Ma non è di questo che il Signore sta parlando. Impariamo
cos’è il vero amore guardando più a fondo in questo episodio che
coinvolse Pietro e Gesù.
Sacrificio
In Giovanni 21: 18, 19, il nostro Signore avvertì Pietro di cosa
gli sarebbe costato seguirlo:
“In verità, in verità ti dico che quand'eri più giovane, ti cingevi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio,
stenderai le tue mani e un altro ti cingerà e ti condurrà dove
non vorresti”
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Disse questo per indicare con quale morte avrebbe glorificato Dio.
La frase “stenderai le tue mani” si riferisce alla crocifissione.
“Pietro, tu sarai crocifisso. Pietro, mi ami davvero? Allora muori
per me”.
Ecco cosa vuol dire amare Dio con tutto il cuore, l’anima e la
mente. Questo genere d’amore ci rende disposti a sacrificare noi
stessi. Non è il genere d’amore sentimentale di cui sentiamo tanto
parlare. Non è un semplice sentimento. Pietro il sentimento l’aveva, ma non era sufficiente. Così ora Gesù offriva a Pietro un’opportunità per manifestare il suo amore. Non disse solo: “Pietro, ci
si sente bene dentro ad amarmi? Senti una sorta di lieve calore
dentro di te?” No, chiese un sacrificio.
Come puoi dire di amare il Signore Gesù Cristo? Essendo
disposto a sacrificarti per fare la sua volontà ogni giorno. Nel
primo secolo il sacrificio supremo poteva essere la morte fisica. Il
generale romano Varus sedava ripetutamente le sommosse allineando crocifissi sulla strada. Pietro era stato testimone di quel
genere di morte, aveva fresca in mente l’immagine della crocifissione del Signore. Sapeva cosa comportasse un tale sacrificio.
Pietro aveva sempre giurato che sarebbe stato pronto a morire
per Gesù, ma negli ultimi tempi aveva fallito miseramente quando si era trovato sotto una forte pressione. Forse ora dubitava della
sua forza. Eppure qui il Signore stava facendo una chiara profezia
secondo la quale alla fine Pietro sarebbe stato fedele. Penso che
Pietro avrà detto a se stesso: Gloria a Dio! Alla fine ce la farò!
Resterò fedele al Signore, non verrò meno alla fine.
Ubbidienza
Un’altra qualità dell’amore che il nostro Signore richiede è l’ubbidienza. Non è solo un amore pronto a sacrificare se stesso, ma
anche un amore che porta alla sottomissione. “Seguimi!” comandò
il Signore a Pietro (Giovanni 21:19). Quando Gesù si alzò e andò
via, anche Pietro si alzò e lo seguì, prendendo alla lettera l’ordine
ricevuto. Sì, è vero che per un attimo Pietro si distrasse girandosi
a guardare Giovanni e chiedendo al Signore cosa sarebbe stato del
discepolo amato. “Non sono affari tuoi, Pietro”, disse in pratica il
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Signore. E di nuovo gli ordinò: “Seguimi” (vv. 20-22). E Pietro lo
fece per il resto della sua vita.
Cosa comporta ubbidire al Signore sacrificandosi per l’amore
che abbiamo per Lui? Nella mia vita questo comporta numerose
cose, una delle quali è trascorrere sei ore al giorno nel mio studio
meditando sulla Parola di Dio. Sinceramente, però, ci sono giorni
in cui entro nel mio ufficio e sono stanco e non ho voglia di studiare. Vorrei fare qualcos’altro come tirare fuori le mazze da golf e
fare diciotto buche. Invece, stringo i denti e lotto tutto il giorno
per studiare intensamente. Alla fine di quel giorno, la sola emozione che provo è un senso di compiutezza per averlo fatto.
Tuttavia, studiando, ho amato il Signore Gesù nonostante i miei
sentimenti perché ho compiuto la sua volontà e mi sono sacrificato per compierla.
Certo, questa può sembrare una piccola cosa, ma è la dimostrazione pratica del principio di un’ubbidienza sacrificale.
L’ubbidienza motivata dall’amore non è un fatto emotivo, bensì è
l’adempimento di 1 Giovanni 2:5: “Ma chi osserva la sua parola,
in lui l'amore di Dio è veramente completo. Da questo conosciamo che siamo in lui”. L’amore che Dio cerca, l’amore del cuore,
della mente e dell’anima, ha per frutto l’ubbidienza.
Le caratteristiche del nostro amore per gli altri
Ora torniamo alla risposta del nostro Signore all’avvocato che
aveva chiesto quale fosse il più grande comandamento. Primo,
dobbiamo amare Dio; secondo, dobbiamo amare gli altri. Le
Scritture approfondiscono questo punto ripetutamente. Per esempio, 1 Tessalonicesi afferma che ci è stato insegnato da Dio ad
amarci gli uni gli altri. In vista di ciò, dobbiamo crescere nell’amore l’uno verso l’altro (4:9,10). Pietro scrive che dobbiamo amarci
gli uni gli altri sinceramente ed “intensamente” (1 Pietro 1:22). La
parola “intensamente” deriva da una parola greca che significa
“esteso o allungato”. Dobbiamo volgerci il più possibile verso gli
altri per amarli.
Così come l’amore per Dio non è un sentimento indotto dalle
emozioni, non lo è nemmeno l’amore per gli altri uomini. Anche
questo genere d’amore richiede sacrificio. Parlando di questo in 1
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Giovanni 3:14,15, l’apostolo Giovanni passò da un’affermazione
al plurale concernente l’amore che bisogna mostrare verso i fratelli, ad una al singolare riguardo all’amore che bisogna manifestare
verso un singolo fratello. Alcuni dicono: “Certo, io amo i fratelli
in generale, ma non posso sopportare alcuni individui”.
Un celebre fumetto Peanuts mostra Lucy che accusa il suo fratellino Linus di non amare i suoi simili. “Amo il genere umano” è
la sua riposta indignata, “ma non sopporto le persone”. È molto
facile amare tutto il mondo ed è facile amare la chiesa. Tuttavia,
può essere molto difficile amare una persona in particolare.
L’amore che il nostro Signore vuole è un genere d’amore pratico e
personale che si esprime primariamente verso gli individui.
L’amore in azione
Quando arrivai alla Grace Community Church la prima volta,
volevo tanto amare tutti, ma non riuscivo a pensare a come avrei
potuto provare i sentimenti che ritenevo necessari. Alcune persone erano irritanti ed alcune mi rendevano la vita difficile. Volevo
amarle ma non sapevo come. Un giorno andai da un uomo che era
particolarmente difficile, gli misi un braccio sulla spalla e gli dissi:
“Voglio che tu sappia una cosa: se c’è qualsiasi modo in cui posso
servirti, desidero davvero averne l’opportunità”. L’opportunità
arrivò e il mio atteggiamento nei suoi confronti mutò, non per
come mi sentivo verso di lui dal punto di vista emotivo, ma perché avevo imparato ad amarlo servendolo.
Amare gli altri non è questione di dare una pacca sulla spalla a
qualcuno e dire: “Sei una persona meravigliosa, così speciale. Ti
voglio bene!”. Dimostriamo amore quando facciamo dei sacrifici
personali per andare incontro ai bisogni di qualcuno. A volte mi
chiedono come riesco a servire le persone individualmente in una
grande chiesa. Non lo faccio andando in giro ad esprimere amore
a tutti, ma facendo dei sacrifici nella mia vita per aiutarli a crescere spiritualmente. La mia preoccupazione per loro mi porta a cercare di fare tutto il possibile per portarli alla statura di Gesù Cristo.
Qual è il miglior modo per sapere che Dio ci ama? Lo ha mai
gridato dal cielo o scritto sulle nuvole? No. Vediamo l’amore di
Dio nel fatto che Cristo ha dato la sua vita per noi. Dio ha messo
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in croce suo Figlio al posto nostro. Ecco come ha espresso il suo
amore: attraverso un sacrificio. Dato che Cristo “ha dato la sua vita
per noi, anche noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli” (1
Giovanni 3:16). Non sempre il prezzo da pagare è la morte; a volte
l’amore richiede il sacrificio dei nostri beni o del nostro tempo o
di qualunque altra cosa. “Ma se qualcuno possiede dei beni di questo mondo e vede suo fratello nel bisogno e non ha pietà di lui,
come potrebbe l'amore di Dio essere in lui?” (1 Giovanni 3:17). Se
vediamo qualcuno nel bisogno, dobbiamo andare incontro a quel
bisogno nella misura in cui possiamo o dimostreremo di essere
mancanti nell’amore.
“Beh”, obietterà qualcuno, “prima di amare qualcun altro, dobbiamo amare noi stessi. Dopotutto, la Bibbia dice in Giacomo 2:8
che dobbiamo amare il nostro prossimo come noi stessi”. Questo
è un concetto molto di moda ma non è ciò che insegna Giacomo
2:8. Gli psicologi hanno fatto affari dando un’interpretazione sbagliata di questo versetto. Dicono che bisogna avere la giusta immagine di sé e che se non si ha una concezione alta di se stessi e cose
del genere, non si sarà in grado di amare gli altri nel modo giusto.
Questo è un serio fraintendimento che deriva da una nozione dell’amore quale mero sentimento. Quando la Bibbia parla d’amore,
lo descrive come qualcosa di molto diverso.
Cosa vuol dire amare gli altri come noi stessi? Leggiamo
Giacomo 2:1: “Fratelli miei, la vostra fede nel nostro Signore Gesù
Cristo, il Signore della gloria, sia immune da favoritismi”. Il testo
prosegue dando l’illustrazione di un uomo ricco ed uno povero che
visitano un’assemblea e vengono trattati in maniera diversa.
Giacomo dice che come cristiani non dobbiamo trattare certe persone con rispetto ed altre con indifferenza. Anzi, per adempiere la
legge del re, dobbiamo trattare tutti nel modo in cui trattiamo noi
stessi. Questo significa che qualunque sacrificio facciamo per il
nostro bene, dovremmo farlo anche per il bene altrui senza guardare al loro status sociale. Quest’idea non ha nulla a che fare con
alcuna nozione di carattere psicologico, bensì riguarda il nostro
servizio verso gli altri.
Fermatevi per un attimo a considerare cosa siamo disposti a
fare per il nostro bene. Lo stesso dovremmo fare per andare incon-
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tro ai bisogni degli altri. Dovremmo trattare i desideri altrui nel
modo in cui trattiamo i nostri; dovremmo amare servendo con
spirito di sacrificio proprio come facciamo sacrifici per il nostro
bene. Sei disposto a fare questo? Sei disposto ad abbandonare qualunque cosa ti renda la vita comoda per il bene degli altri? Sei
disposto a sacrificare le cose che ti danno gioia per andare incontro ai bisogni altrui? Ecco cosa vuol dire amare il tuo prossimo
come te stesso. Non è una questione di psicologia ma di sacrificio.
Amare nell’umiltà
Il miglior esempio di amore che si sacrifica per gli altri è stato
dato dal nostro Signore stesso. La notte prima della sua passione e
della sua morte, il Signore non disse ai suoi discepoli nella stanza
in cui cenavano: “Vi amo, quindi vi farò una predica sull’amore
divino per spiegarvi come funziona”.
Al contrario, come abbiamo visto nel capitolo precedente, il
nostro Signore lavò loro i piedi. Giovanni 13:3-5 ci dice:
Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che
era venuto da Dio e a Dio se ne tornava, si alzò da tavola,
depose le sue vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse. Poi mise
dell'acqua in una bacinella, e cominciò a lavare i piedi ai
discepoli, e ad asciugarli con l'asciugatoio del quale era cinto.
L’Iddio incarnato si stava umiliando nel togliere via la sporcizia
dai piedi di questi discepoli deboli e peccatori. Questo è amore!
È proprio il tipo d’amore che il Signore chiede ai suoi discepoli. A seguito del suo incredibile esempio di umiliazione, Gesù
disse: “Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli
altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da
questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore
gli uni per gli altri”.
Come dimostrò Gesù il suo amore per loro? Lavando i loro
piedi sporchi, calandosi nel ruolo di servo, facendo una cosa disgustosa, una cosa che richiedeva un sacrificio. Amarsi l’un l’altro non
è solo provare piccoli moti d’affetto, è servire. Quando di cuore
sacrifichiamo ciò che vogliamo per il bene di un altro, quando sce-
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gliamo di soddisfare il bisogno di qualcuno invece del nostro, allora amiamo davvero (nonostante le nostre emozioni). Ecco cosa
vuole Dio.
L’apostolo Giovanni riassume l’amore quale chiave della crescita spirituale con parole semplici e familiari: “Figlioli, non amiamo
a parole né con la lingua, ma con i fatti e in verità” (1 Giovanni
3:18).
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