Legge - Partito Comunista

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Legge - Partito Comunista
Quadrimestrale marxista della Svizzera Italiana
edito dal Partito Comunista
Numero 3
Febbraio 2014
Pagg. 21-24
L'aviazione militare svizzera di fronte al dilemma dei Gripen
di Marin Mikelin (*)
Introduzione
Un anno dopo il rifiuto delle Camere l'esercito ci riprova, e durante la seduta del 30 novembre 2011 il Consiglio Federale
approva l'acquisto di 22 aerei da combattimento Gripen (16 Jas 39E monoposto e 6 Jas 39F biposto), della svedese
Saab, in sostituzione dei 54 Tiger F-5, che dovranno andare in pensione fra pochi anni. I nuovi jet affiancheranno i già
esistenti 32 F/A-18 formando così una flotta di 54 velivoli necessari, secondo il Dipartimento federale della difesa, della
protezione della popolazione e dello sport (DDPS), a proteggere i cieli elvetici.
Il prezzo per i Gripen, i missili e il simulatore è di 3,126 miliardi di franchi svizzeri. L'esercito vuole finanziare questo
acquisto attraverso l'istituzione del Fondo Gripen, nel quale verranno versati circa 300 milioni di franchi ogni anno per
dieci anni, attingendo dal budget dell'esercito. Il 40% del costo dovrà essere pagato in anticipo, mentre si prevede che
gli apparecchi verranno consegnati tra il 2018 e il 2021.
Uno schieramento allargato di movimenti e partiti politici, tra i quali il Partito Comunista (PC), si è opposto alla legge che
permette la creazione del fondo di finanziamento. Il 14 gennaio 2014 sono state consegnate alla Cancelleria federale più
di 100'000 firme – 50mila più delle necessarie – da parte dei promotori della consultazione e così l'ultima parola sarà
quella del popolo svizzero, il quale verrà chiamato, con tutta probabilità, ad esprimersi sul tema il prossimo 18 maggio.
Un impegno finanziario ingente, inutile e contraddittorio
La spesa che l'esercito vuole fare è enorme, soprattutto in questo periodo dove la crisi economica dilaga in Europa
logorando le piccole economie e, anche se a rilento, avanza e si fa sentire pure in Svizzera. In molti cantoni e comuni
sono previsti per i prossimi anni pacchetti anti-crisi e fra le misure previste vi sono tagli alla sanità, all'istruzione e alla
garanzia di prestazioni pubbliche. Se, da un lato, al popolo svizzero, sull'onda delle politiche d'austerità imposte in tutta
Europa, si chiedono periodicamente maggiori sacrifici – che vanno dai continui tagli alle spese pubbliche
(smantellamento della Legge sull'assicurazione contro la disoccupazione) fino al drenaggio di maggiori quote di
ricchezza attraverso strumenti anti-sociali (aumento dell'IVA), dal basso tasso d'impegno finanziario nelle istituzioni
scolastiche al mancato investimento strategico nel settore delle energie rinnovabili – dall'altro, nonostante il proclama
del contenimento delle spese, per le istituzioni militari, i foraggi finanziari giungono puntualmente e in quantità abnorme
(300 milioni di franchi all'anno). Ci troviamo in una situazione veramente paradossale, e la scelta di acquistare i Gripen
accresce certo questa sensazione. Già in 2/3 dei cantoni sono in atto misure di risparmio e, per i prossimi anni, ve ne
sono in vista altre per i rimanenti. Sommando tutti gli sforzi dello Stato si raggiunge complessivamente una cifra di
risparmio che supera il miliardo di franchi, ma in tale calcolo non si è tenuto conto che la Banca Nazionale Svizzera
(BNS) ha subito una grande perdita di capitali e quindi i cantoni ed i comuni non potranno beneficiare della distribuzione
dell'utile stimato per il 2014. Per i cantoni si tratta di una perdita stimata attorno ai 667 milioni di franchi, ma bisogna
però considerare che la carenza di denaro da parte degli utili della BNS non si limiterà all'anno in corso, ma si protrarrà
anche in quelli a venire. A partire dal 2015 si prevede, per il bilancio federale, un disavanzo di 300 milioni di franchi. In
tal senso appare decisamente fuori luogo “investire” una cifra ben superiore al fine di acquistare superflui aerei da
combattimento, anche e soprattutto pensando alle conseguenze che una tale scelta potrebbe ingenerare nel prossimo
futuro, delineando venti d'austerità ancor più drammatici. I 3,126 miliardi di franchi non sono però l'unica spesa che le
casse pubbliche dovranno addossarsi nell'ambito di questo folle “shopping” militare. Oltre al costo d'acquisto bisogna
aggiungere i lavori di adattamento alle strutture militari, i costi di manutenzione, quelli di esercizio annuali, la formazione
dei piloti, la modernizzazione dei velivoli sull'arco dei loro 35 anni di attività e l'acquisto di ulteriore materiale bellico di
ricambio (munizioni, missili e bombe). La spesa complessiva raggiunge l'esorbitante cifra di 10 miliardi di franchi, cioè il
triplo del costo iniziale. In media ogni famiglia svizzera sborserà quasi 2'600 franchi di tasse per finanziare questi aerei,
denaro che potrebbe venir investito in modo decisamente più utile.
I fumosi termini dell'acquisto e il non proprio illibato “curriculum” dell'azienda produttrice
Il Gripen è un aereo solo sulla carta, decine di componenti vanno ancora sviluppate e nessuno garantisce che questo
avvenga nei tempi prestabiliti. La Svizzera dovrà anticipare 1,2504 miliardi di franchi al gruppo Saab, ma cosa
succederebbe se i tempi d'attesa dovessero allungarsi? E se vi dovessero essere costi aggiuntivi durante i lavori? Non
dimentichiamo poi che il gruppo Saab è il più piccolo produttore di velivoli militari al mondo e che i modelli
precedentemente realizzati sono stati vittime di vari incidenti durante i testi di volo e dopo la consegna ai pochi stati che
hanno in dotazione questi aerei. La casa automobilistica Saab ha fatto bancarotta nel 2011 e ora il gruppo svedese è
obbligato a vendere centinaia di pezzi per non rischiare ulteriori danni economici. Danni economici e d'immagine
rischiano di venire dal Sudafrica, che ha un dotazione dei Gripen modello C e D. Vi sono infatti i sospetti che
nell'accordo pattuito con il Sudafrica vi siano stati dei casi di corruzione. Se la commissione incaricata di far luce
sull'accaduto dovesse confermare che l'acquisto dei Gripen è avvenuto grazie a delle tangenti, il gruppo Saab sarà
tenuto a rimborsare al governo sudafricano tutto il denaro investito e verrà tagliato qualsiasi canale di futura
collaborazione. È quindi affidabile questo produttore? Pare proprio di no. Ma di tutti questi aspetti i vertici dell'esercito
svizzero non vogliono tener conto.
L'attuale dotazione aerea ha già subito ammodernamenti, peraltro costosi
Emerge, da una valutazione del DDPS, che i Gripen sono inferiori in fatto di prestazioni e più costosi degli F/A-18
attualmente in dotazione, quindi perché si è scelto di puntare su questo modello? Non bisogna dimenticare i costi non
irrilevanti che stanno attorno ai 32 F/A-18. Recentemente questa flotta ha subito dei lavori di mantenimento della
capacità dei velivoli costati 404 milioni di franchi, ai quali vanno aggiunti i 69 milioni utilizzati per l'acquisto di un nuovo
simulatore di volo, spesa inserita nella fase di sviluppo dell'esercito 2008/2011 (FS 98/11), la quale è venuta a costare
in totale 1,5 miliardi di franchi! Il governo svedese, spalleggiato dall'Unione Europea (UE), minaccia il governo elvetico
di doversi addossare i costi dello sviluppo dei velivoli nel caso in cui questi non venissero acquistati. Tale atteggiamento
ha tutta l'aria di un diktat promosso dall'UE la quale – occorre ricordarlo - a seguito dei suoi controversi accordi
commerciali obbligava la Grecia, in piena crisi economica, ad acquistare materiale bellico dalla Germania e dalla
Francia, sottraendo così denaro importante per la sopravvivenza del Paese. Il problema principale, secondo il nostro
esercito, pare essere quello del ritiro dei 54 vecchi Tiger F-5. Le forze aeree sarebbero però comunque ben attrezzate,
secondo gli standard internazionali, nonostante l'assenza di questi velivoli. Con l'attuale flotta di F/A-18 l'esercito sarà
infatti perfettamente in grado di garantire il compito di polizia aerea per decenni. Questo tipo di intervento viene
effettuato in media una volta al mese e per situazioni dove non sussiste un reale pericolo per la popolazione1.
Quali sono le reali necessità della polizia aerea?
Qualcuno penserà che gli aerei da combattimento siano essenziali per scongiurare il rischio di un attacco terroristico su
suolo elvetico. Non è però così. Come si è potuto vedere con l'attacco del 11 settembre 2001 alle Torri Gemelle,
neppure la più grande potenza militare del mondo è stata in grado di evitare la catastrofe sui cieli di Manhattan. Se
quindi nel nostro spazio aereo un A380 della Swiss dovesse venir dirottato a 5'000 metri di quota esso impiegherebbe
un minuto per schiantarsi al suolo e nessuna delle nostre forze aeree sarebbe in grado d'intervenire in tempo e in modo
efficace. Per evitare questa tipologia di attacco è quindi necessario agire attraverso una difesa preventiva a terra: se,
tuttavia, un dirottatore si dovesse trovare in volo – de facto - non vi è nulla che si possa fare. Volgendo lo sguardo alle
realtà statuali confinanti, emerge come la Svizzera reputi in modo sostanzialmente sproporzionato la necessità
quantitativa di mezzi per il controllo dello spazio aereo. La Germania per questo tipo di mansioni impiega solo 4 aerei.
L'Austria possiede una flotta aerea che conta 15 velivoli. In Svizzera abbiamo già 32 F/A-18 e raggiungeremmo i 54
aerei da combattimento con i Gripen. Non occorre un marcato livello d'approfondimento per notare la totale assenza di
proporzionalità. Secondo uno studio basato sul numero di interventi aerei, la Svizzera necessiterebbe, tenendo conto
della conformazione geografica e della manutenzione dei mezzi, di 12 velivoli. Diventa quindi lampante l'inutilità di
possedere una forza aerea che supera di 4 volte quella realmente necessaria.
L'acquisto dei Gripen e le prospettive geopolitiche: una relazione ineludibile
Se, da un lato, il fatto di rivolgersi ad un centro di produzione europeo, segnatamente scandinavo (e non quindi
propendere per l'acquisto di un aereo di produzione statunitense, quale per esempio il Boeing F/A-18 E/F Super Hornet),
potrebbe essere inserito – in grandi linee, senza ipotizzare una volontà precisa e strategica da parte del governo elvetico
– all'interno di una dinamica di tendenziale sottrazione all'atlantismo stelle e strisce nell'ottica della promozione di una
visione più marcatamente continentalista, dall'altro emergono rilevanti dubbi e contraddizioni anche a proposito di una
tale opzione. Ciò è dato dal fatto che gli Stati Uniti, pur non essendo i veri e propri protagonisti della transazione
commerciale, sarebbero in una posizione tale – dati i rapporti di forza detenuti sia sotto il profilo geo-politico che sotto
quello tecnico-militare - da mistificare la sovranità elvetica. In primo luogo gli USA – a seguito di una potenziale
divergenza di interessi con il nostro Paese - potrebbero imporre un embargo circa il trasferimento della componentistica
di produzione statunitense di cui il Gripen è composto in maniera quantomeno sufficiente a determinare l'impossibilità di
reperire adatti elementi sostitutivi, compromettendo il corretto funzionamento degli aerei e bloccando conseguentemente
l'operatività di questi ultimi. In tal senso v'è da segnalare come gli Usa abbiano l'abitudine di vietare la vendita di parti di
ricambio statunitensi ai paesi classificati dal Dipartimento di Stato come «ostili agli Stati Uniti», o come «non
cooperativi», all'interno della nebulosa e indefinita guerra contro il narcotraffico e il terrorismo internazionale2. E, dato
che la geometria variabile quanto strumentale con cui gli USA esercitano la prassi delle relazioni internazionali è ormai
una peculiarità affermatasi alla luce del sole, risulta necessario valutare con cura un eventuale rischio – che seppur
remoto, data l'attuale congiuntura geopolitica, deve essere preso in considerazione - di ritrovarsi con una flotta di aerei
militari potenzialmente neutralizzabili.
Il Brasile: caso concreto in rapporto alle dinamiche internazionali sottese all'acquisto dei
Gripen
La sopracitata potenziale conseguenza negativa si può considerare anche per quanto riguarda il Brasile. Infatti, dopo
una pluriennale discussione interna – che ha visto confrontarsi i fautori dell'acquisto di uno o dell'altro modello di aereo
militare (il Boeing F/A-18 E/F Super Hornet statunitense, il Dassault Rafale francese e il Gripen svedese) - anche il
paese latino-americano ha optato per l'acquisto di quest'ultimo modello. Non si è trattato affatto di una scelta scontata,
presa a cuor leggero; certo è il fatto che le decisione di puntare sul prodotto scandinavo vada letta anche e soprattutto
come chiara risposta al peggioramento delle relazioni diplomatiche tra Brasile e Stati Uniti, segnatamente in
conseguenza al fatto che Washington (che possiede 77 basi nella regione brasiliana) ha effettuato attività di spionaggio
nei confronti del governo brasiliano, nonché ai danni dell'azienda brasiliana Petrobras. Ed è proprio a questo punto che
torna utile la riflessione realizzata precedentemente: la scelta dei Gripen – nel caso concreto brasiliano – rappresenta
effettivamente una manovra di sostanziale “smarcamento” dall'orbita e dal controllo statunitense? Ed è, sempre per
quanto riguarda il Brasile, soprattutto in base agli elementi di divergenza che si potrebbero originare in un prossimo
futuro – per esempio nella lotta per una delle tante ricchezze (acqua, minerali strategici, biodiversità, ecc) custodite in
Amazzonia, come anche, su un piano differente, a seguito di un potenziale rifiuto brasiliano ad assecondare una
determinata missione bellica statunitense (in un periodo in cui il controllo stelle e strisce sul mondo fa acqua da tutte le
parti) e, ancora, a proposito dell'impostazione strategica delle scelte economico-commerciali - che la tematica in
questione assume una centralità di assoluta rilevanza. Si profila, insomma, per il Brasile – attraverso la scelta dei Gripen
- uno “smarcamento” dagli USA che è solo apparentemente reale, e che nei fatti pone le basi per una forma di
sostanziale subalternità.
Dagli accordi in atto fra Saab e il governo brasiliano emerge inoltre un dato curioso: il costo al pezzo sarà di 20 milioni
inferiore rispetto a quello che spetta alla Svizzera. Questo significa che, rispetto ai 145 milioni per aereo che le casse
federali dovrebbero versare, il Brasile pagherebbe l'11% in meno. Com'è possibile? Da quando alla Saab è giunta la
notizia che l'alto commando della Forza Aerea Brasiliana (FAB) era seriamente interessato ai Gripen di nuova
generazione, i contatti con la Svizzera sono passati in secondo piano. Si è pure parlato del dislocamento di parte della
produzione nello Stato del Sud America; se questo avvenisse come influenzerebbe l'ipotetico acquisto da parte del
nostro Paese?
La Svezia nello scacchiere internazionale: una posizione neutrale?
Il fatto che, all'interno del Gripen, vi siano delle parti di produzione statunitense che svolgono una funzione quantomeno
rilevante per quanto riguarda l'”economia” del velivolo – si pensi, in tal senso, al fatto che il motore propulsore è uno
sviluppo di una turbina fabbricata dalla General Electric, e si potrebbe continuare – permetterebbe agli Stati Uniti – nel
caso in cui essi lo ritenessero adatto nell'ottica di una determinata finalità “punitiva” - d'imporre un embargo del quale il
governo svedese – a meno che non sia pronto ad affrontare un impegnativo “divorzio” con Washington - non potrebbe
fare altro che assecondare le direttive.
In tal senso la Svezia – come la Svizzera, peraltro – non appare proprio una grande paladina dell'antimperialismo. Un
rapporto ufficiale del Parlamento Europeo ha stabilito che in seguito agli attentati dell'11 settembre – tra il 2001 e il 2005
– la CIA ha operato 1245 voli illegali nello spazio aereo europeo, trasportando dei «detenuti fantasma» («ghost
detainees») fino all'interno dei centri di detenzione e di tortura situati in Europa (in particolare in Romania e in Polonia) e
in Medio Oriente. La Svezia, in tal senso, è stata accusata di aver permesso che i «voli della morte» statunitensi
potessero riapprovvigionarsi e ricevere un appoggio logistico dentro i suoi aeroporti3. Insomma, non proprio un
“curriculum” illibato!
In termini strettamente teorici – che dunque astraggano da una realtà effettuale elvetica in cui non c'è alcuna necessità
di dotarsi di nuove forze aeree – la scelta maggiormente consona nell'ottica di ridurre al minimo i potenziali svantaggi sul
piano geo-politico sarebbe quella di optare per l'acquisto di un prodotto russo (Sukhoi) oppure cinese (Chengdu J-10).
Oltre ad aver conseguito livelli tecnici d'avanguardia, questi velivoli, in virtù del fatto che vengono fabbricati da statualità
che sotto diversi profili (dalla dimensione geo-politica a quella economico-commerciale) non possono essere in nessun
modo considerate quali obbedienti esecutori degli ordini statunitensi, appaiono slegati dai potenziali pericoli sopraelencati.
Più fatti, un'unica e grande perplessità
Come evidenziato, il quadro che ruota attorno all'acquisto dei Gripen non è assolutamente dei più rosei e convincenti.
Fra i differenti elementi di perplessità cha caratterizzano tale caso concreto, l'inutilità dell'abnorme spesa d'acquisto è il
dato maggiormente contraddittorio, in stretto legame con un più complessivo sovra-finanziamento del settore militare. E,
in tal senso, tutto ciò rappresenta il sintomo più limpido di una politica finanziaria nazionale che – non riuscendo ad
intravvedere le reali priorità strategiche in cui investire – sta sostanzialmente fallendo. Mentre uno svizzero su quattro
fatica ad arrivare a fine mese e la crisi economica – che già colpisce i più deboli – metterà in seria difficoltà l'economia
elvetica negli anni a venire, obbligandoci ad ulteriori privazioni di prestazioni pubbliche, si vogliono investire miliardi in
una spesa tanto folle quanto inutile, che affievolirà ancor più i margini di manovra a livello finanziario. In tutto il mondo
sono stati spesi, nel 2006, 1'200 miliardi di dollari americani per scopi militari, questo denota un aumento del 40% ripeto
ai 10 anni precedenti. Di questi 1'200 miliardi ne basterebbe il 5% per dimezzare la povertà mondiale entro il 2015. La
Svizzera, attraverso l'acquisto dei Gripen, confermerebbe la sua partecipazione a questo carosello di sperpero del
denaro pubblico. Invece di unirsi all'armamento mondiale, il nostro Paese, che si definisce neutrale, dovrebbe
concentrarsi sulle reali problematiche globali: la pace, la povertà e il surriscaldamento del pianeta. Le priorità all'ordine
del giorno andrebbero attestate su un piano radicalmente antitetico e, in tal senso, occorrerebbe mirare allo sviluppo di
un mondo del lavoro florido, sicuro, sostenibile, puntare alla riduzione dei costi della salute (attraverso la creazione di
una cassa malati unica, pubblica e con i premi in base al reddito), potenziare gli investimenti nel settore dell'istruzione
(al fine di creare le basi per una maggiore accessibilità, in modo che il processo di selezione sociale venga stroncato
dalle fondamenta; risolvere dove necessario le problematiche delle strutture scolastiche; e al contempo portare verso
l'alto l'asticella della qualità), sviluppare il settore delle energie rinnovabili e quello del trasporto pubblico, ecc: la
sicurezza interna ai confini nazionali – a differenza della retorica che ci vuole spiegare come essa si ottenga attraverso il
possedimento di mezzi di combattimento militare - si ottiene in questo modo, cioè sviluppando in termini preventivi il
benessere sociale e la coesione societaria. Purtroppo, proprio questi settori di centrale importanza – nell'ottica di un
piano di risparmio contro la crisi economica – verranno a subire, da parte di Stato e cantoni, una serie di tagli lineari.
Tutto questo mentre il settore militare, annualmente, assorbe una quantità di ricchezza gigantesca.
I sostenitori dei Gripen affermano che l'acquisto di questi aerei creerà posti di lavoro. Una tale dichiarazione appare
tuttavia in contrasto – in termini logici - con il continuo smantellamento di caserme, arsenali ed aeroporti militari. Attorno
a questi aerei vi sono dei giochi di potere non molto chiari. Un fatto è in ogni caso certo: che vive e conosce la
quotidiana realtà svizzera non investirebbe in alcun modo tutti questi miliardi e queste energie in un progetto inutile, che
rischia solo di ledere ulteriormente una situazione economica complessiva che, per certi versi, appare già molto
precaria.
(*) membro del Comitato Centrale del Partito Comunista della Svizzera Italiana