Protocollo di Kyoto

Transcript

Protocollo di Kyoto
Protocollo di Kyōto
Il protocollo di Kyōto è un trattato internazionale in materia ambientale riguardante il
riscaldamento globale sottoscritto nella città giapponese di Kyōto l'11 dicembre 1997 da più di 160
paesi in occasione della Conferenza COP3 della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui
cambiamenti climatici (UNFCCC). Il trattato è entrato in vigore il 16 febbraio 2005, dopo la ratifica
anche da parte della Russia.
Il 16 febbraio 2007 si è celebrato l'anniversario del secondo anno di adesione al protocollo di
Kyōto, e lo stesso anno ricorre il decennale dalla sua stesura.
Termini e condizioni
Il trattato prevede l'obbligo in capo ai paesi industrializzati di operare una riduzione delle emissioni
di elementi inquinanti (biossido di carbonio ed altri cinque gas serra, ovvero metano, ossido di
diazoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoruro di zolfo) in una misura non inferiore al
5% rispetto alle emissioni registrate nel 1990 — considerato come anno base — nel periodo 20082012
Il protocollo di Kyōto prevede il ricorso a meccanismi di mercato, i cosiddetti Meccanismi
Flessibili; il principale meccanismo è il Meccanismo di Sviluppo Pulito. L'obiettivo dei Meccanismi
Flessibili è di ridurre le emissioni al costo minimo possibile; in altre parole, a massimizzare le
riduzioni ottenibili a parità di investimento.
Perché il trattato potesse entrare in vigore, si richiedeva che fosse ratificato da non meno di 55
nazioni firmatarie e che le nazioni che lo avessero ratificato producessero almeno il 55% delle
emissioni inquinanti; quest'ultima condizione è stata raggiunta solo nel novembre del 2004, quando
anche la Russia ha perfezionato la sua adesione.
Premesso che l'atmosfera terrestre contiene 3 milioni di megatonnellate (Mt) di CO2, il Protocollo
prevede che i paesi industrializzati riducano del 5% le proprie emissioni di questo gas. Il mondo
immette 6.000 Mt di CO2, di cui 3.000 dai paesi industrializzati e 3.000 da quelli in via di sviluppo;
per cui, con il protocollo di Kyōto, se ne dovrebbero immettere 5.850 anziché 6.000, su un totale di
3 milioni. Ad oggi, 174 Paesi e un'organizzazione di integrazione economica regionale (EEC)
hanno ratificato il Protocollo o hanno avviato le procedure per la ratifica. Questi paesi
contribuiscono per il 61,6% alle emissioni globali di gas serra.
Il protocollo di Kyōto prevede inoltre, per i Paesi aderenti, la possibilità di servirsi di un sistema di
meccanismi flessibili per l'acquisizione di crediti di emissioni:
•
Clean Development Mechanism (CDM): consente ai paesi industrializzati e ad economia in
transizione di realizzare progetti nei paesi in via di sviluppo, che producano benefici
ambientali in termini di riduzione delle emissioni di gas-serra e di sviluppo economico e
sociale dei Paesi ospiti e nello stesso tempo generino crediti di emissione (CER) per i Paesi
che promuovono gli interventi.
•
Joint Implementation (JI): consente ai paesi industrializzati e ad economia in transizione di
realizzare progetti per la riduzione delle emissioni di gas-serra in un altro paese dello stesso
gruppo e di utilizzare i crediti derivanti, congiuntamente con il paese ospite.
•
Emissions Trading (ET): consente lo scambio di crediti di emissione tra paesi
industrializzati e ad economia in transizione; un paese che abbia conseguito una
diminuzione delle proprie emissioni di gas serra superiore al proprio obiettivo può così
cedere (ricorrendo all’ET) tali "crediti" a un paese che, al contrario, non sia stato in grado di
rispettare i propri impegni di riduzione delle emissioni di gas-serra.
Paesi aderenti
Adesione al Protocollo di Kyōto al febbraio 2006. In verde gli stati che hanno firmato e ratificato il
trattato, in giallo gli stati che lo hanno firmato ma non ancora ratificato. Gli Stati Uniti hanno
firmato ma hanno poi rifiutato di ratificare il trattato.
Nel novembre 2001 si tenne la Conferenza di Marrakech, settima sessione della Conferenza delle
Parti. In questa sede, 40 paesi sottoscrissero il Protocollo di Kyōto. Due anni dopo, più di 120 paesi
avevano aderito al trattato, fino all'adesione e ratifica della Russia nel 2004, considerata importante
poiché questo paese produce da solo il 17,6% delle emissioni. All'aprile 2007 gli stati aderenti sono
169.
I paesi in via di sviluppo, al fine di non ostacolare la loro crescita economica frapponendovi oneri
per essi particolarmente gravosi, non sono stati invitati a ridurre le loro emissioni. L'Australia, che
aveva firmato ma non ratificato il protocollo, lo ha ratificato il 2 dicembre 2007.[1]
Paesi non aderenti
Stati Uniti
Tra i paesi non aderenti figurano gli USA, cioè i responsabili del 36,2% del totale delle emissioni
(annuncio del marzo 2001). In principio, il presidente Bill Clinton aveva firmato il Protocollo
durante gli ultimi mesi del suo mandato, ma George W. Bush, poco tempo dopo il suo insediamento
alla Casa Bianca, ritirò l'adesione inizialmente sottoscritta. Alcuni stati e grandi municipalità
americane, come Chicago e Los Angeles, stanno studiando la possibilità di emettere provvedimenti
che permettano a livello locale di applicare il trattato. Anche se il provvedimento riguardasse solo
una parte del paese, non sarebbe un evento insignificante: regioni come il New England, da soli
producono tanto biossido di carbonio quanto un grande paese industrializzato europeo come la
Germania.
Altri stati
Il Kazakistan ha firmato il documento, ma non lo ha ancora ratificato.
L'India e la Cina, che hanno ratificato il protocollo, non sono tenute a ridurre le emissioni di
anidride carbonica nel quadro del presente accordo, nonostante la loro popolazione relativamente
grande. Cina, India e altri paesi in via di sviluppo sono stati esonerati dagli obblighi del protocollo
di Kyōto perché essi non sono stati tra i principali responsabili delle emissioni di gas serra durante il
periodo di industrializzazione che si crede stia provocando oggi il cambiamento climatico. I paesi
non aderenti sono responsabili del 40% dell'emissione mondiale di gas serra.
Effetto serra
L'effetto serra è un fenomeno naturale che consiste nell'"intrappolamento" di una radiazione
energetica ad opera di una membrana semi trasparente. Il nome deriva per similitudine con quanto
avviene nelle serre per la coltivazione.
Scambio radiativo ed influenza dell'effetto serra atmosferico.
La presenza attorno ad un pianeta di un'atmosfera che assorbe parte dei raggi infrarossi emessi dal
suolo riscaldato dalla radiazione ricevuta dalla stella ne è un esempio.
Infatti i raggi solari a corta lunghezza d'onda penetrano facilmente la membrana semi trasparente costituita dai gas serra- perdendo anche una quota di energia ed "allungandosi". I raggi così
"allungati" raggiungono la superficie del pianeta che in parte li riflette "allungandoli" ulteriormente
ed in parte si riscalda. I raggi solari riflessi tornano di nuovo alla membrana semi trasparente (i gas
serra) che ancora una volta lascia passare solo una quota di energia che corrisponde alle onde con
lunghezza d'onda minore mentre riflette le lunghezze d'onda maggiore (l'infrarosso), alle quali si
somma anche il calore che emana la superficie riscaldata del pianeta: in tale situazione, una parte
della radiazione emessa dal suolo viene assorbita dall'atmosfera e riemessa in tutte le direzioni,
quindi in parte anche verso il suolo stesso.
In questo modo la radiazione elettromagnetica emessa dal Sole viene "imprigionata" sotto forma di
calore sulla superficie del pianeta e nella sua atmosfera e ciò comporta che l'equilibrio radiativo si
fissi ad una temperatura maggiore di quella che si stabilirebbe in assenza dell'atmosfera.
L'effetto serra permette quindi alla Terra di avere una temperatura media superiore al punto di
congelamento dell'acqua e dunque consente la vita come noi la conosciamo. Nel caso
dell'inquinamento atmosferico del nostro pianeta, ciò che non è naturale consiste in un eccesso in
quantità e qualità dei gas serra che costituiscono parte dell'atmosfera: tali gas sono principalmente
vapore acqueo, anidride carbonica (CO2), metano(CH4), ossido di diazoto (N2O) ed ozono(O3).
Nel sistema solare, oltre che sulla Terra, il fenomeno è stato osservato su Marte, Venere e Titano,
mentre ad esempio la Luna, priva di atmosfera, ha escursioni di temperatura fortissime fra il giorno
e la notte.
Ruolo dell'effetto serra nei cambiamenti climatici
Il clima è caratterizzato da 2 fattori principali:
•
•
La ciclicità (cicli giornalieri , stagionali, annuali, decennali, millenari,…) legati
principalmente ai movimenti della Terra (rotazione, rivoluzione, effetto dell'inclinazione
dell’asse,...) o altre cause cicliche (fasi solari, macchie solari,…);
La variabilità all’interno dei cicli dovute a cause non cicliche principalmente interne al
pianeta (movimenti delle masse d’aria, eruzioni vulcaniche, correnti oceaniche,…) ma anche
esterne (meteoriti, interazione con altre stelle o pianeti,…).
In questo contesto l’effetto serra si presenta come il fenomeno che regola i rapporti tra ciclicità e
variabilità climatica rendendo il sistema clima un sistema attivo autoregolante e retroattivo: infatti
cambiando un parametro climatico (insolazione, umidità dell’aria,…) l’effetto serra reagisce in
maniera tale da far tornare regolari e costanti le condizioni energetiche totali del sistema Terra. Più
in particolare per effetto serra si intendono tutti quei fenomeni attraverso i quali la natura interviene
a regolare la capacità dell’atmosfera di trattenere o meno l’energia proveniente dal sole.
Ad esempio d’estate quando è massima l’insolazione (l’energia solare che arriva sulla Terra)
diminuisce il potenziale serra dell’atmosfera poiché diminuisce l’umidità dell’aria ed è minimo il
contenuto di CO2 (grazie al consumo di CO2 delle piante in estate) e quindi l’atmosfera trattiene
minor calore al suo interno. Al contrario d’inverno,quando l’insolazione è minima (cioè è minima
l’energia che proviene dal sole), è massimo il potenziale serra dell’atmosfera: infatti è massima sia
l’umidità dell’atmosfera sia il contenuto di CO2 ( le piante in inverno ne consumano molto meno) e
quindi l’atmosfera riesce a trattenere maggiore energia al suo interno. Questa caratteristica è
facilmente osservabile in inverno di notte: è noto che, quando osserviamo un cielo invernale pieno
di stelle, ci dobbiamo aspettare una notte fredda, con possibili gelate notturne, mentre una serata
con cielo nuvoloso è di sicuro più calda.
Un altro esempio comune di effetto serra è quello che interviene nei cicli giornalieri del clima ossia
l’alternanza tra giorno e notte e la variazioni di temperatura associata: la ciclicità in questo caso
riguarda le temperature che a causa dell’insolazione sono massime intorno alle ore 12-15 del
pomeriggio e minime intorno alle 3-5 di notte; la variabilità è data dalle piogge e dagli spostamenti
di masse d’aria (più o meno calde e umide) che possono investire una zona e cambiare il clima di
uno o più giornate. L’effetto serra, si mostra attraverso le piogge (ossia la perdita di umidità da
parte dell’atmosfera), l'evaporazione o il movimento di masse d’aria umida (ossia l’arricchimento
d’umidità dell’atmosfera) e il movimento o la formazione di corpi nuvolosi (cioè il tentativo di
isolare una zona e diminuire l’insolazione respingendo i raggi solari). Tutti questi sono fenomeni
che possono investire una zona in un momento della giornata o persistere per più giornate.
Attraverso le piogge, l'evaporazione e i movimenti d’aria e nuvole, l’effetto serra, regolando la
capacità dell’atmosfera di trattenere energia, interviene giornalmente (e in modo diverso da zona a
zona) in maniera tale da mantenere regolare e costante il rapporto tra l’energia che nel trascorrere
dei giorni arriva sulla Terra e l’energia che la Terra perde. In pratica l’effetto serra opera attraverso
l’atmosfera (regolando la concentrazione in atmosfera di vapore acque, anidride carbonica,
metano,…) ed ha come obbiettivo la mitigazione del clima eliminando gli eccessi di riscaldamento
o gli eccessi di raffreddamento ai quali è soggetta la Terra a causa dei sui moti.
Quindi si può dire che l’effetto serra non è un fenomeno fisso e sempre costante ma è un fenomeno
che varia per regolare il clima e le sue variazioni sono sia di carattere giornaliero, sia di carattere
stagionale ma varia anche per cicli climatici molto più lunghi come nel caso dell’alternarsi di
periodi glaciali e interglaciali (cicli di migliaia di anni) o addirittura di era glaciale e interglaciale
(cicli di milioni di anni).
I gas più importanti per l’effetto serra sono:
- il vapore acqueo (rappresenta il 65% dell’effetto serra) che ha la caratteristica di poter essere
trovato rapidamente (evaporazione di mari, fiumi e laghi) e altrettanto rapidamente può essere
scartato dall’atmosfera (piogge) ed è quindi importante per i cicli giornalieri e stagionali;
- l’anidride carbonica e metano (rappresentano insieme il 27% dell’effetto serra) che al contrario
rimangono molto più a lungo in atmosfera e sono quindi importanti per regolare i cicli stagionali e
decennali.
Dinamica del fenomeno sulla Terra
Interazione tra la radiazione solare e il sistema Terra-atmosfera.
Il bilancio energetico viene descritto con valori percentuali nella prima immagine e in W/m² nella
seconda immagine: l'energia totale deriva dal Sole ma il 66% del calore che assorbe la Terra
proviene dall’atmosfera (grazie all’effetto serra) ed il restante 34% per assorbimento diretto dei
raggi del Sole.
Il Sole emette in tutte le direzioni dello spazio un flusso di energia di circa 64 milioni watt per
metro quadrato. La Terra è investita da una frazione di tutta questa energia che al di sopra
dell'atmosfera è stimata come valore medio in 1366 Watt per metro quadrato; questo valore è
denominato costante solare. Di conseguenza, tenuto conto della superficie sferica del nostro pianeta,
la potenza solare che viene indirizzata sulla Terra ha un valore di circa di 174 × 1015 watt, ossia di
174 milioni di gigawatt. In altri termini, l'energia luminosa arriva sulla Terra al ritmo di 174 milioni
di gigajoule al secondo. Si tratta di una quantità di energia di gran lunga superiore a quella
complessivamente generata dall'uomo. I 1366 watt per metro quadrato sarebbero il flusso di energia
che investirebbero la Terra se questa fosse ferma, piatta e se i raggi giungessero perpendicolarmente
ad essa ma tenendo conto della sfericità della Terra ( e quindi del fatto che i raggi investono
perpendicolarmente solo la zona equatoriale ) e dei suoi movimenti, la quantità media di energia che
arriva sopra l’atmosfera è 342 watt per metro quadrato.
Vediamo il bilancio energetico sole-terra. In condizioni di equilibrio la quantità di radiazione
ricevuta (il Sole a 6000 K emette fondamentalmente raggi a 0,5 µm, che sono lasciati passare
dall'atmosfera) è bilanciata da una eguale quantità riemessa in due modi:
•
•
riflessione (circa il 30% del totale, prevalentemente dalle nubi)
riemissione come radiazione di corpo nero (il restante 70%)
La radiazione non riflessa viene assorbita dall'atmosfera (17%), dalle nubi (8%) e dalla superficie
terrestre e dai mari (45%), dove si trasforma in calore.
La Terra, riscaldata come visto dai raggi solari, riemette una radiazione elettromagnetica la cui
lunghezza d'onda è legata alla temperatura dalla legge di Wien (come qualunque corpo caldo). Alla
temperatura della superficie terrestre, circa 287 K, l'emissione è nel campo dei raggi infrarossi cioè
con lunghezza d'onda di circa 10-15 micrometri.
L'atmosfera terrestre, che è trasparente alla luce visibile e all'infrarosso vicino, non lo è alla
lunghezza d'onda di 10-15 micrometri, per cui solamente il 12% della radiazione riemessa
(corrispondente al 9% rispetto alla radiazione solare entrante) riesce a sfuggire nel cosmo. Il resto
viene assorbito dall'atmosfera stessa e la riscalda; a sua volta l'atmosfera riemette energia che in
parte viene persa nello spazio.
La temperatura al suolo aumenta così fino a quando la quantità di radiazione che riesce a sfuggire
compensa quella ricevuta dal Sole e nel corso di milioni di anni si è stabilizzata su valori che hanno
permesso la vita: la temperatura media terrestre globale è di circa 15°C, mentre, senza tale
meccanismo, sarebbe di -20°C.
Riscaldamento globale
L'attività umana ha intensificato l'effetto serra a partire dalla rivoluzione neolitica, per via della
diminuzione della biomassa degli ecosistemi artificiali agricoli e dei loro suoli.
Una maggiore impennata nella concentrazione di gas serra si è avuta tuttavia con l'utilizzo di
combustibili fossili, che ha intaccato le riserve geologiche di carbonio alterandone il ciclo, e con la
maggior produzione di metano dovuta ad un'esplosione dell'allevamento e delle colture a
sommersione (per esempio il riso).
Anche prodotti di sintesi, quali i clorofluorocarburi ed i perfluorocarburi, contribuiscono - oltre al
noto problema del buco dell'ozono - all'intensificazione dell'effetto serra [1].
I paesi che emettono la maggior parte dei gas serra sono i paesi industrializzati, ma anche paesi in
via di sviluppo stanno svolgendo un ruolo significativo: al primo posto per quantitativi di gas serra
ci sono gli Stati Uniti d'America (~30%) mentre la Cina è già al secondo posto.
Un primo tentativo di limitare l'alterazione climatica indotta dall'uomo è il Protocollo di Kyōto al
quale alcuni paesi come gli Stati Uniti hanno deciso di non aderire, inizialmente citando studi in cui
si metteva in dubbio la responsabilità delle attività antropiche, poi, nel 2005, sostenendo che
l'economia americana non sarebbe pronta ad effettuare la transizione verso un minore impatto
ambientale. La sede dell'UNEP si trova a Nairobi.
Gas serra
Sono chiamati gas serra quei gas presenti in atmosfera, di origine sia naturale che antropica, che
assorbono ed emettono a specifiche lunghezze d'onda nello spettro della radiazione infrarossa,
emessa dalla superficie terrestre, dall'atmosfera e dalle nuvole. Questa loro proprietà causa il
fenomeno noto come effetto serra.
Il vapore acqueo (H2O), il biossido di carbonio (CO2), l'ossido di diazoto (N2O), il metano (CH4) e
l'ozono (O3) sono i gas serra principali nell'atmosfera terrestre.
Oltre a questi gas di origine anche naturale, esiste un'ampia gamma di gas serra rilasciati in
atmosfera di origine esclusivamente antropica, come gli alocarburi, tra i quali i più conosciuti sono i
clorofluorocarburi (CFC), e molte altre molecole contenenti cloro e fluoro dannose per lo strato di
ozono stratosferico, regolamentate dal Protocollo di Montreal. Naturalmente non bisogna
confondere "l'effetto serra" con il fenomeno del "buco dell'ozono". Occorre inoltre ricordare che
l'attività di eruzione di un vulcano, causa danni in maniera percentuale paragonabili a un anno di
emissione di CO2 di una nazione.
I gas alogenati sono emessi in quantità molto inferiori rispetto a CO2, CH4 e N2O ma possono avere
un tempo di vita molto lungo in atmosfera e un forte effetto come forzante radiativo, da 3 000 a 13
000 volte superiore a quella del biossido di carbonio. L’insieme di queste due caratteristiche è
chiamato Global Warming Potential (GWP, potenziale di riscaldamento globale).
Il GWP, che rappresenta l'effetto combinato del tempo di permanenza in atmosfera di ogni gas e la
relativa efficacia specifica nell'assorbimento della radiazione infrarossa emessa dalla Terra, è una
misura di quanto un dato gas serra contribuisca al riscaldamento globale rispetto al CO2. I GWP
sono calcolati dall'Intergovernmental Panel on Climate Change e sono utilizzati come fattori di
conversione per calcolare le emissioni di tutti i gas serra in emissioni di CO2 equivalente.
Il Protocollo di Kyōto regolamenta le emissioni di CO2, N2O, CH4, esafluoruro di zolfo (SF6),
idrofluorocarburi (HFCs) e perfluorocarburi (PFCs).
I gas ad effetto serra
I vari gas che formano l’atmosfera non contribuiscono tutti allo stesso modo per l’effetto serra:
infatti molecole come quella di azoto (N2) o ossigeno (O2) che costituiscono il 98% della nostra
atmosfera, non sono capaci di assorbire molta radiazione. I gas migliori per l'effetto serra sono
quelli che hanno una struttura molecolare asimmetrica: in generale quindi tutti i gas biatomici che si
trovano nell’atmosfera non sono buoni gas serra (proprio perché hanno una struttura sicuramente
lineare) mentre il metano (CH4), l’ozono (O3), il vapore acqueo (H2O), l’ossido nitroso (N2O), i
gas fluorurati (idrofluorocarburi HFC, esafluoro di zolfo SF6,perfluorocarburi
PFC,clorofluorocarburi CFC) sono buoni gas serra proprio perché hanno una struttura asimmetrica.
Caso particolare è l’anidride carbonica (CO2) che pur avendo una struttura lineare (con i tre atomi
in fila O-C-O) e quindi non avendo un elevato “potenziale serra”, è tuttavia molto più abbondante in
atmosfera rispetto ad altri gas a maggior potenziale serra ed è per questo considerato uno dei
maggiori responsabili dell’effetto serra.
VAPORE ACQUEO: Il principale gas a effetto serra è il vapore acqueo (H2O), responsabile per
circa due terzi dell’effetto serra naturale anche se non mancano opinioni secondo cui il vapore
acqueo sarebbe responsabile fino al 98% dell'effetto serra. Nell’atmosfera, le molecole di acqua
catturano il calore irradiato dalla terra diramandolo in tutte le direzioni, riscaldando così la
superficie della terra prima di essere irradiato nuovamente nello spazio. Il vapore acqueo
atmosferico è parte del ciclo idrologico, un sistema chiuso di circolazione dell’acqua – una risorsa
non infinita – dagli oceani e dai continenti verso l’atmosfera in un ciclo continuo di evaporazione,
traspirazione, condensazione e precipitazione. Le attività umane non immettono vapore acqueo
nell’atmosfera. Tuttavia l’aria calda può assorbire molta più umidità e di conseguenza le
temperature in aumento intensificano ulteriormente l’aumento di vapore acqueo in atmosfera e
quindi il cambiamento climatico.
ANIDRIDE CARBONICA (CO2): L’anidride carbonica è responsabile per il 20% dell’effetto
serra naturale ed interagisce con l’atmosfera per cause naturali e antropiche:
I serbatoi naturali della CO2 sono gli oceani (che contengono il 78% della CO2),i sedimenti fossili
(22%), la biosfera terrestre(6%), l’atmosfera (1%). Gran parte dell’anidride carbonica degli
ecosistemi viene immessa nell’atmosfera. Un certo numero di organismi hanno la capacità di
assimilare la CO2 atmosferica. Il carbonio, così, grazie alla fotosintesi delle piante, che combina
l’anidride carbonica e l’acqua in presenza dell’energia solare, entra nei composti organici e quindi
nella catena alimentare, ritornando infine all’atmosfera attraverso la respirazione. Si possono
individuare delle variazioni annuali della concentrazione di CO2 atmosferica. Durante l’inverno si
verifica un aumento della concentrazione dovuto al fatto che nelle piante a foglia caduca prevale la
respirazione; mentre durante l’estate la concentrazione di CO2 atmosferica diminuisce per
l’aumento totale della fotosintesi. Gli oceani hanno un ruolo fondamentale nel bilancio del
carbonio, e costituiscono una vera e propria riserva di carbonio sotto forma di ione bicarbonato. Gli
oceani assorbendo, così la CO2 atmosferica mantengono bassa la sua concentrazione; se la
concentrazione tendesse ad abbassarsi, gli oceani possono liberare anidride carbonica svolgendo un
ruolo di equilibratori. Questo bilancio naturale, in assenza di attività antropica, in prima
approssimazione, è sempre in pareggio. Esso coinvolge valori di emissioni e assorbimenti maggiori
alle emissioni antropiche. Tuttavia, per quanto piccole rispetto al totale, le emissioni antropiche
sono sufficienti a squilibrare l’intero sistema. L’anidride carbonica si va così accumulando
nell’atmosfera, in quanto i processi di assorbimento da parte dello strato rimescolato dell’oceano
non riescono a compensare del tutto il flusso entrante di carbonio. Le emissioni legate all’attività
umana sono dovute all’uso di energia fossile, ossia petrolio, carbone e gas naturale; e la restante
parte dovuta a fenomeni di deforestazione e cambiamenti d’uso delle superfici agricole. Il
contributo della deforestazione è peraltro molto incerto, ed oggi al centro di molti dibattiti: le stime
indicano valori compresi tra un massimo di 2 ad un minimo di 0.6 GtC/anno. L’ammontare
equivalente di CO2 si ottiene moltiplicando per 44/12. Per quanto concerne la persistenza media in
anni della CO2 in atmosfera, l’IPCC considera un intervallo compreso tra i 50 e i 200 anni che,
dipende sostanzialmente dal mezzo di assorbimento.
METANO (CH4): Il metano (CH4) è considerato responsabile per circa 8%. Il metano è il prodotto
della degradazione di materiale organico in ambiente anaerobico. La sua capacità nel trattenere il
calore è 30 volte maggiori a quella dell’anidride carbonica. La sua concentrazione atmosferica
media sta aumentando con un tasso medio annuo valutato tra l’1.1% e l’1.4%. Le principali fonti di
metano sono i terreni paludosi (25-170 Tg annui; 1 Tg o teragrammo = 1012 grammo), le risaie (40179 Tg), la fermentazione del concime organico (40-110 Tg), la combustione della biomassa (30110 Tg), la produzione e la distribuzione di gas naturale (20-50 Tg), l’estrazione del carbone (10-40
Tg) e le termiti (5-45 Tg), per un incremento dello 0.6% annuo . E´da rilevare il forte aumento delle
emissioni di metano da parte delle discariche; inoltre si è avuto un aumento delle emissioni
provenienti dal settore energetico, e una diminuzione di quelle del settore agricolo.
PROTOSSIDO D’ AZOTO (N2O): Si forma principalmente da processi anaerobici di
denitrificazione dei terreni e da ossidi d’azoto liberati dall’uomo in atmosfera. La sua capacità nel
trattenere calore è circa 200 volte maggiore di quella dell’anidride carbonica. La concentrazione
media è già superiore al valore di 0.3 ppm e sta aumentando con un tasso annuo di quasi lo 0.3%
(IPCC), che è sicuramente minore all’aumento degli altri gas serra, ma il suo tempo medio di
persistenza è di circa 120 anni . Ciò fa sì che se anche le emissioni fossero mantenute costanti, ci
vorrebbero molti anni per stabilizzare le concentrazioni. Le principali attività umane legate alla
produzione di N2O vanno ricercate nell’agricoltura, principalmente nell’uso di fertilizzanti azotati e
in una serie di produzioni industriali. Le emissioni antropiche mondiali sono intorno ad 8 milioni di
tonnellate/anno, le quali vengono assorbite principalmente dagli oceani.
ESAFLUORURO DI ZOLFO (SF6): Fa parte dei gas fluorurati che sono gli unici gas ad effetto
serra che non esistono in natura ma sono stati sviluppati dall'uomo a fini industriali. Le principali
fonti di emissione del SF6 risultano l’industria elettrica che lo adopera come isolante, e dalle
fonderie di magnesio. In entrambi i casi è possibile l’utilizzo di tecniche alternative per diminuire
questa fonte di inquinamento. Le sue concentrazioni sono fortemente aumentate negli ultimi dieci
anni, raggiungendo un tasso d’incremento annuo di circa il 7%. La sua persistenza atmosferica è di
3200 anni.
CLOROFLUOROCARBURI (CFC): I gas tecnologici climalteranti, a differenza dei precedenti
non esistono in natura e sono creati appositamente per l’uso come solventi, nella produzione di
schiume isolanti, nei cicli di refrigerazione, ecc,. I clorofluorocarburi, che sono liberati in atmosfera
con l’impiego diffuso di vari prodotti industriali, presentano concentrazioni atmosferiche, di per sé
basse ma egualmente capaci di dare forti effetti radiativi. La concentrazione CFC-11 che era di
0.175 parti per miliardo (ppb) alcuni anni fa, sta aumentando con un tasso medio annuo del 5.7%.
quella di CFC-12, che era di 0.300 ppb una decina di anni fa, sta aumentando con un tasso medio
annuo di circa il 6% (tabella 1). I clorofluorocarburi, scoperti da Midgley nel 1928, erano di fatto
sostanze chimiche considerate miracolose per i processi di refrigerazione, e per molti anni furono
comprensibilmente ritenuti un grande successo industriale.
Disboscamento
Il disboscamento, o deforestazione, consiste nell'abbattimento degli alberi per motivi commerciali
o per sfruttare il terreno per la coltivazione.
Fin dall'antichità si disbosca per ottenere la legna da ardere per il riscaldamento domestico o da
usare come materiale da costruzione, per ottenere nuovi terreni da destinare all'agricoltura e
all'espansione urbana. Questo fenomeno interessa soprattutto le aree tropicali dove vengono
eseguite con il metodo del "taglia e brucia": dapprima si abbattono gli alberi e poi si incendia il
sottobosco rimanente. Una volta terminato l'incendio si sarà depositata sul terreno della cenere che
fertilizza il terreno.
Questo sistema arreca gravi danni all'equilibrio dell'ambiente naturale, infatti la cenere fertilizza per
poco tempo il terreno, mentre la distruzione del sottobosco distrugge in tutto e per tutto l'habitat
della foresta pluviale accelerando fenomeni erosivi del terreno. Dopo pochi anni si deve
abbandonare il terreno e diboscare un'altra area. Inoltre l'utilizzo del fuoco è molto pericoloso
perché danneggia la fauna e spesso sfugge al controllo causando danni ancora più gravi. Questo
fenomeno, ancora molto frequente nella foresta amazzonica e in crescita in molte altre aree del
pianeta, porta via molti alberi al polmone verde della Terra. I paesi maggiormente interessati da
questo fenomeno (spesso anche connesso con attività illegali) sono Cina, Colombia, Congo[1],
Brasile, India, Indonesia, Myanmar, Malesia, Messico, Nigeria e Thailandia, che insieme compiono
più del 70% di diboscamento mondiale.
I danni della deforestazione
Le piante verdi aiutano a mantenere stabile la concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera
(attraverso la fotosintesi clorofilliana). L'utilizzo di combustibili fossili ed il disboscamento stanno
causando un aumento di CO2 nell'atmosfera, che ha diretta influenza in fenomeni come l'effetto
serra ed il riscaldamento globale. Gli effetti negativi del diboscamento sono numerosi e
comprendono:
•
•
•
•
•
l'effetto serra
desertificazione nei territori secchi
erosione, frane e smottamenti nei territori piovosi e collinari
inquinamento degli ecosistemi acquatici (a causa del dilavamento delle acque)
sottrazione di risorse per le popolazioni indigene
Il diboscamento (sia volontario che non voluto) è il risultato della rimozione di alberi senza che vi
sia una riforestazione sufficiente. Ci sono molte cause di ciò, che possono variare da una lenta
degradazione forestale ad improvvisi incendi, ad intense attivita di pascolo. Mentre il diboscamento
delle foreste pluviali tropicali ha attirato l'attenzione dell'opinione pubblica, le foreste torride
tropicali stanno scomparendo ad una velocità sostanzialmente più alta. Invece di catturare le
precipitazioni, che filtrano poi nel sottosuolo, le aree diboscate diventano aree di veloce deflusso
acquifero superficiale. Il diboscamento contribuisce inoltre ad una riduzione
dell'evapotraspirazione, che diminuisce l'umidità atmosferica e le precipitazioni; ad esempio nel
Nord e nel Nord-ovest della Cina la media delle precipitazioni annuali è diminuita di un terzo tra il
1950 e il 1985. Anche la produzione di legname può essere una causa di diboscamento, ma in
misura inferiore alle cause su esposte. Le foreste sono un'importante riserva di carbone, sono
fondamentali per il ciclo del carbonio, risanando l'aria dall' anidride carbonica e altri agenti
inquinanti.
I boschi e le foreste sono inoltre importantissimi ecosistemi con una elevatissima biodiversità in cui
vivono numerosissime specie viventi.
Sono anche oggetto di bellezza estetica, naturalistica e culturale. Il diboscamento comporta la
perdita di questi valori, del rispetto delle foreste e in generale dell'ambiente.
Controllare la deforestazione
I metodi per controllare e ridurre la deforestazione sono numerosi, ma tutti dipendono dalla volontà
politica di attuarli, anche in contrasto con forti interessi economici.
Fra questi vi è prima di tutto una agricoltura sostenibile, che attui sistemi di rotazione delle colture e
che utilizzi meno territorio. Questo non è affatto scontato nei paesi in via di sviluppo dove la
popolazione è in rapida crescita.
Una corretta gestione delle foreste è alla base di tutto. Alla Conferenza di Rio del 1992 si è proposto
un sistema gestione forestale sostenibile (GFS), con lo scopo di controllare il patrimonio e gli
ecosistemi forestali a livello mondiale. A questo è seguita la formazione di alcune organizzazioni
come il Forest Stewardship Council, attivo per la salvaguardia delle foreste tropicali, del Nord
America e dell'Europa: FSC certifica i prodotti costituiti da materie prime che non consumano il
patrimonio forestale.
La deforestazione continua ad avanzare, e si sta rendendo necessario attuare politiche di
riforestazione. Ad esempio in Cina il governo ha chiesto ai cittadini di contribuire piantando alberi.
Anche numerose associazioni si occupano della riforestazione, ma sembra che gli sforzi non siano
completamente condivisi a livello mondiale. L'unico paese che ha aumentato il proprio patrimonio
boschivo nel corso del XX secolo mediante politiche governative è Israele. In Europa il
disboscamento sembra aver rallentato la sua corsa, ma in paesi come l'Italia questo sembra più
essere dovuto all'abbandono del patrimonio boschivo e in parte di quello agricolo, piuttosto che ad
una loro oculata gestione.
Note
Va precisato, per i navigatori di lingua italiana, che "deforestazione" e "disboscamento" non devono
essere considerati sinonimi. Infatti, per deforestazione si deve intendere l'ERADICAZIONE della
superficie boscata con effetto duraturo, anche se non necessariamente definitivo; per disboscamento
devono intendersi quelle operazioni appartenenti alla SELVICOLTURA NATURALISTICA le
quali, tramite un'oculata selezione delle piante da abbattere, in realtà provvedono al mantenimento
in salute delle superfici forestali esistenti e allo sviluppo delle giovani piante preservandole per il
futuro. Ove il taglio non avvenga sotto i dettami della moderna selvicoltura naturalistica, IL
DISBOSCAMENTO ha l'effetto della distruzione della superficie forestale che, in alcuni casi può
risultare di lunga durata (conifere in assenza di rinnovazione, zone aride, aree delicate, ecc.). Per i
boschi e le foreste italiani sono in vigore già dagli anni 20 del secolo scorso (R.D.3267/1923), per
tutte le proprietà pubbliche e per le grosse proprietà private, dei veri e propri PIANI DI GESTIONE
FORESTALE E AMBIENTALE che hanno la finalità principale di tutelare e sviluppare il territorio
boscato.
cosa principale, è che ora il disboscamento non si estende soltanto a quelle porzioni di verde, che
vengono utilizzate dal mondo occidentale, ma la continua richiesta di generi alimentari coltivabili
solo in monoculture estese su larga scala da parte dell' oriente, porta le comunità meno abienti a
incrementare guadagno disboscando e cedendo spazio alle culture, ma a lungo andare questo
processo metterà sia fine alle grandi zone verdi, ma anche alla sicurezza di un mondo dove la
biodiversità non è compromessa.
Rimboschimento
Riforestazione oppure rimboschimento è un termine che indica il processo con cui una zona
desertica o precedentemente disboscata viene ricoperta da alberi adatti a quella zona.
Il bosco è in grado di influenzare in maniera significativa la biosfera e la struttura economica di una
regione a diversi livelli e in diversi ambiti. Per questo, gli scopi del rimboschimento possono essere
i più disparati:
•
•
•
•
•
•
•
rallentamento dell'erosione del terreno;
innalzamento del livello delle acque sotterranee nelle falde acquifere della zona;
ricostituzione della biodiversità;
freno ad un eventuale processo di desertificazione;
protezione contro inondazioni o valanghe;
produzione di legname;
controllo del tenore di anidride carbonica nell'atmosfera.
A lungo termine, il rimboschimento è giustificato da considerazioni di ecosostenibilità e sviluppo
sostenibile. Progetti del genere potrebbero ad esempio contribuire a fronteggiare l'effetto serra.
Il processo di riforestazione può essere semplicemente favorito evitando o tenendo sotto controllo le
condizioni sfavorevoli allo sviluppo di un bosco. In caso contrario, intervenendo attivamente, una
delle difficoltà principali è quella di scegliere le sementi più adatte e di garantirne la germinazione.
Agroforestazione
L'agroforestazione è un sistema integrato di uso del suolo che aumenta la diversità agrobiologica e
territoriale incrementando e diversificando i redditi delle popolazioni rurali.
Essa riesce a conciliare funzioni produttive, ecologiche e sociali. In risposta alla monocoltura, alla
semplificazione produttiva e culturale del mondo rurale, propone la multifunzionalità come garanzia
di stabilità.
La coltivazione che associa gli alberi da frutto e forestali a colture annuali, garantisce una
produzione e un carico di lavoro diversificato e continuativo tutto l’anno, si basa sull’uso delle
risorse naturali locali e richiede un basso utilizzo di input esterni. L'agroforestazione promuove
quindi le consociazioni agrarie e forestali.
L'agroforestazione è una pratica molto usata nei progetti di cooperazione allo sviluppo nei Paesi in
via di sviluppo
Ciclo del carbonio
Diagramma del ciclo del carbonio. I numeri neri indicano la riserva di carbonio in ogni distretto, in
miliardi di tonnellate ("GtC" significa GigaTonnellate di Carbonio). I numeri blu indicano quanto
di questo carbonio viene mobilizzato ogni anno da una riserva all'altra.
Il ciclo del carbonio è il ciclo biogeochimico attraverso il quale il carbonio viene scambiato tra la
geosfera (all'interno della quale si considerano i sedimenti ed i combustibili fossili), l'idrosfera
(mari ed oceani), la biosfera (comprese le acque dolci) e l'atmosfera della Terra. Tutte queste
porzioni della Terra sono considerabili a tutti gli effetti riserve di carbonio (carbon sinks). Il ciclo è
infatti solitamente inteso come l'interscambio dinamico tra questi quattro distretti. Gli oceani
contengono la maggior riserva di carbonio presente sulla Terra, sebbene essa sia solo in piccola
parte disponibile all'interscambio con l'atmosfera.
Le dinamiche di interscambio sono legate a processi chimici, fisici, geologici e biologici.
Sembra che anche altri corpi celesti possano avere un ciclo del carbonio, ma esistono pochissime
informazioni a tal riguardo.
Il bilancio globale del carbonio è il bilancio degli scambi (entrate e perdite) tra le riserve di
carbonio o tra uno specifico ciclo (ad es. atmosfera-biosfera) del ciclo del carbonio. Un esame del
bilancio di carbonio di una riserva può fornire informazioni se questa stia funzionando da fonte o da
consumatore del biossido di carbonio.
Carbonio nell'atmosfera
Carbonio nella biosfera
Circa 1900 miliardi di tonnellate di carbonio sono presenti nella biosfera. Il carbonio è parte
essenziale della vita sulla Terra. Esso gioca un ruolo importante nella struttura, biochimica e
nutrizione di tutte le cellule viventi. E la vita gioca un ruolo importante nel ciclo del carbonio:
•
•
•
•
Gli organismi autotrofi sono organismi che producono i loro composti organici usando il
biossido di carbonio tratto dall'aria o dall'acqua in cui vivono. Per fare ciò necessitano di una
fonte di energia esterna. Quasi tutti gli autotrofi usano la radiazione solare a questo scopo e
il loro processo di produzione viene chiamato fotosintesi. Un piccolo numero di autotrofi
sfrutta fonti di energia chimica (in questo caso di parla di chemiosintesi). Gli autotrofi più
importanti per il ciclo del carbonio sono gli alberi delle foreste sulla terraferma e il
fitoplancton negli oceani. La fotosintesi segue la reazione 6CO2 + 6H2O → C6H12O6 + 6O2
Il carbonio viene trasferito nella biosfera quando gli organismi eterotrofi si nutrono di altri
organismi o di loro parti (as esempio i frutti). Questo comprende l'assorbimento di materiale
organico morto da parte di funghi e batteri, che producono fermentazione o decomposizione.
Gran parte del carbonio lascia la biosfera attraverso la respirazione. Quando è presente
l'ossigeno, si ha la respirazione aerobica, che rilascia biossido di carbonio nell'aria o
nell'acqua circostante, seguendo la reazione C6H12O6 + 6O2 → 6CO2 + 6H2O. Altrimenti si
ha la respirazione anaerobica, con rilascio di metano nell'ambiente circostante, il quale
giunge fino all'atmosfera o all'idrosfera (ad esempio con i gas di palude o la flatulenza).
La combustione di biomassa (ad esempio incendi boschivi, o legna usata per il
riscaldamento) può trasferire anch'essa un sostanziale quantitativo di carbonio
nell'atmosfera.
L'immagazzinamento di carbonio nella biosfera è influenzato da diversi processi che si attuano su
varie scale temporali: mentre la produttività primaria netta segue un ciclo diurno e stagionale, il
carbonio può essere immagazzinato per diverse centinaia di anni negli alberi e fino a migliaia di
anni nel suolo. Cambiamenti in questi bacini di carbonio a lungo termine (ad esempio attraverso la
deforestazione o l'afforestazione, o attraverso cambiamenti nella respirazione del suolo, legati alla
temperatura) possono influenzare direttamente il riscaldamento globale.
Carbonio nella geosfera
Il carbonio può anche lasciare la biosfera, quando la materia organica morta (come la torba)
sedimenta e viene ricoperta da altri depositi sedimentari, viene incorporata nella geosfera.
Il carbonio negli oceani
•
•
Le conchiglie, fatte di carbonato di calcio, possono trasformarsi in calcare attraverso il
processo di sedimentazione.
Molto si deve ancora apprendere circa il ciclo del carbonio nell'oceano profondo. Ad
esempio, una recente scoperta è che le bolle di muco delle Appendicolarie (dette "case")
vengono create in quantità talmente grande che possono fornire una quantità di carbonio
all'oceano profondo pari a quella rilevata in precedenza dalle trappole per sedimento [1]. A
causa della loro dimensione e composizione, queste "case" raramente vengono raccolte da
tali trappole, quindi gran parte delle analisi biogeochimiche le hanno erroneamente ignorate.
I mari contengono circa 36.000 miliardi di tonnellate di carbonio, in gran parte sotto forma di ione
bicarbonato. La presenza di carbonio inorganico, rappresentato da gruppi di carbonio senza legami
carbonio-carbonio o carbonio-idrogeno, è importante per le sue reazioni in acqua. Questo scambio
di carbonio diventa importante nel controllare il pH degli oceani e può comportarsi sia come
sorgente che come assorbente di carbonio a seconda delle condizioni. Il carbonio è scambiato
rapidamente tra atmosfera e oceano. Nelle regioni oceaniche di upwelling, il carbonio viene
rilasciato verso l'atmosfera. Al contrario, nelle regioni di downwelling il trasferimento di carbonio
(CO2) avviene tra atmosfera e oceano. Quando esso è assorbito dall'oceano avviene la formazione di
acido carbonico:
CO2 + H2O ⇌ H2CO3
Questa reazione può avvenire in entrambe le direzioni, fino a raggiungere l'equilibrio chimico.
Un'altra importante reazione che determina il pH oceanico è il rilascio di ioni idrogeno e
bicarbonato:
H2CO3 ⇌ H+ + HCO3
I modelli del ciclo del carbonio
Diversi modelli del ciclo del carbonio possono essere incorporati all'interno del modello globale del
clima, in modo da prevedere l'effetto di interazione dei futuri livelli di CO2 sugli oceani e sulla
biosfera. Ci sono, comunque, considerevoli dubbi sulla loro effettiva correttezza, sia per quanto
riguarda i modelli fisici che biochimici (specialmente quest'ultimo). Tali sistemi mostrano che c'è
una relazione diretta tra temperatura e CO2. Ad esempio alcuni ricercatori [2] hanno mostrato che nel
loro modello, includendo il ciclo del carbonio, aumenta la quantità di CO2 nell'atmosfera di circa 90
ppmv a 2100 (superiore al valore predetto dai modelli con un ciclo del carbonio non interattivo),
portando ad un ulteriore aumento di 0,6°C del riscaldamento (che, a sua volta, può provocare un
ulteriore aumento della quantità di CO2 atmosferico).
Riscaldamento globale
Anomalia media della temperatura atmosferica a terra e della superficie dei mari negli ultimi 150
anni
Riscaldamento globale (global warming nella letteratura scientifica in inglese) è un' espressione
usata per indicare le fasi, relative all'intera storia climatica della Terra, di aumento della temperatura
media dell'atmosfera terrestre e degli oceani dovute a cause naturali (cicli solari, moti della Terra,
variazioni atmosferiche,...).
Spesso l'espressione viene usata impropriamente come sinonimo di Surriscaldamento Climatico
che al contrario indica la parte di aumento delle temperature causata dalle attività umane (uso di
combustibili fossili, deforestazione, allevamento e agricoltura,...).
La temperatura superficiale globale del pianeta è aumentata di 0,74 ± 0,18 °C durante gli ultimi 100
anni, fino al 2005[1][2]. L'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha concluso che «la
maggior parte dell'incremento osservato delle temperature medie globali a partire dalla metà del XX
secolo è molto probabilmente da attribuire all'incremento osservato delle concentrazioni di gas serra
antropogenici»[3][4] attraverso un aumento dell'effetto serra. I fenomeni naturali come le fluttuazioni
solari e l'attività vulcanica hanno contribuito marginalmente al riscaldamento nell'arco di tempo che
intercorre tra il periodo pre-industriale e il 1950 e hanno causato un lieve effetto di raffreddamento
nel periodo dal 1950 fino ad oggi[5][6]. Queste conclusioni sono state supportate da almeno 30
associazioni e accademie scientifiche[7], tra cui tutte le accademie nazionali della scienza dei paesi
del G8[8][9][10]. Mentre alcuni scienziati si sono opposti a questi risultati[11], la grande maggioranza
degli scienziati che si occupano di mutamenti climatici sono in accordo con le conclusioni principali
dell'IPCC[12][13]. Le proiezioni del modello climatico riassunte dall'IPCC indicano che la
temperatura media superficiale del pianeta si innalzerà probabilmente di circa 1,1 °C - 6,4 °C
durante il XXI secolo[3]. Questo intervallo di valori risultano dall'impiego di vari scenari sulle
emissioni future di gas serra, assieme a diversi valori di sensibilità climatica. Anche se molti studi
riguardano l'andamento nel XXI secolo, il riscaldamento e l'innalzamento del livello dei mari
potrebbero continuare per più di un migliaio di anni, anche se i livelli di gas serra verranno
stabilizzati. Il ritardo nel raggiungimento di un equilibrio è dovuto alla grande capacità termica
degli oceani[3].
Cause del riscaldamento
Il mantenimento della temperatura della biosfera terrestre attorno a valori medi adatti alla vita è
dovuto principalmente all'azione combinata di quattro fattori:
1.
2.
3.
4.
Calore interno del pianeta
Irraggiamento solare, che fornisce l'energia per l'effetto serra
Presenza dell'atmosfera, che attenua gli sbalzi di temperatura giornalieri e stagionali
Effetto serra naturale, che amplifica l'effetto termico dell'irraggiamento solare
La variazione quantitativa di uno o più di questi fattori può causare un riscaldamento globale o
raffreddamento globale dell' atmosfera e superficie terrestre.
Gas serra nell'atmosfera
Variazione della temperatura globale (in rosso) e dell'anidride carbonica presente nell'atmosfera
(in blu) negli ultimi 1000 anni. La causalità non è da tutti ritenuta provata, ma si notano delle
somiglianze fra le due curve, soprattutto nell'ultimo secolo.
Nell'attuale fase di riscaldamento del pianeta si sta assistendo ad una variazione significativa di un
importante fattore che influenza la temperatura terrestre, ovvero la concentrazione atmosferica di
anidride carbonica o biossido di carbonio (CO2), uno dei gas serra. Tale incremento di circa 2 ppm
all'anno (in due secoli il valore della concentrazione è passato da 280 ppm a 380 ppm, il valore più
alto da 650.000 anni a questa parte[14]) non ha eguali nella storia recente del pianeta ed è ritenuto
legato all'uso di combustibili fossili che durante il periodo carbonifero (tra 345 e 280 milioni di anni
fa) sono stati "fissati" nel sottosuolo ad opera della vegetazione e degli animali, passando dalla
forma gassosa di CO2 a quella solida o liquida di petrolio, carbone o gas naturale. Negli ultimi 150200 anni, a partire dalla rivoluzione industriale, la combustione dei giacimenti fossili ha invertito il
processo avvenuto durante il periodo carbonifero, reimmettendo nell'atmosfera questo carbonio
sepolto da milioni di anni sotto forma di enormi quantità di anidride carbonica (circa 27 miliardi di
tonnellate all'anno[15]). Inoltre, secondo le stime, il pianeta riuscirebbe oggi a riassorbire, mediante
la fotosintesi clorofilliana e l'azione delle alghe degli oceani, meno della metà delle emissioni,
anche a causa della deforestazione[16]. L'attività umana ha infatti ridotto la biomassa vegetale in
grado di assorbire la CO2 fin dalla rivoluzione agricola neolitica, trasformando i boschi in campi o
città. Oggi la deforestazione (ad esempio in Amazzonia) è nettamente aumentata ed aggrava
ulteriormente la situazione. A contribuire ulteriormente vi è la maggior produzione di metano da
fermentazione dovuta ad un incremento significativo dell'allevamento intensivo e delle colture a
sommersione (ad esempio il riso). La CO2 non è infatti l'unico gas serra, ma rappresenta solo lo
0,038% dei gas atmosferici e circa il 5% del totale dei gas serra, quando il vapore acqueo
rappresenta lo 0,33% dei gas atmosferici e contribuisce per circa il 50% ai gas serra.
Sebbene nella storia del clima le variazioni nei livelli di CO2 osservate siano state successive alle
variazioni di temperatura e non viceversa (esiste un ritardo di 800 anni tra i picchi di temperatura ed
i corrispondenti picchi di CO2 nell'atmosfera), secondo il comitato di esperti delle Nazioni Unite
(Intergovernmental Panel on Climate Change) l'attuale riscaldamento non può essere spiegato se
non attribuendo un ruolo anche a questo aumento di concentrazione di CO2 nell'atmosfera.
Va sottolineato che l'effetto serra è un fenomeno naturale e necessario per permettere alla superficie
terrestre di avere temperature adatte alla vita, in particolare quella umana; ad esempio la
decomposizione di piante ed animali morti o la normale attività geotermica dei vulcani emettono
enormi quantità di gas serra, ma in questi casi si tratta di emissioni costanti o in lentissima
evoluzione (dell'ordine di migliaia o milioni di anni) e per questo non ritenute problematiche.
Anche in concomitanza di grandi eruzioni catastrofiche si sono determinate evidenti mutazioni del
clima a livello globale (di solito però abbassando le temperature a causa delle eccezionali quantità
di polveri emesse in atmosfera, come nel caso delle eruzioni dei vulcani Pinatubo o Krakatoa).
Tuttavia questo genere di fenomeni, in epoche storiche, sono stati riassorbiti e non hanno
comportato mutamenti permanenti del clima. A parte dunque tale effetto serra naturale, il problema
è l'eccesso di riscaldamento dovuto ad un più marcato effetto serra, e dunque il conseguente
surriscaldamento.
Surriscaldamento degli oceani
L'incremento della CO2 dovuto alle fonti fossili è ulteriormente amplificato dal surriscaldamento
degli oceani. Le acque marine contengono disciolta una grande quantità di CO2 ed il riscaldamento
dei mari ne causa l'emissione in atmosfera. Inoltre, il riscaldamento dovuto all'aumento della
temperatura produce una maggior evaporazione dei mari liberando in atmosfera ulteriori quantità di
vapore acqueo, il principale gas serra, accrescendo ulteriormente la temperatura globale ed
aumentando quantità e violenza di piogge ed uragani tropicalizzando il clima.
Variazione attività solare ed altri fattori cosmici
Variazione dell'irraggiamento solare negli ultimi 30 anni (la linea rossa indica la media annuale,
quella gialla i valori giornalieri). Su circa 1366 watt totali, l'oscillazione è di pochi watt.
Verificando i dati di irraggiamento solare si può constatare come le variazioni dell'attività solare
negli ultimi 30 anni siano state minime in rapporto invece ad un aumento della temperatura globale
ben più marcato. Gli scienziati che sostengono questa teoria, pur ammettendo che la variazione
dell'attività solare sia stata in passato uno dei possibili fattori che hanno influenzato le temperature,
ritengono che oggi la gran parte del surriscaldamento globale sia dovuta ai gas serra.
Retroazione
Quando una tendenza al riscaldamento provoca effetti che inducono ulteriore riscaldamento si parla
di retroazione positiva, mentre quando gli effetti producono raffreddamento si parla di retroazione
negativa. La principale retroazione positiva nel sistema climatico comprende il vapore acqueo,
mentre la principale retroazione negativa è costituita dall'effetto della temperature sulle emissioni di
radiazione infrarossa: all'aumentare della temperatura di un corpo, la radiazione emessa aumenta in
proporzione alla potenza quarta della sua temperatura assoluta (legge di Stefan-Boltzmann). Questo
effetto fornisce una potente retroazione negativa che stabilizza il sistema climatico nel tempo.
Uno degli effetti a retroazione positiva invece è in relazione con l'evaporazione dell'acqua. Se
l'atmosfera è riscaldata, la pressione di saturazione del vapore aumenta e con essa aumenta la
quantità di vapore acqueo nell'atmosfera. Poiché esso è un gas serra, il suo aumento rende
l'atmosfera ancora più calda, e di conseguenza una maggiore produzione di vapore acqueo. Questo
processo continua fino a quando un altro fattore interviene per interrompere la retroazione. Il
risultato è un effetto serra molto più grande di quello dovuto alla sola CO2, anche se l'umidità
relativa dell'aria rimane quasi costante.
Gli effetti di retroazione dovuti alle nuvole sono attualmente un campo di ricerca. Viste dal basso, le
nuvole emettono radiazione infrarossa verso la superficie, esercitando un effetto di riscaldamento;
vista dall'alto, le nuvole riflettono la luce solare ed emettono radiazione verso lo spazio, con effetto
opposto. La combinazione di questi effetti risultano in un raffreddamento o in un riscaldamento
netto a seconda del tipo e dell'altezza delle nuvole. Queste caratteristiche sono difficili da includere
nei modelli climatici, in parte a causa della piccola estensione delle stesse nei modelli simulativi.
Un effetto più sottile è costituito dai cambiamenti nel gradiente adiabatico mentre l'atmosfera si
scalda. La temperatura atmosferica diminuisce col l'aumentare dell'altezza nella troposfera. Poiché
l'emissione di radiazione infrarossa è legata alla quarta potenza del valore della temperatura, la
radiazione emessa dall'atmosfera superiore è minore rispetto a quella emessa dall'atmosfera
inferiore. La maggior parte della radiazione emessa dall'atmosfera superiore viene irradiata verso lo
spazio mentre quella dell'atmosfera inferiore viene riassorbita dalla superficie o dall'atmosfera.
Quindi, l'intensità dell'effetto serra dipende da quanto la temperatura decresce con l'altezza: se essa
è superiore, l'effetto serra sarà più intenso, mentre se è inferiore l'effetto sarà più debole. Queste
misurazioni sono molto sensibili agli errori, rendendo difficile stabilire se i modelli climatici
aderiscono alle osservazioni.
Andamento dei ghiacci nell'emisfero settentrionale
Andamento dei ghiacci nell'emisfero meridionale
Un altro importante processo a retroazione è costituito dall'albedo del ghiaccio: quando la
temperatura globale aumenta, i ghiacci polari si sciolgono ad un tasso ad un tasso superiore. Sia la
superficie emersa che le acque riflettono meno la luce solare, quindi la assorbono maggiormente.
Per questo motivo aumenta il riscaldamento globale, che incrementa lo scioglimento dei ghiacci e
continua il processo.
Il riscaldamento è anche un fattore scatenante per il rilascio di metano da varie sorgenti presenti sia
sulla terra che sui fondali oceanici. Il disgelo del permafrost, come nelle torbiere ghiacciate in
Siberia creano una retroazione positiva a causa del rilascio di anidride carbonica (CO2) e metano
(CH4). Analogamente, l'aumento della temperatura degli oceani, può rilasciare metano dai depositi
di idrati di metano e clatrati di metano presenti nelle profondità in base all'ipotesi dei clatrati. Questi
fenomeni sono attualmente oggetto di intense ricerche.
Con il riscaldamento degli oceani si prevede una diminuzione della capacità degli ecosistemi
oceanici di sequestrare il carbonio. Infatti il livello mesopelagico (situato ad una profondità
compresa tra 200 m e 1000 m) subisce una riduzione delle quantità di nutrienti che limitano la
crescita delle diatomee in favore dello sviluppo del fitoplancton. Quest'ultimo è una pompa
biologica del carbonio meno potente rispetto alle diatomee[23].
Evoluzione delle temperature degli altri pianeti del Sistema solare
Di recente è stato osservato che tutti i pianeti del sistema solare starebbero subendo un aumento
della temperatura. I telescopi spaziali attraverso i sensori termici constatano un aumento della
temperatura per il pianeta Giove di 10°C come temperatura media. Su Marte l'aumento della
temperatura è indicato anche dalla forte diminuzione delle calotte polari e dalla presenza di pozze
d'acqua. Anche nei pianeti più lontani come Urano, Nettuno e Plutone si constatano aumenti di
temperatura. Fattori estranei alla Terra sembrerebbero quindi influenzare l'aumento della
temperatura nel sistema solare, ma è ancora poco chiaro se si tratti dell'influenza del Sole (che come
detto ha variato poco la sua attività -vedi grafico- ed è molto lontano dai pianeti coinvolti), delle
variazioni di quantità della polvere interstellare (che filtra i raggi solari) o siano dovute ad altri
fattori ancora sconosciuti. Non esistono infatti ancora prove definitive per queste teorie, anche in
considerazione della relativa novità degli studi[24]. Il fattore antropico e il ruolo svolto dalla biosfera
sono invece cause unicamente presenti sul nostro pianeta.
Effetti del riscaldamento globale
Ambientali
I modelli climatici elaborati dall'IPCC indicano un potenziale aumento della temperatura, durante il
XXI secolo, compreso tra 1,4 e 5,8 °C.
Risulta tuttora molto difficile prevedere come realmente influirà sul sistema pianeta l'attuale
riscaldamento globale, in quanto si tratterebbe di un evento senza nessun precedente in epoca
storica. Inoltre, il clima globale è un sistema non lineare multifattoriale, per cui la climatologia può
stabilire delle tendenze ma non eventi di dettaglio.
Alcuni effetti sull'ambiente e sulla vita umana sono, almeno in parte, già attribuiti al riscaldamento
globale. Un rapporto del 2001 dell'IPCC suggerisce che il ritiro dei ghiacciai, la disgregazione delle
calotte polari, l'aumento del livello dei mari, in particolare in quelle con minori tassi di
evaporazione, a causa dell'espansione termica e dello scioglimento dei ghiacci continentali oltre che
dei ghiacciai montani, le modifiche nella distribuzione delle piogge e l'aumento nell'intensità e
frequenza di eventi meteorologici estremi sono attribuibili in parte al riscaldamento globale[25]. È
tuttavia più difficile collegare eventi specifici al riscaldamento globale. Altri effetti previsti
includono siccità in alcune aree ed inondazioni in altre, mutamenti nelle nevi delle montagne e
conseguenze negative sulla salute dovute alle temperature maggiori[26].
Alcuni effetti, come l'aumento delle morti, degli esodi in massa e le perdite economiche, potrebbero
essere esacerbati dall'aumento della densità di popolazione in alcune regioni[27], nonostante
potrebbe essere mitigato il numero di vittime per le conseguenze dei climi freddi. Il quarto e più
recente rapporto dell'IPCC riferisce delle prove scientifiche osservate di un incremento nell'intensità
dei cicloni tropicali nell'Oceano Atlantico settentrionale a partire dal 1970, correlato all'aumento
delle temperature superficiali del mare, ma le previsioni a lungo termine sono complicate dalla
qualità dei dati antecedenti l'inizio delle osservazioni satellitari. Il rapporto afferma inoltre che non
esiste un andamento chiaro nel numero annuale dei cicloni tropicali nel mondo[3].
Complessivamente, il bilancio complessivo delle superfici ghiacciate sulla Terra è negativo per una
percentuale compresa tra l'1 e il 1,5% per decennio, evidenziando come il fenomeno del
riscaldamento globale sia effettivamente in corso ed in costante aumento. Altri effetti anticipati
comprendono l'innalzamento del livello dei mari di 180 — 590 mm nel 2090-2100 rispetto ai valori
del periodo 1980-1999[3], ripecussioni sull'agricoltura, rallentamenti nella corrente nord-atlantica
causati dalla diminuzione della salinità dell'Oceano Atlantico dovuta allo scioglimento dei ghiacci,
riduzioni dello strato di ozono, aumento nell'intensità di eventi meteorologici estremi[28],
acidificazione degli oceani e la diffusione di malattie come la malaria e la dengue[29][30]. Uno studio
prevede che di un campione di 1 103 specie di piante ed animali, dal 18% al 35% si estingueranno
per il 2050, in base ai futuri mutamenti climatici[31]. Tuttavia, pochi studi hanno documentato
l'estinzione di specie a causa dei mutamenti climatici[32] e uno studio suggerisce che il tasso di
estinzione è ancora incerto[33].
Tali cambiamenti porteranno a significative modificazioni degli habitat naturali andando ad incidere
profondamente anche sugli equilibri socio-economici del pianeta.[34].
Gli effetti del riscaldamento climatico antropico potrebbero essere molto maggiori se non vi fosse
stata una relativa riduzione dell'irraggiamento solare dovuta all'inquinamento atmosferico.
Paradossalmente, una riduzione dell'inquinamento (in particolare degli SOx e del particolato)
potrebbe portare ad un aumento delle temperature superiore a quanto ipotizzato.[35]
Il fenomeno ha profondamente modificato l'equilibrio dei ghiacci artici, tanto da causare nel
settembre 2007 l'apertura del celeberrimo Passaggio a nord-ovest a settentrione del continente nord
americano, per il discioglimento dei ghiacci che lo avevano sempre reso impraticabile alla
navigazione. Paradossalmente nello stesso mese (settembre 2007), i ghiacci Antartici hanno
raggiunto la loro massima estensione (16,3 milioni di km², leggermente superiore alla media), da
quando si effettuano registrazioni(1978) sulla calotta glaciale dell' Antartico; viceversa, nel 2008
l'estensione è stata fra le minori mai registrate.[36].
Nel giugno 2008, la rivista scientifica National Geographic, affermò che, lo strato dei ghiacci
stagionali artici, sarebbe scomparso totalmente entro l'estate dello stesso anno, cosa che non si è
verificata.[37]. Tuttavia a fine estate 2008 si è avuta la prima apertura totale sia del passaggio a nordovest che del passaggio a nord-est (ossia a settentrione della Russia) nel mare Artico.
Ulteriori problemi
Molti problemi sono spesso citati come conseguenza del riscaldamento globale. Uno di essi è la
riduzione del pH degli oceani per effetto dell'aumento della CO2 nell'atmosfera e di conseguenza
l'aumento della quantità che si discioglie in acqua.[38]. Infatti la CO2 dissolta in acqua forma acido
carbonico, che aumenta l'acidità. Si stima che il valore del pH all'inizio dell'era industriale era pari a
8,25 ed è diminuito a 8,14 nel 2004[39], con proiezioni che prevedono un'ulteriore diminuzione del
valore di una quantità variabile tra 0,14 e 0,5 per il 2100[3][40]. Gli organismi e l'ecosistema sono
adattabili solo ad uno stretto intervallo di valori del pH, quindi è statao ipotizzato un possibile
evento di estinzione, che distruggerebbe la catena alimentare[41].
Economici
Proiezione dell'aumento delle temperature per vari scenari di stabilizzazione (bande colorate). La
linea nera situata a metà dell'area grigia indica le stime migliori; le linee rosse e blu sono i limiti
probabili. (IPCC Fourth Assessment Report)
Alcuni economisti hanno cercato di stimare i costi economici aggregati netti dei danni causati dai
mutamenti climatici. Tali stime sono lontane da presentare conclusioni definitive: su circa un
centinaio di stime, i valori variano da 10 $ per tonnellata di carbonio (3 sollari per tonnellata di
anidride carbonica) fino a 350 dollari (95 dollari per tonnellata di anidride carbonica), con una
media di 43 dollari per tonnellata di carbonio (12 dollari per donnellata di anidride carbonica).
Lo Stern Review, un rapporto molto pubblicizzato sull'impatto economico potenziale, ha ipotizzato
una riduzione del PIL globale di un punto percentuale a causa degli eventi meteorologici estremi e
nello scenario peggiore la riduzione del 20% dei consumi globali pro capite[42].
La metodologia, e le conclusioni di questa pubblicazione sono state criticate da molti economisti[43],
mentre altri hanno accolto favorevolmente il tentativo di quantificare il rischio economico[44][45].
Gli studi preliminari suggeriscono che i costi e i benefici della mitigazione del fenomeno di
riscaldamento globale sono a grandi linee attorno alla stessa cifra[46].
In base al programma ambientale delle Nazioni Unite (United Nations Environment Programme UNEP), i settori economici che dovranno affrontare con maggiore probabilità gli effetti avversi del
cambiamento climatico includono le banche, l'agricoltura e i trasporti[47]. Le nazioni in via di
sviluppo che sono dipendenti dall'agricoltura saranno particolarmente colpite[48].
Variazione della temperatura terrestre
Nel corso della storia della Terra si sono succedute ciclicamente modificazioni del clima che hanno
portato il pianeta ad attraversare diverse ere glaciali alternate ad epoche più calde. Le cause di
queste modificazioni climatiche sono state principalmente legate all'andamento dell'attività del sole
o da quella eruttiva della Terra (per emissione di CO2). Circa 200 mila anni fa, queste significative
variazioni del clima hanno permesso all'uomo il passaggio dello stretto di Bering, la colonizzazione
dell'Australia o della Groenlandia (il cui nome significa "terra verde"). Attualmente, il pianeta sta
uscendo da un periodo freddo denominato piccola glaciazione durato dal 1550 al 1800 che ha
seguito il periodo medievale, più caldo (tra il 1100 ed il 1400).
Misure correttive
Il vasto consenso scientifico attorno al riscaldamento globale e le previsione di aumento delle
temperature hanno convinto varie nazioni, aziende ed individui ad implementare delle misure per
cercare di limitare questo fenomeno. Molti gruppi ambientalisti incoraggiano linee di condotta per i
consumatori, ed è stato suggerito l'impiego di quote sulla produzione mondiale di combustibili
fossili, indicandoli come una fonte diretta di emissioni di CO2[51][52].
Protocollo di Kyōto
Il principale accordo internazionale sul contrasto del riscaldamento globale è il Protocollo di Kyōto,
un emendamento al United Nations Framework Convention on Climate Change negoziato nel 1997.
Il Protocollo copre più di 160 nazioni globalmente e più del 55% delle emissioni di gas serra
globali[53]. Solo gli Stati Uniti e il Kazakhstan non hanno ratificato il trattato.
Il Presidente degli Stati Uniti George W. Bush ha contestato il Protocollo di Kyoto giudicandolo
ingiusto ed inefficace per la soluzione del problema del riscaldamento globale, affermando che
"esclude l'80 per cento del mondo, tra i principali stati per popolazione come Cina e India e
potrebbe costituire una seria minaccia per l'economia degli Stati Uniti"[54]. Il governo statunitense
ha invece proposto il miglioramento delle tecnologie per l'energia[55], mentre alcuni stati e città
statunitensi hanno iniziato a supportare localmente il Protocollo di Kyoto, attraverso la Regional
Greenhouse Gas Initiative[56]. Lo U.S. Climate Change Science Program è invece un programma di
cooperazione tra più di 20 agenzie federali per indagare i cambiamenti climatici.
L'Europa ha recentemente proposto come soluzione al riscaldamento globale, oltre al supporto del
Protocollo di Kyoto, il cosiddetto "Pacchetto Clima 20-20-20", che prevede l'aumento del 20%
nell'efficienza energetica, la riduzione del 20% delle emissioni di gas serra e l'aumento del 20%
della quota di energie rinnovabili entro il 2020[57].
Dibattito scientifico
Per analizzare in modo accurato le modificazioni del clima, le Nazioni Unite hanno costituito una
Commissione Intergovernativa sul Cambiamento Climatico (IPCC) che raccoglie accademici
provenienti delle nazioni del G8. L'IPCC ha rilasciato nel corso degli anni diversi documenti in cui
si afferma che la temperatura globale media è aumentata di circa 0,7 °C dalla fine del XIX secolo e
che «la maggior parte del riscaldamento osservato durante gli ultimi 50 anni è attribuibile alle
attività umane» Le conclusioni raggiunte dall'IPCC sono rafforzate anche da un'analisi di oltre 928
pubblicazioni scientifica dal 1993 ad oggi, in cui si osserva che il 75% degli articoli accetta,
esplicitamente o implicitamente, la tesi scientifica del contributo antropico al riscaldamento, mentre
il restante 25% degli articoli copre unicamente metodologie o paleoclimatologia per cui non
esprime opinioni in merito.
Ci sono ricercatori scettici sul ruolo antropico nell'attuale riscaldamento: essi tuttavia rappresentano
una minoranza nella comunità scientifica come evidenziato anche da un articolo pubblicato su
Science. Tra questi "scettici" vi sono il premio Nobel Kary Mullis e l'italiano Antonino Zichichi. Le
criticità espresse da tali ricercatori, affermano che non è possibile stabilire una relazione lineare tra
aumento di CO2 e riscaldamento globale, rimarcando piuttosto il ruolo di altri fattori naturali tra cui
il principale sarebbe la variazione dell'attività solare ma anche l'effetto dei raggi cosmici avrebbe un
ruolo sul mutamento climatico. Le loro criticità trovano peraltro riscontro nella diminuzione della
temperatura media globale che si è verificata approssimativamente tra il 1940 e il 1976, nonostante
continuasse ad aumentare con la stessa costanza la concentrazione di CO2 nell'atmosfera nel
medesimo intervallo di tempo. Inoltre, viene messa in dubbio anche la validità degli attuali modelli
matematici utilizzati. Queste tesi sono state raccolte in un documentario della CBC. Il matematico e
fisico teorico Freeman Dyson, che fin dagli anni 70 teorizzava la necessità di attuare il sequestro del
carbonio piantando nuovi alberi in aree enormi, nel 2007 ha invece rivalutato la questione del
riscaldamento globale affermando che "l'allarmismo sul riscaldamento globale è fortemente
esagerato" dopo aver calcolato che "il problema dell'anidride carbonica nell'atmosfera è un
problema di gestione del terreno, non un problema meteorologico". Secondo lo scienziato gli errori
commessi sarebbero legati al fatto che nessun modello matematico atmosferico o oceanico è in
grado di predirre il modo in cui dovrebbe essere gestita la terra; infine sottolinea che dovrebbero
avere maggiore priorità altri problemi globali.
Di contro, come rilevato dallo stesso articolo di Science, la grande maggioranza degli scienziati
concorda sul fatto che sia necessario trovare urgentemente fonti energetiche alternative ai
combustibili fossili: tra essi, per quanto riguarda l'Italia, vi è il premio Nobel Carlo Rubbia. In
quest'ottica il ricorso al solare termodinamico e all'energia nucleare garantirebbe un importante
contributo nella diminuzione delle emissioni di gas serra. Molti sono gli scienziati che, pur
riconoscendo il ruolo antropico, sono scettici riguardo alle misure adottate per contenere le
emissioni e ritengono il protocollo di Kyōto sia troppo blando e poco incisivo in termini di risultati
sul clima. Ad aumentare la perplessità vi è il fatto che i principali emettitori di anidride carbonica
(USA e Cina) non lo applicheranno sulle proprie economie.
Va altresì rilevato che secondo la Union of Concerned Scientists circa 40 tra ricercatori ed
organizzazioni che contestano il ruolo umano nei fenomeni di riscaldamento globale, si sono rivelati
essere finanziati dalla ExxonMobil, di cui fa parte l'italiana Esso. Nel dossier della UCS si legge
che la Exxon ha finanziato campagne di contestazione del riscaldamento globale a matrice
antropica, elargendo dal 1998 al 2005 16 milioni di dollari a decine di organizzazioni, gruppi e
ricercatori che si oppongo alla teoria. I finanziamenti della Exxon sono stati biasimati dalla Royal
Society (l'accademia nazionale inglese delle scienze).
Al di là delle cause, è tutt'oggi tema di accese discussioni la reale entità e gli effetti del
riscaldamento, dovute al fatto che il clima terrestre non è considerabile come un sistema statico,
avendo presentato nella sua storia cambiamenti graduali ma intensi anche senza l'intervento
dell'uomo. In tempi storici, si sono infatti avute oscillazioni della temperatura mai tuttavia così
ampie come oggi: sia ai tempi dell'Impero Romano che nel Medioevo le temperature medie sono
state leggermente più alte che in altri periodi, permettendo la colonizzazione della Groenlandia e la
coltivazione estesa di viti nell'Europa del Nord. Entrambi questi periodi sono stati seguiti da periodi
di raffreddamento climatico: a Londra il fiume Tamigi gelava tanto da permetterne il passaggio a
cavallo e lo svolgimento di mercati natalizi sulla sua superficie ghiacciata. Paragonando questi
grandi effetti alla piccolezza delle stimate variazioni (pochi decimi di grado, vedi grafico) di
temperatura, si può avere un'idea di cosa potrebbe accadere con aumenti di qualche grado.
Dibattito politico
Il graduale incremento dei dati scientifici disponibili sul riscaldamento globale ha alimentato a
partire dagli anni settanta un crescente dibattito politico che ha poi iniziato a considerare tra le sue
priorità anche il contenimento delle emissioni dei gas serra e l'utilizzo di fonti energetiche
alternative e rinnovabili.
Nel 2007 alcune organizzazioni internazionali hanno riconosciuto l'importanza della
sensibilizzazione sul riscaldamento globale in atto nel nostro pianeta. Per la prima volta l'orologio
dell'apocalisse è stato modificato con una motivazione non inerente esclusivamente il pericolo
nucleare, ma anche sul mutamento climatico. Il premio Nobel per la pace è stato assegnato al
Comitato intergovernativo sul cambiamento climatico e ad Al Gore, quest'ultimo ha organizzato il
Live Earth e girato Una scomoda verità, film che ha ricevuto il premio Oscar al miglior
documentario, anche se recentemente ha ricevuto molte critiche sulla sua attendibilità scientifica e
sulla reale fondatezza di previsioni eccessivamente catastrofistiche.
Anche a livello europeo il riscaldamento climatico è diventata una priorità. Sono attese, per la fine
del 2008, una serie di misure legislative volte a ridurre i gas a effetto serra del 20%.