Poesie Filippo Amadei Atlante dei poeti
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Poesie Filippo Amadei Atlante dei poeti
Inediti * Hai gli occhi tristi mi dico, da solo davanti allo specchio, come convincermi del diverso. Ho sempre avuto questa tensione nella retina – una specie di malinconia elettrica proprio un delitto, diresti, contro i giorni di sole gli amici, tutti gli amori sospesi nel sorso di un respiro – loro esigono occhi felici, non questa mancata dimostrazione. E chiuderli colpevole, volere tornare bambino, allo scuro di tutto – ti guidava la compagna delle elementari, al buio verso la sorpresa di compleanno con la sua manina nella tua e lì, nel silenzio degli amici pronti a farti festa, non era ancora tuo l’onere, era il mondo a spalancare gli occhi come un bene più grande su di te. * A mio nonno Abbiamo estratto la tua trama di legno per rifare in fretta la nuova tettoia a sostenere la parte sporgente e indifesa dal peso della neve - i tuoi ganci, le poche cose appese, quelli no, non li abbiamo voluti togliere. È così che va la vita ci presta sempre qualche appiglio al passato non troppi, solo il giusto per sostenere il ricordo, qualcosa che poi resta - una cianfrusaglia, un sogno il dolore che ogni tanto si ritrova e poi si dimentica di nuovo. Da Oltre le ringhiere (Raffaelli Editore, 2014) * I TUOI PANNI STESI Il meteo dava pioggia, la pioggia doveva inzuppare i panni stesi ad asciugare nel tuo cortile ma c’è una luce nel giorno, in questo giorno di fine marzo così terso e inatteso e non so dire se sono i tuoi occhi a confidare nel sole che si ostina a restare davanti alle nuvole o è il sole ad avere fede in te hai un’aria così sincera addosso che non penso potremmo arrenderci fai una smorfia con la bocca e ritorni in casa dopo il mio saluto tu non vedi che affanni ma gli affanni non riescono sempre a coprirci, guarda i tuoi panni nel vento, contro ogni logica saranno presto asciutti. * SPIAGGIA DI FINE MARZO Mi lascio cullare da questa stagione nata da pochi giorni, su una scala un uomo pulisce la vetrata a luna dell’albergo davanti alla spiaggia, tutta una luce è il mare e io sono lì chiaro e solo nel sole che mi culla destra e sinistra, così la sua mano muove lo straccio pulendo, io resto a guardarlo, mi sembra un saluto il suo gesto che giunge a colmare questa distanza cristallina, destra e sinistra ma lui pensa al vetro da pulire la mano prosegue, appare e scompare ai miei occhi nel repentino baleno degli aloni – un’altra passata e cos’altro è la vita se non un gioco continuo di opacità e trasparenze la fatica di lavorare per tornare limpidi percepire chiaro un orizzonte riconoscere l’uomo nell’uomo di fronte. * L’azzurro del mare condensato nel tuo costume spezzato, dello stesso colore, ma più denso quasi materico, a rimarcare la falcata delle tue gambe abbronzate verso l’acqua, resto in bilico tra questo e l’altro azzurro che dilaga a macchia e ci ingloba nel sogno del paesaggio, i lembi della vita a volte hanno la forma inconsistente di un dormiveglia estivo, si restringono alla distanza breve che mi separa dalla tua bocca la mezza torsione che fai col busto già bagnato a chiedermi di seguirti là in mezzo, ho in testa mille voli di pensieri che non partono, persi nella bonaccia mentre l’aria ha smesso di essere vento e semplicemente ci attraversa. * QUEL FOGLIO DI CARTA Ho visto la sua bellezza ondulante di traverso per l’autostrada il suo modo di baciare l’asfalto e fuggire come una donna delusa da una facile fine del gioco, dribblare le avversità delle macchine portate a grande velocità nel turbine dell’aria. Non andrà mai a sbattere, mi dico contro un parabrezza o schiacciato sotto ruote pesanti, non avrà mai grossi incidenti, è pericoloso viaggiare una vita in linea retta, come ci dicono di fare avere fede in traiettorie comuni e consumate che vita fantastica ha un foglio di carta vorrei essere io, inseguire l’abbraccio delle curve e sentire il vento che ci prega di spiegare davanti alla vita ogni singolo pezzo di noi. Da Saperti a piedi nudi (LietoColle, 2009) * IL SALTO IN ALTO a Fabio E’ tutta una questione di tendini e torsione del busto oltre l’asta questo mi dicevi, di guardare la posa dei piedi nella contrazione limpida prima del salto, l’allineamento parallelo delle gambe al terreno non dimenticherò mai l’agosto del ’92 nello slancio della nostra ultima infanzia mentre l’aria fendeva il profilo del tuo corpo, indecifrabile un miracolo verso l’alto. * IL BACIO Poi le parole cadono e cadiamo nel reciproco sguardo dei corpi un po’ incantati − ele:roni a:ra; dal nucleo dell’altro, senza contatto stringo il campo sul viso si fa più piccolo, ne perdo i contorni esploro tutti i suoi tesori, i saliscendi rossi delle labbra, gli occhi già pronti a farsi fessura, finché resto anch'io abbandonato al buio del tatto, la mia mano che sfiora il tuo braccio seguendo in basso la corrente fino al fianco poi di nuovo in alto, per il mare della spina dorsale, fin su la riva del collo e lì si adagia, finalmente, come il naufrago così anche le mie labbra che sulle tue hanno trovato casa. * GENESI INVERSA Forse, i suoi respiri terminali altrove sono già le euforiche, gioiosissime pure contrazioni di chi sta per tornare. Mario Santagostini Quando sono in dormiveglia il pomeriggio sull’orlo di un sogno formatosi appena di poche immagini ho una vertigine, a capofitto cominciano a cadere i miei occhi le ginocchia ritornano al petto, un anello formano mani e tibie, un velo di placenta sulle palpebre, la schiena si piega molle i piedi si ritirano, nel grembo del sogno sono un gomitolo di tendini e pelle spasmi di vertebre nel liquido viscido del buio − si azzera di nuovo tu:o il mio ultimo ricordo è la luce. Da la casa sul mare (Il Ponte Vecchio, 2005) * GABBIANI Li vedevo da bambino tuffarsi e riemergere nel cielo – ancora adesso cerco di imparare e non riesco quel fluido moto d’ali nel vento.