Il Gruspigno - Anno II n° 3 (scarica PDF)
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GIORNALE DELL’ECOMUSEO COLLI DEL TEZIO Periodico di Informazione e Cultura del Territorio Anno 2 Numero 3 - € Zero Monte Tezio e Monte Malbe, una storia dalle radici antiche Giovanni Riganelli Storico e saggista Due rilievi montuosi, subito a nord e a nord-ovest di Perugia, che sembrano quasi connotarsi, ora, come una sorta di oasi naturalistica, contraddistinti da una quiete quasi irreale, quella stessa dei paesaggi dimenticati o, comunque, al margine del mondo attuale. Quelle realtà dove, guardando attentamente, possono scorgersi i segni più o meno evidenti di un passato che non sempre si riesce a datare, in genere indicato con quel «c’era una volta» che la dice lunga senza pur tuttavia dire niente. A Monte Tezio e a Monte Malbe, ora avvolti in questa quiete, nell’età di mezzo il comune di Perugia possedeva ben tre comunanze agrarie: una sul primo rilievo e due sul secondo. E queste erano fattori economici, di vivacità imprenditoriale, non certo trascurabili. Come riportato in un inventarium del 1330, studiato da Giuseppe Mira nel 1961, la «comunanza di Monte Tezio» era composta da terre, possessioni, selve, alberi, pascoli, paludi, case e casalini. Per ciò che concerne le altre due, occorre rilevare come una di esse era indicata come «comunanza delle pedate di Monte Malbe» ed era costituita dai terreni e dai pendii del monte che potevano coltivarsi. L’altra, invece, era genericamente indicata come «comunanza di Monte Malbe» e aveva nei diritti di sfruttamento del bosco e nel pascolo i propri fattori economici. Questi beni, appaltati a soggetti privati, garantivano al Comune cittadino un reddito annuo di 800 lire la prima, di 430 la seconda e di ben 2.800 la terza. Da queste, unitamente alle altre comunanze di cui il Comune disponeva tra cui quelle del «Chiugi Perugino» – l’area ad occidente del Trasimeno – e quella dei diritti di pesca sul lago, il governo cittadino traeva annualmente ben 18.667 fiorini, In questo numero La storia dei luoghi: Preggio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il nostro territorio - le prospettive. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il personaggio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il nostro territorio - storia e sottosuolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Spazio ecomusei: Valnerina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il nostro territorio: la natura. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il quiz. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il nostro territorio - l’ambiente. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il nostro territorio - le associazioni: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La ricetta di Cespo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La posta dei lettori. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . [email protected] 2 3 3 4 5 6 6 7 7 8 8 equivalenti ad oltre 75.000 lire. Si tratta di una somma di notevole entità che, come fa notare Jean-Claude Maire Vigueur, consentiva al governo di Perugia di non imporre tasse ai residenti in città nell’arco dell’anno, almeno quando non si dovevano affrontare spese straordinarie. Al di là di simile aspetto, pure di notevole interesse ma che ci porterebbe lontano dal nostro argomento, le domande che si legano alle comunanze di Monte Tezio e Veduta aerea di Capocavallo Monte Malbe non sono certo poche. Da quella relativa a chi ne erano gli appaltatori a quella sul come si finiva per sfruttare questi beni; da come e quando gli stessi erano pervenuti al comune di Perugia, al periodo in cui hanno cessato di costituire una fonte di reddito per la città e via di seguito gli interrogativi sono tanti, forse troppi per rispondere in maniera esaustiva in una sede come questa. (segue alla pagina successiva) “Mappe di Comunità”: creiamo insieme un gruppo di lavoro Gianmaria Fontana di Sacculmino Presidente Fondazione Ecomuseo Colli del Tezio ONLUS L’Ecomuseo Colli del Tezio propone alle comunita’ locali di iniziare uno studio per arrivare a disegnare le Mappe di Comunita’ dei vari Luoghi del territorio. La mappa di comunità è una rappresentazione cartografica con cui gli abitanti di un luogo narrano i saperi ed i patrimoni della cultura del luogo, il paesaggio, le sue trasformazioni, le realtà in cui vivono e si riconoscono. È una forma di conservazione delle memorie storiche da trasmettere alle nuove generazioni affinché non perdano le loro radici territoriali e culturali. Con le mappe di comunità avremo un “archivio” grafico in forma di mappa, che può essere sempre aggiornata, delle persone e dei luoghi di un territorio. Si eviterà il rischio della perdita delle conoscenze dei luoghi, che sono state raggiunte con il contributo di varie generazioni. I luoghi includono memorie, spesso collettive, azioni e relazioni, valori e fatti numerosi e complessi che sono vicini alla gente ed ai sentimenti. È un progetto che puo’ nascere e svilupparsi solo se è veramente partecipato dagli abitanti dei vari luoghi, paesi, frazioni, borghi di questo territorio che comprendono il notevole valore di rappresentare e trasmettere la storia e le storie del luogo e dei suoi abitanti-interpreti. L’Ecomuseo invita chiunque abbia piacere di partecipare a questo progetto o comunque di approfondire il significato di ciò, di contattarci; i recapiti sono: Posta elettronica: [email protected] Per posta: Associazione Amici dell’Ecomuseo, strada Pieve Petroia 20 06133 Colle Umberto PG, oppure al numero 349-5774738 www.ecomuseo.eu Il Gruspigno 2 Anno 2 Numero 3 IL TERRITORIO - PREGGIO Un paese da conoscere tra le “pieghe” dell’Appennino Gabriella Vignoli Insegnante e storica del territorio Preggio è un piccolo paese tra le pieghe dell’Appennino, che lotta contro lo spopolamento e soprattutto contro la perdita di identità, come tanti altri piccoli paesi che hanno dato lavoro, benessere e amor patrio ai suoi abitanti. La bellezza dei luoghi, la protezione offerta dai boschi, dai rilievi montuosi, assieme alla possibilità di dominare i piani e controllare i passi montani fecero di questo territorio un insediamento ambito fin da molti secoli prima della nascita di Cristo. Già gli antichi Italici vi praticavano la pastorizia, fondando nei pressi, un oppi dum: la cittadella fortificata di Bellona, sul crinale di Monte Murlo. La zona fu poi abitata da Etruschi e Romani, come attestano la splendida tomba del Faggeto, etrusca, e quella di Sagraia, romana del II sec. a.C. Proprio al periodo romano la leggenda fa risalire la vera e propria fondazione del paese: predium, caposaldo, che sarebbe da attribuirsi a militi romani sfuggiti alla strage seguita alla battaglia del Trasimeno in cui, nel 217 a.C., il console romano Flaminio subì una terribile sconfitta da parte di Annibale. Tuttavia il periodo che ha lasciato testimonianze concrete nel paese e nei suoi dintorni è stato quello del basso Medioevo e dei Comuni. Preggio intorno all’anno 1000 era già una proprietà dei Bourbon del Monte, secondo un Diploma dell’Imperatore del Sacro Impero Romano Germanico Berengario che lo assegnava ad Uguccione II, assegnazione confermata da Federico I Barbarossa nel 1162. Dunque fu feudo imperiale e insieme dominio ecclesiastico, infatti la Parrocchia Priorale di Preggio, col titolo di “SS. Trinità e Nostra Donna Assunta in Cielo” apparteneva al rione di Porta S. Angelo di Perugia e al parroco spettano ancora oggi il titolo e le prerogative di Priore. In quei tempi per difendere la propria autonomia i piccoli borghi si rivolgevano alle più vicine città costituitesi in libero Comune, Preggio non si rivolse ad Umbertide, allora Fracta filiorum Ubertis, ma a Perugia, cui fece atto di sottomissione nel 1189. Quindi vi si insediò un podestà, ed un notaio, le due figure di riferimento per l’amministrazione civile e le acquisizioni e i trasferimenti dei diritti patrimoniali. I rapporti con Perugia non furono sempre facili: motivo dei contrasti fu ovviamente il pagamento delle tasse, di cui i preggesi tra il XIV e il XVI secolo continuarono a richiedere l’esenzione o la riduzione in cambio del rifacimento, ampliamento, rafforzamento delle mura a proprie spese. Di queste mura il paese conserva ampi tratti non sempre riconoscibili, poiché proprio sulla cinta muraria fu poi edificata gran parte delle case; tuttavia lungo la Via Nova, a monte, si può ancora individuare una porta a sesto acuto, e sopra di essa il beccatello dell’ultimo merlo esistente. Non mancò la visita di S. Francesco, che passò per Preggio nel 1212 e vi stabilì un conventino, dove i frati francescani risedettero fino al XVII secolo. La chiesa di S. Francesco, annessa al convento nel 1223 divenne chiesa parrocchiale assumendo anche il nome di SS. Trinità. Nella prima metà del ‘900 la costruzione della strada di collegamento con Umbertide, la Via Nova, portò alla demolizione di un ampio tratto delle mura anche a favore dell’ampliamento e della sistemazione della piazza principale, sotto la quale, scendendo a sinistra la più antica ed erta via che portava al paese, si osserva quanto resta del conventino delle monache della Beata Colomba. Un muraglione sostiene la chiesetta e ne recinge il giardino antistante; a dire il vero si tratta di un giardino un po’ particolare dal momento che quello spazio ospitava l’antico cimitero del convento. All’interno della chiesa è conservato l’ affresco della Madonna delle Grazie, attribuito alla scuola del Pintoricchio, uno dei tesori artistici del paese. Si è citata l’Inquisizione, ebbene, basta alzare gli occhi all’orizzonte in direzione della strada di Col di Campana, tra il bivio per Umbertide e la strada per Castel Rigone, che di fronte a noi si presenta una costruzione massiccia: il palazzo dell’Inquisitore, che lì aveva stabilito la propria residenza estiva. Qualcuno ricorda ancora la presenza nelle cantine di una ‘camera della tortura’, con anelli al muro per legare i malcapitati durante i terribili interrogatori. Possiamo tuttavia risalire ancora più addietro nella storia poiché quell’ospedale, prima dei trovatelli ospitò viandanti e pellegrini, cui forniva ricovero e assistenza come Ospitale della Confraternita di S. Maria della Misericordia di Preggio, i cui beni furono purtroppo incamerati dall’Ospedale della Misericordia di Perugia, dopo un lunghissimo contenzioso legale durato dall’ unità d’Italia fino al 1911. A questi brevi cenni storici aggiungiamo le principali manifestazioni religiose e civili che possono servire di richiamo a visitare il paese: la Festa della Santa Spina, che ricorre il martedì dopo Pasqua, il Festival di Musica sacra e da camera, tra la seconda metà di luglio e la prima di agosto, la Sagra della Castagna in ottobre, che da oltre 40 anni attira uno straordinario afflusso di visitatori per degustare i piatti della tradizione locale di cui la castagna è il principale ingrediente Monte Tezio e Monte Malbe: una storia dalle radici antiche (prosegue dalla prima pagina) Ma è il caso di provare. Già una prima risposta sulla reale importanza rivestita dall’economia silvo-pastorale nell’età di mezzo può, a mio avviso, essere di un certo interesse per comprendere come il tempo, spesso, finisca per decretare il superamento anche di ciò che per decenni, in certi casi secoli, si è creduto insostituibile. Il bosco, nell’alto medioevo ma ancora nei secoli successivi al Mille, costituiva un fattore economico di primaria importanza. Le attività che si praticavano al suo interno erano varie e andavano dalla caccia, per lo più praticata liberamente, all’allevamento brado del bestiame – buoi, maiali, pecore –, dalla raccolta dei frutti spontanei – funghi, castagne, bacche e via di seguito – a quella del miele prodotto dalle api selvatiche, dal taglio della legna da ardere per uso familiare a quella usata nelle fornaci di mattoni o nella produzione di calce, a quella impiegata nella produzione di barche, carri, oggetti di vario uso e nell’edilizia. Era questo un settore dell’economia di rilevanza tale che, soprattutto nella tarda antichità e nei primi secoli del medioevo, in certi casi finì per supplire in toto all’agricoltura. Non è dunque casuale che, nell’alto medioevo, l’estensione di un bosco era spesso misurata sulla base del numero di maiali che potevano pascolare al suo interno e non, come pure ci si poteva spettare, utilizzando le misure di superficie del tempo. Ciò detto, nella consapevolezza che ancora nel basso medioevo il bosco rivestiva un’importanza basilare, è il caso di porre in evidenza la sistematicità con cui si sfruttava sia la comunanza di Monte Malbe legata all’economia silvo-pastorale che quella di Monte Tezio in buona sostanza ad essa assimilabile. Delle modalità di sfruttamento delle due comunanze si occupò direttamente il consiglio cittadino in una seduta dell’11 ottobre del 1269, nella quale si discusse il modo di pervenire all’appalto di esse e si deliberò addirittura un prezzario relativo al costo del pascolo in Monte Malbe per le diverse bestie. Per pascolare un paio di buoi il costo annuale era di 10 soldi di denari; per un giovenco 5 soldi; per un puledro 5 soldi; per un asino 2 soldi; per un porco 12 denari; per ogni capo ovino 6 denari. Nella stessa seduta consiliare si dava anche prova delle potenzialità «democratiche» proprie dell’esperienza comunale. Infatti si stabilì che gli appaltatori della comunanza non avrebbero potuto, in nessun caso, costringere i proprietari di bestiame a portare i propri animali ad pasturandum nella stessa e, in caso di inadempienza, era prevista una penale di 25 libbre. Con l’andare del tempo e l’inflazione crescente, quanto stabilito nella seduta del 1269 era destinato a mutare e, già nel 1285, non si fa più riferimento alla delibera di quell’anno ma si dice che i prezzi per il pascolo del bestiame in Monte Malbe dovevano essere gli stessi praticati nel «Chiugi Perugino» – di questi, purtroppo, non ho trovato traccia –. Nel Trecento si ebbe una vertiginosa impennata dei prezzi. Raddoppiarono per gli ovini, triplicarono per i giovenchi, quadruplicarono per bovini e cavalli e, addirittura, crebbero di ben cinque volte per gli asini. Stando a quanto riportato in una cedola d’appalto del bene cittadino della fine del secolo XIV, era previsto il canone annuo di 40 soldi per pascolare un paio di buoi, 30 per ciaschuno paio d’armente – i giovenchi del 1269 –, di 20 per ogni bestia cavallina, di 10 per ogni asino e di 1 soldo per ogni bestia menuta – gli ovini –. Se questi sono i prezzi per pascere il bestiame e gli appaltatori dei diritti di pascolo, dei passona nemora come sono indicati in un contratto del 1318, pagavano al Comune somme di notevole entità, pare evidente che simile attività non doveva certo essere marginale così come oggi può apparire. Gli appaltatori, infatti, non erano certo dei soggetti che mettevano a rischio, in simili iniziative, dei capitali anche ingenti se non avevano un ritorno più che tangibile e di consistente entità. Ma di tale questione parleremo nel prossimo numero Il Gruspigno Giugno 2009 3 IL TERRITORIO - LE PROSPETTIVE Costruire una “coscienza del luogo”: il comune obiettivo su cui far convergere le energie locali Sergio Sacchi Docente di Economia Università degli Studi di Perugia Pensare di avviare il processo costruttivo di una coscienza del luogo in un’area complessa qual è quella del territorio a nord di Perugia presuppone una conoscenza accurata e diffusa del “patrimonio territoriale” che essa possiede. Ma, va sottolineato, il patrimonio territoriale non è solo un insieme di valori ambientali, culturali e artistici. Esso include anche valori produttivi, sociali e urbanistici, È dunque un sistema complesso di valori diversi, non sempre perfettamente coincidenti e spesso in almeno parziale contrapposizione. L’obiettivo del processo costruttivo, dunque, deve essere quello di trovare il modo in cui si possano esaltare in ogni istante e rinnovare nel tempo, senza compromettere i valori riconosciuti, le energie locali capaci di sostenere l’intero progetto. Pertanto, il convergere di tutte le energie locali verso un comune obbiettivo presuppone un patto fra gli attori uniti nel riconoscere che la valorizzazione del patrimonio collettivo di cui dispongono costituisce la base materiale su cui si fondano prospettive di reddito e di benessere della collettività (in questo caso i residenti nell’area individuata e cioè Perugia Nord). Un patto riconosce i valori fondativi presenti negli attori, li riunisce intorno a regole condivise di comportamento e raccoglie le loro volontà di garantirsi reciprocamente quali operatori di salvaguardia e valorizzazione dell’ambiente (nella prospettiva di una vera e propria sostenibilità ambientale) e della qualità del vivere (nella prospettiva di una vera e propria sostenibilità territoriale). Si noti l’importanza del passaggio per la esplicitazione di una volontà di una convergenza su principii e regole condivise: nella prospettiva delineata, infatti, è proprio lo stesso patto a fornire, insieme alla dotazione patrimoniale riconosciuta, una base efficace e significativa per uno sviluppo equilibrato e duraturo. Le regole e le garanzie appropriate emergono e si affermano insieme alla costruzione stessa di un progetto del genere di quello individuato: arrivare alla costruzione di “quel” progetto, infatti, significa stendere collettivamente e acquisire l’inventario dei beni pubblici che insieme sono condivisi e da qui derivare sia condizioni e prospettive di esercizio della solidarietà sia modalità di consolidamento delle reti fiduciarie tra le varie componenti sia le condizioni per l’esercizio dell’autonomia soggettiva e individuale degli abitanti nel rispetto della integrità del patrimonio inventariato. È facile condividere l’idea, almeno in linea di principio, che un riconoscimento consapevole ed esplicito può indurre a comportamenti di autocontrollo sociale e orientare fasci di azioni virtuose. È altrettanto facile aspettarsi che un processo del genere faccia evolvere la pianificazione verso forme di produzione sociale del territorio proprio attraverso la costruzione collettiva e cosciente dei suoi statuti ovvero dei principii basilari e delle regole che riguardano allo stesso tempo il come conservare e il come trasformare il patrimonio disponibile. Lo statuto dei luoghi è quindi un atto costituzionale, una consapevole espressione di quella «coscienza del luogo» di cui si è parlato nel precedente n.3 de “Il gruspigno”: “coscienza del luogo» da intendersi, si è scritto, come esplicito riconoscimento, da parte della comunità insediata in “quel” luogo, del valore differenziale ossia aggiuntivo, nella produzione di ricchezza durevole, del patrimonio territoriale e ambientale di cui si dispone. Coscienza del luogo, costruzione collettiva delle scelte per un modello appropriato (coerente) e sostenibile di sviluppo e statuto del luogo si pongono pertanto come terminali di tre fasi precise e specifiche con cui arriva a maturazione un “progetto locale”, in senso autentico e non restrittivo, del termine: un progetto che metabolizza il superamento di norme e vincoli esogeni all’azione sociale, individuale e collettiva, e indirizza verso regole e patti per la trasformazione sorretti da un senso comune condiviso. Dirlo è molto facile. Farlo è più difficile. Come si cercherà di ricordare in una delle prossime puntate, non sono pochi, infatti, gli ostacoli, anche di natura istituzionale, da superare o rimuovere IL PERSONAGGIO - PARLA LA SIGNORA SANDRA DI ANTOGNOLLA La vita sotto le bombe e i sacrifici del dopoguerra Silvia Mucci Antropologa Correva l’anno 1944. Il rumore delle bombe rompeva il silenzio intatto delle notti d’estate e svuotava i paesi costringendoli a cercare riparo tra le pendici del Monte Tezio. “Noi eravamo andati su un ricovero. Saremmo stati cento persone. Tutti accovicchiati stavamo su nà cava de terra. Siamo stati su stò ricovero quindici giorni. Se chiacchierava, se parlava ma toccava stà zitti perché passavano gli apparecchi sopra. C’era n’omino che diceva state zitti sennò ci sentono, e dico ma ce vedono! Chè sentì n’ce sentono. Stamo ricoverati. Passavano gli apparecchi, loro dove vedevano movimento buttavano giù, eh! Ad un certo punto non c’era più niente da mangià. Allora c’era la moglie dell’ingegnere che era inglese e lei sapeva parlà. Allora noialtri sempre su stò ricovero su alti, allora stà signora andò giù parlò con un inglese e ce portò su l’pane, la cioccolata, ce portò su un po’ de roba che noialtri l’avevam finita. Dopo c’era n’contadino vicino e la donnina poretta scese giù c’avevamo n’po’ de farina per fa n’tantino de pane, ma sempre sotto le bombe!”. Non manca nemmeno qualche episodio tragicomico. “Allora tutto un tratto c’aveva n’fornellino per coce n’ovo a gas, lù poretto aveva messo giù sto ovo passa l’apparecchio, lù da la paura ha arvulticato ogni cosa. Dopo ce mettemo a ride”. A fare tesoro delle sue memorie è Alessandra Rossi, la Sandra, graziosa signora ottantottenne originaria di San Venanzo, piccolo bor- go vicino Orvieto, moglie da 62 anni e madre di due figli . Lasciato il suo paese natio si era trasferita nei pressi di Perugia per prestare lavoro come bambinaia ad una facoltosa famiglia dell’epoca con la Al lavoro a casa e nei campi per aiutare la famiglia quale si era trasferita per qualche tempo al castello di Antognolla prima che anche l’antico residuo di epoca medievale fosse raggiunto dai bombardamenti. Spettatrice dei numerosi passaggi di proprietà del castello, prima del conte Vistarini poi del Progresso agrario Umbro fino alla gestione di Agnelli attraverso la Sai, divenne testimone diretta della visita di una principessa tedesca arrivata per assistere ad una mostra sulla lana organizzata all’in- Il Gruspigno Periodico dell’Ecomuseo Colli del Tezio Redazione: strada Pieve Petroia 20, 06133 Perugia Anno 2 n° 3 -Giugno 2009 Registrazione Tribunale di Perugia N. 32/2008 del 31/10/2008 Editore: Assoc. Amici dell’Ecomuseo Posta elettronica: [email protected] Sito internet: www.ecomuseo.eu Direttore Responsabile: Filippo Costantini Comitato di Redazione: Filippo Costantini, Aruna Fontana di Sacculmino, Fabio Pippi, Nando Staccini, Renzo Zuccherini Hanno Collaborato a questo numero: Doretta Canosci, Claudio Cipolletti, Silvia Mucci, Oliviero Fusini, Glenda Giampaoli, Nicola Palmieri, Gianfranco Petrozzi, Giovanni Riganelli, Sergio Sacchi, Enrica Staccini, Gabriella Vignoli Disegni di: Angelo Speziale, Giovanni Tribbiani Progetto Grafico: Agosta&Nutini Impaginazione: F. Costantini Tipografia: Graphic Masters - Perugia Questo numero è stato stampato in 5.028 copie terno del monumento. Dopo aver lavorato sette anni per la famiglia del fattore, si era sposata dedicandosi ai lavori di casa e alla raccolta occasionale di tabacco, pomodori, uva dove si veniva pagati a giornata. “Eravamo tre o quattro donnine, tutte donne sposate che facevano stò lavoro”. In tempo di guerra anche la donna a cui tradizionalmente erano riservati i lavori domestici era costretta a lavorare per racimolare qualche soldo, utile per far fronte allo stato di indigenza in cui il Paese versava. I bombardamenti inoltre avevano distrutto parti delle strade rendendo difficili le comunicazioni e impedendo, nel caso della signora Sandra, che i suoi genitori arrivassero per assistere al suo matrimonio. Ma l’avvento della tecnologia avrebbe iniziato a segnare una nuova epoca di benessere. “I miei figli stavano sempre al castello a vedè la televisione e ogni volta per chiamalli a cena era n’problema perché non volevano mai venì. Allora l’mì marito ha deciso alla fine de compralla anche lui” Chi pianta alberi sa che altri ne godranno l’ombra (proverbio cinese) Il Gruspigno 4 Anno 2 Numero 3 IL NOSTRO TERRITORIO - STORIA E SOTTOSUOLO Alla riscoperta delle acque perdute Claudio Cipolletti, Oliviero Fusini, Gianfranco Petrozzi, Enrica Staccini Gruppo speleologico del CAI e Associazione Subacquea Orsa Minore L’area territoriale che ricomprende l’Ecomuseo Colli del Tezio è caratterizzata da un ambiente ricco di interessanti valenze naturali, storiche ed artistiche in cui si vivono attivamente le risorse offerte da questo affascinante lembo di terra. In questo ambito numerosi sono i gruppi e le associazioni culturali che, animando e valorizzando gli interessi della popolazione, hanno espanso la loro originaria attività di base indirizzandola verso la riscoperta della risorsa naturale più diffusa: l’acqua, con tutti i suoi sistemi di approvvigionamento ed utilizzo. L’acqua, da sempre fonte preziosa di vita, ha permesso di vivere e sopravvivere, favorendo l’insediamento umano ed il suo successivo sviluppo. Il Gruppo Speleologico del CAI di Perugia e l’Associazione Subacquea Orsa Minore, operano da anni nel territorio dell’Ecomuseo con lo studio ed il monitoraggio delle antiche strutture idrauliche, presenti soprattutto nei centri storici, oggi abbandonate a causa dallo sviluppo della società moderna che non considera più questi manufatti come elementi essenziali per lo sviluppo e la sopravvivenza. Durante la lunga attività di questi due Gruppi associazionistici, si sono individuati e riscoperti nella sola Città di Perugia, ben 160, fra antichi pozzi e cisterne, quasi tutti risalenti al periodo medioevale, per lo più ignoti alla cittadinanza e alle istituzioni. In numerosissimi casi, molti di questi manufatti idraulici, presentano al loro interno originali elementi artistici ed architettonici, con decorazioni che denotano la cura e l’importanza che i nostri “antichi” attribuivano ad un bene così prezioso come l’acqua. Gran parte delle strutture scoperte sono state ispezionate, misurate, fotografate, graficizzate e minuziosamente de- scritte anche sotto l’aspetto storico. All’interno delle stesse sono stati rinvenuti interessanti reperti attraverso i quali è stato possibile stabilire, con una certa precisione, la data di costruzione. Monete, gettoni mercantili, monili, bottoni, oggetti d’ornamento, dadi da gioco in osso, oggetti in vetro, fibbie, proiettili, vasellame, utensili da lavoro e molti altri oggetti di uso comune, questi sono gli oggetti rinvenuti che fanno di ogni esplorazione una inirripetibile esperienza carica di interessi e di emozioni indescrivibili. Le operazioni, tutte, vengono effettuate sotto la sorveglianza della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria e di quella per i Beni Architettonici per il Paesaggio ed il Patrimonio Storico Artistico le quali valutano attentamente gli esiti delle prospezioni che unitamente ai documenti rinvenuti, permettono di avanzare interessanti ipotesi inerenti all’assetto urbanistico antico della città anche in quei luoghi dove non sono mai emerse testimonianze significative. Attualmente il gruppo ha in animo di proseguire ed estendere la ricerca delle antiche strutture idriche nel territorio dell’Ecomuseo Colli del Tezio e, in particolare, esaminare le numerose cisterne di raccolta delle acque piovane che numerose si trovano nel centro storico di Corciano. Ed è proprio a Corciano che alcuni soci del gruppo, professionisti nel restauro, hanno recuperato la vera della cisterna posta su una delle piazze più importanti della città. Tale operazione è stata possibile attraverso uno specifico finanziamento messo a disposizione dell’Amministrazione Comunale che da anni ha mostrato interesse nel recupero di modeste ma non meno importanti strutture presenti Naturalmente in salute... A prima vista sembra semplicemente un bel locale collocato all’interno di un paese dove negli ultimi tempi stanno fiorendo nuove attività commerciali, ma in realtà mano a mano che entri ti rendi conto che al suo interno c’è tutto un mondo da scoprire. La gentilezza,la professionalità e la capacità di saper ascoltare le problematiche degli altri fa si che chi opera al suo interno possa riuscire a soddisfare a pieno le esigenze dei propri clienti/pazienti. È proprio così... clienti/pazienti; il termine di solito è riservato solo a chi opera nel settore medico, ma di fatto, quando in un locale puoi trovare sia farmaci che parafarmaci e tutto quanto necessario alla cura ed alla prevenzione di una persona, supportato da strumentazioni certificate per autoanalisi e soprattutto dietro il consiglio di soli farmacisti regolarmente iscritti all’albo con esperienza pluriennale, allora ti rendi conto che forze, il termine cliente/paziente, è un termine che può anche essere enunciato. La “PARAFARMACIA” , questo è il nome che viene riservato a questo genere di locali. Di fatto il termine è stato istituzionalizzato solo dopo un lungo periodo dalla apertura delle prime Parafarmacie in Italia sull’onda del decreto Bersani nell’anno 2004. La scelta del nome, ”UMBERTO I° ”, è stato un segnale veramente inconfutabile dell’attaccamento al territorio da parte della proprietaria, dott.sa Loredana Virdis, che dall’Ecomuseo di fatto una volta entrata all’età di undici anni, non è più uscita. È proprio così, l’esempio provato che, chi vuol realizzare un sogno, può farlo anche, forse meglio, se rimanendo ancorato al proprio territorio. La dott.sa Loredana è partita dalle scuole [email protected] all’intermo del centro storico. Il gruppo ha in animo di dare avvio, nel corso del corrente anno, ad un ambizioso progetto che prevede oltre alla definizione di un studio mirato alla sistemazione ed il restauro di una importante vera da pozzo posta in via del Castellano, a Perugia, anche allo studio dei pozzi e delle cisterne ubicate all’interno del complesso monumentale di San Pietro uno dei principali gioielli architettonici della città che ancora conserva all’interno delle sue mura ambiti ancora sconosciuti che, attraverso le prospezioni ipogee e subacquee cercheremo di riportare alla ribalta dell’opinione pubblica. Previsto invece, per l’inizio del 2010, anche lo studio del sistema idraulico situato nel parco storico della Villa del Colle del Cardinale che nacque proprio come elemento indissolubile legato alla sua costruzione Informazione pubblicitaria medie di Colle Umberto, con un sogno nel cassetto, quello di diventare farmacista e dopo un percorso circolare all’interno dell’Ecomuseo, acquisendo esperienza “e non solo” a Castel Rigone, al momento di fare il salto di qualità ha deciso di farlo a Colle Umberto, proprio da dove era partita tanti anni prima. Le motivazioni della scelta le ha acquisite proprio a Castel Rigone lavorando in una farmacia rurale dove il rapporto con il cliente/paziente è veramente forte. È solo in questi posti, ai confini con la grande città dove la parola servizio, la parola ascolto, la parola consiglio, hanno un peso di rilevanza maggiore rispetto ai grossi centri abitati. In questo momento la Parafarmacia Umberto I°, unitamente ad altre quaranta parafarmacie di tutta l’umbria, ha richiesto alla Regione, anche se con un po’ di difficoltà, la possibilità di aumentare i servizi offerti, come gli alimenti speciali per ciliaci e nefropatici e presidi sanitari oltre che il servizio C.U.P. per prenotare visite mediche specialistiche, sulla falsa riga di autorizzazioni già ottenute da parafarmacie in molte altre regioni italiane. Il filo conduttore che ti accompagna all’interno della Parafarmacia Umberto I° è il fatto che per ogni problematica vi è una ampia scelta di prodotti selezionati con molta attenzione dalla dott.sa Loredana Virdis e dalla sua collaboratrice dott.sa Laura Barese, le cui esperienze professionali le hanno portate, soprattutto nel campo della prevenzione e della cura la dove è possibile, a consigliare sempre più prodotti naturali che limitano già in partenza molti effetti collaterali. È proprio così, noi viviamo in un Ecomuseo naturale dove un’attività come la Parafarmacia Umberto I° si inserisce come un oggetto moderno all’interno di un area molto antica Giugno 2009 Il Gruspigno 5 SPAZIO ECOMUSEI - VALNERINA Museo della Canapa, a luglio il primo compleanno Glenda Giampaoli Direttore Museo della Canapa di Sant’Anatolia di Narco Alcuni mesi fa, per la precisione il 12 luglio del 2008, è stato inaugurato il Museo della Canapa nel centro abitato del piccolo e suggestivo paese di Sant’Anatolia di Narco, in Valnerina, non lontano da Spoleto. Il Museo della Canapa rappresenta una delle antenne dell’ecomuseo della Valnerina dedicata alla lavorazione e trasformazione della canapa soprattutto per fini tessili. Situato nell’ex-palazzo comunale di Sant’Anatolia di Narco conserva al suo interno strumenti legati al ciclo di lavorazione e trasformazione della canapa, pianta coltivata, soprattutto per uso tessile, fino alla prima metà del Novecento in tutta la Valnerina, sia nelle zone di fondo valle che in montagna tanto che tutti i terreni posizionati lungo il corso del fiume Nera sono denominati tuttora “canapine”. Alla tessitura della canapa è interamente dedicato il primo piano del Museo con la presenza di telai, orditoi, filarelli recuperati nel territorio della Valnerina a partire dagli anni ’70 del 1900 fino ai giorni nostri e di una sezione interamente dedicata alla raccolta tessile “Lamberto Gentili” data in prestito dal Comune di Spoleto. Oltre alla collezione “Lamberto Gentili” sono presenti tutti i manufatti donati dagli abitanti di Sant’Anatolia di Narco di estremo interesse testimonio l’attività di tessitura domestica in Valnerina dalla metà dell’ottocento fino alla prima metà del XX secolo. Il nucleo principale è costituito dalle famose coperte da corredo, tessute da esperte “tessinare” proprio nella zona di Sant’Anatolia di Narco, che rappresentano senza alcun dubbio i tessuti più tipici e diffusi del mondo contadino. Parte integrante del Museo è il laboratorio di tessitura con telai manuali moderni che costituisce uno strumento didattico ed un laboratorio di studio sia per adulti che per bambini. L’intento del Museo, infatti, è quello di tramandare questa affascinante quanto complessa attività e di sviluppare, attraverso l’esperienza laboratoriale, la conoscenza di saperi e di abilità, tramandati dal passato con un potenziale collegamento con la realtà contemporanea Lavoriamo insieme per tutelare e valorizzare il nostro territorio! Per il lavoro svolto la Fondazione fa affidamento esclusivamente su risorse private; aiutare la Fondazione con donazioni significa aiutare il proprio territorio; ogni risorsa viene utilizzata unicamente per le finalita’. La Fondazione svolge la propria opera in modo completamente volontario e gratuito; cio’ vuol dire che i fondatori non percepiscono neppure i classici rimborsi spese. La Fondazione puo’ ricevere donazioni di qualsiasi natura e valore, da piccoli versamenti in conto corrente postale, a bonifici, donazioni di immobili o eredita’. Codice IBAN IT55 O 06120 03088 000000000 709 La Fondazione accetta sponsorizzazioni (fiscalmente detraibili) per gli eventi culturali, editoriali che promuove. Dona il 5 per mille alla Fondazione Ecomuseo Colli del Tezio ONLUS E’ possibile destinare il 5 per mille dell’ IRPEF alla FONDAZIONE ECOMUSEO COLLI DEL TEZIO ONLUS. E’ facilissimo! In tutti i modelli per la dichiarazione dei redditi troverai un’apposita scheda Metti la tua firma nel riquadro relativo al “finanziamento del volontariato, delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale, delle associazioni e fondazioni” e scrivi nella riga sottostante il Codice Fiscale della Fondazione Ecomuseo onlus: 94108450548 www.ecomuseo.eu Il Gruspigno 6 Anno 2 Numero 3 IL NOSTRO TERRITORIO - LA NATURA OGM, un passo più lungo della gamba! Troppi punti oscuri sull’impatto che gli alimenti modificati hanno sulla salute umana Nicola Palmieri Naturalista www.ilpianetanaturale.org Cosa sono gli OGM? Sono degli organismi viventi ai quali è stato modificato, grazie a procedimenti biotecnologici e di ingegneria genetica, il loro patrimonio genetico o DNA. Lo scopo è di ottenere per questi organismi caratteristiche particolari che non avrebbero mai potuto sviluppare spontaneamente in natura; solo con l'uso di tecniche particolari, messe a punto dalla scienza e che si riconducono essenzialmente alla tecnica del DNA ricombinante ciò è possibile. È indubbio che i benefici indotti dalla modificazione genetica nel campo agronomico, ambientale e sanitario potrebbero essere molteplici e vantaggiosi anche dal punto di vista economico-sociale. Tuttavia gli alimenti geneticamente modificati, ormai largamente diffusi in molti paesi del mondo, sono molto carenti per quanto attiene la valutazione del loro impatto sulla salute umana a breve e, soprattutto, a lungo termine. Non conosciamo il destino dei geni contenuti negli OGM una volta introdotti nell'organismo umano e non sappiamo quale potrebbe essere il loro impatto sulla flora batterica intestinale o sul sistema immunitario. Gli argomenti trattati sono complicati e ricchi di perplessità ma cercheremo per quanto possibile di essere chiari. Cominciamo dai vari tipi di OGM vegetali presenti nel mercato internazionale: il primo è quel transgene vegetale in grado di resistere a una certa quantità di veleno, affinché, una volta trattato il terreno con uno specifico erbicida, possa crescere solo quella pianta GM. Il secondo tipo è un transgene vegetale nel cui codice genetico è stato inserito “l’ordine” di produrre una tossina (insetticida o altro) in grado di uccidere gli insetti che normalmente si cibano di questa pianta. Il terzo modello è quello di piante transgeniche in grado di migliorare le caratteristiche estetiche, quantitative e qualitative del proprio frutto (pomodori che si conservavano più a lungo, frutti sempre più grandi e perfetti). Ognuno di questi modelli porta con se un potenziale fattore di rischio per l’ambiente e per l’uomo; fra tutti, forse, il secondo tipo è quello più pericoloso. L’idea di realizzare OGM è sicuramente interessante La Vignetta se si pensa ai tempi estremamente ridotti necessari per realizzare un transgene, mentre in natura potrebbero essere necessari molti anni o più probabilmente potrebbe non realizzarsi mai. Indubbiamente molti aspetti dell’ingegneria genetica vengono in aiuto all’uomo, come lo sviluppo di nuove linee colturali per tentare di migliorare ed aumentare il rendimento, la resistenza e l’adattamento delle coltivazioni; in fondo però non si tratta di una grande novità visto che da decine di secoli l’uomo incrocia razze più vantaggiose e resistenti per un determinato ambiente. Tuttavia per la prima volta l’ingegneria genetica ha pensato di inserire geni animali nei vegetali, e viceversa. In questo caso dobbiamo dire che, ad eccezione di una diatomea (microalga) che ha inglobato geni di altre specie vegetali ed animali (scoperta riportata su “Nature”), dalla comparsa dei primi organismi animali (circa 1,5 miliardi di anni fa) non si è mai registrato, con successo, lo scambio di materiale genetico tra il regno delle piante e quello degli animali. Questa non dovrebbe essere una ragione sufficiente per essere più prudenti? E le multinazionali che li producono dovrebbero saggiare queste nuove “invenzioni biologiche” in un lasso di tempo sufficientemente lungo tenendo in considerazione tutti i possibili risvolti negativi. Se analizziamo, per fare un esempio, quel tipo di transgene vegetale creato per crescere in una certa quantità di veleno (erbicida) capiremo che cospargere un campo di mais con il glifosfato per far crescere solo piante GM, selezionate per resistere in condizioni estreme di alto tasso d’avvelenamento, ha come conseguenza scontata che mangiando quel mais assorbiremmo anche noi nel nostro corpo questo veleno. Uno studio effettuato dal biologo Rick Relyea dell'Università di Pittsburg nel 2005 ha dimostrato che il Roundup (glifosfato ed altre sostanze) è un composto particolarmente letale per gli anfibi (salamandre, rane, rospi e raganelle) e che nelle aree contaminate dal Roundup, osservate per la ricerca, la biodiversità anfibia è diminuita del 70%. Un altro recente studio svolto dal gruppo scientifico diretto da Gilles Eric Seralini dell'Università francese di Caen, ha confermato che le cellule della placenta umana sono molto sensibili al Roundup, anche in concentrazioni minori di quelle utilizzate in agricoltura. Ciò, secondo Seralini, spiegherebbe gli elevati indici di nascite premature e aborti osservati tra le agricoltrici statunitensi che utilizzano erbicidi a base di glifosfato. Esistono piante GM con gene Bt, in cui è stato introdotto il batterio Bacillus turingensis che produce una tossina in grado di uccidere la piralide (farfalla) del mais e non solo; questo transgene consentirebbe alla pianta GM di replicare in continuo questa tossina per uccidere, nel caso in cui venisse a contatto con essa, l’insetto dannoso. Per sdrammatizzare potremmo dire che sarebbe come utilizzare sempre un shampoo anti pidocchi per non avere il rischio di prenderli! Questo ragionamento è profondamente sbagliato ed è peggiore dei trattamenti a calendario (trattamenti che vengono svolti in periodi predefiniti): in primis perché in questo modo si accumulerebbero ingenti quantità di veleni nel terreno ed inoltre, inevitabilmente, si accumulerebbero nelle persone che consumano frequentemente OGM. Infatti, nelle parti esposte della pianta la proteina Bt è normalmente inattivata dai raggi del sole (ultravioletti) ma rimane attiva al suo interno e la pianta ne produce continuamente. La proteina Bt è anche definita “killer” in quanto ha una potentissima attività biologica nell'intestino della piralide e di altri invertebrati, ma non se ne conosce l'attività biologica negli esseri vertebrati. Cosa potrebbe avvenire se frammenti di DNA ricombinante svolgessero attività biologica non prevista e non controllabile a livello del sistema immunitario del tratto intestinale? Questi dubbi non sono affatto eccessivi poiché è stato dimostrato che il 5% di DNA esogeno (ossia proveniente dall’esterno) sopravvive nell'intestino, si ritrova nel sangue, milza, reni, fegato e feci degli animali da laboratorio (Costanzo, 2001). Inoltre le carni di animali allevati e nutriti con OGM, ed i loro prodotti, entrano nell’alimentazione umana e gli effetti non risultano del tutto scientificamente acclarati. In definitiva si teme la possibilità che chi ingerisce alimenti geneticamente modificati possa avere nel proprio genoma ospiti non graditi, contro i quali le normali difese cellulari possono risultare impotenti. Infatti i complessi transgenici sono invasivi e non paragonabili ai normali geni presenti in natura (Fragale, 2005). Inoltre, il trasferimento orizzontale di geni provenienti da batteri GM a batteri naturali del tratto intestinale è già stato osservato e descritto in esperimenti di laboratorio. Questa evenienza ha causato fenomeni allergici e modificazioni della microflora del tratto intestinale; un esempio su tutti è stato quello che si è verificato quando si è tentato di manipolare la soia con un gene della noce brasiliana. Test di laboratorio avevano evidenziato che il siero del sangue di soggetti allergici alla noce brasiliana reagiva in presenza di estratto della soia manipolata7. Il gene inserito codificava infatti un comune allergene della noce brasiliana, per cui la sua immissione sul mercato fu immediatamente bloccata. Per dare un’informazione sufficientemente accurata sul tema OGM, estremamente vasto e delicato, l’articolo proseguirà nei prossimi due numeri del Gruspigno. Per le note bibliografiche si riporta all’ultima parte dell’articolo G.Tribbiani Il Gruspigno Giugno 2009 7 IL NOSTRO TERRITORIO - LE ASSOCIAZIONI IL NOSTRO TERRITORIO - L’AMBIENTE La “nostra quota” di biosfera Rispettare i limiti della natura per una società sostenibile mando il“capitale naturale”globale della Biosfera, avviandosi rapidamente verso un deficit ecologico piuttosto preoccupante. E’ chiaro che solo una parte dell’umanità consuma una gran quantità di risorse, mentre molte persone non sono in grado di soddisfare neppure le minime esigenze di sopravvivenza. La distribuzione geografica dei consumi e degli scarti è pertanto del tutto ineguale e ingiusta ed è spesDoretta Canosci so motivo di conflitti particolarmente gravi e devastanti. Geografa e docente di Educazione Ambientale Il sistema economico e commerciale attuale, con gli appresso l’Università degli Studi di Perugia porti tecnologici sempre più efficienti, non sempre comLasciare la propria impronta nel campo artistico, scientifico, porta un risparmio delle risorse in quanto, determinando tecnologico è stata da sempre l’aspirazione di singoli individui, un abbassamento dei costi e dei prezzi, tende a favorire i di gruppi, di popolazioni, che hanno desiderato a lasciare di sé consumi e di conseguenza ad aumentare l’impronta ecoloun ricordo perpetuo nella storia dell’umanità. In tempi recenti gica. Mentre requisito fondamentale di una società “sostenisi parla invece di una impronta diversa, in un certo senso molto bile” sarebbe quello di vivere entri i limiti posti dalla natura, più concreta e misurabile: mi riferisco alla impronta ecologica, in modo da non superarne le capacità di carico ecologiche. quell’indicatore che fornisce informazioni sulla sostenibilità dei Il calcolo dell’impronta ecologica* permette di valutare i consumi di una comunità e sul loro impatto, correlandoli alla costi dello sviluppo ed è una spia della sostenibilità ambieneffettiva disponibilità di territorio. In pratica l’impronta ecolo- tale, che può fornire indicazioni utili sui nostri consumi per gica esprime quanta natura utilizziamo per sostenere il nostro decidere di quanto dobbiamo ridurli e come cambiare il nostile di vita. Ma perché non domandarsi se le risorse naturali stro stile di vita per contribuire a limitare i “disastri ambientali”. sono sufficienti per tutto ciò che consumiamo, oppure se gli *per il calcolo dell’I.E. si può consultare il sito del WWF, ricorecosistemi sono in grado di riassorbire tutto ciò che scartiamo? dando quanto tale misurazione possa essere importante in un L’intera umanità utilizza in un anno più di quello che la natura processo formativo di apprendimento rivolto a giovani e gioè in grado di rigenerare nello stesso periodo e così si sta consu- vanissimi 16 giugno 2009: “La Matta... ria” torna in scena Il Gruppo teatrale “La matta… ria”, erede con grande successo del vecchio “Gruppo Artistico” di San Marco fondato nel 1939 da Giuseppe Roila (Peppinetto), anche quest’anno è pronto per regalare nuovi sorrisi, grazie ancora alla generosità e la disponibilità del Parroco di San Marco Don Giuseppe Cistellini. Tutti in attesa per la prima della stagione 2009, l’appuntamento è il 16 Giugno presso l’area della festa di S.Orfeto a San Marco alle ore 21:00, ingresso gratuito, manifestazione patrocinata dalla IV Circoscrizione e realizzata con il consueto appoggio dell’Associazione Amici di S. Orfeto ed il Centro Socio Culturale di San Marco. I Ragazzi de “La matta… ria” dopo le varie attività invernali (vogliamo ricordare il successo con “Babbo Natale per le vie di San Marco”, il pomeriggio della vigilia di Natale, che è ormai entrato nella tradizione del Paese, iniziativa premiata anche dal Comune di Perugia per il concorso “Forme Creative 2008”), anche quest’anno tornano sul palcoscenico con uno spettacolo totalmente nuovo, sempre con il loro inconfondibile stile del Cabaret da villaggio, si promettono tante risate anche con apparizioni di personaggi dello spettacolo. È tutto pronto, attori, costumiste, truccatrici, suggeritori, fonici ed il Fan Club, ormai numeroso, sarà ovviamente in prima fila ad incitare i suoi ragazzi , ma chi saranno quest’anno i successori di Arturo ed Eufemia, Peppiniello pompa pompa, Mocambo, Pongio, la Piccola Fiammiferaia, la Pasticcera, Mario il carcerato, tormentoni degli anni passati? Lo vedremo il 16 Giugno per passare una bella serata insieme. Un ricordo particolare quest’anno andrà al caro Francesco Osticioli (Chiccobello), cameraman e primo Fan del Gruppo. I ragazzi del gruppo vogliono infine spronare a continuare ed estendere le sinergie tra le varie Associazioni territoriali perché sono assolutamente essenziali per la crescita delle iniziative culturali del Paese. L’indirizzo di posta elettronica è: lamattaria@ alice.it il recapito telefonico è 340 3730837 QUIZ SUL TERRITORIO Amici dell’ Ecomuseo E' nata una nuova associazione di volontariato denominata Amici dell'Ecomuseo con la finalita' di tutelare e valorizzare gli aspetti ambientali artistici e culturali del territorio denominato Ecomuseo Colli del Tezio, definito tra i Comuni di Perugia, Corciano, Umbertide e la frazione di Castel Rigone. L’Associazione partecipa alle attivita’ artistiche culturali ed ambientali promosse dai propri associati e collabora stabilmente con la Fondazione Ecomuseo Colli del Tezio onlus dalla quale trae ispirazione. L'Associazione invita tutte le persone e le associazioni che condividono la filosofia di tutela e valorizzazione del territorio e di approfondimento di tutti gli aspetti artistici e culturali a partecipare alle nostre iniziative e a collaborare con noi. L'Associazione e' lieta di aprire, a tutte le persone interessate, la possibilita' di iscriversi come socio, completando il modulo di domanda che e' scaricabile dal sito: www.ecomuseo.eu/static/media/modulo_ iscrizione_amici_dell_ecomuseo.pdf Invito alle associazioni Il Gruspigno e la Fondazione Ecomuseo invitano tutte le associazioni che condividono la nostra filosofia di valorizzazione del territorio a partecipare alle nostre iniziative, a collaborare con noi e ad inviarci i loro contributi per la pubblicazione. Il quiz di giugno A marzo era la torre della Rocca Medioevale di Umbertide La foto pubblicata nel numero scorso ritrae la torre della Rocca Medioevale di Umbertide. Terminata nel 1389, ospita oggi la sede permanente del “Centro per l´Arte Contemporanea”. In questo periodo è allestita la mostra “Cagli Disegni 1931-1976” curata da Gilberto Ganzer, direttore del museo Civico d’Arte Moderna di Pordenone. I lettori che hanno risposto correttamente al quiz e quindi riceveranno una T-shirt dell’Ecomuseo sono Claudio Cocchi, Massimo Coletti, Carla Milleri e Pietro Sampaoli Un modo divertente per conoscere il nostro territorio: indovinate cos’è questo dettaglio e dove si trova. Inviate la risposta all’indirizzo: [email protected] oppure all’indirizzo postale Ecomuseo Colli del Tezio, casella postale 6, 06133 Colle Umberto (PG). Tra i vincitori verranno estratte a sorte 5 T-shirt dell’Ecomuseo. La risposta ed i vincitori verranno pubblicati nel prossimo numero Anno 2 Numero 2 - 21 Marzo 2009 La Ricetta di Cespo Nidi di gnocchetti alle vitalbe Non fatevi spaventare dal titolo... pomposo perché in realtà prepareremo un primo molto semplice e veloce ma daremo sfogo anche alla nostra creatività. Come si dice... anche l’occhio vuole la sua parte! Utilizzeremo per la preparazione del piatto la vitalba, di questa stagione abbondantissima ed utilizzata in cucina, molto di frequente, fin dai tempi antichi.* Raccoglietene una buona quantità, (si fa presto ed è facile)e sbollentatele** in acqua leggermente salata per 10 minuti. Toglietene una buona parte ed il resto lasciatele lessare completamente. In una grossa terrina mettete a soffriggere in olio extravergine di oliva un porro tagliato finemente con un peperoncino; aggiungete le vitalbe sminuzzate con un coltello e a fuoco vivace portate a cottura bagnando con il solito bicchiere di vino bianco secco dopo aver salato a piacimento. Mettete alcuni cucchiai del composto così ottenuto in un frullatore insieme ad altro olio e un mestolino di acqua delle vitalbe che stanno lessando. Frullatele fino ad ottenere una specie di pesto che poi rimetterete nella terrina con le altre vitalbe. Scolate le vitalbe ormai lesse diponetele in cerchio in un piatto e conditele con olio sale ed aceto…magari balsamico se ne avete di veramente buono.*** Calate in acqua bollente gli gnocchetti di patate ed a cottura saltateli nella terrina per un altro minuto e sistemateli con cura all’interno del cerchio che avete preparato in precedenza con le vitalbe lesse. Spolverate con una ricotta secca grattugiata e…buon appetito NOTE * Le vitalbe erano ,un tempo, molto usate dalle nostre parti. Chiamate anche “gli asparagi dei poveri”per il loro sapore che ricorda quello del germoio ben più pregiato,venivano consumate lesse come verdure o per fare frittate e molte altre cose ancora. Chi ne avesse memoria o fosse a conoscenza di particolari ricette,ce lo faccia sapere scrivendoci. ** Non spaventatevi ma le vitalbe hanno la caratteristica di essere leggermente tossiche. La parte da noi utilizzata lo è pochissimo e tale tossicità scompare completamente con una breve bollitura. La posta dei lettori Con molto piacere ho avuto modo di conoscere il giornale “Il gruspigno”, che trovo molto interessante e vorrei anche io partecipare fattivamente alla realizzazione di questo periodico, collaborando con la redazione e inviando le mie ricette. Di seguito vedrà la mia presentazione, in modo che si può fare un’idea di chi sono e che cosa faccio. Amo moltissimo la cucina, soprattutto la “nostra cucina”, quella del nostro territorio, quella delle nostre tradizioni e spero che questo non si perda nella notte dei tempi. Oggi i nostri figli e nipoti pensano che l’olio, ad esempio, si colga direttamente imbottigliato sull’albero … sì, è un po’ esagerato quello che Le sto dicendo, ma non sanno che una volta i prodotti alimentari che si potevano comprare nelle “botteghe” venivano venduti sfusi, pesati ed incartati. Io ricordo ancora i mobili, le pastiere che disponevano di cassetti con un oblò di vetro dal quale si vedeva il formato di pasta che contenevano: i “bocconotti”, i “gomiti”, gli “spaghetti”. C’erano anche dei bellissimi vasi di vetro che contenevano, mettendoli in mostra, biscotti, caramelle oppure FRU-FRU (i wafers di oggi). C’erano anche i diversi tipi di carta per incartare i prodotti che si vendevano a peso; non esisteva ancora la Legge del peso netto e tanto meno le bilance elettroniche, quindi la carta era venduta insieme ai prodotti allo stesso prezzo. Mi scuso per le mie reminescenze nostalgiche, ma oggi non si pensa più al tempo passato, alla fatica dei nostri nonni, al modo rocambolesco in cui i nostri padri dovevano far quadrare i conti, ai giocattoli fatti di legno e alle bambole di pezza. Oggi siamo troppo tecnologici e corriamo sempre di più e chi ci rimette è il nostro corpo, il nostro stomaco. La genuinità non esiste più e allora cerchiamo di far capire ai giovani che certe tradizioni si possono ancora mantenere. Silvana Moretti Il 18 luglio, alle 17 nell'anfiteatro del Fuseum, la compagnia Le Onde di Domenico Madera terrà “Giallo al Fuseum”, uno spettacolo per bambini della serie Un Parco Da Favola. Fuseum a monte Malbe via dei Cappuccini, Perugia Per informazioni tel 349-5774738 [email protected] *** Solo il “tradizionale di Modena” è vero balsamico tutti gli altri che non possono essere così denominati non sono altro che aceto qualsiasi colorato di scuro con zucchero caramellato che non ha niente ma proprio niente in comune col meraviglioso sapore del vero e costoso balsamico tradizionale di Modena. Scheda Clematis vitalba L. è una pianta arbustiva delle Ranunculaceae a distribuzione oloartica nota anche col nome comune di vitalba. In Italia è presente su tutto il territorio sino a circa 1300 m in incolti, boschi di latifoglie, macchie temperate. Mostra un comportamento rampicante con fusti ramificati, che si allunga anche per 10-15 metri sugli alberi, sviluppando alla base tronchi legnosi anche piuttosto grossi. Il profumo è simile a quello del Biancospino. Fiorisce tra maggio e agosto a seconda della quota. È considerata una pianta infestante del bosco. Infatti, specialmente in associazione con i rovi, la vitalba crea dei veri e propri grovigli inestricabili a danno della vegetazione arborea che viene letteralmente aggredita e soffocata. Tali presenze sono infatti quasi sempre l’espressione di un degrado boschivo. Viene usata in cucina utilizzando i germogli primaverili per le frittate (“frittata di vitalbini”). A causa delle tossine comuni alla famiglia delle Ranunculaceae è consigliabile non consumarne grosse quantità ed utilizzare esclusivamente le parti molto giovani della clematide in cui la concentrazione delle sostanza tossiche è molto bassa e con lieve bollitura scompare. Paesaggio Umbro: I Colli del Tezio Viaggio sonoro attraverso le immagini che sbocciano nell’austera e astratta ispirazione che diventa musica, il disco “Paesaggio Umbro: I Colli del Tezio” nasce dal felicissimo incontro tra la nostra Fondazione Ecomuseo ed un gruppo di formidabili musicisti, figli di questo stesso territorio. È possibile ascoltare alcuni brani del cd nel sito www.ecomuseo.eu Il disco è in vendita da Tarpani, in piazza Matteotti, a Perugia, e online, nel sito http://www.musicamusicaperugia.it/ 5&.10UFTUPEJ1BPMB$IJVSVMMB 4FNBJWFOJTTJRVJRVJEPWFNJUSPWPWPSSFJDIFUPDDBOEPNJNJDBQPWPMHFTTJ QFSGBSTDPSSFSFJMUFNQPJONFDPNFVOBDMFTTJESBSPWFTDJBUBJORVFTUPBCCSBDDJP %BO[FSFJQFSUFFUSBMFOVWPMFNFUUFSFJMFNJFBFSFFSBEJDJ 3FHJTUSBUPEBMBM.BS[PQSFTTPHMJTUVEJ6NCSJB.VTJD$FOUFS 3FHJTUSBUPFNJYBUPEB4UFGBOP;BWBUUPOJ.BSDP$PDDIFSJ Invito ai lettori: dite la vostra 5-#0AESAGGIO5MBRO"OOKLET0AGES COLORS L’invito che vi facciamo è quello di seguirci in questo percorso ma soprattutto di farci sapere come la pensate; per noi è molto importante e ne faremo tesoro per migliorare il nostro lavoro; partecipate con noi al Gruspigno e mandateci i vostri suggerimenti, le critiche, le segnalazioni, gli argomenti che vorreste leggere etc. Leggete il Gruspigno online sul sito WWW. ECOMUSEO.EU dove lo potete anche scaricare in formato PDF. Chi desidera numeri arretrati del Gruspigno, puo’ richiederli contattandoci via email. Scriveteci: [email protected] oppure a: Ecomuseo Colli del Tezio Casella Postale 6, 06133 Colle Umberto (PG) www.ecomuseo.eu