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Il Gruspigno - Anno II n° 3 (scarica PDF)
GIORNALE DELL’ECOMUSEO COLLI DEL TEZIO
Periodico di Informazione e Cultura del Territorio
Anno 2 Numero 3 - € Zero
Monte Tezio e Monte Malbe, una
storia dalle radici antiche
Giovanni Riganelli
Storico e saggista
Due rilievi montuosi, subito a nord e a
nord-ovest di Perugia, che sembrano quasi connotarsi, ora, come una sorta di oasi
naturalistica, contraddistinti da una quiete quasi irreale, quella stessa dei paesaggi
dimenticati o, comunque, al margine del
mondo attuale. Quelle realtà dove, guardando attentamente, possono scorgersi i
segni più o meno evidenti di un passato
che non sempre si riesce a datare, in genere indicato con quel «c’era una volta»
che la dice lunga senza pur tuttavia dire
niente. A Monte Tezio e a Monte Malbe,
ora avvolti in questa quiete, nell’età di
mezzo il comune di Perugia possedeva
ben tre comunanze agrarie: una sul primo
rilievo e due sul secondo. E queste erano
fattori economici, di vivacità imprenditoriale, non certo trascurabili. Come riportato in un inventarium del 1330, studiato
da Giuseppe Mira nel 1961, la «comunanza di Monte Tezio» era composta da terre,
possessioni, selve, alberi, pascoli, paludi,
case e casalini. Per ciò che concerne le
altre due, occorre rilevare come una di
esse era indicata come «comunanza delle
pedate di Monte Malbe» ed era costituita
dai terreni e dai pendii del monte che potevano coltivarsi. L’altra, invece, era genericamente indicata come «comunanza di
Monte Malbe» e aveva nei diritti di sfruttamento del bosco e nel pascolo i propri
fattori economici.
Questi beni, appaltati a soggetti privati,
garantivano al Comune cittadino un reddito annuo di 800 lire la prima, di 430 la
seconda e di ben 2.800 la terza. Da queste, unitamente alle altre comunanze di
cui il Comune disponeva tra cui quelle
del «Chiugi Perugino» – l’area ad occidente del Trasimeno – e quella dei diritti di pesca sul lago, il governo cittadino
traeva annualmente ben 18.667 fiorini,
In questo numero
La storia dei luoghi: Preggio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il nostro territorio - le prospettive. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il personaggio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il nostro territorio - storia e sottosuolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Spazio ecomusei: Valnerina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il nostro territorio: la natura. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il quiz. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il nostro territorio - l’ambiente. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il nostro territorio - le associazioni: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
La ricetta di Cespo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
La posta dei lettori. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
[email protected]
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equivalenti ad oltre 75.000 lire. Si tratta di
una somma di notevole entità che, come
fa notare Jean-Claude Maire Vigueur,
consentiva al governo di Perugia di non
imporre tasse ai residenti in città nell’arco dell’anno, almeno quando non si dovevano affrontare spese straordinarie. Al
di là di simile aspetto, pure di notevole
interesse ma che ci porterebbe lontano
dal nostro argomento, le domande che si
legano alle comunanze di Monte Tezio e
Veduta aerea di Capocavallo
Monte Malbe non sono certo poche. Da
quella relativa a chi ne erano gli appaltatori a quella sul come si finiva per sfruttare
questi beni; da come e quando gli stessi
erano pervenuti al comune di Perugia, al
periodo in cui hanno cessato di costituire
una fonte di reddito per la città e via di
seguito gli interrogativi sono tanti, forse
troppi per rispondere in maniera esaustiva in una sede come questa.
(segue alla pagina successiva)
“Mappe di Comunità”: creiamo
insieme un gruppo di lavoro
Gianmaria Fontana di Sacculmino
Presidente Fondazione Ecomuseo Colli del Tezio ONLUS
L’Ecomuseo Colli del Tezio propone alle comunita’ locali di iniziare uno
studio per arrivare a disegnare le Mappe di Comunita’ dei vari Luoghi del
territorio.
La mappa di comunità è una rappresentazione cartografica con cui gli
abitanti di un luogo narrano i saperi ed i patrimoni della cultura del luogo, il
paesaggio, le sue trasformazioni, le realtà in cui vivono e si riconoscono.
È una forma di conservazione delle memorie storiche da trasmettere alle
nuove generazioni affinché non perdano le loro radici territoriali e culturali.
Con le mappe di comunità avremo un “archivio” grafico in forma di mappa,
che può essere sempre aggiornata, delle persone e dei luoghi di un territorio.
Si eviterà il rischio della perdita delle conoscenze dei luoghi, che sono state
raggiunte con il contributo di varie generazioni. I luoghi includono memorie,
spesso collettive, azioni e relazioni, valori e fatti numerosi e complessi che
sono vicini alla gente ed ai sentimenti.
È un progetto che puo’ nascere e svilupparsi solo se è veramente partecipato
dagli abitanti dei vari luoghi, paesi, frazioni, borghi di questo territorio che
comprendono il notevole valore di rappresentare e trasmettere la storia e le
storie del luogo e dei suoi abitanti-interpreti.
L’Ecomuseo invita chiunque abbia piacere di partecipare a questo progetto
o comunque di approfondire il significato di ciò, di contattarci; i recapiti
sono:
Posta elettronica: [email protected]
Per posta: Associazione Amici dell’Ecomuseo, strada Pieve Petroia 20 06133
Colle Umberto PG, oppure al numero 349-5774738
www.ecomuseo.eu
Il Gruspigno
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Anno 2 Numero 3
IL TERRITORIO - PREGGIO
Un paese da conoscere tra le
“pieghe” dell’Appennino
Gabriella Vignoli
Insegnante e storica del territorio
Preggio è un piccolo paese tra le pieghe
dell’Appennino, che lotta contro lo spopolamento e
soprattutto contro la perdita di identità, come tanti
altri piccoli paesi che hanno dato lavoro, benessere
e amor patrio ai suoi abitanti. La bellezza dei luoghi,
la protezione offerta dai boschi, dai rilievi montuosi,
assieme alla possibilità di dominare i piani e
controllare i passi montani fecero di questo territorio
un insediamento ambito fin da molti secoli prima della
nascita di Cristo. Già gli antichi Italici vi praticavano
la pastorizia, fondando nei pressi, un oppi dum: la
cittadella fortificata di Bellona, sul crinale di Monte
Murlo.
La zona fu poi abitata da Etruschi e Romani, come
attestano la splendida tomba del Faggeto, etrusca,
e quella di Sagraia, romana del II sec. a.C. Proprio
al periodo romano la leggenda fa risalire la vera e
propria fondazione del paese: predium, caposaldo,
che sarebbe da attribuirsi a militi romani sfuggiti alla
strage seguita alla battaglia del Trasimeno in cui, nel
217 a.C., il console romano Flaminio subì una terribile
sconfitta da parte di Annibale. Tuttavia il periodo
che ha lasciato testimonianze concrete nel paese e
nei suoi dintorni è stato quello del basso Medioevo
e dei Comuni. Preggio intorno all’anno 1000 era
già una proprietà dei Bourbon del Monte, secondo
un Diploma dell’Imperatore del Sacro Impero
Romano Germanico Berengario che lo assegnava ad
Uguccione II, assegnazione confermata da Federico
I Barbarossa nel 1162. Dunque fu feudo imperiale e
insieme dominio ecclesiastico, infatti la Parrocchia
Priorale di Preggio, col titolo di “SS. Trinità e Nostra
Donna Assunta in Cielo” apparteneva al rione di Porta
S. Angelo di Perugia e al parroco spettano ancora oggi
il titolo e le prerogative di Priore.
In quei tempi per difendere la propria autonomia
i piccoli borghi si rivolgevano alle più vicine città
costituitesi in libero Comune, Preggio non si rivolse
ad Umbertide, allora Fracta filiorum Ubertis, ma
a Perugia, cui fece atto di sottomissione nel 1189.
Quindi vi si insediò un podestà, ed un notaio, le due
figure di riferimento per l’amministrazione civile e le
acquisizioni e i trasferimenti dei diritti patrimoniali. I
rapporti con Perugia non furono sempre facili: motivo
dei contrasti fu ovviamente il pagamento delle tasse,
di cui i preggesi tra il XIV e il XVI secolo continuarono
a richiedere l’esenzione o la riduzione in cambio del
rifacimento, ampliamento, rafforzamento delle mura a
proprie spese. Di queste mura il paese conserva ampi
tratti non sempre riconoscibili, poiché proprio sulla
cinta muraria fu poi edificata gran parte delle case;
tuttavia lungo la Via Nova, a monte, si può ancora
individuare una porta a sesto acuto, e sopra di essa
il beccatello dell’ultimo merlo esistente. Non mancò
la visita di S. Francesco, che passò per Preggio nel
1212 e vi stabilì un conventino, dove i frati francescani
risedettero fino al XVII secolo.
La chiesa di S. Francesco, annessa al convento nel 1223
divenne chiesa parrocchiale assumendo anche il nome
di SS. Trinità. Nella prima metà del ‘900 la costruzione
della strada di
collegamento con
Umbertide, la Via
Nova, portò alla
demolizione di un
ampio tratto delle
mura anche a favore
dell’ampliamento e
della sistemazione
della piazza principale, sotto la
quale, scendendo a
sinistra la più antica
ed erta via che
portava al paese,
si osserva quanto
resta del conventino
delle monache della Beata Colomba. Un muraglione
sostiene la chiesetta e ne recinge il giardino antistante;
a dire il vero si tratta di un giardino un po’ particolare dal
momento che quello spazio ospitava l’antico cimitero
del convento. All’interno della chiesa è conservato
l’ affresco della Madonna delle Grazie, attribuito alla
scuola del Pintoricchio, uno dei tesori artistici del
paese. Si è citata l’Inquisizione, ebbene, basta alzare
gli occhi all’orizzonte in direzione della strada di Col
di Campana, tra il bivio per Umbertide e la strada
per Castel Rigone, che di fronte a noi si presenta una
costruzione massiccia: il palazzo dell’Inquisitore, che
lì aveva stabilito la propria residenza estiva. Qualcuno
ricorda ancora la presenza nelle cantine di una
‘camera della tortura’, con anelli al muro per legare i
malcapitati durante i terribili interrogatori. Possiamo
tuttavia risalire ancora più addietro nella storia
poiché quell’ospedale, prima dei trovatelli ospitò
viandanti e pellegrini, cui forniva ricovero e assistenza
come Ospitale della Confraternita di S. Maria della
Misericordia di Preggio, i cui beni furono purtroppo
incamerati dall’Ospedale della Misericordia di Perugia,
dopo un lunghissimo contenzioso legale durato dall’
unità d’Italia fino al 1911.
A questi brevi cenni storici
aggiungiamo
le
principali
manifestazioni religiose e civili
che possono servire di richiamo
a visitare il paese: la Festa della
Santa Spina, che ricorre il martedì
dopo Pasqua, il Festival di Musica
sacra e da camera, tra la seconda
metà di luglio e la prima di agosto,
la Sagra della Castagna in ottobre,
che da oltre 40 anni attira uno
straordinario afflusso di visitatori
per degustare i piatti della
tradizione locale di cui la castagna
è il principale ingrediente 
Monte Tezio e Monte Malbe:
una storia dalle radici antiche
(prosegue dalla prima pagina) Ma è il caso di provare. Già una
prima risposta sulla reale importanza rivestita dall’economia silvo-pastorale nell’età di mezzo può, a mio avviso, essere di un certo interesse per comprendere come il tempo,
spesso, finisca per decretare il superamento anche di ciò
che per decenni, in certi casi secoli, si è creduto insostituibile. Il bosco, nell’alto medioevo ma ancora nei secoli successivi al Mille, costituiva un fattore economico di primaria
importanza.
Le attività che si praticavano al suo interno erano varie
e andavano dalla caccia, per lo più praticata liberamente,
all’allevamento brado del bestiame – buoi, maiali, pecore –,
dalla raccolta dei frutti spontanei – funghi, castagne, bacche e via di seguito – a quella del miele prodotto dalle api
selvatiche, dal taglio della legna da ardere per uso familiare
a quella usata nelle fornaci di mattoni o nella produzione
di calce, a quella impiegata nella produzione di barche, carri, oggetti di vario uso e nell’edilizia. Era questo un settore
dell’economia di rilevanza tale che, soprattutto nella tarda
antichità e nei primi secoli del medioevo, in certi casi finì
per supplire in toto all’agricoltura.
Non è dunque casuale che, nell’alto medioevo, l’estensione di un bosco era spesso misurata sulla base del numero di maiali che potevano pascolare al suo interno e non,
come pure ci si poteva spettare, utilizzando le misure di
superficie del tempo. Ciò detto, nella consapevolezza che
ancora nel basso medioevo il bosco rivestiva un’importanza basilare, è il caso di porre in evidenza la sistematicità
con cui si sfruttava sia la comunanza di Monte Malbe legata all’economia silvo-pastorale che quella di Monte Tezio
in buona sostanza ad essa assimilabile. Delle modalità di
sfruttamento delle due comunanze si occupò direttamente il consiglio cittadino in una seduta dell’11 ottobre del
1269, nella quale si discusse il modo di pervenire all’appalto di esse e si deliberò addirittura un prezzario relativo al
costo del pascolo in Monte Malbe per le diverse bestie. Per
pascolare un paio di buoi il costo annuale era di 10 soldi
di denari; per un giovenco 5 soldi; per un puledro 5 soldi;
per un asino 2 soldi; per un porco 12 denari; per ogni capo
ovino 6 denari. Nella stessa seduta consiliare si dava anche
prova delle potenzialità «democratiche» proprie dell’esperienza comunale. Infatti si stabilì che gli appaltatori della
comunanza non avrebbero potuto, in nessun caso, costringere i proprietari di bestiame a portare i propri animali ad
pasturandum nella stessa e, in caso di inadempienza, era
prevista una penale di 25 libbre.
Con l’andare del tempo e l’inflazione crescente, quanto
stabilito nella seduta del 1269 era destinato a mutare e, già
nel 1285, non si fa più riferimento alla delibera di quell’anno ma si dice che i prezzi per il pascolo del bestiame in
Monte Malbe dovevano essere gli stessi praticati nel «Chiugi Perugino» – di questi, purtroppo, non ho trovato traccia –. Nel Trecento si ebbe una vertiginosa impennata dei
prezzi. Raddoppiarono per gli ovini, triplicarono per i giovenchi, quadruplicarono per bovini e cavalli e, addirittura,
crebbero di ben cinque volte per gli asini. Stando a quanto
riportato in una cedola d’appalto del bene cittadino della fine del secolo XIV, era previsto il canone annuo di 40
soldi per pascolare un paio di buoi, 30 per ciaschuno paio
d’armente – i giovenchi del 1269 –, di 20 per ogni bestia
cavallina, di 10 per ogni asino e di 1 soldo per ogni bestia
menuta – gli ovini –. Se questi sono i prezzi per pascere il
bestiame e gli appaltatori dei diritti di pascolo, dei passona
nemora come sono indicati in un contratto del 1318, pagavano al Comune somme di notevole entità, pare evidente
che simile attività non doveva certo essere marginale così
come oggi può apparire. Gli appaltatori, infatti, non erano
certo dei soggetti che mettevano a rischio, in simili iniziative, dei capitali anche ingenti se non avevano un ritorno più
che tangibile e di consistente entità. Ma di tale questione
parleremo nel prossimo numero 
Il Gruspigno
Giugno 2009
3
IL TERRITORIO - LE PROSPETTIVE
Costruire una “coscienza del luogo”: il comune
obiettivo su cui far convergere le energie locali
Sergio Sacchi
Docente di Economia
Università degli Studi di Perugia
Pensare di avviare il processo costruttivo
di una coscienza del luogo in un’area complessa qual è quella del territorio a nord
di Perugia presuppone una conoscenza
accurata e diffusa del “patrimonio
territoriale” che essa possiede. Ma, va
sottolineato, il patrimonio territoriale non
è solo un insieme di valori ambientali,
culturali e artistici. Esso include anche
valori produttivi, sociali e urbanistici, È
dunque un sistema complesso di valori
diversi, non sempre perfettamente
coincidenti e spesso in almeno parziale
contrapposizione.
L’obiettivo del processo costruttivo,
dunque, deve essere quello di trovare il
modo in cui si possano esaltare in ogni
istante e rinnovare nel tempo, senza
compromettere i valori riconosciuti, le
energie locali capaci di sostenere l’intero
progetto. Pertanto, il convergere di tutte le
energie locali verso un comune obbiettivo
presuppone un patto fra gli attori uniti
nel riconoscere che la valorizzazione del
patrimonio collettivo di cui dispongono
costituisce la base materiale su cui si
fondano prospettive di reddito e di
benessere della collettività (in questo
caso i residenti nell’area individuata e
cioè Perugia Nord). Un patto riconosce
i valori fondativi presenti negli attori,
li riunisce intorno a regole condivise
di comportamento e raccoglie le loro
volontà di garantirsi reciprocamente quali
operatori di salvaguardia e valorizzazione
dell’ambiente (nella prospettiva di una
vera e propria sostenibilità ambientale) e
della qualità del vivere (nella prospettiva
di una vera e propria sostenibilità
territoriale).
Si noti l’importanza del passaggio per la
esplicitazione di una volontà di una convergenza su principii e regole condivise:
nella prospettiva delineata, infatti, è
proprio lo stesso patto a fornire, insieme
alla dotazione patrimoniale riconosciuta,
una base efficace e significativa per uno
sviluppo equilibrato e duraturo. Le regole
e le garanzie appropriate emergono e
si affermano insieme alla costruzione
stessa di un progetto del genere di quello
individuato: arrivare alla costruzione di
“quel” progetto, infatti, significa stendere
collettivamente e acquisire l’inventario
dei beni pubblici che insieme sono
condivisi e da qui derivare sia condizioni
e prospettive di esercizio della solidarietà
sia modalità di consolidamento delle reti
fiduciarie tra le varie componenti sia le
condizioni per l’esercizio dell’autonomia
soggettiva e individuale degli abitanti
nel rispetto della integrità del patrimonio
inventariato.
È facile condividere l’idea, almeno in
linea di principio, che un riconoscimento
consapevole ed esplicito può indurre a
comportamenti di autocontrollo sociale e
orientare fasci di azioni virtuose.
È altrettanto facile aspettarsi che un
processo del genere faccia evolvere la
pianificazione verso forme di produzione
sociale del territorio proprio attraverso la
costruzione collettiva e cosciente dei suoi
statuti ovvero dei principii basilari e delle
regole che riguardano allo stesso tempo
il come conservare e il come trasformare
il patrimonio disponibile.
Lo statuto dei luoghi è quindi un
atto costituzionale, una consapevole
espressione di quella «coscienza del
luogo» di cui si è parlato nel precedente
n.3 de “Il gruspigno”: “coscienza del
luogo» da intendersi, si è scritto, come
esplicito riconoscimento, da parte della
comunità insediata in “quel” luogo, del
valore differenziale ossia aggiuntivo,
nella produzione di ricchezza durevole,
del patrimonio territoriale e ambientale
di cui si dispone.
Coscienza del luogo, costruzione
collettiva delle scelte per un modello
appropriato (coerente) e sostenibile di
sviluppo e statuto del luogo si pongono
pertanto come terminali di tre fasi precise
e specifiche con cui arriva a maturazione
un “progetto locale”, in senso autentico e
non restrittivo, del termine: un progetto
che metabolizza il superamento di norme
e vincoli esogeni all’azione sociale,
individuale e collettiva, e indirizza verso
regole e patti per la trasformazione
sorretti da un senso comune condiviso.
Dirlo è molto facile. Farlo è più difficile.
Come si cercherà di ricordare in una delle
prossime puntate, non sono pochi, infatti,
gli ostacoli, anche di natura istituzionale,
da superare o rimuovere 
IL PERSONAGGIO - PARLA LA SIGNORA SANDRA DI ANTOGNOLLA
La vita sotto le bombe e i sacrifici del dopoguerra
Silvia Mucci
Antropologa
Correva l’anno 1944. Il rumore delle
bombe rompeva il silenzio intatto delle
notti d’estate e svuotava i paesi costringendoli a cercare riparo tra le pendici del
Monte Tezio. “Noi eravamo andati su un
ricovero. Saremmo stati cento persone.
Tutti accovicchiati stavamo su nà cava de
terra. Siamo stati su stò ricovero quindici giorni. Se chiacchierava, se parlava ma
toccava stà zitti perché passavano gli apparecchi sopra. C’era n’omino che diceva
state zitti sennò ci sentono, e dico ma ce
vedono! Chè sentì n’ce sentono. Stamo
ricoverati. Passavano gli apparecchi, loro
dove vedevano movimento buttavano
giù, eh! Ad un certo punto non c’era più
niente da mangià. Allora c’era la moglie
dell’ingegnere che era inglese e lei sapeva parlà. Allora noialtri sempre su stò ricovero su alti, allora stà signora andò giù
parlò con un inglese e ce portò su l’pane,
la cioccolata, ce portò su un po’ de roba
che noialtri l’avevam finita. Dopo c’era
n’contadino vicino e la donnina poretta
scese giù c’avevamo n’po’ de farina per
fa n’tantino de pane, ma sempre sotto le
bombe!”. Non manca nemmeno qualche
episodio tragicomico.
“Allora tutto un tratto c’aveva n’fornellino per coce n’ovo a gas, lù poretto aveva
messo giù sto ovo passa l’apparecchio,
lù da la paura ha arvulticato ogni cosa.
Dopo ce mettemo a ride”. A fare tesoro
delle sue memorie è Alessandra Rossi, la
Sandra, graziosa signora ottantottenne
originaria di San Venanzo, piccolo bor-
go vicino Orvieto, moglie da 62 anni e
madre di due figli . Lasciato il suo paese
natio si era trasferita nei pressi di Perugia
per prestare lavoro come bambinaia ad
una facoltosa famiglia dell’epoca con la
Al lavoro a casa
e nei campi per
aiutare la famiglia
quale si era trasferita per qualche tempo
al castello di Antognolla prima che anche
l’antico residuo di epoca medievale fosse
raggiunto dai bombardamenti. Spettatrice dei numerosi passaggi di proprietà
del castello, prima del conte Vistarini poi
del Progresso agrario Umbro fino alla gestione di Agnelli attraverso la Sai, divenne
testimone diretta della visita di una principessa tedesca arrivata per assistere ad
una mostra sulla lana organizzata all’in-
Il Gruspigno
Periodico dell’Ecomuseo Colli del Tezio
Redazione: strada Pieve Petroia 20, 06133 Perugia
Anno 2 n° 3 -Giugno 2009
Registrazione Tribunale di Perugia
N. 32/2008 del 31/10/2008
Editore: Assoc. Amici dell’Ecomuseo
Posta elettronica:
[email protected]
Sito internet: www.ecomuseo.eu
Direttore Responsabile: Filippo Costantini
Comitato di Redazione: Filippo Costantini, Aruna Fontana di Sacculmino,
Fabio Pippi, Nando Staccini, Renzo Zuccherini
Hanno Collaborato a questo numero: Doretta Canosci, Claudio Cipolletti,
Silvia Mucci, Oliviero Fusini, Glenda Giampaoli, Nicola Palmieri, Gianfranco
Petrozzi, Giovanni Riganelli, Sergio Sacchi, Enrica Staccini, Gabriella Vignoli
Disegni di: Angelo Speziale, Giovanni Tribbiani
Progetto Grafico: Agosta&Nutini
Impaginazione: F. Costantini
Tipografia: Graphic Masters - Perugia
Questo numero è stato stampato in 5.028 copie
terno del monumento. Dopo aver lavorato sette anni per la famiglia del fattore,
si era sposata dedicandosi ai lavori di
casa e alla raccolta occasionale di tabacco, pomodori, uva dove si veniva pagati a
giornata. “Eravamo tre o quattro donnine,
tutte donne sposate che facevano stò lavoro”. In tempo di guerra anche la donna
a cui tradizionalmente erano riservati i
lavori domestici era costretta a lavorare
per racimolare qualche soldo, utile per
far fronte allo stato di indigenza in cui il
Paese versava. I bombardamenti inoltre
avevano distrutto parti delle strade rendendo difficili le comunicazioni e impedendo, nel caso della signora Sandra, che
i suoi genitori arrivassero per assistere al
suo matrimonio.
Ma l’avvento della tecnologia avrebbe
iniziato a segnare una nuova epoca di
benessere. “I miei figli stavano sempre al
castello a vedè la televisione e ogni volta
per chiamalli a cena era n’problema perché non volevano mai venì. Allora l’mì
marito ha deciso alla fine de compralla
anche lui” 
Chi pianta alberi
sa che altri ne
godranno l’ombra
(proverbio cinese)
Il Gruspigno
4
Anno 2 Numero 3
IL NOSTRO TERRITORIO - STORIA E SOTTOSUOLO
Alla riscoperta delle acque perdute
Claudio Cipolletti, Oliviero Fusini,
Gianfranco Petrozzi, Enrica Staccini
Gruppo speleologico del CAI e Associazione Subacquea Orsa Minore
L’area territoriale che ricomprende l’Ecomuseo Colli del
Tezio è caratterizzata da un ambiente ricco di interessanti
valenze naturali, storiche ed artistiche in cui si vivono
attivamente le risorse offerte da questo affascinante
lembo di terra. In questo ambito numerosi sono i gruppi
e le associazioni culturali che, animando e valorizzando
gli interessi della popolazione, hanno espanso la loro
originaria attività di base indirizzandola verso la riscoperta
della risorsa naturale più diffusa: l’acqua, con tutti i suoi
sistemi di approvvigionamento ed utilizzo. L’acqua, da
sempre fonte preziosa di vita, ha permesso di vivere e
sopravvivere, favorendo l’insediamento umano ed il suo
successivo sviluppo.
Il Gruppo Speleologico del CAI di Perugia e l’Associazione
Subacquea Orsa Minore, operano da anni nel territorio
dell’Ecomuseo con lo studio ed il monitoraggio delle
antiche strutture idrauliche, presenti soprattutto nei
centri storici, oggi abbandonate a causa dallo sviluppo
della società moderna che non considera più questi
manufatti come elementi essenziali per lo sviluppo e la
sopravvivenza. Durante la lunga attività di questi due Gruppi
associazionistici, si sono individuati e riscoperti nella sola
Città di Perugia, ben 160, fra antichi pozzi e cisterne, quasi
tutti risalenti al periodo medioevale, per lo più ignoti alla
cittadinanza e alle istituzioni. In numerosissimi casi, molti
di questi manufatti idraulici, presentano al loro interno
originali elementi artistici ed architettonici, con decorazioni
che denotano la cura e
l’importanza che i nostri
“antichi” attribuivano ad
un bene così prezioso
come l’acqua.
Gran parte delle strutture scoperte sono state
ispezionate,
misurate,
fotografate, graficizzate
e minuziosamente de-
scritte anche sotto l’aspetto storico.
All’interno delle stesse sono stati
rinvenuti interessanti reperti attraverso
i quali è stato possibile stabilire,
con una certa precisione, la data di
costruzione.
Monete, gettoni mercantili, monili,
bottoni, oggetti d’ornamento, dadi da
gioco in osso, oggetti in vetro, fibbie,
proiettili, vasellame, utensili da lavoro
e molti altri oggetti di uso comune,
questi sono gli oggetti rinvenuti
che fanno di ogni esplorazione una
inirripetibile esperienza carica di
interessi e di emozioni indescrivibili.
Le operazioni, tutte, vengono
effettuate sotto la sorveglianza della
Soprintendenza per i Beni Archeologici
dell’Umbria e di quella per i Beni
Architettonici per il Paesaggio ed
il Patrimonio Storico Artistico le
quali valutano attentamente gli esiti
delle prospezioni che unitamente ai
documenti rinvenuti, permettono di
avanzare interessanti ipotesi inerenti
all’assetto urbanistico antico della
città anche in quei luoghi dove non sono mai emerse
testimonianze significative.
Attualmente il gruppo ha in animo di proseguire ed
estendere la ricerca delle antiche strutture idriche nel
territorio dell’Ecomuseo Colli del Tezio e, in particolare,
esaminare le numerose cisterne di raccolta delle acque
piovane che numerose si trovano nel centro storico di
Corciano.
Ed è proprio a Corciano che alcuni soci del gruppo,
professionisti nel restauro, hanno recuperato la vera della
cisterna posta su una delle piazze più importanti della città.
Tale operazione è stata possibile attraverso uno specifico
finanziamento messo a disposizione dell’Amministrazione
Comunale che da anni ha mostrato interesse nel recupero
di modeste ma non meno importanti strutture presenti
Naturalmente in salute...
A prima vista sembra semplicemente un bel locale collocato all’interno di un paese
dove negli ultimi tempi stanno fiorendo nuove attività commerciali, ma in realtà mano
a mano che entri ti rendi conto che al suo interno c’è tutto un mondo da scoprire.
La gentilezza,la professionalità e la capacità di saper ascoltare le problematiche degli
altri fa si che chi opera al suo interno possa riuscire a soddisfare a pieno le esigenze dei
propri clienti/pazienti. È proprio così... clienti/pazienti; il termine di solito è riservato
solo a chi opera nel settore medico, ma di fatto, quando in un locale puoi trovare sia
farmaci che parafarmaci e tutto quanto necessario alla cura ed alla prevenzione di una
persona, supportato da strumentazioni certificate per autoanalisi e soprattutto dietro
il consiglio di soli farmacisti regolarmente iscritti all’albo con esperienza pluriennale,
allora ti rendi conto che forze, il termine cliente/paziente, è un termine che può anche
essere enunciato. La “PARAFARMACIA” , questo è il nome che viene riservato a questo
genere di locali. Di fatto il termine è stato istituzionalizzato solo dopo un lungo periodo
dalla apertura delle prime Parafarmacie in Italia sull’onda del decreto Bersani nell’anno
2004. La scelta del nome, ”UMBERTO I° ”, è
stato un segnale veramente inconfutabile
dell’attaccamento al territorio da parte
della proprietaria, dott.sa Loredana
Virdis, che dall’Ecomuseo di fatto una
volta entrata all’età di undici anni, non
è più uscita. È proprio così, l’esempio
provato che, chi vuol realizzare un
sogno, può farlo anche, forse meglio, se
rimanendo ancorato al proprio territorio.
La dott.sa Loredana è partita dalle scuole
[email protected]
all’intermo del centro storico. Il gruppo ha in animo di
dare avvio, nel corso del corrente anno, ad un ambizioso
progetto che prevede oltre alla definizione di un studio
mirato alla sistemazione ed il restauro di una importante
vera da pozzo posta in via del Castellano, a Perugia, anche
allo studio dei pozzi e delle cisterne ubicate all’interno del
complesso monumentale di San Pietro uno dei principali
gioielli architettonici della città che ancora conserva
all’interno delle sue mura ambiti ancora sconosciuti che,
attraverso le prospezioni ipogee e subacquee cercheremo
di riportare alla ribalta dell’opinione pubblica. Previsto
invece, per l’inizio del 2010, anche lo studio del sistema
idraulico situato nel parco storico della Villa del Colle del
Cardinale che nacque proprio come elemento indissolubile
legato alla sua costruzione 
Informazione pubblicitaria
medie di Colle Umberto, con un sogno nel
cassetto, quello di diventare farmacista
e dopo un percorso circolare all’interno
dell’Ecomuseo, acquisendo esperienza
“e non solo” a Castel Rigone, al momento
di fare il salto di qualità ha deciso di farlo
a Colle Umberto, proprio da dove era
partita tanti anni prima. Le motivazioni
della scelta le ha acquisite proprio a Castel Rigone lavorando in una farmacia rurale
dove il rapporto con il cliente/paziente è veramente forte. È solo in questi posti, ai
confini con la grande città dove la parola servizio, la parola ascolto, la parola consiglio,
hanno un peso di rilevanza maggiore rispetto ai grossi centri abitati.
In questo momento la Parafarmacia Umberto I°, unitamente ad altre quaranta
parafarmacie di tutta l’umbria, ha richiesto alla Regione, anche se con un po’ di
difficoltà, la possibilità di aumentare i servizi offerti, come gli alimenti speciali per
ciliaci e nefropatici e presidi sanitari oltre che il servizio C.U.P. per prenotare visite
mediche specialistiche, sulla falsa riga di autorizzazioni già ottenute da parafarmacie
in molte altre regioni italiane. Il filo conduttore che ti accompagna all’interno della
Parafarmacia Umberto I° è il fatto che per ogni problematica vi è una ampia scelta
di prodotti selezionati con molta attenzione dalla dott.sa Loredana Virdis e dalla sua
collaboratrice dott.sa Laura Barese, le cui esperienze professionali le hanno portate,
soprattutto nel campo della prevenzione e della cura la dove è possibile, a consigliare
sempre più prodotti naturali che limitano già in partenza molti effetti collaterali. È
proprio così, noi viviamo in un Ecomuseo naturale dove un’attività come la Parafarmacia
Umberto I° si inserisce come un oggetto moderno all’interno di un area molto antica 
Giugno 2009
Il Gruspigno
5
SPAZIO ECOMUSEI - VALNERINA
Museo della Canapa, a luglio il primo compleanno
Glenda Giampaoli
Direttore Museo della Canapa di Sant’Anatolia di Narco
Alcuni mesi fa, per la precisione il 12 luglio del 2008, è stato inaugurato
il Museo della Canapa nel centro abitato del piccolo e suggestivo paese
di Sant’Anatolia di Narco, in Valnerina, non lontano da Spoleto. Il Museo
della Canapa rappresenta una delle antenne dell’ecomuseo della Valnerina
dedicata alla lavorazione e trasformazione della canapa soprattutto per fini
tessili.
Situato nell’ex-palazzo comunale di Sant’Anatolia di Narco conserva al
suo interno strumenti legati al ciclo di lavorazione e trasformazione della
canapa, pianta coltivata, soprattutto per uso tessile, fino alla prima metà
del Novecento in tutta la Valnerina, sia nelle zone di fondo valle che in
montagna tanto che tutti i terreni posizionati lungo il corso del fiume Nera
sono denominati tuttora “canapine”. Alla tessitura della canapa è interamente
dedicato il primo piano del Museo con la presenza di telai, orditoi, filarelli
recuperati nel territorio della Valnerina a partire dagli anni ’70 del 1900 fino
ai giorni nostri e di una sezione interamente dedicata alla raccolta tessile
“Lamberto Gentili” data in prestito dal Comune di Spoleto.
Oltre alla collezione “Lamberto Gentili” sono presenti tutti i manufatti donati
dagli abitanti di Sant’Anatolia di Narco di estremo interesse testimonio
l’attività di tessitura domestica in Valnerina dalla metà dell’ottocento fino alla
prima metà del XX secolo. Il nucleo principale è costituito dalle famose coperte da
corredo, tessute da esperte “tessinare” proprio nella zona di Sant’Anatolia di Narco, che
rappresentano senza alcun dubbio i tessuti più tipici e diffusi del mondo contadino.
Parte integrante del Museo è il laboratorio di tessitura con telai manuali moderni che
costituisce uno strumento didattico ed un laboratorio di studio sia per adulti che per
bambini. L’intento del Museo, infatti, è quello di tramandare questa affascinante quanto
complessa attività e di sviluppare, attraverso l’esperienza laboratoriale, la conoscenza
di saperi e di abilità, tramandati dal passato con un potenziale collegamento con la
realtà contemporanea 
Lavoriamo insieme per tutelare e valorizzare il nostro territorio!
Per il lavoro svolto la Fondazione fa affidamento esclusivamente su risorse private; aiutare la Fondazione con donazioni
significa aiutare il proprio territorio; ogni risorsa viene utilizzata unicamente per le finalita’. La Fondazione svolge la propria
opera in modo completamente volontario e gratuito; cio’ vuol dire che i fondatori non percepiscono neppure i classici
rimborsi spese.
La Fondazione puo’ ricevere donazioni di qualsiasi natura e valore, da piccoli versamenti in conto corrente postale, a
bonifici, donazioni di immobili o eredita’. Codice IBAN IT55 O 06120 03088 000000000 709
La Fondazione accetta sponsorizzazioni (fiscalmente detraibili) per gli eventi culturali, editoriali che promuove.
Dona il 5 per mille
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E’ possibile destinare il 5 per mille dell’ IRPEF alla FONDAZIONE ECOMUSEO COLLI DEL TEZIO ONLUS. E’ facilissimo!
In tutti i modelli per la dichiarazione dei redditi troverai un’apposita scheda Metti la tua firma nel riquadro relativo al
“finanziamento del volontariato, delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione
sociale, delle associazioni e fondazioni” e scrivi nella riga sottostante il Codice Fiscale della Fondazione Ecomuseo onlus:
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www.ecomuseo.eu
Il Gruspigno
6
Anno 2 Numero 3
IL NOSTRO TERRITORIO - LA NATURA
OGM, un passo più lungo della gamba!
Troppi punti oscuri sull’impatto che gli alimenti modificati hanno sulla salute umana
Nicola Palmieri
Naturalista
www.ilpianetanaturale.org
Cosa sono gli OGM? Sono degli organismi viventi ai
quali è stato modificato, grazie a procedimenti biotecnologici e di ingegneria genetica, il loro patrimonio genetico o DNA. Lo scopo è di ottenere per questi organismi caratteristiche particolari che non avrebbero mai
potuto sviluppare spontaneamente in natura; solo con
l'uso di tecniche particolari, messe a punto dalla scienza e che si riconducono essenzialmente alla tecnica del
DNA ricombinante ciò è possibile.
È indubbio che i benefici indotti dalla modificazione
genetica nel campo agronomico, ambientale e sanitario
potrebbero essere molteplici e vantaggiosi anche dal
punto di vista economico-sociale. Tuttavia gli alimenti
geneticamente modificati, ormai largamente diffusi in
molti paesi del mondo, sono molto carenti per quanto attiene la valutazione del loro impatto sulla salute
umana a breve e, soprattutto, a lungo termine. Non conosciamo il destino dei geni contenuti negli OGM una
volta introdotti nell'organismo umano e non sappiamo
quale potrebbe essere il loro impatto sulla flora batterica intestinale o sul sistema immunitario. Gli argomenti
trattati sono complicati e ricchi di perplessità ma cercheremo per quanto possibile di essere chiari.
Cominciamo dai vari tipi di OGM vegetali presenti nel
mercato internazionale:
il primo è quel transgene vegetale in grado di resistere a una certa quantità di veleno, affinché, una volta
trattato il terreno con uno specifico erbicida, possa crescere solo quella pianta GM.
Il secondo tipo è un transgene vegetale nel cui codice
genetico è stato inserito “l’ordine” di produrre una tossina (insetticida o altro) in grado di uccidere gli insetti
che normalmente si cibano di questa pianta.
Il terzo modello è quello di piante transgeniche in
grado di migliorare le caratteristiche estetiche, quantitative e qualitative del proprio frutto (pomodori che si
conservavano più a lungo, frutti sempre più grandi e
perfetti).
Ognuno di questi modelli porta con se un potenziale
fattore di rischio per l’ambiente e per l’uomo; fra tutti,
forse, il secondo tipo è quello più pericoloso.
L’idea di realizzare OGM è sicuramente interessante
La Vignetta
se si pensa ai tempi estremamente ridotti necessari per
realizzare un transgene, mentre in natura potrebbero
essere necessari molti anni o più probabilmente potrebbe non realizzarsi mai. Indubbiamente molti aspetti dell’ingegneria genetica vengono in aiuto all’uomo,
come lo sviluppo di nuove linee colturali per tentare di
migliorare ed aumentare il rendimento, la resistenza e
l’adattamento delle coltivazioni; in fondo però non si
tratta di una grande novità visto che da decine di secoli l’uomo incrocia razze più vantaggiose e resistenti per un determinato ambiente. Tuttavia per la prima
volta l’ingegneria genetica ha pensato di inserire geni
animali nei vegetali, e viceversa. In questo caso dobbiamo dire che, ad eccezione di una diatomea (microalga) che ha inglobato geni di altre specie vegetali ed
animali (scoperta riportata su “Nature”), dalla comparsa
dei primi organismi animali (circa 1,5 miliardi di anni fa)
non si è mai registrato, con successo, lo scambio di materiale genetico tra il regno delle piante e quello degli
animali.
Questa non dovrebbe essere una ragione sufficiente
per essere più prudenti? E le multinazionali che li producono dovrebbero saggiare queste nuove “invenzioni
biologiche” in un lasso di tempo sufficientemente lungo tenendo in considerazione tutti i possibili risvolti
negativi. Se analizziamo, per fare un esempio, quel tipo
di transgene vegetale creato per crescere in una certa
quantità di veleno (erbicida) capiremo che cospargere un campo di mais con il glifosfato per far crescere
solo piante GM, selezionate per resistere in condizioni
estreme di alto tasso d’avvelenamento, ha come conseguenza scontata che mangiando quel mais assorbiremmo anche noi nel nostro corpo questo veleno. Uno
studio effettuato dal biologo Rick Relyea dell'Università di Pittsburg nel 2005 ha dimostrato che il Roundup
(glifosfato ed altre sostanze) è un composto particolarmente letale per gli anfibi (salamandre, rane, rospi e
raganelle) e che nelle aree contaminate dal Roundup,
osservate per la ricerca, la biodiversità anfibia è diminuita del 70%. Un altro recente studio svolto dal gruppo
scientifico diretto da Gilles Eric Seralini dell'Università
francese di Caen, ha confermato che le cellule della placenta umana sono molto sensibili al Roundup, anche in
concentrazioni minori di quelle utilizzate in agricoltura.
Ciò, secondo Seralini, spiegherebbe gli elevati indici di
nascite premature e aborti osservati tra le agricoltrici
statunitensi che utilizzano erbicidi a base di glifosfato.
Esistono piante GM con gene Bt, in cui è stato introdotto il batterio Bacillus turingensis che produce una
tossina in grado di uccidere la piralide (farfalla) del
mais e non solo; questo transgene consentirebbe alla
pianta GM di replicare in continuo questa tossina per
uccidere, nel caso in cui venisse a contatto con essa,
l’insetto dannoso. Per sdrammatizzare potremmo dire
che sarebbe come utilizzare sempre un shampoo anti
pidocchi per non avere il rischio di prenderli! Questo ragionamento è profondamente sbagliato ed è peggiore
dei trattamenti a calendario (trattamenti che vengono
svolti in periodi predefiniti): in primis perché in questo
modo si accumulerebbero ingenti quantità di veleni nel
terreno ed inoltre, inevitabilmente, si accumulerebbero
nelle persone che consumano frequentemente OGM.
Infatti, nelle parti esposte della pianta la proteina Bt è
normalmente inattivata dai raggi del sole (ultravioletti)
ma rimane attiva al suo interno e la pianta ne produce
continuamente. La proteina Bt è anche definita “killer”
in quanto ha una potentissima attività biologica nell'intestino della piralide e di altri invertebrati, ma non se ne
conosce l'attività biologica negli esseri vertebrati.
Cosa potrebbe avvenire se frammenti di DNA ricombinante svolgessero attività biologica non prevista e non
controllabile a livello del sistema immunitario del tratto
intestinale? Questi dubbi non sono affatto eccessivi poiché è stato dimostrato che il 5% di DNA esogeno (ossia
proveniente dall’esterno) sopravvive nell'intestino, si ritrova nel sangue, milza, reni, fegato e feci degli animali
da laboratorio (Costanzo, 2001). Inoltre le carni di animali allevati e nutriti con OGM, ed i loro prodotti, entrano nell’alimentazione umana e gli effetti non risultano
del tutto scientificamente acclarati. In definitiva si teme
la possibilità che chi ingerisce alimenti geneticamente
modificati possa avere nel proprio genoma ospiti non
graditi, contro i quali le normali difese cellulari possono
risultare impotenti. Infatti i complessi transgenici sono
invasivi e non paragonabili ai normali geni presenti in
natura (Fragale, 2005). Inoltre, il trasferimento orizzontale di geni provenienti da batteri GM a batteri naturali
del tratto intestinale è già stato osservato e descritto
in esperimenti di laboratorio. Questa evenienza ha causato fenomeni allergici e modificazioni della microflora
del tratto intestinale; un esempio su tutti è stato quello
che si è verificato quando si è tentato di manipolare la
soia con un gene della noce brasiliana. Test di laboratorio avevano evidenziato che il siero del sangue di soggetti allergici alla noce brasiliana reagiva in presenza di
estratto della soia manipolata7. Il gene inserito codificava infatti un comune allergene della noce brasiliana,
per cui la sua immissione sul mercato fu immediatamente bloccata.
Per dare un’informazione sufficientemente accurata
sul tema OGM, estremamente vasto e delicato, l’articolo proseguirà nei prossimi due numeri del Gruspigno. Per le note bibliografiche si riporta all’ultima parte
dell’articolo 
G.Tribbiani
Il Gruspigno
Giugno 2009
7
IL NOSTRO TERRITORIO - LE ASSOCIAZIONI
IL NOSTRO TERRITORIO - L’AMBIENTE
La “nostra quota” di biosfera
Rispettare i limiti della natura per una società sostenibile
mando il“capitale naturale”globale della Biosfera, avviandosi rapidamente verso un deficit ecologico piuttosto preoccupante.
E’ chiaro che solo una parte dell’umanità consuma una
gran quantità di risorse, mentre molte persone non sono
in grado di soddisfare neppure le minime esigenze di sopravvivenza. La distribuzione geografica dei consumi e degli scarti è pertanto del tutto ineguale e ingiusta ed è spesDoretta Canosci so motivo di conflitti particolarmente gravi e devastanti.
Geografa e docente di Educazione Ambientale Il sistema economico e commerciale attuale, con gli appresso l’Università degli Studi di Perugia
porti tecnologici sempre più efficienti, non sempre comLasciare la propria impronta nel campo artistico, scientifico, porta un risparmio delle risorse in quanto, determinando
tecnologico è stata da sempre l’aspirazione di singoli individui, un abbassamento dei costi e dei prezzi, tende a favorire i
di gruppi, di popolazioni, che hanno desiderato a lasciare di sé consumi e di conseguenza ad aumentare l’impronta ecoloun ricordo perpetuo nella storia dell’umanità. In tempi recenti gica. Mentre requisito fondamentale di una società “sostenisi parla invece di una impronta diversa, in un certo senso molto bile” sarebbe quello di vivere entri i limiti posti dalla natura,
più concreta e misurabile: mi riferisco alla impronta ecologica, in modo da non superarne le capacità di carico ecologiche.
quell’indicatore che fornisce informazioni sulla sostenibilità dei
Il calcolo dell’impronta ecologica* permette di valutare i
consumi di una comunità e sul loro impatto, correlandoli alla costi dello sviluppo ed è una spia della sostenibilità ambieneffettiva disponibilità di territorio. In pratica l’impronta ecolo- tale, che può fornire indicazioni utili sui nostri consumi per
gica esprime quanta natura utilizziamo per sostenere il nostro decidere di quanto dobbiamo ridurli e come cambiare il nostile di vita. Ma perché non domandarsi se le risorse naturali stro stile di vita per contribuire a limitare i “disastri ambientali”.
sono sufficienti per tutto ciò che consumiamo, oppure se gli
*per il calcolo dell’I.E. si può consultare il sito del WWF, ricorecosistemi sono in grado di riassorbire tutto ciò che scartiamo? dando quanto tale misurazione possa essere importante in un
L’intera umanità utilizza in un anno più di quello che la natura processo formativo di apprendimento rivolto a giovani e gioè in grado di rigenerare nello stesso periodo e così si sta consu- vanissimi 
16 giugno 2009: “La Matta... ria” torna in scena
Il Gruppo teatrale “La matta… ria”, erede con grande successo
del vecchio “Gruppo Artistico” di San Marco fondato nel 1939
da Giuseppe Roila (Peppinetto), anche quest’anno è pronto
per regalare nuovi sorrisi, grazie ancora alla generosità e la
disponibilità del Parroco di San Marco Don Giuseppe Cistellini.
Tutti in attesa per la prima della stagione 2009, l’appuntamento
è il 16 Giugno presso l’area della festa di S.Orfeto a San Marco
alle ore 21:00, ingresso gratuito, manifestazione patrocinata
dalla IV Circoscrizione e realizzata con il consueto appoggio
dell’Associazione Amici di S. Orfeto ed il Centro Socio Culturale
di San Marco.
I Ragazzi de “La matta… ria” dopo le varie attività invernali
(vogliamo ricordare il successo con “Babbo Natale per le vie di San
Marco”, il pomeriggio della vigilia di Natale, che è ormai entrato
nella tradizione del Paese, iniziativa premiata anche dal Comune di
Perugia per il concorso “Forme Creative 2008”), anche quest’anno
tornano sul palcoscenico con uno spettacolo totalmente nuovo,
sempre con il loro inconfondibile stile del Cabaret da villaggio,
si promettono tante risate anche con apparizioni di personaggi
dello spettacolo. È tutto pronto, attori, costumiste, truccatrici,
suggeritori, fonici ed il Fan Club, ormai numeroso, sarà ovviamente
in prima fila ad incitare i suoi ragazzi , ma chi saranno quest’anno
i successori di Arturo ed Eufemia, Peppiniello pompa pompa,
Mocambo, Pongio, la Piccola Fiammiferaia, la
Pasticcera, Mario il carcerato, tormentoni degli
anni passati? Lo vedremo il 16 Giugno per
passare una bella serata insieme. Un ricordo
particolare quest’anno andrà al caro Francesco
Osticioli (Chiccobello), cameraman e primo
Fan del Gruppo. I ragazzi del gruppo vogliono
infine spronare a continuare ed estendere le
sinergie tra le varie Associazioni territoriali
perché sono assolutamente essenziali per
la crescita delle iniziative culturali del Paese.
L’indirizzo di posta elettronica è: lamattaria@
alice.it il recapito telefonico è 340 3730837
QUIZ SUL TERRITORIO
Amici dell’ Ecomuseo
E' nata una nuova associazione di
volontariato denominata Amici dell'Ecomuseo con la finalita' di tutelare e
valorizzare gli aspetti ambientali artistici
e culturali del territorio denominato
Ecomuseo Colli del Tezio, definito tra i
Comuni di Perugia, Corciano, Umbertide e
la frazione di Castel Rigone.
L’Associazione partecipa alle attivita’
artistiche culturali ed ambientali promosse
dai propri associati e collabora stabilmente
con la Fondazione Ecomuseo Colli del Tezio
onlus dalla quale trae ispirazione.
L'Associazione invita tutte le persone e le
associazioni che condividono la filosofia
di tutela e valorizzazione del territorio e
di approfondimento di tutti gli aspetti
artistici e culturali a partecipare alle nostre
iniziative e a collaborare con noi.
L'Associazione e' lieta di aprire, a tutte
le persone interessate, la possibilita' di
iscriversi come socio, completando il
modulo di domanda che e' scaricabile dal
sito:
www.ecomuseo.eu/static/media/modulo_
iscrizione_amici_dell_ecomuseo.pdf
Invito alle associazioni
Il Gruspigno e la Fondazione Ecomuseo
invitano tutte le associazioni che
condividono la nostra filosofia di
valorizzazione del territorio a partecipare
alle nostre iniziative, a collaborare con
noi e ad inviarci i loro contributi per la
pubblicazione.
Il quiz di giugno
A marzo era la
torre della Rocca
Medioevale di
Umbertide
La foto pubblicata nel numero scorso ritrae la
torre della Rocca Medioevale di Umbertide.
Terminata nel 1389, ospita oggi la sede
permanente del “Centro per l´Arte
Contemporanea”.
In questo periodo è allestita la mostra “Cagli
Disegni 1931-1976” curata da Gilberto Ganzer,
direttore del museo Civico d’Arte Moderna di
Pordenone.
I lettori che hanno risposto correttamente
al quiz e quindi riceveranno una T-shirt
dell’Ecomuseo sono Claudio Cocchi, Massimo
Coletti, Carla Milleri e Pietro Sampaoli
Un modo divertente per conoscere il nostro territorio: indovinate cos’è questo
dettaglio e dove si trova. Inviate la risposta all’indirizzo: [email protected]
oppure all’indirizzo postale Ecomuseo Colli del Tezio, casella postale 6, 06133 Colle
Umberto (PG). Tra i vincitori verranno estratte a sorte 5 T-shirt dell’Ecomuseo.
La risposta ed i vincitori verranno pubblicati nel prossimo numero 
Anno 2 Numero 2 - 21 Marzo 2009
La Ricetta di Cespo
Nidi di gnocchetti alle vitalbe
Non fatevi spaventare dal titolo... pomposo perché in realtà prepareremo un primo
molto semplice e veloce ma daremo sfogo anche alla nostra creatività. Come si dice...
anche l’occhio vuole la sua parte!
Utilizzeremo per la preparazione del piatto la vitalba, di questa stagione
abbondantissima ed utilizzata in cucina, molto di frequente, fin dai tempi antichi.*
Raccoglietene una buona quantità, (si fa presto ed è facile)e sbollentatele** in acqua
leggermente salata per 10 minuti. Toglietene una buona parte ed il resto lasciatele
lessare completamente.
In una grossa terrina mettete a soffriggere in olio extravergine di oliva un porro tagliato
finemente con un peperoncino; aggiungete le vitalbe sminuzzate con un coltello e a
fuoco vivace portate a cottura bagnando con il solito bicchiere di vino bianco secco
dopo aver salato a piacimento.
Mettete alcuni cucchiai del composto così ottenuto in un frullatore insieme ad altro
olio e un mestolino di acqua delle vitalbe che stanno lessando.
Frullatele fino ad ottenere una specie di pesto che poi rimetterete nella terrina con le
altre vitalbe. Scolate le vitalbe ormai lesse diponetele in cerchio in un piatto e conditele
con olio sale ed aceto…magari balsamico se ne avete di veramente buono.***
Calate in acqua bollente gli gnocchetti di patate ed a cottura saltateli nella terrina per
un altro minuto e sistemateli con cura all’interno del cerchio che avete preparato in
precedenza con le vitalbe lesse. Spolverate con una ricotta secca grattugiata e…buon
appetito
NOTE
* Le vitalbe erano ,un tempo, molto usate dalle nostre parti. Chiamate anche
“gli asparagi dei poveri”per il loro sapore che ricorda quello del germoio ben più
pregiato,venivano consumate lesse come verdure o per fare frittate e molte altre cose
ancora. Chi ne avesse memoria o fosse a conoscenza di particolari ricette,ce lo faccia
sapere scrivendoci.
** Non spaventatevi ma le vitalbe hanno la caratteristica di essere leggermente tossiche.
La parte da noi utilizzata lo è pochissimo e tale tossicità scompare completamente con
una breve bollitura.
La posta dei lettori
Con molto piacere ho avuto modo di conoscere il giornale “Il gruspigno”, che trovo
molto interessante e vorrei anche io partecipare fattivamente alla realizzazione di
questo periodico, collaborando con la redazione e inviando le mie ricette.
Di seguito vedrà la mia presentazione, in modo che si può fare un’idea di chi sono
e che cosa faccio. Amo moltissimo la cucina, soprattutto la “nostra cucina”, quella
del nostro territorio, quella delle nostre tradizioni e spero che questo non si perda
nella notte dei tempi. Oggi i nostri figli e nipoti pensano che l’olio, ad esempio,
si colga direttamente imbottigliato sull’albero … sì, è un po’ esagerato quello che
Le sto dicendo, ma non sanno che una volta i prodotti alimentari che si potevano
comprare nelle “botteghe” venivano venduti sfusi, pesati ed incartati. Io ricordo
ancora i mobili, le pastiere che disponevano di cassetti con un oblò di vetro dal
quale si vedeva il formato di pasta che contenevano: i “bocconotti”, i “gomiti”, gli
“spaghetti”. C’erano anche dei bellissimi vasi di vetro che contenevano, mettendoli
in mostra, biscotti, caramelle oppure FRU-FRU (i wafers di oggi). C’erano anche i
diversi tipi di carta per incartare i prodotti che si vendevano a peso; non esisteva
ancora la Legge del peso netto e tanto meno le bilance elettroniche, quindi la carta
era venduta insieme ai prodotti allo stesso prezzo.
Mi scuso per le mie reminescenze nostalgiche, ma oggi non si pensa più al tempo
passato, alla fatica dei nostri nonni, al modo rocambolesco in cui i nostri padri
dovevano far quadrare i conti, ai giocattoli fatti di legno e alle bambole di pezza.
Oggi siamo troppo tecnologici e corriamo sempre di più e chi ci rimette è il nostro
corpo, il nostro stomaco. La genuinità non esiste più e allora cerchiamo di far capire
ai giovani che certe tradizioni si possono ancora mantenere.
Silvana Moretti
Il 18 luglio, alle 17 nell'anfiteatro del Fuseum, la compagnia Le Onde di Domenico
Madera terrà “Giallo al Fuseum”, uno spettacolo per bambini della serie Un Parco Da Favola.
Fuseum a monte Malbe via dei Cappuccini, Perugia
Per informazioni tel 349-5774738
[email protected]
*** Solo il “tradizionale di Modena” è vero balsamico tutti gli altri che non possono
essere così denominati non sono altro che aceto qualsiasi colorato di scuro con
zucchero caramellato che non ha niente ma proprio niente in comune col meraviglioso
sapore del vero e costoso balsamico tradizionale di Modena.
Scheda
Clematis vitalba L. è una pianta arbustiva delle Ranunculaceae a distribuzione oloartica nota
anche col nome comune di vitalba. In Italia è presente su tutto il territorio sino a circa 1300 m
in incolti, boschi di latifoglie, macchie temperate. Mostra un comportamento rampicante con
fusti ramificati, che si allunga anche per 10-15 metri sugli alberi, sviluppando alla base tronchi
legnosi anche piuttosto grossi. Il profumo è simile a quello del Biancospino. Fiorisce tra
maggio e agosto a seconda della quota. È considerata una pianta infestante del bosco. Infatti,
specialmente in associazione con i rovi, la vitalba crea dei veri e propri grovigli inestricabili a
danno della vegetazione arborea che viene letteralmente aggredita e soffocata. Tali presenze
sono infatti quasi sempre l’espressione di un degrado boschivo. Viene usata in cucina
utilizzando i germogli primaverili per le frittate (“frittata di vitalbini”). A causa delle tossine
comuni alla famiglia delle Ranunculaceae è consigliabile non consumarne grosse quantità
ed utilizzare esclusivamente le parti molto giovani della clematide in cui la concentrazione
delle sostanza tossiche è molto bassa e con lieve bollitura scompare.
Paesaggio Umbro: I Colli del Tezio
Viaggio sonoro attraverso le immagini
che sbocciano nell’austera e astratta
ispirazione che diventa musica, il disco
“Paesaggio Umbro: I Colli del Tezio”
nasce dal felicissimo incontro tra la
nostra Fondazione Ecomuseo ed un
gruppo di formidabili musicisti, figli di
questo stesso territorio.
È possibile ascoltare alcuni brani del cd
nel sito www.ecomuseo.eu
Il disco è in vendita da Tarpani, in piazza
Matteotti, a Perugia, e online, nel sito
http://www.musicamusicaperugia.it/
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Invito ai lettori: dite la vostra
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COLORS
L’invito che vi facciamo è quello di seguirci in questo percorso ma soprattutto di
farci sapere come la pensate; per noi è molto importante e ne faremo tesoro per
migliorare il nostro lavoro; partecipate con noi al Gruspigno e mandateci i vostri
suggerimenti, le critiche, le segnalazioni, gli argomenti che vorreste leggere etc.
Leggete il Gruspigno online sul sito WWW. ECOMUSEO.EU dove lo potete anche
scaricare in formato PDF.
Chi desidera numeri arretrati del Gruspigno, puo’ richiederli contattandoci via
email.
Scriveteci: [email protected]
oppure a: Ecomuseo Colli del Tezio
Casella Postale 6,
06133 Colle Umberto (PG)
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