Egitto - Alimenti e Bevande

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Egitto - Alimenti e Bevande
EXPORT
ISTRUZIONI PER L’USO
Egitto, le regole
su import ed export
a cura di Francesco Montanari
Avvocato specializzato in Diritto alimentare europeo
Dalle norme, le procedure
e i divieti per l’import
alle misure sanitarie
e fitosanitarie
adottate dall’UE
che condizionano l’export
L’
© Sergii Figurnyi - Fotolia.com
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Egitto attraversa al momento una fase
molto delicata della propria storia, una fase di instabilità politica e di incertezza economica che si è aperta con la caduta del presidente Mubarak nel 2011. Preoccupa, in particolar modo, che l’ultima revisione della Costituzione – approvata da una minoranza degli
aventi diritto ed in vigore dall’inizio di questo
anno – per quanto ispirata dai principi della
democrazia, abbia conferito ampi poteri e privilegi alle forze militari, facendo dunque temere una possibile deriva dittatoriale dell’attuale
regime.
Per quanto il clima politico attuale non sia particolarmente favorevole agli investimenti, bisogna
augurarsi che tali circostanze siano transitorie e
che l’Egitto ritorni ad essere presto un partner
commerciale chiave per l’Italia ed il resto dell’Unione europea (UE).
Prim’ancora di comprendere il quadro normativo che disciplina l’attività di import/export
agroalimentare da e verso l’Egitto – quadro che
costituisce l’oggetto di questo articolo – è essenziale che le imprese del settore interessate
ad entrare in tale mercato utilizzino tutti i canali istituzionali esistenti per accompagnare il processo di trasformazione politica in corso nel
Paese africano.
Relazioni commerciali
UE/Italia-Egitto
L’Egitto è attualmente legato da un accordo di
associazione con l’UE. In vigore dal 2004, tale
accordo ha consentito la creazione di una zona
di libero scambio tra le due parti contraenti e
sancito una serie di importanti concessioni per il
commercio agroalimentare. Grazie all’applicazione dell’accordo, il valore degli scambi commerciali UE-Egitto è quasi raddoppiato in poco
meno di un decennio, raggiungendo i 24 miliardi di euro nel 2012.
Nonostante il clima di incertezza politica ed eco-
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nomica, la Commissione europea ha aperto proprio lo scorso anno un ciclo di negoziati con tale Paese con l’obiettivo di intensificare il commercio bilaterale e la cooperazione economica
attraverso la conclusione di un Deep and Comprehensive Free Trade Agreement (DCFTA). Tale
accordo dovrebbe riguardare aree al momento
non coperte dall’accordo del 2004, quali la concorrenza, la disciplina degli appalti pubblici, la
protezione degli investimenti e della proprietà
intellettuale.
L’UE costituisce al momento il partner commerciale più importante per l’Egitto, tanto per le
importazioni quanto per le esportazioni. L’Italia, dal canto suo, è il terzo partner economico
dell’Egitto in assoluto, incluso il settore agroalimentare. Un recente studio di mercato commissionato dall’Istituto per il Commercio Estero
(ICE) indica che, nel 2013, l’Italia ha esportato
verso l’Egitto, prevalentemente, frutta, farine e
altri preparati, amidi, malto e fecole, cacao,
caffè, tè e spezie, mentre la maggior parte delle esportazioni egiziane verso il nostro Paese
sono costituite da frutta (fresca e secca), verdura, bevande ed, in misura minore, zucchero,
prodotti della pesca ed altri alimenti di origine
animale.
Egitto, regole
e procedure per l’import
In Egitto, l’esercizio dell’attività di importazione
è soggetto ad una serie di requisiti di natura amministrativa. Le imprese che intendono svolgere
tale attività devono innanzitutto essere registrate presso la General Organisation for Export and
Import Control (GOEIC), un organo alle dipendenze del Ministero egiziano per il Commercio e
l’Industria. La registrazione implica il rilascio di
una import card, documento che attesta lo status di impresa autorizzata a operare in questo
settore. Di regola, solo imprese di diritto egiziano possono svolgere attività di import: produttori e esportatori stranieri debbono pertanto creare o servirsi di società di diritto egiziano con sede nel Paese.
L’importazione di prodotti di origine animale e
vegetale richiede anch’essa un’autorizzazione
amministrativa. Le necessarie licenze sono rila-
sciate dalla General Organisation for Veterinary
Services (GOVS), nel caso di animali vivi e prodotti di origine animale, e dalla Central Administration for Plant Quarantine (CAPQ) per i prodotti di origine vegetale. Entrambi questi enti
operano sotto l’egida del Ministero egiziano per
l’Agricoltura ed il Territorio. Di regola, l’importazione di prodotti agroalimentari richiede la presentazione di certificati veterinari o fitosanitari, a
seconda della natura dei prodotti.
I controlli ufficiali in frontiera, inclusi i controlli
sull’etichettatura, sono svolti dal GOEIC, mentre
le analisi di laboratorio, ove necessarie, sono effettuate dai laboratori nazionali sotto il controllo
del Ministero della Salute o dell’Agricoltura.
Qualora i controlli ufficiali rivelino l’esistenza di
non conformità, la partita in questione è soggetta a respingimento. La normativa egiziana prevede comunque la possibilità per l’operatore economico di presentare ricorso contro la decisione
di respingimento nel termine di una settimana
dal momento in cui tale decisione è a lui comunicata.
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Barriere “SPS”
L’Egitto, come altri Paesi, mantiene alcune barriere tecniche che condizionano il regolare flusso
delle esportazioni UE ed, in particolare, di quelle
di origine animale.
In primo luogo, l’Egitto si riserva di introdurre
– e lo ha già fatto in passato – divieti all’importazione di carne di pollame dagli Stati UE ogniqualvolta sia accertato un caso di influenza
aviaria. I divieti, per quanto di natura temporanea, si applicano al territorio dello Stato interessato nella sua interezza, senza tener conto,
pertanto, delle eventuali misure di regionalizzazione (zoning) adottate dallo Stato in questione. Secondo la Commissione europea, tale
approccio non è in linea con la policy dell’Organizzazione internazionale per la Salute animale e con il principio della regionalizzazione,
come sancito dall’articolo 6 dell’Accordo sulle
misure sanitarie e fitosanitarie (accordo SPS)
dell’Organizzazione Mondiale del Commercio
(OMC).
In secondo luogo, vigono tuttora in Egitto restrizioni all’importazione di bovini e carni bovine
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dall’UE causa rischio BSE. Introdotte immediatamente a seguito della crisi della mucca pazza in
Europa, tali restrizioni sono state modificate nel
corso degli anni in modo da riflettere i progressi
del quadro epidemiologico a livello UE. Occorre
tuttavia notare che tali misure sono generalmente adottate dall’Egitto in modo poco trasparente
(si pensi che la prima notifica ufficiale ai sensi
dell’accordo SPS risale al 2011) e che non appaiono sempre fondate su un solido risk assessment.
Etichettatura dei prodotti
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Secondo la normativa egiziana, la confezione
dei prodotti importati deve riportare obbligatoriamente una serie di informazioni specifiche
da fornirsi in lingua araba e, su base volontaria, in altra lingua straniera. Tra queste informazioni rientrano: nome e indirizzo del produttore e dell’importatore, nome e tipo di prodotto, Paese di origine, data di produzione,
data di scadenza, istruzioni per l’uso e conservazione, lista di ingredienti (in ordine decrescente in proporzione alle rispettive quantità
contenute nel prodotto), additivi ed altri coadiuvanti tecnologici. Occorre notare che, diversamente dalle norme UE, la legislazione egiziana non ammette l’indicazione in etichetta del
termine minimo di conservazione. Deroghe all’obbligo di etichettatura sono previste per le
confezioni di piccole dimensioni (ad esempio,
caramelle).
Per carni e prodotti della carni, dovrà fornirsi anche l’indicazione “halal” e, contestualmente, il
nome dell’ente responsabile per tale certificazione. A tal proposito, occorre sottolineare che
l’Egitto non ha fornito regole chiare per quanto
riguarda regole e procedure di certificazione in
questo ambito e che spesso non accetta le certificazioni di conformità rilasciate dalle autorità religiose del Paese di esportazione.
UE, misure sanitarie
Al momento, un buon numero di prodotti egiziani sono soggetti a misure di monitoraggio e
sorveglianza alle frontiere UE. Si tratta, per lo
più, di prodotti di origine vegetale, il segmento
dell’export egiziano di fatto più rilevante.
Le arachidi ed alcuni prodotti derivati (ad
esempio, burro di arachidi) con origine egiziana sono, dalla fine degli anni ’90, soggette a
misure di emergenza a livello europeo per rischio aflatossine. La normativa di riferimento
è contenuta ora nel regolamento UE
884/2014, che ha di recente abrogato il regolamento CE 1152/2009. Ai fini dell’importazione delle arachidi egiziane, la normativa europea richiede la pre-notifica obbligatoria dell’arrivo delle partite ai Posti d’Entrata Designati (PED) sul territorio UE – le cui competenze in
Italia sono svolte dagli Uffici di Sanità Marittima Aerea e di Frontiera (USMAF) – nonché
che ogni partita sia accompagnata da certificato sanitario e risultati di test di laboratorio
comprovanti il rispetto dei livelli massimi consentiti per i contaminanti in questione. Le autorità di controllo degli Stati UE sono tenute
ad effettuare controlli documentali sistematici
e controlli fisici accresciuti (ossia il 20% di tutte le partite in arrivo). È opportuno in ultimo
rilevare che il regolamento recentemente
adottato estende l’ambito di applicazione delle misure di emergenza anche alle arachidi destinate all’alimentazione animale.
Nel contesto dei controlli frontalieri armonizzati
previsti dal regolamento CE 669/2009, come
modificato dal regolamento UE 718/2014, si
prevedono controlli fisici alle frontiere UE per
fragole, arance e peperoni in provenienza dall’Egitto con una frequenza del 10% sulle merci
in ingresso. Si tratta di prodotti considerati a rischio per la possibile presenza di residui di pesticidi.
Occorre da ultimo ricordare che poca attenzione ha ricevuto il seguito legislativo che l’UE ha
dato al focolaio di Escherichia coli che nel
2011 ha interessato Germania e Francia ed alla cui origine vi era una partita di semi di fieno
greco proveniente proprio dall’Egitto. Se, in un
primo tempo, in risposta a questa food scare,
l‘UE aveva vietato provvisoriamente l’importazione di questi prodotti ed altri affini dall’Egitto, il numero elevato di vittime provocato dal
focolaio e la valutazione scientifica fornita dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare
(EFSA) hanno successivamente indotto i gesto-
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ri del rischio europei ad adottare nel 2013 misure permanenti per garantire la sicurezza microbiologica e la tracciabilità delle importazioni di germogli e semi destinati alla produzione
di germogli in provenienza da tutti i Paesi extra UE (regolamenti UE 208, 209, 210 e 211
del 2013).
UE, misure fitosanitarie
Sotto il profilo fitosanitario, l’UE mantiene in vigore, ormai da lungo tempo, misure di emergenza che regolano l’importazione di patate dall’Egitto, una delle più importanti esportazioni di
questo Paese. In Egitto è infatti endemicamente
presente Ralstonia solaceanum, meglio conosciuta come Brown Rot, un organismo nocivo
per la qualità dei tuberi. Le norme europee, attualmente
contenute
nella
decisione
787/2011/UE, consentono l’importazione delle
patate egiziane, a condizione che provengano
da aree riconosciute come pest-free dalle autorità egiziane competenti.
Le partite destinate all’importazione nel mercato
europeo devono essere presentate ai Punti d’entrata designati dagli Stati UE per i controlli fitosanitari e sono soggette a verifiche documentali
e analisi di laboratorio sistematiche.
La gestione di questo specifico rischio fitosanitario da parte delle autorità egiziane è comunque
particolarmente soddisfacente nel suo complesso: si nota, infatti, che le intercettazioni di Brown
Rot in esportazioni egiziane sono diminuite da
78 nel 1997, anno in cui il rischio fu riscontrato
per la prima volta, ad una sola nel 2013.
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