Corte di Cassazione, sez. trib., sentenza 31/07/2015, n. 16254

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Corte di Cassazione, sez. trib., sentenza 31/07/2015, n. 16254
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Oggetto
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
IRPEF
Dott. Sergio Di Amato
Presidente
Dott. Biagio Virgilio
Consigliere
Dott. Antonio Greco
Consigliere
R.G.N.14637/201C
Dott. Giulia Iofrida
Consigliere rel.
Cron.A;2,54
Dott. La Torre Maria Enza
Consigliere
Rep.
Ud. 12/06/2015
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Di
Cagno
Abbrescia
Simeone,
elettivamente
domiciliato in Roma L.go Arenula 34, presso lo
studio del Prof.Avv.to Gennaro Terracciano, che lo
rappresenta e difende in forza di procura speciale
in atti
- ricorrente contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12,
presso l'Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege
controricorrente
-
avverso la sentenza n. 58/14/2009 della Commissione
Tributaria regionale della Puglia, depositata il
17/04/2009;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 12/06/2015 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
uditi l'Avv.to Gennaro Terracciano, per parte
ricorrente, e l'Avvocato dello Stato, Maria Pia
Camassa, per parte controricorrente;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Rita Sanlorenzo, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Di Cagno Abbrescia Simeone propone ricorso per
cassazione, affidato a due motivi, nei confronti
dell'Agenzia delle Entrate
(che resiste con
controricorso), avverso la sentenza della
Commissione Tributaria Regionale della Puglia n.
58/14/2009, depositata in data 17/04/2009, con la
quale è stata riformata la decisione di primo
grado, che aveva accolto il ricorso del
contribuente.
La controversia concerne l'impugnazione di un
avviso di accertamento, relativo ad IRPEF su
reddito soggetto a tassazione separata, dovuta per
l'anno 2001, a seguito di rettifica in aumento
della plusvalenza dichiarata ai fini delle imposte,
in esito alla cessione di due appezzamenti di
terreno edificabile ed alla successiva definizione,
su istanza di accertamento con adesione, ex art.12
d.lgs. 218/1997 dell'avviso di rettifica
dell'imposta di registro e dell'INVIM.
I
giudici
d'appello
hanno
sostenuto,
in
particolare, che, in analogia a quanto previsto
nell'ipotesi di terreni acquistati per successione
o donazione, il valore concordemente definito e
liquidato con rituale atto di adesione, sia pure
con riguardo ad altri tributi, può essere assunto
come riferimento presuntivo del prezzo di vendita
di terreni edificabili, essendo ragionevole
ritenere che il
"valore di mercato pattuito e
liquidato verosimilmente coincide con il
corrispettivo effettivamente percepito",
in quanto
una vendita a prezzo di gran lunga inferiore a
quello di mercato implicherebbe un'operazione
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economicamente non conveniente.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art.378
c.p.c., con costituzione di nuovo difensore.
Considerato in diritto.
1.11 ricorrente lamenta, con il primo motivo, la
violazione e falsa applicazione degli artt.81 e 82
del TUIR nonché dell'art.2729 c.c., ex art.360 n. 3
c.p.c., avendo i giudici d'appello ritenuto
legittima l'automatica trasposizione del
accertato ed in seguito definito",
"valore
ai fini
dell'imposta di registro e di quella
sull'incremento del valore degli immobili, in luogo
del corrispettivo effettivamente percepito ed
avendo gli stessi assunto, a base della decisione,
la presunzione semplice secondo la quale il fatto
definito",
"valore accertato e
il
. dello scostamento tra
ai fini dell'imposta di registro e di
quella sull'incremento del valore degli immobili,
ed il corrispettivo dello stesso bene, dichiarato
ai fini della determinazione della plusvalenza
tassabile a fini IRPEF sia di per sé idoneo a far
presumere un "maggior corrispettivo percepito".
Con il secondo motivo, lo stesso ricorrente lamenta
la violazione e falsa applicazione, ex art.360 n. 3
c.p.c.,
dell'art.2697
c.c.,
avendo i
giudici
d'appello affermato essere onere probatorio del
contribuente
superare
la
presunzione
di
corrispondenza del prezzo incassato con il valore
di mercato, accertato in via definitiva, in sede di
applicazione dell'imposta di registro, pur a fronte
di una presunzione carente dei requisiti di
gravità, precisione e concordanza.
2. Le due censure, da esaminare congiuntamente, in
quanto connesse, sono infondate.
Questa Corte ha infatti reiteratamente chiarito che
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principi
relativi
alla
determinazione
dell'imponibile divergono, nel caso di
trasferimento di un bene, a seconda dell'imposta
che si deve applicare.
Infatti, quando si tratta di imposta sul reddito,
ai fini dell'accertamento della plusvalenza
patrimoniale occorre verificare la differenza
realizzata tra il prezzo di acquisto e il prezzo di
cessione del bene, mentre, quando si tratta di
imposta di registro, si ha riguardo al valore di
mercato del bene medesimo.
Con riguardo al profilo dell'onere della prova, se
principi relativi alla determinazione
dell'imponibile divergono, nel caso di
trasferimento di un bene, a seconda dell'imposta
che si deve applicare, poiché, quando si tratta di
imposta sul reddito, ai fini dell'accertamento
della plusvalenza patrimoniale, occorre verificare
la differenza realizzata tra il prezzo di acquisto
e il prezzo di cessione del bene, mentre, quando si
tratta di imposta di registro, si ha riguardo al
valore di mercato del bene medesimo, ciò, peraltro,
non esclude che l'Amministrazione finanziaria possa
procedere, in via induttiva, all'accertamento del
reddito da plusvalenza sulla base dell'accertamento
di valore effettuato in sede di applicazione
dell'imposta di registro
E' onere probatorio del contribuente (anche con
ricorso ad elementi indiziari) superare la
presunzione di corrispondenza del prezzo incassato
con il valore di mercato accertato in via
definitiva in sede di applicazione dell'imposta di
registro, dimostrando di avere, in concreto,
venduto a prezzo inferiore (cfr. Cass. 23115/2013:
"In tema di plusvalenze patrimoniali realizzate a
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seguito di cessione di azienda, la dichiarazione
del contribuente, ai fini
IRPEF, di
un valore
inferiore a quello già accertato in via definitiva
per il medesimo bene in sede di imposta di registro
legittima l'amministrazione finanziaria a procedere
all'accertamento induttivo
della plusvalenza,
integrando o correggendo la relativa imposizione
con possibilità di
utilizzare una seconda volta,
ricorrendo anche a presunzioni, gli stessi elementi
probatori già posti a fondamento del precedente
accertamento, mentre spetta al contribuente, che
deduca l'inesattezza della correzione o
dell'integrazione,
superare
la
presunzione
dimostrando di aver venduto al minor prezzo
indicato in bilancio, fermo restando che il
principio di collaborazione tra contribuente ed
amministrazione finanziaria, sancito dall'art. 10
della legge 27 luglio 2000, n. 212, non può mai
comportare, ai fini dell'accertamento dell'imposta,
il superamento di circostanze accertate in giudizio
o determinare la mancata applicazione del principio
dell'onere della prova"; cfr. Cass.21055/2005).
Nella fattispecie, il contribuente doveva provare
il corrispettivo realmente ricevuto, superando la
presunzione
posta
a
base
dell'accertamento,
soprattutto perché si era in presenza di uno
scostamento assai rilevante tra il valore di
mercato del bene (quale accertato in via definitiva
in sede di applicazione dell'imposta di registro)
ed il prezzo di acquisto riportato nel contratto di
compravendita.
Con riguardo, poi, alla definizione per condono
dell'imposta di registro, la libera scelta del
contribuente
agevolata
di
della
avvalersi
lite
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della
fiscale
definizione
concernente
l'accertamento della maggiore imposta pretesa in
conseguenza del diverso valore del bene affermato
dall'Ufficio, ai fini dell'imposta di Registro,
suppone comunque l'accettazione, da parte del
contribuente stesso, di quel diverso valore,
utilizzabile da parte dell'Amministrazione
finanziaria, come dato presuntivo, ai fini
dell'accertamento di una plusvalenza patrimoniale
realizzata ai fini IRPEF.
Nella specie, i giudici hanno dunque affermato,
correttamente, che l'onere della prova, al fine di
superare la presunzione di corrispondenza del
prezzo incassato con il valore di mercato,
accertato in via definitiva in sede di applicazione
dell'imposta di registro, gravava sul contribuente.
3. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve
essere respinto.
Le
spese
processuali,
liquidate
come
in
dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente
al rimborso delle spese processuali del presente
giudizio di legittimità, liquidate in complessivi
6.000,00, a titolo di compensi, oltre eventuali
spese prenotate a debito.
Deciso in Roma, il 12/06/2015.
Il Presidente
Il Ce ieliere est.
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