Aldo Capitini, La compresenza dei morti e dei viventi, Il Saggiatore
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Aldo Capitini, La compresenza dei morti e dei viventi, Il Saggiatore
Aldo Capitini, La compresenza dei morti e dei viventi, Il Saggiatore, Milano 1966, pp. 119-121 Aggiunta nell'atto di educare […] Quando la pedagogia arriva al concetto di autoeducazione, e ogni volta che ad esso ritorna, fa un grande passo sull'autoritarismo, cioè sulla pretesa che l'atto di educare sia atto di autorità di uno su di un altro, il quale debba ripetere il primo, modellarsi su di lui, sulle sue affermazioni. Se l'atto di educare è autoeducazione nel senso che per educare altri, bisogna educare sé, e chi educa sé, educa altri, si viene a stabilire una comunità tra sé e gli altri, implicita educando sé, esplicita educando gli altri. Perciò l'autorità si realizza non con l'imposizione dal di fuori di un individuo verso un altro individuo, ma sottoponendo sé e gli altri ad un principio, ad un valore comune. Posta quindi l'autoeducazione, non si può restare ad una soluzione individualistica, atomistica, in modo che ognuno educhi se stesso indipendentemente dagli altri, sia perché ci si domanderebbe come farà ad educare sé senza entrare in contatto con qualche cosa di altro, sia perché non verrebbe affrontato il problema dell'atto di educare altri, che è il modo più corrente di intendere il termine di educare, tirar su, formare o «accendere un fuoco », secondo la nota immagine. L'autoeducazione si apre, quindi, a comprendere un'educazione comune di sé e di altri, in nome di valori riconosciuti autorevoli. La stessa apertura avviene nel concetto di autocoscienza (autocoscienza ed autoeducazione si incontrano nel concetto di autocostruzione, e autoctisi), perché ci si avvede che la coscienza di sé è coscienza di sé in un tutto, in un processo, in un insieme di momenti e di gradi e di contatti e di scambi, tanto che riesce impossibile separare sé dagli altri, come se si potesse avere coscienza di sé senza coinvolgere altri. La vera autocoscienza diventa un processo universale, nel quale tutti sono in una posizione comune pervenendo alla penetrazione razionale di tutto il reale. Il limite di questa autoeducazione-autocoscienza, pur allargata a tutti, sta nel fatto che vi è un'accettazione della realtà come si manifesta: non solo ciò che è razionale è reale, ma anche ciò che è reale è razionale. L'autocoscienza culmina nel riconoscimento che tutti i momenti del reale sono necessari nel Tutto, che il male ha la sua ragione nel bene, e l'individuo è, nello stesso tempo, elevato e transeunte. La concezione della compresenza è il terzo colpo dato a questa autocoscienza perché si arricchisca e si concreti, scendendo dal trono di una teologica autosoddisfazione. Il primo colpo è dal materialismo rivoluzionario per il quale un'autocoscienza benedicente alla realtà storica come si è arrestata, resterebbe prima della ripresa delle alienazioni da parte delle moltitudini lavoratrici, nelle quali l'autocoscienza scende e si concreta. Il secondo colpo è dall'esistenzialismo per il valore del singolo, che non può essere risolto, inquadrato, superato. Il terzo colpo è dell'apertura alla compresenza, per cui l'autocoscienza non solo è aperta a tutti gli esseri individui nati, ma è appassionata al superamento dei limiti della realtà come si manifesta, cioè ad una realtà liberata dalla morte. Le teorie educative che si sono gettate in questo varco dell'autoeducazione, fondata sull'autocoscienza, hanno portato a un grande svolgimento i principi della educabilità di tutti, del promuovere l'attività dei discenti, del metodo della verificazione. […] In tanto io ti educo, in quanto, oltre a metterti nella situazione di eguaglianza, libertà, attività, ti vivo come se io dovessi, al tuo cospetto, essere massimamente fedele ai valori, e come se tu potessi fare sintesi ulteriori, nelle quali si veda più chiaro che la compresenza è produzione dei valori e trasfigura adeguatamente la realtà circostante. Quando educo sono a contatto della festa, che preannuncia la realtà liberata. Né l'apparente ripulsa o insuccesso tolgono all'atto di educare così strutturato religiosamente, perché il risultato dell'educazione è tra le cose più ardue ad essere accertate, e d'altra parte, la realtà liberata non è uno spettacolo.