Referendum “No triv”, manca il quorum e Renzi si gongola in Tv

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Referendum “No triv”, manca il quorum e Renzi si gongola in Tv
Referendum “No triv”, manca il quorum e
Renzi si gongola in Tv
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Si potrebbe dire "uno a zero, palla al centro" per Renzi, dopo il non
ragggiungimento del quorum (50% più uno degli aventi diritto al voto) per
l’ultimo dei 6 quesiti referendari, inizialmente proposti da un fronte
formato da dieci Consigli regionali, il mondo ambientalista e i comitati
“No Triv”. Sono andati a votare 15 milioni e 800 mila italiani, con
un’affluenza del 32,15 %, ridotta al 31%, con gli italiani all’estero. I “Sì”
all’86%. Solo la Basilicata ha superato il quorum col 50,16%, seguita dalla
Puglia col 41,65%. Ma i rischi in mare rimangono tutti, nonostante le
certezze del Governo
di Maurizio Ceccaioni
Le ragioni dei contendenti erano in mostra in tutta Roma e negli ultimi giorni lo scontro dialettico si è
notevolmente accentuato, ma ancora un referendum fallito per il quorum. Però a perdere è stato tutto il
paese, sempre più spaccato su temi comuni, con un governo incapace di dare delle diverse risposte, alle tante
regioni che l’avevano richiesto. Ma, come troppo spesso accade anche nella civilissima Europa (vedi l’ultimo
esempio l’Olanda), il quesito referendario si trasforma spesso in un pro o contro qualcuno o un qualcosa che,
spesso, non coincide col tema proposto. Ma di questi tempi di autoeletti, è rimasta l’unica possibilità di
esprimere la volontà popolare. Doveva essere un referendum per fermare «l’assalto delle lobby petrolifere», come denunciò il presidente
nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, una sorta di caccia al tesoro dai risvolti miliardari, nascosto sotto i nostri
mari. Ne era rimasto solo uno, per l’appunto quello contro l'estrazione di gas e petrolio entro 12 miglia
marine dalle coste italiane senza limiti di
Video Storie, cronaca, interviste, fatti del territorio,
tutto ciò che è possibile raccontare in un
filmato grazie al canale YouTube "di
Roma". Guarda adesso
LA CARD DEL IV MUNICIPIO
tempo, ma a “cassarlo” ci ha pensato ieri il
mancato raggiungimento del quorum. Una
non notizia, a ben vedere, dato che già dai
primi dati delle ore 12 (8,35%), era
evidente che non si sarebbe raggiunto,
come poi confermato da quelli delle 19
(23,48%), che probabilmente hanno dato il
colpo di grazia alla decisione di andare a
votare all’ultima ora.
Al conteggio finale, sono andati a votare
15,8 milioni d’italiani, con un’affluenza del
32,15 %, che si è ridotta al 31%, contando
gli italiani all’estero, che a fronte dei quasi
4 milioni di plichi elettorali inviati dalle
ambasciate e consolati, hanno votato solo
in 782.709 (19,81%). Solo
la
Basilicata ha superato il quorum col 50,16%, seguita dalla Puglia
col41,65%. Maglia nera al Trentino Alto Adige, come regione (25,19%)
e come città, col 17,61% di Bolzano. Precedute a breve distanza da
Campania (26,13%) e Sicilia (28,40%), regione che, a differenza di
quella governata dall’ex “sindaco sceriffo” di Salerno, Vincenzo De
Luca, ha almeno la giustificazione di non essere stata tra le regioni
proponenti. In controtendenza col resto della regione siciliana, a Sciacca
si è arrivati al 53,95%. Nella nostra regione, quello di Roma, alla sogli
del 34,74%, è stato il risultato migliore (Per una prospettiva sociale e
romano-comparata del dopo voto, leggere: roma.com/index.php/cronaca/1299-referendum-trivellato).
www.di-
Un quorum per un referendum locale, difficile da raggiungere in una
nazione dove c’è un’astensione endemica del 30%, dovuta a disaffezione
e scontento per questa politica, che va associata a quella per il voto di
gente che vive da generazioni all’estero e si sente relativamente
coinvolta dai fatti di casa nostra. Un quorum che per molti andrebbe
abolito, magari alzando il numero delle firme per presentare una
proposta referendaria e magari associandolo al voto certificato on line,
come accade negli Usa. Così si risparmierebbero bei soldi e la
partecipazione sarebbe allargata veramente a tutti.
Renzi ore 23,18 - La faccia dimessa, ma con gli occhi che brillavano, il presidente del Consiglio Matteo
Renzi, si è presentato in diretta Tv alla chiusura dei seggi, dopo le 23, con un discorso di stampo socratico.
Ha subito detto «Hanno vinto i lavoratori, operai e ingegneri che domani torneranno alle loro piattaforme
sapendo di aver conservato il posto di lavoro. È per loro che ho invitato all'astensione», ben sapendo che non si
sarebbe licenziato nessuno e che l’estrazione sarebbe andata avanti ancora per anni, anche con la vittoria dei
“Sì”. Ma quel volto visibilmente contratto, forse per trattenere una grossa risata liberatoria, ha non
velatamente attaccato chi, come il presidente della Puglia Michele Emiliano, è stato in prima fila in questa
lotta considerata “demagogica”, «che è costata 300 milioni agli italiani e con cui si potevano comprare 350
carrozze per il trasporto pendolare», ha detto. Un intervento dai toni apparentemente contenuti, che tentava di
pareggiare il conto con l’entrata a gamba tesa nell’agone referendario, con l’appello all’astensione per quel
«referendum bufala», reiterato subito, ma con toni più eleganti, dal suo mentore, Giorgio Napolitano,
ritenuto da più parti «inopportuno, arrogante e incostituzionale».
Di lì a breve, è arrivata in direttaLa7
anche la dura la replica del governatore
della Puglia, Michele Emiliano, fatto
oggetto dell’attacco personale da parte di
Renzi. Quello considerato il capofila del
“Sì” ha ricordato al presidente del
Consiglio di non aver mai agito, nei
diversi ruoli istituzionali ricoperti, «per
ragioni personali, ma solo per ragioni
istituzionali e non consento nemmeno a
lui di trasformare una battaglia di civiltà
come quella che abbiamo condotto, in una
vicenda ipocrita». «La barzelletta dei i
posti di lavoro che si sarebbero persi non
se la beve più nessuno», ha continuato di
getto. «Nessuna minaccia per ingegneri e
operai, non ho nessuna ambizione politica
e non ho manipolato nessuno. Renzi deve
accettare l'idea che in questo paese non
basta che a ogni sua decisione tutti gli
battono le mani». Ma ha ricordato anche
che non è finita qui e che questo è stato solo un primo passo a cui ne seguiranno molti altri, di cui il governo
dovrà tenerne conto.
Scontato il messaggio di Beppe Grillo, che ha ringraziato dal suo blog, «gli oltre 15 milioni di cittadini che
hanno detto Sì alla democrazia ed un futuro con mari puliti, energie rinnovabili, efficienza energetica e turismo
sostenibile! Sono tantissimi e hanno combattuto una battaglia da eroi della democrazia».
Secondo i dati del ministero dello Sviluppo economico, sarebbero 83 i permessi di ricerca rilasciati su
terraferma e 24 nel sottofondo marino. Poi altri 18, tra marini e terrestri, in Sicilia, che grazie al suo statuto
regionale è autonoma anche nell’assegnazione dei permessi. Il referendum “abrogativo” interessava l’art. 35
del “decreto Sviluppo” e alcune parti dell’art 38 del “decreto Sblocca Italia”. Secondo l’art. 75 della nostra
Costituzione, sarebbero bastate solo cinque regioni a richiederlo, ma in Corte Costituzionale se ne erano
presentate 10: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e
Veneto. Tutte apparentemente determinate a difendere i loro mari dai danni di un’estrazione “incontrollata” dai
giacimenti sottomarini di idrocarburi.
Ma, principalmente perché secondo
loro, con la concessione a “tempo
indeterminato”, sarebbe finito
l’obbligo della dismissione delle
piattaforme ormai esaurite, evitando i
costi di smantellamento e smaltimento.
Un referendum presentato come
“trivelle sì e trivelle no”, diventato per
taluni, “Renzi sì o Renzi no”. Oppure,
“lavoro sì o lavoro no”, come
sostenuto da una parte dalla Cgil
(contraria la Fiom di Maurizio Landini)
che in primis, con il segretario generale
della Filctem, Emilio Miceli, l’aveva
sempre stigmatizzata come una
consultazione sbagliata, con gravi
ripercussioni su migliaia di posti di
lavoro.
Tra i sostenitori del “Sì”, anche le
associazioni ambientaliste, come
Greenpeace e Legambiente, che da
sempre hanno condannato l’utilizzo
dell’Air-gun, la tecnica più usata nelle
attività di prospezione e ricerca di giacimenti sui fondali marini, attraverso indagini sismiche, messa sotto
indagine anche dall’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). Sono spari continui di
aria ad alta pressione, che generano una perturbazione acustica con onde riflesse, da cui si estraggono i
dati sulla composizione strutturale e stratigrafica delle aree sedimentarie. Secondo Legambiente, queste
indagini sui fondali marini che in Italia interesserebbero 13 aree tra Adriatico, Ionio e Canale di Sicilia (oltre
122 mila kmq), sarebbero potenzialmente letali per molte specie marine, ma in particolare per i cetacei, con
alterazioni comportamentali, disorientamento, spiaggiamenti e morte di delfini e balenotteri.
Visto da un’altra angolazione, questo
referendum che ha fatto da riscaldamento
per quello costituzionale di ottobre, ha
avuto molto il sapore di uno scontro
tutto interno al Pd, con 8 presidenti di
regioni governate dal partito guidato da
Renzi, contro le decisioni del governo
guidato da Matteo Renzi.
In ultimo segnaliamo la caduta di stile del
deputato renziano Ernesto Carbone, con
una serie di twit a urne aperte che
deridevano i sostenitori del “Sì”, conclusi
con “#Ciaone”. Una discutibile scelta
politica che ha fatto arrabbiare un po’
tutti, dentro e fuori il suo partito,
ricevendo per contro, una pioggia di
critiche.
Regioni, dato finale
Piemonte 32,74%; Valle D'Aosta 31,02%; Lombardia 29,84%; Trentino-Alto Adige 25,19%; Veneto 37,86%; Friuli-Venezia Giulia
32,16%; Liguria 31,62%; Emilia-Romagna 34,27%; Toscana 30,77%; Umbria 28,42%; Marche 34,75%; Lazio 32,01; Abruzzo
35,44%; Molise 32,73%; Campania 26,13; Puglia 41,65%; Basilicata 50,16%; Calabria 26,69%; Sicilia 28,40%; Sardegna
32,34%. Dal 31% degli elettori andati a votare a votare, il Sì ha raggiunto l’86%.
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