Ottocento, tra romanticismo e innovazione

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Ottocento, tra romanticismo e innovazione
n° 378 - gennaio 2017
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Ottocento, tra romanticismo
e innovazione
Francesco Hayez:
Maria Stuarda sale al patibolo
Milano, Banca Cesare Ponti
La comprensione della storia dell’arte
italiana dell’Ottocento impone di considerare come questa sia anche l’espressione di un paese che sta vivendo profonde trasformazioni sociali e politiche
e che si sta mettendo in corsa per la
modernità. Una realtà condizionata
da profonde spaccature, da una parte
il Sud in uno stato di grave arretratezza,
ancora nelle mani delle leggi del latifondo
e dall’altra, invece, un Nord più intraprendente che si prepara a convertire
l’economia rurale in un sistema produttivo industriale.
Un’Italia che anche attraverso l’impegno
artistico manifesta la grande voglia di
cambiamento: durante il secolo, infatti,
si assiste a una stagione artistica particolarmente intensa; numerose correnti
e movimenti pittorici nascono e vanno
a formare un panorama creativo tra i
più dinamici e fecondi d’Europa.
L’Ottocento si apre con il tramonto
del Neoclassicismo, frutto del pensiero
illuminista e ispirato fin dalla metà del
XVIII secolo ai principi di armonia,
equilibrio e proporzione che caratterizzano l’arte antica greca e romana.
Sono state le importanti scoperte archeologiche del periodo che hanno
riacceso l’interesse sull’arte classica e
sul “bello ideale” per un definitivo superamento del Barocco e un ritorno
alla semplice purezza, espressione di
nobile grandiosità.
Il Neoclassicismo esaurisce la sua vitalità
intorno al 1830 e cede il testimone al
Romanticismo, movimento e moto
spirituale europeo che si oppone agli
aspetti razionali illuministici: se quest’ultimi danno importanza alla razionalità umana, il Romanticismo rivaluta
Dall’eredità neoclassica alle scintille delle
avanguardie, il cammino artistico che
accompagna e rispecchia i fatti sociali
e i sentimenti politici
di un’Italia in trasformazione
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la sfera del sentimento, della passione
e dell’irrazionalità. I contorni romantici,
però, sono meno definiti e all’omogeneità
stilistica si oppone un’omogeneità di
contenuti, tanto che il movimento assume aspetti diversi a seconda dell’ambiente culturale in cui si sviluppa. La
declinazione italiana, per esempio, si
delinea come un modello più cauto e
prudente rispetto ai corrispettivi tedeschi
e inglesi. Andando a coincidere col Risorgimento, in Italia si manifesta permeato di impegno civile e politico e
può essere ricondotto a due principali
direzioni espressive, quella della “pittura
storica” di cui Francesco Hayez è sicuramente uno degli artisti più rappresentativi, con i suoi soggetti tratti
dal passato – in particolare quello medievale – e quella della “pittura di paesaggio”, che assume toni meno cupi e
tenebrosi per generare un “pittoresco”
più luminoso e accogliente.
La vicenda romantica italiana si allunga
fin quasi alla fine del secolo intrecciandosi
e creando il substrato per le nuove tendenze creative nascenti: trovando punti
di contatto con il Divisionismo, oppure
anticipando gli esiti dei maestri della
Scapigliatura.
La Scapigliatura si configura come un
movimento artistico e letterario sviluppatosi negli anni ‘60 del XIX secolo
a Milano e che in seguito si allarga all’Italia settentrionale fino ad arrivare
a interessare l’intera penisola. Il nome
traduce il termine francese bohème
riferito alla vita dell’artista disordinata
e anticonformista e vuole designare
uno spirito di ribellione contro la cultura
tradizionale e il costume borghese. Si
contrappone alla languida arte romantica
e al provincialismo risorgimentale per
rivolgersi al mondo in modo diverso
e porre l’accento sul contrasto tra ciò
che è “ideale” e ciò che è “vero” in tutta
la sua crudezza.
Intorno alla metà del secolo, in concomitanza con la diffusione del Positivismo - il pensiero filosofico che esaltando il progresso scientifico studia la
realtà attraverso le regole della scienza
- iniziarono a manifestarsi vari fermenti
creativi sulla scia di una maggiore descrizione scientifica e obiettiva della
realtà: tra queste tendenze, la più omogenea e risolta appare quella dei pittori
Macchiaioli. Mentre a Milano si af-
fermano gli scapigliati, a Firenze negli
stessi anni, si fa largo un gruppo di giovani e agguerriti artisti che, per reagire
alla stanca pittura insegnata nelle accademie, dà inizio al movimento dei
macchiaioli guidato da Giovanni Fattori,
Silvestro Lega e Telemaco Signorini.
Sia per la concordia di intenti tra gli
eterogenei componenti, sia per l’alta
qualità dei risultati raggiunti è forse
l’unico movimento che nel panorama
del secolo meriti il titolo di scuola. In
un’atmosfera carica di confusione e irrequietezza, al di fuori di ogni regola
accademica si diffondono stimoli e fermenti creativi di quell’arte. La forma
non esiste, ma è creata dalla luce; l’uomo
vede forme che non sono isolate dal
contesto naturale, ma sono percepite
come singole o sovrapposte macchie
colorate. Il colore diventa, quindi, il
mezzo per entrare in contatto con la
realtà che può essere restituita sulla tela
Giovanni Boldini: Ritratto della baronessa
Malvina-Marie Vitta - Collezione privata
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Antonio Canova: Amore e Psiche - Possagno,
Gipsoteca Antonio Canova
giusto come una composizione di macchie.
Da non sottovalutare gli aggiornamenti
artistici dovuti ai contatti con le esperienze francesi, in particolare con l’Impressionismo e il Puntinismo. I divisionisti, per esempio, elaborano una
tecnica pittorica caratterizzata da intrecci
di pennellate filamentose cariche di
colore puro, tecnica pienamente espressa
nelle tele colme di significati simbolici
di Segantini, Pellizza da Volpedo e
Morbelli.
Gli aspetti del clima culturale d’Oltralpe,
sono, tra l’altro, perfettamente rintracciabili nell’opera di artisti come Boldini,
De Nittis, Corcos e Zandomeneghi
che là vivono e che in loco interpretano
e personalizzano.
L’Ottocento è un secolo ricchissimo
per la storia dell’arte italiana, e la mostra
Da Hayez a Boldini. Anime e volti della
pittura italiana dell’Ottocento che si
tiene dal 21 gennaio all’11 giugno
presso Palazzo Martinengo a Brescia
riesce a fornircene un esauriente quadro
complessivo con una puntuale ricostruzione. Un centinaio di capolavori
dei maggiori esponenti sono riuniti
per raccontare la ricca stagione vissuta
dall’Italia nel XIX secolo, da Antonio
Canova agli artisti operanti nella Parigi
della Belle Époque per illustrare le cor-
renti e i movimenti pittorici che vi sono
fioriti e per rendere una panoramica
quanto più completa di una creatività
nazionale tra le più vaste e dinamiche
a livello europeo. Una mostra scandita
in stanze tematiche, attraverso le quali
è possibile ricostruire le evoluzioni e i
collegamenti delle singole espressioni
artistiche, ripercorrere la storia e osservare
il caleidoscopio di sensibilità differenti,
comprese le importanti evoluzioni delle
tecniche pittoriche.
anna martinelli
Telemaco Signorini: Il ghetto di Firenze
Collezione privata