0047_ Lezione 43

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0047_ Lezione 43
Lezione 43 - 10 e 13 maggio
I verbi assolutamente impersonali
Abbiamo già studiato la forma impersonale. In questo paragrafo ci occuperemo di verbi che sono
sempre usati impersonalmente, alla terza persona singolare dell’attivo.
In A. abbiamo visto la costruzione di paenitet, paenituit, paenitere.
Come paenitet si costruiscono anche:
•
•
•
•
miseret, miseruit, miserere
piget, piguit, pigere
pudet, puduit, pudere
taedet, taesum (pertaesum) est, taedere
“provare compassione”
“provare rincrescimento”, “rincrescersi”
“vergognarsi”
“provare noia, disgusto”, “annoiarsi”.
Attenzione:
•
Come vedi, sono tutti verbi che indicano sentimenti.
E’ strano pensare che il latino li percepisca come impersonali, visto che il sentimento ha
sempre un soggetto che lo prova.
I linguisti hanno cercato di dare una spiegazione al fatto che la persona che prova il
sentimento sia sentita come oggetto del verbo (infatti si trova in accusativo).
Si pensa che il sentimento personificato sia il soggetto implicito del verbo, che agisce sulla
persona, vista come “vittima” di tale sentimento: “La compassione (la noia, il
rincrescimento, la vergogna, il pentimento) prende me (te, Giovanni, etc…)”, quindi: “io (tu,
Giovanni, etc…) provo compassione (noia, etc…).”
Ricordando questa ipotesi, vera o falsa che sia, ti sarà comunque più facile memorizzare
questa costruzione, così lontana dalla nostra.
La persona che si vergogna, si pente, si annoia ecc. è all’accusativo.
Attenzione:
•
Non troveremo mai la persona espressa da un pronome riflessivo di terza persona: *se
paenitet. Questo fatto si spiega alla luce dell’ipotesi sopra esposta sull’origine di questa
costruzione: col riflessivo infatti varrebbe “il pentimento prende se stesso”, frase che non dà
senso.
Troviamo invece frequentemente il pronome determinativo: paenitet eum “egli si pente”.
La cosa di cui ci si vergogna, pente, annoia ecc. è espressa nei seguenti modi:
•
al genitivo, se consiste in un sostantivo o di un pronome:
Me negotii taedet (Cic.)
“Non ne posso più (provo disgusto) dell’attività politica.”
Non te tui saltem pudet (Varr.)
“Tu non ti vergogni a tua volta di te stesso.”
•
al nominativo neutro, se consiste in un pronome generico:
Me id pudet.
“Mi vergogno di ciò.”
•
all’infinito semplice, o da una completiva (infinitiva, interrogativa indiretta o introdotta
da quod) se consiste in un’azione.
Si può tradurre usando le corrispondenti strutture italiane:
Numera annos tuos et pudebit eadem velle facere quae volueras puer. (Sen.)
“Fa’ il conto dei tuoi anni, e ti vergognerai di volere le stesse cose che avevi voluto da
bambino.”
An paenitet vos quod salvum exercitum traduxerim? (Cic.)
“Forse vi pentite del fatto che io abbia riportato l’esercito sano e salvo?”
Attenzione:
•
Alla perifrastica passiva, questi verbi hanno ovviamente la forma impersonale; la persona si
trova al dativo di agente:
Tibi paenitendum est.
“Tu devi pentirti.”
Esercizio
1. Me mei paenitet (Cic.) 2. Id quod pudet facilius fertur quam illud qud piget. (Plaut )3. Sunt
homines quos infamiae suae non paenitet. (Cic.) 4. Male vincit is quem paenitet victoriae. (Publ.) 5.
Malo me illius quam mei paenitere. (Cic.) 6. Mea mater, tui me miseret, mei piget. (Cic.) 7. Ubi
turpis est medicina, sanari piget. (Cic.) 8. Factum id esse non negat neque id se pigere. (Ter.) 9.
Neque me paenitet causam A. Cluentii defendere. (Cic.) 10. Non video quid mihi sit pudendum.
(Apul.) 11. Pudebat Macedones urbem a comissabundo rege deletam esse. (Curt.) 12. In tantis
malis quid est pudendum? (Cic.)
Fugio, lateo, fallo, praetereo
Questi verbi alla terza persona dell’attivo (sia singolare che plurale) hanno una costruzione con
l’accusativo della persona, che muta il loro significato di base:
Significato di base
fugio “scappare” (intr.); “fuggire”, “evitare” (tr.)
lateo “essere nascosto”
fallo “ingannare”
praetereo “tralasciare”
Con l’accusativo della persona
me fugit “mi sfugge”, “ho dimenticato”
me latet “mi sfugge”, “non so”
me fallit “mi sfugge”, “non so”
me praeterit “mi sfugge”, “non so”
Possono in questo caso essere usati tanto personalmente che impersonalmente:
Se la cosa che sfugge, che non si sa, è un sostantivo, esso va al nominativo (costruzione
personale):
es.: Res Eumenem non latuit. (Iust.)
«La cosa non sfuggì ad Eumene»
Se si tratta di un’azione, troviamo:
o un infinito, che funge da soggetto:
De Dionysio fugit me ad te antea scrivere. (Cic.)
“Mi sono dimenticato di scriverti prima a proposito di Dionigi.”
o una completiva in funzione soggettiva (infinitiva, interrogativa indiretta,
introdotta da quin col congiuntivo (se la reggente è negativa):
Sed et Caelium et ce teros fugit uni consuli Cn. Seruilio ius fuisse dicendi dictatoris.
(Liv.)
“Ma sia a Celio sia agli altri sfuggì che solo al console Gn. Servilio spettava il
diritto di nominare il dittatore.”
Esercizio
1. Neque hoc Q. Catulum, hominem sapientissimum atque amplissimum, fugit. (Cic.) 2. Non me
fugit, iudices, vetera exempla pro fictis fabulis iam audiri atque haberi. (Cic.) 3. Is certe neque
classem prodidit neque, metu perterritus, fugit neque exercitum deseruit. (Cic.) 5. Neque eum prima
opinio fefellit. (Caes.) 6. Coluber cervum fugit, leonem interficit. (Ambr.) 7. De Dionysio fugit me
ad te antea scribere. (Cic.)
Deceo, dedeceo, iuvo
I verbi deceo “essere adatto, conveniente”, dedeceo “non essere adatto”, “non convenire” e iuvo
“aiutare”, “far piacere”, che in italiano si costruiscono con l’argomento di termine, hanno in latino
l’accusativo della persona.
Spesso si trovano alla terza persona, singolare o plurale:
me decet “mi si addice”
me dedecet “non mi si addice”
me iuvat “mi è utile”, “mi fa piacere”
Anch’essi possono essere usati personalmente i impersonalmente:
La cosa che si addice, ecc. può essere espressa da un sostantivo al nominativo (costruzione
personale), o da un infinito, o da una completiva infinitiva o introdotta da quod, in funzione
soggettiva (costruzione impersonale):
Oratorem irasci minime decet. (Cic.)
“All’oratore non si addice per niente arrabbiarsi.”
Iuvat me, quod vigent studia. (Plin. Iun.)
“Mi fa piacere il fatto che gli studi siano attivi.”
Esercizio
1. Facis ut te decet. (Ter.) 2. Hanc maculam nos decet effugere. (Ter.) 3. Candida pax homines, trux
decet ira feras. ( Ov.) 4. Nunc demum unam urbem habere, communem hanc esse patriam nos
omnes decet. (Liv.) 5. Magis in studiis homines timor quam fiducia decet. (Plin. Iun.) 6. Non
pudendo sed non faciendo id quod non decet imprudentiae nomen effugiendum est. (Cic.)
Celo, doceo
Hanno una costruzione particolare, con l’accusativo della persona, anche celo “nascondo”, e doceo
“insegno”: mentre noi diciamo: “nascondo/insegno qualcosa a qualcuno” (oggetto della cosa
nascosta/insegnata e termine della persona alla quale si nasconde/insegna), il latino adopera il
doppio accusativo, sia della persona che della cosa:
celo aliquid aliquem
doceo aliquid aliquem
“nascondo qualcosa a qualcuno”
“insegno qualcosa a qualcuno”
Antigonus iter omnes celavit. (Nep.)
“Antigono nascose a tutti l’itinerario.”
Enim ipsi experti non sunt, id docent ceteros. (Cic.)
“Loro infatti non sono esperti, (ma) lo insegnano agli altri.”
Mihi crede (sed ego te hoc doceo?), mirabilis vir est. (Cic.)
“Credimi (ma sono io a spiegarti questa cosa?): è un un uomo straordinario.”
All’origine di questa costruzione sta il significato primitivo dei due verbi: celo significa “tengo
all’oscuro” e doceo “istruisco”: è pertanto naturale l’accusativo della persona; l’accusativo della
cosa nascosta/insegnata è in realtà un accusativo di relazione (“tengo all’oscuro/istruisco qualcuno
riguardo a qualcosa”).
Attenzione:
•
In alternativa all’accusativo della cosa, possiamo trovare un complemento di
argomento: de + ablativo.
La costruzione passiva
Con diatesi passiva, troviamo:
• la persona alla quale si nasconde/insegna al nominativo (o all’accusativo, se si tratta del
soggetto di un’infinitiva, come negli esempi seguenti);
• la cosa nascosta/insegnata è considerata un complemento di argomento (de + ablativo),
oppure ancora un accusativo di relazione.
Credo celatum esse Cassium de Sulla uno; nam de ceteris certe sciebat. (Cic.)
“Credo che Cassio sia stato tenuto all’oscuro a proposito solo di Silla; infatti era sicuramente
al corrente degli altri.”
Iudices doceri de re idque etiam voltu probare videntur. (Cic.)
“Sembra che i giudici conoscano l’argomento (lett.: “siano stati istruiti riguardo all’argomento”)
e che approvino anche con l’espressione del volto.”
Esercizio
1. Celari videor a te. (Cic.). 2. Itaque (Caesar) Haeduos praemittit ad Boios, ut de suo adventu
doceant hortenturque ut in fide maneant. (Caes.) 3. Haec si tu Metellum cogitare de me nescisti,
debes existimare te maximis de rebus a fratre esse celatum. (Cic.). 4. Dixit Philarcus pro testimonio
se cupisse te celare de Phaleris. (Cic.) 5. Iter quo habeat omnes Eumenes celat; sic paratus, qua
constituerat, proficiscitur. (Nep.)
Dono
Anche il verbo dono “donare”, oltre al costrutto che è poi passato all’italiano (accusativo della cosa
e dativo della persona: “regalo qualcosa a qualcuno”), può trovarsi con l’accusativo della persona.
In questo caso la cosa donata è in ablativo:
Dono aliquem aliqua re.
(lett. “Regalo qualcuno con qualcosa.”, insostenibile in italiano).
Ricordiamo in particolare il sintagma civitate donare, molto frequente, che significa “concedere la
cittadinanza.”
Es.: Me praeda donavit. (Cic.)
“Mi donò il bottino.”
Esercizio
1. Is igitur Iguvinatem M. Annium Appium, fortissimum virum summa virtute praeditum, civitate
donavit. (Cic.) 2. L. Papirius Paetus, vir bonus amatorque noster, mihi libros eos quos Ser. Claudius
reliquit, donavit. (Cic.) 3. Comodissimum Caesari visum est Gaium Valerium Procillum, summa
virtute et humanitate adulescentem, cuius pater a Gaio Valerio Flacco civitate donatus erat, ad
Ariovistum mittere. (Caes.) 4. Hunc et Tarentini et Regini et Neapolitani civitate ceterisque
praemiis donarunt et omnes, qui aliquid de ingeniis poterant iudicare, cognitione atque hospitio
dignum existimarunt. (Cic.) 5. Munera ista vel civibus tuis vel dis immortalibus dona. (Cic.)
I verba rogandi
Anche i verbi che esprimono una richiesta o una domanda (i verba rogandi, cioè i verbi del
chiedere), hanno in latino una costruzione diversa che in italiano. Noi consideriamo la persona alla
quale si chiede come un termine (“chiedere qualcosa a qualcuno”), e pertanto ci aspetteremmo un
dativo, che invece non troviamo mai in latino.
Ora presentiamo un prospetto del modo in cui si costruiscono i singoli verbi più frequenti, ma
premettiamo una considerazione di carattere generale. Infatti, più che imparare a memoria i singoli
costrutti (riportati ovviamente anche dal dizionario), è utile comprendere come funziona l’idea della
domanda per la lingua latina:
1. Si domanda per ottenere qualcosa, sia esso una risposta o un oggetto. In tutti i modi la
persona a cui si chiede viene percepita come la fonte da cui proviene la risposta o
l’oggetto richiesto.
In questo caso avremo l’accusativo dell’oggetto per la cosa richiesta, e il complemento di
origine o provenienza per la persona a cui si chiede (ab o ex + ablativo):
Pacem a Romanis petere (Caes.)
“Chiedere la pace ai Romani”
Multa ex eo saepe quaesivi. (Cic.)
“Gli ho spesso chiesto molte informazioni.”
2. Si domanda interrogando qualcuno a proposito di qualcosa.
In questo caso troveremo l’accusativo della persona alla quale si chiede, percepita come
l’oggetto dell’interrogazione, e il complemento di argomento (de + ablativo) o
l’accusativo di relazione della cosa su cui verte la domanda:
Quid me istud rogas? (Cic.)
“Perché mi chiedi questo?”
De his rebus rogo vos ut cogitationem suscipiatis. (Cic.)
“Vi chiedo queste cose, perché ci pensiate su.”
I diversi verbi di domanda hanno poi specializzato ciascuno una o più costruzioni specifiche. Quello
che è importante per tradurre è aver compreso quali tipi di costruzione si possono incontrare, e che
non si troverà mai quello che ci aspetteremmo (un termine). Il dizionario poi ti aiuterà a risolvere i
singoli casi.
Verbo
Posco
Reposco
Flagito
Postulo
Peto
Quaero
Oro
Rogo
Costruzione della persona
in alternativa:
accusativo
ab + ablativo
ab + ablativo
ab (ex, de) + ablativo
ex (ab, de) + ablativo
accusativo
in alternativa:
accusativo
accusativo
accusativo
Interrogo
Costruzione della cosa
in alternativa:
accusativo (di relazione)
Aacusativo (dell’oggetto)
accusativo (dell’oggetto)
accusativo (dell’oggetto)
accusativo (dell’oggetto)
accusativo (di relazione)
in alternativa:
de + ablativo
accusativo (di relazione)
de + ablativo
La costruzione impersonale di interest e refert
Come abbiamo visto in A., interest e refert possono essere usati impersonalmente, e in questo caso
assumono il significato di “importa, interessa”, e hanno una costruzione diversa da quella italiana,
per esprimere sia la persona alla quale interessa, sia la cosa che interessa, sia quanto la cosa
interessi.
La persona a cui interessa
Mentre in italiano la persona alla quale importa una cosa è costituita da un complemento di termine,
in latino essa è solitamente espressa al genitivo:
Omnia inter se membra consentiunt quia singula servari totius interest. (Sen.)
“Tutte le membra si accordano tra loro, perché interessa al corpo intero che le singole parti siano
preservate.”
Se non si tratta di una persona ma di una cosa, essa viene sentita come fine, e si trova in ad +
accusativo:
Ad disciplinam certe militiae plurimum intererat, insuescere militem nostrum…. (Liv.)
“Era molto importante per la disciplina militare che i nostri soldati si abituassero …”.
Quando la persona consiste in un pronome personale (cioè, in italiano, “importa a me, a te, a lui,
ecc…), in latino troviamo il possessivo femminile all’ablativo singolare:
mea, tua, sua, nostra, vestra interest/ refert
Tua et mea maxime interest te valere. (Cic.)
“Importa moltissimo sia a me che a te che tu stia bene.”
Per rendere ragione di questa doppia costruzione (genitivo del nome e ablativo femminile del
possessivo), i linguisti hanno ipotizzato una spiegazione: all’origine della costruzione ci sarebbe
refert, che non deriverebbe dal composto refero, ma da res + fert, in cui res assume il significato di
“interesse”. Il significato originario risulterebbe pertanto “l’interesse comporta…”. In questo modo
si spiegherebbe sia il genitivo (Ciceronis res fert…: “l’interesse di Cicerone comporta…”) sia il
possessivo femminile, concordato con res (mea, tua… res fert: “il mio, tuo… interesse
comporta…”).
In una fase successiva, ci sarebbe stata una crasi tra le due parole, e la conseguente caduta della /s/
di res avrebbe allungato la e della parola. Re, interpretato come ablativo, avrebbe causato anche
l’allungamento della desinenza del possessivo.
Attenzione:
•
Se interest o refert si trovano in una completiva, ad esempio un’infinitiva, nella terza
persona si registra l’alternanza fra il genitivo del pronome determinativo eius/eorum (o
earum) e l’ablativo del riflessivo sua:
Se il soggetto della reggente è diverso dalla persona a cui importa, troviamo eius:
Dico eius interesse “Dico che gli interessa”
Se il soggetto della reggente coincide con la persona a cui importa, troviamo sua:
Dicit sua interesse “Dice che gli interessa”
•
È possibile trovare una relativa concordata, a senso, con il possessivo:
Vestra enim, qui cum summa elegantia atque integritate vixistis, hoc maxime interest. (Cic.)
“A voi infatti, che siete vissuti con la massima integrità, ciò interessa particolarmente.”
La cosa che interessa
A differenza dell’italiano, in cui il verbo può avere costruzione personale, e quindi avere un
sostantivo o un pronome come soggetto (“mi interessa la geografia”), in latino troveremo che la
cosa che interessa è sempre espressa da un verbo o da una completiva in funzione soggettiva
(cioè, in latino dovresti essere più preciso: “mi interessa studiare / imparare / sapere la geografia”).
Possiamo quindi trovare:
-
un infinito:
Nostra nihil interest scire ea, quae eventura sunt. (Sen.)
“A noi non interessa sapere le cose che sono destinate ad accadere.”
-
un’infinitiva:
Non nostra magis quam vestra refert vos non rebellare. (Liv.)
“Non interessa a noi più che a voi che voi non vi ribelliate.”
-
un’interrogativa indiretta:
Quid enim refert qualis status tuus sit, si tibi videtur malus? (Sen.)
“Che cosa importa quale sia la tua condizione, se a te sembra cattiva?”
Molto spesso troveremo un’interrogativa indiretta disgiuntiva:
Quid ergo interest (tabulae testamenti proferantur necne? (Cic.)
“Che cosa importa se le tavole del testamento siano presentate o no?”
-
una completiva al congiuntivo con ut/ne, spesso in funzione epesegetica:
Mea magni interest te ut videam. (Cic.)
“Mi interessa molto vederti.”
Se la cosa che interessa è un pronome neutro, lo troviamo al nominativo:
“Quid” inquit “tua refert?” (Sen.)
“Che cosa ti importa? –disse”.
Hoc interest, utrum quis fervidi sit ingenii an frigidi atque humilis. (Sen.)
“Importa questo, se uno sia di ingegno brillante oppure freddo e modesto.”
Notiamo l’interrogativa indiretta in funzione epesegetica: quasi sempre, infatti, il pronome neutro è
il prolettico di una frase epesegetica.
Esercizio
1. Refert enim, cuius animi sit, qui praestat, non cuius status. (Sen.)
2. Hoc igitur dico, sapientem nulli esse iniuriae obnoxium; itaque non refert quam multa in illum
coiciantur tela, cum sit nulli penetrabilis. (Sen.)
3. Quid autem illius interest, quoniam in senatum non venis, ubi sis? (Cic.)
4. Non quid dicat sed quid sentiat refert, nec quid uno die sentiat, sed quid adsidue. (Sen.)
5. Cum tua quid interest, nulla auspicia sunt; cum tuorum, tum fis religiosus. (Cic).
6. Ut omnia inter se membra consentiunt quia singula servari totius interest, ita homines singulis
parcent quia ad coetum geniti sunt, salva autem esse societas nisi custodia et amore partium non
potest. (Sen.)
7. Quid mea interest, an recipiam beneficia? (Sen.)
8. Ea vos rata habeatis, patres conscripti, necne, magis rei publicae interest quam mea. (Liv.)
9. Interest hominis deo cedere. (Tert.)
10. Sed parum Ecclesiae interest scire quis hunc librum graece sit interpretatus. (Tert.)
Quanto interessa: il genitivo di stima
Quanto una cosa interessa può essere indicato da:
-
un avverbio:
Illud plurimum enim refert, vitam aliquis extendat an mortem. (Sen.)
“Infatti questo importa moltissimo, se uno protragga la vita o la morte”.
-
un genitivo di stima:
Magni interest mea una nos esse. (Cic.)
“Mi interessa molto che noi stiamo insieme”.
Il genitivo di stima è il genitivo di alcuni aggettivi che indicano “quanto” una cosa o una persona
siano valutate, stimate, apprezzate, ecc…
magni
molto
parvi
pluris
minoris
minimi
maximi, plurimi, permagni
tanti
quanti
tantidem
nihili
poco
di più
di meno
per niente, pochissimo
moltissimo
tanto
quanto
altrettanto
per niente
Esercizio
1. Magni interest, iudices, id quod ego multis repugnantibus egi atque perfeci, esse Kalendis
Ianuariis in re publica duo consules. (Cic.) 2. Tribuni plebis permagni interest qui sint. (Cic.) 3.
Nam permagni eius interest rem ad interregnum non venire. (Cic.) 4. Atqui non tantum interest
nostra Aetolorum opes ac vires minui, quantum non supra modum Philippum crescere. (Liv.) 5.
Magni autem illi sua interesse arbitrabantur Oppianicum a causa Martialium demoveri. (Cic.)
Attenzione:
•
La costruzione impersonale di interest e refert che abbiamo appena studiato non è l’unica,
né la più frequente, di queste forme. Dobbiamo quindi conoscere le altre costruzioni, per
distinguerle correttamente:
Intersum
Interest è la terza persona del verbo intersum, che, usato personalmente, significa
“partecipare” o “essere in mezzo”:
Nihil deo clusum est; interest animis nostris et cogitationibus medius intervenit. (Sen.)
“Nulla è inaccessibile a dio; è partecipe delle nostre anime e interviene in mezzo ai nostri
pensieri.”
Impersonalmente, interest, oltre che “importa, interessa”, può significare “c’è differenza”.
In questa accezione è costruito spessissimo con inter + accusativo; in questo caso non sarà
difficile individuarla:
Multum interest inter sublimem animum et superbum. (Sen.)
“C’è molta differenza tra un animo eccelso e un animo superbo.”
Ma talora è costruito con un’interrogativa indiretta disgiuntiva, e in questo caso sarà più
difficile distinguere i due valori, perché, come abbiamo visto, essa è una completiva che
determina interest anche quando significa “importa”; solo il senso e il contesto chiariranno
quale sia il significato più opportuno:
Neque vero multum interest, praesertim in consule, utrum ipse perniciosis legibus, improbis
contionibus rem publicam vexet, an alios vexare patiatur. (Cic.)
“E in realtà non c’è molta differenza, soprattutto se è console, se lui opprima di persona lo
stato con leggi pericolose, o se permetta che altri lo opprimano”.
Refero
Refert non è una forma di refero, ma risulta formato da res + fero. Tuttavia bisogna fare
attenzione a non confonderlo con refert, terza persona di refero “riporto”, “riferisco”, che
sarà ovviamente determinato da un accusativo:
Aestas calores refert. (Sen.)
“L’estate riporta il caldo.”
Genitivo di pertinenza
La locuzione “tipico di…”, “proprio di…” in latino si esprime con il semplice genitivo, che viene
chiamato genitivo di pertinenza (o di convenienza).
Segue di solito il verbo sum:
Sapientis est consilium explicare suum. (Cic.)
“E’ tipico del saggio spiegare la propria opinione”.
Esercizio
1. Cuiusvis hominis est errare. (Cic.)
2. Est enim pudentis animi et verecundi, ut mea opinio fert, falsas vituperationes gravari. (Apul.)
3. Philosophi est, quid in vita faciendum, vel non faciendum sit, disputare. (Lact.)
4. Opinari enim te scire quod nescias, non est sapientis, sed temerarii potius, ac stulti. (Lact.)
5. Summae est amentiae, dubia spe inpulsum, certum in periculum se committere. (Cic.)
6. Huic autem barbarae superstitioni resistere severitatis summae fuit. (Cic.)
7. Dii non censent esse suae maiestatis praesignificare hominibus, quae sunt futura. (Cic.)
8. In causis pecuniariis intervenire non est sacerdotis.
9. Sacerdotis est nulli nocere, prodesse velle omnibus: posse autem solius est Dei. (Ambr.)
10. Rei publicae haec fundamenta sunt: religiones, auspicia, potestates magistratuum, senatus
auctoritas, leges, mos maiorum, iudicia, iuris dictio, fides. Harum rerum tot atque tantarum esse
defensorem et patronum magni animi est, magni ingeni magnaeque constantiae. (Cic.)