Questa nostra lettera inizia da Cuzco in Perù. Valerio è lì in questi
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Questa nostra lettera inizia da Cuzco in Perù. Valerio è lì in questi
Questa nostra lettera inizia da Cuzco in Perù. Valerio è lì in questi giorni e ci ha mandato un'e-mail appena venuto a sapere che Aldo ci aveva lasciati. Qui. Un po’ disarmati a dire il vero. La sua email inizia così: “Ciao ragazzi. Sono appena tornato in albergo. Ho girato un po' da solo per Cuzco, pensando, circondato dal frastuono notturno di questa città. Vi scrivo perchè ne sento il bisogno, perchè non ho nessuno con cui condividere questo dolore. (…) Mentre camminavo ero assalito da fiumi d ricordi, come sempre accade in questi casi. Ripensavo ai momenti condivisi con Aldo. Nei primi anni 90, quando ero un ragazzino, la bottega era ancora un negozio di fiori, ma i primi fermenti prendevano il via con l'esperienza del comitato d quartiere. E poi il primo ingresso in bottega, 2001 o 2002, forse uno dei primi incontri organizzati da Aldo. Il confronto tra due ragazzi, un israeliano e un palestinese, pacifico e proficuo pur nelle diversità d vedute. Per me, poco più che ventenne e per niente avvezzo a determinate tematiche, fu una serata importante. Di quelle che gettano un seme su un terreno ancora vergine”. Parole, queste di Valerio, che sono andate in risonanza con i nostri pensieri. Ripercorrere le nostre biografie e ritrovare qua e là tracce dell’esperienza fatta con la Bottega, e con Aldo. Tracce che in alcuni casi sono diventate solchi e che hanno impresso certe direzioni nelle nostre vite. Ecco allora che in questi giorni, abbiamo riflettuto sull'opportunità di non rimanere solamente inermi davanti a questo triste evento ma di cogliere in esso l'invito a gioire per un dono che ci è stato fatto: l'aver incontrato e conosciuto una persona come Aldo E di esserci conosciuti attraverso l'esperienza in bottega. Con Aldo condividevamo l’indignazione per le cose come sono, per la direzione. Per come potrebbe essere questa direzione. Ma non ci si fermava lì. Perché la spinta era sempre quella di guardare ai puntini, luminosi, che c’erano e che bisognava imparare a cercare. E lavorare lì. Restarci. La bottega è sempre stata per noi lo spazio in cui non dovevamo aver timore di essere utopisti, perché qui l'utopia non è considerata una meta irraggiungibile, ma il luogo verso cui muovere i nostri passi. Come dire che per noi non è importante raggiungere la Stella Polare, ma muoversi verso Nord, nella sua direzione. Per questo L’incontro con lui e con il mondo della Bottega ha pesato fortemente sulla nostra formazione, perchè ci ha aiutato a costruire uno sguardo diverso del mondo. Nuove lenti da cui guardare e capire quello che accadeva intorno a noi. D'altra parte, l'esperienza in Bottega per alcuni di noi ha coinciso con l’esperienza del servizio civile che è corsa in parallelo agli anni degli studi universitari. Esperienze formative che ci mandavano e rimandavano a messaggi diversi, in alcuni casi opposti. Stare lì in bottega in quel periodo ha significato per noi avere un luogo, delle esperienze e degli strumenti per mettere in discussione quello che “l’educazione formale” ci stava dando. Parlare di “giustizia”, di “economia”, nelle aule universitarie, ha un sapore diverso che farlo in Bottega, confrontandosi con l’esperienza “sul campo”, con le parole e con le riflessioni di tanti maestri i cui testi riempiono la libreria della bottega . Tutte voci con le quali siamo venuti in contatto e che continuano ancora ad interrogarci. Un percorso quindi di formazione non solo personale ma soprattutto collettivo. Che ha senso proprio perché lo stiamo facendo insieme. Insieme anche ai ragazzi delle scuole elementari, medie e superiori che in questi anni sono venuti in bottega per incontri che parlano di un altro mondo possibile. Poi il passaggio all’impegno politico perché , ricordando le parole di don Milani:“Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne da soli è l’avarizia. Sortirne tutti insieme è la politica”. Un impegno politico che è bello ricordare oggi anche attraverso i volti di tante persone che sono qui e che con Aldo e la Bottega lo hanno costruito e praticato. Ci viene in mente tutto il lavoro svolto sul tema dell’acqua perché è stata un’esperienza che con Aldo abbiamo sempre ricordato come esempio di qualcosa che può andare in una certa direzione se si lavora su un sentire comune e lo si traduce in azione collettiva. L’importanza del gruppo. Ecco, in quel momento abbiamo avuto la sensazione di poter contare. Queste considerazioni sono frutto di un confronto che con Aldo e tra di noi abbiamo costruito nel tempo, con ritmi diversi, un confronto che si è nutrito anche di dubbi, di contraddizioni,di… Un rapporto umano. E poi -come continua Valerio nella sua mail- l'arricchimento dato dalle relazioni. Le innumerevoli belle persone conosciute in questi anni, anche solo passate per un attimo, ma che hanno lasciato un segno. È soprattutto grazie ad Aldo che abbiamo stretto legami e condiviso momenti importanti tra di noi, come con altri amici. La bottega ha rappresentato in tutto questo periodo un luogo d'incontro, di accoglienza. Un'esperienza umana importante, che nel tempo ha contaminato sempre più persone. É per tutto ciò che, ricordandolo, avvertiamo un senso di gratitudine fortissimo nei suoi confronti. Una gratitudine anzitutto personale, ma anche, ed è questa credo la cosa più importante, quella di un'intera comunità. Perché crediamo, o almeno ci piace credere, che con le nostre azioni possiamo influenzare la vita degli altri, anche di coloro con cui non veniamo direttamente in contatto. Riflettere sul dono di questo incontro con Aldo significa riflettere di nuovo su di noi. Ora forse il senso di tutto ciò ci sfugge, ci sfugge la direzione. Ma il modo in cui continuare a camminare è quello di una frase di Langer che Aldo amava molto: “piu' lento, piu' profondo, piu' dolce".