L`applicazione degli IPSAS agli enti locali nell`ambito del New

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L`applicazione degli IPSAS agli enti locali nell`ambito del New
Esperienze innovative
L’applicazione degli IPSAS agli enti locali nell’ambito del New Public Management Approach
L’applicazione degli IPSAS agli enti locali nell’ambito del New Public Management
Approach: alcune riflessioni
Simona Bonetti
Dottore di ricerca in Economia e Strategia Aziendale presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca – Facoltà di
Economia – Dipartimento di Economia Aziendale e Cultore della materia presso l’Università degli Studi di Bergamo –
Facoltà di Economia – Dipartimento di Economia Aziendale
Sommario: 1. Introduzione. 2. L’emanazione dei principi contabili internazionali nell’ambito della riforma contabile
della pubblica amministrazione. 3. Principi contabili nazionali e internazionali a confronto: analisi di alcune differenze.
4. Riflessioni e proposte di revisione degli IPSAS e dei sistemi contabili degli enti locali. 5. Conclusioni.
L’introduzione in ambito pubblico di principi contabili internazionali suscita attualmente ampio
dibattito, soprattutto in merito alla potenzialità informativa legata ad un loro utilizzo.
Obiettivo del presente lavoro è indagare ed evidenziare i vantaggi, i limiti e gli effetti sul bilancio in
termini di informativa e accountability derivanti dall’adozione degli IPSAS attualmente previsti per
il settore pubblico, attraverso una disamina dell’impianto contabile proposto dai principi contabili
internazionali ed un confronto con quello scaturente dai principi contabili nazionali italiani.
Il contributo che tale articolo si prefigge è quello di suggerire una proposta di revisione dei sistemi contabili
degli enti locali, al fine di superare o migliorare i limiti informativi individuati nel corso della trattazione.
The introduction of International Public Sector Accounting Standards (IPSAS) is currently stirring up
a broad debate, particularly about the informative potentiality connected with their use.
In this work, we proceeded to compare the different accounting procedures provided for the representation of business transactions by the Italian accounting standards with the ones established by
the international accounting standards, emphasizing their advantages, their limits and their effects
on the financial statements in terms of disclosure and accountability.
Through this article we would like to suggest a proposal in order to review the accounting systems
of local authorities, so that the informative limits we emphasized in this discussion could be overcome or improved.
Parole chiave: principi contabili internazionali applicabili al settore pubblico –
contabilità finanziaria ed economico-patrimoniale – riforme dei sistemi contabili pubblici
Key words: International Public Sector Accounting Standards –
local government accounting – accruals and budgetary accounting
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1. Introduzione
Il processo di “aziendalizzazione” che ha contraddistinto i sistemi amministrativi pubblici di molteplici Paesi occidentali a partire dagli anni settanta
del secolo scorso si è tradotto in un processo di acquisizione di criteri di
gestione economico-aziendali tipici del settore privato, comportando molteplici risvolti anche sotto il profilo contabile.
Coerente con tale fenomeno risulta essere l’operato dell’International
Public Sector Accounting Standard Board (IPSASB) che, attraverso l’emanazione dei principi contabili internazionali per il settore pubblico, sembra
perseguire come finalità quella di avvicinare i sistemi contabili e gestionali
degli enti locali a quelli di natura privatisitica, tenendo tuttavia conto delle
peculiarità proprie delle entità economiche pubbliche, al fine di diffondere
ed affermare una “cultura manageriale negli enti locali” (D’Aristotile, Rosa,
2004).
In merito a tale priorità, espressamente contenuta nella Preface to International Public Sector Accounting Standards, si può affermare che l’operato
dei primi anni di vita dell’IPSASB è stato contraddistinto quasi esclusivamente da uno sforzo di convergenza con i principi Ias/Ifrs previsti per il
settore privato, con alcuni adattamenti che tengono conto delle specificità
del contesto pubblico.
Per tale ragione, l’applicazione degli IPSAS presuppone il passaggio da
sistemi contabili basati sulla contabilità finanziaria “cash basis” a sistemi
contabili che fanno riferimento al principio della competenza economica,
denominati “accrual basis”, così come previsto nella Preface.
Alcuni studiosi hanno evidenziato come la convergenza con la contabilità ed i principi contabili del settore privato sia necessaria sotto molteplici
aspetti:
• in primo luogo, per garantire maggiore trasparenza informativa
nei confronti dei cittadini, che devono essere in grado di giudicare
l’operato della propria amministrazione, e nei confronti dei mercati
finanziari. Tale maggiore trasparenza rappresenta infatti “un’esigenza
molto sentita dai mercati finanziari, che trovano difficoltà nel comprendere i bilanci delle amministrazioni pubbliche, i quali rappresentano
tuttavia una quota importante degli investimenti finanziari” (Pozzoli,
2006; Farneti, 2003). A tale scopo si è assistito all’introduzione di un
sistema contabile e di un sistema di bilancio simile a quello previsto
per le imprese, più facilmente comprensibile dai cittadini e, pertanto,
in grado di consentire di disporre delle informazioni atte a “render
conto” della gestione della cosa pubblica;
• in secondo luogo, per armonizzare le “regole” contabili utilizzate in
ambito pubblico dai Paesi coinvolti nell’International Federation of Accountants (IFAC), configurando sistemi contabili pubblici standardizzati, al fine di consentire la comparazione dei risultati conseguiti da altri
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enti aventi caratteristiche simili sia a livello nazionale che internazionale. In altre parole, l’adozione dei principi contabili internazionali ha
permesso alle entità pubbliche dei Paesi implicati nell’IFAC di adottare
un linguaggio comune in ambito contabile, allo scopo di incentivare la
confrontabilità e la chiarezza nella gestione delle risorse pubbliche. (1)
Va tuttavia evidenziato come alcuni studiosi (Pozzoli, 2005a: pp.
64 – 66; Borgonovi, 2000) auspichino che il processo di armonizzazione coinvolga l’informativa esterna e non i processi contabili e
di gestione dell’ente, che deve essere libero di scegliere la contabilità
ed i modelli di management che ritiene maggiormente adatti in relazione alle proprie peculiarità e al proprio stile di amministrazione.
A loro avviso, infatti, esigere che tutte le amministrazioni pubbliche,
naturalmente ed irrimediabilmente diverse, seguano omogenee regole
di gestione contabile interna risulta inopportuno e discutibile sotto il
profilo della legittimità costituzionale e, per tale ragione, lo standard
setter deve “possedere la caratteristica di terziarietà rispetto agli enti
di cui deve regolamentare i documenti contabili”;
• in terzo luogo, per consentire la redazione del bilancio consolidato
(Terzani, 1993; Giaccari, 1996; Grossi, 2002), al fine di fornire
informazioni complete anche sulle attività esternalizzate dall’ente.
La tendenza ad assegnare la gestione di determinati servizi pubblici
ad aziende esterne o a società di diritto privato, partecipate da enti
della pubblica amministrazione che svolgono sulle stesse funzioni di
coordinamento (Anselmi, 2001: pp. 33-34; Anselmi, 2005: p. 130),
volta a slegare la gestione di tali servizi dai vincoli ed adempimenti
burocratici propri della pubblica amministrazione, ha reso infatti
necessaria la redazione di un bilancio consolidato, in grado di informare periodicamente la collettività amministrata sui risultati conseguiti
dall’intero gruppo. Tuttavia, la redazione di un bilancio consolidato
presuppone un’armonizzazione dei sistemi contabili, ossia la redazione di un bilancio da parte degli enti pubblici compatibile con quello
utilizzato in ambito privato dalle società partecipate, che gestiscono i
servizi ad esse affidati. Emerge anche sotto questo aspetto la volontà
di promuovere la convergenza con la contabilità del settore privato,
riconoscendo l’importanza di arrivare ad una informativa contabile
uniforme, al fine di assicurare maggiore trasparenza informativa a
vantaggio di tutti i destinatari coinvolti. (2)
1 “In una Europa che tende progressivamente alla standardizzazione, pensare di continuare
ad avere una frammentazione dei sistemi contabili a livello di pubbliche amministrazioni è irragionevole...”, Pozzoli, 2005b.
2 La scelta di ricorrere all’outsourcing non è stata, tuttavia, esente da critiche (Cristofoli, 2004:
pp. 102, 118; Anselmi, 2003: p. 111), in quanto in molti casi sembra non aver funzionato
affatto (Buratti et al., 2002: p. 202) e in quanto sembra limitarsi a sviare il problema del ritardo culturale ed economico tipico degli enti pubblici nella produzione ed erogazione dei propri servizi, problema che può essere risolto definitivamente alla radice solo modificando completamente gli atteggiamenti assunti da parte del cosiddetto “capitale umano”, agendo “prioritariamente sulla cultura dell’amministrazione” (Borgonovi, 1999: p. 63).
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L’introduzione in ambito pubblico di principi contabili internazionali, che
ricalcano in buona sostanza quelli previsti per le imprese in ambito privato,
suscita, tuttavia, attualmente ampio dibattito, notevoli riflessioni e perplessità,
soprattutto in merito alla potenzialità informativa legata ad un loro utilizzo.
Obiettivo del presente lavoro è indagare ed evidenziare i vantaggi,
i limiti e gli effetti sul bilancio in termini di informativa e accountability
derivanti dall’adozione degli IPSAS attualmente previsti per il settore pubblico, ponendo a confronto i diversi trattamenti contabili prescritti per la
rappresentazione delle operazioni aziendali dalla normativa e dai principi
contabili nazionali italiani rispetto a quelli internazionali.
Il contributo che tale articolo si prefigge è quello di fornire al lettore, attraverso una disamina dell’impianto contabile proposto dai principi contabili
internazionali ed un confronto con quello scaturente dai principi contabili
nazionali italiani, spunti di riflessione sull’utilità legata all’applicazione degli
IPSAS, individuando proposte per superare o migliorare i limiti informativi
individuati nel corso della trattazione.
2. L’emanazione dei principi contabili internazionali nell’ambito
della riforma contabile della pubblica amministrazione
Il problema dell’insoddisfazione nei riguardi del funzionamento del settore
pubblico ha riguardato molte nazioni ad economia avanzata, rendendo indispensabile provvedere ad introdurre profonde innovazioni e riforme, volte a
migliorare le performance del settore pubblico, attraverso il recepimento da
parte degli enti pubblici di criteri di gestione economico-aziendali tipici del
settore privato, volti a conseguire “condizioni gestionali di competitività affini a
quelle delle imprese che operano nel mercato” (Cristofoli, 2004: p. 102).
Tali processi di rinnovamento (3) hanno implicato l’assunzione, anche in
ambito pubblico, di una cultura volta, in primo luogo, a raggiungere apprezzabili livelli di efficacia, ossia a massimizzare la soddisfazione dei bisogni
dei cittadini, visti come i “clienti” dell’azienda pubblica, fornendo agli stessi
le informazioni necessarie per controllare l’operato degli amministratori,
nel rispetto della logica del controllo democratico ed, in secondo luogo, a
ricercare condizioni di gestione efficienti, responsabilizzando maggiormente
i dirigenti al raggiungimento degli obiettivi prestabiliti.
La volontà di analizzare i fatti di gestione ed i risultati conseguiti dall’ente
in termini di economicità, efficienza ed efficacia ha reso inadeguati i tradizionali sistemi contabili, rendendo necessario procedere ad introdurre dei cambiamenti anche in ambito contabile (Caperchione, 2000: pp. 51-52, 70),
3 Definiti con la terminologia “diffusione del New Public Management Approach” (N.P.M.)
o “aziendalizzazione degli enti locali” (G. Farneti, S. Pozzoli, 2005: p. 3). Per una disamina degli elementi distintivi di tale approccio si veda: Lawrence e Thompson, 1997: pp. 567586; Meneguzzo, 1997: pp. 587-606; Gruening, 1998: pp. 669-691; tabella tratta da Larbi, 1999: pp. 14-15; Roots, 2001: pp. 317-329; Steccolini, 2002: pp. 137-154; Cepiku,
2002, pp. 155-178; Pollitt, Bouckaert, 2000; Ferrari, Donno, 2004: pp. 453-476; Bianchi,
2004: pp. 141-161.
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volti a sperimentare nuovi metodi di accountability, attribuendo maggiore
rilevanza ad approcci di contabilità “accrual basis”, basati sulla contabilità economica ed abbandonando o ridimensionando la contabilità “cash
basis”, ossia quella finanziaria, utilizzata in sede di autorizzazione politica
(bilancio di previsione). (4)
Coerente con il processo di acquisizione di criteri di gestione economicoaziendali tipici del settore privato risulta essere l’operato dell’IPSASB nei primi anni di vita, caratterizzato principalmente da uno sforzo di convergenza
con i principi Ias/Ifrs previsti per il settore privato, (5) al fine di avvicinare i
sistemi contabili e gestionali degli enti locali a quelli di natura privatistica.
Nella presente trattazione, appare utile provvedere ad inserire una
disamina dell’impianto complessivo proposto dai principi contabili internazionali, avendo particolare riguardo delle finalità e del sistema di contabilità
e bilancio che lo contraddistinguono, attraverso un confronto con l’impianto
previsto a livello nazionale in Italia dal documento intitolato “Finalità e i
postulati dei principi contabili per gli enti locali” emanato dall’Osservatorio
per la finanza e la contabilità degli enti locali.
In merito alle finalità perseguite, l’IPSAS 1 ritiene che il bilancio abbia
quale scopo principale quello di fornire ai destinatari di bilancio informazioni attendibili di tipo finanziario, economico e patrimoniale sulla società,
necessarie per prendere le decisioni più opportune e per individuare le
responsabilità all’interno dell’ente pubblico.
Il documento redatto dall’Osservatorio prevede, invece, delle finalità
del bilancio riconducibili a tre diverse funzioni: una funzione politicoamministrativa (il bilancio viene visto come uno strumento essenziale per
permettere all’organo politico di esercitare i poteri di indirizzo e controllo
sull’organo esecutivo), una funzione economico-finanziaria (il bilancio
fornisce informazioni di tipo finanziario che consentono di conoscere la
destinazione prevista per le entrate in sede di previsione e di verificare il loro
corretto impiego) e una generale funzione informativa, dando indicazioni
sotto l’aspetto finanziario, patrimoniale ed economico.
L’individuazione di tali finalità è in perfetta sintonia con le categorie di
stakeholder individuate e considerate dall’Osservatorio, e si presenta molto
più esaustiva e completa rispetto a quelle individuate dai principi contabili
internazionali, che tendono a privilegiare unicamente le esigenze informative
dell’investitore, visto quale stakeholder privilegiato.
Infatti, l’Osservatorio della finanza e della contabilità degli enti locali
ha elencato con chiarezza, al punto 19 dei principi contabili emanati dallo
stesso, i vari destinatari dell’informativa di bilancio, annoverando tra gli
4 Per una rassegna dei principali limiti del sistema contabile tradizionale, soprattutto in relazione alla limitata potenzialità informativa in termini di misurazione dei risultati, si veda: Borgonovi, 1988: p. 181; Borgonovi, 2000: pp. 252-261; D’Aries, 1997; Caperchione, 1999;
Caperchione, 2000: pp. 70-71; Farneti, 2000: p. 236; Anessi Pessina, 2000: p. 29; Mussari, 2005: pp. 39-40; Maurini, 2005.
5 Infatti, molti dei principi contabili internazionali previsti per il settore pubblico e, più precisamente, i primi 21, ricalcano, laddove possibile, quelli in vigore per le imprese (Ias/Ifrs).
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stessi tutti i portatori di interesse, che utilizzano il bilancio per soddisfare le
proprie esigenze informative. Il quadro framework IPSAS non è altrettanto
esauriente nell’elencare i destinatari dell’informativa di bilancio: esso reputa quale destinatario privilegiato del bilancio il finanziatore, in quanto
rappresenta il soggetto che fornisce all’azienda il capitale di rischio (ne è
prova il fatto che, come ribadito più volte, gli IPSAS ricalcano, salvo alcuni
adattamenti, i principi Ias/Ifrs previsti per le imprese).
Tale atteggiamento non è tuttavia condiviso da molti autori (Ricci, 2005),
che hanno evidenziato il fatto che il vero soggetto economico di un ente pubblico, ossia il principale portatore di interessi di un ente locale, è il cittadino,
in qualità di utente dei servizi erogati, di elettore e di contribuente. (6)
In merito al sistema di contabilità, l’IPSAS 1 si riferisce esclusivamente
ad una contabilità economico-patrimoniale, prevedendo un bilancio molto
simile a quello prescritto per le imprese, composto da: Stato Patrimoniale,
Conto Economico, Rendiconto finanziario, Prospetto delle variazioni del
Patrimonio netto, Principi contabili e note al bilancio. Gli IPSAS tendono,
infatti, a privilegiare i documenti provenienti dalla contabilità economicopatrimoniale, tipica delle imprese, e ad attribuire maggiore importanza ai
documenti utilizzati in sede di rendicontazione, in grado di rappresentare i
risultati effettivamente conseguiti durante l’espletamento dell’attività pubblica
sotto il profilo patrimoniale, finanziario e economico e “più immediatamente
comprensibili, perché – a differenza della documentazione finanziaria – sono
pensati per un solo fine: informare i terzi” (Pozzoli, 2005a: pp. 56-61).
I principi contabili italiani previsti dall’Osservatorio, invece, fanno riferimento ai fondamenti dei sistemi finanziari autorizzatori. Tale aspetto è
ravvisabile, in primis, nella struttura di bilancio prevista da tale documento
per gli enti locali, caratterizzata:
- a livello preventivo, dalla redazione di tutti quei documenti tipici dei
sistemi contabili finanziari, costituiti dalla relazione previsionale e
programmatica, dal bilancio annuale di previsione, dal bilancio pluriennale, dal Piano esecutivo di gestione e dagli allegati al bilancio
di previsione (punto 11 del documento);
- solo a livello consuntivo viene prevista la redazione di documenti
che contengono dati di carattere economico-patrimoniale (conto
economico e conto del patrimonio), limitandosi tuttavia ad auspicare
un atteggiamento contabile più economico e invitando gli enti a predisporre una documentazione informativa supplementare di natura
patrimoniale ed economica da allegare alla relazione previsionale
e programmatica (punto 28 del documento).
Inoltre, il legislatore italiano ha lasciato i vari enti locali liberi di scegliere
il sistema contabile a loro più idoneo, limitandosi a prevedere come obbligatorio un sistema contabile economico di tipo minimale, senza prevedere
6 Da tale affermazione ne deriva l’importanza di alcuni strumenti, quali gli indicatori di qualità, volti a misurare il grado di “customer satisfaction” raggiunto (Giusepponi, 1993: p. 193;
Mazzara, 2000: pp. 459-468).
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l’obbligatorietà della tenuta di un sistema di contabilità economica in partita
doppia giorno per giorno.
Ne deriva che il sistema contabile previsto dall’Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali tende a privilegiare ancora tutti quei
documenti tipici della contabilità finanziaria.
La diversa rilevanza assunta dalla contabilità finanziaria e da quella
economica nel sistema informativo contabile di un Paese risulta fortemente
influenzata dal contesto politico e sociale del Paese stesso e dalle funzioni
attribuite agli enti locali in tale contesto: in merito a tale aspetto, alcuni
autori (Anessi Pessina, 2000: p. 35) hanno infatti evidenziato come la
rilevanza attribuita alla contabilità economico-patrimoniale sia maggiore
nei Paesi contraddistinti dalla presenza di enti locali che assumono sempre
più la veste di “holding” rispetto a quelli dove gli enti locali continuano
a tenere presso di sé le funzioni tradizionali. Nella prima ipotesi, infatti,
l’utilizzo della contabilità economica faciliterebbe la redazione di bilanci
omogenei a quelli utilizzati dalle aziende partecipate di diritto privato
e, conseguentemente, la redazione di bilanci consolidati in grado di
evidenziare la gestione del gruppo nel suo complesso, al fine di fornire
un “quadro fedele dell’entità economica costituita dal gruppo” (Terzani,
1993). Per tali ragioni, il passaggio a sistemi contabili di tipo “accrual
basis” sta avvenendo nelle varie nazioni in modi difformi e ha avuto inizio
in tempi diversi.
Le differenze nel passaggio a sistemi “accrual basis” riguardano prevalentemente i seguenti aspetti (Lüder, Jones 2003):
a) l’introduzione di un sistema “accrual accounting”, ossia di un sistema
di contabilità economica: in merito a tale aspetto, la tabella n. 1
mostra la diversa tempistica (Lüder, Jones 2003; Wynne, 2008: p.
118) con cui è avvenuto il passaggio a sistemi “accrual accounting” in
alcuni Stati europei, mettendo in evidenza come la riforma contabile
che ha caratterizzato il settore pubblico sia iniziata in talune nazioni
già negli anni Settanta, mentre in altre (quali l’Italia) riguardi, ancora
oggi, solo le amministrazioni locali (proprio in Italia, per le amministrazioni centrali risulta essere ancora applicata esclusivamente la
tradizionale contabilità “cash basis”);
Tabella 1 – Periodo di inizio del passaggio a sistemi contabili “accrual basis” in Europa
1978-1989
Local
Governments
Central
Governments
Svizzera
Paesi Bassi
Svezia
1990-1999
2000-2005
Spagna
Francia
Finlandia
Regno Unito
Germania
Italia
Spagna
Finlandia
Svezia
Regno Unito
Svizzera
Francia
2009
Germania
(riforma non
ancora
operativa)
Non ancora iniziate
Italia
Paesi Bassi
Fonte: (Lüder, Jones 2003; Wynne, 2008: p. 118)
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b) l’introduzione di un sistema di “accrual accounting and budgeting”:
l’aggettivo accrual può infatti far riferimento sia alla contabilità che al
bilancio di previsione. In merito a tale aspetto, è doveroso sottolineare
come in alcuni Paesi (quali, Svizzera e Regno Unito) l’introduzione
della contabilità economica abbia coinvolto anche l’attività di “budgeting”, potendo definire il loro sistema contabile con la terminologia
“Accrual Accounting and Budgeting”, mentre in altri sussista ancora
un sistema di “accrual accounting” e “cash budgeting”, rimanendo
la fase di previsione ancorata alla contabilità finanziaria (si pensi,
ad esempio, agli enti locali italiani) (Lüder, Jones 2003). (7)
Tale situazione risulta essere la diretta conseguenza della scelta compiuta
dai vari legislatori nazionali di:
- prevedere la coesistenza della contabilità finanziaria con quella
economica-patrimoniale, al fine di assicurare i benefici di entrambi i
sistemi di accountability, superandone nel frattempo i limiti (Farneti,
2000, Christiaens, Vanhee, 2002; Monsen, 2002);
- alternativamente, prevedere la sostituzione della tradizionale contabilità cash basis con quella economica.
A tal proposito, risulta doveroso evidenziare come in certi casi, quali il
Regno Unito, (8) il passaggio alla contabilità economica sia stato realizzato
integralmente, introducendo un sistema basato esclusivamente su criteri di
competenza economica, nei quali la contabilità economico-patrimoniale
ha sostituito e non solo affiancato quella finanziaria tradizionale. In altri
casi si è concretizzato solo parzialmente, prevedendo l’introduzione di un
sistema contabile di tipo misto, contrassegnato non dall’eliminazione della
contabilità finanziaria, che continua ad essere mantenuta in relazione alla
sua funzione autorizzatoria e di garanzia degli equilibri di bilancio tra entrate e spese, ma dalla sua integrazione con quella economico-patrimoniale
(Khan A., Mayes S., 2009: p. 2).
In Francia, ad esempio, nonostante in via formale il principio di rilevazione contabile da adottare per pervenire alla redazione del conto
economico e dello stato patrimoniale sia quello della competenza economica, l’applicazione di tale principio è prevista solo in sede di scritture di
assestamento alla fine dell’esercizio, mentre durante l’anno la contabilità
è guidata prevalentemente da logiche di cassa, con finalità autorizzatorie
giuridiche (Alvino, 2005; Caperchione, Steccolini, 2000).
Anche in Italia il legislatore ha preferito mantenere per le amministrazioni locali, la contabilità finanziaria, per la sua funzione autorizzatoria,
affiancando alla stessa una contabilità economica-patrimoniale, senza
7 Anche a livello di governo centrale, Lüder provvede a suddividere i Paesi nei quali è stata introdotta la contabilità economica in due parti: quelli caratterizzati da un sistema di “accrual and budgeting accounting”, costituiti dalla Svizzera e dal Regno Unito; quelli contraddistinti da un sistema di “accrual accounting” e “cash budgeting”, rappresentati dalla Spagna,
Francia, Finlandia, Svezia e Germania (benché in Germania la riforma contabile non sia ancora operativa a livello centrale).
8 Per un approfondimento si veda D’Amore, 2005.
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tuttavia prevedere l’obbligo di adottare un sistema contabile economico e
patrimoniale da tenersi in corso d’anno, utilizzando il metodo della partita
doppia, ma limitandosi a prevedere come obbligatoria la tenuta di un sistema contabile minimale, caratterizzato dalla rilevazione delle operazioni
gestionali sotto il profilo economico solo al termine dell’esercizio, apportando
le modifiche necessarie ai dati finanziari rilevati in corso d’anno.
In Germania, la Conferenza permanente dei Ministri dell’interno dei
Länder (Stati), a cui compete l’emanazione delle leggi di contabilità, ha
evidenziato un orientamento di favore verso il passaggio al sistema di
competenza economica (Caperchione, 2005: p. 94), delegando agli Stati
(Länder) il compito di legiferare sui sistemi di rilevazione locali, scegliendo
tra due sistemi alternativi, in base alle proprie caratteristiche (9): un sistema
tipicamente economico-patrimoniale e un sistema misto, caratterizzato
dalla presenza contestuale di una contabilità finanziaria e una contabilità
economica.
Va tuttavia sottolineato che alcuni sostenitori della contabilità economica
hanno messo in rilievo talune perplessità legate alla previsione di un sistema
contabile di tipo misto, in quanto ritengono, in primo luogo, che la contabilità economica possa svolgere, come avviene già nei Paesi anglosassoni,
funzioni autorizzatorie, attraverso la redazione di un budget e, in secondo
luogo, in quanto sostengono che la previsione di due contabilità con orientamenti diversi possa provocare forte ambiguità, persino una profonda
contraddizione del sistema (Pozzoli, 2005a: pp. 59-60). Tale tematica sarà
trattata in maniera più approfondita nel successivo paragrafo 4.
Alcuni studiosi (Lüder, Jones 2003) hanno inoltre messo in evidenza come
gli IPSAS abbiano avuto un impatto limitato nelle riforme contabili dei Paesi
europei, dovuto principalmente ai seguenti fattori:
- le riforme contabili sono iniziate prima della disponibilità degli IPSAS;
- le traduzioni autorizzate dei testi in inglese non sono disponibili;
- gli IPSAS fanno riferimento a principi e regole del settore privato e,
pertanto, sembrano di limitato uso in ambito pubblico;
- nell’Europa continentale le regole contabili vengono tradizionalmente stabilite dalla legge e non da organismi esterni internazionali o
nazionali.
3. Principi contabili nazionali e internazionali a confronto:
analisi di alcune differenze
Dopo aver inquadrato l’emanazione di principi contabili internazionali
destinati al settore pubblico nell’ambito del processo di riforma contabile
della pubblica amministrazione, evidenziando le finalità perseguite con il
9 Ad esempio, negli Stati caratterizzati dalla presenza di enti di piccole dimensioni, quali la
Baviera, lo Stato lascerà probabilmente la possibilità agli enti locali di optare tra la contabilità economico-patrimoniale ed il cameralismo allargato.
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loro recepimento, appare doveroso procedere a focalizzare l’attenzione
sul confronto di tali principi contabili con quelli nazionali italiani, al fine
di cogliere alcune differenze, per poter sviluppare riflessioni e individuare
delle proposte in merito alla loro applicazione.
Sull’argomento, appare doveroso evidenziare il fatto che i principi contabili internazionali consentono a ciascun ente di presentare un bilancio in
base alle proprie esigenze e peculiarità, attribuendo allo stesso il potere
discrezionale di scegliere la struttura, l’ordine di esposizione delle voci contabili più consono e i criteri di valutazione di alcuni elementi patrimoniali.
Tale libertà è ravvisabile in molteplici IPSAS e viene schematicamente
messa in evidenza nella tabella 2, attraverso un confronto tra la normativa
ed i principi contabili italiani rispetto ai principi contabili internazionali in
ambito pubblico.
Tabella 2 – Differenze principali tra prospetti contabili previsti dai principi contabili internazionali e
italiani
IPSAS
Principi contabili nazionali italiani
Stato patrimoniale / Conto del patrimonio
1) Forma
del prospetto
L’IPSAS 1 lascia ampia libertà ai redattoForma obbligatoria a sezioni divise prevista
ri dei prospetti, prevedendo solo criteri
dal d.P.R. n. 194/1996
di massima a cui fare riferimento
2) Contenuto
del prospetto
L’IPSAS 1 non prescrive uno schema
rigido, né un ordine preciso da rispettare
nell’esposizione delle voci patrimoniali,
limitandosi a fissare il contenuto minimo
obbligatorio
1) Forma
del prospetto
L’IPSAS 1 non prevede una forma
obbligatoria da adottare, lasciando
ampia libertà ai redattori del prospetto
Il d.P.R. n. 194/1996 prevede
una forma scalare obbligatoria
2) Contenuto
del prospetto
L’IPSAS 1 si limita a prevedere
un contenuto minimo per tale prospetto,
lasciando ampia libertà ai redattori
del prospetto
Il d.P.R. n. 194/1996 prevede una struttura
rigida, nel senso che le voci contenute devono
essere le medesime per tutti gli enti e devono
essere evidenziate rispettando l’ordine
prescritto dalla norma
È prevista una struttura rigida, nel senso che
le voci contenute devono essere le medesime
per tutti gli enti e devono essere evidenziate
rispettando l’ordine prescritto dalla norma
Conto economico
È possibile scegliere se presentare
3) Criteri
un conto economico con i costi
di classificazione
classificati per natura oppure
dei costi
per destinazione
4) Esposizione
gestione
accessoria
Non statuendo una struttura rigida
di conto economico obbligatoria
da adottare, gli IPSAS consentono
di evidenziare separatamente
il contributo dato alla gestione operativa
dalla gestione caratteristica
e da quella accessoria
È prevista una struttura a costi e ricavi
della produzione ottenuta,
con una classificazione dei costi in base
alla natura dei fattori produttivi acquisiti
Il d.P.R. n. 194/1996 prevede un contenuto
del conto economico che consente di esprimere
i risultati della gestione operativa,
finanziaria e straordinaria, senza però
specificare il contributo dato alla gestione
operativa dalla gestione caratteristica
e da quella accessoria
(segue)
Azienda Pubblica 2.2010
286
Esperienze innovative
L’applicazione degli IPSAS agli enti locali nell’ambito del New Public Management Approach
IPSAS
Principi contabili nazionali italiani
Rendiconto finanziario/Conto del bilancio
1) Forma
del prospetto
L’IPSAS 2 lascia ampia libertà al redatto- Il d.P.R. n. 194/1996 prevede una forma
re del prospetto
obbligatoria per il conto del bilancio
2) Contenuto
del prospetto
L’IPSAS 2 non prescrive un contenuto
obbligatorio, limitandosi a prevedere
la necessità di presentare i flussi finanziari di cassa distintamente a seconda
che derivino dall’attività operativa,
dall’attività di investimento e dall’attività
di finanziamento
Il d.P.R. n. 194/1996 prevede uno schema
obbligatorio per il contenuto del conto
del bilancio, in quanto sia le voci di entrata
che di spesa previste dalla normativa italiana,
in cui si articolano i flussi finanziari positivi
e negativi, risultano inderogabili
3) Gestione
considerata
Considera i flussi finanziari di cassa.
Pertanto considera la gestione di cassa
Il conto del bilancio degli enti locali considera
sia la gestione di competenza finanziaria,
di cassa, che dei residui
Valutazione delle immobilizzazioni materiali
Gli IPSAS adottano criteri di valutazione
diversi a seconda del carattere strumentale
o accessorio del bene all’attività di produzione ed erogazione dei servizi dell’ente
I principi contabili nazionali non adottano
criteri di valutazione diversi a seconda
del carattere strumentale o accessorio
del cespite
Gli IPSAS consentono agli enti
di scegliere se applicare quale criterio
di valutazione dei propri beni il cost
model oppure adeguare il valore
di iscrizione di tali beni al fair value
Il sistema ordinario previsto dai principi
contabili nazionali per la valutazione
delle immobilizzazioni materiali fa riferimento
al criterio del costo (non consente
l’adeguamento del valore al fair value)
Fonte: Ipsas 1, 2, 6 e 7; d.P.R. n. 194/1996; d.lgs. 77/1995; principi contabili italiani previsti dall’Osservatorio per
la finanza e la contabilità degli enti locali.
In primo luogo, in merito alla forma con cui vengono esposte le voci
di Stato Patrimoniale, l’IPSAS 1 lascia ampia libertà ai redattori dei prospetti, prevedendo solo i criteri di massima a cui fare riferimento. I principi
contabili internazionali previsti per il settore pubblico consentono infatti a
ogni ente pubblico di scegliere se classificare i propri elementi patrimoniali
distinguendo le attività e le passività tra correnti e non correnti, oppure,
alternativamente (IPSAS 1, par. 75), in base a criteri di liquidità crescenti o
decrescenti, nel caso in cui questo criterio fornisca informazioni attendibili
e più significative. Diversamente, in Italia, il Testo Unico degli enti locali
delega ai regolamenti attuativi l’approvazione del relativo schema, che è
stato recepito nel modello n. 20 contenuto nel d.P.R. n. 194/1996, prevedendo l’utilizzo della forma a sezioni divise, coerentemente con la tradizione
italiana. Il legislatore italiano ha optato, con l’approvazione del modello n.
20 contenuto nel d.P.R. n. 194/1996, per un conto del patrimonio di tipo
misto, nel senso che coesistono sia aspetti di tipo destinativo-soggettivo che
di tipo finanziario, anche se prevalgono quelli della prima tipologia. Per
quanto riguarda le voci del passivo appare prevalere una classificazione
delle stesse fondata su una logica di tipo soggettivo: l’art. 108 del Principio
contabile n. 3 per gli enti locali al riguardo prevede che “(la logica classificatoria) del passivo rispetta la natura delle fonti di finanziamento”, dove
con “natura delle fonti di finanziamento” si intende la provenienza delle
287
Azienda Pubblica 2.2010
L’applicazione degli IPSAS agli enti locali nell’ambito del New Public Management Approach
Esperienze innovative
risorse finanziarie aziendali, sia in termini soggettivi che giuridici.
Anche in merito al contenuto del prospetto di Stato Patrimoniale, l’IPSAS
1 non prescrive uno schema rigido, né tanto meno un ordine preciso da
rispettare nell’esposizione delle voci patrimoniali, dando ampia libertà ai
redattori di bilancio, limitandosi a fissare il contenuto minimo obbligatorio
(IPSAS 1, par. 89) e prevedendo la necessità (IPSAS 1, par. 90) di aggiungere voci qualora un altro IPSAS lo richieda o quando risulta essenziale per
ottenere una rappresentazione fedele della situazione dell’ente considerato.
Viceversa, la struttura del conto del patrimonio previsto dalla normativa
italiana è rigida, nel senso che le voci in esso contenute devono essere le
medesime per tutti gli enti e devono essere evidenziate rispettando l’ordine
prescritto dalla norma.
In secondo luogo, anche con riferimento alla forma e al contenuto del
conto economico, l’IPSAS 1 non prevede una struttura rigida di conto economico obbligatoria da adottare, lasciando ampia libertà ai redattori dei
prospetti e limitandosi a dettare alcuni criteri di massima a cui fare riferimento
e a prevedere un contenuto minimo per tale prospetto (IPSAS 1, par. 101),
dal quale emerge la necessità di individuare dei risultati parziali afferenti
alle diverse aree dell’attività gestionale dell’ente. Il modello n. 17 di cui
al d.P.R. n. 194/1996 prevede invece una forma scalare, consentendo di
evidenziare alcuni risultati intermedi, particolarmente utili a scopo informativo, e presenta una struttura rigida, in quanto le voci in esso contenute
devono essere le stesse per tutti gli enti locali e devono essere esposte nel
rispetto dell’ordine richiesto dalla norma, salvo la possibilità di fornire poi
in un ulteriore documento informazioni più dettagliate (D’Aristotele, Rosa,
2002: p. 190).
L’ampia libertà data dai principi contabili internazionali ai redattori del
consuntivo permette agli stessi di scegliere se presentare un conto economico
con i costi classificati per natura oppure per funzione di destinazione. La
scelta tra le due diverse tipologie di classificazione dei costi è lasciata al
singolo ente in base alle proprie necessità e peculiarità (IPSAS 1, par. 112).
Viceversa, il conto economico previsto dal d.P.R. n. 194/1996 prevede, al
fine di semplificare la redazione del prospetto e di ridurre il grado di soggettività nella ripartizione dei costi in base alla loro destinazione funzionale, una
struttura a costi e ricavi della produzione ottenuta, con una classificazione
dei costi in base alla natura dei fattori acquisiti, ossia in base alla causa
economica che li ha generati. (10) Un conto economico con la suddivisione
dei costi per natura offre il vantaggio di presentare un soddisfacente grado
di oggettività rispetto ad un conto economico che classifica i costi per destinazione, tenuto conto dell’elevato grado di soggettività insito nel riparto
dei costi tra le aree funzionali tipiche dell’azienda, riparto che richiede la
10 La rappresentazione dei costi per natura presenta il vantaggio di assumere uno stretto collegamento con il contenuto del conto del bilancio, che prevede una suddivisione della spesa per interventi sulla base della natura economica dei fattori produttivi nell’ambito di ciascun servizio.
Azienda Pubblica 2.2010
288
Esperienze innovative
L’applicazione degli IPSAS agli enti locali nell’ambito del New Public Management Approach
tenuta di una contabilità analitica; questa classificazione presenta tuttavia
lo svantaggio di offrire un limitato valore segnaletico se confrontato con le
informazioni che è possibile trarre in alternativa da una ripartizione dei
costi per destinazione, non consentendo “soprattutto per quanto attiene
all’attività ordinaria dell’ente, la comprensione delle dinamiche correlate alle
differenti aree gestionali tipiche” (Andrei, 1996: p. 169) o riferite ai singoli
servizi (Farneti, 2004: p. 131). È doveroso sottolineare il fatto che alcuni
autori hanno definito la possibilità di prevedere una suddivisione dei costi
per destinazione “suggestiva ma non perseguibile nella sua applicazione
letterale” (Andrei, 1996: pp. 169-170), considerato sia il notevole impegno
economico, amministrativo e contabile che una suddivisione del genere
richiederebbe, sia l’elevato grado di soggettività insito nel riparto dei costi
comuni tra i vari servizi o centri di costo, il tutto a discapito della chiarezza
e rilevanza dei risultati ottenuti. Inoltre, i principi contabili internazionali,
non statuendo una struttura rigida di conto economico obbligatoria da
adottare, ma attribuendo ampia libertà ai redattori dei prospetti, consentono
a questi ultimi di evidenziare separatamente il flusso reddituale prodotto
dall’area gestionale accessoria. Viceversa, il d.P.R. n. 194/1996 prevede
un contenuto del conto economico che consente di esprimere i risultati della
gestione operativa, finanziaria e straordinaria, senza però specificare il
contributo dato alla gestione operativa dalla gestione caratteristica e da
quella accessoria. Pertanto, un limite informativo insito nel conto economico
previsto dal d.P.R. n. 194/1996 è rappresentato dall’assenza dell’area
accessoria, con il suo contenuto “spalmato” su altre aree, in particolare su
quella caratteristica. (11)
In terzo luogo, in merito alla forma e al contenuto del rendiconto finanziario, l’IPSAS 2 non prescrive un contenuto obbligatorio, limitandosi a
prevedere la necessità di presentare i flussi finanziari di cassa distintamente
a seconda che derivino dall’attività operativa, dall’attività di investimento e
dall’attività di finanziamento. L’IPSAS 2 si limita infatti a fornire indicazioni di
massima sul contenuto di tale prospetto, senza indicare un elenco dettagliato
delle voci che vi devono essere obbligatoriamente riportate; lo dimostra il
fatto che la stessa esemplificazione riportata nel principio contabile internazionale citato non costituisce parte integrante del principio stesso, ma
solo un allegato inserito a titolo dimostrativo, per aiutare gli incaricati nella
redazione del prospetto, come sottolineato dallo stesso IPSAS 2. Il d.P.R. n.
194/1996 prevede invece uno schema obbligatorio per il contenuto e la
struttura del conto del bilancio, in quanto sia le voci di entrata che di spesa
previste dalla normativa italiana, in cui si articolano i flussi finanziari positivi
e negativi, risultano inderogabili. (12)
11 L’assenza dell’evidenziazione dell’area accessoria rappresenta anche un limite che contraddistingue il conto economico civilistico previsto dall’art. 2425 c.c. per le imprese in ambito privato.
12 Fa eccezione la suddivisione delle entrate in “risorse”, che può essere liberamente stabilita dagli enti locali in relazione alle loro necessità e peculiarità. Infatti, per le entrate, mentre i
titoli e le categorie devono seguire lo schema obbligatorio previsto dal d.P.R. n. 194/1996,
289
Azienda Pubblica 2.2010
L’applicazione degli IPSAS agli enti locali nell’ambito del New Public Management Approach
Esperienze innovative
Infine, in merito al criterio di valutazione considerato per la valutazione degli elementi patrimoniali, appare utile fare una considerazione sul
principio di prudenza: sebbene si tratti di un principio contemplato sia
dall’IPSAS 1 (Appendice 2 dell’IPSAS 1), che dal principio contabile n. 1
dell’Osservatorio degli enti locali, tali documenti conferiscono al concetto
di prudenza due accezioni diverse nel senso che:
- per i principi contabili internazionali il principio di prudenza non ha lo
scopo di garanzia dell’integrità del patrimonio dell’ente nell’interesse
dei terzi, ma ha solo la finalità di assicurare la neutralità e l’attendibilità del bilancio ed una rappresentazione fedele dei risultati e della
situazione patrimoniale, finanziaria ed economica dell’ente pubblico.
Infatti per tali principi l’applicazione della prudenza non consente, ad
esempio, “la creazione di riserve occulte o accantonamenti eccessivi,
la sottostima deliberata di attività o ricavi o la sovrastima deliberata di
passività o costi, poiché così facendo il bilancio non sarebbe neutrale
e, quindi, non avrebbe la caratteristica dell’attendibilità”; (13)
- per i principi contabili dell’Osservatorio, invece, il principio di prudenza (punti da 85 a 90 del quadro sistematico) deve avere come
scopo la tutela dei terzi attraverso la garanzia e la difesa dell’integrità
del patrimonio. Tuttavia, pur essendo la prudenza rilevante ai fini
del processo di formazione del bilancio, anche i principi contabili
nazionali (in particolare il punto 88 del quadro sistematico) prevedono che gli eccessi vadano evitati, in quanto pregiudizievoli del
rispetto della rappresentazione veritiera e corretta della situazione
dell’ente locale, finendo per rendere il bilancio inattendibile e non
corretto. Pertanto l’applicazione di tale principio trova un limite nel
principio dell’attendibilità, dovendo mirare alla qualità di giudizi a
cui si deve ispirare il processo di formazione del sistema del bilancio
(punto 89).
Da tale diversa accezione attribuita al principio di prudenza deriva
un’ulteriore conseguenza:
- per i principi contabili nazionali non si fa alcun riferimento al fair
value come criterio di valutazione degli elementi patrimoniali, il criterio contemplato è quello del costo, con obbligo di riesame (punto
107 del documento “Finalità e postulati dei principi contabili degli
enti locali” redatto dall’Osservatorio per la finanza e la contabilità
degli enti locali);
- gli IPSAS, invece, fanno riferimento all’applicazione del criterio di
valutazione al fair value, che comporta la valutazione di un reddito
potenziale rispetto ad una configurazione di reddito prodotto.
le risorse, invece, possono essere liberamente stabilite dagli enti in base alle loro specifiche
esigenze informative.
13 Ciò è espressamente previsto nell’Appendice 2 dell’IPSAS 1 in merito alla prudenza.
Azienda Pubblica 2.2010
290
Esperienze innovative
L’applicazione degli IPSAS agli enti locali nell’ambito del New Public Management Approach
Con riferimento alla valutazione delle immobilizzazioni materiali, nella
tabella n. 3 vengono sinteticamente riportati i criteri di valutazione previsti
per le immobilizzazioni materiali dai principi contabili nazionali ed internazionali.
Tabella 3 – Criteri di valutazione previsti per le immobilizzazioni materiali dai principi contabili
nazionali ed internazionali
Tipologia di bene
Valutazione in base ai principi
contabili nazionali italiani
Valutazione in base ai principi
contabili internazionali
per il settore pubblico
Immobilizzazioni strumentali
all’attività caratteristica
Valutazione al costo al netto
degli ammortamenti operati
e delle svalutazioni durevoli (*)
Valutazione al costo al netto
degli ammortamenti accumulati
e delle svalutazioni durevoli
(trattamento preferenziale)
Valutazione al fair value,
con imputazione degli incrementi
di valore a riserva indisponibile
di patrimonio netto
(trattamento alternativo)
Investimenti immobiliari
estranei all’attività
caratteristica dell’ente
Valutazione al costo al netto
degli ammortamenti operati
e delle svalutazioni durevoli (*)
Valutazione al fair value,
con imputazione a conto economico
delle differenze di valore
(trattamento preferenziale)
Valutazione al costo al netto
degli ammortamenti operati
e delle svalutazioni durevoli
(trattamento alternativo)
(*) Fatta eccezione per le immobilizzazioni materiali già acquisite dall’ente alla data di entrata in vigore del d.lgs. n.
77/1995, ossia al 17 maggio 1995, per le quali si applicano criteri semplificati, diversi a seconda della tipologia di
bene. (Fonte: Ipsas 6 e 7; d.lgs. 77/1995).
Da essa emerge il fatto che i principi contabili internazionali prevedono
criteri di valutazione diversi a seconda che si tratti di investimenti immobiliari
oppure di beni strumentali per l’attività di produzione ed erogazione di
beni e servizi, offrendo al redattore del bilancio la possibilità di scegliere
se applicare il trattamento contabile preferenziale o alternativo previsto. Gli
enti possono pertanto decidere se adottare quale criterio di valutazione dei
propri beni il cost model – valutazione al costo al netto degli ammortamenti
e delle svalutazioni durevoli – oppure adeguare il valore di iscrizione di
tali beni al fair value.
I principi contabili nazionali italiani invece prevedono un doppio sistema
in merito ai criteri di valutazione delle immobilizzazioni materiali: un sistema semplificato da applicare alle immobilizzazioni materiali già acquisite
dall’ente alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 77/1995 e un sistema
ordinario per le immobilizzazioni materiali acquisite dall’ente in una data
successiva al 17 maggio 1995. Il sistema ordinario fa riferimento alle
disposizioni contenute nel codice civile, pertanto ai criteri di valutazione
generali stabiliti dall’art. 2426 c.c., in base al quale le immobilizzazioni
291
Azienda Pubblica 2.2010
L’applicazione degli IPSAS agli enti locali nell’ambito del New Public Management Approach
Esperienze innovative
materiali devono essere iscritte al costo storico (al netto degli ammortamenti
complessivi e delle perdite per riduzione durevole di valore) e possono essere
rivalutate solo in applicazione di leggi di rivalutazioni speciali.
Tale differente impostazione è dovuta alla diversa finalità perseguita dagli
IPSAS rispetto ai principi contabili nazionali italiani, tendente a privilegiare
un’informazione rivolta all’investitore, quale stakeholder privilegiato, che,
per prendere decisioni economiche, deve far riferimento prevalentemente
al fair value dell’azienda e alle sue capacità reddituali potenziali piuttosto
che al costo storico della stessa e al reddito da essa prodotto in passato.
A livello europeo, il criterio di valutazione degli elementi patrimoniali
applicato nelle varie nazioni può essere sinteticamente rappresentato nella
tabella 4.
Tabella 4 – Criterio del costo e del fair value in Europa
Criterio di valutazione
Nazioni
Svizzera
Costo
Fair Value
Amm. centrali
X
Amm. locali
X
Germania
Amm. centrali
Spagna
Amm. centrali
X
X
Amm. locali
X
Amm. locali
Francia
Finlandia
Italia
Paesi Bassi
Svezia
Regno Unito
X
Amm. centrali
Amm. locali
X
X
Amm. centrali
X
Amm. locali
X
Amm. centrali
X
Amm. locali
X
Amm. centrali
X
Amm. locali
X
Amm. centrali
X
Amm. locali
X
Amm. centrali
Amm. locali
Costo/Fair
value
X
X
Fonte: (Lüder, Jones 2003)
Da tale tabella emerge come il criterio del fair value sia stato previsto
come obbligatorio solo con riferimento all’amministrazione pubblica centrale
inglese, mentre in tutti gli altri Paesi prevale ancora il criterio del costo, al
quale viene in alcuni casi (ad esempio, in Svizzera, o con riferimento alle
amministrazioni centrali francesi e finlandesi) affiancato il criterio del fair
value.
Azienda Pubblica 2.2010
292
Esperienze innovative
L’applicazione degli IPSAS agli enti locali nell’ambito del New Public Management Approach
4. Riflessioni e proposte di revisione degli IPSAS e dei sistemi
contabili degli enti locali
Nel presente lavoro si è proceduto dapprima a delineare le finalità perseguite con il recepimento degli IPSAS, emanati nell’ambito del processo di
aziendalizzazione che ha interessato la realtà pubblica e, in secondo luogo,
ad effettuare un confronto con i principi contabili nazionali italiani, al fine
di sviluppare alcune riflessioni ed individuare delle proposte in merito alla
revisione dei sistemi contabili attuali degli enti locali.
Al fine di avanzare proposte di revisione dell’impianto contabile delle amministrazioni pubbliche locali, mettendo in luce i punti forza e di debolezza
degli IPSAS, appare indispensabile fare alcune considerazioni preliminari,
avendo riguardo delle seguenti varie tematiche:
- dell’importanza che la funzione autorizzatoria ha da sempre rivestito in ambito pubblico e della possibilità di applicarla a documenti
preventivi di cassa o a base economica;
- della compresenza della contabilità economico-patrimoniale e di
quella finanziaria, che ha comportato, come conseguenza, il fatto che
quest’ultima abbia continuato a ricoprire un ruolo fondamentale;
- della bassa attendibilità dell’informativa economico-patrimoniale
come conseguenza della mancata tenuta delle scritture in contabilità
generale.
In merito all’importanza della funzione autorizzatoria, è doveroso
sottolineare come tale funzione abbia da sempre contribuito a conferire
alla contabilità finanziaria un ruolo essenziale e predominante in ambito
pubblico, attribuendo all’organo decisore la possibilità di fissare a livello
preventivo un tetto massimo di spesa complessiva e per ogni singola voce
dell’azienda pubblica.
Tuttavia, alcuni studiosi hanno messo in evidenza come tale funzione
possa essere gestita a prescindere dalla base contabile considerata (cassa,
competenza finanziaria, competenza economica) (Anessi Pessina et al.,
2008; Nasi, Steccolni, 2007). (14)
Pertanto, il rispetto del carattere autorizzatorio potrebbe essere assicurato
imponendo la redazione di un preventivo di cassa, avente la stessa struttura
del rendiconto finanziario consuntivo (Maurini, 1997: p. 10), in modo da
agevolare la comparabilità e la verifica dei vincoli e limiti imposti in sede
previsionale, oppure prescrivendo la redazione di un budget economico,
assegnando così alla contabilità economica funzioni autorizzatorie, come
già avviene nei Paesi anglosassoni (Pozzoli, 2005a: p. 60, Anessi, 2005,
Anessi, Steccolini, 2007).
14 In tale testo gli autori hanno proceduto ad effettuare un’analisi sperimentale dalla quale
è emerso che la maggior parte degli operatori degli enti locali si sono dichiarati favorevoli
a un’eventuale sostituzione della contabilità finanziaria con quella economico-patrimoniale,
qualora quest’ultima permetta di assolvere la funzione autorizzatoria.
293
Azienda Pubblica 2.2010
L’applicazione degli IPSAS agli enti locali nell’ambito del New Public Management Approach
Esperienze innovative
Il limite di tali soluzioni è che fare riferimento a prospetti che si limitano a
considerare esclusivamente la gestione di cassa o valori economici potrebbe
comportare per gli amministratori locali l’implementazione di politiche e
atteggiamenti di fatto poco rispettosi del vincolo autorizzatorio (Bergamin
Barbato M., 1997: p. 491). (15) Da ciò deriva la necessità di rafforzare la
funzione di controllo e di revisione, rendendola maggiormente efficace e
di adottare un sistema di controlli contabili in grado di garantire tutti i soggetti interessati circa la veridicità dei dati contenuti nei documenti contabili
(Anessi Pessina et al., 2008: p. 14). “La contabilità economico-patrimoniale,
facendo ampio ricorso a stime e congetture, presenta margini di soggettività
e quindi fabbisogni di controllo superiori alla contabilità finanziaria… i
principi contabili offrono ai revisori un indispensabile riferimento” (Anessi
Pessina, 2005: p. 581).
In merito alla convivenza della contabilità economico-patrimoniale e
di quella finanziaria, si evidenzia come, al fine di garantire trasparenza
dell’attività pubblica nei confronti dei cittadini, che devono essere in grado
di giudicare l’operato della propria amministrazione, e di agevolare un processo di armonizzazione in materia di sistemi contabili, appare necessario
adottare anche in ambito pubblico un sistema di bilancio e di contabilità
in grado di consentire di disporre delle informazioni atte a “render conto”
della gestione della cosa pubblica.
La letteratura nazionale ed internazionale ha sottolineato in molteplici
occasioni che l’unica contabilità in grado di fornire una corretta rappresentazione degli aspetti finanziari, economici e gestionali delle aziende, e
in grado di produrre un’informativa adeguata ed attendibile, risulta essere
quella fondata sul principio di competenza economica, ossia su una logica
full accrual (Pozzoli, 2006, IPSAS 11 e 14). (16) La contabilità finanziaria,
infatti, non fornisce le informazioni necessarie per valutare le condizioni
di economicità con cui si svolge la gestione e la convenienza economica
di determinate scelte, risultando pertanto scarsamente utile ai fini decisionali (Anselmi, 2003: p. 108, Maurini, 2005: p. 132). Essa si pone come
obiettivo quello di assicurare la regolarità e correttezza formale delle
procedure ed il rispetto dei vincoli di bilancio, ma trascura completamente
l’aspetto economico e patrimoniale, privilegiando le necessità di regolarità
amministrativa.
Ne deriva che è la contabilità economico-patrimoniale ad assicurare
15 Ad esempio, gli amministratori locali potrebbero, con un bilancio preventivo di cassa avente funzioni autorizzatorie, essere indotti a contrarre obbligazioni per un importo molto elevato, riuscendo tuttavia a rispettare “formalmente” il carattere autorizzatorio del bilancio posticipando il pagamento di tali obbligazioni nel tempo (ottenendo, ad esempio, dilazioni di
pagamento). Inoltre, fare riferimento a prospetti che si limitano a considerare valori economici potrebbe comportare il rischio di assistere ad “alterazioni e manipolazioni” nella quantificazione di detti valori, rese possibili dal grado di soggettività che può richiedere la determinazione dei costi e ricavi di competenza economica e che risulta invece assente in quella dei valori finanziari.
16 Si fa riferimento, in merito, anche alla letteratura menzionata in Anessi Pessina et al.,
2008: p. 13.
Azienda Pubblica 2.2010
294
Esperienze innovative
L’applicazione degli IPSAS agli enti locali nell’ambito del New Public Management Approach
un livello maggiore di trasparenza nei confronti dei terzi, misurando l’andamento della gestione sia sotto il profilo finanziario, che economico e
patrimoniale e avvalendosi di prospetti (quelli di matrice privatistica) più
facilmente comprensibili perché, contrariamente a quelli provenienti dalla
contabilità finanziaria, sono concepiti al fine di informare i terzi (Pozzoli,
2005a: pp. 56-61). I documenti e prospetti contabili tradizionalmente
utilizzati in ambito pubblico risultano tuttora scarsamente interpretabili dai
destinatari, a causa dell’elevata complessità, risultando, conseguentemente,
di scarsa utilità nel fornire informazioni sulle performance dell’ente e nel
supportare ed orientare le decisioni (Farneti, Pozzoli, 2005; Mussari, 2003;
Pozzoli, 2004).
Pertanto, solo attraverso l’introduzione della contabilità economica è
possibile, da un lato, consentire all’organo politico di verificare il grado di
realizzazione degli obiettivi prefissati e al manager di valutare l’efficacia
della propria gestione attraverso un confronto tra i risultati conseguiti e
gli obiettivi programmati (Anselmi, 2003: pp. 54, 116; Farneti, 2004: p.
157; Maurini, 2005: p. 169) e, dall’altro, di “rendere conto” (principio
di accountability) ai diversi portatori di interesse sui risultati conseguiti e
sulla corretta utilizzazione degli strumenti stabiliti dalla normativa.
Pertanto, al fine di responsabilizzare i manager, creando figure
professionali in grado di dirigere il processo di mutamento in atto verso
una cultura dei risultati più che verso un’azione rivolta all’assolvimento
degli atti, risulta fondamentale adottare un sistema contabile che miri
non solo a verificare la rispondenza alle norme di legge, ma miri a
monitorare il grado di efficienza, efficacia ed economicità conseguito
dagli enti pubblici nell’espletamento della propria attività e in grado
di stimolare processi di autocorrezione. Si deve pertanto innescare
un circolo virtuoso che consenta all’ente di sviluppare e rendere conto
(principio di accountability) ai diversi stakeholder, dei programmi e dei
risultati conseguiti, nonché della corretta utilizzazione dei processi e
degli strumenti previsti dalla normativa.
Alcuni autori hanno anche sottolineato il fatto che l’incapacità della
contabilità pubblica tradizionale di fornire una rappresentazione della
situazione economica e patrimoniale di un ente pubblico rende molto complicata la misurazione della c.d. “equità intergenerazionale”, nel senso
che tale incapacità impedisce di fatto di determinare “se e in che misura
ogni generazione stia utilizzando solo le risorse da essa prodotte, o viva
al di sopra dei propri mezzi. In mancanza di tale misura, e di sanzioni per
comportamenti del secondo tipo, questo secondo atteggiamento è senz’altro
favorito” (Caperchione, Steccolini, 2000: p. 120). I limiti della contabilità
finanziaria tradizionale che accomunano i sistemi contabili pubblici a livello
internazionale (Caperchione, 1999: pp. 252-261; Borgonovi, 2000: pp.
252-261; Farneti, 2000: p. 236; D’Aries, 1997) sono costituiti dall’incapacità a fornire informazioni attendibili sull’impatto di medio-lungo periodo, dalla scarsa leggibilità dei bilanci, dalla difficoltà di valutare l’equità
295
Azienda Pubblica 2.2010
L’applicazione degli IPSAS agli enti locali nell’ambito del New Public Management Approach
Esperienze innovative
intergenerazionale e dalla scarsa utilità ai fini decisionali delle informazioni
generate dal sistema contabile.
Taluni studiosi (Farneti, 2000; Christiaens, Vanhee, 2002; Monsen,
2002) hanno condiviso la decisione effettuata dal legislatore italiano di aver
mantenuto la contabilità finanziaria accanto a quella economica, giudicando
tale scelta un efficace compromesso, in grado di assicurare i benefici di
entrambi i sistemi di rilevazione e ribadendo la maggior coerenza di tale
contabilità con le caratteristiche tipiche delle aziende pubbliche (Grandis
2006; Monsen, 2002: p. 39-72; Monsen, Näsi, 1998, 1999, 2000).
Altri studiosi, invece, hanno giudicato un compromesso insoddisfacente e
inefficace optare per la convivenza della contabilità economica accanto a
quella finanziaria, per i seguenti motivi:
- “avendo di fronte due contabilità che hanno orientamenti diversi,
siamo di fronte, oltre che ad una forte ambiguità, anche ad una
profonda contraddizione del sistema, perché da una parte pretendiamo dagli amministratori che decidano ed agiscano secondo
una logica finanziaria, dall’altra prevediamo che gli stakeholder,
e cioè i vari pubblici interessati al funzionamento dell’ente, dai
cittadini ai loro rappresentanti, giudichino l’operato anche secondo
logica economica. Ora è chiaro che un sistema più è contraddittorio e meno risulta efficace. L’alternativa, quindi, razionalmente,
dovrebbe consistere nella scelta di un sistema “puro”, e quindi o
esclusivamente finanziario o rigorosamente economico (Pozzoli,
2005a: p. 59)”;
- la scelta compiuta dal legislatore italiano di prevedere la coesistenza di due contabilità diverse, affiancando alla contabilità finanziaria (e non sostituendola) una contabilità economico-patrimoniale
ha indotto a mantenere in ambito pubblico un sistema di bilancio
molto diverso da quello previsto in ambito internazionale dagli
IPSAS. I documenti di bilancio prescritti dai principi contabili
internazionali in ambito pubblico, infatti, prescindono dalla gestione autorizzatoria e considerano valori finanziari ed economici
prodotti dalle operazioni gestionali, rilevandoli con il metodo
della partita doppia. Fino ad oggi, in Italia, a tali documenti non
è stata riservata la dovuta attenzione, anzi sono stati posti su un
piano secondario rispetto ai documenti relativi alla programmazione, portando ad una generale indifferenza nei confronti della
veridicità dei documenti prodotti e all’irrilevanza del rendiconto
come fatto gestionale; (17)
- la scelta di mantenere la contabilità finanziaria e il bilancio finanziario come documento obbligatorio ai fini della verifica del rispetto
17 Sull’argomento può essere particolarmente interessante la lettura del testo (Pizzo, 2003),
che evidenzia i risultati ottenuti da una ricerca condotta su un campione statistico significativo di Comuni della Campania per sondare il loro grado di “permeabilità” alle novità introdotte dalla riforma.
Azienda Pubblica 2.2010
296
Esperienze innovative
L’applicazione degli IPSAS agli enti locali nell’ambito del New Public Management Approach
del carattere autorizzatorio ha indotto i politici e i dirigenti pubblici
a focalizzare l’attenzione solo sull’aspetto finanziario, relegando
ad un piano secondario tutte quelle informazioni di carattere economico. L’introduzione dell’obbligo di redigere il conto economico
e il conto del patrimonio sembra aver provocato un aggravio di
adempimenti amministrativi, anziché comportare effetti benefici sui
processi decisionali degli stakeholder degli enti (Anessi Pessina et
al., 2008). Lo Stato tende a far riferimento esclusivamente ai documenti e ai valori tratti dalla contabilità finanziaria nel valutare
l’equilibrio economico-finanziario degli enti locali (si pensi, ad
esempio, ai parametri di deficitarietà strutturale). Tale situazione
contribuisce a condizionare significativamente l’operato degli amministratori pubblici locali che concentrano la loro attenzione sui
dati provenienti dalla contabilità finanziaria, finendo per sminuire e
redigere con superficialità i documenti di contabilità economica, a
scapito dell’attendibilità dei dati in essi contenuti (Anessi, Steccolini,
2007: pp. 211-212).
In merito alla scarsa attendibilità dell’informativa economico-patrimoniale
come conseguenza della mancata tenuta delle scritture in contabilità generale, risulta doveroso evidenziare come la scelta compiuta dal legislatore
italiano di consentire ai vari enti di scegliere il sistema contabile con cui
rilevare gli aspetti economici, se da un lato ha permesso agli enti locali di
adattare il proprio sistema contabile alle proprie peculiarità e caratteristiche, dall’altro ha però indotto molti operatori in ambito pubblico, anche di
enti di dimensioni medio-alte, a “sottovalutare” la contabilità economica e
conseguentemente i benefici da essa scaturenti.
Molti enti pubblici si sono infatti limitati ad adottare un sistema “minimale”, accontentandosi di disporre di dati economici approssimati, (18)
nella convinzione che la redazione del conto economico sia solo un adempimento formale, senza alcuna utilità in termini di controllo dell’attività
amministrativa.
Alla luce di tali premesse, dalle quali scaturisce la necessità di abbandonare la contabilità finanziaria, appare interessante mettere in evidenza
alcune proposte di revisione dell’impianto contabile delle amministrazioni
pubbliche locali, avendo riguardo dei punti di forza e debolezza degli
IPSAS, di seguito esposti e schematicamente riportati nella tabella 5.
18 La derivazione extra contabile dei dati da inserire nel conto economico e nel conto del
patrimonio può portare ad ottenere dati poco affidabili e attendibili (Anessi Pessina, Steccolini, 2001, 2007).
297
Azienda Pubblica 2.2010
L’applicazione degli IPSAS agli enti locali nell’ambito del New Public Management Approach
Esperienze innovative
Tabella 5 – Vantaggi e limiti informativi attribuiti agli IPSAS
Vantaggi
Limiti
Gli IPSAS, che ricalcano i principi contabili internazionali previsti per il settore privato, assumono
quale stakeholder privilegiato il finanziatore,
in quanto rappresenta il soggetto che fornisce
all’azienda il capitale di rischio, fornendo informazioni necessarie per prendere decisioni di tipo
economico
Privilegiare il finanziatore quale top stakeholder appare in
contrasto con il fatto che il vero soggetto economico di un
ente pubblico, ossia il principale portatore di interessi di un
ente locale, è il cittadino. Ne deriva la necessità di elaborare
un nuovo Conceptual Framework rispetto a quello previsto
per le imprese in ambito privato
Il carattere autorizzatorio del bilancio preventivo
potrebbe essere assicurato:
- o imponendo la redazione di un preventivo
di cassa, considerato che l’IPSAS 2 prevede per il rendiconto finanziario l’esposizione dei flussi di cassa, non di competenza
finanziaria;
- oppure prevedendo la redazione di budget
economici
Fare riferimento a prospetti che si limitano a considerare
esclusivamente la gestione di cassa o quella economica
potrebbe comportare per gli amministratori comunali
l’implementazione di politiche e atteggiamenti di fatto poco
rispettosi del vincolo autorizzatorio
Gli IPSAS consentono a ogni ente di presentare
un bilancio in base alle proprie esigenze e peculiarità. Ciò rappresenta il risultato della ricerca
di un compromesso tra l’obiettivo di armonizzazione e la necessità di rispettare le peculiarità
proprie di ogni realtà aziendale
Tale libertà può essere vista come un ostacolo al processo
di armonizzazione delle regole contabili e di comparabilità
tra gli enti, che possono valutare alcuni elementi patrimoniali
utilizzando criteri nettamente diversi tra loro, che producono
risultati differenti e non sempre confrontabili
La possibilità riconosciuta dagli IPSAS di poter
valutare alcuni elementi patrimoniali adeguando
il loro valore di iscrizione al fair value permette
di poter fare riferimento a dati correnti, utili per
prendere decisioni finanziarie
L’applicazione del fair value necessita a volte di informazioni
difficilmente reperibili e potrebbe conferire ai valori
di bilancio una certa volatilità, dovuta all’incertezza che può
caratterizzare la loro determinazione
L’adozione di metodi necessari per determinare il fair value
può richiedere il sostenimento di notevoli costi (es. costi delle
perizie necessarie, costi dei consulenti incaricati di determinare il valore attuale dei flussi finanziari futuri previsti sulla
base di stime attendibili)
In primo luogo, sarebbe auspicabile sviluppare un Conceptual Framework
autonomo rispetto a quello previsto per le imprese in ambito privato, che
tenga conto delle peculiarità e caratteristiche tipiche del settore pubblico.
A sostegno della necessità di adottare un corpus di principi contabili coerente con le specificità degli enti locali, alcuni autori (Anessi Pessina et al.,
2008: p. 13) hanno evidenziato come i principi contabili rivolti alle imprese
mirino a privilegiare le informazioni necessarie per prendere decisioni di
tipo economico da parte dei destinatari (principio della decision usefulness).
Tuttavia tale esigenza, in ambito pubblico, deve essere contemperata con
la necessità di “render conto” (principio di accountability) delle molteplici
dimensioni di responsabilità del proprio agire nei confronti dei vari stakeholders, portando ad implicazioni diverse sulle caratteristiche dell’informativa
di bilancio (Steccolini, 2004: pp. 62-64). È necessario pertanto un sistema
contabile che non miri a privilegiare le esigenze informative dell’investitore o finanziatore, bensì quelle dei vari stakeholder (in particolare, dei
Azienda Pubblica 2.2010
298
Esperienze innovative
L’applicazione degli IPSAS agli enti locali nell’ambito del New Public Management Approach
clienti/cittadini, che devono poter monitorare e valutare l’operato della
dirigenza pubblica, e degli amministratori pubblici, che necessitano di
informazioni utili nell’ambito del processo di programmazione e controllo
delle attività dell’ente).
Recentemente, nell’incontro tenutosi a Tokyo nel marzo 2006, l’IPSASB
ha previsto la necessità di procedere ad elaborare un proprio Conceptual
Framework, (19) contenente le finalità ed i postulati per le aziende pubbliche, mutando l’orientamento assunto inizialmente di adottare il framework
previsto in ambito privato. Tale esigenza è tanto più sentita a seguito della
decisione dello IASB e del FASB (Financial Accounting Standards Board)
di procedere a revisionare il framework previsto in ambito privato per le
imprese, introducendo contenuti che, a parare dell’IPSASB, saranno difficilmente riferibili al contesto pubblico. Nello specifico, il progetto dell’IPSASB
di revisionare il framework, avvalendosi della collaborazione dei diversi
National Standard Setters (NSS), al fine di tenere in considerazione anche
le esperienze nazionali dei paesi che partecipano al progetto, dovrebbe
concludersi nel 2012. In linea generale, l’IPSASB mira a sviluppare un
framework articolato in due parti distinte:
- una prima parte, definita “accrual framework”, contenente disposizioni che regolamentano la redazione del bilancio fondato su un’impostazione full accrual. In tal caso, il progetto deve tener conto del
framework dello IASB e degli IAS/IFRS laddove sussistono affinità tra
settore pubblico e privato mentre, in caso contrario, deve prevedere
delle integrazioni con specifici contenuti riguardanti esclusivamente
il settore pubblico;
- una seconda parte, definita “cash framework”, contenente disposizioni inerenti la contabilità finanziaria.
Tale progetto pare presentare i seguenti vantaggi:
- costituisce un ausilio per i singoli standard setter nazionali nell’applicazione di principi solo accrual basis o solo cash basis;
- l’emanazione di principi contabili rivolti anche ai Paesi che basano
ancora il proprio sistema di contabilità pubblica su quella finanziaria
pare essere una conseguenza della volontà dell’IFAC di poter emettere dei principi che siano applicabili al maggior numero di Paesi
possibili.
Tuttavia, tale progetto pare non immune da punti di debolezza. Infatti,
alcuni studiosi (Pozzoli, 2006) hanno evidenziato come la volontà di adottare
principi basati sulla tenuta della contabilità finanziaria sembra essere rivolta
ai Paesi in via di sviluppo, non a quelli ad economia avanzata, a cui viene
raccomandata la tenuta di una contabilità economico-patrimoniale. Gli stessi
sottolineano come l’IPSASB debba rappresentare un punto di riferimento
19 “At this meeting (March 2006) the IPSASB would discuss its strategy for the development
of its own conceptual framework project”, IPSASB Tokyo, March 2006.
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Azienda Pubblica 2.2010
L’applicazione degli IPSAS agli enti locali nell’ambito del New Public Management Approach
Esperienze innovative
internazionale, una sorta di “ottimo contabile”, attraverso l’individuazione
delle modalità di contabilizzazione delle operazioni aziendali “migliori”,
lasciando ad ogni Paese aderente la facoltà di adeguarsi o meno, sulla
base delle proprie caratteristiche. Per tale ragione ritengono non opportuno
rincorrere i Paesi in via di sviluppo che basano il loro sistema di contabilità
pubblica ancora su un’ottica finanziaria, mediando con i principi da questi
utilizzati, al solo scopo di ampliare la sfera di applicazione dei principi
contabili internazionali.
Il problema in merito all’emanazione del nuovo framework risulta essere
costituito dal fatto che lo sviluppo di un autonomo quadro di riferimento in
ambito pubblico sta avvenendo successivamente all’emanazione di più di
venti IPSAS, ispirati agli Ias/Ifrs, e ciò potrebbe comportare come pericolo
lo sviluppo di un framework nuovamente “ancorato” a logiche e principi
mutuati dal settore privato, oppure di un framework autonomo ma in contrasto con alcuni IPSAS vigenti (richiedendo, in tale ipotesi, la revisione di
diversi principi).
Le tematiche che saranno trattate nei due prossimi anni riguardano il
Financial statements under the accrual basis of accounting e il Financial
reporting. Alcuni autori (Carlin, 2003, Barton, 2002) hanno sottolineato
la necessità di stabilire principi e norme per il settore pubblico slegate da
quelle utilizzate in ambito privato. Pertanto, tale quadro dovrà, a parere
dello scrivente:
a) in primo luogo contenere informazioni anche sui budget e non solo
sui documenti redatti in sede di rendicontazione, alla luce dell’importanza della funzione autorizzatoria che caratterizza il settore
pubblico;
b) in secondo luogo dare ampio spazio nel Financial reporting alle informazioni di natura extra contabile, ai prospetti, alle relazioni e alle
comunicazioni di natura qualitativa e descrittiva, volte ad integrare
i dati contabili presenti nel Financial statement e a fornire informazioni sul grado di efficacia raggiunto dall’ente pubblico attraverso
l’espletamento della propria attività.
In secondo luogo, in relazione alla documentazione contabile da redigere, si è sottolineato come i prospetti contabili tradizionalmente utilizzati in
ambito pubblico, propri della contabilità finanziaria, risultino scarsamente
comprensibili e, conseguentemente, utili nel fornire informazioni sulle
performance conseguite dall’ente (Farneti, Pozzoli, 2005; Mussari, 2003;
Pozzoli, 2004).
Tuttavia, la scelta compiuta dal legislatore italiano di prevedere la coesistenza della contabilità finanziaria accanto a quella economico-patrimoniale
ha indotto a mantenere in ambito pubblico un sistema di bilancio molto
diverso da quello di matrice privatistica, portando ad una generale indifferenza nei confronti della veridicità dei documenti prodotti e all’irrilevanza
del rendiconto come fatto gestionale.
Azienda Pubblica 2.2010
300
Esperienze innovative
L’applicazione degli IPSAS agli enti locali nell’ambito del New Public Management Approach
Al fine di superare tale limite sarebbe auspicabile adottare un sistema
di bilancio (20) che preveda:
• un impianto di previsione costituito dai seguenti documenti:
a) un piano strategico, da revisionare annualmente, contenente gli
obiettivi ed i programmi principali che l’ente si prefigge di perseguire nel medio periodo e le azioni strategiche da implementare per il
conseguimento di tali obiettivi;
b) uno stato patrimoniale ed un conto economico preventivi, annuali
e pluriennali. Al fine di assicurare la funzione autorizzatoria in un
sistema di contabilità economico-patrimoniale si potrebbe prevedere l’obbligo di redigere un conto economico preventivo in situazione di pareggio o utile, ponendo dei vincoli sulla destinazione
del possibile risultato economico positivo; (21) oppure, l’obbligo
di coprire in un lasso periodale prestabilito un’eventuale perdita
economica conseguita, sottoponendo al consiglio un adeguato
piano di rientro (Anessi Pessina, Steccolini, 2007, p. 213; Anessi
Pessina, 2005: p. 572). Tale funzione potrebbe essere assicurata
anche imponendo la redazione di un sistema di budget degli
acquisti (dettagliando ulteriormente le voci del Conto economico
preventivo), degli investimenti e dei finanziamenti aventi carattere
autorizzatorio;
c) un bilancio finanziario, annuale e pluriennale: tale documento potrebbe essere redatto in termini di flussi di cassa, al fine di renderlo
confrontabile con i dati contenuti nel rendiconto finanziario, per il
quale l’IPSAS 2 prescrive l’evidenziazione dei flussi di cassa conseguiti. Anche tale documento potrebbe assolvere finalità autorizzatorie,
ponendo vincoli su determinate voci di flussi di cassa;
d) una relazione previsionale e programmatica, che illustri le caratteristiche generali dell’attività amministrativa programmata dall’ente,
mettendo in evidenza le caratteristiche generali della popolazione,
del territorio e dell’economica e individuando gli obiettivi da raggiungere, in termini di bilancio, efficacia, efficienza ed economicità
dei servizi;
e) una relazione redatta dall’organo esecutivo, che evidenzi le modalità
di formazione delle previsioni ed il loro collegamento con il piano
strategico;
20 Per un maggior approfondimento, si veda: Anessi Pessina et al., 2008.
21 L’Ipsas 1 prevede per gli enti la possibilità di scegliere una classificazione dei costi per
natura oppure per destinazione. Alcuni autori (Anessi Pessina et al., 2008, p. 23) hanno ritenuto ammissibile attribuire finalità autorizzatoria ad entrambe le due tipologie di classificazioni “dettagliando la prima solo rispetto ad alcune classi di costo (es. trasferimenti passivi)
e mantenendo la seconda molto aggregata e comune a tutti gli enti, in modo sia da limitare
il ricorso a congetture, sia da consentire confronti spazio-temporali e permettere il consolidamento dei conti pubblici”.
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Azienda Pubblica 2.2010
L’applicazione degli IPSAS agli enti locali nell’ambito del New Public Management Approach
Esperienze innovative
• un rendiconto che, parallelamente a quanto previsto in sede di previsione, comprenda:
a) stato patrimoniale, conto economico e rendiconto finanziario.
La struttura di tali documenti deve essere la medesima di quella
prevista per i prospetti preventivi, al fine di garantire il confronto
dei dati contenuti. Nello specifico, si potrebbe far riferimento a
quella prevista dagli IPSAS 1 e 2, salvo alcuni adattamenti. Inoltre, si è sottolineata l’ampia liberta conferita a ciascun ente di
presentare un bilancio in base alle proprie esigenze e peculiarità,
attribuendo allo stesso il potere discrezionale di scegliere la struttura e l’ordine di esposizione delle voci contabili più consono.
Tuttavia, poiché i principi contabili internazionali in ambito pubblico
sono stati recepiti anche e soprattutto per promuovere la comparazione con altri enti aventi caratteristiche simili a livello nazionale ed
internazionale, tutta questa libertà potrebbe essere vista come un
ostacolo al processo di armonizzazione delle regole contabili e di
confrontabilità tra gli enti. A tale osservazione si potrebbe obiettare
evidenziando che la maggiore autonomia conferita agli enti dagli
IPSAS rappresenta il risultato della ricerca di un compromesso tra
l’obiettivo di armonizzazione (22) e la necessità di rispettare le peculiarità proprie di ogni realtà aziendale;
b) relazione sulla gestione, contenente informazioni di natura extra
contabile, prospetti, relazioni e indicatori, di natura anche qualitativa,
volti a fornire informazioni sul grado di realizzazione del piano strategico e sul livello di efficacia raggiunto dall’ente pubblico attraverso
l’espletamento della propria attività;
c) nota integrativa, contenente informazioni esplicative ed aggiuntive
rispetto a quelle che è possibile trarre dai documenti di bilancio;
d) prospetto delle variazioni di patrimonio netto e della destinazione
del risultato economico.
Infine, in merito ai criteri di valutazione di alcune poste di bilancio,
è doveroso sottolineare come l’ampia liberta conferita a ciascun ente di
scegliere i criteri di valutazione di alcuni elementi patrimoniali possa essere percepita come un freno al processo di armonizzazione delle regole
contabili e di comparabilità tra gli enti, potendo valutare alcuni elementi
di patrimonio utilizzando criteri nettamente diversi tra loro, che producono
risultati differenti e non sempre confrontabili. A tale osservazione si potrebbe
obiettare evidenziando che, nel caso di valutazione dei cespiti strumentali,
chi utilizza il criterio del cost model deve tuttavia indicare in nota integrativa
il fair value di tali beni e, pertanto, la comparabilità verrebbe assicurata
22 Obiettivo di armonizzazione che, per alcuni studiosi (Pozzoli, 2005a: pp. 64-66) deve
limitarsi a riguardare l’informativa esterna e non i processi contabili e di gestione dell’ente.
Quest’ultimo deve, infatti, essere libero di scegliere la contabilità ed i modelli di gestione che ritiene maggiormente idonei in base alle sue caratteristiche e al proprio stile di management.
Azienda Pubblica 2.2010
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Esperienze innovative
L’applicazione degli IPSAS agli enti locali nell’ambito del New Public Management Approach
dalla possibilità di ricavare tali informazioni nelle note esplicative.
La possibilità offerta dai principi contabili internazionali di procedere a
valutare alcuni elementi patrimoniali (quali i beni strumentali, gli investimenti
immobiliari, gli strumenti finanziari), adeguando il loro valore di iscrizione
al fair value, (23) permette di poter fare riferimento a dati correnti, utili per
prendere decisioni finanziarie: l’applicazione del criterio del fair value implica
infatti la valutazione di un reddito potenziale piuttosto che una configurazione
di reddito prodotto. Tuttavia, l’applicazione del fair value necessita a volte di
informazioni difficilmente reperibili e potrebbe conferire ai valori di bilancio
una certa “volatilità”, dovuta all’incertezza che può caratterizzare la loro
determinazione: infatti, la misurazione del fair value può essere effettuata,
nel caso in cui manchino i prezzi correnti presenti in un mercato attivo per
immobili in condizioni e localizzazione simili, facendo riferimento a metodi
basati sull’attualizzazione dei flussi finanziari futuri previsti sulla base di
stime attendibili (IPSAS 16, par. 48). L’adozione di tali metodi potrebbe
inoltre incontrare molteplici resistenze, dovute soprattutto ai notevoli costi che
comporterebbe per un ente locale, quali, ad esempio, i costi delle perizie
necessarie per valutare il fair value dei beni ed i costi dei consulenti incaricati
di determinare il valore attuale dei flussi finanziari futuri previsti sulla base
di stime attendibili. Tale impostazione è dovuta al fatto che gli IPSAS, che
ricalcano in buona sostanza quelli previsti per il settore privato, tendono a
privilegiare un’informazione rivolta all’investitore, quale stakeholder privilegiato, che, per prendere decisioni economiche, deve far riferimento più al fair
value dell’azienda e alle sue capacità reddituali potenziali che non al costo
storico della stessa e al reddito da essa prodotto in passato. Al riguardo nasce
spontaneo chiedersi, in primo luogo, se risulta corretto adottare un sistema
contabile che tende a privilegiare le esigenze informative dell’investitore o
finanziatore, tenuto conto che il New Public Management è caratterizzato
dall’adozione di una cultura orientata prioritariamente alla soddisfazione
dei bisogni dei cittadini (applicazione della customer satisfaction), visti come
i “clienti” dell’azienda pubblica; in secondo luogo, se in aziende quali gli
enti pubblici, dove molte entrate provengono dall’imposizione tributaria e
dall’ottenimento di trasferimenti da parte di altri enti, sia corretto ed opportuno
considerare un impianto contabile e un sistema di valutazione “pensato” per
il settore privato (Borgonovi, 2004). Fare riferimento al criterio del fair value
può comportare i seguenti svantaggi:
• elevata volatilità delle poste patrimoniali e del risultato di periodo;
• maggiori costi di implementazione, dovuti al fatto che il sistema contabile al fair value risulta più complesso rispetto a quello del costo;
• elevata soggettività, dovuta al fatto che il criterio del fair value implica,
ai fini della sua concreta determinazione, l’assunzione di maggiori
ipotesi, i cui valori potrebbero rivelarsi di difficile verificabilità.
23 In merito all’utilità e convenienza di applicare il criterio del fair value anziché quello del
costo storico ed al dibattito in ambito dottrinale che ne è scaturito, si veda: Pizzo, 2000.
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Azienda Pubblica 2.2010
L’applicazione degli IPSAS agli enti locali nell’ambito del New Public Management Approach
Esperienze innovative
Infine, in merito alla valutazione di alcuni beni, quali i beni di elevato
valore culturale, ambientale e storico e di un’ampia gamma di infrastrutture,
sussiste un’ampia letteratura sui problemi e le difficoltà connesse ad una
loro valutazione (si fa rinvio alla letteratura presente in Anessi Pessina et
al., 2008: p. 13). Ne deriva la necessità di inserire principi contabili che
tengano conto delle peculiarità del settore pubblico e non ancorati alla
realtà delle imprese.
5. Conclusioni
Alla luce di quanto evidenziato in merito alla possibilità di attribuire la funzione autorizzatoria a documenti preventivi a base economica e alla bassa
attendibilità assunta attualmente dall’informativa economico-patrimoniale,
a causa del mantenimento della contabilità finanziaria e della derivazione
extra contabile dei dati da inserire nel conto economico e nel conto del
patrimonio, si ritiene auspicabile adottare una contabilità economicopatrimoniale sia in sede previsionale che di rendicontazione, ed eliminare
quella finanziaria.
In merito al sistema di bilancio, in estrema sintesi, si potrebbe prospettare
un impianto contabile così costituito:
• un impianto di previsione che preveda: piano strategico, stato patrimoniale, conto economico e bilancio finanziario annuali e pluriennali, oltre ad una relazione previsionale e programmatica e ad una
relazione sulla gestione;
• un rendiconto che, parallelamente a quanto previsto in sede di previsione, comprenda: stato patrimoniale, conto economico e rendiconto
finanziario, relazione sulla gestione, nota integrativa e prospetto
delle variazioni di patrimonio netto e della destinazione del risultato
economico.
Si tratta pertanto di prevedere come obbligatoria anche in sede previsionale la redazione di prospetti di stato patrimoniale, conto economico e
bilancio finanziario uniformi a quelli utilizzati in sede di rendicontazione,
al fine di consentire di verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi
fissati in fase preventiva, di attuazione e realizzazione dei programmi,
il rispetto degli equilibri economici e finanziari ed i risultati socialmente
rilevanti conseguiti. Inoltre, poiché la comprensione di risultati di tipo sociale presuppone la conoscenza di informazioni qualitative e quantitative
non contenute nei prospetti che costituiscono il rendiconto, riveste un ruolo
fondamentale la relazione al rendiconto della gestione, che deve essere in
grado di delineare il grado di benessere sociale raggiunto (punti 32 e 33
dei principi contabili previsti dall’Osservatorio). In Nota integrativa o nella
relazione sulla gestione sarebbe auspicabile inserire informazioni obbligatorie o volontarie che vadano a completare quelle contenute nel Financial
Statement, con particolare riguardo alle peculiarità del settore pubblico. Si
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Esperienze innovative
L’applicazione degli IPSAS agli enti locali nell’ambito del New Public Management Approach
pensi, ad esempio, all’informativa relativa al giudizio sulla qualità dei servizi
erogati, al grado di soddisfazione dell’utenza e alla sostenibilità fiscale dei
programmi di governo (Christiaens, Rommel, 2008).
Si pensi, inoltre, all’utilità che può avere prevedere l’indicazione nella
relazione sulla gestione o in nota integrativa di indicatori di qualità, al fine
di misurare il grado di “customer satisfaction” raggiunto (Giusepponi, 1993:
p. 193; Bellandi, 1996; Mazzara, 2000: pp. 459-468)
Ad avvalorare tale affermazione contribuisce la resistenza culturale mostrata nei confronti dell’introduzione di nuove norme contabili ed il ritardo e
la lentezza con cui tende a diffondersi la cultura della valutazione dei risultati
dell’attività svolta in ambito pubblico (Rebora, 1999: p. 19; Bianchi, 2004:
pp. 173-176; Bergamin Barbato, 1997: p. 491), dovendo spesso scontrarsi,
come evidenziato da alcuni studiosi (Naschold, 1996: p. 69; Larbi, 1999:
p. 20; Pizzo, 2003; Anselmi, 2003: p. 56), con forti resistenze culturali e
tensioni all’interno della struttura organizzativa dell’azienda pubblica.
Per tale ragione, affinché la diffusione della cultura del merito e della
valutazione e, conseguentemente, l’introduzione di un “accrual accounting
and budgeting” possano rivelarsi veramente utili in ambito pubblico, è necessario che tali principi vengano accettati dall’intera struttura organizzativa
pubblica, anziché limitarsi ad una loro meccanicistica e passiva adozione,
obbligando gli enti ad abbandonare la contabilità finanziaria e ad adottare
strumenti contabili più costosi e complessi, rispetto al contenuto minimale,
ma anche più efficaci.
Ci si potrebbe chiedere se il sistema minimale possa continuare ad essere
ancora utilizzato negli enti di piccole dimensioni, (24) nei quali, secondo
alcuni studiosi, “non si giustifica di certo una sistematica attività di controllo
mensile o trimestrale (Bellesia, 2001: p. 16)”, obbligando invece gli enti
di maggiori dimensioni ad adottare un sistema contabile più complesso
che consenta l’acquisizione di dati economici in corso d’anno. Tuttavia,
tale soluzione porterebbe a una frammentazione dei sistemi di contabilità
e di budgeting esistenti all’interno del territorio italiano, comportando, conseguentemente, la disponibilità di informazioni economiche scarsamente
comparabili, oltre alla necessità di far riferimento continuamente alla contabilità finanziaria tradizionale anche a livello di governo centrale, e non
solo in certe unità organizzative.
Concludendo, si può sostenere che lo scenario futuro auspicabile pare
essere orientato ad un abbandono della contabilità finanziaria, a favore
di un sistema di “accrual accounting e budgeting”, nonostante ciò possa
richiedere tempo, considerate le resistenze culturali attualmente esistenti.
Inoltre, risulta fondamentale che l’introduzione di principi contabili internazionali avvenga con razionalità sulla base delle caratteristiche e peculiarità
24 I Comuni italiani sono per la maggior parte di piccole dimensioni. Infatti, dai dati demografici (Maurini, 2005) emerge come in Italia si vada da un estremo di 828 Comuni con una
popolazione inferiore a 500 abitanti, dall’altro estremo di 6 Comuni con una popolazione
superiore a 500mila abitanti.
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Azienda Pubblica 2.2010
L’applicazione degli IPSAS agli enti locali nell’ambito del New Public Management Approach
Esperienze innovative
specifiche dell’ambiente a cui sono destinati; (25) pertanto tali principi dovrebbero tenere in maggiore considerazione le specificità pubbliche e consentire di
introdurre un sistema contabile realmente capace di contribuire al miglioramento
della gestione sotto il profilo dell’efficienza, dell’efficacia e dell’economicità,
valutando con attenzione i benefici ed i costi derivanti dalla sua adozione.
Riferimenti bibliografici
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