Anarchist life con qualche perplessità
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Anarchist life con qualche perplessità
“AN ANARCHIST LIFE”. CON QUALCHE PERPLESSITA' Ho visto martedì scorso a Trieste il documentario sulla vita di Umberto Tommasini, “An anarchist Life” per la regia di Ivan Bormann e Fabio Toich, Devo dire che alcune cose non mi hanno convinto, nonostante la soddisfazione nel vedere trattati certi temi che ormai sono quasi spariti nella stampa e dai media. Penso possa essere interessante aprire un dibattito in merito, dibattito vecchio per certi versi, ma che forse è possibile trattare ora in modo nuovo perché sono uscite nuove fonti. Da un lato mi è parso che si sia insistito troppo forse sulle qualità della persona e meno sui problemi del suo tempo. Noi spettatori abbiamo capito che Tommasini “jera cussì bravo, jera cussì bon”, … Però non veniamo a sapere niente ad esempio sull'orientamento di Tommasini nel periodo degli scontri nazionali durante il governo Alleato fra 1945 e 1954, orientamento che poteva essere significativamente diverso da quelli noti di contrapposto nazionalismo. Ciò però che mi preme scrivere ora riguarda la figura di Vidali, che compare in diverse parti del documentario quasi come immagine in negativo di Tommasini. Attenzione, non sono un “comunista duro e pure” che deve difendere Vidali d'ufficio ecc. , mi dispiacerebbe sentire queste stupidaggini dal momento che non ho mai avuto tessere di partito in tasca e Vidali, uomo dal pessimo carattere, è riuscito a farsi malvolere da (quasi) tutti ed è pressoché sparito dalla memoria della sinistra italiana (se mai questa sinistra esiste ancora). Detto questo però dovremmo fare uno sforzo per cercare la verità e nel caso di Vidali, forse la ricerca della verità è stata sostituita dal “tiro al piccione” indiscriminato. Che Vidali risponda di ciò che ha fatto, come tutti, è giusto, ma ha davvero fatto tutto quello che gli è stato addebitato? . In realtà descrivere Vidali come onnipotente membro dei servizi sovietici, responsabile di alcuni dei maggiori crimini politici del Novecento mi pare un modo per sopravvalutare il personaggio. Vidali era certamente un agente dell'OMS, il Dipartimento Relazioni Internazionali ovvero i servizi segreti del Komintern e probabilmente della NKVD (non so se lo fosse in precedenza della GPU). Ma lo erano anche altri, ugualmente se non di più abili e spregiudicati, e il nostro – stando alle ricerche recenti - non era certamente in posizioni di primo piano nell'organigramma e nella gerarchia dei servizi. Dargli una importanza eccessiva mi pare frutto di provincialismo, triestino ed italiano. Non mi si dica per favore che è stato così abile da far sparire le sue tracce dalla scena di alcuni dei peggiori delitti politici dell'epoca, anche gli altri – di cui scriverò subito - erano abili, anzi bravissimi e spregiudicati, professionisti nel trattare i casi “coperti”, eppure hanno lasciato tracce e indizi. I casi più noti per cui son state supposte precise responsabilità di Vidali sono: Sparizione nell'estate 1937 in Spagna di Andrea Nin, dirigente del POUM, partito comunista dissidente critico verso lo stalinismo.. Questo episodio è stato studiato con molta cura negli ultimi tempi. Dagli archivi ex – sovietici sono emerse le responsabilità di alcuni funzionari, ovvero Orlov (Nikolsky, rappresentante legale dei servizi sovietici in Spagna), Juzik (ovvero Josip Grigolievich, lo “illegale” cioè il responsabile delle operazioni “coperte”), Kotov (Naum Leonid Eitington, ufficiale dei servizi), più alcuni altri come Bom (Erich Tacke, tedesco “illegale” come Grigolievich) e Viktor (Victor Nezhinsky, ex ufficiale francese) ed alcuni spagnoli. Come è noto, Orlov, agente abilissimo e pronto a qualsiasi trasformazione, è fuggito negli USA nel 1938, lo stesso anno Tacke è caduto in disgrazia negli ambienti dei servizi ed è stato fucilato. Eitington, che ha diretto anche le operazioni per l'uccisione di Trozky, è stato arrestato nel 1953 durante un ennesimo giro di “purghe”, Grigolievich (che pare sia stato protagonista di un tentativo fallito di uccidere Tito dopo il 1948) ha fatto carriera, in Italia era noto come scrittore di libri sull'America Latina, solo di recente il suo nome è stato “scoperto” dalla storiografia Certo, è pensabile che Vidali fosse al corrente di tutto, forse ha tentato di “mettere una pezza” una volta morto Nin – come ha suggerito il suo rivale Jesus Hernandez - ma non risulta aver partecipato all'operazione o averla organizzata. Le mie fonti sono il documentario Operaciò Nikolai realizzato da Dolors Genovés per la TV catalana nel 1992 e il libro recente di Boris Volodarsky, El caso Orlov, Barcellona, Critica, 2013. Uccisione di Trozky in Messico. Anche questo episodio è stato di recente studiato bene, ed anche qui sono emersi i nomi di alcuni dei responsabili dell'episodio precedente: Grigolievich e Naum Eitington,. Mentre la squadra guidata da Siqueiros partecipava al primo fallito tentativo di uccidere Trozky, pare che ad attenderla fuori in auto per consentirne la fuga c'era Grigolievich. Mentre Mercader piantava il piccone in testa a Trozky durante il secondo tentativo, ad attenderlo fuori c'era Eitington e la madre di Mercader, Caridad. Certo, dati i rapporti che legavano Vidali a Siqueiros, è pensabile che Vidali fosse al corrente del suo tentativo, ma non è ancora chiaro se vi abbia preso parte in qualche modo. Nel secondo, non risulta aver avuto alcun ruolo (fonte: il libro di Volodarsky citato prima. Ma anche Sudoplatov, Incarichi speciali. Memorie di una spia del KGB, Milano, Rizzoli 1994). Tutto ciò, ancora una volta, fino a prova contraria. Uccisione di Carlo Tresca a New York nel gennaio 1943. In questo caso è stato dimostrato senza ombra di dubbio che le prime intuizioni degli investigatori americani erano giuste, e Tresca è stato ucciso dalla mafia italo – americana, in particolare dalla famiglia di Vito Genovese che era stata protetta dal fascismo e che doveva dare qualcosa in cambio di questa protezione Per ultimo, ho moltissimi dubbi (ovviamente fino a quando non sia provata) anche sulle responsabilità di Vidali del nostro nell'arresto in URSS dell'ex direttore de “Il Lavoratore”, Luigi Calligaris “Siciliano” e nel suo successivo internamento e fucilazione nei campi di prigionia sovietici. Non è vero che Calligaris abbia espresso i suoi dubbi sul sistema sovietico a Vidali ed il giorno dopo sia stato arrestato. Ho l'impressione che Vidali, che era continuamente in viaggio per i suoi compiti “speciali”, partecipasse molto poco alla vita della comunità di italiani esuli a Mosca. E che l'iniziativa dell'arresto di Calligaris sia partita invece da quest'ultima, guidata, oltreché da Togliatti che però aveva molti altri compiti, da Antonio Roasio e da Paolo Robotti. Calligaris è stato espulso nel 1933 dal PC assieme ad altri sei compagni (tra cui l'udinese Ezio Biondini “Merini”) accusato di trozkismo, in un momento in cui, preoccupata dall'avvento del nazismo e dopo l'uccisione di Kirov, la dirigenza sovietica aveva avviato un'operazione a largo raggio di controllo dei gruppi di esuli stranieri, temendo fossero infiltrati da agenti nemici. Contro Calligaris ha fatto nel settembre 1933 una pubblica requisitoria non Vidali ma un comunista pordenonese, anch'egli presente in URSS in quel momento, un uomo travolto da una storia troppo grande che poi è stato abbastanza furbo da uscirne con uno stratagemma (Giorgio Fabre, Roma a Mosca, Bari, Dedalo 1990, p. 166 – 167). Anche il corsivo anonimo ma di penna dello stesso Mussolini su “Il Popolo d'Italia” sul “caso Calligaris” non ha certo giovato al diretto interessato, ed ha finito per alimentare ancora di più i sospetti di strane collusioni. Calligaris non è stato però arrestato in questa occasione, ma fra 1934 e 1935, (Vidali era già in Spagna) e fucilato qualche anno dopo. Certamente, Vidali ha avuto la responsabilità grave di non essere intervenuto per fare chiarezza su questi episodi, magari nel secondo dopoguerra quando non poteva più essere raggiunto da rappresaglie staliniste. Di non avere detto che Stalin poteva anche avere torto, ma anzi di essere stato stalinista sino all'ultimo, di non aver riconosciuto che Luigi Calligaris è stato uno dei migliori esponenti del movimento operaio della nostra regione. Nel caso dei comunisti deportati nei gulag sovietici, condivide questa responsabilità con molti altri. Gli errori e le reticenze di questa prima generazioni di comunisti, che a sua scusante ha in ogni modo l'avere vissuto esperienze terribili, sono innegabili. Ma questo non può autorizzare a critiche superficiali e a trascurare la ricerca della verità. Marco Puppini