AMICI DI SAn MArCellIno - Associazione San Marcellino

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AMICI DI SAn MArCellIno - Associazione San Marcellino
AMICI DI San Marcellino
212
anno lIII, numero 1
marzo 2016
Spedizione in abb. postale - Art. 2 comma 20/c legge 662/96 - Filiale di Genova
Associazione San Marcellino, via Al Ponte Calvi 2/4 16124 Genova, Tel: 0102470229
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Il volto della
Misericordia
p. Nicola Gay s.i.
Questo numero di Amici di S. Marcellino,
il primo dopo i festeggiamenti per i 70
anni, ci trova nel cuore del Giubileo della
Misericordia, vicini alla festa di Pasqua
che segna il passaggio dalla fatica
della quaresima all’impegno gioioso del
risorto. Questo momento ci invita così a
riflettere sulla parabola che è un punto
importante della “Misericordiae Vultus”
al n.9, quella del “servo spietato” (Mt. 18,
21-35). Costui, chiamato dal padrone a
restituire una grande somma, lo supplica
in ginocchio e il padrone gli condona il
debito. Ma subito dopo incontra un altro
servo come lui che gli era debitore di
pochi centesimi, il quale lo supplica in
ginocchio di avere pietà, ma lui si rifiuta
e lo fa imprigionare. Allora il padrone,
venuto a conoscenza del fatto, si adira
molto e richiamato quel servo gli dice:
Dai 70 anni
di San Marcellino
alla formazione
volontari
Gabriele Verrone
Festeggiare i 70 anni della nostra Associazione è stata per noi operatori un’occasione di rileggere la lunga storia di
un’organizzazione che negli anni è
cresciuta attraverso un attento sguardo
ai bisogni del territorio, evolvendosi nel
tempo grazie a coraggiose sperimentazioni e cercando di fare tesoro di
tutte le esperienze. Rivedere le ormai
antiche foto dei primi anni di vita, farsi
raccontare quella Genova dell’immediato dopoguerra che nessuno di noi
ha vissuto, ripercorrere momenti gioiosi
e faticosi fino ad arrivare all’oggi, ci ha
sollecitato a pensare e rileggere San
Marcellino con un suo percorso di vita,
simile a quello umano. E come spesso
accade, ricordare la nostra storia ci aiuta
a comprendere meglio chi siamo, con
uno sguardo certamente più affettuoso
sulle nostre fragilità. Da qui nasce l’idea
di condividere con i nostri volontari un
percorso di formazione con una prospettiva pedagogica, al fine di comprendere
Mt. 18, 31-33 (cf. 21-35)
Visto quello che accadeva, i suoi
compagni furono molto dispiaciuti e
andarono a riferire al loro padrone
tutto l’accaduto. Allora il padrone
fece chiamare quell’uomo e gli disse:
“Servo malvagio, io ti ho condonato
tutto quel debito perché tu mi hai
pregato. Non dovevi anche tu aver
pietà del tuo compagno, così come io
ho avuto pietà di te?”
«Non dovevi anche tu aver pietà del tuo
compagno, così come io ho avuto pietà
di te?» (Mt 18,33). E Gesù concluse:
«Così anche il Padre mio celeste farà
con voi se non perdonerete di cuore,
ciascuno al proprio fratello».
La parabola contiene un profondo insegnamento per ciascuno di noi. Gesù
afferma che la misericordia non è solo
l’agire del Padre, ma diventa il criterio
per capire chi sono i suoi veri figli.
Insomma, siamo chiamati a vivere di
misericordia, perché a noi per primi è
meglio le relazioni e i comportamenti
che facilmente si osservano nei nostri
servizi. Il primo incontro (condotto dalla
dott.ssa Giovanna Noto e intitolato
“Che bambino sarà stato?”) è andato
bene: ho avuto la sensazione che tutti
i presenti abbiano potuto riordinare le
proprie esperienze a San Marcellino (ma
non solo) dentro un contenitore ancora
più ampio, restituendoci altri punti di
vista e nuove competenze che, senza
dubbio, ci aiuteranno nei nostri incontri
quotidiani.
Enzo Motta si è spento giovedì 11
febbraio nella sua casa di Via Ravel.
Enzo, la sua compagna Mary e la loro
straordinaria storia interpretata in “La
bocca del lupo” del regista Pietro Marcello
sono stati per l’Associazione un momento
importante per poter comprendere e far
comprendere quanto la vita di Mary, di
Enzo e di ciascuno di noi, possa essere al
tempo stesso sofferenza e bellezza.
www.sanmarcellino.it
stata usata misericordia.
Così cosa sembra allora mancare al
“servo spietato”? La capacità di riflettere su quanto vissuto, di prendere
coscienza della pietà-misericordia che
gli era stata donata e di riconoscere che
tale dono aveva reso più bella la propria
vita, che un simile atteggiamento può
rendere più bello tutto il nostro vivere ed
è quindi un atteggiamento da cercare di
vivere.
Come potete leggere negli articoli
qui a lato lo stile di San Marcellino, in
forza della pedagogia di S. Ignazio,
invita proprio a riflettere sull’esperienza
che si fa. In questo modo aiuta chi fa
volontariato – come pure chi è accolto
e chi ci lavora – a prendere consapevolezza di quanto vive e gli accade, di
quanta fragilità e quanta accoglienza e
misericordia è presente nel mondo e
in noi stessi e così a percepire l’invito
a mettere in atto a propria volta nel
concreto della vita uno stile sempre più
accogliente e misericordioso verso sé e
verso gli altri.
La mia esperienza
fra Treccia e
San Marcellino
Sofia Canepa Bava
La formazione che San Marcellino offre
a tutti i suoi volontari ha un suo criterio
ben preciso, però ricordo bene d’averlo
capito solo cammin facendo. Dopo un
breve colloquio informativo, prima c’è
il tuffo nell’esperienza viva, e poi c’è
la formazione, che l’accompagna e
integra passo passo. Questo vuol dire
che nelle mie prime notti alla Treccia non
capivo bene chi io fossi in quel ruolo, né
a cosa servissi: io non lo sapevo, ma la
mia formazione era già iniziata, perché
così è previsto che incominci. Nessuno
ti massacra di lezioni teoriche ben
lontane dalla realtà, per poi abbandonarti quando “ti fai le ossa”. La formazione inizia direttamente “sul campo”,
e prosegue intrecciandosi con varie
proposte. Mai è stata ripetitiva, perché il
suo stile è conformarsi ai tempi, ai ritmi
Fondazione San Marcellino
c.f. 95025370107
che cambiano e all’ascolto reciproco.
Ho sempre apprezzato molto l’offerta
formativa di San Marcellino, soprattutto da quando ho capito che “l’idea
geniale” di S. Ignazio è ruotare intorno
alla relazione e dunque considerare tutti
gli aspetti della nostra vita, partendo
però dal bene dei nostri ospiti, con il
loro percorso di recupero di fiducia
in sé stessi, di dignità piena e poi di
autonomia. È un cammino comune,
perché le relazioni che si vengono a
creare sono anche ricerca di senso, sia
nostra che loro. Se molti di noi vivono
una vita più che decorosa di merito ce
n’è poco, è il privilegio che fa la differenza.
A volte ripenso ai tanti volti della Treccia,
alle loro storie, all’affetto che ne è nato,
alle serate serene e a quelle buie.
Capitano momenti in cui tutto fila senza
attriti. Ma a volte succede che siamo
matasse aggrovigliate, dei garbugli
senza capo né coda. Eppure il bandolo
è proprio lì fra noi, sta nella ricchezza
di un silenzio, ma da vicino. Basta un
gesto, un sorriso. Oppure la sorgente
di poche parole. O uno “sciuppun de
futta”, ma di quelli sani.
La formazione di San Marcellino non si
limita agli incontri di struttura o a quelli
pensati per conoscere e confrontare i
vari settori di intervento, ma si allarga
anche a gite, occasioni pubbliche, laboratori condivisi, riflessioni sulla Parola,
feste, la Messa della domenica, la collaborazione con altre realtà... sono molto
grata a questa pluralità di offerte, perché
mi sono resa conto che, per allevarmi
come volontaria, serviva anche mettere
in gioco tutte le sfaccettature della mia
vita. La formazione è andata a scovarmi
là dove mi nascondevo, e a stanarmi
in tutte le mie relazioni e scelte. Sì,
sono volontaria, ma anche cittadina e
cristiana, e poi figlia, sorella, moglie,
Mamma, amica, ma prima di tutto sono
persona. Come tutti sono un mondo
di emotività da valutare, organizzare e
ordinare con l’aiuto dell’intelligenza del
cuore. È un gran lavoro, e il bello è che
non finirà mai, ma è con la Treccia e con
la formazione che è iniziato e proseguirà
in compagnia di tutti, ospiti, volontari,
operatori e con i nostri Gesuiti.
Cosa mi lascia la formazione dopo tanti
anni di incontri? Resta una bussola
di pensieri che mi orientano, e mi
motivano. Lo spazio è poco, ne cito
solo alcuni, per il “chi, come e quando”
ci sarà modo a voce: “La mano che dà
sta sempre sopra a quella che riceve.
Ma in questa relazione, bisogna saper
dare nella convinzione onesta d’aver
tutto da imparare da chi, se ce la fa,
può solo chiedere”. “Voi volontari, con
tutte le vostre differenze, e coi vostri
modi così diversi di intendere le regole,
voi siete la bratta che i nostri ospiti
stanno re-imparando ad accettare”.
“Fede e giustizia: tutto quello che si
fa per fede, porta alla giustizia. E tutto
ciò che promuove giustizia, è un passo
verso la fede”.
La mostra “Oltre l’Obiettivo” ha
concluso i festeggiamenti per i 70 anni
di san Marcellino tornando lì dove tutto è
cominciato, nella nostra piccola chiesa.
L’intento è stato proporre un racconto
a più voci: foto di oggi e foto d’epoca,
articoli del giornalino, poesie di ieri e
di oggi scritte dagli ospiti, volti di ogni
epoca che coinvolgono il visitatore in un
percorso storico e di senso per riflettere
su cosa significhi farsi prossimo, aiutare,
essere in relazione, fare lavoro sociale e
cultura del cambiamento.
Un volontario
nel tempo
Michele Carini
Poco più che ventenne ricevo una
delusione dalla attività di volontariato che
svolgo. È l’ora di cambiare. Tanti amici
già mi avevano parlato di San Marcellino.
Perché no? Ancora sbarbatello, inizio a
svolgere servizio al dormitorio L’Angolo.
Da un porta che si chiude si apre un
portone.
Pur essendo una volta al mese la notte
da passare con gli ospiti, inizia per me
un’esperienza davvero importante. Il
confrontarmi con un mondo che va aldilà
del quartiere protetto in cui sono cresciuto
mi fa riflettere e mi si spalanca un po’ il
mondo.
Ricordo la mia inadeguatezza iniziale
nell’approccio con le persone, qualche
gaffe ma anche tante risate condite da
partite a carte disastrose (detesto contare
le carte!). Seppur addormentato, dopo le
notti passate all’Angolo, torno sempre a
casa un po’ più consapevole dei privilegi e
fortune che ho avuto. Il mondo è in effetti
diverso dalla mia vita tranquilla e routinaria.
Nel 1999 ho la possibilità di svolgere il
Servizio Civile presso San Marcellino. È
davvero un’opportunità che colgo. Dieci
mesi spesi bene in compagnia di persone
che mi hanno fatto crescere. Le attività
sono fra le più varie, con il ricordo vivo di
giornate vissute intensamente in mezzo
alla gente. In quei mesi è stato impossibile lasciarsi vivere, rimanere indifferenti. È
stato un continuo mettersi in movimento.
Una ricerca che forse in questo momento
della mia vita mi manca un po’, forse
troppo legato alla vita casa-ufficio.
Forse schermato da un uso del pc che
nasconde e filtra il modo di relazionarsi, o
quantomeno il tentativo di relazionarsi.
Sembreranno frasi fatte, ma penso
davvero di aver ricevuto tanto dall’esperienza con San Marcellino. Seppur con
qualche periodo di pausa, sono rimasto
sempre in contatto con l’Associazione. Le
persone con cui ho legato sono diverse,
e anche in questo periodo dove manco al
Ponte da un po’ di tempo mantengo nel
cuore le relazioni.
I ricordi sono mille, non importa elencarli,
ma grazie a San Marcellino ho capito il
valore da dare alle parole che si dicono,
ai silenzi che si mantengono, agli sguardi
che si tendono. Ho compreso l’importanza della centralità della persona,
ognuna con le proprie sensibilità, paure,
entusiasmi. Ho scoperto che dietro al
carattere di una persona c’è sempre una
storia che condiziona l’atteggiamento. Ho
imparato a cercare di essere adeguato
in situazioni scomode e a relazionarmi
in maniera genuina. È maturata in me la
convinzione che insieme è più facile, che
grazie alle importanti relazioni/amicizie si
può fare la strada più sereni, che grazie
all’accoglienza ci si sente a casa.
Il passo duro da fare è però mettersi in
relazione: mettersi a nudo nei momenti di
difficoltà. Anche per me è difficile chiamare
un amico quando sono sconfortato; è
sempre difficile chiedere aiuto, riconoscere di essere in difficoltà, avere l’umiltà di
riconoscere le proprie debolezze. Specialmente il periodo del Servizio Civile è stato
per me una palestra di vita e ancora oggi,
all’alba dei quaranta anni, imparo sempre
qualche cosa nel confrontarmi con chi mi
sta intorno.
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Autorizzazione Tribunale di Genova n. 599 del 4-12-1976