Meno tasse e voltare pagina a Nordest

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Meno tasse e voltare pagina a Nordest
Meno tasse e voltare pagina a Nordest
Martedì 04 Marzo 2008 16:05
Ai sindacati: è un suicidio contrapporre i lavoratori dipendenti a quelli autonomi
PADOVA. Riforma del fisco, nuova legge elettorale maggioritaria e un drastico taglio ai costi
della politica. E’ questa la ricetta shock che Walter Veltroni ha proposto al Veneto che ribolle
contro gli studi di settore e scalpita per il federalismo fiscale. Il leader del Partito democratico
arriva alle 19,40 al Pedrocchi accompagnato da Flavio Zanonato, sindaco di Padova, e da
Massimo Carraro, leader dell’Ulivo che ha sfidato Galan.
Ad attenderlo i big dei Ds e della Margherita, ma soprattutto i leader della rivolta antitasse in
Veneto. Mario Carraro la butta subito là: le grandi industrie pagano fino all’ultimo euro, per noi
l’evasione è pari a zero. Ma il Veneto della fabbrica diffusa e del capitalismo di massa non è
Torino con la Fiat. Qui gli artigiani e i commercianti sono scesi in piazza a Treviso; qui
Fernando Zilio ha raccolto 15 mila firme anti-tasse per la revisione degli studi di settore e lunedì
le consegnerà al ministro Bersani. E Veltroni prima parla con gli imprenditori, poi ascolta i
segretari di Cgil Cisl e Uil cui lancia un messaggio nuovo. «Cari amici del sindacato, non
infilatevi anche voi nella contesa tra lavoro dipendente e lavoro autonomo perché sarà il suicidio
della sinistra. Va superata l’idea del conflitto tra categorie produttive con nuove regole, che
fissino criteri condivisi di equità. La pressione fiscale è alta e nel mio discorso a Torino ho
parlato della necessità di un nuovo patto che obbedendo al principio costituzionale della
progressività giunga al risultato di pagare meno e pagare tutti. L’obiettivo è molto concreto: man
mano che lo Stato abbassa le aliquote e semplifica gli adempimenti, il contribuente accresce il
livello di fedeltà della sua dichiarazione, creando un più forte clima di condanna dell’evasione».
Ilario Simonaggio, Giovanni Faverin e Nello Cum seduti al fianco di Francesco Peghin, leader
degli industriali e del rettore Vincenzo Milanesi, tentano di rilanciare sulle pensioni: «Dopo 35
anni di lavoro in fonderia si deve andare in pensione», dice il segretario della Cgil. Ci sarà
tempo, a settembre, per approfondire i temi del nuovo welfare con una pressione fiscale più
bassa: ieri sera, Veltroni ha lanciato però un segnale chiaro al Nordest: la società è cambiata,
non c’è solo il lavoro dipendente. Ci solo grandi ingiustizie da abolire, a partire dal regime
fiscale che premia le miliardarie stock option dei manager e umilia i dipendenti con ritenute alla
fonte inaccettabili. Ma, dopo Torino, anche ieri sera, Walter Veltroni ha voluto ribadire che la
«lotta non riguarda la ricchezza, ma la povertà», tanto per citare Olof Palme. Un concetto che
nel Nordest è regola di vita. E prima del faccia a faccia con Simonaggio-Faverin e Cum, il
leader del Pd si è seduto al tavolo con Mario Carraro, Francesco Peghin, Fernando Zilio, Nicola
Rossi e Sergio Gelain. Tema: la pressione fiscale troppo alta, che ammazza le imprese. E’ Zilio
a recitare la parte del mattatore: «Ho l’impressione che il Veneto e il Nord siano delle vacche da
mungere, con i soldi delle nostre tasse che finiscono al Sud», dice il presidente dell’Ascom:
Visco dice che in Italia l’evasione fiscale raggiunge i 100 milioni di euro, ma si dimentica di
colpire le vendite abusive e ci fa chiudere bottega se per errore ci dimentichiamo di emettere lo
scontrino. Le tasse noi le paghiamo. Mario Carraro scuote la testa perplesso, mentre Francesco
Peghin incalza: «Credo che l’impresa non possa sopportare un carico fiscale ancora più
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pesante, l’anno prossimo avremo il record in Europa. Sergio Gelain, invece, introduce il tema
del federalismo fiscale. Veltroni ascolta. Non riesce ad assaggiare la mozzarella, beve un sorso
d’acqua minerale e poi spiega la sua ricetta per cambiare l’Italia, per farla diventare un Paese
moderno. E’ vero. Le tasse sono troppo alte, ma il problema è più complesso. Va snellita tutta la
macchina burocratica. In queste giorni, spiega il sindaco di Roma, la politica si è messa in moto:
gli studi di settore verranno rivisti, il governo ha presentato il progetto per il federalismo fiscale e
la riforma della politica, i cui costi sono insostenibili. I tagli del 10% del numero degli eletti nelle
istituzioni avrà un grande effetto. Ora sul tappeto c’è il Dpef con la riforma delle pensioni.
Gli imprenditori ascoltano. Veltroni è rassicurante. E insegue un sogno: cambiare la legge
elettorale e introdurre il maggioritario seguendo il modello dei sindaci. «Cerchiamo di voltare
pagina, prima di fare la guerra che se si é fatta per 12 anni, dove tutti erano contro qualcun
altro. Mettiamoci attorno ad un tavolo - ha sottolineato - e definiamo la legge elettorale. Poi
ognuno sarà sicuro che se vince avrà uno schieramento coeso che governa». «Adesso gli
schieramenti - ha precisato Veltroni - sono inevitabilmente fatti per sconfiggere l’avversario e
non per governare il Paese. Perché la legge elettorale attuale é fatta per questo. Io ci sono
stato a Palazzo Chigi e vi giuro che i tempi delle decisioni sono infiniti perché il sistema è
sbagliato: «Se noi introducessimo il fatto che il governo può mandare un ddl in Parlamento e
quest’ultimo in un mese può approvarlo o respingerlo; o se si facesse la Finanziaria senza
andare in aula ma con un dibattito in commissione e poi in aula la si approva o la si respinge,
introdurremmo degli elementi di velocizzazione che oggi non ci sono». Già Palazzo Chigi:
quando ci tornerà Veltroni?
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