Negli ultimi ani maggiore attenzione viene posta nel
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Negli ultimi ani maggiore attenzione viene posta nel
1^ Congresso Internazionale Valenze psicopedagogiche del gioco nell’approccio al disabile in età evolutiva Luisa DiGiorgio Bambini e bambine fanno giochi diversi. In che modo l’identità di genere influisce nel differenziare il gioco? Passando in rassegna i fattori culturali, sociali e psicologici che contribuiscono alla differenziazione dell’identità di genere, non si possono tralasciare gli aspetti relativi al ruolo genitoriale e al gruppo dei pari. I genitori contribuiscono alla differenziazione del genere sessuale attraverso i comportamenti agiti durante l’attività ludica, proponendo o favorendo giochi diversi in base al sesso del bambino con cui interagiscono e modificando il loro comportamento a seconda che si tratti di un bambino o di una bambina. Al mantenimento e al rinforzo del ruolo di genere contribuisce notevolmente anche il gruppo dei pari: dall’età di 3 anni circa bambini e bambine si comportano in modo appropriato al loro genere e mettono in atto con i compagni di gioco le modalità comportamentali apprese in famiglia. Il gruppo dei pari tende a rinforzare i comportamenti conformi allo stereotipo e a disapprovare quelli contrari; entrambi i sessi giocano meno con giocattoli ritenuti del sesso opposto quando sono in compagnia di coetanei dello stesso sesso. L’’influenza dei compagni di gioco varia in relazione all’età. I bambini più piccoli, in misura maggiore delle coetanee, mostrano una maggiore aderenza agli stereotipi del proprio genere sessuale rispetto ai bambini più grandi. Questi ultimi, manifestano una maggiore flessibilità come se volessero dimostrare di esser “più grandi” e quindi meno sensibili agli stereotipi proposti. Il “processing model” dello schema di genere diventa più flessibile con l’aumentare dell’età. Per quanto riguarda i bambini disabili, si tende a credere che, spesso, insistendo, possano superare i propri problemi o migliorare le loro difficoltà anche da soli: è dimostrato, invece, che non possiedono quest’ autonomia e che, anzi, tendono a peggiorare se non adeguatamente assistiti perché, in linea di massima, non riescono ad usufruire “Dalla gestione clinica e genetica alla gestione familiare dei bambini affetti” Reggio Emilia, 13-14 Ottobre 2006 1^ Congresso Internazionale positivamente delle occasioni educative che le proposizioni di gioco dovrebbero stimolare. In parte, ciò può essere il frutto della propensione dell’adulto propositore ad affidarsi a strategie psicopedagogiche basate sull’ottenimento di risposte positive oppure sulla soppressione dello stimolo specifico in concomitanza con l’aumento della frequenza e/o dell’intensità delle risposte “non adeguate”. Una seconda componente può essere riferita alle interazioni sociali, che possono diventare coercitive per il disabile: l’incapacità di adeguarsi alle prestazioni richieste dal gioco, causa l’esclusione oppure una accettazione come presenza non attiva, con effetti comunque devastanti sulla disponibilità all’apprendimento da parte del disabile. Perché stimolazioni psicopedagogiche mediate dal gioco possano avere successo devono essere riferite ad entrambe le componenti. Nome Luisa Cognome DiGiorgio Azienda/Istituto di appartenenza Libero professionista Indirizzo Via G. Gentilin n. 30 CAP 37132 Verona e-mail [email protected] “Dalla gestione clinica e genetica alla gestione familiare dei bambini affetti” Reggio Emilia, 13-14 Ottobre 2006