Le incisioni rupestri di Carona

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Le incisioni rupestri di Carona
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L’ECO DI BERGAMO
MERCOLEDÌ 7 AGOSTO 2013
L’inchiesta
Le storie dimenticate
Il mistero delle incisioni rupestri
a quota duemila sopra Carona
Trovate scritte in camuno e nord etrusco. Il pascolo dell’Armentarga era un luogo sacro ai Celti
I graffiti più antichi risalgono a cinquecento anni prima di Cristo. Ritrovate anche monete votive
DI PAOLO ARESI
E
rano pastori, erano
cacciatori,
forse
mercanti, forse soldati. Salivano quassù
e pregavano. Cinquecento anni prima di Cristo.
Qualcuno di loro incideva un
disegno, un graffito sulla pietra.
Quassù, sui pascoli dell’Armentarga, fra i 2.100 e i 2.400 metri
di quota, sopra Carona, sopra il
Rifugio Longo, appena oltre il
Passo della Selletta.
La notizia delle incisioni rupestri in Alta Val Brembana venne resa pubblica nell’estate del
2007. Da allora le ricerche sono
proseguite. Dice l’archeologa
Stefania Casini: «Le segnalazioni sono arrivate nel 2005 da appassionati escursionisti della
Val Brembana da Francesco
Dordoni e da Felice Riceputi,
esperto di storia locale. Andammo a verificare, rintracciammo
un grande masso con numerosi graffiti, fra i quali due scritte
estese in quello che ci rendemmo conto era l’alfabeto nord
etrusco. Affidammo le scritte a
un esperto, il professor Filippo
Motta, docente di linguistica alla Normale di Pisa. Motta ci
raggiunse quassù per rendersi
conto di quanto avevamo trovato».
Per arrivare ci si incammina a
Carona, si tocca il rifugio Longo, poi si sale al lago del Diavolo, sotto la piramide nera del
Monte Aga. Da qui si prende un
sentiero impervio che porta al
Passo della Selletta: dal passo lo
sguardo spazia sui pascoli alti
dell’Armentarga, accessibili soltanto nella bella stagione, un
anfiteatro dominato dal Diavolo, Grabiasca, Poris, vette che
sfiorano i tremila metri. È un
luogo di grande suggestione,
dominano il verde del pascolo,
il nero delle grandi vette, l’azzurro del cielo. C’è un senso di
sacro in questo posto. Lo stesso
senso religioso che forse hanno
respirato quegli uomini che
due-tremila anni fa si spingevano quassù.
Il primo masso con una scritta
si trova appena oltre il passo, un
masso bianco, liscio come una
lavagna. Si leggono diverse frasi, non particolarmente antiche. «Tra gli elementi interessanti se ne segnala uno particolare: le scritte e i segni partono
da diversi secoli prima di Cristo
e arrivano praticamente ai nostri giorni», racconta Stefania
Casini. Tra le prime scritte che
s’incontrano c’è questa: «Vincenzo Bigoni di Ludrigno, 24
agosto 1742». Sullo stesso mas-
Carona
Il pascolo dell’Armentarga, sopra Carona, dove sono state ritrovate incisioni rupestri. Sotto: graffiti in alfabeto nord etrusco e due figure umane
so si notano disegni geometrici, stelle, nodi di Salomone, stelle a cinque punte. Simboli magici in un posto che è magico,
dominato dall’azzurro, con le
torbiere e i piumini bianchi come fiocchi di neve, qui attorno.
«All’inizio trovammo due scritte che si facevano risalire al II e
III secolo avanti Cristo – spiega Stefania Casini –. Ne abbiamo scoperte molte altre, adesso siamo a quaranta scritte che
risalgono all’età del ferro, scritte in nord etrusco e anche precedenti, in alfabeto camuno.
Abbiamo appurato che in questa zona sono passati i Camuni
e successivamente i Celti prima
che arrivassero i Romani. Non
riusciamo a tradurre il camuno
perché non possedevano una
lingua indoeuropea, probabilmente erano popolazioni autoctone. Le scritte dei Celti riusciamo invece a interpretarle:
abbiamo trovato diversi nomi
propri come Ilus, Busos, "Ateriola figlio di Niako", e abbiamo
pensato che nei paesi di questa
zona è in effetti molto diffuso il
cognome Arioli, forse esiste un
nesso. Ma le ricerche che abbiamo effettuato con i carotaggi a
cura del Cnr hanno messo in
evidenza come questa zona fu
frequentata dagli uomini già
dall’età del rame, ovvero circa il
2.800 avanti Cristo. Arriviamo
più o meno al periodo di Oetzi,
il cacciatore che venne rintracciato mummificato al ghiacciaio di Similaun e che ora si
trova nel museo di Bolzano».
I massi con i graffiti sono diverse decine in un’area di diverse
centinaia di metri quadrati. Tra
le rocce la più interessante è
quella con la scritta in alfabeto
Camuno. In quella zona gli archeologi hanno effettuato degli
scavi e hanno scoperto dei chio-
Nella prossima puntata dell’inchiesta «Le storie dimenticate» parleremo del castello ghibellino di Albino, il «castrum beluardi» che era
situato sull’altura oltre il ponte sul
fiume Serio, dove sorge la chiesetta di San Rocco. L’edificio, testimone di episodi cruciali delle lotte fra
Guelfi e Ghibellini e luogo di quarantena degli appestati durante le
epidemie, oggi non esiste più: le sue
vicende finiscono nel mistero, dato che non compare nell’elenco dei
fortilizi redatto per il Senato veneziano nel marzo 1428. Il castello
«beluardi», che ricordava alla gen-
te momenti tristi della storia locale, probabilmente fu demolito, ma
è rimasto il toponimo Bellaguarda.
Avete anche voi storie del vostro
paese o luoghi dimenticati da segnalarci? Potete scrivere alla nostra redazione all’indirizzo e-mail
[email protected].
La prossima puntata
A
Il castello
scomparso
di Albino
A
di in ferro di periodo romano,
un «aes rude», sorta di pre-moneta in metallo, e una fibula in
bronzo datata attorno al V secolo a. C., in sintonia con il tipo
di disegno trovato sul masso,
che riporta alla cultura druidica: una piccola figura di offerente e la scena con un personaggio con cappello a larghe falde, lunga tunica e cintura romboidale, circondato da due o tre
lupi a fauci aperte.
Questo elemento, insieme alle
scritte ritrovate, fa pensare che
nella zona si celebrasse il culto
al dio celtico Pennino, divinità
dei passi e delle vette. Ma perché qui? Che cosa custodivano
questi luoghi, al di là dei pascoli estivi? A questi interrogativi
risponde Stefania Casini: «La
scoperta di iscrizioni di Camuni e Celti avvalora l’importanza
del passo di Valsecca, a poca distanza da questi luoghi, nell’ambito dei percorsi montani d’alta quota. Le iscrizioni rinvenute, i riferimenti al dio Pennino
in alfabeto nord-etrusco, alcuni pezzi di metallo che possono
venire considerati come premonete probabilmente lasciati
in senso votivo sul luogo, sono
tutti elementi che fanno pensare a questa zona, e in particolare al più grande dei massi incisi nella Val Camisana, come a
un santuario, una zona sacra
frequentata da pastori e cacciatori e forse anche percorsa da
commerci. Era questa la via che
metteva in comunicazione Val
Seriana e Val Brembana, una
via secondaria, ma molto frequentata».
Cacciatori, pastori, commercianti: nelle valli bergamasche
del V secolo a. C. si camminava,
si viaggiava, si comunicava. E si
pregava. Si chiedeva al dio Pennino di concedere un viaggio sicuro e sereno, al riparo dai fulmini, dalle frane, dai lupi, dagli
orsi. ■
5. Continua
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