Il primo approccio dei bambini con la lingua scritta

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Il primo approccio dei bambini con la lingua scritta
Il primo approccio dei bambini con la lingua scritta: preoccupazioni adulte
ed esperienze dei bambini
Franca Rossi
Università “Sapienza” Roma
Gli anni di frequenza della Scuola dell’Infanzia rappresentano per i
bambini il primo contesto educativo formale nel quale l’autonoma elaborazione
di conoscenze sulla lingua scritta e orale trova uno spazio pensato ed
organizzato per tale scopo, trova un gruppo di pari che permette di continuare
la costruzione di conoscenze iniziata fuori della scuola, trova infine un
insegnante che si fa carico della responsabilità di garantire al bambino la
possibilità di pensare sulla lingua orale e scritta.
Per quanto riguarda l’oralità è frequente osservare come i bambini, già
a partire dall’inizio della Scuola dell’Infanzia, abbiano imparato ad utilizzare
la comunicazione orale per svolgere funzioni comunicative diverse, per
esempio segnalare propri bisogni e necessità, condividere emozioni ed affetti
con interlocutori per lui significativi, agire sul mondo (riconoscere/classificare,
attribuire funzioni e significati/entrare in relazione/porre distanza). Al loro
ingresso a scuola i bambini, quindi, hanno già imparato, grazie all'interazione
con gli adulti, come fare delle cose con le parole come ha ben spiegato Austin nel
suo lavoro del ’97.
Parallelamente a ciò
è frequente osservare l’eterogeneità che
caratterizza i percorsi di sviluppo individuale. Gruppi sezione, omogenei per
età, si caratterizzano infatti per forti differenze individuali che richiamano la
nostra attenzione e spesso attivano la preoccupazione di insegnanti e genitori.
Le differenze riguardano in generale la capacità di utilizzare il linguaggio per
realizzare atti comunicativi e, nella maggior parte dei casi, non rappresentano
“ritardi” e o “anticipi” nello sviluppo linguistico. Le differenze che catturano
l’attenzione degli adulti vanno interpretate in relazione al procedere non
lineare, a volte discontinuo del normale sviluppo individuale.
I bambini utilizzano forme linguistiche che possono essere più o meno
convenzionali, più o meno adatte all’interlocutore e alla situazione tuttavia i
messaggi riescono a realizzare quella che era l'intenzione comunicativa del
bambino perché tali forme incontrano un adulto che nella relazione con il
bambino si fa carico della comprensione del messaggio stesso.
Le differenze vanno quindi interpretate e comprese in relazione al
contesto. E’ il contesto che fa la differenza, il contesto socioculturale di
provenienza dei bambini, ma anche il contesto educativo e le esperienze
possibili o non possibili al suo interno.
Che riflessioni possiamo fare a riguardo rispetto alla Lingua Scritta?
Propongo di indirizzare la nostra attenzione su tre ambiti nei quali le
differenze tra bambini sono precocemente evidenti: le scritte spontanee, la
familiarità con le pratiche di scrittura e la familiarità con le pratiche di
lettura.
Le scritte spontanee. Sappiamo che il contatto visivo con i segni scritti è
per i bambini un contatto non solo percettivo, ma anche cognitivo e
numerosi contributi di ricerca (Ferreiro, Pontecorvo, Teberosky, Pascucci)
hanno evidenziato che il bambino quando vede i segni scritti e/o vede gli
adulti utilizzare i segni scritti si pone una serie di interrogativi; si chiede
per esempio: a che cosa servono? Che cosa ci fanno gli adulti? Perché quando gli
adulti guardano questi segni a volte raccontano, a volte semplicemente parlano, a
volte contano, a volte cantano? La consapevolezza della curiosità dei bambini
permette agli insegnanti di costruire contesti didattici sempre più attenti ed
efficaci. Mi riferisco, per esempio, all’attenzione che gli insegnanti hanno
verso le scritte spontanee dei bambini basata sulla consapevolezza adulta
che le scritte spontanee dei bambini non sono casuali, bensì il prodotto di
ipotesi di scrittura ben precise. Per alcuni bambini, infatti, si scrive la
quantità di sillabe (cfr.fig 2), per altri si scrive la quantità di fonemi, per
altri ancora non si scrivono i suoni della parola bensì la/le caratteristica/che
del referente della parola (cfr.fig.1), nel caso della parola RE vanno scritte
molto lettere perchè il RE “è importante”.
Fig.1 Scritture di Sara (5 anni)
fig.2 Scritture di Silvia (5 anni)
Ma perchè già a tre-quattro anni sono così evidenti le differenze nelle
scritture spontanee dei bambini?
Anche in questo caso le differenze che possiamo cogliere nelle produzioni
scritte dei bambini più che essere fonte di preoccupazione rispetto
all’assenza dei prerequisiti di natura neurofisiologici devono indirizzare la
nostra attenzione verso le condizioni che hanno originato tali differenze.
Una prima condizione ha a che fare con la possibilità che il bambino
ha avuto di fare domande e di ottenere un qualche tipo di risposta dagli
adulti. E’ evidente che si tratta di spostare l’attenzione dal bambino alle
esperienze, alle relazioni che ha avuto modo di sperimentare nel contesto
extrascolastico. Nel caso specifico è utile chiedersi se i bambini hanno
avuto la possibilità di tracciare segni con intenzionalità, se hanno avuto la
possibilità di sperimentare le loro ipotesi circa la relazione tra i segni scritti
e la funzione che la scrittura deve assolvere. I contesti familiari a tale
proposito hanno offerto opportunità diverse che la scuola può, a seconda
dei casi continuare, sollecitare, differenziare.
Inoltre essendo consapevoli del fatto che i bambini imparano non
solo imitando, ma soprattutto costruendo, allora dal confronto tra pari può
derivare un grande aiuto ai processi di costruzione del codice alfabetico.
Per questo motivo è utile proporre ai bambini situazioni di confronto e
discussione in piccolo gruppo per analizzare le scritte che hanno prodotto,
è utile sollecitarli a osservare le differenze tra le scritte, a formulare ipotesi,
a spiegare. Spesso è sorprendente vedere come in un breve lasso di tempo i
bambini elaborino ipotesi sempre più articolate, vicine a quelle adulte e
come l’elaborazione concettuale si trasferisca nelle scritte spontanee.
A livello adulto osservare le interazioni tra bambini che discutono
sulle scritte spontanee ci fa apparire più chiaro quanto sia complesso, dal
punto di vista dei bambini, comprendere la relazione che c’è tra le lettere
scritte e le azioni sulle lettere.
Ulteriore attenzione va dedicata alle esperienze del bambino con le pratiche
di scrittura. Verifichiamo se il bambino ha avuto la possibilità di vedere e/o
partecipare ad atti sociali nei quali la lettura e la scrittura erano utilizzati in
modo significativo dai partecipanti. Possiamo chiedergli per esempio di
disegnare qualcuno che ha visto scrivere. Ragioniamo sulla varietà delle
situazioni d’uso di scrittura che il bambino ha respirato nel contesto
extrascolastico per comprendere meglio le differenze di esperienze.
Non possiamo dare per scontato che ogni bambino abbia avuto opportunità
come quelle che mostrano di avere Sara e di Norman (cfr.fig.3).
Fig.3 Disegni raccolti nelle scuole dell’Infanzia di Trento
Per quanto riguarda le pratiche di lettura i bambini si differenziano
notevolmente rispetto a interesse, curiosità, azioni da fare con e sui libri. Un
bambino che non cerca i libri, che non sa cosa farci, che non trae piacere
dall’ascolto di storie lette dall’adulto ci preoccupa. I bambini interessati ai
libri, che traggono piacere dall’ascolto delle letture adulte vengono spesso da
una famiglia in cui normalmente circola la carta stampata di vario genere, di
varie forme e usi. Una famiglia che è anche attenta a proporla ai bambini e che
offre qualcuno che legga con e per loro. Può voler dire – soprattutto - che in
sezione ha trovato l’angolo per la lettura. Non soltanto uno spazio ulteriore a
disposizione, quanto piuttosto un “servizio lettura” che funziona e che offre
un’ampia varietà di proposte. Dal catalogo degli arredi o dei giochi, ai
volantini pubblicitari, ai menu. Dai classici dei fumetti al mensile illustrato di
scienze, al libro sui dinosauri, a quello sui castelli e i cavalieri e così via.
Un bambino di quattro o di cinque anni curioso nei confronti del libro può
“essere frutto” di tutto questo. Può voler dire che ha potuto sviluppare,
rispetto alla lingua scritta, quei prerequisiti culturali necessari a un
accostamento fruttuoso.
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