febbr - Voli - Vallecamonica On Line

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febbr - Voli - Vallecamonica On Line
17º anno - n. 168 - febbraio 2008
“... incisioni eseguite con una punta su una superficie
dura, per lo più mettendo allo scoperto un sottostante strato di colore diverso...”
Direzione, Redazione, Amministrazione: Darfo Boario Terme, vicolo Oglio - Direttore responsabile: Tullio Clementi - Autorizz. Tribunale di Brescia n.3/92
del 10.01.92 - Spedizione in abbonamento postale, art. 2 comma 20/d legge 662/96 - Filiale Bs - Ciclostilato in proprio, Darfo Boario Terme.
Sessantotto?!
In perfetta sintonia con il cardinale Camillo
Ruini (e comunque non prima di aver speso
parole lusinghiere per quel Sessantotto che
«parlava di pace, giustizia, diritti civili, libertà, di idee e valori metabolizzati nelle conquiste sociali degli anni a venire»), l’editorialista de L’Eco di Bergamo, Francesco Anfossi,
scrive che «il tempo s’è fermato alla Sapienza,
oppure è stato ritrovato da qualche rigattiere
della memoria, persino in quel modo di vestire
“vintage” sciatto e improbabile, fatto di jeans,
maglioni lunghi, vecchie clarks, mescolato ai
loden degli intellettuali “democratici” che hanno voluto tenere l’università incontaminata da
Benedetto XVI nel nome di un Galileo in stile
tardo-brechtiano...».
Condividendo senza riserve gli apprezzamenti
sul Sessantotto, e non volendo lesinare neppure sulla stima per tutti i suoi protagonisti che, a
distanza di quarant’anni, non rinunciano affatto
a testimoniare con profonda coerenza gli ideali
di allora, vien però da chiedersi se c’è ancora
qualche presidenza, qualche assessorato, qualche altra prebenda il cui conferimento non sia
tuttora prerogativa e appannaggio di quegli ex
sessantottini che da decenni sono asserragliati
nella cittadella della loro autoreferenzialità.
Una nicchia che sarebbe ambita persino per il
Faust di Goethe, nella sua smisurata smania di
giovinezza, estetica ben più che etica!
E allora, se ci è consentita l’irriverenza, quali
altre opportunità rimangono per i ventenni (e
trentenni) di oggi, oltre alla drastica alternativa
tra il genuflettersi alle nuove vestali del Potere
o il mettersi di traverso ad ogni buona occasione, invocando un nuovo Sessantotto?
Sarebbe una brutta copia, oltre che anacronistica? Probabilmente sì, ma la responsabilità non
potrebbe comunque essere messa in conto solo
ai «cattivi maestri» della “Sapienza” (t.c.)
«... e l’uno si vanta della propria vergogna e
dei propri delitti, l’altro si fa forte dell’altrui
complicità, mentre odi proclamare “colpevole” l’innocenza che non ha che sé stessa
per difendersi...». (Goethe, “Faust”)
«... Quindi occorre abolire le intercettazioni,
almeno per reati minori, tipo mafia, corruzione, concussione, aggiotaggio. E limitarle
a delitti di grave allarme sociale, tipo il
graffito, la vendita di cd taroccati, il lavaggio
di vetri ai semafori, l’accattonaggio e
l’ubriachezza molesta...». (Marco Travaglio)
ACQUA: SEMPRE A PROPOSITO DI “AMBITI OTTIMALI”
fare gli interessi della comunità!
di Fabio Baffelli
Fortunatamente negli ultimi mesi si sta parlando sempre più dell’acqua, di quanto sia
preziosa e di come debba essere considerata
un diritto da riconoscere a chiunque, anche
mantenendone la gestione ed erogazione in
mano pubblica. Vediamo un po’ di fare dunque il punto della situazione in Lombardia.
La legge regionale è in vigore, ma agli ATO
(ambiti territoriali ottimali, vale a dire quelle
macroaree che dovrebbero gestire uniformemente il ciclo integrato delle acque) è impedito qualsiasi affidamento fino a novembre
2008, grazie ad una moratoria approvata dal
Parlamento nazionale.
Contemporaneamente, pendono sulla stessa
un appello
Per favore, caro Walter, sulla questione
aborto, non ascoltare Giuliano Ferrara, anche se sembra incinta di dieci mesi.
Non ascoltare preti e cardinali, anche se
portano le gonne lunghe.
Per favore ascolta le donne. (g.c.)
legge regionale tre referendum richiesti da 132
consigli comunali lombardi, di cui oltre quaranta bresciani; questi referendum vorrebbero
colpire gli articoli della legge regionale che introducono: l’innaturale distinzione fra gestione ed erogazione del servizio idrico; l’esclusione dell’affidamento in house (in casa, in
economia) della gestione e dell’erogazione del
servizio, con la messa a gara o la costituzione
di una società mista pubblico/privato; la possibilità che nella società patrimoniale entrino
soggetti privati. In pratica la legge regionale
vorrebbe impedire il mantenimento pubblico
della gestione della rete idrica, obbligando gli
enti locali a consentire l’ingresso dei privati.
Come se non bastasse, contro la stessa legge il
governo Prodi ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale, ritenendo che si sia legiferato su argomenti come la concorrenza di esclusiva competenza nazionale. Insomma la privatizzazione
segue a pagina 8
immagina un popolo...
(Sara Faustinelli, a pag. 4)
FONTI DI INQUINAMENTO PER L’AMBIENTE E PER LO SPORT
la montagna profanata
teatro contro l’annientamento...
(Anna Airò, a pag. 5)
di Tullio Clementi
Verso il finire degli anni Cinquanta, quando costeggiavamo a cielo aperto (i passaggi protetti
sarebbero stati costruiti solo negli anni successivi) i laghi artificiali della val d’Avio per andare a
prendere la funivia che ci avrebbe scaricati nei cantieri del Pantano o del Venerocolo, nei mesi
invernali lo si faceva con la scrupolosa osservanza di poche norme elementari (così parevano a
quelli che ce le impartivano, e così sarebbero apparse a noi all’atto pratico): mai attraversare i
segue a pagina 2
i gerarchi tengono famiglia...
(Mauro Montanari, a pag. 6)
educazione alla legalità...
(Tullio Clementi, a pag. 7)
febbraio 2008 - graffiti
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dalla prima pagina
la montagna...
canaloni che scendono dal monte Avio in
gruppo, e sempre nel più assoluto silenzio,
per non disturbare i “folletti della montagna”,
evidentemente, che si presentano sotto la
mutevole forma di slavine o di valanghe a seconda dei diversi... umori stagionali.
Regole elementari per un buon rapporto con
quella stessa montagna che oggi, senza alcun
pudore e senza alcun ritegno, viene apostrofata come “traditrice” e “assassina” non appena
qualcosa va storto secondo il metro di quanti
la vorrebbero piegata alle proprie voglie...
Regole che possono riemergere soltanto grazie
al coraggio (e ce ne vuole parecchio di coraggio
per dire che non basta morire per aver ragione)
di quanti si stanno battendo per una regolamentazione – dato che l’interdizione pare ormai improponibile – nell’uso delle motoslitte.
Perché «certe cose possono succedere solo in
Italia», denuncia il presidente del Cai di Brescia, Guido Carpani Glisenti, in questo Paese
dove «non esiste quasi nessuna legge che regoli la materia delle motoslitte» (Bresciaoggi, 24
gennaio); e Sandro Leali, del Cai di Breno,
esorta a stare bene in guardia contro la «lobby
delle motoslitte», che «ha parecchi agganci ed
un notevole potere mediatico», e grazie alla
quale, quindi, gli... impavidi centauri di questi
moderni e abominevoli mostri delle nevi «si
sentono i padroni della montagna» (ibidem).
«... Dieci anni fa c’erano animali, potevi
vedere uccelli, piccoli mammiferi, che a
primavera uscivano e stavano tranquilli
tra l’erba e la neve. Adesso è come stare a
Monza...». (Giacomo Peretto)
patente e buonsenso
parola e azione
«... Chiediamo che le motoslitte e i loro
conducenti debbano essere riconoscibili ed
identificabili. Targa, patente, assicurazione,
maggiore età e limiti di velocità devono essere, insieme al buonsenso, il corredo normale per l’utilizzò di questi mezzi. E per la
stessa incolumità dei motoslittisti crediamo
che l’esame per la patente debba includere
anche nozioni di sicurezza in montagna,
metereologia e valanghe.
Chiediamo inoltre l’individuazione di percorsi certi, sicuri e controllabili dove le persone
con motoslitte possano svolgere la loro attività, ma subordinata alla capacità delle forze
di vigilanza di controllare il territorio e sanzionare gli abusi».
dal documento sottoscritto dalle sezioni
bresciane del Cai
«In principio era il verbo», scrive Giovanni. Il
“verbo”, ovvero la “parola” (la parola di Dio,
per lo stesso evangelista), ma il Faust di Goethe traduce altrimenti e dice che «in principio
era l’azione», equiparando l’una e l’altra.
Proverbi e slogan militari poi hanno fatto un
po’ di casotto, raccontandoci che «il silenzio è
d’oro», i primi, ed esortandoci a marciare in
silenzio (“tira e tasi”, recitava il motto del 3º
Artiglieria montagna della “Julia”), i secondi.
Chissà a cosa pensa Francesco Gheza, che fa
pure professione di “giornalismo” televisivo,
tra una presidenza e l’altra, quando afferma
(Bresciaoggi, 9 gennaio 2008) che «Le parole
contano zero, i fatti cento»?
e il Soccorso alpino rincara la dose
«L’incidente del Maniva – afferma Valerio
Zani, vicepresidente nazionale del Soccorso
alpino - ha portato alla ribalta una tematica
fin troppo nota agli amanti della montagna.
Solo per far un esempio, prima di Natale, a
Bazena, abbiamo soccorso cinque motoslittisti che si trovavano in guai seri. Queste
persone non si confrontano in modo corretto con la realtà alpina. Pensano che basti salire in sella ad uno di questi mezzi per
destreggiarsi sulla pista ma al contrario,
proprio come in mare, in volo o sulla strada, ‘bisogna possedere una educazione all’ambiente nel quale ci si muove, alle sue regole ai suoi pericoli. Se non si è più che preparati, le sciagure sono dietro l’angolo».
dal Giornale di Brescia, 7 febbraio ’08
caro Ettore,
Siamo felici di avere finalmente scoperto il motivo che ti ha allontanato ormai da
parecchi mesi dagli Amici della Natura. Sai, temevamo di averti fatto qualche torto, qualche sgarbo senza rendercene nemmeno conto. Ed in effetti pare proprio
che sia andata così. Siamo felici ma anche delusi: non riusciamo proprio a capire
perché abbiamo dovuto sapere dalle pagine di “Graffiti” [gennaio 2008] cosa ti abbiamo fatto.
Speravamo infatti ancora che un giorno saresti ricomparso e ce ne avresti parlato. Sai, anche a
noi non piacciono molto le villette di San Nazzaro, e nemmeno il nuovo “quartiere” in fondo a
Villa. Tanti di noi continuano a sognare che si ristrutturino tutte le case abbandonate da tempo
che abbiamo nei nostri centri storici, rispettandone l’aspetto esterno originario, prima di costruirne di nuove. A proposito, hai fatto per caso anche un giro in centro a Laveno? Qualcosa
si sta muovendo in questo senso, e i nuovi amministratori ci hanno spiegato che si tratta di
uno dei faticosi risultati che sono riusciti ad ottenere, in una situazione non certo facile nella
quale si sono trovati quattro anni fa... Noi abbiamo deciso di credergli, di fidarci di loro.
Ti ricordi, in una assemblea di tanti anni fa, che ti vedeva già tra i responsabili dell’associazione,
quando queste persone, amici della natura come noi ma anche consiglieri comunali, ci parlarono per
la prima volta dei mille progetti edificatori di chi amministrava allora Lozio? Erano sinceri e sinceramente interessati al bene del paese; e francamente a me sembrano sinceri anche ora, quando spiegano ad un’associazione portatrice di interessi ambientali diffusi sul territorio, come siamo noi, in
quale direzione sta andando Lozio. Perché non vieni anche tu a parlarne con loro, quelle poche
volte che, tra i mille impegni di ognuno, cerchiamo il tempo di occuparci anche di questo?
Dopo tutto lo sai molto meglio di tanti di noi quanto libera e aperta sia l’associazione che ti ha
visto protagonista per tanti anni e che, peraltro, ti annovera ancora tra i membri del consiglio
direttivo (i responsabili, come dici tu). Oppure è sfuggito ancora qualcosa a noi?!?
gli Amici della Natura di Lozio
Marco Facchinetti
«Ora, Marco, non è giusto che tu riposi.
Avremmo ancora molto bisogno del tuo aiuto, della tua intelligenza, dei tuoi rimproveri
falsamente burberi. Avremmo preferito passare ancora molte ore con te a confrontarci e
se necessario a scontrarci, mentre dobbiamo
sopportare questo tuo eterno silenzio che ci
addolora e ci rattrista infinitamente. Il ciclo
spesso ingovernabile e sempre imperscrutabile delle umane miserie ti ha riassorbito nel
flusso dell’universo. Che la terra ti suoni leggera, che i tuoi insegnamenti non cadano nel
vuoto, che nascano e crescano altre menti ed
altri cuori come i tuoi».
dall’orazione funebre di Giancarlo
a nome degli amici del GISAV
ABBONAMENTO 2008:
ordinario: • 15,00 - sostenitore: • 25,00.
Gli abbonati sostenitori riceveranno in
omaggio un libro sulla Valcamonica.
Versare sul c.c.p.
44667335 (intestato all’Associazione culturale Graffiti), tramite l’allegato bollettino.
«“I partiti pensino a interessi generali
del Paese”. Woody Allen telefona a
Franco Marini: questa è stupenda! Me
la presta?». (Beppe Severgnini)
graffiti - febbraio 2008
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UNO SPETTRO SI AGGIRA PER IL MONDO: IL CONSUMATORE SENZA PRODUTTORE
lotta di Class... action
di Tullio Clementi
Fin dal suo ottavo congresso, nel 1981,
quando si schierò sostanzialmente contro
la modifica degli automatismi salariali, la
Uil rivendicava il passaggio «dall’antagonismo al protagonismo», ma il passaggio
fondamentale avverrà solo al congresso
successivo del 1985 (che verrà celebrato
all’insegna dello slogan “Volgersi al nuovo”) quando, puntando a valorizzare «il
ruolo del sindacato anche fuori dal luogo
di lavoro» ed a «far funzionare l’Italia, in
linea con la politica del sindacato dei cittadini e del ruolo concertativo e partecipativo dell’organizzazione sindacale», avrebbe
di fatto lanciato e “sponsorizzato” la nuova fase del “Sindacato dei cittadini”.
Due decenni più tardi, nell’affollatissimo
blog televisivo, Beppe Grillo, fors’anche
convinto di esibire una primizia, avrebbe
esortato i suoi sempre più numerosi ed arrabbiati seguaci a «creare un organismo
formato da cittadini, che faccia pubblica
denuncia delle malefatte di chi amministra
e delle cose che non vanno».
Nel frattempo, sotto il governo Prodi, veniva approvata la normativa sulla cosiddetta
“Class action” (“azione civile collettiva”):
«Un’arma importata direttamente dagli
Stati Uniti», in base alla quale «i cittadini
potranno ora partecipare a cause collettive
contro società fornitrici di beni o servizi».
(Repubblica, 1 febbraio 2008).
Un’arma che, pur mostrando fin dal suo
AMBIENTE & DINTORNI
nascere dei limiti che potrebbero essergli
fatali (basti citare le croniche carenze del
nostro sistema giudiziario), è già in grado
di alimentare velleità e brame di almeno
una ventina di associazioni pronte a tutelare a fil di... codice e di cavillo i “sacrosanti diritti dei consumatori”.
D’altra parte, il terreno promette di essere
piuttosto fertile, come ci racconta una
lunga e dettagliata inchiesta promossa
dal Corriere della Sera, dalla quale emerge un quadro «sconfortante per il nostro
Paese», dove «superpaghiamo l’elettricità. I prezzi crescono a velocità inimmaginabili per le nazioni nostre vicine». E
dove «a questo si aggiungono le più che
negative percezioni sui servizi» e, quindi,
«il rischio del “piove governo ladro”...».
Ma a partire dai dati oggettivi basati sulle
cifre – conclude il giornalista –, l’indagi«... Ci saranno, nel 2008, milioni di
operai che continueranno a lavorare
con le mani e la testa, scriccatori e
fiammellisti, e manovali edili romeni e
albanesi, metalmeccanici senza contratto, raccoglitori arabi di carciofi a
Castelvetrano e coltivatrici romene e
ucraine di serre a Vittoria e pastori
d’alpeggio senegalesi. Molti moriranno sul lavoro, di lavoro: morti bianche,
rosse, incandescenti». (Adriano Sofri)
(di Guido Cenini)
monnezza
Non si parla d’altro. Napoli e la sua sporcizia. Che bella immagine dell’Italia. Si pensi soltanto ai
siti turistici visitati ora per le vacanze estive a capri, Ischia, la costiera amalfitana, Pompei e
tutto il resto. C’è chi dice la colpa è della camorra, chi di Bassolino e la politica, chi dei verdi, chi
di Mastella (ma sì mettiamocelo anche qui!). Le discariche no, gli inceneritori no, la raccolta
differenziata nemmeno. E allora? Bruciateli in strada! Il problema sta tutto nella raccolta differenziata e nell’industria degli imballaggi. Cioè meno si ricopre il prodotto e più si ricicla e meno
va in discarica o al termovalorizzatore. Se la gente recupera l’80% dei rifiuti, va via solo il 20%,
ma se a Napoli ci si ferma al 4%, tutto il resto va in ecoballe che nemmeno si possono bruciare.
Ma noi come stiamo? È appena uscito il resoconto della provincia sull’ultimo rilevamento.
Angolo è fermo al 16,56%. Borno al 18,33% ed arretra rispetto all’anno prima. Breno al
21,99% (dal piazzale dei bus, davanti al comune, al liceo non c’è un cestino!!!). Cerveno al
20,33%. Cimbergo al 23,80%. Corteno al 12,35% (alla faccia del paese turistico). Darfo al
25,72% (sarà colpa degli acquaiuoli?). Edolo al 23,01%. Esine al 17,30%. Ono al 21,57%.
Paisco al 20,35%. Piancamuno al 18,26%. Piancogno al 22,72%. Pisogne al 19,78%. Ponte di
Legno al 18,27% (altro che grande sogno!). Saviore al 19,06%. Sonico al 20,67%. Temù al
19,85% (altro sogno). Vezza al 20,49%. Vione al 15,79%.
Come potete ben vedere non siamo messi bene neanche noi. Tanti sono ancora sotto il 20%, la
maggioranza si attesta tra il 20 e il 25%, pochi superano il 30%. E sì che la legge prevede che
entro il 2007 si doveva superare il 35% per arrivare in altri tre anni al 65%.
Ma come si fa ad essere ottimisti, come si fa a criticare i napoletani se ci nascondiamo dietro il
dito dell’inceneritore di Brescia, che tanto brucia tutto, anche la nostra pigrizia e la nostra
incapacità a riciclare. Ognuno guardi in casa propria e faccia qualcosa di più.
ne di Bruxelles parla di consumatori che
pagano una sorta di sovrapprezzo continuo per il solo fatto di essere italiani. Si
tratta di cifre, non percezioni. E su quelle
si può e soprattutto si deve intervenire».
(Corriere della Sera, 1 febbraio 2008).
Da tutto questo bailamme di cittadinanza
imbrigliata all’insegna del “consumatore
universale”, emerge tuttavia una grande
incongruenza, portatrice di un’altrettanto grande aspettativa: la riscoperta del
produttore come inevitabile ed ovvio
contraltare del consumatore.
il centauro
«Abbiamo inseguito per intere generazioni il
fantasma di una “democrazia speciale” e ce
ne ritroviamo una “reale”, speciale sì ma in
senso negativo. Abbiamo scartato il modello
anglosassone perché formale, con una eguaglianza cioè solo giuridica e non anche economica, com’era nei nostri sogni. Abbiamo
snobbato il modello socialdemocratico perché svendeva per quattro denari (un eccellente Welfare) l’impegno a costruire il socialismo vero, cioè quello senza libertà d’impresa e di parola. Ci siamo lasciati tentare
dall’idea suggestiva dell’«immaginazione al
potere» e ci assilla ora l’inimmaginabile
montagna di monnezza che non sappiamo unici al mondo - nemmeno smaltire. Siamo
ridotti al punto che qualsiasi altro modello di
democrazia - spagnola, francese, inglese,
tedesca, americana - ci fa adesso invidia.
Ambiziosi nei progetti, siamo modestissimi
nelle realizzazioni. Scontenti della democrazia parlamentare e proporzionale, ci siamo
fatti abbagliare da quella maggioritaria. Alla
fine, ne abbiamo costruita una che assomma
i difetti dell’una e dell’altra: una frammentazione spinta oltre l’impensabile congiunta a
un’instabilità dei governi che è pari solo alla
loro inoperosità. Insomma, una sorta di centauro, metà uomo metà animale...».
Roberto Chiarini, L’Eco di Bergamo
febbraio 2008 - graffiti
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NON POSSIAMO PIÙ FINGERE DI NON SAPERE COSA SUCCEDE A GAZA
immagina un popolo, immagina un muro
di Sara Faustinelli (volontaria di Pontedilegno in Palestina)
Lo immagini un muro? Immagina un muro ciclopico, otto metri di cemento tirati su contro
il cielo, che si perdono alla vista in linea orizzontale, che stanno davanti a te, circondano la
città o il paese in cui vivi, in cui vivete, il vostro ultimo e unico orizzonte. Immagina una
ciclopica porta di ferro, alta quanto il muro,
spessa qualche metro di non so quante tonnellate. Pensi di essere in un racconto di Kafka o
di Edgard A. Poe? Pensi di essere in un fumetto di Oesterheld, nell’Eternauta, nel campo di
calcio della Buenos Aires dei desaparecidos?
Benvenuto nella striscia di Gaza, sei davanti
ad una delle porte che ogni tanto (negli ultimi
tempi a giorni alterni) si aprono – immagina il
rumore – per lasciar entrare i carri armati guidati da qualche giovane soldato israeliano che
va a distruggere qualche casa e uccidere qualche ragazzo sospettato di essere quello che tirava razzi Qassam o che se non lo aveva ancora fatto avrebbe potuto farlo. Non eri tu a
sparare? Non hai sparato Qassam verso Sderot? E tuo fratello? Il tuo vicino di casa?
[...] Immagina intorno a te, sotto il muro, dalla
tua parte, una landa desolata sconvolta, case
sventrate, muri divelti, spezzoni di ferro,
tronchi di cemento spezzati, macerie: quel che
è stata una casa, molte case, tutte troppo vicine al muro. Frantumi. Era la tua casa?
[...] Immagina una donna Riesci a immaginare
una ragazza di 30 anni? Vive nel campo profughi di Beach Camp, Gaza City. È divorziata?
forse è ripudiata, perché non può avere figli,
forse è stata picchiata perché non poteva avere figli, certo i suoi non se la sono voluta riprendere in casa (altra bocca da sfamare. Ma
potrebbe anche trattarsi della giovane vedova
di uno dei tanti shahid uccisi da un missile in
un “omicidio mirato” oppure dall’artiglieria in
un rastrellamento). Immagina la sua casa: un
corridoio in un cantiere (blocchi di cemento a
vista, cemento per terra impregnato di pioggia
e liquami, buchi nei muri come finestre senza
vetri) diviso a metà da una tramezza, da un
lato un letto matrimoniale, alle pareti un ventilatore arrugginito, fili di ferro e fili della luce
arrotolati, su una mensolina, qualche misera
suppellettile, una spazzola, un frammento
spezzato di specchio.
[...] Adesso immagina una casa in un vicolo
buio, una casa anche questa già rudere e insieme cantiere interrotto, le scale, le pareti di
cubi di cemento a vista, niente intonaco niente
colore se non il grigio del cemento usurato.
Gradini rivestiti di ceramica? di marmo? di
travertino? No cemento nudo e crudo e già in
frantumi. Niente infissi, niente vetri, al massimo plastica o cartone.
[...] Immagina i bambini. Quelli che il giorno
delle elezioni correvano per le strade gridando,
ridendo, con le dita aperte in segno di vittoria.
Entità nemica? Riconoscono subito il motore
di un elicottero Apache o degli F16, di giorno
e di notte. Ma anche dei carri armati quando
entrano nell’abitato e sparano sulle case. Possono giocare nelle strade? Tu li lasceresti i
tuoi figli? Le madri chiedono aiuto: che fare?
Rinunciare a lasciarli crescere in autonomia?
Trasmettergli la loro stessa paura? Tenerli
chiusi in casa? E la casa stessa non è a rischio?
Bambini i cui unici riferimenti “visibili” nella
città sono rimasti, incollati sui muri delle strade, i ritratti dei “martiri/’shahid”, fucili imbracciati, oppure macerie.
[...] Una prigione a cielo aperto, incursioni preventive quasi quotidiane contro i potenziali
“terroristi” dell’”entità nemica”, il silenzio dell’Europa, il buon cuore delle organizzazioni
non governative internazionali impegnate in
soccorso umanitario, nessuno Stato di mezzo, i
fantasmi di qualche apparente governo (magari
due), un territorio sempre più esile e frammentato: ecco un sistema di equilibrio che potrebbe
perpetrarsi all’infinito. Se cade il silenzio sui
diritti fondamentali degli esseri umani.
[...] Di ritorno da Gaza le amiche mi accolgono con largo sorriso: «poi ci devi raccontare
del tuo viaggio in Palestina!». Poi passano subito a parlare di qualche questione locale che
le avvince, il delitto di Meredith, le melliflue
riverenze del servo Saccà al padrone, la nuova
ricetta di uno sformato alla turca e il modello
di una sciarpa a tubo made in China. Quel
“poi” oggi va bene anche a me: poi, poi...
[...] Condivido il bisogno di silenzio, o meglio
l’impossibilità di parlare da parte delle donne
maltrattate dagli uomini che amano, che non
parleranno per la fatica di lasciar riemergere in
superficie questo senso insieme di impotenza,
di umiliazione, di ferita profonda, e il senso di
essere in qualche modo responsabili di quel
che avviene e di non sapere che cosa fare. Lo
stesso silenzio di chi torna da quell’Africa
dove l’olocausto dell’infanzia è quotidiano.
Eppure questo silenzio è un muro più alto di
tutti i muri che recingono le nostre famiglie,
che recingono i villaggi della Palestina. E noi
continuiamo a costruirlo, mattoncino dopo
mattoncino, lo costruiamo intorno a noi, a difesa, crediamo, del nostro io, in pericolo, del
nostro “benessere”. Il silenzio, lo so, è un
vero terreno fertile per il riprodursi della violenza, il silenzio può diventare la causa prima
della violenza, il segno della sua tolleranza.
[...] Dopo un po’ mi rendo conto che le persone non vogliono che si parli di queste cose.
Sanno che esiste questo bubbone nel cuore del
mondo, questa ferita aperta, con una ricetta/terapia internazionale già data dagli organismi internazionali, che però nessuno vuol fare eseguire. Come è difficile accettare che sia il proprio
intimo a massacrarci di botte, è difficile dire,
denunciare che sono i governanti dei discendenti delle impotenti vittime dell’olocausto, ad essere diventati, in nome della “sicurezza”, i costruttori di nuovi ghetti, e di un nuovo discorso
razzista verso gli abitanti della Palestina. Lo si
sa ma si preferisce ignorarlo, pensare ad altro.
[...] Qualcuno mi chiede che cosa sto facendo.
Racconto in poche parole della mia ricerca in
“territori difficili” sulla violenza contro le donne in una comparazione tra le città di Torino,
Haifa, Gaza. «Uh, molto interessante», ma appena incomincio ad accennare a quel che ho visto durante il viaggio, il professore, calice in
una mano e salatino nell’altra, dà segni di fretta,
si guarda intorno verso altri colleghi e trova subito una via di fuga in qualcuno cui deve comunicare qualcosa di molto, molto importante.
Un altro amico cade nella rete, questo è stato
sensibilizzato per il fatto che suo figlio negli
States si è fidanzato con una ragazza palestinese «molto bella e molto intelligente» - per
essere palestinese bisogna essere, però, almeno belli e intelligenti.
Il professore sottolinea la “rilevanza sociologica” del tema di cui mi sto occupando e poi,
abbassando la voce, quasi bisbigliando perché
altri non possano sentire: «Io adesso qui lo
dico (sospende il qui lo nego), forse non dovrei dirlo, ma Gaza non è una prigione, è un
Lager». Rispondo: proprio un Lager no. «Sì,
sì, un Lager». Mi sorprendono le sue parole
perché l’amico professore in pubblico non ha
mai preso parola su questo argomento, non ha
partecipato a manifestazioni di protesta contro l’occupazione israeliana e per l’applicazione del diritto internazionale, non mi risulta
che abbia firmato appelli e dubito che questa
sua opinione sarà espressa in questi termini
coi suoi studenti. Sarebbe rimasta lì. Nel segreto della nostra conversazione privata al riparo da occhi e orecchi indiscreti.
[...]Quasi per istinto vado allo scaffale dei libri e tiro giù Primo Levi, La Tregua. Ho pensato a lui spesso durante il viaggio. Mi sono
chiesta più volte: ma Primo Levi che cosa
avrebbe provato di fronte a tutto questo?
Cosa avrebbe pensato e provato nel vedere
che figli e nipoti delle vittime della Shoah
stanno trovando come unica soluzione alla paura “per la loro sopravvivenza” quella di costruire enormi ghetti, separati da ciclopici
muri in cui rinchiudono non solo i pochi “kamikaze” ma tutti i loro familiari, tutti coloro
che appartengono alla loro. “razza”? Ma non
l’avevamo cancellata questa parola? Rinchiudendo insieme anche se stessi in un altro
“ghetto mentale”.
[...] Gaza è una piccola striscia di terra di circa
50 km per 7, un pezzetto di terra minuscolo
segue a pagina 5
graffiti - febbraio 2008
DAL NOSTRO INVIATO A...
5
(a cura di Anna Airò)
il teatro contro l’annientamento della persona
Gennaio 2008. Comune di Malegno, presso
la chiesa vecchia di S. Andrea e il Museo Le
Fudine: un foltissimo pubblico ha potuto assistere a due rappresentazioni teatrali di un
certo interesse.
Ormai da un po’ di anni siamo abituati a recarci presso questo comune che si dimostra sempre profondamente attento a proporre iniziative di una certa levatura culturale e, anche in
quest’occasione, l’idea di una mini-rassegna
teatrale, ponte invernale che colleghi le feste
interculturali estive “Abbracciamondo”, ha visto circa trecento persone che da tutti i paesi
della Valcamonica hanno raggiunto Malegno
per queste proposte serali.
Il gioiellino della Chiesetta di S. Andrea ha
ospitato sabato 12 gennaio “Por Algo Será”
realizzato dal Teatro del Guindolo di Reggio
Emilia. Uno spettacolo raccolto, forse sommesso; le voci delle donne argentine, delle
Madri di Piazza di Maggio, madri dei desaparecidos che non urlano, che non gridano, ma
da pagina 4
immagina un popolo...
con una densità della popolazione altissima,
3.227 per km2. È circondata dal lato della terra da ciclopici muri o da filo spinato per tutta
la sua estensione. Dal lato del mare i suoi pescatori possono arrivare a 6/7 km dalla riva,
oltre quella distanza la guardia israeliana li respingerebbe a mitragliate.
Nessuno può uscire dalla striscia se non con
permessi molto speciali. I malati per farsi curare, in teoria. Ma le decisioni sono così arbitrarie che negli ultimi due mesi sono morte 30
persone o perché non hanno avuto il permesso, o perché non l’hanno avuto in tempo. È
normale che i malati aspettino per molte ore,
sotto il sole, senza un riparo perché qualcuno
ha deciso che quel giorno la “frontiera” è chiusa. Nessuno studente che voglia continuare o
avviare gli studi all’estero può farlo.
[...] Nessun cittadino israeliano ha il permesso
di visitare Gaza, non perché glielo impediscano i palestinesi. È il governo israeliano che te
lo impedisce “per proteggerti”, anche contro
la tua volontà. Nessuno dei medici ebrei israeliani di “Physicians for Human Rights” che
desideravano visitare Gaza, ha avuto il permesso di entrare. Nessun israeliano potrà avere dunque l’opportunità, qualora lo volesse, di
vedere, di vivere l’esperienza dell’altro, di vedere la situazione in cui si vive ogni giorno a
Gaza assediata.
[...] Là dove si è isolato un territorio con la
sua popolazione come dentro a una prigione è
normale che anche la vita quotidiana “al di
fuori” sia impregnata di militarismo. In nome
della sicurezza Israele è diventata una società
militarizzata. Non è necessario pensare alla
bomba atomica o alla ricerca sulle armi più sofisticate. Lo si vede nelle strade delle città,
persino ad Haifa, la città che è sempre stata
considerata la più palestinese delle città di
Israele: soldati e soldatesse riempiono la città,
tornano a casa nei giorni di festa sempre con a
tracolla gli enormi M16 che arrivano quasi a
toccar terra, portati ora con noncuranza come
fossero chitarre, ora con protervia. Ragazzi
ventenni armati riempiono la vista della vita
quotidiana, quella in cui crescono i bambini, le
nuove generazioni di israeliani. Non c’è da
stupirsi se i giovani mostrano un individualismo nei comportamenti e una indifferenza gli
uni verso gli altri, che noto oggi per la prima
volta. Sui treni sbattono i loro zaini in mezzo
al passaggio incuranti che gli altri debbano
passare. Vivere fianco a fianco con una parte
della popolazione chiusa in una prigione, per
di più assediata per punizione collettiva, vivere nella paura costante della reazione violenta
a questo ingiusto assedio, vivere nella paura
legittima nei confronti di chi è stato sempre
più costretto in ristrette riserve di terra circondate da poderosi recinti invalicabili, crea
una società di “indifferenti”. Ed è con questo
Governo che noi italiani abbiamo un trattato
di collaborazione militare: andiamo a insegnare? (come il metodo montessoriano del triangolo) o andiamo ad imparare? Perché si parla
tanto di sicurezza anche da noi? Sono gli immigrati i nostri “palestinesi”, potenziali assassini? Costruiremo anche noi i nostri muri?
Non lo stiamo già facendo?
[...] Che cosa direbbe oggi Primo Levi? Ricordo che nell’agosto-settembre del 1982 quando
Israele invade il Libano, di fronte ai massacri
dei campi palestinesi di Sabra e Chatila, prende posizione e in una intervista di Giampaolo
Pansa su “La Repubblica” del 24 settembre si
rivolge agli ebrei della diaspora: «Dobbiamo
soffocare gli impulsi di solidarietà emotiva
con Israele per ragionare a mente fredda sugli
errori dell’attuale classe dirigente israeliana».
E nel novembre del 1976: «In tutte le parti
del mondo, là dove si comincia col negare le
libertà fondamentali dell’Uomo, e l’uguaglianza tra gli uomini, si va verso il sistema
concentrazionario, ed è questa una strada su
cui è difficile fermarsi».
«Quando per la prima volta abbiamo
fatto sapere che i nostri amici venivano
uccisi si levò un grido di orrore e un
aiuto grande. Cento erano gli uccisi.
Ma quando gli uccisi furono mille e
l’eccidio non ebbe fine sopraggiunse il
silenzio...». (Bertolt Brecht)
che sottovoce si incontrano, si uniscono
per dare forza a una
voce unica a un unico
figlio, figlio di tutte
indistintamente il cui ritorno viene desiderato,
agognato, sognato e sospirato, pur nella terribile consapevolezza che l’assenza può essere
definitiva e sicuro sinonimo di violenza, della
violenza e della tortura del potere a cui il figlio
è stato sottoposto. Quale il dolore espresso
dalle cinque voci delle attrici reggiane, in un
intreccio di suoni in cui la singola voce di Ebe
si allaccia a quella di Cota e a quelle delle altre
in un unisono doloroso e straziante. Accanto a
questo la forza, l’energia dell’unione, della coesione, dello stare insieme che crea quella indispensabile resistenza a un attacco umano di
tale proporzione.
Segno opposto al Museo Le Fudine che sabato
19 gennaio ha visto rappresentata la solitudine
e la lotta per la sopravvivenza del singolo di
fronte al potere che ti annienta e ti toglie persino la consapevolezza del tuo nome: «Io mi
chiamo… Io sono…», e la voce di Davide Pini
Carenzi si rompe in questa rappresentazione
intitolata “Campo Santo”. Solo in scena, Davide si muove in modo sincopato e sofferente attorno ad alcuni semplici oggetti che appartengono ai prigionieri di un lager sovietico a cui
l’attore vuol dar voce. L’annientamento è
espresso nel semplice concetto “qui ci sono
solo morti che vengono tenuti in vita”, una vita
ormai nulla, piena di dolore e fatica e sofferenza e fame, fame che divora l’anima, che diventa
l’unica cifra di lettura del vicino, della baracca,
delle altre baracce, degli ufficiali.
Il pane nero è il simbolo del desiderio, viene
conservato in briciole, spezzettato per serbarlo gelosamente nel cuscino, per succhiarlo
come elemento di sopravvivenza contro quei
“maledetti che schiacciano il prossimo per
fame”. Mirabile la prova di Davide, in particolare quando, indossati i panni di una giovane donna, riesce a trasmettere il terrore per il
potere aggiunto a quello per il proprio vicino, per l’uomo che guarda le donne come
preda e che si lancia nella caccia notturna; il
terrore si aggrappa alla solitudine, allo sguardo basso, fissato sulla terra, alla traiettoria
che taglia lo spazio del campo nella vana ricerca di una protezione, possibile in realtà
solo nella baracca delle donne.
Spettacolo quindi denso in cui la prova attoriale è sostenuta da grande consapevolezza e
generosità. Resta solo un’unica domanda al
termine di tale interessantissima mini-rassegna: quando una stagione teatrale completa? Il
pubblico c’è, un pubblico attento e cosciente,
manca lo sforzo delle amministrazioni locali,
non solo Malegno può rendersi disponibile e
fautore di tali iniziative.
febbraio 2008 - graffiti
6
UN GIORNALISTA VA A METTERE IL NASO NELLE... FOGNE DI CEPPALONI
anche i gerarchi tengono famiglia...
di Mauro Montanari*
Il Ministro della Giustizia, Clemente Mastella
e sua moglie Sandra Lonardo hanno due figli,
Elio e Pellegrino. Pellegrino è sposato a sua
volta con Alessia Camilleri. Una bella famiglia
come le altre, ma con qualcosa in più.
Per sapere cosa, partiamo dal partito di Clemente che, come i più informati sanno, si
chiama Udeur. L’Udeur, in quanto partito votato dall’1,4% degli italiani adulti, ha diritto
ad un giornale finanziato con denaro pubblico.
Si chiama “Il Campanile”, con sede a Roma, in
Largo Arenula 34. Il giornale tira circa 5.000
copie, ne distribuisce 1.500, che in realtà vanno quasi sempre buttate. Lo testimoniano il
collega Marco Lillo dell’Espresso, che ha fatto un’inchiesta specifica, un edicolante di San
Lorenzo in Lucina, a due passi dal parlamento, e un’altro nei pressi di Largo Arenula.
Dice ad esempio il primo: «Da anni ne ricevo
qualche copia. Non ne ho mai venduta una,
vanno tutte nella spazzatura!».
A che serve allora, direte voi, un giornale come
quello? Serve soprattutto a prendere contributi per la stampa. Ogni anno Il Campanile incassa 1.331.000 euro. E che farà di tutti quei
soldi, che una persona normale non vede in
una vita intera di lavoro? Insisterete ancora
voi. Che farà? Anzitutto l’editore, Clemente
Mastella, farà un contratto robusto con un
giornalista di grido, un giornalista con le palle,
uno di quelli capace di dare una direzione vigorosa al giornale, un opinionista, insomma. E
così ha fatto. Un contratto da 40.000 euro all’anno. Sapete con chi? Con Mastella Clemente, iscritto regolarmente all’Ordine dei Giornalisti, opinionista e anche segretario del partito.
Ma è sempre lui, penserete! Che c’entra? Se è
bravo! Non vogliamo mica fare discriminazioni antidemocratiche...
Ma andiamo avanti. Dunque, se si vuol fare
del giornalismo serio, bisognerà essere presenti dove si svolgono i fatti, nel territorio, vicini
alla gente. Quindi sarà necessario spendere
qualcosa per i viaggi. Infatti, Il Campanile ha
speso, nel 2005, 98.000 euro per viaggi aerei e
trasferte. Hanno volato soprattutto Sandra
Lonardo Mastella, Elio Mastella e Pellegrino
Mastella, nell’ordine.
«Adesso c’è da agire contro questa legge
che vieta ai giornalisti e ai giornali di pubblicare intercettazioni e atti di indagine,
una legge già votata e approvata alla Camera: 447 deputati con 9 astenuti e nessun
contrario. Fa paura. E c’è da battersi anche per impedire che al pm De Magistris
venga scippata l’indagine, e che l’altro pm
di Milano, la Forleo, venga fatta passare
per una mitomane fuori di testa».
Franca Rame, ex senatrice della Repubblica
Tra l’altro, Elio Mastella è appassionato di
voli. Era quello che fu beccato mentre volava
su un aereo di Stato al gran premio di Formula Uno di Monza, insieme al padre, Clemente
Mastella, nella sua veste di amico del vicepresidente del Consiglio, Francesco Rutelli.
Ed Elio Mastella, che ci faceva sull’aereo di
Stato? L’esperto di pubbliche relazioni di
Rutelli, quello ci faceva!
Quindi, tornando al giornale. Le destinazioni. Dove andranno a fare il loro lavoro i collaboratori de Il Campanile? Gli ultimi biglietti d’aereo (con allegato soggiorno) l’editore li ha finanziati per Pellegrino Mastella
e sua moglie Alessia Camilleri Mastella, che
andavano a raggiungere papà e mamma a
Cortina, alla festa sulla neve dell’Udeur.
Siamo nell’aprile del 2006. Da allora, assicura l’editore, non ci sono più stati viaggi a
carico del giornale. Forse anche perché è cominciata la curiosità del magistrato Luigi De
Magistris, sostituto procuratore della Repubblica a Catanzaro, il quale, con le inchieste “Poseidon” e “Why Not”, si avvicinava
ai conti de Il Campanile.
Ve lo ricordate il magistrato De Magistris?
Quello a cui il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, mandava tutti quei controlli,
uno ogni settimana, fino a togliergli l’inchiesta? Ve lo ricordate? Bene, proprio lui!
Infine, un giornale tanto rappresentativo
deve curare la propria immagine. Infatti Il
Campanile ha speso 141.000 euro per rappresentanza e 22.000 euro per liberalità, che
vuol dire regali ai conoscenti. Gli ordini sono
andati tra gli altri alla Dolciaria Serio e al
Torronificio del Casale, aziende di Summonte, il paese dei cognati del ministro: Antonietta Lonardo (sorella di Sandra) e suo marito, il deputato Udeur Pasquale Giuditta. Ma
torniamo un attimo agli spostamenti. La Porsche Cayenne (4000 di cilindrata) di proprietà di Pellegrino Mastella fa benzina per
2.000 euro al mese, cioè una volta e mezzo
quello che guadagna un metalmeccanico.
Sapete dove? Al distributore di San Giovanni
di Ceppaloni, vicino a Benevento, che sta
proprio dietro l’angolo della villa del Ministro, quella con il parco intorno e con la piscina a forma di cozza. E sapete a chi va il conto? Al giornale Il Campanile, che sta a Roma.
Miracoli dell’ubiquità...
La prossima volta vi racconto la favola della
compravendita della sede del giornale.
A quanto è stata comprata dal vecchio proprietario, l’Inail, e a quanto è stata affittata all’editore, Clemente Mastella. Chi l’ha comprata, chiedete? Due giovani immobiliaristi
d’assalto: Pellegrino ed Elio Mastella.
* Da Corriere d’Italia News.
raccomandato da chi?!
Per quanto ci si possa sentire disincantati, almeno quanto basta per non lasciarci coinvolgere da
ulteriori illusioni, non possiamo certo privare i lettori di Graffiti di una “chicca” come quella
offerta dalla perfetta (e involontaria, supponiamo) coincidenza tra i vertici del nuovo Partito
democratico e quelli della Chiesa milanese in tema di lottizzazioni, clientelismi, raccomandazioni
e quant’altro. Lo stile politico degli esponenti del Pd, leggiamo infatti sulla sintesi del “Codice
etico” pubblicata dall’Unità di sabato 2 febbraio, è improntato a «onestà, lealtà, sobrietà, generosità e gratuità», ovvero, i suoi esponenti «sanno di non dover abusare della loro autorità o carica
istituzionale per trarre privilegi: rifiutano una gestione oligarchica o clientelare del potere, logiche
di scambio o pressioni indebite».
E da Milano il cardinal Tettamanzi, che leggiamo tramite la sintesi di Paolo Foschini sul Corriere
della Sera, esorta a «“governare con onestà e coscienza” ed a “farsi carico della città” e non del
“proprio potere”... a “respingere clientele e promesse alla cieca” e soprattutto a “saper ascoltare”
la gente, fino “all’ultimo degli immigrati”, riconoscendo “a tutti stessi diritti e dignità”».
Sovversiva, infine, la preghiera-appello del cardinale: «... e liberaci dalle tentazioni del potere».
graffiti - febbraio 2008
7
BOARIO TERME: APPUNTAMENTO DEGLI STUDENTI CAMUNI CON MARIA FALCONE
educazione alla legalità
di Tullio Clementi
Martedì 5 febbraio, mattino. Sala “dei cinquecento” strapiena, con diverse decine di giovani
accovacciati sul pavimento: quindi almeno seicento le persone (studenti, insegnanti e qualche pubblico amministratore) raccolte in sala
per l’incontro con Maria Falcone.
L’incontro, promosso dalle scuole valligiane e
poi patrocinato dagli enti comprensoriali, sul
tema della lotta alla mafia e, quindi, dell’educazione alla legalità, dopo la breve presentazione dell’assessore alla cultura in Comunità
montana, Giancarlo Maculotti, e le altrettanto
brevi comunicazioni di Ambra Boldini, Mario
Martini e Paolo Franco Comensoli, entra subito nel vivo attraverso la proiezione di un filmato sulla vita e sull’impegno civile di Giovanni Falcone. Un filmato da brivido, per certi
versi, come viene confermato anche dal silenzio assoluto in sala. Un filmato in cui scorrono le immagini vive e a volte crude del giudice
assassinato dalla mafia.
Immagini crude, ma anche incoraggianti, come
quando scorrono sullo schermo gli striscioni dei
giovani che si impegnano a far camminare sulle
loro gambe le idee di Falcone e Borsellino, o
quando “gridano”, attraverso gli slogan sulle
magliette, che «si può spezzare un fiore, ma
non la primavera» o, ancora, che la mafia ha
chiuso cinque bocche e ne ha aperto 50 milioni!
C’è un solo momento del filmato che pare stia
andando un po’ fuori luogo, quando appare
Giovanni Paolo II che quasi urla: «non uccidere!». In quel momento sembra quasi che la
vita umana stia prendendo il sopravvento, anche sul valore delle idee, su quelle idee che
avevano già fatto dire allo stesso Falcone, in
sintonia con John Kennedy, che «occorre
compiere fino in fondo il proprio dovere, costi quel che costi» (anche perché, diranno i
suoi sostenitori, «gli uomini passano, le idee
restano»), ma sarà la sorella, Maria, ha fornire
la corretta interpretazione di quel messaggio
quasi urlato, di quelle parole quasi urlate che,
pronunciate in Sicilia, «hanno voluto significare una scomunica della mafia».
Ma ci saranno anche altri concetti che diverranno chiari e comprensibili soltanto grazie alle lucide parole di Maria Falcone, come l’insistente
richiamo al rispetto dello Stato, per esempio,
un rispetto che trae origine da un educazione
familiare dove si coltivava soprattutto il senso
della legalità e del dovere. Per questo, dice,
«non sono venuta a portare la memoria degli
eroi ma l’esortazione all’esempio per la difesa
della democrazia e della libertà nel nostro Paese». Nella consapevolezza, aggiunge citando le
parole del fratello, che «la mafia non si potrà
mai vincere con la sola repressione, ma si vincerà solo con l’educazione dei giovani alla legalità e con l’affermazione del diritto al lavoro».
Perché la mafia, se vogliamo provare a dirlo anche con le parole del pentito Buscetta, citate
sempre nel filmato «non è solo criminalità, ma
è anche intelligenza e omertà»...
In questo senso, dunque, oltre che della mafia
«bisogna parlare della collusione fra la politica,
la criminalità e l’alta finanza», un connubio basato sulle intimidazioni ma anche sui favori
(«io do una cosa a te, se tu ne dai una a me»)
che può avvenire ovunque, non solo in Sicilia.
E ovunque, «un popolo che paga il pizzo è un
popolo senza dignità».
«Potere significa controllo totale dei mezzi
di coercizione e di informazione, facoltà di
dare e prendere, liberare e imprigionare,
capacità di spingere un individuo a diventare elemento anonimo della massa...».
Jhon Dos Passos, Il grande Paese
Interpretando in modo quantomeno forzato
alcune parole di Maria Falcone, pronunciate
forse più come omaggio all’impegno del fratello che come espressione di un pensiero
convinto, Bresciaoggi del 6 febbraio titola
così il breve “rapporto” sull’incontro al Palacongressi di Boario: «Maria Falcone: “Oggi
la mafia è allo sbando”». Nella stessa giornata, in seguito alla denuncia del procuratore
generale della Corte dei conti, i quotidiani nazionali (non tutti, per la verità) escono con
titoli a mezza pagina sulla «Corruzione patologica su appalti e sanità» (L’Unità).
Si aggiunga quindi che, parlando del fratello
assassinato dalla mafia, Maria Falcone ne
ha ricordato il profondo spirito di servizio
verso lo Stato, non verso «uno Stato ideale
e immaginario», per dirla con le parole usate
anche da Marcella Padovani in Cose di cosa
nostra, ma «uno Stato così com’è».
Ora, se mi fosse consentito parlarne senza
il rischio di sembrare presuntuoso, oserei
dire che fino ad una ventina di anni fa non
avrei esitato a sottoscrivere una simile idea
verso lo Stato, a prescindere. Oggi non più!
Oggi mi viene piuttosto difficile individuare
in modo netto la demarcazione fra “Stato” e
“Antistato” e mi viene difficile anche la
condivisione delle parole di Maria Falcone
(che cito a braccio): «la mafia è una minaccia
per la libertà e per la democrazia».
Per la libertà (individuale e d’impresa), sicuramente, che nonostante tutto ne rimangono ancora discreti margini, ma quanto
alla democrazia, mi pare vi sia rimasto ben
poco, ormai, da minacciare. Per non parlar
né di giustizia né di morale. (t.c.)
il rischio dell’unità nella corruzione
«... Nella Resistenza italiana, che da parecchi si vuol dimenticare come qualcosa che disturba
nell’età del globalismo e del dio denaro, ci sono due momenti decisivi su cui alcuni storici
hanno erroneamente sorvolato: l’attendismo dei generali e la «pace» dei vescovi. L’attendismo
predicava il rinvio della lotta partigiana a un vago futuro. I gruppi dei resistenti non dovevano
attaccare i nazisti occupanti subito, come invece si doveva fare, anche in condizioni d’inferiorità numerica e di armi, per dimostrare che c’erano degli italiani pronti a pagare subito quel
biglietto di ritorno alla democrazia. La«pace» dei vescovi dava un consiglio analogo, invitava i
fedeli a evitare lo scontro aperto con l’occupante e a lasciare ai vescovi, cioè alla Chiesa, il
compito di arrivare pacificamente alla fine della guerra.
La Resistenza, fosse garibaldina comunista o di Giustizia e Libertà o degli autonomi di matrice
cattolica e liberale, rifiutò questo attendismo, fu per la lotta subito e fuori da ogni calcolo. C’è
naturalmente chi sostiene l’opportunità di far calare il silenzio sulla Resistenza; la Resistenza, si
dice, è un passato che molti italiani, specie i giovani, ignorano. Si dà per certo, per un fatto
consolidato l’esistenza in Italia di una democrazia condivisa in uno Stato di diritto, mentre stiamo assistendo a uno sfascio dello Stato, mentre crescono le associazioni mafiose e criminali.
Certo è difficile ricordare e rivendicare l’intransigenza partigiana. C’è il rischio della retorica e
dell’utopia, ma il rischio opposto, il rischio mortale è di riconfermare trasformismo e machiavellismo, il rischio mortale di consegnare la debole democrazia che ci ritroviamo all’unità
nella corruzione, alla concordia nel servizio dei più forti e più furbi.
Un magistrato che fu al centro della rivoluzione morale di Mani Pulite non a caso esortava i
cittadini a «resistere, resistere, resistere». Che cosa voleva dire quel suo appello di sapore
resistenziale? Voleva dire che sui valori laici che furono anche quelli della Resistenza, i valori
del rispetto della legge, dell’onestà nel pubblico servizio, della lotta alle organizzazioni criminali non si poteva transigere, voleva dire con grande preveggenza che se non si resiste su questi valori si va inevitabilmente alla diffusione della mafia, se non si pratica l’onesta pulizia
delle nostre città si arriva inevitabilmente alle strade napoletane invase dalla spazzatura».
Giorgio Bocca, “Se la Resistenza deve essere ripescata”, la Repubblica, 3 febbraio 2008
demo... ché?
febbraio 2008 - graffiti
8
dalla prima pagina
acqua e Ato...
del bene acqua non dovrebbe avere vita facile,
ma purtroppo, tanto per cominciare, la Giunta
Formigoni sta tentando di evitare che si possa
arrivare al referendum, presentando una nuova
proposta di legge che però non accoglie le richieste avanzate dai promotori dei referendum.
Ma non fermiamoci alla Lombardia, perché, a
differenza di quello che credono molti, la nostra non è l’unica regione con queste intenzioni. Anzi: in Toscana, considerata un feudo del
centrosinistra, su sei ATO in cui è divisa la regione, ben cinque sono gestiti da società partecipate da capitale privato. In particolare la
fa da padrone Acea, la ex municipalizzata del
Comune di Roma, che ne conserva ancora il
51% ma che per il resto è in mano ai privati
ed è quotata in borsa. Accanto ad Acea ci sono
la multinazionale francese Suez, la banca
Monte dei Paschi di Siena e il gruppo del costruttore romano Caltagirone.
Non voglio dire che questo sia già di per sé un
male, ma pensate un pò: l’amministratore delegato della società che gestisce l’ATO di Firenze, appena nominato, ha detto di voler
portare a 3 o 4 milioni di euro di utile
un’azienda che da anni chiude i bilanci in sostanziale pareggio. Quali sono le strategie per
raggiungere tali obiettivi? Indovinate, taglio
dei costi del personale (passando da 750 dipendenti a 400) e aumento delle tariffe. Non
solo, in altri ATO toscani gestiti dai “soliti
quattro” le società hanno debiti anche consistenti con i Comuni per i canoni di affitto della rete, e i tagli agli investimenti sulla stessa
rete tecnologica e la riduzione delle perdite
sono ormai all’ordine del giorno.
Stiamo viaggiando anche in Lombardia verso
quella direzione, quindi? È vero che siamo nell’epoca del “privato è bello, pubblico è solamente sprechi e ruberie”, ma siamo davvero
sicuri che miglioreremo la nostra situazione, o
più facilmente ci ritroveremo con tariffe notevolmente più alte e reti sempre più colabrodo,
aumentando contemporaneamente gli utili già
corposi dei soliti noti? Siamo ancora in tempo
per fermarci, ma dobbiamo prima svegliarci
dal torpore e prendere in mano tutti insieme la
situazione, cominciando col sostenere i promotori del referendum e pretendendo che si
possano fare e, soprattutto, vincere.
A proposito, anche Malegno è tra i 132 Comuni promotori, la delibera è stata approvata
all’unanimità (se non ricordo male) dal consiglio comunale, pur con qualche distinguo nel
metodo, ma assolutamente non nel merito.
Una bella dimostrazione di difesa degli interessi della comunità, complimenti!
Fax. al momento di andare in stampa si
apprende che il Consiglio regionale della
Lombardia, con 34 voti a favore e 25
astensioni, ha votato per l’ammissibilità
del referendum abrogativo.
la risorsa suolo
“Il territorio che abbiamo ricevuto in consegna è il più grande
investimento sul nostro futuro”.
i Comuni di Cividate e Malegno, in collaborazione con la Provincia di
Brescia, promuovono una
assemblea pubblica
LUNEDÌ 18 FEBBRAIO – ORE 20.30
Malegno - Sala consiliare
intervengono:
prof. PAOLO PILERI
(docente di tecnica e pianificazione urbanistica)
arch. CLAUDIO NODARI
(Tecnico incaricato per la redazione del Pgt)
ing. MARCELLA SALVETTI
(Tecnico incaricato per la stesura del rapporto ambientale )
diversamente “virtuosi”
Prima di lasciare la Valle per andare a dirigere il Parco nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, il
direttore (anzi ex, ormai) del Parco dell’Adamello, Vittorio Ducoli, si toglie qualche sassolino
dalle scarpe denunciando la vocazione al «bracconaggio selvaggio e sistematico» della Valcamonica e «l’assoluta inadeguatezza dei controlli venatori», (Bresciaoggi, 8 febbraio).
Nella stessa giornata dell’8 febbraio, i quotidiani bresciani danno ampio risalto alla «Nuova
alleanza anticrimine» (titolo del Giornale di Brescia) realizzata in Valsaviore (la stessa in cui
sono scomparsi non solo gli animali, ma anche i collari del recente «progetto capriolo») con
l’obiettivo di tutelare il territorio contro «furti nelle abitazioni [quelli strumentalmente inventati di cui abbiamo già parlato su queste pagine]; incendi dolosi di cascine e di aree boschive
[quando?]; immigrazione clandestina; abuso di sostanze alcoliche e di stupefacenti...».
acqua bene pubblico!
Per contrastare la privatizzazione della Regione, 132 comuni lombardi
ottengono il referendum abrogativo della Legge Regionale 18/2006.
La Sinistra Arcobaleno promuove un
incontro/dibattito
VENERDÌ 7 MARZO – ORE 20.30
Breno - Sala assemblee del Bim
intervengono:
EMILIO MOLINARI (Comitato nazionale per l’acqua)
“Il nostro lavoro per un contratto internazionale per l’acqua bene pubblico”
GIOVANNI COCCIRO (Assessore Comune di Cologno monzese)
“Cologno monzese capofila di 132 Comuni per il referendum abrogativo”
ALEX DOMENIGHINI (Sindaco di Malegno)
“L’esperienza della Valcamonica e il commissariamento dei nostri Comuni”
coordina:
Paola Cominelli (Giornalista di Più Valli Tv)
graffiti - febbraio 2008
9
QUANDO LA “MEMORIA” TENDE A DIVENTARE CATARSI PER UN MONDO COSÌ COM’È
genocidi e scheletri... negli armadi
di Tullio Clementi
Gli stavo girando intorno da tempo, a questo
tormento della “memoria”, senza riuscire ad
entrarci con sufficiente cognizione di causa, e
soprattutto senza il timore di urtare più che
legittime suscettibilità.
Ci sono voluti ben tre eventi quasi simultanei
per trovare il... bandolo (e soprattutto il coraggio) e rompere quindi ogni indugio: il commento di Sergio Romano sul Corriere di sabato 2 febbraio «Temevo che la ricorrenza
avrebbe creato i “professionisti della memoria”, vale a dire una categoria di studiosi che si
dedicano prevalentemente a questo esercizio»), la tempestiva replica di Furio Colombo
sull’Unità («... la Shoah, oltre a essere un crimine unico, è un delitto italiano. Nulla di ciò
che è accaduto poteva accadere senza le leggi
razziali italiane...») e, la sera stessa, l’annuncio di una imminente puntata dedicata dalla
Rai al genocidio in Guatemala («la “Commissione per il Recupero della Memoria Storica”
aveva attribuito alle forze armate guatemalteche circa l’80% dei delitti commessi in quel
paese, riesumando dall’oblio della memoria i
fantasmi di un passato un po’ frettolosamente
rimosso. Con date, nomi e cognomi dei responsabili delle atrocità costate la vita a più di
che tristezza!
«Tra le non poche tristezze del momento, ve
ne racconto una inutile ed evitabile, e proprio per questo particolarmente sgradevole.
Il Comune di Milano ha dato lo sfratto all’Associazione degli ex deportati politici nei
campi nazisti (Aned). La vecchia sede di via
Bagutta (affitto regolarmente pagato) serviva evidentemente per altri scopi. I capelli
bianchi di tutti o quasi i frequentatori di quel
luogo di memoria e di dignità devono apparire ai burocrati comunali come una sorta di
rimasuglio di vecchie cose, un ristagno di
faccende prescritte, e magari di pretese oramai scadute. Che sia appena stato celebrato
il giorno della Memoria, e che di reduci dai
lager si occupi l’Aned, dev’essere stato considerato da chi ha preso la decisione una
bizzarra coincidenza stagionale. Sì sa, del
resto, che l’ossatura antifascista di questa
Repubblica soffre da tempo di osteoporosi.
Forse le si imputa, come nel caso dei pochi
partigiani ancora vivi, dei reduci dai lager
che ancora chiedono la parola, di appartenere a persone in là con gli anni. Eppure, è
tutta gente che era sui vent’anni quando rischiò la vita, o la perse, o la mise in gioco.
Dunque il Comune di Milano, sfrattando gli
ex deportati, sfratta dei ragazzi. Ennesimo
episodio di gerontocrazia».
Michele Serra (Repubblica, 30 gennaio 08)
200 mila persone e la fuga o l’esilio a oltre un
milione di guatemaltechi...», (Andrea Necciai).
E allora, incurante del fatto che una cosa simile
venga fatta anche dall’ex diplomatico Sergio
Romano (anche se da parte sua con un ben più
preciso intento ideologico), ho provato a mettere in ordine un po’ di dati relativi ai genocidi
degli ultimi decenni: Armenia, Indocina, Ruanda, Kurdistan, Indonesia, Tibet, Bangladesh...
fino ai più recenti (e attuali, in qualche caso)
nella ex Jugoslavia, in Cecenia e in Palestina.
Tutti Paesi nei quali conviene certamente alle
buone relazioni diplomatiche che venga steso
un velo pietoso sugli scheletri (perfino i Radicali di Pannella hanno abbassato i toni sullo
sterminio in Cecenia, da quando la Bonino si
occupa di commercio internazionale).
Potrebbe non essere un puro e semplice caso,
quindi, se una delle poche eccezioni – forse
l’unica –, la “Shoah” (il genocidio universale
più grande, dopo quello dei nativi americani
nei secoli scorsi), nelle sue prime commemorazioni venne accostata anche alla coraggiosa
onestà, umana e politica, del cancelliere tedesco Willy Brandt, che andò ad inginocchiarsi
nel ghetto ebraico di Varsavia.
una storia negata?
Sotto il titolo di “Una storia negata”, l’assessorato alle attività culturali della Provincia di Brescia promuove una mostra che
«intende diffondere la conoscenza dei tragici eventi che hanno segnato l’Istria e la Venezia Giulia tra 1943 e 1945. Con un approccio al contempo documentario ed emozionale - che replica la fortunatissima formula de Il Giorno della Memoria 2007...».
Si parlerà delle «responsabilità e corresponsabilità di italiani e slavi, degli eserciti regolari e dei partigiani, di fascisti e comunisti,
del governo di Roma e di quello di Belgrado.
Leit-motiv della rassegna sarà la narrazione
delle ultime tragiche ore di Norma Cossetto,
ventitreenne istriana infoibata ancora viva,
dopo lunghe ore di violenza fisica e psicologica, nel settembre del 1943».
Ed ecco il commento di Alessandra Kersevan: «... non so poi come facciano a mettere come “leit motiv” le ultime ora di Norma Cossetto, dal momento che praticamente non ci sono testimonianze valide
che quello che essi raccontano sulla fine
di questa ragazza sia vero. Anzi, ci sono
molte “tracce” che le cose possano esser
andate in modo diverso. Comunque, su
questa vicenda, come Resistenzastorica
non abbiamo ancora fatto un’approfondita
ricerca. Ma neppure loro. Che parlano appunto per pura propaganda».
Tutt’altro che priva di importanza, infine, la
messa in conto che i Paesi in cui i genocidi
portano le date (e le stigmate) più recenti
sono quasi tutti inseriti nell’elenco (India,
Bangladesh, Pakistan, Nigeria, Messico, Indonesia, Brasile, Filippine, Tailandia, Egitto,
Turchia, Etiopia, Colombia...) di quel “Memorandum” che solo pochi decenni fa incoraggiava la leadership degli Stati Uniti a prendere
adeguate decisioni «sulle questioni concernenti la popolazione mondiale». (dal libro di
Franco Adessa, Onu: gioco al massacro).
E allora, piuttosto che insistere troppo sul
concetto di “male assoluto”, sarà forse il caso
di riprendere in considerazione, con Hannah
Arendt, quello sulla “banalità del male”!
recensioni
di Pier Luigi Fanetti
Titolo: Fascismo, foibe, esodo. Le
tragedie del confine orientale
Editore e Autore: Fondazione memoria
della deportazione
La fondazione milanese, che si occupa soprattutto della deportazione politica nei
campi di sterminio nazisti e che fa parte
dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia, ha preparato una mostra per il “Giorno del ricordo” in
memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo
giuliano-dalmata e delle vicende del confine
orientale che può fornire a chi ne fa richiesta (costo: 300 euro).
La mostra ha avuto il patrocinio del Presidente della Regione Lombardia ed è stata
segnalata anche dall’Ufficio scolastico regionale per la Lombardia.
I dieci pannelli che la compongono (formato:
centimetri 70 x 100) hanno i seguenti titoli:
5 1918/22 Dopo la vittoria arriva il fascismo.
5 1922/40 Proibita anche la messa in sloveno.
5 1941 L’aggressione alla Jugoslavia.
5 1943 L’occupazione tedesca.
5 1943-1945 La Resistenza antifascista.
5 1945 La tragedia delle foibe.
5 1946-1956 L’esodo dei 250 mila.
5 1946-1956 L’amara accoglienza.
Ogni pannello è composto da brevi testi illustrativi e da una documentazione fotografica.
La mostra può essere scaricata in formato
A4 dal sito: www.deportati.it dove sono
pubblicati anche gli atti del convegno sulle
tragedie del confine orientale che è stato
organizzato a Trieste nel 2004 dall’associazione degli ex deportati politici nei campi di sterminio nazisti (ANED) e dalla
Fondazione memoria della deportazione.
febbraio 2008 - graffiti
10
A PROPOSITO DELLA MONTAGNA DI SOLDI PUBBLICI (E PRIVATI) IN ALTA VALLE
qualche briciola per il “turismo dolce”?
di Tullio Clementi
Dalla realizzazione del “Grande Sogno” in
Alta Valle si è passati alle aspirazioni per
un “Sogno 2”, per dirla con le parole del
nuovo padrone delle Terme di Boario. Uno
che «punta al rilancio non solo della stazione termale di Boario ma anche della città, che va collegata alle stazioni sciistiche
e al resto di un territorio». (Bresciaoggi).
Fra questi grandi Sogni nel... cassetto (o
già nei caveau delle banche), vorremmo
aprire uno breve spiraglio per riprendere
un piccolissimo sogno, che esprimiamo in
forma di domanda ai poteri istituzionali
(che non fanno mai mancare il loro aiuto
ai “grandi sogni”): una bella pista per lo
sci di fondo, magari su verso quell’Alta
valle che nei tempi andati pareva orientata anche in tal senso.
Tra il confine di Vezza d’Oglio con Incudine, a sud, e quello “nordico” di Vione
con Temù, per esempio, c’è un’area lunga
mezza decina di chilometri (che vuol dire
un “anello” lungo almeno il doppio) in
cui la neve, anche in questi ultimi anni di
scarsità, rimane solidamente al suolo fino
all’inizio della primavera.
Un’area in cui già nel recente passato alcuni volenterosi amanti della specialità e
del sano contatto con l’ambiente naturale,
avevano tracciato e percorso per qualche
anno una bella e comoda pista.
Sarebbe più che sufficiente che i Comuni
dell’Alta Valle, magari incoraggiati da una
delle tante (e non sempre apprezzabili)
elargizioni di pubblico denaro da parte
degli enti sovracomunali, mettessero in
conto anche un impegno in tal senso.
Oppure lo sci di fondo continuerà a rimanere la... Cenerentola delle nevi solo perché non si presta adeguatamente al
“tiket” d’ingresso in pista?
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sarebbero una fuga dalla realtà”.
Non si preoccupi, governatore: lei
provi a fuggire. La realtà promette
di voltarsi dall’altra parte».
Beppe Severgnini
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graffiti - febbraio 2008
11
svincoli e rotatorie a Breno
di Giuliano Laini (capogruppo di “Impegno Comune”)
per chi corre il treno?
«Grazie all’impegno delle Ferrovie Nord e
dell’Assessorato ai trasporti pubblici della
Provincia di Brescia dall’inizio della
settimana sono attive sulla tratta ferroviaria
Brescia-Iseo-Edolo due corse al giorno davvero straordinarie, che riducono nettamente
la tempistica tradizionale dei treni che dalla
valle e dal Sebino raggiungono Brescia, e
viceversa», questa la notizia che leggiamo
sul Giornale di Brescia di sabato 9 febbraio. Ed ecco il dettaglio... strategico: «Il primo prende il via alle 8.20, passa da Iseo alle
9 e 52 e arriva nella stazione centrale del capoluogo alle 10.17; il secondo, all’inverso,
muove da Brescia alle 16.23, passa da Iseo
alle 16 e 48 e arriva a Edolo alle 18.22».
Congratulazioni, i pendolari camuno-sebini
ne saranno immensamente felici! (t.c.)
LA CLASSIFICA DEL MESE
Quando abbiamo visto la delibera di giunta N.
60 con oggetto “approvazione progetto esecutivo rotatoria Breno” abbiamo esultato perché
finalmente la nostra amministrazione aveva
messo mano a quell’orribile uscita della superstrada a proposito della quale due anni fa scrivevamo sul nostro giornalino, nell’articolo di
Breno Nord: «Assurdo svincolo della superstrada realizzato perpendicolarmente alla statale, cosicché i Tir hanno grosse difficoltà ad
affrontarlo. È stato sicuramente pensato per
creare ingorghi e code e peggio di così difficilmente si poteva fare. Se si deve imboccarlo
per andare verso Edolo occorre lasciare sfilare
quelli che vengono in senso contrario; se si
esce dalla superstrada venendo da sud (cioè da
Brescia) si devono fare due stop in 50 metri!
Crediamo che un qualsiasi studente di ingegneria che avesse progettato uno svincolo simile
non avrebbe mai passato l’esame».
Leggendo il titolo della delibera abbiamo pensato : meglio tardi che mai.
Forte è stata la nostra delusione quando, andando all’ufficio tecnico, abbiamo constatato
che il progetto esecutivo della rotatoria interessava l’uscita vecchia della superstrada e
non quella nuova.
Non riuscendo a farcene una ragione abbiamo
chiesto la riunione della commissione urbanistica e della commissione lavori pubblici.
Dobbiamo prendere atto che le commissione
sono state fatte, ma il risultato prodotto è stato uguale a zero. Siamo venuti a sapere che si
fa la rotatoria lì perché li la vuole l’Anas.
Abbiamo scoperto che l’intenzione dell’amministrazione è quella di far scendere verso
Breno tutto il traffico che esce dalla super per
poi riconvogliarlo verso le varie destinazioni.
Perciò tutti quelli che escono a Breno per andare verso Niardo, Braone o Losine, compresi
tutti i camion che devono recarsi nelle aree artigianali da Breno fino a Capodiponte (non
potendo uscire a Ceto e Nadro perché vietato)
verranno incanalati verso Breno.
Risultato: non si toglie nulla alla pericolosità
dell’uscita della super, in più si peggiora la situazione provocando più ingorghi di prima
obbligando anche chi esce dal centro di Breno,
dopo aver superato il passaggio a livello, a
dare la precedenza a tutto il traffico proveniente dall’uscita della super. Magnifico!
Altro problema è la vecchia uscita della superstrada che, secondo l’Anas ed i nostri amministratori, dovrebbe rimanere per permettere ai
carichi speciali della Habitat Legno di poter
uscire ed entrare nella super.
Quando il consiglio comunale di Breno, venti
o più anni fa decise di spostare l’uscita della
superstrada dove è adesso, uno dei motivi era
anche quello di ampliare la zona artigianale. In
nessun documento esiste la pur minima traccia che Breno deve avere due uscite.
Ora, per errori dell’Anas che da Cividate in
poi non ha previsto uscite percorribili da carichi eccezionali, dobbiamo buttare via territorio comunale per lasciare una bretella che verrà usata forse una volta l’anno? O mai ?
Non è possibile che Breno sia sempre penalizzata, per interessi sovracomunali.
(a cura di Gastone)
coraggio, coerenza e memoria
Voto 1 al sindaco di Borno. Finalmente le dimissioni. Ha tenuto duro sino all’ultimo, ma il
controricorso non gli ha dato ragione. Come era ampiamente prevedibile. Che era ineleggibile
doveva realizzarlo prima.
Voto 2 alla Lega Nord di Breno. Il classico piede in due scarpe. Tanta opposizione, ma poi in
consiglio comunale ha ragione sempre e comunque la giunta Mensi. Un pochino più di coerenza.
Voto 3 alla Lega Nord di Artogne. Cme sopra. Fanno la minoranza stando in maggioranza, criticando aspramente il sindaco Lorenzetti. A quando un briciolo di chiarezza a favore dei cittadini?
Voto 4 alla giunta Mensi. Mentre il Centro Culturale Teatro Camuno festeggia tanti anni di
attività e fonda un’associazione allargata per gestire, tra le altre cose, il futuro Teatro Giardino,
questo è fermo al palo e non si sa quando verrà ultimato.
Voto 5 alla giunta regionale lombarda. La finanziaria 2008 demanda alle regioni la rivisitazione
delle Comunità Montane, con l’obiettivo di ridurre costi e sprechi. Ma da quel che si può
percepire un gran poco cambierà. Urge più coraggio e determinazione.
Voto 6 all’Anas. Lo svincolo di Sulzano è diventato realtà in pochissimo tempo. Si pretende
analoga celerità per i lotti di Capo di Ponte, Sellero e Berzo Demo.
Voto 7 a Vallecamonica Servizi. Otto mesi di discreto funzionamento per il depuratore della
Media Valle. A breve l’allacciamento di tutto Breno ed anche Esine. Ma andrebbe aggiunto alla
svelta anche il complesso impianto fognario dell’ospedale.
Voto 8 all’amministrazione comunale di Bienno. Il regolamento per il posizionamento di
antenne e climatizzatori sulle facciate delle case mira a salvaguardare le peculiarità del centro
storico. E ad evitare obbrobri.
Voto 9 all’amministrazione comunale di Rogno. Il nuovo piano di governo del territorio è chiaro nel
porre limiti alle zone artigianali già in essere. Un deciso stop al proliferare dei già tanti capannoni.
Voto 10 ad Anpi e Fiamme Verdi di Vallecamonica. Il treno della memoria – realizzato in collaborazione con Ferrovie Nord in occasione della giornata del ricordo – ha avuto un successo notevole. Ottima l’idea di un percorso itinerante lungo tutta la Valle con il coinvolgimento delle scuole.
quel voto non ci piace
Due o tre numeri fa su Graffiti è
stato pubblicato nella scaletta
dei voti che si danno ai comuni un voto
sufficiente al Comune di Piancogno per
l’inaugurazione del Palazzetto dello Sport
di Piamborno. A noi pare che quando si
spendono tanti soldi per un’opera faraonica e sicuramente di gestione molto costosa
si debba avere un altro metro di giudizio.
Cordiali saluti.
Gianluigi Di Giorgio e Silvio Falocchi (ex
assessori nella giunta di sinistra del Comune
di Piancogno negli anni 1988-1993)
Quel 6 aveva un tono evidentemente ironico.
Della serie: meglio tardi che mai. Oppure:
campa cavallo che l’erba cresce. Ci associamo pertanto alle vostre perplessità. E giudichiamo politicamente miope insistere su una
costruzione imponente (tra l’altro non ancora completamente ultimata), che era nata all’inizio (e aveva ricevuto finanziamenti) per
svolgere una funzione sovraccomunale, cioè
servire anche i comuni limitrofi e non solo
Piancogno. A suo tempo sarebbe stato più
utile ragionare su un suo ridimensionamento
o abbattimento parziale. (Gastone)
febbraio 2008 - graffiti
12
dalle Alpi alle Ande
GRAFFITI
via Silone, 8 (c/o Tullio Clementi)
Care e cari tutti, un saluto affettuoso per tutti voi, anche da parte di Vitto25040 DARFO BOARIO TERME
ria, Ronald e Virginia. La serata del 28 gennaio è stata molto partecipata e
[email protected]
ricca di contributi. Vittoria è inferma ad una gamba, ha un’ingessatura che la
http://www.voli.bs.it/graffiti
limita, ma ciò nonostante è venuta dal Perù e sta caracollandosi in giro per l’Italia
del Nord. I nostri tre ospiti sono rimasti molto stupiti dalla nutrita presenza e dall’affetto che
in Redazione: Bruno Bonafini, Guido
hanno ricevuto. Ci mancava molto Erminia, che in questo momento non sta bene ed ha bisogno del
Cenini, Valeria Damioli, Valerio Moncini.
nostro pensiero ed affetto. Solitamente ci accompagna nell’accoglienza di Vittoria e riempie i nostri
hanno collaborato: Amici della Natura di
incontri con il suo calore e la sua generosità. È sempre stata nelle parole di Vittoria e Ronald. La sua
Lozio, Anna Airò, Monica Andreucci, Fabio
era una presenza/assenza. Guido, portale un nostro bacio, per favore.
Baffelli, Tomaso Castelli, Gian Luigi Di GiorI punti che mi sembra importante richiamare per chi non ha potuto partecipare all’incontro serale,
gio e Silvio Falocchi, Pier Luigi Fanetti, Sara
sono questi: 5 La scuola Maria Angola prosegue ed ha finito il 5º anno. Quest’anno alcune raFaustinelli, Gastone, Giuliano Laini, Marghegazze hanno concluso il loro ciclo di istruzione e due di esse stanno tentando l’iscrizione a quella
rita Moles, Mauro Montanari, Mario Salvetti.
che loro chiamano università. Un bel successo, direi. 5 Le iscrizioni stanno aumentando e l’anno
Direttore responsabile: Tullio Clementi.
prossimo si prevede una classe in più, quindi anche almeno un insegnante in più. 5 È stato
costruito un progetto per aprire la scuola Maria Angola alle scuole del territorio, prevedendo
durante l’anno uno scambio fra alunni e insegnanti: dalla scuola Maria Angola alle altre scuole di
Disegni e vignette di Staino, Ellekappa,
Cusco e dalle scuole di Cusco alla scuola Maria Angola. Uno scambio di attività, di relazioni, di
Vauro, Vannini e altri sono tratte dai
formazione, di spazi che farebbe ben promettere per gli sviluppi della scuola e per la ricchezza
quotidiani: l’Unità, il Corriere della Sera, il
di formazione che dovrebbe fornire. Si sta attendendo il riconoscimento ufficiale di questo proManifesto, la Repubblica, dal periodico
getto per renderlo attuabile. 5 Continua il lavoro di formazione nelle comunità andine attraverso
Linus e dalla Rivista del Manifesto
il lavoro delle promotrici sociali. Virginia appunto è una delle 8 promotrici sociali che, formate
presso il Caith, vanno poi nelle comunità campesine a fare lavoro di animazione, di riconoscimento e valorizzazione culturale, di ricostruzione di identità, di attribuzione di dignità. Questo
lavoro ce lo ha raccontato Virginia con molta scioltezza ed entusiasmo. 5 Sono state portate
alcune copie di un libro che raccoglie racconti della tradizione orale andina scritti in lingua quechua
e tradotti in italiano, illustrati con disegni delle bambine e ragazze. Virgina ci ha letto un racconto in
quechua ed Alessio ce lo ha letto in italiano. Proprio una bella emozione.
Diciamo che la comunicazione è stata ricca, proprio per i contributi diversi che ha dato, per il
confronto con tre personalità diverse e con tre ruoli complementari all’interno del Caith.
A Vittoria e Ronald ho affidato una busta con 2000 euro per la scuola. 1000 euro sono il contributo
speciale della Società Coooperativa dell’Edilizia
di Pisogne, di cui vi ho già parlato, e 1000 euro
sono una parte dei nostri contributi trimestrali
Mi è stato fatto notare che nella richiesta alla
(gennaio - marzo). Ho creduto opportuno dare
Comunità Montana di fare il capofila del Fetutti i soldi che c’erano in cassa, arrotondandoli
Tel. 030.45670
stival (si veda articolo “Il Festival? FacciaFax: 030.3771921
al migliaio. Se riuscite a passare in Tapioca, nei
molo insieme”, sul numero di gennaio), non è
Brescia - Via Luzzago, 2/b
prossimi giorni, a lasciare il vostro contributo
www.radiondadurto.org
sufficientemente chiaro che noi, CCTC, non
trimestrale, magari riusciamo a dare a Vittoria
ce ne laviamo le mani in attesa dei fondi.
FREQUENZE:
per il 21 febbraio, giorno del suo rientro, la rimaPensavo di essere stata esaustiva proprio condal lago a Capodiponte: 100.100
nente parte del nostro contributo.
da Capodiponte a Edolo: 99.90
cludendo con «Facciamolo. Se possibile, insieComunque grazie per la vostra collaborazione,
da Edolo a Pontedilegno: 100.00
me». Comunque, per non dare adito a male ingrande o piccola, sempre preziosa. Grazie ai
terpretazioni, vorrei sottolineare che noi,
prossima trasmissione: MERCOLEDÌ 27 FEBBRAIO
soliti sostenitori e ai nuovi. Vediamo se riusciaCCTC, stiamo già dandoci da fare per raccodalle ore 18,30 alle ore 19,20
mo ad allargare la rete. (Margherita Moles)
gliere fondi per il Festival. Si chiede all’Ente di
fare il capofila non per stanziare iper-contributi, ma per farsi portavoce presso quelle
VALCAMONICA ON-LINE (di Mario Salvetti)
Istituzioni e Fondazioni, quegli Sponsor per i
quali la richiesta inoltrata da un Ente come la
(http:www.guidealpineadamello.it)
Comunità Montana vale mille volte rispetto
«Le Guide Alpine della Vallecamonica vantano più di un secolo di storia;
alla richiesta di una Associazione. Modalità
esistono documenti che attestano la loro presenza in Valle già dalla metà
che normalmente viene attivata anche per
dell’Ottocento. Da queste figure storiche, che hanno notevolmente
altri Eventi valligiani, per i quali sono gli Enti
contribuito allo sviluppo alpinistico e turistico della zona, sono nate
stessi a contattarsi tra loro e a contattare Fonle attuali Guide Alpine della Scuola italiana alpinismo, scialpinismo e
dazione e affini e non l’Associazione o le Asarrampicata Vallecamonica-Adamello».
sociazioni ideatrici delle manifestazioni.
L’associazione delle Guide, con sede a Edolo, organizza percorsi in alta
Vorrei infine aggiungere che del Festival
quota, lezioni di arrampicata, escursionismo per tutte le età e e per tutti i
“Dallo Sciamano allo Showmen” si parlerà
livelli di difficoltà, trekking, scialpinismo, palestre di arrampicata sportiva, scalate di cascate
anche durante una delle più interessanti e
di ghiaccio e attività di canyoning.
seguite iniziative collaterali al Festival di
Il sito internet, ospitato dalla rete civica della Vallecamonica, è una presentazione del gruppo e
Sanremo presso il Palafiori (una dimostracontiene il programma completo degli itinerari (invernali ed estivi), con le modalità di iscrizione
zione in più della nostra ostinazione nel voed i contatti utili. Queste le sezioni visitabili: “Chi siamo”, “Attività”, “Corsi”, “Fotogallery”,
ler dare notorietà alla Valle!).
“Viaggi”, “Rifugi”, “link”, “Contatti” e “Meteo”.
Nini Giacomelli
ancora sul Festival
guide alpine