febbr - Voli - Vallecamonica On Line
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17º anno - n. 168 - febbraio 2008 “... incisioni eseguite con una punta su una superficie dura, per lo più mettendo allo scoperto un sottostante strato di colore diverso...” Direzione, Redazione, Amministrazione: Darfo Boario Terme, vicolo Oglio - Direttore responsabile: Tullio Clementi - Autorizz. Tribunale di Brescia n.3/92 del 10.01.92 - Spedizione in abbonamento postale, art. 2 comma 20/d legge 662/96 - Filiale Bs - Ciclostilato in proprio, Darfo Boario Terme. Sessantotto?! In perfetta sintonia con il cardinale Camillo Ruini (e comunque non prima di aver speso parole lusinghiere per quel Sessantotto che «parlava di pace, giustizia, diritti civili, libertà, di idee e valori metabolizzati nelle conquiste sociali degli anni a venire»), l’editorialista de L’Eco di Bergamo, Francesco Anfossi, scrive che «il tempo s’è fermato alla Sapienza, oppure è stato ritrovato da qualche rigattiere della memoria, persino in quel modo di vestire “vintage” sciatto e improbabile, fatto di jeans, maglioni lunghi, vecchie clarks, mescolato ai loden degli intellettuali “democratici” che hanno voluto tenere l’università incontaminata da Benedetto XVI nel nome di un Galileo in stile tardo-brechtiano...». Condividendo senza riserve gli apprezzamenti sul Sessantotto, e non volendo lesinare neppure sulla stima per tutti i suoi protagonisti che, a distanza di quarant’anni, non rinunciano affatto a testimoniare con profonda coerenza gli ideali di allora, vien però da chiedersi se c’è ancora qualche presidenza, qualche assessorato, qualche altra prebenda il cui conferimento non sia tuttora prerogativa e appannaggio di quegli ex sessantottini che da decenni sono asserragliati nella cittadella della loro autoreferenzialità. Una nicchia che sarebbe ambita persino per il Faust di Goethe, nella sua smisurata smania di giovinezza, estetica ben più che etica! E allora, se ci è consentita l’irriverenza, quali altre opportunità rimangono per i ventenni (e trentenni) di oggi, oltre alla drastica alternativa tra il genuflettersi alle nuove vestali del Potere o il mettersi di traverso ad ogni buona occasione, invocando un nuovo Sessantotto? Sarebbe una brutta copia, oltre che anacronistica? Probabilmente sì, ma la responsabilità non potrebbe comunque essere messa in conto solo ai «cattivi maestri» della “Sapienza” (t.c.) «... e l’uno si vanta della propria vergogna e dei propri delitti, l’altro si fa forte dell’altrui complicità, mentre odi proclamare “colpevole” l’innocenza che non ha che sé stessa per difendersi...». (Goethe, “Faust”) «... Quindi occorre abolire le intercettazioni, almeno per reati minori, tipo mafia, corruzione, concussione, aggiotaggio. E limitarle a delitti di grave allarme sociale, tipo il graffito, la vendita di cd taroccati, il lavaggio di vetri ai semafori, l’accattonaggio e l’ubriachezza molesta...». (Marco Travaglio) ACQUA: SEMPRE A PROPOSITO DI “AMBITI OTTIMALI” fare gli interessi della comunità! di Fabio Baffelli Fortunatamente negli ultimi mesi si sta parlando sempre più dell’acqua, di quanto sia preziosa e di come debba essere considerata un diritto da riconoscere a chiunque, anche mantenendone la gestione ed erogazione in mano pubblica. Vediamo un po’ di fare dunque il punto della situazione in Lombardia. La legge regionale è in vigore, ma agli ATO (ambiti territoriali ottimali, vale a dire quelle macroaree che dovrebbero gestire uniformemente il ciclo integrato delle acque) è impedito qualsiasi affidamento fino a novembre 2008, grazie ad una moratoria approvata dal Parlamento nazionale. Contemporaneamente, pendono sulla stessa un appello Per favore, caro Walter, sulla questione aborto, non ascoltare Giuliano Ferrara, anche se sembra incinta di dieci mesi. Non ascoltare preti e cardinali, anche se portano le gonne lunghe. Per favore ascolta le donne. (g.c.) legge regionale tre referendum richiesti da 132 consigli comunali lombardi, di cui oltre quaranta bresciani; questi referendum vorrebbero colpire gli articoli della legge regionale che introducono: l’innaturale distinzione fra gestione ed erogazione del servizio idrico; l’esclusione dell’affidamento in house (in casa, in economia) della gestione e dell’erogazione del servizio, con la messa a gara o la costituzione di una società mista pubblico/privato; la possibilità che nella società patrimoniale entrino soggetti privati. In pratica la legge regionale vorrebbe impedire il mantenimento pubblico della gestione della rete idrica, obbligando gli enti locali a consentire l’ingresso dei privati. Come se non bastasse, contro la stessa legge il governo Prodi ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale, ritenendo che si sia legiferato su argomenti come la concorrenza di esclusiva competenza nazionale. Insomma la privatizzazione segue a pagina 8 immagina un popolo... (Sara Faustinelli, a pag. 4) FONTI DI INQUINAMENTO PER L’AMBIENTE E PER LO SPORT la montagna profanata teatro contro l’annientamento... (Anna Airò, a pag. 5) di Tullio Clementi Verso il finire degli anni Cinquanta, quando costeggiavamo a cielo aperto (i passaggi protetti sarebbero stati costruiti solo negli anni successivi) i laghi artificiali della val d’Avio per andare a prendere la funivia che ci avrebbe scaricati nei cantieri del Pantano o del Venerocolo, nei mesi invernali lo si faceva con la scrupolosa osservanza di poche norme elementari (così parevano a quelli che ce le impartivano, e così sarebbero apparse a noi all’atto pratico): mai attraversare i segue a pagina 2 i gerarchi tengono famiglia... (Mauro Montanari, a pag. 6) educazione alla legalità... (Tullio Clementi, a pag. 7) febbraio 2008 - graffiti 2 dalla prima pagina la montagna... canaloni che scendono dal monte Avio in gruppo, e sempre nel più assoluto silenzio, per non disturbare i “folletti della montagna”, evidentemente, che si presentano sotto la mutevole forma di slavine o di valanghe a seconda dei diversi... umori stagionali. Regole elementari per un buon rapporto con quella stessa montagna che oggi, senza alcun pudore e senza alcun ritegno, viene apostrofata come “traditrice” e “assassina” non appena qualcosa va storto secondo il metro di quanti la vorrebbero piegata alle proprie voglie... Regole che possono riemergere soltanto grazie al coraggio (e ce ne vuole parecchio di coraggio per dire che non basta morire per aver ragione) di quanti si stanno battendo per una regolamentazione – dato che l’interdizione pare ormai improponibile – nell’uso delle motoslitte. Perché «certe cose possono succedere solo in Italia», denuncia il presidente del Cai di Brescia, Guido Carpani Glisenti, in questo Paese dove «non esiste quasi nessuna legge che regoli la materia delle motoslitte» (Bresciaoggi, 24 gennaio); e Sandro Leali, del Cai di Breno, esorta a stare bene in guardia contro la «lobby delle motoslitte», che «ha parecchi agganci ed un notevole potere mediatico», e grazie alla quale, quindi, gli... impavidi centauri di questi moderni e abominevoli mostri delle nevi «si sentono i padroni della montagna» (ibidem). «... Dieci anni fa c’erano animali, potevi vedere uccelli, piccoli mammiferi, che a primavera uscivano e stavano tranquilli tra l’erba e la neve. Adesso è come stare a Monza...». (Giacomo Peretto) patente e buonsenso parola e azione «... Chiediamo che le motoslitte e i loro conducenti debbano essere riconoscibili ed identificabili. Targa, patente, assicurazione, maggiore età e limiti di velocità devono essere, insieme al buonsenso, il corredo normale per l’utilizzò di questi mezzi. E per la stessa incolumità dei motoslittisti crediamo che l’esame per la patente debba includere anche nozioni di sicurezza in montagna, metereologia e valanghe. Chiediamo inoltre l’individuazione di percorsi certi, sicuri e controllabili dove le persone con motoslitte possano svolgere la loro attività, ma subordinata alla capacità delle forze di vigilanza di controllare il territorio e sanzionare gli abusi». dal documento sottoscritto dalle sezioni bresciane del Cai «In principio era il verbo», scrive Giovanni. Il “verbo”, ovvero la “parola” (la parola di Dio, per lo stesso evangelista), ma il Faust di Goethe traduce altrimenti e dice che «in principio era l’azione», equiparando l’una e l’altra. Proverbi e slogan militari poi hanno fatto un po’ di casotto, raccontandoci che «il silenzio è d’oro», i primi, ed esortandoci a marciare in silenzio (“tira e tasi”, recitava il motto del 3º Artiglieria montagna della “Julia”), i secondi. Chissà a cosa pensa Francesco Gheza, che fa pure professione di “giornalismo” televisivo, tra una presidenza e l’altra, quando afferma (Bresciaoggi, 9 gennaio 2008) che «Le parole contano zero, i fatti cento»? e il Soccorso alpino rincara la dose «L’incidente del Maniva – afferma Valerio Zani, vicepresidente nazionale del Soccorso alpino - ha portato alla ribalta una tematica fin troppo nota agli amanti della montagna. Solo per far un esempio, prima di Natale, a Bazena, abbiamo soccorso cinque motoslittisti che si trovavano in guai seri. Queste persone non si confrontano in modo corretto con la realtà alpina. Pensano che basti salire in sella ad uno di questi mezzi per destreggiarsi sulla pista ma al contrario, proprio come in mare, in volo o sulla strada, ‘bisogna possedere una educazione all’ambiente nel quale ci si muove, alle sue regole ai suoi pericoli. Se non si è più che preparati, le sciagure sono dietro l’angolo». dal Giornale di Brescia, 7 febbraio ’08 caro Ettore, Siamo felici di avere finalmente scoperto il motivo che ti ha allontanato ormai da parecchi mesi dagli Amici della Natura. Sai, temevamo di averti fatto qualche torto, qualche sgarbo senza rendercene nemmeno conto. Ed in effetti pare proprio che sia andata così. Siamo felici ma anche delusi: non riusciamo proprio a capire perché abbiamo dovuto sapere dalle pagine di “Graffiti” [gennaio 2008] cosa ti abbiamo fatto. Speravamo infatti ancora che un giorno saresti ricomparso e ce ne avresti parlato. Sai, anche a noi non piacciono molto le villette di San Nazzaro, e nemmeno il nuovo “quartiere” in fondo a Villa. Tanti di noi continuano a sognare che si ristrutturino tutte le case abbandonate da tempo che abbiamo nei nostri centri storici, rispettandone l’aspetto esterno originario, prima di costruirne di nuove. A proposito, hai fatto per caso anche un giro in centro a Laveno? Qualcosa si sta muovendo in questo senso, e i nuovi amministratori ci hanno spiegato che si tratta di uno dei faticosi risultati che sono riusciti ad ottenere, in una situazione non certo facile nella quale si sono trovati quattro anni fa... Noi abbiamo deciso di credergli, di fidarci di loro. Ti ricordi, in una assemblea di tanti anni fa, che ti vedeva già tra i responsabili dell’associazione, quando queste persone, amici della natura come noi ma anche consiglieri comunali, ci parlarono per la prima volta dei mille progetti edificatori di chi amministrava allora Lozio? Erano sinceri e sinceramente interessati al bene del paese; e francamente a me sembrano sinceri anche ora, quando spiegano ad un’associazione portatrice di interessi ambientali diffusi sul territorio, come siamo noi, in quale direzione sta andando Lozio. Perché non vieni anche tu a parlarne con loro, quelle poche volte che, tra i mille impegni di ognuno, cerchiamo il tempo di occuparci anche di questo? Dopo tutto lo sai molto meglio di tanti di noi quanto libera e aperta sia l’associazione che ti ha visto protagonista per tanti anni e che, peraltro, ti annovera ancora tra i membri del consiglio direttivo (i responsabili, come dici tu). Oppure è sfuggito ancora qualcosa a noi?!? gli Amici della Natura di Lozio Marco Facchinetti «Ora, Marco, non è giusto che tu riposi. Avremmo ancora molto bisogno del tuo aiuto, della tua intelligenza, dei tuoi rimproveri falsamente burberi. Avremmo preferito passare ancora molte ore con te a confrontarci e se necessario a scontrarci, mentre dobbiamo sopportare questo tuo eterno silenzio che ci addolora e ci rattrista infinitamente. Il ciclo spesso ingovernabile e sempre imperscrutabile delle umane miserie ti ha riassorbito nel flusso dell’universo. Che la terra ti suoni leggera, che i tuoi insegnamenti non cadano nel vuoto, che nascano e crescano altre menti ed altri cuori come i tuoi». dall’orazione funebre di Giancarlo a nome degli amici del GISAV ABBONAMENTO 2008: ordinario: • 15,00 - sostenitore: • 25,00. Gli abbonati sostenitori riceveranno in omaggio un libro sulla Valcamonica. Versare sul c.c.p. 44667335 (intestato all’Associazione culturale Graffiti), tramite l’allegato bollettino. «“I partiti pensino a interessi generali del Paese”. Woody Allen telefona a Franco Marini: questa è stupenda! Me la presta?». (Beppe Severgnini) graffiti - febbraio 2008 3 UNO SPETTRO SI AGGIRA PER IL MONDO: IL CONSUMATORE SENZA PRODUTTORE lotta di Class... action di Tullio Clementi Fin dal suo ottavo congresso, nel 1981, quando si schierò sostanzialmente contro la modifica degli automatismi salariali, la Uil rivendicava il passaggio «dall’antagonismo al protagonismo», ma il passaggio fondamentale avverrà solo al congresso successivo del 1985 (che verrà celebrato all’insegna dello slogan “Volgersi al nuovo”) quando, puntando a valorizzare «il ruolo del sindacato anche fuori dal luogo di lavoro» ed a «far funzionare l’Italia, in linea con la politica del sindacato dei cittadini e del ruolo concertativo e partecipativo dell’organizzazione sindacale», avrebbe di fatto lanciato e “sponsorizzato” la nuova fase del “Sindacato dei cittadini”. Due decenni più tardi, nell’affollatissimo blog televisivo, Beppe Grillo, fors’anche convinto di esibire una primizia, avrebbe esortato i suoi sempre più numerosi ed arrabbiati seguaci a «creare un organismo formato da cittadini, che faccia pubblica denuncia delle malefatte di chi amministra e delle cose che non vanno». Nel frattempo, sotto il governo Prodi, veniva approvata la normativa sulla cosiddetta “Class action” (“azione civile collettiva”): «Un’arma importata direttamente dagli Stati Uniti», in base alla quale «i cittadini potranno ora partecipare a cause collettive contro società fornitrici di beni o servizi». (Repubblica, 1 febbraio 2008). Un’arma che, pur mostrando fin dal suo AMBIENTE & DINTORNI nascere dei limiti che potrebbero essergli fatali (basti citare le croniche carenze del nostro sistema giudiziario), è già in grado di alimentare velleità e brame di almeno una ventina di associazioni pronte a tutelare a fil di... codice e di cavillo i “sacrosanti diritti dei consumatori”. D’altra parte, il terreno promette di essere piuttosto fertile, come ci racconta una lunga e dettagliata inchiesta promossa dal Corriere della Sera, dalla quale emerge un quadro «sconfortante per il nostro Paese», dove «superpaghiamo l’elettricità. I prezzi crescono a velocità inimmaginabili per le nazioni nostre vicine». E dove «a questo si aggiungono le più che negative percezioni sui servizi» e, quindi, «il rischio del “piove governo ladro”...». Ma a partire dai dati oggettivi basati sulle cifre – conclude il giornalista –, l’indagi«... Ci saranno, nel 2008, milioni di operai che continueranno a lavorare con le mani e la testa, scriccatori e fiammellisti, e manovali edili romeni e albanesi, metalmeccanici senza contratto, raccoglitori arabi di carciofi a Castelvetrano e coltivatrici romene e ucraine di serre a Vittoria e pastori d’alpeggio senegalesi. Molti moriranno sul lavoro, di lavoro: morti bianche, rosse, incandescenti». (Adriano Sofri) (di Guido Cenini) monnezza Non si parla d’altro. Napoli e la sua sporcizia. Che bella immagine dell’Italia. Si pensi soltanto ai siti turistici visitati ora per le vacanze estive a capri, Ischia, la costiera amalfitana, Pompei e tutto il resto. C’è chi dice la colpa è della camorra, chi di Bassolino e la politica, chi dei verdi, chi di Mastella (ma sì mettiamocelo anche qui!). Le discariche no, gli inceneritori no, la raccolta differenziata nemmeno. E allora? Bruciateli in strada! Il problema sta tutto nella raccolta differenziata e nell’industria degli imballaggi. Cioè meno si ricopre il prodotto e più si ricicla e meno va in discarica o al termovalorizzatore. Se la gente recupera l’80% dei rifiuti, va via solo il 20%, ma se a Napoli ci si ferma al 4%, tutto il resto va in ecoballe che nemmeno si possono bruciare. Ma noi come stiamo? È appena uscito il resoconto della provincia sull’ultimo rilevamento. Angolo è fermo al 16,56%. Borno al 18,33% ed arretra rispetto all’anno prima. Breno al 21,99% (dal piazzale dei bus, davanti al comune, al liceo non c’è un cestino!!!). Cerveno al 20,33%. Cimbergo al 23,80%. Corteno al 12,35% (alla faccia del paese turistico). Darfo al 25,72% (sarà colpa degli acquaiuoli?). Edolo al 23,01%. Esine al 17,30%. Ono al 21,57%. Paisco al 20,35%. Piancamuno al 18,26%. Piancogno al 22,72%. Pisogne al 19,78%. Ponte di Legno al 18,27% (altro che grande sogno!). Saviore al 19,06%. Sonico al 20,67%. Temù al 19,85% (altro sogno). Vezza al 20,49%. Vione al 15,79%. Come potete ben vedere non siamo messi bene neanche noi. Tanti sono ancora sotto il 20%, la maggioranza si attesta tra il 20 e il 25%, pochi superano il 30%. E sì che la legge prevede che entro il 2007 si doveva superare il 35% per arrivare in altri tre anni al 65%. Ma come si fa ad essere ottimisti, come si fa a criticare i napoletani se ci nascondiamo dietro il dito dell’inceneritore di Brescia, che tanto brucia tutto, anche la nostra pigrizia e la nostra incapacità a riciclare. Ognuno guardi in casa propria e faccia qualcosa di più. ne di Bruxelles parla di consumatori che pagano una sorta di sovrapprezzo continuo per il solo fatto di essere italiani. Si tratta di cifre, non percezioni. E su quelle si può e soprattutto si deve intervenire». (Corriere della Sera, 1 febbraio 2008). Da tutto questo bailamme di cittadinanza imbrigliata all’insegna del “consumatore universale”, emerge tuttavia una grande incongruenza, portatrice di un’altrettanto grande aspettativa: la riscoperta del produttore come inevitabile ed ovvio contraltare del consumatore. il centauro «Abbiamo inseguito per intere generazioni il fantasma di una “democrazia speciale” e ce ne ritroviamo una “reale”, speciale sì ma in senso negativo. Abbiamo scartato il modello anglosassone perché formale, con una eguaglianza cioè solo giuridica e non anche economica, com’era nei nostri sogni. Abbiamo snobbato il modello socialdemocratico perché svendeva per quattro denari (un eccellente Welfare) l’impegno a costruire il socialismo vero, cioè quello senza libertà d’impresa e di parola. Ci siamo lasciati tentare dall’idea suggestiva dell’«immaginazione al potere» e ci assilla ora l’inimmaginabile montagna di monnezza che non sappiamo unici al mondo - nemmeno smaltire. Siamo ridotti al punto che qualsiasi altro modello di democrazia - spagnola, francese, inglese, tedesca, americana - ci fa adesso invidia. Ambiziosi nei progetti, siamo modestissimi nelle realizzazioni. Scontenti della democrazia parlamentare e proporzionale, ci siamo fatti abbagliare da quella maggioritaria. Alla fine, ne abbiamo costruita una che assomma i difetti dell’una e dell’altra: una frammentazione spinta oltre l’impensabile congiunta a un’instabilità dei governi che è pari solo alla loro inoperosità. Insomma, una sorta di centauro, metà uomo metà animale...». Roberto Chiarini, L’Eco di Bergamo febbraio 2008 - graffiti 4 NON POSSIAMO PIÙ FINGERE DI NON SAPERE COSA SUCCEDE A GAZA immagina un popolo, immagina un muro di Sara Faustinelli (volontaria di Pontedilegno in Palestina) Lo immagini un muro? Immagina un muro ciclopico, otto metri di cemento tirati su contro il cielo, che si perdono alla vista in linea orizzontale, che stanno davanti a te, circondano la città o il paese in cui vivi, in cui vivete, il vostro ultimo e unico orizzonte. Immagina una ciclopica porta di ferro, alta quanto il muro, spessa qualche metro di non so quante tonnellate. Pensi di essere in un racconto di Kafka o di Edgard A. Poe? Pensi di essere in un fumetto di Oesterheld, nell’Eternauta, nel campo di calcio della Buenos Aires dei desaparecidos? Benvenuto nella striscia di Gaza, sei davanti ad una delle porte che ogni tanto (negli ultimi tempi a giorni alterni) si aprono – immagina il rumore – per lasciar entrare i carri armati guidati da qualche giovane soldato israeliano che va a distruggere qualche casa e uccidere qualche ragazzo sospettato di essere quello che tirava razzi Qassam o che se non lo aveva ancora fatto avrebbe potuto farlo. Non eri tu a sparare? Non hai sparato Qassam verso Sderot? E tuo fratello? Il tuo vicino di casa? [...] Immagina intorno a te, sotto il muro, dalla tua parte, una landa desolata sconvolta, case sventrate, muri divelti, spezzoni di ferro, tronchi di cemento spezzati, macerie: quel che è stata una casa, molte case, tutte troppo vicine al muro. Frantumi. Era la tua casa? [...] Immagina una donna Riesci a immaginare una ragazza di 30 anni? Vive nel campo profughi di Beach Camp, Gaza City. È divorziata? forse è ripudiata, perché non può avere figli, forse è stata picchiata perché non poteva avere figli, certo i suoi non se la sono voluta riprendere in casa (altra bocca da sfamare. Ma potrebbe anche trattarsi della giovane vedova di uno dei tanti shahid uccisi da un missile in un “omicidio mirato” oppure dall’artiglieria in un rastrellamento). Immagina la sua casa: un corridoio in un cantiere (blocchi di cemento a vista, cemento per terra impregnato di pioggia e liquami, buchi nei muri come finestre senza vetri) diviso a metà da una tramezza, da un lato un letto matrimoniale, alle pareti un ventilatore arrugginito, fili di ferro e fili della luce arrotolati, su una mensolina, qualche misera suppellettile, una spazzola, un frammento spezzato di specchio. [...] Adesso immagina una casa in un vicolo buio, una casa anche questa già rudere e insieme cantiere interrotto, le scale, le pareti di cubi di cemento a vista, niente intonaco niente colore se non il grigio del cemento usurato. Gradini rivestiti di ceramica? di marmo? di travertino? No cemento nudo e crudo e già in frantumi. Niente infissi, niente vetri, al massimo plastica o cartone. [...] Immagina i bambini. Quelli che il giorno delle elezioni correvano per le strade gridando, ridendo, con le dita aperte in segno di vittoria. Entità nemica? Riconoscono subito il motore di un elicottero Apache o degli F16, di giorno e di notte. Ma anche dei carri armati quando entrano nell’abitato e sparano sulle case. Possono giocare nelle strade? Tu li lasceresti i tuoi figli? Le madri chiedono aiuto: che fare? Rinunciare a lasciarli crescere in autonomia? Trasmettergli la loro stessa paura? Tenerli chiusi in casa? E la casa stessa non è a rischio? Bambini i cui unici riferimenti “visibili” nella città sono rimasti, incollati sui muri delle strade, i ritratti dei “martiri/’shahid”, fucili imbracciati, oppure macerie. [...] Una prigione a cielo aperto, incursioni preventive quasi quotidiane contro i potenziali “terroristi” dell’”entità nemica”, il silenzio dell’Europa, il buon cuore delle organizzazioni non governative internazionali impegnate in soccorso umanitario, nessuno Stato di mezzo, i fantasmi di qualche apparente governo (magari due), un territorio sempre più esile e frammentato: ecco un sistema di equilibrio che potrebbe perpetrarsi all’infinito. Se cade il silenzio sui diritti fondamentali degli esseri umani. [...] Di ritorno da Gaza le amiche mi accolgono con largo sorriso: «poi ci devi raccontare del tuo viaggio in Palestina!». Poi passano subito a parlare di qualche questione locale che le avvince, il delitto di Meredith, le melliflue riverenze del servo Saccà al padrone, la nuova ricetta di uno sformato alla turca e il modello di una sciarpa a tubo made in China. Quel “poi” oggi va bene anche a me: poi, poi... [...] Condivido il bisogno di silenzio, o meglio l’impossibilità di parlare da parte delle donne maltrattate dagli uomini che amano, che non parleranno per la fatica di lasciar riemergere in superficie questo senso insieme di impotenza, di umiliazione, di ferita profonda, e il senso di essere in qualche modo responsabili di quel che avviene e di non sapere che cosa fare. Lo stesso silenzio di chi torna da quell’Africa dove l’olocausto dell’infanzia è quotidiano. Eppure questo silenzio è un muro più alto di tutti i muri che recingono le nostre famiglie, che recingono i villaggi della Palestina. E noi continuiamo a costruirlo, mattoncino dopo mattoncino, lo costruiamo intorno a noi, a difesa, crediamo, del nostro io, in pericolo, del nostro “benessere”. Il silenzio, lo so, è un vero terreno fertile per il riprodursi della violenza, il silenzio può diventare la causa prima della violenza, il segno della sua tolleranza. [...] Dopo un po’ mi rendo conto che le persone non vogliono che si parli di queste cose. Sanno che esiste questo bubbone nel cuore del mondo, questa ferita aperta, con una ricetta/terapia internazionale già data dagli organismi internazionali, che però nessuno vuol fare eseguire. Come è difficile accettare che sia il proprio intimo a massacrarci di botte, è difficile dire, denunciare che sono i governanti dei discendenti delle impotenti vittime dell’olocausto, ad essere diventati, in nome della “sicurezza”, i costruttori di nuovi ghetti, e di un nuovo discorso razzista verso gli abitanti della Palestina. Lo si sa ma si preferisce ignorarlo, pensare ad altro. [...] Qualcuno mi chiede che cosa sto facendo. Racconto in poche parole della mia ricerca in “territori difficili” sulla violenza contro le donne in una comparazione tra le città di Torino, Haifa, Gaza. «Uh, molto interessante», ma appena incomincio ad accennare a quel che ho visto durante il viaggio, il professore, calice in una mano e salatino nell’altra, dà segni di fretta, si guarda intorno verso altri colleghi e trova subito una via di fuga in qualcuno cui deve comunicare qualcosa di molto, molto importante. Un altro amico cade nella rete, questo è stato sensibilizzato per il fatto che suo figlio negli States si è fidanzato con una ragazza palestinese «molto bella e molto intelligente» - per essere palestinese bisogna essere, però, almeno belli e intelligenti. Il professore sottolinea la “rilevanza sociologica” del tema di cui mi sto occupando e poi, abbassando la voce, quasi bisbigliando perché altri non possano sentire: «Io adesso qui lo dico (sospende il qui lo nego), forse non dovrei dirlo, ma Gaza non è una prigione, è un Lager». Rispondo: proprio un Lager no. «Sì, sì, un Lager». Mi sorprendono le sue parole perché l’amico professore in pubblico non ha mai preso parola su questo argomento, non ha partecipato a manifestazioni di protesta contro l’occupazione israeliana e per l’applicazione del diritto internazionale, non mi risulta che abbia firmato appelli e dubito che questa sua opinione sarà espressa in questi termini coi suoi studenti. Sarebbe rimasta lì. Nel segreto della nostra conversazione privata al riparo da occhi e orecchi indiscreti. [...]Quasi per istinto vado allo scaffale dei libri e tiro giù Primo Levi, La Tregua. Ho pensato a lui spesso durante il viaggio. Mi sono chiesta più volte: ma Primo Levi che cosa avrebbe provato di fronte a tutto questo? Cosa avrebbe pensato e provato nel vedere che figli e nipoti delle vittime della Shoah stanno trovando come unica soluzione alla paura “per la loro sopravvivenza” quella di costruire enormi ghetti, separati da ciclopici muri in cui rinchiudono non solo i pochi “kamikaze” ma tutti i loro familiari, tutti coloro che appartengono alla loro. “razza”? Ma non l’avevamo cancellata questa parola? Rinchiudendo insieme anche se stessi in un altro “ghetto mentale”. [...] Gaza è una piccola striscia di terra di circa 50 km per 7, un pezzetto di terra minuscolo segue a pagina 5 graffiti - febbraio 2008 DAL NOSTRO INVIATO A... 5 (a cura di Anna Airò) il teatro contro l’annientamento della persona Gennaio 2008. Comune di Malegno, presso la chiesa vecchia di S. Andrea e il Museo Le Fudine: un foltissimo pubblico ha potuto assistere a due rappresentazioni teatrali di un certo interesse. Ormai da un po’ di anni siamo abituati a recarci presso questo comune che si dimostra sempre profondamente attento a proporre iniziative di una certa levatura culturale e, anche in quest’occasione, l’idea di una mini-rassegna teatrale, ponte invernale che colleghi le feste interculturali estive “Abbracciamondo”, ha visto circa trecento persone che da tutti i paesi della Valcamonica hanno raggiunto Malegno per queste proposte serali. Il gioiellino della Chiesetta di S. Andrea ha ospitato sabato 12 gennaio “Por Algo Será” realizzato dal Teatro del Guindolo di Reggio Emilia. Uno spettacolo raccolto, forse sommesso; le voci delle donne argentine, delle Madri di Piazza di Maggio, madri dei desaparecidos che non urlano, che non gridano, ma da pagina 4 immagina un popolo... con una densità della popolazione altissima, 3.227 per km2. È circondata dal lato della terra da ciclopici muri o da filo spinato per tutta la sua estensione. Dal lato del mare i suoi pescatori possono arrivare a 6/7 km dalla riva, oltre quella distanza la guardia israeliana li respingerebbe a mitragliate. Nessuno può uscire dalla striscia se non con permessi molto speciali. I malati per farsi curare, in teoria. Ma le decisioni sono così arbitrarie che negli ultimi due mesi sono morte 30 persone o perché non hanno avuto il permesso, o perché non l’hanno avuto in tempo. È normale che i malati aspettino per molte ore, sotto il sole, senza un riparo perché qualcuno ha deciso che quel giorno la “frontiera” è chiusa. Nessuno studente che voglia continuare o avviare gli studi all’estero può farlo. [...] Nessun cittadino israeliano ha il permesso di visitare Gaza, non perché glielo impediscano i palestinesi. È il governo israeliano che te lo impedisce “per proteggerti”, anche contro la tua volontà. Nessuno dei medici ebrei israeliani di “Physicians for Human Rights” che desideravano visitare Gaza, ha avuto il permesso di entrare. Nessun israeliano potrà avere dunque l’opportunità, qualora lo volesse, di vedere, di vivere l’esperienza dell’altro, di vedere la situazione in cui si vive ogni giorno a Gaza assediata. [...] Là dove si è isolato un territorio con la sua popolazione come dentro a una prigione è normale che anche la vita quotidiana “al di fuori” sia impregnata di militarismo. In nome della sicurezza Israele è diventata una società militarizzata. Non è necessario pensare alla bomba atomica o alla ricerca sulle armi più sofisticate. Lo si vede nelle strade delle città, persino ad Haifa, la città che è sempre stata considerata la più palestinese delle città di Israele: soldati e soldatesse riempiono la città, tornano a casa nei giorni di festa sempre con a tracolla gli enormi M16 che arrivano quasi a toccar terra, portati ora con noncuranza come fossero chitarre, ora con protervia. Ragazzi ventenni armati riempiono la vista della vita quotidiana, quella in cui crescono i bambini, le nuove generazioni di israeliani. Non c’è da stupirsi se i giovani mostrano un individualismo nei comportamenti e una indifferenza gli uni verso gli altri, che noto oggi per la prima volta. Sui treni sbattono i loro zaini in mezzo al passaggio incuranti che gli altri debbano passare. Vivere fianco a fianco con una parte della popolazione chiusa in una prigione, per di più assediata per punizione collettiva, vivere nella paura costante della reazione violenta a questo ingiusto assedio, vivere nella paura legittima nei confronti di chi è stato sempre più costretto in ristrette riserve di terra circondate da poderosi recinti invalicabili, crea una società di “indifferenti”. Ed è con questo Governo che noi italiani abbiamo un trattato di collaborazione militare: andiamo a insegnare? (come il metodo montessoriano del triangolo) o andiamo ad imparare? Perché si parla tanto di sicurezza anche da noi? Sono gli immigrati i nostri “palestinesi”, potenziali assassini? Costruiremo anche noi i nostri muri? Non lo stiamo già facendo? [...] Che cosa direbbe oggi Primo Levi? Ricordo che nell’agosto-settembre del 1982 quando Israele invade il Libano, di fronte ai massacri dei campi palestinesi di Sabra e Chatila, prende posizione e in una intervista di Giampaolo Pansa su “La Repubblica” del 24 settembre si rivolge agli ebrei della diaspora: «Dobbiamo soffocare gli impulsi di solidarietà emotiva con Israele per ragionare a mente fredda sugli errori dell’attuale classe dirigente israeliana». E nel novembre del 1976: «In tutte le parti del mondo, là dove si comincia col negare le libertà fondamentali dell’Uomo, e l’uguaglianza tra gli uomini, si va verso il sistema concentrazionario, ed è questa una strada su cui è difficile fermarsi». «Quando per la prima volta abbiamo fatto sapere che i nostri amici venivano uccisi si levò un grido di orrore e un aiuto grande. Cento erano gli uccisi. Ma quando gli uccisi furono mille e l’eccidio non ebbe fine sopraggiunse il silenzio...». (Bertolt Brecht) che sottovoce si incontrano, si uniscono per dare forza a una voce unica a un unico figlio, figlio di tutte indistintamente il cui ritorno viene desiderato, agognato, sognato e sospirato, pur nella terribile consapevolezza che l’assenza può essere definitiva e sicuro sinonimo di violenza, della violenza e della tortura del potere a cui il figlio è stato sottoposto. Quale il dolore espresso dalle cinque voci delle attrici reggiane, in un intreccio di suoni in cui la singola voce di Ebe si allaccia a quella di Cota e a quelle delle altre in un unisono doloroso e straziante. Accanto a questo la forza, l’energia dell’unione, della coesione, dello stare insieme che crea quella indispensabile resistenza a un attacco umano di tale proporzione. Segno opposto al Museo Le Fudine che sabato 19 gennaio ha visto rappresentata la solitudine e la lotta per la sopravvivenza del singolo di fronte al potere che ti annienta e ti toglie persino la consapevolezza del tuo nome: «Io mi chiamo… Io sono…», e la voce di Davide Pini Carenzi si rompe in questa rappresentazione intitolata “Campo Santo”. Solo in scena, Davide si muove in modo sincopato e sofferente attorno ad alcuni semplici oggetti che appartengono ai prigionieri di un lager sovietico a cui l’attore vuol dar voce. L’annientamento è espresso nel semplice concetto “qui ci sono solo morti che vengono tenuti in vita”, una vita ormai nulla, piena di dolore e fatica e sofferenza e fame, fame che divora l’anima, che diventa l’unica cifra di lettura del vicino, della baracca, delle altre baracce, degli ufficiali. Il pane nero è il simbolo del desiderio, viene conservato in briciole, spezzettato per serbarlo gelosamente nel cuscino, per succhiarlo come elemento di sopravvivenza contro quei “maledetti che schiacciano il prossimo per fame”. Mirabile la prova di Davide, in particolare quando, indossati i panni di una giovane donna, riesce a trasmettere il terrore per il potere aggiunto a quello per il proprio vicino, per l’uomo che guarda le donne come preda e che si lancia nella caccia notturna; il terrore si aggrappa alla solitudine, allo sguardo basso, fissato sulla terra, alla traiettoria che taglia lo spazio del campo nella vana ricerca di una protezione, possibile in realtà solo nella baracca delle donne. Spettacolo quindi denso in cui la prova attoriale è sostenuta da grande consapevolezza e generosità. Resta solo un’unica domanda al termine di tale interessantissima mini-rassegna: quando una stagione teatrale completa? Il pubblico c’è, un pubblico attento e cosciente, manca lo sforzo delle amministrazioni locali, non solo Malegno può rendersi disponibile e fautore di tali iniziative. febbraio 2008 - graffiti 6 UN GIORNALISTA VA A METTERE IL NASO NELLE... FOGNE DI CEPPALONI anche i gerarchi tengono famiglia... di Mauro Montanari* Il Ministro della Giustizia, Clemente Mastella e sua moglie Sandra Lonardo hanno due figli, Elio e Pellegrino. Pellegrino è sposato a sua volta con Alessia Camilleri. Una bella famiglia come le altre, ma con qualcosa in più. Per sapere cosa, partiamo dal partito di Clemente che, come i più informati sanno, si chiama Udeur. L’Udeur, in quanto partito votato dall’1,4% degli italiani adulti, ha diritto ad un giornale finanziato con denaro pubblico. Si chiama “Il Campanile”, con sede a Roma, in Largo Arenula 34. Il giornale tira circa 5.000 copie, ne distribuisce 1.500, che in realtà vanno quasi sempre buttate. Lo testimoniano il collega Marco Lillo dell’Espresso, che ha fatto un’inchiesta specifica, un edicolante di San Lorenzo in Lucina, a due passi dal parlamento, e un’altro nei pressi di Largo Arenula. Dice ad esempio il primo: «Da anni ne ricevo qualche copia. Non ne ho mai venduta una, vanno tutte nella spazzatura!». A che serve allora, direte voi, un giornale come quello? Serve soprattutto a prendere contributi per la stampa. Ogni anno Il Campanile incassa 1.331.000 euro. E che farà di tutti quei soldi, che una persona normale non vede in una vita intera di lavoro? Insisterete ancora voi. Che farà? Anzitutto l’editore, Clemente Mastella, farà un contratto robusto con un giornalista di grido, un giornalista con le palle, uno di quelli capace di dare una direzione vigorosa al giornale, un opinionista, insomma. E così ha fatto. Un contratto da 40.000 euro all’anno. Sapete con chi? Con Mastella Clemente, iscritto regolarmente all’Ordine dei Giornalisti, opinionista e anche segretario del partito. Ma è sempre lui, penserete! Che c’entra? Se è bravo! Non vogliamo mica fare discriminazioni antidemocratiche... Ma andiamo avanti. Dunque, se si vuol fare del giornalismo serio, bisognerà essere presenti dove si svolgono i fatti, nel territorio, vicini alla gente. Quindi sarà necessario spendere qualcosa per i viaggi. Infatti, Il Campanile ha speso, nel 2005, 98.000 euro per viaggi aerei e trasferte. Hanno volato soprattutto Sandra Lonardo Mastella, Elio Mastella e Pellegrino Mastella, nell’ordine. «Adesso c’è da agire contro questa legge che vieta ai giornalisti e ai giornali di pubblicare intercettazioni e atti di indagine, una legge già votata e approvata alla Camera: 447 deputati con 9 astenuti e nessun contrario. Fa paura. E c’è da battersi anche per impedire che al pm De Magistris venga scippata l’indagine, e che l’altro pm di Milano, la Forleo, venga fatta passare per una mitomane fuori di testa». Franca Rame, ex senatrice della Repubblica Tra l’altro, Elio Mastella è appassionato di voli. Era quello che fu beccato mentre volava su un aereo di Stato al gran premio di Formula Uno di Monza, insieme al padre, Clemente Mastella, nella sua veste di amico del vicepresidente del Consiglio, Francesco Rutelli. Ed Elio Mastella, che ci faceva sull’aereo di Stato? L’esperto di pubbliche relazioni di Rutelli, quello ci faceva! Quindi, tornando al giornale. Le destinazioni. Dove andranno a fare il loro lavoro i collaboratori de Il Campanile? Gli ultimi biglietti d’aereo (con allegato soggiorno) l’editore li ha finanziati per Pellegrino Mastella e sua moglie Alessia Camilleri Mastella, che andavano a raggiungere papà e mamma a Cortina, alla festa sulla neve dell’Udeur. Siamo nell’aprile del 2006. Da allora, assicura l’editore, non ci sono più stati viaggi a carico del giornale. Forse anche perché è cominciata la curiosità del magistrato Luigi De Magistris, sostituto procuratore della Repubblica a Catanzaro, il quale, con le inchieste “Poseidon” e “Why Not”, si avvicinava ai conti de Il Campanile. Ve lo ricordate il magistrato De Magistris? Quello a cui il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, mandava tutti quei controlli, uno ogni settimana, fino a togliergli l’inchiesta? Ve lo ricordate? Bene, proprio lui! Infine, un giornale tanto rappresentativo deve curare la propria immagine. Infatti Il Campanile ha speso 141.000 euro per rappresentanza e 22.000 euro per liberalità, che vuol dire regali ai conoscenti. Gli ordini sono andati tra gli altri alla Dolciaria Serio e al Torronificio del Casale, aziende di Summonte, il paese dei cognati del ministro: Antonietta Lonardo (sorella di Sandra) e suo marito, il deputato Udeur Pasquale Giuditta. Ma torniamo un attimo agli spostamenti. La Porsche Cayenne (4000 di cilindrata) di proprietà di Pellegrino Mastella fa benzina per 2.000 euro al mese, cioè una volta e mezzo quello che guadagna un metalmeccanico. Sapete dove? Al distributore di San Giovanni di Ceppaloni, vicino a Benevento, che sta proprio dietro l’angolo della villa del Ministro, quella con il parco intorno e con la piscina a forma di cozza. E sapete a chi va il conto? Al giornale Il Campanile, che sta a Roma. Miracoli dell’ubiquità... La prossima volta vi racconto la favola della compravendita della sede del giornale. A quanto è stata comprata dal vecchio proprietario, l’Inail, e a quanto è stata affittata all’editore, Clemente Mastella. Chi l’ha comprata, chiedete? Due giovani immobiliaristi d’assalto: Pellegrino ed Elio Mastella. * Da Corriere d’Italia News. raccomandato da chi?! Per quanto ci si possa sentire disincantati, almeno quanto basta per non lasciarci coinvolgere da ulteriori illusioni, non possiamo certo privare i lettori di Graffiti di una “chicca” come quella offerta dalla perfetta (e involontaria, supponiamo) coincidenza tra i vertici del nuovo Partito democratico e quelli della Chiesa milanese in tema di lottizzazioni, clientelismi, raccomandazioni e quant’altro. Lo stile politico degli esponenti del Pd, leggiamo infatti sulla sintesi del “Codice etico” pubblicata dall’Unità di sabato 2 febbraio, è improntato a «onestà, lealtà, sobrietà, generosità e gratuità», ovvero, i suoi esponenti «sanno di non dover abusare della loro autorità o carica istituzionale per trarre privilegi: rifiutano una gestione oligarchica o clientelare del potere, logiche di scambio o pressioni indebite». E da Milano il cardinal Tettamanzi, che leggiamo tramite la sintesi di Paolo Foschini sul Corriere della Sera, esorta a «“governare con onestà e coscienza” ed a “farsi carico della città” e non del “proprio potere”... a “respingere clientele e promesse alla cieca” e soprattutto a “saper ascoltare” la gente, fino “all’ultimo degli immigrati”, riconoscendo “a tutti stessi diritti e dignità”». Sovversiva, infine, la preghiera-appello del cardinale: «... e liberaci dalle tentazioni del potere». graffiti - febbraio 2008 7 BOARIO TERME: APPUNTAMENTO DEGLI STUDENTI CAMUNI CON MARIA FALCONE educazione alla legalità di Tullio Clementi Martedì 5 febbraio, mattino. Sala “dei cinquecento” strapiena, con diverse decine di giovani accovacciati sul pavimento: quindi almeno seicento le persone (studenti, insegnanti e qualche pubblico amministratore) raccolte in sala per l’incontro con Maria Falcone. L’incontro, promosso dalle scuole valligiane e poi patrocinato dagli enti comprensoriali, sul tema della lotta alla mafia e, quindi, dell’educazione alla legalità, dopo la breve presentazione dell’assessore alla cultura in Comunità montana, Giancarlo Maculotti, e le altrettanto brevi comunicazioni di Ambra Boldini, Mario Martini e Paolo Franco Comensoli, entra subito nel vivo attraverso la proiezione di un filmato sulla vita e sull’impegno civile di Giovanni Falcone. Un filmato da brivido, per certi versi, come viene confermato anche dal silenzio assoluto in sala. Un filmato in cui scorrono le immagini vive e a volte crude del giudice assassinato dalla mafia. Immagini crude, ma anche incoraggianti, come quando scorrono sullo schermo gli striscioni dei giovani che si impegnano a far camminare sulle loro gambe le idee di Falcone e Borsellino, o quando “gridano”, attraverso gli slogan sulle magliette, che «si può spezzare un fiore, ma non la primavera» o, ancora, che la mafia ha chiuso cinque bocche e ne ha aperto 50 milioni! C’è un solo momento del filmato che pare stia andando un po’ fuori luogo, quando appare Giovanni Paolo II che quasi urla: «non uccidere!». In quel momento sembra quasi che la vita umana stia prendendo il sopravvento, anche sul valore delle idee, su quelle idee che avevano già fatto dire allo stesso Falcone, in sintonia con John Kennedy, che «occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, costi quel che costi» (anche perché, diranno i suoi sostenitori, «gli uomini passano, le idee restano»), ma sarà la sorella, Maria, ha fornire la corretta interpretazione di quel messaggio quasi urlato, di quelle parole quasi urlate che, pronunciate in Sicilia, «hanno voluto significare una scomunica della mafia». Ma ci saranno anche altri concetti che diverranno chiari e comprensibili soltanto grazie alle lucide parole di Maria Falcone, come l’insistente richiamo al rispetto dello Stato, per esempio, un rispetto che trae origine da un educazione familiare dove si coltivava soprattutto il senso della legalità e del dovere. Per questo, dice, «non sono venuta a portare la memoria degli eroi ma l’esortazione all’esempio per la difesa della democrazia e della libertà nel nostro Paese». Nella consapevolezza, aggiunge citando le parole del fratello, che «la mafia non si potrà mai vincere con la sola repressione, ma si vincerà solo con l’educazione dei giovani alla legalità e con l’affermazione del diritto al lavoro». Perché la mafia, se vogliamo provare a dirlo anche con le parole del pentito Buscetta, citate sempre nel filmato «non è solo criminalità, ma è anche intelligenza e omertà»... In questo senso, dunque, oltre che della mafia «bisogna parlare della collusione fra la politica, la criminalità e l’alta finanza», un connubio basato sulle intimidazioni ma anche sui favori («io do una cosa a te, se tu ne dai una a me») che può avvenire ovunque, non solo in Sicilia. E ovunque, «un popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità». «Potere significa controllo totale dei mezzi di coercizione e di informazione, facoltà di dare e prendere, liberare e imprigionare, capacità di spingere un individuo a diventare elemento anonimo della massa...». Jhon Dos Passos, Il grande Paese Interpretando in modo quantomeno forzato alcune parole di Maria Falcone, pronunciate forse più come omaggio all’impegno del fratello che come espressione di un pensiero convinto, Bresciaoggi del 6 febbraio titola così il breve “rapporto” sull’incontro al Palacongressi di Boario: «Maria Falcone: “Oggi la mafia è allo sbando”». Nella stessa giornata, in seguito alla denuncia del procuratore generale della Corte dei conti, i quotidiani nazionali (non tutti, per la verità) escono con titoli a mezza pagina sulla «Corruzione patologica su appalti e sanità» (L’Unità). Si aggiunga quindi che, parlando del fratello assassinato dalla mafia, Maria Falcone ne ha ricordato il profondo spirito di servizio verso lo Stato, non verso «uno Stato ideale e immaginario», per dirla con le parole usate anche da Marcella Padovani in Cose di cosa nostra, ma «uno Stato così com’è». Ora, se mi fosse consentito parlarne senza il rischio di sembrare presuntuoso, oserei dire che fino ad una ventina di anni fa non avrei esitato a sottoscrivere una simile idea verso lo Stato, a prescindere. Oggi non più! Oggi mi viene piuttosto difficile individuare in modo netto la demarcazione fra “Stato” e “Antistato” e mi viene difficile anche la condivisione delle parole di Maria Falcone (che cito a braccio): «la mafia è una minaccia per la libertà e per la democrazia». Per la libertà (individuale e d’impresa), sicuramente, che nonostante tutto ne rimangono ancora discreti margini, ma quanto alla democrazia, mi pare vi sia rimasto ben poco, ormai, da minacciare. Per non parlar né di giustizia né di morale. (t.c.) il rischio dell’unità nella corruzione «... Nella Resistenza italiana, che da parecchi si vuol dimenticare come qualcosa che disturba nell’età del globalismo e del dio denaro, ci sono due momenti decisivi su cui alcuni storici hanno erroneamente sorvolato: l’attendismo dei generali e la «pace» dei vescovi. L’attendismo predicava il rinvio della lotta partigiana a un vago futuro. I gruppi dei resistenti non dovevano attaccare i nazisti occupanti subito, come invece si doveva fare, anche in condizioni d’inferiorità numerica e di armi, per dimostrare che c’erano degli italiani pronti a pagare subito quel biglietto di ritorno alla democrazia. La«pace» dei vescovi dava un consiglio analogo, invitava i fedeli a evitare lo scontro aperto con l’occupante e a lasciare ai vescovi, cioè alla Chiesa, il compito di arrivare pacificamente alla fine della guerra. La Resistenza, fosse garibaldina comunista o di Giustizia e Libertà o degli autonomi di matrice cattolica e liberale, rifiutò questo attendismo, fu per la lotta subito e fuori da ogni calcolo. C’è naturalmente chi sostiene l’opportunità di far calare il silenzio sulla Resistenza; la Resistenza, si dice, è un passato che molti italiani, specie i giovani, ignorano. Si dà per certo, per un fatto consolidato l’esistenza in Italia di una democrazia condivisa in uno Stato di diritto, mentre stiamo assistendo a uno sfascio dello Stato, mentre crescono le associazioni mafiose e criminali. Certo è difficile ricordare e rivendicare l’intransigenza partigiana. C’è il rischio della retorica e dell’utopia, ma il rischio opposto, il rischio mortale è di riconfermare trasformismo e machiavellismo, il rischio mortale di consegnare la debole democrazia che ci ritroviamo all’unità nella corruzione, alla concordia nel servizio dei più forti e più furbi. Un magistrato che fu al centro della rivoluzione morale di Mani Pulite non a caso esortava i cittadini a «resistere, resistere, resistere». Che cosa voleva dire quel suo appello di sapore resistenziale? Voleva dire che sui valori laici che furono anche quelli della Resistenza, i valori del rispetto della legge, dell’onestà nel pubblico servizio, della lotta alle organizzazioni criminali non si poteva transigere, voleva dire con grande preveggenza che se non si resiste su questi valori si va inevitabilmente alla diffusione della mafia, se non si pratica l’onesta pulizia delle nostre città si arriva inevitabilmente alle strade napoletane invase dalla spazzatura». Giorgio Bocca, “Se la Resistenza deve essere ripescata”, la Repubblica, 3 febbraio 2008 demo... ché? febbraio 2008 - graffiti 8 dalla prima pagina acqua e Ato... del bene acqua non dovrebbe avere vita facile, ma purtroppo, tanto per cominciare, la Giunta Formigoni sta tentando di evitare che si possa arrivare al referendum, presentando una nuova proposta di legge che però non accoglie le richieste avanzate dai promotori dei referendum. Ma non fermiamoci alla Lombardia, perché, a differenza di quello che credono molti, la nostra non è l’unica regione con queste intenzioni. Anzi: in Toscana, considerata un feudo del centrosinistra, su sei ATO in cui è divisa la regione, ben cinque sono gestiti da società partecipate da capitale privato. In particolare la fa da padrone Acea, la ex municipalizzata del Comune di Roma, che ne conserva ancora il 51% ma che per il resto è in mano ai privati ed è quotata in borsa. Accanto ad Acea ci sono la multinazionale francese Suez, la banca Monte dei Paschi di Siena e il gruppo del costruttore romano Caltagirone. Non voglio dire che questo sia già di per sé un male, ma pensate un pò: l’amministratore delegato della società che gestisce l’ATO di Firenze, appena nominato, ha detto di voler portare a 3 o 4 milioni di euro di utile un’azienda che da anni chiude i bilanci in sostanziale pareggio. Quali sono le strategie per raggiungere tali obiettivi? Indovinate, taglio dei costi del personale (passando da 750 dipendenti a 400) e aumento delle tariffe. Non solo, in altri ATO toscani gestiti dai “soliti quattro” le società hanno debiti anche consistenti con i Comuni per i canoni di affitto della rete, e i tagli agli investimenti sulla stessa rete tecnologica e la riduzione delle perdite sono ormai all’ordine del giorno. Stiamo viaggiando anche in Lombardia verso quella direzione, quindi? È vero che siamo nell’epoca del “privato è bello, pubblico è solamente sprechi e ruberie”, ma siamo davvero sicuri che miglioreremo la nostra situazione, o più facilmente ci ritroveremo con tariffe notevolmente più alte e reti sempre più colabrodo, aumentando contemporaneamente gli utili già corposi dei soliti noti? Siamo ancora in tempo per fermarci, ma dobbiamo prima svegliarci dal torpore e prendere in mano tutti insieme la situazione, cominciando col sostenere i promotori del referendum e pretendendo che si possano fare e, soprattutto, vincere. A proposito, anche Malegno è tra i 132 Comuni promotori, la delibera è stata approvata all’unanimità (se non ricordo male) dal consiglio comunale, pur con qualche distinguo nel metodo, ma assolutamente non nel merito. Una bella dimostrazione di difesa degli interessi della comunità, complimenti! Fax. al momento di andare in stampa si apprende che il Consiglio regionale della Lombardia, con 34 voti a favore e 25 astensioni, ha votato per l’ammissibilità del referendum abrogativo. la risorsa suolo “Il territorio che abbiamo ricevuto in consegna è il più grande investimento sul nostro futuro”. i Comuni di Cividate e Malegno, in collaborazione con la Provincia di Brescia, promuovono una assemblea pubblica LUNEDÌ 18 FEBBRAIO – ORE 20.30 Malegno - Sala consiliare intervengono: prof. PAOLO PILERI (docente di tecnica e pianificazione urbanistica) arch. CLAUDIO NODARI (Tecnico incaricato per la redazione del Pgt) ing. MARCELLA SALVETTI (Tecnico incaricato per la stesura del rapporto ambientale ) diversamente “virtuosi” Prima di lasciare la Valle per andare a dirigere il Parco nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, il direttore (anzi ex, ormai) del Parco dell’Adamello, Vittorio Ducoli, si toglie qualche sassolino dalle scarpe denunciando la vocazione al «bracconaggio selvaggio e sistematico» della Valcamonica e «l’assoluta inadeguatezza dei controlli venatori», (Bresciaoggi, 8 febbraio). Nella stessa giornata dell’8 febbraio, i quotidiani bresciani danno ampio risalto alla «Nuova alleanza anticrimine» (titolo del Giornale di Brescia) realizzata in Valsaviore (la stessa in cui sono scomparsi non solo gli animali, ma anche i collari del recente «progetto capriolo») con l’obiettivo di tutelare il territorio contro «furti nelle abitazioni [quelli strumentalmente inventati di cui abbiamo già parlato su queste pagine]; incendi dolosi di cascine e di aree boschive [quando?]; immigrazione clandestina; abuso di sostanze alcoliche e di stupefacenti...». acqua bene pubblico! Per contrastare la privatizzazione della Regione, 132 comuni lombardi ottengono il referendum abrogativo della Legge Regionale 18/2006. La Sinistra Arcobaleno promuove un incontro/dibattito VENERDÌ 7 MARZO – ORE 20.30 Breno - Sala assemblee del Bim intervengono: EMILIO MOLINARI (Comitato nazionale per l’acqua) “Il nostro lavoro per un contratto internazionale per l’acqua bene pubblico” GIOVANNI COCCIRO (Assessore Comune di Cologno monzese) “Cologno monzese capofila di 132 Comuni per il referendum abrogativo” ALEX DOMENIGHINI (Sindaco di Malegno) “L’esperienza della Valcamonica e il commissariamento dei nostri Comuni” coordina: Paola Cominelli (Giornalista di Più Valli Tv) graffiti - febbraio 2008 9 QUANDO LA “MEMORIA” TENDE A DIVENTARE CATARSI PER UN MONDO COSÌ COM’È genocidi e scheletri... negli armadi di Tullio Clementi Gli stavo girando intorno da tempo, a questo tormento della “memoria”, senza riuscire ad entrarci con sufficiente cognizione di causa, e soprattutto senza il timore di urtare più che legittime suscettibilità. Ci sono voluti ben tre eventi quasi simultanei per trovare il... bandolo (e soprattutto il coraggio) e rompere quindi ogni indugio: il commento di Sergio Romano sul Corriere di sabato 2 febbraio «Temevo che la ricorrenza avrebbe creato i “professionisti della memoria”, vale a dire una categoria di studiosi che si dedicano prevalentemente a questo esercizio»), la tempestiva replica di Furio Colombo sull’Unità («... la Shoah, oltre a essere un crimine unico, è un delitto italiano. Nulla di ciò che è accaduto poteva accadere senza le leggi razziali italiane...») e, la sera stessa, l’annuncio di una imminente puntata dedicata dalla Rai al genocidio in Guatemala («la “Commissione per il Recupero della Memoria Storica” aveva attribuito alle forze armate guatemalteche circa l’80% dei delitti commessi in quel paese, riesumando dall’oblio della memoria i fantasmi di un passato un po’ frettolosamente rimosso. Con date, nomi e cognomi dei responsabili delle atrocità costate la vita a più di che tristezza! «Tra le non poche tristezze del momento, ve ne racconto una inutile ed evitabile, e proprio per questo particolarmente sgradevole. Il Comune di Milano ha dato lo sfratto all’Associazione degli ex deportati politici nei campi nazisti (Aned). La vecchia sede di via Bagutta (affitto regolarmente pagato) serviva evidentemente per altri scopi. I capelli bianchi di tutti o quasi i frequentatori di quel luogo di memoria e di dignità devono apparire ai burocrati comunali come una sorta di rimasuglio di vecchie cose, un ristagno di faccende prescritte, e magari di pretese oramai scadute. Che sia appena stato celebrato il giorno della Memoria, e che di reduci dai lager si occupi l’Aned, dev’essere stato considerato da chi ha preso la decisione una bizzarra coincidenza stagionale. Sì sa, del resto, che l’ossatura antifascista di questa Repubblica soffre da tempo di osteoporosi. Forse le si imputa, come nel caso dei pochi partigiani ancora vivi, dei reduci dai lager che ancora chiedono la parola, di appartenere a persone in là con gli anni. Eppure, è tutta gente che era sui vent’anni quando rischiò la vita, o la perse, o la mise in gioco. Dunque il Comune di Milano, sfrattando gli ex deportati, sfratta dei ragazzi. Ennesimo episodio di gerontocrazia». Michele Serra (Repubblica, 30 gennaio 08) 200 mila persone e la fuga o l’esilio a oltre un milione di guatemaltechi...», (Andrea Necciai). E allora, incurante del fatto che una cosa simile venga fatta anche dall’ex diplomatico Sergio Romano (anche se da parte sua con un ben più preciso intento ideologico), ho provato a mettere in ordine un po’ di dati relativi ai genocidi degli ultimi decenni: Armenia, Indocina, Ruanda, Kurdistan, Indonesia, Tibet, Bangladesh... fino ai più recenti (e attuali, in qualche caso) nella ex Jugoslavia, in Cecenia e in Palestina. Tutti Paesi nei quali conviene certamente alle buone relazioni diplomatiche che venga steso un velo pietoso sugli scheletri (perfino i Radicali di Pannella hanno abbassato i toni sullo sterminio in Cecenia, da quando la Bonino si occupa di commercio internazionale). Potrebbe non essere un puro e semplice caso, quindi, se una delle poche eccezioni – forse l’unica –, la “Shoah” (il genocidio universale più grande, dopo quello dei nativi americani nei secoli scorsi), nelle sue prime commemorazioni venne accostata anche alla coraggiosa onestà, umana e politica, del cancelliere tedesco Willy Brandt, che andò ad inginocchiarsi nel ghetto ebraico di Varsavia. una storia negata? Sotto il titolo di “Una storia negata”, l’assessorato alle attività culturali della Provincia di Brescia promuove una mostra che «intende diffondere la conoscenza dei tragici eventi che hanno segnato l’Istria e la Venezia Giulia tra 1943 e 1945. Con un approccio al contempo documentario ed emozionale - che replica la fortunatissima formula de Il Giorno della Memoria 2007...». Si parlerà delle «responsabilità e corresponsabilità di italiani e slavi, degli eserciti regolari e dei partigiani, di fascisti e comunisti, del governo di Roma e di quello di Belgrado. Leit-motiv della rassegna sarà la narrazione delle ultime tragiche ore di Norma Cossetto, ventitreenne istriana infoibata ancora viva, dopo lunghe ore di violenza fisica e psicologica, nel settembre del 1943». Ed ecco il commento di Alessandra Kersevan: «... non so poi come facciano a mettere come “leit motiv” le ultime ora di Norma Cossetto, dal momento che praticamente non ci sono testimonianze valide che quello che essi raccontano sulla fine di questa ragazza sia vero. Anzi, ci sono molte “tracce” che le cose possano esser andate in modo diverso. Comunque, su questa vicenda, come Resistenzastorica non abbiamo ancora fatto un’approfondita ricerca. Ma neppure loro. Che parlano appunto per pura propaganda». Tutt’altro che priva di importanza, infine, la messa in conto che i Paesi in cui i genocidi portano le date (e le stigmate) più recenti sono quasi tutti inseriti nell’elenco (India, Bangladesh, Pakistan, Nigeria, Messico, Indonesia, Brasile, Filippine, Tailandia, Egitto, Turchia, Etiopia, Colombia...) di quel “Memorandum” che solo pochi decenni fa incoraggiava la leadership degli Stati Uniti a prendere adeguate decisioni «sulle questioni concernenti la popolazione mondiale». (dal libro di Franco Adessa, Onu: gioco al massacro). E allora, piuttosto che insistere troppo sul concetto di “male assoluto”, sarà forse il caso di riprendere in considerazione, con Hannah Arendt, quello sulla “banalità del male”! recensioni di Pier Luigi Fanetti Titolo: Fascismo, foibe, esodo. Le tragedie del confine orientale Editore e Autore: Fondazione memoria della deportazione La fondazione milanese, che si occupa soprattutto della deportazione politica nei campi di sterminio nazisti e che fa parte dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia, ha preparato una mostra per il “Giorno del ricordo” in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata e delle vicende del confine orientale che può fornire a chi ne fa richiesta (costo: 300 euro). La mostra ha avuto il patrocinio del Presidente della Regione Lombardia ed è stata segnalata anche dall’Ufficio scolastico regionale per la Lombardia. I dieci pannelli che la compongono (formato: centimetri 70 x 100) hanno i seguenti titoli: 5 1918/22 Dopo la vittoria arriva il fascismo. 5 1922/40 Proibita anche la messa in sloveno. 5 1941 L’aggressione alla Jugoslavia. 5 1943 L’occupazione tedesca. 5 1943-1945 La Resistenza antifascista. 5 1945 La tragedia delle foibe. 5 1946-1956 L’esodo dei 250 mila. 5 1946-1956 L’amara accoglienza. Ogni pannello è composto da brevi testi illustrativi e da una documentazione fotografica. La mostra può essere scaricata in formato A4 dal sito: www.deportati.it dove sono pubblicati anche gli atti del convegno sulle tragedie del confine orientale che è stato organizzato a Trieste nel 2004 dall’associazione degli ex deportati politici nei campi di sterminio nazisti (ANED) e dalla Fondazione memoria della deportazione. febbraio 2008 - graffiti 10 A PROPOSITO DELLA MONTAGNA DI SOLDI PUBBLICI (E PRIVATI) IN ALTA VALLE qualche briciola per il “turismo dolce”? di Tullio Clementi Dalla realizzazione del “Grande Sogno” in Alta Valle si è passati alle aspirazioni per un “Sogno 2”, per dirla con le parole del nuovo padrone delle Terme di Boario. Uno che «punta al rilancio non solo della stazione termale di Boario ma anche della città, che va collegata alle stazioni sciistiche e al resto di un territorio». (Bresciaoggi). Fra questi grandi Sogni nel... cassetto (o già nei caveau delle banche), vorremmo aprire uno breve spiraglio per riprendere un piccolissimo sogno, che esprimiamo in forma di domanda ai poteri istituzionali (che non fanno mai mancare il loro aiuto ai “grandi sogni”): una bella pista per lo sci di fondo, magari su verso quell’Alta valle che nei tempi andati pareva orientata anche in tal senso. Tra il confine di Vezza d’Oglio con Incudine, a sud, e quello “nordico” di Vione con Temù, per esempio, c’è un’area lunga mezza decina di chilometri (che vuol dire un “anello” lungo almeno il doppio) in cui la neve, anche in questi ultimi anni di scarsità, rimane solidamente al suolo fino all’inizio della primavera. Un’area in cui già nel recente passato alcuni volenterosi amanti della specialità e del sano contatto con l’ambiente naturale, avevano tracciato e percorso per qualche anno una bella e comoda pista. Sarebbe più che sufficiente che i Comuni dell’Alta Valle, magari incoraggiati da una delle tante (e non sempre apprezzabili) elargizioni di pubblico denaro da parte degli enti sovracomunali, mettessero in conto anche un impegno in tal senso. Oppure lo sci di fondo continuerà a rimanere la... Cenerentola delle nevi solo perché non si presta adeguatamente al “tiket” d’ingresso in pista? Centro commerciale di Tenchini Darfo Boario Terme (Bs) Via Nazionale, 43 - Tel. 0364.532928 - Fax: 0364.528582 «Antonio Bassolino: “Le dimissioni sarebbero una fuga dalla realtà”. Non si preoccupi, governatore: lei provi a fuggire. La realtà promette di voltarsi dall’altra parte». Beppe Severgnini ABBONAMENTO 2008 ordinario: • 15,00 sostenitore: • 25,00 Gli abbonati sostenitori riceveranno in omaggio un libro sulla Valcamonica. Via Badetto, 21 - Ceto (Bs) Versare sul c.c.p. 44667335 (intestato all’Associazione culturale Graffiti), tramite l’allegato bollettino. COOPERATIVA SOCIALE Pro-Ser Valcamonica Onlus Piazza don Bosco, 1 - DARFO BOARIO TERME 0364.532683 CONSULENZA PROGETTAZIONE E VENDITA DI SISTEMI INFORMATICI ANALISI E SVILUPPO SOFTWARE PERSONALIZZATO ASSISTENZA TECNICA 5 pulizie uffici, scale condominiali, negozi, bar, ristoranti, civili abitazioni. Preventivi gratuiti! LAVA&STIRA-LAVASECCO a Gianico, Centro Mercato Valgrande a Pisogne, Centro Commerciale Italmark Via Quarteroni, 16 25047 - DARFO BOARIO TERME Maninpasta Tel. 0364.535523 - Fax 0364.534788 Internet: www.ecenter.it e-mail: [email protected] Produzione e vendita di pasta fresca, a Darfo (piazza Matteotti, 15) ADERENTE AL CONSORZIO SOLCO CAMUNIA graffiti - febbraio 2008 11 svincoli e rotatorie a Breno di Giuliano Laini (capogruppo di “Impegno Comune”) per chi corre il treno? «Grazie all’impegno delle Ferrovie Nord e dell’Assessorato ai trasporti pubblici della Provincia di Brescia dall’inizio della settimana sono attive sulla tratta ferroviaria Brescia-Iseo-Edolo due corse al giorno davvero straordinarie, che riducono nettamente la tempistica tradizionale dei treni che dalla valle e dal Sebino raggiungono Brescia, e viceversa», questa la notizia che leggiamo sul Giornale di Brescia di sabato 9 febbraio. Ed ecco il dettaglio... strategico: «Il primo prende il via alle 8.20, passa da Iseo alle 9 e 52 e arriva nella stazione centrale del capoluogo alle 10.17; il secondo, all’inverso, muove da Brescia alle 16.23, passa da Iseo alle 16 e 48 e arriva a Edolo alle 18.22». Congratulazioni, i pendolari camuno-sebini ne saranno immensamente felici! (t.c.) LA CLASSIFICA DEL MESE Quando abbiamo visto la delibera di giunta N. 60 con oggetto “approvazione progetto esecutivo rotatoria Breno” abbiamo esultato perché finalmente la nostra amministrazione aveva messo mano a quell’orribile uscita della superstrada a proposito della quale due anni fa scrivevamo sul nostro giornalino, nell’articolo di Breno Nord: «Assurdo svincolo della superstrada realizzato perpendicolarmente alla statale, cosicché i Tir hanno grosse difficoltà ad affrontarlo. È stato sicuramente pensato per creare ingorghi e code e peggio di così difficilmente si poteva fare. Se si deve imboccarlo per andare verso Edolo occorre lasciare sfilare quelli che vengono in senso contrario; se si esce dalla superstrada venendo da sud (cioè da Brescia) si devono fare due stop in 50 metri! Crediamo che un qualsiasi studente di ingegneria che avesse progettato uno svincolo simile non avrebbe mai passato l’esame». Leggendo il titolo della delibera abbiamo pensato : meglio tardi che mai. Forte è stata la nostra delusione quando, andando all’ufficio tecnico, abbiamo constatato che il progetto esecutivo della rotatoria interessava l’uscita vecchia della superstrada e non quella nuova. Non riuscendo a farcene una ragione abbiamo chiesto la riunione della commissione urbanistica e della commissione lavori pubblici. Dobbiamo prendere atto che le commissione sono state fatte, ma il risultato prodotto è stato uguale a zero. Siamo venuti a sapere che si fa la rotatoria lì perché li la vuole l’Anas. Abbiamo scoperto che l’intenzione dell’amministrazione è quella di far scendere verso Breno tutto il traffico che esce dalla super per poi riconvogliarlo verso le varie destinazioni. Perciò tutti quelli che escono a Breno per andare verso Niardo, Braone o Losine, compresi tutti i camion che devono recarsi nelle aree artigianali da Breno fino a Capodiponte (non potendo uscire a Ceto e Nadro perché vietato) verranno incanalati verso Breno. Risultato: non si toglie nulla alla pericolosità dell’uscita della super, in più si peggiora la situazione provocando più ingorghi di prima obbligando anche chi esce dal centro di Breno, dopo aver superato il passaggio a livello, a dare la precedenza a tutto il traffico proveniente dall’uscita della super. Magnifico! Altro problema è la vecchia uscita della superstrada che, secondo l’Anas ed i nostri amministratori, dovrebbe rimanere per permettere ai carichi speciali della Habitat Legno di poter uscire ed entrare nella super. Quando il consiglio comunale di Breno, venti o più anni fa decise di spostare l’uscita della superstrada dove è adesso, uno dei motivi era anche quello di ampliare la zona artigianale. In nessun documento esiste la pur minima traccia che Breno deve avere due uscite. Ora, per errori dell’Anas che da Cividate in poi non ha previsto uscite percorribili da carichi eccezionali, dobbiamo buttare via territorio comunale per lasciare una bretella che verrà usata forse una volta l’anno? O mai ? Non è possibile che Breno sia sempre penalizzata, per interessi sovracomunali. (a cura di Gastone) coraggio, coerenza e memoria Voto 1 al sindaco di Borno. Finalmente le dimissioni. Ha tenuto duro sino all’ultimo, ma il controricorso non gli ha dato ragione. Come era ampiamente prevedibile. Che era ineleggibile doveva realizzarlo prima. Voto 2 alla Lega Nord di Breno. Il classico piede in due scarpe. Tanta opposizione, ma poi in consiglio comunale ha ragione sempre e comunque la giunta Mensi. Un pochino più di coerenza. Voto 3 alla Lega Nord di Artogne. Cme sopra. Fanno la minoranza stando in maggioranza, criticando aspramente il sindaco Lorenzetti. A quando un briciolo di chiarezza a favore dei cittadini? Voto 4 alla giunta Mensi. Mentre il Centro Culturale Teatro Camuno festeggia tanti anni di attività e fonda un’associazione allargata per gestire, tra le altre cose, il futuro Teatro Giardino, questo è fermo al palo e non si sa quando verrà ultimato. Voto 5 alla giunta regionale lombarda. La finanziaria 2008 demanda alle regioni la rivisitazione delle Comunità Montane, con l’obiettivo di ridurre costi e sprechi. Ma da quel che si può percepire un gran poco cambierà. Urge più coraggio e determinazione. Voto 6 all’Anas. Lo svincolo di Sulzano è diventato realtà in pochissimo tempo. Si pretende analoga celerità per i lotti di Capo di Ponte, Sellero e Berzo Demo. Voto 7 a Vallecamonica Servizi. Otto mesi di discreto funzionamento per il depuratore della Media Valle. A breve l’allacciamento di tutto Breno ed anche Esine. Ma andrebbe aggiunto alla svelta anche il complesso impianto fognario dell’ospedale. Voto 8 all’amministrazione comunale di Bienno. Il regolamento per il posizionamento di antenne e climatizzatori sulle facciate delle case mira a salvaguardare le peculiarità del centro storico. E ad evitare obbrobri. Voto 9 all’amministrazione comunale di Rogno. Il nuovo piano di governo del territorio è chiaro nel porre limiti alle zone artigianali già in essere. Un deciso stop al proliferare dei già tanti capannoni. Voto 10 ad Anpi e Fiamme Verdi di Vallecamonica. Il treno della memoria – realizzato in collaborazione con Ferrovie Nord in occasione della giornata del ricordo – ha avuto un successo notevole. Ottima l’idea di un percorso itinerante lungo tutta la Valle con il coinvolgimento delle scuole. quel voto non ci piace Due o tre numeri fa su Graffiti è stato pubblicato nella scaletta dei voti che si danno ai comuni un voto sufficiente al Comune di Piancogno per l’inaugurazione del Palazzetto dello Sport di Piamborno. A noi pare che quando si spendono tanti soldi per un’opera faraonica e sicuramente di gestione molto costosa si debba avere un altro metro di giudizio. Cordiali saluti. Gianluigi Di Giorgio e Silvio Falocchi (ex assessori nella giunta di sinistra del Comune di Piancogno negli anni 1988-1993) Quel 6 aveva un tono evidentemente ironico. Della serie: meglio tardi che mai. Oppure: campa cavallo che l’erba cresce. Ci associamo pertanto alle vostre perplessità. E giudichiamo politicamente miope insistere su una costruzione imponente (tra l’altro non ancora completamente ultimata), che era nata all’inizio (e aveva ricevuto finanziamenti) per svolgere una funzione sovraccomunale, cioè servire anche i comuni limitrofi e non solo Piancogno. A suo tempo sarebbe stato più utile ragionare su un suo ridimensionamento o abbattimento parziale. (Gastone) febbraio 2008 - graffiti 12 dalle Alpi alle Ande GRAFFITI via Silone, 8 (c/o Tullio Clementi) Care e cari tutti, un saluto affettuoso per tutti voi, anche da parte di Vitto25040 DARFO BOARIO TERME ria, Ronald e Virginia. La serata del 28 gennaio è stata molto partecipata e [email protected] ricca di contributi. Vittoria è inferma ad una gamba, ha un’ingessatura che la http://www.voli.bs.it/graffiti limita, ma ciò nonostante è venuta dal Perù e sta caracollandosi in giro per l’Italia del Nord. I nostri tre ospiti sono rimasti molto stupiti dalla nutrita presenza e dall’affetto che in Redazione: Bruno Bonafini, Guido hanno ricevuto. Ci mancava molto Erminia, che in questo momento non sta bene ed ha bisogno del Cenini, Valeria Damioli, Valerio Moncini. nostro pensiero ed affetto. Solitamente ci accompagna nell’accoglienza di Vittoria e riempie i nostri hanno collaborato: Amici della Natura di incontri con il suo calore e la sua generosità. È sempre stata nelle parole di Vittoria e Ronald. La sua Lozio, Anna Airò, Monica Andreucci, Fabio era una presenza/assenza. Guido, portale un nostro bacio, per favore. Baffelli, Tomaso Castelli, Gian Luigi Di GiorI punti che mi sembra importante richiamare per chi non ha potuto partecipare all’incontro serale, gio e Silvio Falocchi, Pier Luigi Fanetti, Sara sono questi: 5 La scuola Maria Angola prosegue ed ha finito il 5º anno. Quest’anno alcune raFaustinelli, Gastone, Giuliano Laini, Marghegazze hanno concluso il loro ciclo di istruzione e due di esse stanno tentando l’iscrizione a quella rita Moles, Mauro Montanari, Mario Salvetti. che loro chiamano università. Un bel successo, direi. 5 Le iscrizioni stanno aumentando e l’anno Direttore responsabile: Tullio Clementi. prossimo si prevede una classe in più, quindi anche almeno un insegnante in più. 5 È stato costruito un progetto per aprire la scuola Maria Angola alle scuole del territorio, prevedendo durante l’anno uno scambio fra alunni e insegnanti: dalla scuola Maria Angola alle altre scuole di Disegni e vignette di Staino, Ellekappa, Cusco e dalle scuole di Cusco alla scuola Maria Angola. Uno scambio di attività, di relazioni, di Vauro, Vannini e altri sono tratte dai formazione, di spazi che farebbe ben promettere per gli sviluppi della scuola e per la ricchezza quotidiani: l’Unità, il Corriere della Sera, il di formazione che dovrebbe fornire. Si sta attendendo il riconoscimento ufficiale di questo proManifesto, la Repubblica, dal periodico getto per renderlo attuabile. 5 Continua il lavoro di formazione nelle comunità andine attraverso Linus e dalla Rivista del Manifesto il lavoro delle promotrici sociali. Virginia appunto è una delle 8 promotrici sociali che, formate presso il Caith, vanno poi nelle comunità campesine a fare lavoro di animazione, di riconoscimento e valorizzazione culturale, di ricostruzione di identità, di attribuzione di dignità. Questo lavoro ce lo ha raccontato Virginia con molta scioltezza ed entusiasmo. 5 Sono state portate alcune copie di un libro che raccoglie racconti della tradizione orale andina scritti in lingua quechua e tradotti in italiano, illustrati con disegni delle bambine e ragazze. Virgina ci ha letto un racconto in quechua ed Alessio ce lo ha letto in italiano. Proprio una bella emozione. Diciamo che la comunicazione è stata ricca, proprio per i contributi diversi che ha dato, per il confronto con tre personalità diverse e con tre ruoli complementari all’interno del Caith. A Vittoria e Ronald ho affidato una busta con 2000 euro per la scuola. 1000 euro sono il contributo speciale della Società Coooperativa dell’Edilizia di Pisogne, di cui vi ho già parlato, e 1000 euro sono una parte dei nostri contributi trimestrali Mi è stato fatto notare che nella richiesta alla (gennaio - marzo). Ho creduto opportuno dare Comunità Montana di fare il capofila del Fetutti i soldi che c’erano in cassa, arrotondandoli Tel. 030.45670 stival (si veda articolo “Il Festival? FacciaFax: 030.3771921 al migliaio. Se riuscite a passare in Tapioca, nei molo insieme”, sul numero di gennaio), non è Brescia - Via Luzzago, 2/b prossimi giorni, a lasciare il vostro contributo www.radiondadurto.org sufficientemente chiaro che noi, CCTC, non trimestrale, magari riusciamo a dare a Vittoria ce ne laviamo le mani in attesa dei fondi. FREQUENZE: per il 21 febbraio, giorno del suo rientro, la rimaPensavo di essere stata esaustiva proprio condal lago a Capodiponte: 100.100 nente parte del nostro contributo. da Capodiponte a Edolo: 99.90 cludendo con «Facciamolo. Se possibile, insieComunque grazie per la vostra collaborazione, da Edolo a Pontedilegno: 100.00 me». Comunque, per non dare adito a male ingrande o piccola, sempre preziosa. Grazie ai terpretazioni, vorrei sottolineare che noi, prossima trasmissione: MERCOLEDÌ 27 FEBBRAIO soliti sostenitori e ai nuovi. Vediamo se riusciaCCTC, stiamo già dandoci da fare per raccodalle ore 18,30 alle ore 19,20 mo ad allargare la rete. (Margherita Moles) gliere fondi per il Festival. Si chiede all’Ente di fare il capofila non per stanziare iper-contributi, ma per farsi portavoce presso quelle VALCAMONICA ON-LINE (di Mario Salvetti) Istituzioni e Fondazioni, quegli Sponsor per i quali la richiesta inoltrata da un Ente come la (http:www.guidealpineadamello.it) Comunità Montana vale mille volte rispetto «Le Guide Alpine della Vallecamonica vantano più di un secolo di storia; alla richiesta di una Associazione. Modalità esistono documenti che attestano la loro presenza in Valle già dalla metà che normalmente viene attivata anche per dell’Ottocento. Da queste figure storiche, che hanno notevolmente altri Eventi valligiani, per i quali sono gli Enti contribuito allo sviluppo alpinistico e turistico della zona, sono nate stessi a contattarsi tra loro e a contattare Fonle attuali Guide Alpine della Scuola italiana alpinismo, scialpinismo e dazione e affini e non l’Associazione o le Asarrampicata Vallecamonica-Adamello». sociazioni ideatrici delle manifestazioni. L’associazione delle Guide, con sede a Edolo, organizza percorsi in alta Vorrei infine aggiungere che del Festival quota, lezioni di arrampicata, escursionismo per tutte le età e e per tutti i “Dallo Sciamano allo Showmen” si parlerà livelli di difficoltà, trekking, scialpinismo, palestre di arrampicata sportiva, scalate di cascate anche durante una delle più interessanti e di ghiaccio e attività di canyoning. seguite iniziative collaterali al Festival di Il sito internet, ospitato dalla rete civica della Vallecamonica, è una presentazione del gruppo e Sanremo presso il Palafiori (una dimostracontiene il programma completo degli itinerari (invernali ed estivi), con le modalità di iscrizione zione in più della nostra ostinazione nel voed i contatti utili. Queste le sezioni visitabili: “Chi siamo”, “Attività”, “Corsi”, “Fotogallery”, ler dare notorietà alla Valle!). “Viaggi”, “Rifugi”, “link”, “Contatti” e “Meteo”. Nini Giacomelli ancora sul Festival guide alpine