Svegli e attenti ad ogni seme dato in dono da Dio
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Svegli e attenti ad ogni seme dato in dono da Dio
Il vescovo Antonio alla veglia della vita: «Svegli e attenti ad ogni seme dato in dono da Dio» «Misericordiosi come il Padre è il tema di questo Giubileo. Stasera lo traduciamo così: svegli e attenti a ogni seme di vita che Dio ci ha dato in dono perchè fiorisca». È l’invito finale di mons. Napolioni alla veglia per la vita celebrata nella serata di sabato 6 febbraio nella palestra comunale di Cavatigozzi. Nella folta assemblea, composta anche da tanti volontari delle diverse associazioni e realtà ecclesiali che si occupano della tutela e dello sviluppo della vita, c’era pure il vescovo emerito Lafranconi che più volte è stato citato e ringraziato per il suo impegno a favore della dignità dell’uomo, soprattutto del più debole e fragile. La veglia, ottimamente preparata dall’ufficio famiglia diretto da don Giuseppe Nevi, ha ripercorso le quattro parti del messaggio dei vescovi dal titolo “La misericordia fa fiorire la vita”: la vita è cambiamento, la vita è crescita, la vita è dialogo, la vita è misericordia. Attraverso i contributi di riflessione e preghiera di grandi testimoni del nostro tempo come San Giovanni Paolo II, il genetista francese Jérôme Jean Louis Marie Lejeune o Benedetto XVI è stata ribadita la necessità di abbondonare stili di vita sterili, come quelli ingessati dei farisei, e di allargare il cuore trasformando la vita in dono. Particolarmente forte la condanna dell’aborto, della carenza di autentiche politiche familiari, del calo demografico frutto di un’esistenza troppo opulenta, ma anche di tante forme di oppressione. A metà della veglia diverse aggregazioni che si impegnano a tutelare, custodire e promuovere la vita si sono presentate al nuovo vescovo: dal Centro Aiuto alla Vita nato nel lontano 1982, all’associazione “Difendere la vita con Maria” che si occupa di seppellimento dei feti abortiti, ai Consultori UCIPEM di Cremona, Viadana e Caravaggio, all’associazione “Il Cireneo” che gestisce “Casa d’oro” che accoglie durante il giorno bambini diversamente abili, fino all’associazione il Girasole di familie affidatarie, ai Centri Aiuto alla Vita di Cremona, Cassano d’Adda e Casalmaggiore, alla Cooperativa Nazareth attenta soprattutto ai giovanissimi stranieri sino a tre realtà impegnate nell’accoglienza di ragazze in difficoltà come Casa Famiglia S. Omobono, Focolare Grassi e Casa Ozanam della San Vincenzo. Un vero e proprio mosaico di bene che di fronte a mons. Napolioni si è formato pian piano e che ha mostrato la vivacità di una Chiesa che si sente in prima linea nella difesa e promozione di ogni persona. Nella sua riflessione mons. Napolioni ha ricordato che la Chiesa, riprendendo immagini tanto care a papa Francesco, è «madre di ogni uomo e donna della terra, maestra non saccente in umanità, infermiera del mondo». Un ruolo fondamentale soprattutto in questo tempo malato di individualismo e di paura di chi è diverso: «Abbiamo bisogno – ha affermato – di uomini e donne che sappiano vegliare e scorgere ciò che ci unisce prima di ciò che ci divide, che amino il bene comune prima di quello privato, che siano convinti costruttori di dialogo con tutti. Perchè pacificati nel profondo». E poi ancora: «Come cristiani non vogliamo restare soli a vegliare in chiese sempre più vuote, quando possiamo uscire, anche nel buoio di certi notti, incontro a chi – senza saperlo – cerca Dio, attende la Parola, e non può vivere senza il dono della salvezza». Infine un invito, grande e lieto, a riconoscere che la vita è impreziosita dalla misericordia di Dio. «Lo sanno le lacrime di quelle donne che hanno finalmente consegnato alla misericordia di Dio e alla maternità della Chiesa i loro aborti non confessati per decenni, a costo di perdere serenità e dignità, ritrovate finalmente in Cristo» e «lo sanno anche certi “scarti” della società che meritano ogni cura da parte di chi sa, nella luce della fede, quanto essi sono preziosi e potenti agli occhi di Dio. E lo sa chi veglia gli inutili, i “terminali”, i morenti: autentici battistrada dell’eternità, che ci insegnano la misura vera del tempo e delle cose». E infine: «Lo sapremo ciascuno di noi, se faremo dell’amore alla vita, alla vita di tutti, a tutta la vita, il nostro progetto, metodo e stile, nella quotidianità di gesti magari nascosti ma efficaci». Al termine della veglia è stato consegnato il Premio “Mariolina Garini” al Centro Aiuto alla Vita di Casalmaggiore per l’impegno costante profuso nella difesa dell’uomo. Il riconoscimento è stato consegnato dal dottor Paolo Emiliani, presidente del Movimento per la Vita, e da Alfeo Garini, marito di Mariolina, alla presidente del Cav Casalasco. La serata è stata particolarmente suggestiva soprattutto grazie alle ombre cinesi sulle diverse fasi della vita proposte dai ragazzi di Vicomoscano-Casalbellotto-Quattrocase- Fossa Caprara e al monologo dell’attore viadanese Simone Coroni che ha attualizzato nell’oggi quell’elogia alla follia di Erasmo da Rotterdam. Un plauso a chi ha animato nel canto la serata: il coro giovanile Joy Voices di Casalmaggiore che ha letteralmente coinvolto l’assemblea e anche i due vescovi. Le offerte raccolte al termine andranno al Progetto Gemma che prevede l’adozioni di giovani donne che, senza un aiuto economico, interroperebbero la gravidanza. Photogallery Inaugurata dal prof. Guariso l'edizione 2016 de “La fatica di credere”: on-line l'audio della relazione La fatica di credere, giunta quest’anno alla sua quattordicesima edizione, si incarica quest’anno di indagare il filo doppio che lega la salute della terra e il benessere dell’uomo; legame che Papa Benedetto aveva riassunto nell’espressione “ecologia umana” e che Papa Francesco nella sua Laudato si’ ha ripreso e rilanciato. Sulla scia di questa visione non parziale si è collocato il primo incontro della rassegna, dove alla competenza e alla passione del professor Giorgio Guariso del Politecnico di Milano è stato affidato il difficile compito di fotografare la salute del nostro pianeta. Il relatore, che nella sua attività di ricerca si occupa di modelli e sistemi per prendere decisioni per interventi sul territorio, ha iniziato la sua panoramica denunciando la difficoltà a studiare problemi planetari secondo il modo consueto di fare scienza: la difficoltà di fare esperimenti, i tempi di alcuni fenomeni (basti pensare quelli legati alla specie umana) e la quasi impossibilità di tradurre in linguaggio formale i dati acquisiti rendono ardua la costruzione di modelli su come funzionino fenomeni come il riscaldamento globale, la distribuzione delle precipitazioni ecc. Denunciati così i limiti della ricerca, il relatore non si è però sottratto al compito di presentare alcuni aspetti decisivi per descrivere come sta la Terra. Catturando il pubblico, non abbastanza folto data la gravita e attualità del tema trattato, il prof. Guariso è riuscito a cogliere alcuni snodi fondamentali riguardanti la demografia (crescita esponenziale della popolazione terrestre, natalità, invecchiamento della popolazione in alcuni paesi, ecc…), il disboscamento e la qualità dell’aria (chiarendo tra l’altro alcuni concetti legati al problema delle polveri sottili), il riscaldamento della terra, la distribuzione e la qualità dell’acqua dolce, l’uso di energia rinnovabile e non. L’uso di immagini e di grafici anche animati, talvolta avvincenti, hanno contribuito a rendere l’esposizione chiara e appassionante. La fotografia che emerge è quella di un pianeta in stato di salute precario, in cui si stanno muovendo alcuni passi anche se talvolta troppo timidi per correggere un certo modo di vivere e di sfruttare le risorse della Terra e in cui forse non c’è abbastanza consapevolezza e desiderio di approfondire e di prendere decisioni. Senza indulgere in catastrofismi, il relatore ha segnalato però l’urgenza di un cambio di rotta in merito soprattutto al modo con cui il nostro mondo occidentale vive al di sopra della sostenibilità ambientale. Di grande saggezza anche la sua considerazione che non saranno solo le nostre conoscenze scientifiche a salvarci, anche se renderanno più fruibili le energie rinnovabili o meno dannoso l’impatto delle nostre attività. Occorre un cambio di mentalità che rimanda ad una rinnovata consapevolezza di valori e atteggiamenti che esigono altra educazione e sensibilità. La relazione del prof. Guariso Risposte al dibattito L’ecologia umana quindi è decisiva per l’ecologia del nostro pianeta: se ne saprà di più esplorando il nesso tra spazio e tempo nell’uomo postmoderno nell’incontro del prossimo 20 febbraio. La presentazione dell’edizione 2016 L'esibizione del Coro delle voci bianche del Teatro alla Scala per i vescovi Antonio e Dante La prima settimana del vescovo Napolioni a Cremona si è conclusa in maniera davvera eccellente: domenica 7 febbraio, in una Cattedrale affollata come nelle grandi occasioni, si è tenuto il concerto del Coro di voci bianche dell’Accademia del Teatro alla Scala. Un evento di alto valore culturale voluto dalla diocesi in collaborazione stretta con la Fondazione Arvedi-Buschini per dare il benvenuto al nuovo pastore della Chiesa cremonese e per ringraziare mons. Dante Lafranconi dopo 14 anni di intenso servizio pastorale. Entrambi i presuli erano seduti in prima fila affiancata dal vicario generale, mons. Mario Marchesi e dal parroco della Cattedrale, mons. Alberto Franzini. Proprio quest’ultimo, all’inizio del concerto, ha fatto gli onori di casa presentando il coro, composto da poco meno di cinquanta ragazzi e ragazze, il direttore Bruno Casoni e l’organista Fausto Capolari, volto noto in città per la sua importante attività concertistica, ma anche per essere da molti anni il titolare dell’organo Mascioni del massimo tempio cittadino, vero e proprio mago dell’improvvisazione. Mons. Franzini ha ricordato che l’ascolto della buona musica non è solo un godimento estetico, ma una profonda avventura spirituale che porta lo spirito umano a schiudersi al divino. http://www.diocesidicremona.it/wp-content/uploads/2016/02/2016 -02-07-concerto_franzini.mp3 La serata ha avuto inizio con un brano d’organo, la BWV 147 scritto negli anni giovanili da Johann Sebastian Bach, cui è subito seguito il corale dolce e intenso , dello stesso autore, Jesus bleibet meine Freude (Gesù rimane la mia gioia). Caporali ha poi eseguito le Litanies di Jehan Alain, una delle figure più significative del Novecento organistico, un brano austero che echeggia modi gregoriani. E sempre dello stesso autore è stata eseguita dal coro, con l’ausilio del flauto di Federica Mandaliti, la Messa Modale scritta dal compositore e organista francese nel Natale del 1938 per la chiesa di SaintNicolas a Maisons-Laffitte. Una messa ricca di nuances e di mistero che crea sempre un’atmosfera di profonda e serena di spiritualità. Nel repertorio del Coro di voci bianche del Teatro alla Scala non poteva mancare una pagina di Giuseppe Verdi, l’Ave Maria, preceduta da una vibrante parafrasi elaborata dallo stesso Caporali. Si tratta di un mottetto in origine per soprano ed archi. In lingua volgare, traduzione di un testo liturgico attribuito a Dante Alighieri, questo brano rimanda a lezioni palestriniane, nel quadro comunque di una ricercata armonia tardo-ottocentesca. Sono seguiti di Felix Mendelssohn-Barholdy tre mottetti: il Veni Domine, il Laudate pueri e il Dominica II post Pascha. Brani estremamente romantici nell’interazione fra canto corale e organo con echi di modelli gregoriani. La serata si è conclusa col pezzo forse più struggente e maestoso: la Carità di Gioacchino Rossini interpretata dalla giovanissima e valente soprano Barbara Massaro. Davvero eccezionale Caporali che prima dell’esibizione corale ha offerto una introduzione e fuga per solo pedale che ha lasciato estasiasta la folta assemblea. Al termine della serata hanno preso la parola i due vescovi. Mons. Napolioni ha espresso parole di elogio e di gratitudine per aver dischiuso le porte della grazia del canto, ma anche della fanciulezza che spinge a guardare il futuro con speranza: «La lode a Dio che questa sera abbiamo innalzato – ha precisato – ci insegna ad ammirare tutta la bellezza che circonda». Da parte sua mons. Lafranconi ha affermato che il concerto – vera e propria armonia di voci – è certamente di buon augurio perchè il suo servizio episcopale ormai terminato e quello del vescovo Napolioni all’inizio possano ben armonizzarsi: «Per questo – ha concluso – vi chiediamo l’aiuto della preghiera». http://www.diocesidicremona.it/wp-content/uploads/2016/02/2016 -02-07-concerto_vescovi.mp3 Photogallery (foto Chiodelli) Il vescovo Antonio a S. Agata: prima visita del presule in una Parrocchia Prima visita del vescovo Antonio in una delle parrocchie della diocesi: l’occasione è stata la festa patronale di S. Agata, a Cremona. Quasi una consuetudine per la comunità di Sant’AgataSant’Ilario, guidata da mons. Dennis Feudatari, poter contare sulla presenza del Vescovo, a sua volta emozionato perché, come ha confessato all’inizio della celebrazione, per lui – fino a pochi giorni fa parroco – è stato quasi come ritornare tra la propria gente. Mons. Napolioni è stato accolto dal parroco alle 10 sul piazzale antistante la chiesa. Una volta in chiesa il Vescovo ha asperso l’assemblea e, accompagnato in processione dai ministranti, si è recato nella cappella del Santissimo per un momento di preghiera personale. Passando tra l’assemblea non ha mancato di salutare i fedeli, fermandosi in particolare per un momento privilegiato con le persone in carrozzina. Dopo che il Presule ha indossato i paramenti liturgici, in una chiesa gremita ha preso avvio la processione d’ingresso. Accanto al Vescovo i quattro sacerdoti delle parrocchie di S. Agata e S. Ilario: il parroco mons. Feudatari, il vicario don Stefano Montagna e i collaboratori don Angelo Guerreschi Parizzi e don Franco Regonaschi. A dare il saluto ufficiale al Vescovo è stato mons. Feudatari che ha ricordato come “fin dagli inizi dell’unità pastorale abbiamo voluto come premessa e come promessa l’unica Eucaristia domenicale per la famiglia cristiana”, presentando poi idealmente al Vescovo le diverse realtà che compongono le parrocchie. Poi ha aggiunto: “Questa famiglia ha creduto e crede nella chiamata ad essere comunità unita e, perciò, sta camminando in salita, a passo cadenzato, imbragati dalla grazia, dalla Parola del Signore. Ma l’euforia o lo sconforto sono alla portata di ogni chiodo piantato o varcato, o ad ogni pioggerellina che fa scivolare il piede. Chiara è la meta. Siamo fidenti nel capocordata che è Cristo Signore”. http://www.diocesidicremona.it/wp-content/uploads/2016/02/2016 -02-07-salutoSantAgata-Cremona.mp3 Iniziando l’omelia mons. Napolioni ha lasciato spazio ad alcuni sentimenti di questi primi giorni da vescovo: “Io sto scoprendo, minuto per minuto, – ha detto – la mia moglie, la mia famiglia, la mia nuova vita. Quindi non nascondo la felicità. Non per il numero – so che siete più di 7mila nell’unità pastorale – ma per i sorrisi, per la vita, per la fraternità che si respira, per la preghiera, per la presenza di Cristo in noi. Lasciamoci sempre stupire dalla presenza del Signore, non facciamoci mai l’abitudine”. Poi il richiamo alla patrona, occasione per riflettere sulla realtà dei martiri, oggi più di un tempo. E subito una precisazione: martire non è sinonimo di kamikaze, ha detto commentando la prima lettura. “Vogliamo essere questi discepoli dei martiri – ha chiesto – che dalla loro memoria traggono giustificazioni per una rinnovata violenza cristiana? C’è stata la violenza cristiana nella storia, non nascondiamocelo, e oggi magari ci sono violenze targate in nome di altre religioni. È una tentazione! E dobbiamo dirgli di no: non è il Vangelo! È qualcosa che istintivamente è comprensibile, ma che distrugge noi stessi insieme agli altri. Quindi no a vedere i martiri come dei soli combattenti in nome di Cristo”. Mons. Napolioni ha poi messo in guardia da una seconda tentazione: “fare le vittime, diventare vittimisti e lamentosi. Chi dei nostri figli e dei nostri ragazzi ci seguirà se questo è il Cristianesimo, fonte di pessimismo e di scoraggiamento! Ma per fortuna arriva Gesù. Gesù, con la sua parola e con la sua vita, ci indica la strada: né terroristi né vittimisti, ma riconoscenti e riconoscibili”. E ancora: “Non dobbiamo certo nascondere la nostra fede, ma non si tratta di mettersi divise o distintivi”. Ciò che rende riconoscibile un cristiano è altro: “Da che cosa si vede che siamo stati a Messa? Da come torniamo a casa contenti, dal sorriso, dagli occhi che brillano, dalla capacità di abbracciare, da questa tenerezza che riceviamo da Dio che diventa capace di rigenerare i nostri rapporti. Ha detto Gesù: chi mi riconoscerò davanti agli uomini anch’io lo riconoscerà davanti al padre. Riconoscere Gesù significa accorgersi della sua presenza”. “La gioia è la vera forza – ha sintetizzato il Vescovo –, la contentezza di sentirsi amati e nutriti da Dio, l’amore profondo che ci commuove e ci consola. Allora saremo riconoscenti, pieni di gratitudine, non ci basterà la vita per dire grazie: avremo l’eternità per vivere in una gratitudine infinita che non ci stancherà mai”. E ha concluso: “Lo chiedo al Signore con tutto il cuore, per me, per voi, per i vostri sacerdoti, per tutta la comunità, per chi più è nella difficoltà, perché non si senta solo, perché le case non restino chiuse, perché ci si accorga gli uni degli altri e ci si incoraggi a vivere con questa serena fierezza la nostra fede”. È stata una celebrazione solenne, ma nello stesso tempo familiare e accogliente. E proprio in questo clima di casa mons. Napolioni, prima della benedizione finale, ha voluto ringraziare la comunità per aver “allevato e custodito” il proprio segretario, da 30 anni residente a S. Agata. E non è mancata neppure una battuta sugli avvisi “proprio come li avrei fatti io nella mia parrocchia”, ha detto il Vescovo, con un po’ di nostalgia per la propria terra, ma anche la certezza di essere chiamato a guidare una porzione di Chiesa che è in comunione con quella universale. Al termine della Messa volentieri con la gente chiesa e poi in oratorio, per le persone sofferenti mons. Napolioni si è intrattenuto di S. Agata e S. Ilario, prima in riservando un attenzione particolare e i bambini. Photogallery A Rivolta d'Adda festa del beato Spinelli con il vescovo Antonio, che nel pomeriggio ha visitato Casa Famiglia e le Adoratrici anziane. Online le foto Sabato 6 febbraio, memoria liturgica del beato Francesco Spinelli, il carisma dell’Istituto delle Suore Adoratrice da lui fondate è stato al centro della giornata vissuta a Rivolta d’Adda dal vescovo Antonio. Per lui, infatti, è stata l’occasione di conoscere da vicino l’operato di queste suore, per la prima volta incontrate personalmente così come gli anziani e i diversamente abili di cui amorevolmente esse si prendono cura nella “Casa famiglia” intitolata proprio al loro Fondatore. La Messa in Casa madre L’intensa giornata ha preso avvio alle 10 nella chiesa di Casa madre, dove il vescovo Antonio ha presieduto la solenne Eucaristia. Insieme a lui, accompagnato dal segretario e cerimoniere don Flavio Meani, è giunto da Cremona anche il vescovo emerito mons. Dante Lafranconi. Ma non mancava neppure un terzo vescovo: mons. Martin de Elizalte, emerito di Nueve de Julio (Argentina). A dare il benvenuto ai generale, madre Isabella Consiglio e alcune delle “benvenuto nella famiglia madre Vecchio ha fatto tre vescovi è stata la superiora Vecchio, affiancata dalle suore del precedenti madri generali. Dando il delle Adoratrici” a mons. Napolioni, sue le parole del beato Spinelli: “All’amatissimo Vescovo rinnovo la protesta sincera della mia filiale riconoscenza e sudditanza. Mi consola il pensiero di averlo mai disobbedito e d’averlo fatto anche con mio danno materiale, ma ho fiducia di aver acquistato qualche modesto vantaggio spirituale. Si obbedisca sempre, da tutti, al Vescovo”. “Si senta amato e ricordato ogni giorno nella preghiera d’adorazione – ha affermato la Generale – ma anche nell’offerta della sofferenza, soprattutto da parte delle sorelle ammalate”. “La strada l’ha imparata, ritorni quando desidera”, ha proseguito, rivolgendo poi parole di ringraziamento al “nostro amato” vescovo emerito Lafranconi, per “tutto il bene che ci ha voluto in questo 14 anni: non è mai mancato e penso continuerà questa comunione dello Spirito, che va oltre i ruoli e oltre i tempi”. E ancora: “È bello avervi qui insieme: i nostri Vescovi! Penso sia la testimonianza più grande e più autentica di comunione nella Chiesa”. http://www.diocesidicremona.it/wp-content/uploads/2016/02/2016 -02-06-salutoGenerale-Rivolta-Adda.mp3 “Sono ancora in garanzia”, ha scherzato il vescovo Antonio rispondendo al saluto della Madre. “Veramente il Signore prepara – ha continuato – la nostra famiglia e la nostra umanità. La parentela spirituale è la più vera! Il Signore ha preparato da sempre il vescovo Dante perché fosse mio padre nell’episcopato. Allora contempliamo questo mistero andando alla sorgente, dalla quale il beato Francesco ha attinto”. In una chiesa gremita, tra tanti amici dell’Istituto, alcuni degli ospiti di Casa Famiglia, e naturalmente tante suore adoratrici, non mancavano neppure le autorità del territorio con il primo cittadino di Rivolta d’Adda, Fabio Calvi. Diversi i sacerdoti concelebranti, della diocesi di Cremona e non solo. E come ormai tradizione hanno voluto essere presenti anche le Suore Sacramentine, fondate da madre Gertrude Comensoli insieme al beato Spinelli. Nell’omelia mons. Napolioni si è anzitutto soffermato sulla “chiesa di casa madre: tre parole che mi sembra contengano un programma”. Anzitutto nella consapevolezza che il Signore sceglie ciascun uomo come “sua casa”: “Si fa casa in noi, piccoli e indegni – ha precisato il vescovo di Cremona –. E fa sì che noi troviamo casa in Lui, porto sicuro delle nostre fatiche e sofferenze”. E ha proseguito: “È la sostanza della fede: di tanti, nel mondo, da sempre. Ma credo che sia in particolare un’esperienza specificamente sacerdotale: quella che ha fatto il beato Francesco Spinelli. L’esperienza che ha fatto lui: non l’ha voluta, gli è venuta incontra. Ed egli l’ha accolta, si è ‘lasciato fare’ da questa esperienza di un Dio che fa casa e che dimora in noi. È l’esperienza che lo ha generato e rigenerato continuamente, che lo ‘ha fatto’ ogni giorno di più uomo, prete e santo: Gesù eucaristia”. “Un prete – ha detto ancora – se prova da solo a misurarsi con questa chiamata scoppia, non ce la fa e magari si arrende. Fare casa a Cristo e con Cristo diventare casa accogliente! Io spesso non ci sono riuscito. Ma se accanto a lui affiorano anime, spesso di donne umili e generose, come madre Geltrude, Caterina e le altre Adoratrici, di allora, di oggi, e di domani, allora si diffonde un contagio benefico. Allora è possibile: ci si incoraggia gli uni gli altri”. Poi il Vescovo ha voluto specificare il senso autentico dell’adorare. Lo ha fatto rifacendosi alla parole di Papa Benedetto XVI alla Gmg di Colonia, mettendo in guardia da ciò l’uomo può adorare finendo per diventarne schiavo. “Il beato Spinelli insegna ad adorare e subito a condividere – ha detto – perché non si può possedere Cristo e nascondersi davanti al suo corpo piagato che giace ai bordi delle strade”. Dalla prima lettura, dell’apostolo Pietro, mons. Napolioni ha quindi tratto tre spunti di riflessione. Anzitutto rifacendosi al sogno del giovane Spinelli a S. Maria Maggiore: intuizione del carisma delle sue suore. “Cristo vive e parla nel cuore di chi si apre all’amore e sente il bisogno di lasciarsi amare per imparare ad amare, e crede che tutto gli viene dato nell’Eucaristia per tutto ridare nella carità. Noi siamo come dei canali: tutto riceviamo e tutto restituiamo”. Il Vescovo non ha neppure tralasciato il fatto che spesso i santi vengano non compresi e rifiutati. “In un certo senso – ha detto – la morte dobbiamo assaporarla prima di portare pienamente frutto: dobbiamo scendere agli inferi, accettare l’umiliazione e quell’opera riparte resa più feconda dalla passione condivisa con Cristo. Ecco perché possiamo guardare con fiducia alla storia: anche alle nostre storie di famiglia che a volte sono sballate e a pezzi. È la forza della mitezza riapre la storia. Mi viene in mente un mio amico, che sta soffrendo perché non riesce a vivere serenamente il rapporto di coppia. Io gli dico sempre: ‘Sta zitto e aspetta! Il Signore ti aprirà una strada’. Mentre, invece, il risentimento, o peggio la vendetta – avvelenano la storia e ci fanno precipitare”. Da ultimo, richiamando la testimonianza su don Spinelli data dal curatore fallimentare, ha sottolineato “la gioia del perdono” del Beato, nella consapevolezza che “chi come lui si abbandona alla Presenza di Gesù, libera dal suo cuore immense capacità di misericordia, anche oggi così necessarie per guarire le ferite più profonde dell’anima”. “Allora grazie, sorelle, che tenete viva non tanto la memoria, ma il dono, attingete alla sorgente, e rendete accogliente anche oggi, più che mai, questa Casa Madre, questa Casa Famiglia, diventando voi stesse, come il vostro Fondatore, casa di Dio e dei poveri. Anche nelle missioni che vi rendono presenti in paesi lontani, dove la Chiesa è giovane e ci dà tanta speranza – ha concluso –. Non fate bilanci, non guardatevi indietro se non per ringraziare, non guardare al futuro se non con l’entusiasmo credente del beato Francesco”. Photogallery La visita alle strutture Dopo il pranzo con le suore a Casa Madre, per il vescovo Antonio il pomeriggio è stato l’occasione per visitare le strutture delle Adoratrici a Rivolta. Intorno alle 15 la prima tappa è stata “Casa Famiglia”, luogo di accoglienza per anziani e disabili. Le parole attaccate ad alcuni palloncini colorati offerte al Vescovo da quattro ospiti hanno permesso di comporre una frase del beato Spinelli. Per tutti l’appuntamento è stato nella chiesa della struttura dove il Vescovo ha incontrato personalmente tutti i presenti, rispondendo anche ad alcune loro domande, occasione di reciproca conoscenza. Photogallery della visita a Casa Famiglia Mons. Napolioni ha quindi fatto visita ad alcuni dei reparti prima di recarsi a “Santa Maria”, la struttura che ospita le religiose anziane o malate. Qui l’incontro con le suore è iniziato nella cappella, con la preghiera del Vespro, cui ha preso parte anche il vescovo Dante. Mons. Napolioni ha colto l’occasione per ringraziare le suore per il prezioso servizio svolto nella loro vita a favore delle giovani generazioni e dei sofferenti, nella consapevolezza che il Signore ricompenserà le loro fatiche garantendo certamente di più di quanto loro hanno potuto donare. Il pomeriggio si è quindi concluso con la visita del Vescovo alle suore allettate, con una particolare parola di conforto e una benedizione tutta personale. Photogallery dell’incontro con le suore a S. Maria Gli altri eventi In preparazione alla festa del Fondatore, le Adoratrici hanno organizzato una serie di eventi sia per presbiteri sia per laici. Giovedì 4 febbraio, in Casa madre, si è svolta la giornata sacerdotale che ha visto la presenza di padre Innocenzo Gargano, monaco camaldolese e biblista. Venerdì 5 febbraio, invece, alle 21 in Casa madre, si è svolta una serata di riflessione sulla figura di don Spinelli dal titolo: “Perdonare a me fu sempre cosa dolce”. A condurre l’incontro è stata suor Loredana Zabai. La sera di sabato 6 febbraio, infine, alle 21 in Casa Madre, l’adorazione comunitaria. Biografia del beato Spinelli Nato a Milano il 14 aprile 1853 da genitori bergamaschi a servizio dei Marchesi Stanga, Francesco cresce bravo e vivace e, come S. Giovanni Bosco, è pieno di gioia quando attira gli altri bambini organizzando spettacolini di marionette. Quando è libero, la mamma lo conduce a visitare poveri e ammalati e lui è felice di amare e aiutare il prossimo, come insegnato da Gesù. Nasce la vocazione, e Francesco studia a Bergamo, e viene ordinato sacerdote nel 1875. In quello stesso anno si reca a Roma per il Giubileo, e in S. Maria Maggiore ha una visione: uno stuolo di vergini che adorano Gesù Sacramentato. Don Francesco capisce il progetto della sua vita, ma aspetta il momento giusto per realizzarlo. Tornato da Roma, svolge attività educative e una scuola serale presso l’ oratorio di don Palazzolo, un’apostolato fra i poveri nella parrocchia dello zio don Pietro, l’insegnamento in Seminario e la guida di alcune comunità religiose femminili, fino a quando nel 1882 recatosi a S.Gervasio d’Adda (CR) incontra una giovane ragazza, Caterina Comensoli, che desidera diventare religiosa in una congregazione che abbia come scopo l’Adorazione Eucaristica. Don Francesco può così realizzare quel sogno visto in S. Maria Maggiore. Il 15 dicembre 1882 le prime aspiranti suore entrano in una casa che sarà il primo convento, in via S. Antonino a Bergamo. Quel giorno l’Istituto delle Suore Adoratrici ha inizio. Intanto si aprono nuove case e le religiose accolgono handicappati, poveri e ammalati. Tutto va bene fino a quando, per una serie di spiacevoli equivoci, don Francesco è costretto ad abbandonare la diocesi di Bergamo, e il 4 aprile 1889 si trasferisce in diocesi di Cremona, a Rivolta d’Adda, dove le sue figlie hanno aperto una casa. Il sacerdote non può più governare l’Istituto, e così la fondazione si divide: madre Comensoli fonda la congregazione delle Suore Sacramentine, don Francesco quella delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento. Ottenuta la giusta approvazione, le Adoratrici prendono vita. Esse hanno il compito di adorare giorno e notte Gesù nell’Eucarestia e di servire i fratelli poveri e sofferenti, nei quali “Ravvisare il Volto di Cristo”. Gesù è la fonte e il modello della vita sacerdotale di don Francesco, dal quale prendeva forza e vigore per servire gli altri. A Rivolta si piega a cercare Cristo fra gli infelici, gli emarginati, i respinti, e dove c’è un bisogno di qualsiasi tipo: scuole, oratori, assistenza agli infermi, agli anziani soli. I suoi prediletti sono i portatori di handicap, per i quali nutre un affetto di padre. Per loro, oltre all’assistenza, si prodiga per farli organizzare in semplici lavori per sollecitare la loro capacità e promuovere una maggiore autonomia personale. Crede in loro e non li tratta come dei “minorati”. Accoglie i giovani del grosso borgo cremonese, nella casa madre, ed è felice di trovarsi con loro e farli divertire. Circondato da vastissima fama di santità, raggiunge l’amato Dio, il 6 febbraio 1913. Viene dichiarato beato da Giovanni Paolo II il 21 giugno 1992,nel Santuario Mariano di Caravaggio. Beato Francesco Spinelli, sacerdote Messale Lezionario Liturgia Ore Proseguono le iscrizioni al pellegrinaggio a Roma presieduto dal vescovo Antonio Sarà il vescovo Antonio a presiedere il pellegrinaggio diocesano a Roma dal 22 al 24 febbraio in occasione dell’Anno Santo straordinario della Misericordia. Sono già 250 gli iscritti – tra i quali anche il vescovo emerito Dante Lafranconi – alla proposta del Segretariato pellegrinaggi che si avvale dell’assistenza organizzativa dell’agenzia viaggi Profilotours, ma ci sono ancora diversi posti disponibili. Il programma della trasferta capitolina, curato da don Roberto Rota, prevede l’arrivo in città nel pomeriggio di lunedì 22 febbraio, festa della cattedra di San Pietro. Il gruppo dei cremonesi si ritroverà a Castel Sant’Angelo per iniziare il cammino giubilare verso la basilica di San Pietro dove avverrà il passaggio per la Porta Santa. Nella basilica vaticana mons. Napolioni presiederà, poi, alle 17 l’Eucaristia solenne della festa della Cattedra, solitamente riservata al cardinale arciprete. Il giorno successivo, martedì 23, in mattinata è prevista la celebrazione dell’Eucaristia nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme e a seguire la visita alle altre due basiliche papali: San Giovanni in Laterano e Santa Maria Maggiore. Nel pomeriggio i cremonesi saranno impegnati in un suggestivo percorso storico-artistico nel centro della capitale: si partirà dai Fori Imperiali per poi far tappa al Campidoglio, al Carcere Mamertino, alle chiese di San Marco, del Gesù e di Sant’Ignazio, a Fontana di Trevi, fino a piazza di Spagna e a piazza del Popolo. Mercoledì 24 febbraio la mattinata sarà dedicata alla partecipazione all’udienza generale di Papa Francesco in piazza San Pietro. Al termine è in programma la celebrazione della Messa in una chiesa in zona Vaticano. Quindi il trasferimento a San Paolo Fuori le Mura, sulla via Ostiense, per la visita alla basilica che conserva la memoria dell’Apostolo delle genti. Nel pomeriggio l’inizio del viaggio di rientro. Un secondo pellegrinaggio è previsto dal 10 al 13 ottobre. Cliccare qui per i dettagli della proposta per gruppi e per singoli Tutte le proposte di pellegrinaggi per il 2016 La riflessione di don Rota sull’importanza del pellegrinaggio a Roma Donato dal card. Comastri al santuario di Caravaggio un mattone della Porta Santa della basilica vaticana È stata posizionata all’ingresso del Sacro fonte al Santuario “Santa Maria del Fonte” presso Caravaggio una delle mattonelle che componevano il muro con il quale era stata chiusa la Porta Santa della Basilica Papale di San Pietro in Vaticano. Grazie all’interessamento di Claudio Mario Bressani, volontario del santuario, e per la grande devozione di Mons. Cesare Burgazzi, canonico della Basilica Vaticana e capoufficio alla segreteria di Stato, lo scorso gennaio è stato consegnato al rettore don Antonio Mascaretti il mattone donato dal card. Angelo Comastri Arciprete della Basilica in «segno di legame con il successore di San Pietro». Il muro dal quale il mattone proviene, è stato demolito successivamente alla cerimonia di “Recognitio della porta santa” svoltasi lo scorso 18 Novembre. La celebrazione è stata presieduta dal card. Comastri, che ha guidato la processione del Capitolo della Basilica, quattro “sampietrini” hanno abbattuto a colpi di piccone il muro che sigillava la Porta Santa, estraendo la cassetta metallica custodita dal momento della chiusura del Grande Giubileo dell’Anno duemila e contenente i documenti dell’ultimo Anno Santo, tra cui la chiave che ha consentito di aprire la Porta santa, le maniglie, oltre alla pergamena del rogito, mattoni e medaglie commemorative. Dopo aver pregato all’altare della Confessione, la processione ha raggiunto la Sala capitolare dove la cassetta metallica estratta dalla porta è stata aperta con la fiamma ossidrica. Oltre al Maestro delle cerimonie liturgiche di Papa Francesco, monsignor Guido Marini, che ha preso in consegna i documenti e gli oggetti della Recognitio, era presente l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della nuova evangelizzazione. La porta Santa è stata aperta dal Santo Padre Francesco, l’8 Dicembre scorso dando ufficialmente inizio al Giubileo Straordinario della Misericordia. L'incontro del vescovo Antonio con la Curia e gli organismi diocesani Nella tarda mattinata di venerdì 5 febbraio mons. Napolioni ha incontrato i responsabili e i collaboratori degli uffici pastorali della Curia oltre ai membri dei diversi organismi diocesani. Il vescovo Antonio, affiancato dal vicario generale mons. Mario Marchesi e dal delegato episcopale per la pastorale, don Irvano Maglia, ha anzitutto presieduto la preghiera dell’Ora Media, poi dopo rapide presentazioni, ha illustrato brevemente, ma assai efficacemente la sua “idea” di Curia. Anzitutto ha chiesto un poco di pazienza per “prendere le misure” visto la differenza con la struttura più piccola e meno complessa dell’arcidiocesi di Camerino – «permettemi di sbagliare» ha affermato suscitando a tutti un sorriso -, quindi ha sottolineato l’importanza di uno stile di comunione, di reciproco rispetto, di dialogo e di corresponsabilità: «La Curia deve essere come un motore d’avviamento dell’intera diocesi, nella consapevolezza, però, che ci sono altri pezzi che compongono il motore intero. Dovremo fare in modo che ogni sacerdote percepisca la Curia come una casa comune, come una realtà che aiuta e facilita e non come l’ufficio complicazioni degli affari semplici». Un forte invito, dunque, a lavorare insieme, a confrontarsi continuamente, a non operare in maniera individualistica ma facendo davvero squadra. Mons. Napolioni ha poi ringraziato per l’ottima accoglienza che ha ricevuto in questi primi giorni di ministero episcopale a Cremona. Al termine tutti i presenti hanno potuto conoscere personalmente il presule, il quale si è soffermato in modo particolare con i tanti collaboratori della Federazione Oratori. Photogallery Nominato dal vescovo Antonio mons. Marchesi vicario generale e moderatore di Curia. Confermati tutti nei precedenti incarichi Sabato 30 gennaio, il giorno stesso della sua ordinazione episcopale e del suo solenne ingresso in diocesi, mons. Antonio Napolioni, ha firmato il decreto con il quale ha nominato mons. Mario Marchesi vicario generale e moderatore della Curia, conferendogli tutte le facoltà proprie di tali uffici, comprese le particolari facoltà che richiedono deroga o speciale mandato. Inoltre ha confermato don Massimo Calvi come vicario giudiziale, mons. Mario Barbieri come delegato episcopale per il clero, don Irvano Maglia come delegato episcopale per la pastorale, don Giulio Brambilla come delegato episcopale per la vita consacrata. Mons. Napolioni ha altresì confermato tutti i responsabili e gli addetti di Curia negli incarichi precedentemente ricoperti. Educare alla differenza: al Centro pastorale un corso per educatori ed insegnanti Dar voce al maschile e al femminile attraverso diversi linguaggio espressivi. Questo l’intento del corso “Educare alla differenza nella differenza”, promosso da diverse agenzie educative cremonesi. L’iniziativa – proposta da Azione Cattolica, Consultorio Ucipem, Cooperativa Iride e Centro Italiano Femminile, in collaborazione con l’Università Cattolica di Piacenza – è dedicata a insegnanti, educatori e a quanti ricoprono un ruolo formativo. Attraverso l’esplorazione di alcune forme espressive come il teatro, la lettura, il gioco, il cinema, guidati da docenti e professionisti, sarà possibile porsi in ascolto dei vari modi attraverso cui l’umano si racconta e si esprime. Durante i tre incontri si alterneranno momenti teorici a esperienze di laboratorio e ogni volta verranno affidati ai corsisti piccole consegne di lavoro e ricerca da discutere in gruppo negli incontri successivi. È questa un’occasione per trovare nuove strategie che aiutino i giovani ad abitare il variegato universo di oggi, senza rinunciare a solidi punti di riferimento, pur nell’accoglienza critica e rispettosa della varietà dell’umano. Tutti gli incontri si terranno al Centro pastorale diocesano di Cremona, in via Sant’Antonio del fuoco 9/A, dalle ore 9 alle 12.30. Il corso è gratuito. Per iscriversi è necessario inviare la propria adesione all’indirizzo mail [email protected] entro domenica 7 febbraio. Il calendario degli incontri Sabato 13 febbraio – Riflettersi sullo schermo: stereotipi di genere nel cinema e nella fiction. Intervengono Daniele Bruzzone e Alessandra Augelli. Sabato 27 febbraio – Differenze in gioco: un approccio ludico per una questione seria. Interventi di Elisabetta Musi e Enrico Carosio. Sabato 12 marzo – La maschera e il volto: le differenze attraverso il teatro, con Antonella Arioli e Fabio Giannotti. La locandina del corso