SEPOLTURE ED AREE CIMITERIALI A FAENZA TRA
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che di età rinascimentale (GUARNIERI 1998), oltre al piccolo gruppo di inumati oggetto di questo intervento. La posizione stratigrafica delle tombe e l’analisi dei corredi, gli unici di età altomedievale rinvenuti a Faenza, permette di datare questo piccolo sepolcreto ad un periodo compreso tra la fine del VI e la prima metà del VII secolo. I rinvenimenti di PalazzoGrecchi e Caldesi hanno fornito un caposaldo, prima mancante, che ci consente di affermare che il fenomeno dell’ingresso delle sepolture all’interno della cerchia urbana per Faenza può essere compreso appunto tra la fine del VI e la prima metà del VII secolo, in armonia con quanto avvenne anche in altre aree dell’Italia bizantina (ZANINI 1998, pp. 195-196). SEPOLTURE ED AREE CIMITERIALI A FAENZA TRA TARDOANTICO ED ALTOMEDIOEVO E IL RINVENIMENTO DI PALAZZOCALDESI CHIARA di GUARNIERI * * Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna 1. SEPOLTURE ED AREE CIMITERIALI A FAENZA TRA TARDOANTICO ED ALTOMEDIOEVO 2. LE SEPOLTURE DI PALAZZOCALDESI Faenza in età tardoantica non subì il lento declino della maggior parte dei centri dell’Emilia Romagna ma risentì positivamente della vicinanza con Ravenna, città che all’inizio del V secolo fu scelta da Onorio come sede della corte imperiale. Numerosi sono i rinvenimenti riferibili ad edifici di notevole prestigio a cui corrispondono invece scarse ed incerte notizie riguardanti le sepolture (Fig. 1). Non vi sono dati certi circa l’esistenza di sepolture in urbe, se si esclude la menzione di un gruppo di tombe alla cappuccina situate in prossimità del nucleo episcopale. Altri due gruppi di sepolture assegnabili all’età tardoantica sono collocati nel suburbio della città romana; in particolare l’area adiacente alla chiesa di S. Maria foris portam, già esistente nel VI sec. d.C. nella zona sud-ovest della città, è l’unica che evidenzia con una certa sicurezza una continuità d’uso dall’età romana: nel 1942-43 vennero in luce quattro tombe alla cappuccina, prive di corredo ma attribuibili all’età tardoantica dal contesto di rinvenimento; l’altra zona da cui provengono sepolture probabilmente attribuibili all’età tardoantica è quella attigua alla chiesa di S. Abramo, situata nel suburbio settentrionale della città romana. Le notizie relative alle sepolture di età altomedievale sono ancora più discontinue: unici dati attendibili sono quelli che ci provengono da recenti indagini urbane, analizzate in questa sede; per gli altri casi, mancando dati stratigrafici diretti o elementi datanti, l’attribuzione all’età altomedievale è desunta dalle quote e dall’incidenza delle sepolture sui piani pavimentali tardoantichi. È in questo momento che si assiste all’estendersi delle sepolture attorno alla nuova cattedrale di S. Pietro, area che in età romana era a destinazione pubblica; altre sepolture si disposero in prossimità della chiesa di S. Vitale, posta alla periferia ovest della città. Abbastanza numerosi sono inoltre i rinvenimenti di singole sepolture, tutte prive di corredo, che insistono all’interno dell’area urbana, purtroppo prive di elementi di datazione più circostanziati (GUARNIERI 2000; MINGUZZI 2000). Qualche informazione possono invece fornire gli scavi condotti in anni recenti nel centro storico della città, che hanno portato in luce alcune sepolture di età altomedievale, incidenti sui livelli d’abbandono di edifici di età romana ma comunque situate nella parte più interna dell’isolato. Ci si riferisce in particolare alla tomba – priva di corredo – rinvenuta a Palazzo Grecchi in corso Mazzini, edificio situato poco più a nord di Palazzo Caldesi; la sepoltura, in nuda terra e di forma antropoide, tagliava i piani di frequentazione tardoantichi di una domus, ed è attribuibile su base stratigrafica al VII secolo; l’inumato è stato oggetto di analisi, accanto ai reperti osteologici di Palazzo Caldesi (si veda BELCASTRO, MARIOTTI, LANCELLOTTI, di seguito a questo intervento). Il secondo rinvenimento si riferisce ad un piccolo nucleo di inumati scoperti nel 1994 all’interno del cortile di Palazzo Caldesi, nel pieno centro storico della città (GUARNIERI 1993) (Fig. 2). Lo scavo ha interessato una sequenza urbana pluristratificata che ha permesso di individuare una domus con mosaici di età tardoadrianea (GUARNIERI c.s.), una fornacetta di età tardoantica ed una fornace per cerami- Si tratta di cinque sepolture, fortemente disturbate dagli interventi successivi, come dimostrano anche la posizione di alcuni oggetti, non congrua alla loro funzione (cfr. in particolare tombe 2 e 3). Le inumazioni sono in fossa semplice realizzate in parte incidendo i piani pavimentali di età romana, in parte adagiando su di essi i corpi dei defunti. Nel panorama delle sepolture di età altomedievale dell’area orientale della regione, che appare caratterizzato da nuclei cimiteriali percentualmente poveri di corredi (GELICHI 1989, pp. 150-151), il complesso di PalazzoCaldesi spicca per il rapporto sepoltura /corredo: solamente la tomba 1 – peraltro problematica – è priva di corredo, presente invece nelle altre quattro sepolture. I corredi sono costituiti solamente da oggetti di ornamento personale (Fig. 3), elemento che consente di ipotizzare che i defunti furono seppelliti con almeno parte dei propri capi di abbigliamento. Il rinvenimento faentino è di notevole interesse anche per il buon livello dei materiali: la qualità ed anche l’estrema rarità di alcuni di questi oggetti – ci si riferisce alla fibbia n. 1 e allo spillone n. 5 – permette di ipotizzare che i defunti appartenessero ad un rango sociale elevato, supposizione che potrebbe essere forse avvalorata anche dall’iconografia scelta per la fibbia da cintura n. 1 se si segue l’ipotesi della Riemer (RIEMER 1995) che vede nel rapace ad ali spiegate un motivo legato all’iconografia ufficiale bizantina. Estremamente problematica si presenta la sepoltura n. 1, giuntaci manomessa; le analisi osteologiche (si veda BELCASTRO, MARIOTTI, LANCELLOTTI, di seguito) hanno evidenziato trattarsi dello scheletro di un suino di età giovanile. Non è possibile al momento definire quale significato rivesta questa sepoltura, anche perché attualmente non si conoscono confronti simili, se non di deposizioni di animali o resti di questi all’interno di sepolture, quali elementi legati a rituali funerari. Nel caso faentino non sembra dubbia l’intenzionalità di seppellire l’animale, i cui unici resti si trovavano adagiati su di un fondo di frammenti di tegole, mentre gli altri quattro inumati, evidentemente muniti di casse lignee di cui restano solo in un caso labili tracce, erano depositi in fosse semplici; la tomba 1 inoltre è l’unica divergente per orientazione, nord-sud, rispetto alle altre quattro, disposte sostanzialmente ovest-est. La prospettiva attuale degli studi sulle sepolture di età altomedievale ha abbandonato la relazione biunivoca tra tipologia della sepolture e degli oggetti ed etnia; emblematico in questo senso appare il sepolcreto di PalazzoCaldesi: a fianco di oggetti propriamente “bizantini”, come ad esempio la fibbia n. 1, vi sono altri oggetti caratterizzanti le genti longobarde (come la fibbietta n. 2, peraltro prodotta anche nell’ergasterion della Crypta Balbi) ed altri ancora per i quali non è possibile al momento definire un preciso inquadramento, ma che sembrano il prodotto sincretico di elementi decorativi provenienti da tradizioni diverse, come lo spillone n. 5. Questa situazione locale, che mostra questi caratteri di “contaminazione”, pare lo specchio di una situazione più ampia che si va definendo alla luce dei nuovi 725 rinvenimenti e delle revisioni sistematiche di alcuni scavi, come appunto quelli Castel Trosino o di Nocera Umbra, che evidenziano un panorama complesso ed articolato di scambi ed interrelazioni (DELOGU 1997). Bronzo fuso. Lungh. 2,6; largh. 1,9. Tomba a fossa semplice che utilizzava come fondo il pavimento us 139 della domus romana. Adulto, maschio, orientato nord/ovest-sud-est. Conserva parte del bacino, tibia e perone e parte delle braccia. Corredo: fibbia in bronzo tipo “Hyppo” che si trovava lungo la tibia destra. Questo tipo di fibbietta è riferibile alle stringhe in cuoio di fissaggio che assicuravano le fasce avvolgenti gli stinchi alle scarpe. Compaiono nei corredi longobardi a Testona in Piemonte (VON HESSEN 1971, tav. 47, nn. 478-483), nella necropoli di Castel Trosino – nella tomba 205, datata al secondo quarto del VII sec. – (PAROLI 1995, p. 261, fig. 211, n. 3, scheda di M. Ricci), nella tomba 1 di RivoliPerosa in Piemonte, dove la fibbietta conserva ancora la laminetta di fissaggio alla stringa ripiegata e chiusa da due ribattini (MICHELETTO, PEIRANI BARICCO 1997, p. 328). Altri esemplari provengono dalla necropoli di Pinguente (TORCELLAN 1986, tav. 27, n. 3) e da Collecchio (CATARSI DALL’AGLIO 1993, p. 64). Questi oggetti, che compaiono in corredi longobardi, furono prodotti, nel corso del VII secolo, nell’officina romana della Crypta Balbi, ove sono state scoperte matrici per la fabbricazione di fibbie di questo tipo (RICCI 1997, fig. 5, nn. 1-3). 1) Inv. 106155 (Fig. 5, n. 1) Tomba 4 (Fig. 7) Tomba 1 (Fig. 1) Tomba a fossa, il cui fondo è stato parzialmente coperto da frammenti di tegole disposte irregolarmente. Suino, di età giovanile, orientato nord-sud. Conserva solo le ossa del tronco e degli arti inferiori. Tomba 2 (Fig. 15) Fibbia con placca mobile a forma di scudo arcuato con due appendici laterali ed una terminale, fornita sul retro di tre occhielli, uno posizionato nella parte apicale dello scudo, due paralleli alla base dello stesso. Anello ovale con alloggiamento per l’ardiglione, perduto, unito a quest’ultimo mediante un perno in ferro, di cui restano solo poche tracce. La placca è decorata dalla figura di un rapace volto verso sinistra, con le ali spiegate; negli spazi rimanenti linee serpeggianti. Bronzo fuso a matrice con motivo decorativo inciso a punzonatura. Scudo: lungh. cm 4,8; largh. cm 3; Anello: lungh. cm 3,3; largh. cm 3,7. Questo tipo di fibbia, definito di tipo “Hippo” dal luogo del rinvenimento di un esemplare (MAREC 1958), appare diffuso soprattutto in Nordafrica, in Grecia ed in ambito peninsulare ed insulare italiano, soprattutto in Sardegna (PANI ERMINI , M ARINONE 1981, nn. 189-191; UGAS , S ERRA 1990, pp. 117-118; RIEMER 1995, pp. 807-808;). Tali oggetti, che presentano la placca decorata con motivi fitomorfici, zoomorfici o talvolta con figure di santi, sono diffusi dal tardo VI secolo a tutto il VII secolo. L’oggetto rinvenuto a Faenza trova un confronto iconografico puntuale con una fibbia proveniente dal quartiere della Fontana della Gorgona ad Hippona (Libia); in quest’ultimo caso l’unica differenza risulta essere nella decorazione accessoria che consiste nella presenza di un cerchiolino posizionato sopra la testa del rapace anziché di linee serpentiformi (MAREC 1958, p. 168, fig. 15). La medesima figura di volatile si ritrova su di un anello rinvenuto in una sepoltura di Verona Sant’Elena, datata al tardo VI-inizi del VII secolo, e su di una fibbia scoperta ad Hama, in Siria. Secondo la Riemer, che ha condotto un più ampio studio dedicato alle fibbie da cintura bizantine conservate presso il Museo di Colonia, il motivo compare sui sigilli plumbei dei funzionari bizantini, databili dalla metà del VI fino alla metà dell’VIII secolo (RIEMER 1995, pp. 790793). I centri di produzione di questi oggetti sono da individuare nell’ambito del bacino del Mediterraneo ove grandi atelier metropolitani, caratterizzati dalla produzione di articoli di serie, li distribuivano anche in aree geografiche lontane. Ne potrebbe forse essere un esempio quello scoperto nello scavo della Crypta Balbi, che ha restituito, tra i numerosi oggetti in metallo, anche esemplari di fibbie di questo tipo (UGAS, SERRA 1990, p. 120; RICCI 1997, fig. 1, n. 13). Tomba 3 (Fig. 6) Tomba a fossa semplice; restavano tracce, sul fondo della sepoltura, della cassa lignea. Bambino, sesso non determinabile, orientato ovest-est. Conserva la parte superiore del corpo fino alla cavità pubica; braccia allungate lungo i fianchi. Corredo: fibbietta in bronzo, posizionata sotto la clavicola sinistra. 2) Inv. 106154 (Fig. 6, n. 2) Fibbietta. Placca fissa rettangolare traforata, anello ovale con alloggiamento per l’ardiglione in ferro, di cui rimangono tracce. Tomba a fossa semplice. Adulto, femmina, orientata ovest-est. Conserva solo la parte superiore del corpo fino la clavicola. Corredo: collana in pasta vitrea; spillone in bronzo, rinvenuto sulla spalla destra. 3) Inv. 106157; 106160 (Fig. 7, n. 3) Collana composta da 12 elementi in pasta vitrea; la collana doveva essere stata infilata in un filo di natura deperibile, vista l’assoluta mancanza di resti metallici a) sagoma a ciambella con occhielli in rilievo; vago biancastro (?), tre protuberanze gialle. Diam. cm 0,6. Tipo Koch 1,1; b) sagoma a ciambella con occhielli in rilievo; vago biancastro (?), tre protuberanze verdi. Diam. cm 0,6. Tipo Koch 1,2; c) sagoma a cilindro con occhielli in rilievo; vago a righe gialle e nere, tre protuberanze gialle. Diam. cm 0,8; lungh. cm 1,1; d) sagoma a melone, striata longitudinalmente, con sezione “a fiore”, colore azzurro chiaro. Diam. 1; lungh. cm 1,3; e) sagoma a ciambella con occhielli in rilievo; vago blu, tre protuberanze gialle. Diam. cm 0,6; f) sagoma a ciambella, son sottili rigature, colore verde acqua. Diam. cm 1,5; g) sagoma a ciambella con occhielli in rilievo; vago biancastro (?), protuberanze blu. Diam. cm 0,7. Tipo Koch 24,2; h) sagoma rotonda con occhielli in rilievo; vago verde, tre protuberanze rosse. Diam. cm 1; i) sagoma a cilindro con occhielli in rilievo; vago a righe gialle e nere, tre protuberanze gialle. Diam. cm 0,7; lungh. cm 1; l) sagoma a ciambella con occhielli in rilievo; vago biancastro (?), protuberanze gialle. Diam. cm 0,6; m) sagoma rotondeggiante, colore giallastro. Diam. cm 0,6. Tipo Koch 1,1; n) tubercolo cilindrico; pasta vitrea bianca con tracce di azzurro. Lungh. 1,7; diam. 0,8. Le perle in pasta vitrea, variamente montate nelle collane, rappresentano uno dei rinvenimenti più frequenti nei corredi tombali altomedievali. Per i rinvenimenti della Romagna si veda MENGHIN 1977, tav. 11-12. In particolare la collana del corredo di Faenza è composta per la maggior parte da vaghi policromi decorati con occhielli in rilievo di vario colore, di cui sei sagomati a ciambella e due a cilindro. Questo tipo di vaghi sono stati studiati da U. Koch per la necropoli di Schretzheim e datati tra la fine del VI e il primo quarto del VII secolo (KOCH 1977). Tra i numerosi confronti si cita Castel Trosino, databile tra la fine del VI e il primo quarto del VII secolo: dalla tomba O proviene un vago in pasta vitrea blu ed occhi gialli, che confronta con l’esemplare e) (PAROLI 1995, fig. 236) e dalla tomba 219 un vago verde con occhi rossi, uguale al vago h) (MENGARELLI 1902, col. 337): Vaghi della medesima forma provengono dalla necropoli di Pinguente (TORCELLAN 1986, p. 55). Il vago d) con sezione “a fiore”, trova confronto con altri elementi simili, di colore bianco, verde, rossastro e giallo, provenienti da alcune sepolture dalla necropoli longobarda di Romans d’Isonzo (DEGRASSI 1989, pp. 77-80: t. 79, collana 3, tav. XXII; t. 97, n. 2, tav. XX), tutte datate tra la 726 Figg. 1-5 – 1) Faenza (RA), planimetria della città con evidenziati i siti che hanno restituito sepolture di età tardoantica e altomedievale; con il punto è indicato palazzo Caldesi; 2) Faenza (RA), palazzo Caldesi, particolare dell’area di scavo; 3) Faenza (RA), palazzo Caldesi, le sepolture all’interno dell’area scavata; 4) Tomba 1; 5) Tomba 2; n. 1 fibbia in bronzo. 727 Figg. 6-8 – 6) Tomba 3; n. 2 fibbietta in bronzo; 7) Tomba 4; n. 3 collana in pasta vitrea; n. 4 spillone in bronzo; 8) Tomba 5; n. 5 spillone in argento; n. 6 coppia di orecchini in argento; n. 7 elemento in bronzo. 728 fine del VI e gli inizi del VII secolo. Grani simili sono stati rinvenuti anche nella necropoli di S. Michele, nei pressi di Cotominello (ORSI 1942, p. 128, fig. 58) e a Pinguente (TORCELLAN 1986, tipo b5, p. 55). 4) Inv. 106158 (Fig. 7, n. 4) Spillone. Stelo a sezione circolare con estremità appuntita; la testa è appiattita e ripiegata. Ricomposto da cinque frammenti. Bronzo. Lungh. cm 9, diam. cm 1,5. Lo spillone presenta la caratteristica terminazione aggettante e ripiegata che ha spesso indotto vari studiosi ad interpretare questi oggetti come nettaorecchi (ad es. D’ANGELA 1988, tav. LXXIX, nn. 96-98). Questi oggetti, che sono stati definiti sia come agi crinali che come elementi utilizzati per fermare il mantello, trovano ampia diffusione nei contesti di VI e VII secolo. Un esemplare in bronzo è conservato presso il Museo di Norimberga tra i materiali provenienti, dubitativamente, dalla Romagna (MENGHIN 1977, tav. 10, 8); altri spilloni provengono da Castel Trosino (MENGARELLI 1902, fig. 73), dalla necropoli di via Riorbico a Fiesole (VON HESSEN 1967, tav. 2, 2), da Invillino-Ibligo in Friuli (BIERBRAUER 1987, tav. 51, nn. 1-5) e da Pinguente (TORCEL LAN 1986, p. 46). Numerosi oggetti di questo tipo sono stati rinvenuti anche nell’ergasterion della Crypta Balbi (RICCI 1995, fig. 7, nn. 11-14). Tomba 5 (Fig. 8) Tomba a fossa semplice. Adulto, femmina, orientata ovest-est. Corpo conservato fino al coccige, braccia disposte lungo i fianchi. Corredo: spillone posizionato sopra la spalla destra; orecchini ancora vicini al cranio; di fianco alle braccia elemento di bronzo. 5) Inv. 106161 (Fig. 8, n. 5) Spillone. La parte apicale, terminante ad angolo retto e decorata a zigrinature, si appiattisce trasformandosi in un cerchio con due fori; ai lati sono le figure stilizzate di due animali (anatrelle?), volti verso l’esterno, decorati con cerchiolini. La parte terminale presenta un foro rettangolare centrale e due rotondi, sotto ai quali sono due occhielli che sostengono una catenella a maglie doppie piegate a forma di otto, a cui sono agganciate rispettivamente una croce in lamina, una croce ottenuta a fusione ed un’altra in lamina. Argento. Lungh. cm 12; crocetta in lamina: cm 2,1×2,5; crocetta in fusione: cm 1,9×1,5. Lo spillone trova un unico e stringente confronto con un analogo esemplare, anch’esso in argento, proveniente dalla necropoli altomedievale di Voghenza (FE), datata al VII secolo: l’oggetto presenta la medesima decorazione apicale, che richiama la testa di un rapace, fortemente stilizzata, ma si diversifica per la decorazione della parte sottostante che nell’esemplare voghentino mostra due animali rampanti, anch’essi fortemente stilizzati; presenta inoltre una catena a maglie semplici che sostiene un’unica croce in lamina (BERTI 1992, pp. 30-31). Al momento non si conoscono altri confronti per questi due oggetti che sembrano essere il risultato di una fusione di elementi decorativi di tradizioni diverse. Spilloni con terminazioni decorate si segnalano ad esempio nella necropoli di Schretzheim (Ausburg) (KOCH 1977, tav. 82, tomba 320, n. 18) dove una sepoltura femminile ha restituito uno spillone in bronzo terminate con la figura di un uccello stilizzato, decorato con cerchietti del tutto simili a quelli dell’esemplare faentino. Un altro esemplare di spillone, anch’esso in argento, che trova qualche analogia con gli esemplari citati proviene dalla tomba 19 di Castel Trosino: quest’ultimo presenta, come terminazione la figura di un centauro con le mani alzate sul capo che sostiene una catenella; dalla medesima necropoli proviene anche «uno spillo d’argento da petto con croce d’oro appesa» (MENGARELLI 1902, tav. IX, n. 9 e col. 373). Le due crocette in lamina dello spillone di Faenza richiamano le analoghe decorazioni auree che costituiscono una delle caratteristiche del corredo funerario longobardo in Italia (ad es. PAROLI 1995, p. 280) ma che ri- sultano attestate anche in altri ambiti culturali (GIUNTELLA 1998, p. 67). 6) Inv. 106162 (Fig. 8, n. 6) Coppia di orecchini. Anello aperto con estremità assottigliata e ripiegata che viene inserita a pressione nella chiusura, sagomata a cappio aperto, con l’estremità schiacciata, che si trova nell’altra estremità dell’anello. La verga è decorata da tre fili; anello di sospensione applicato, situato a ridosso del terzo filo. Argento. Diam. cm. 2,5. La coppia di orecchini di Faenza trova qualche attinenza con gli esemplari della tipologia 2.II.4 «orecchini ad anello con pendenti» della Baldini Lippolis, inquadrabile tra il V e il VII secolo (BALDINI LIPPOLIS 1999, pp. 90-95). Gli orecchini in questione sostenevano un solo pendente, perso in entrambi gli esemplari, cosa che impedisce una classificazione più precisa; essi potrebbero infatti appartenere sia alla categoria 4.b. «pendenti di filo con pietre e chiusura a gancio» sia alla 4.d. «pendenti a treccia o catena con chiusura a gancio». Entrambe le varianti non evidenziano però una decorazione della verga che sia avvicinabile a quella degli orecchini faentini. Esemplari simili in argento, ma con verga liscia, provengono da Cornus (OR) (BALDINI LIPPOLIS 1999, p. 91, n. 4.b.4; 4.b.5) e da Magrisi (SR) (ORSI 1942, pp. 131-132, fig. 59). La decorazione a cerchietti si avvicina a quella di un paio di orecchini in oro provenienti dalla necropoli di Castel Trosino (PAROLI 1995, p. 271, n. 2). 7) Inv. 106172 (Fig. 8, n. 7) Due elementi costituiti da una placchette rettangolare con foro centrale; si di un lato breve rientranza rettangolare, sull’altro protuberanza rettangolare. Cm 3×1; cm 2,8×1; diam. foro cm 0,6. Bronzo. Al momento non sono stati reperiti confronti per questo oggetto, che per la sua forma suggerisce la presenza di altri elementi modulari che andavano agganciati insieme. Disegni C. Gramigna; impaginazione A. Mignani, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna ABBREVIAZIONI Atti Longobardi 1997 = PAROLI L. (a cura di), L’Italia centrosettentrionale in età longobarda, Atti del Convegno (Ascoli Piceno, 6-7 ottobre 1995), Firenze. Castel Trosino 1995 = PAROLI L. (a cura di), La necropoli altomedievale di Castel Trosino. Bizantini e longobardi nelle Marche, Cinisello Balsamo. Faenza 2000 = GUARNIERI C. (a cura di), Progettare il passato. Faenza tra pianificazione urbana e carta Archeologica, «Quaderni di Archeologia dell’Emilia Romagna», 3, Firenze. Trezzo 1986 = ROFFIA E. (a cura di), La necropoli longobarda di Trezzo sull’Adda, Ricerche di Archeologia altomedievale e medievale, 12-13, Firenze. 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