Ballare: implicazioni psico-sociali

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Ballare: implicazioni psico-sociali
Ballare: implicazioni psico-sociali
Scritto da Samuele Zara
La danza è sempre stata una componente essenziale della vita umana. In tutte le epoche e
latitudini geografiche ha accompagnato i momenti di maggior rilevanza della vita personale e
sociale degli individui:
le nascite, le morti, i matrimoni, il raccolto, il cambio delle stagioni. É
stata così il veicolo degli stati d’animo più diversi, come l’esaltazione per la vittoria in guerra o
l’innamoramento. Nelle cerimonie funebri ha dato corpo al dolore e al lutto, in quelle religiose al
contatto con il divino.
Probabilmente non si può dire che il danzare non sia appannaggio della sola specie umana,
dato che i movimenti ritmici, le marce, gli scambi di posizione di uno o più individui sono
presenti anche negli animali, ad esempio quando si contendono il territorio, lottano per la
supremazia o invitano una femmina a l’accoppiamento. Quel che però contraddistingue la
danza nell’uomo sono i suoi profondi significati psicologici, significati che come tutte le altre
manifestazioni del pensiero e dell’affettività, hanno una sorta di universalità e atemporalità nelle
finalità e nelle forme espressive, ma, al tempo stesso, subiscono le influenze delle epoche
storiche e delle particolari culture in cui si costituiscono.
Nell'antichità
Gli antichi Egizi univano nella parola “hby” il significato di “danza” a quello di “essere lieto” e i
Greci facevano derivare la parola “chòros” (‘danza’), da “chòra” (‘gioia’). Danza, poesia e
armonia erano così interdipendenti e gli stessi Greci in base a questi presupposti svilupparono
un lessico di gestualità e movimenti, la “cheironomìa” (‘cerimonia’), in cui i passi ballati, i versi
ed il suono formavano un tutt’uno, detto “mousikè”, l’arte delle Muse.
In molte danze, come nell’antica danza femminile ebraica “mahol” (dalla radice verbale
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indicante il turbinare del vento), nella danza dei Dervisci, nella medioevale “ridda”, nella
quattrocentesca “volta” (antesignana del successivo “valzer”), o in numerose danze di popoli
primitivi, questo elemento di ebbrezza e di esaltazione viene espresso da un elemento
costante, ovvero dal movimento rotatorio. Questo schema motorio sembra chiamare, sul piano
simbolico-culturale, il movimento circolare degli astri e l’aspirazione al contatto con il divino,
mentre su quello individuale-soggettivo rappresenta, probabilmente, il bisogno di centralità
psicologica ed il desiderio di perfezione sociale.
Questa forte componente vitalistica della danza venne tenacemente e violentemente
contrastata, a partire dall’epoca medioevale, soprattutto dalla Chiesa Cattolica, anche con editti
e scomuniche. Evidentemente con esiti non definitivi, sia perché è praticamente impossibile
impedire questa così profonda espressione umana, sia perché, nelle stesse cerimonie liturgiche
la danza rituale era parte e forma di ringraziamento e celebrazione.
Presso le corti rinascimentali dei signori e dei nobili la danza, che era stata per lo più
espressione popolare, rurale e spontanea, diventa arte codificata, con tanto di manuali e
maestri ufficiali, ed entra a far parte, in forma di “gagliarde”, “sarabande”, “carole”, della vita
politica e sociale delle classi dominanti. Più tardi, attraverso le festose cerimonie
settecentesche, con i vari “minuetti”, “gavotte”, “contraddanze”, si potranno seguire prima
l’ascesa e poi la caduta della nobiltà, quest’ultima segnata da eventi quali la Rivoluzione
francese e la dominazione napoleonica. Alle soglie dell’era moderna, il congresso di Vienna del
1815 (con il suo dilemma diplomatico-mondano: “minuetto” o “valzer” come danza ufficiale?)
segna la spartizione dell’Europa tra le grandi potenze per tutto il XIX secolo, ma anche l’inizio
dell’evoluzione borghese ed industriale. Nel corso dell’Ottocento, “il gran secolo del ballo”, la
danza non è più scissa tra formalizzazione estetica delle classi colte e abbienti da un lato, ed
esplosione-vitalistico consolatoria delle classi popolari-contadine dall’altro, ma diventa una
modalità di espressione e di comunicazione più omogenea e diffusa. Il ballo è, per
antonomasia, ballo di coppia e diventa, pertanto, veicolo di messaggi affettivo ed emotivi e più
che mai, strumento di seduzione.
Il ballo da sala
Come attività psicomotoria complessa, raffinato rituale sociale ed elaborata espressione
estetica, valenze di rapporto uomo donna, possiamo riscontrare tali prerogative presso la
cosiddette “danze da sala”, o “ballroom dance”. Queste, secondo la codifica delle federazioni
nazionali italiane ed internazionali, si articolano in due categorie fondamentali, che rimandano
ad origini storiche, riti, regole, ritmi musicali e modalità espressive diverse: i balli che possiamo
chiamare “tradizionali” e i balli “latino americani”. Tra i primi si annoverano il “valzer viennese”, il
“valzer lento” (o “valzer inglese”), il “tango”, la “mazurca”, la “polka”, il “fox-trot”, il “quick-step”, lo
“slow fox-trot”. Annotiamo, per inciso, che il “valzer”, “mazurca” e “polka” sono noti in Italia col
nome categoriale di “liscio”, termine che deriva dall’argentino “liso” (‘semplice’), indicante
originariamente una versione più elementare del “tango”, adatte alle meno agili ragazze di
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origine italiana dei primi del Novecento. Tra i secondi figurano invece la “rumba”, il
“cha-cha-cha”, il “samba”, il “jive” (o ‘boogie-woogie”), il “paso-doble” e anche il “rock and roll”.
Da qualche anno si è aggiunta anche una nuova categoria, quella delle danze cosiddette
“caraibiche”: “salsa”, “merengue”e “mambo”. Abbastanza simili alle “latino-americane” (con le
quali formano una categoria più ampia, quella delle danze “afro-cubane”, per le comuni origini
storico-culturali), si distinguono per i ritmi un po’ più scanditi e soprattutto per il fatto di essere
diventate molto di moda, specie tra i giovani.
Oggi, come un tempo, nella danza da sala si ritrovano molteplici significati soggettivi e variegate
dinamiche interpersonali. Sono questi significati e queste dinamiche a renderla così attraente,
divertente, formativa. Molteplici aspetti la rendono un’esperienza formativa sia dal punto di vista
fisico che psicologico, oltre ad essere un’attività divertente ed attraente. Da un punto di vista
fisico il ballo aumenta la resistenza, la capacità respiratoria, il tono muscolare, ecc. Da un punto
di vista psicologico invece, il ballo concorre sia a formare la propria identità in maniera più
diretta e consapevole, sia a stare con gli altri in forma più libera e sicura. Questi processi
rimandano tutti ad un’esperienza in particolare, quella di sentire il proprio corpo muoversi ad un
ritmo musicale ben preciso ed in sintonia con quello di un’altra persona, il che lo rende una
esperienza altamente formativa, nel quale si accede attraverso da una parte un approccio
semplice e naturale, osservabile fin da bambini, cioè il muoversi ritmicamente sulla base di un
suono scandito, sia attraverso l’apprendimento che passa per prove ed errori.
I codici del ballo
Proviamo ad osservare le diverse caratteristiche psicologiche e sociali di diversi tipi di danze.
Prendiamo ad esempio il “valzer”, il quale costituisce la prima danza ufficiale, il rito musicale per
antonomasia della società borghese in cui la coppia balla chiusa e quindi consente il nascere e
l’esprimersi di un amore di tipo romantico e sentimentale, una più diretta e libera espressione
delle emozioni e dall’altro è anche l’espressione di una posizione di subalternità della donna
rispetto all’uomo. Nel “valzer”, com’è noto, è l’uomo che guida, guardando avanti, decidendo le
direzioni, le figure, le improvvisazioni. La donna ha uno scarso controllo visivo-motorio
sull’esecuzione, perché va all’indietro, deve seguire le indicazioni che l’uomo le trasmette con il
corpo, cui lei deve aderire costantemente. Non può decidere da sola. Il “valzer” è l’espressione
paradigmatica di quella che era la condizione della donna nella società dell’Ottocento ed anche
in gran parte di quella del Novecento, della sua dipendenza e della sua mancanza di
autodeterminazione. Un discorso a parte meriterebbe invece il “tango”, specie nella versione
originaria argentina, non solo per le sue origine storiche, ma anche soprattutto per l’aura di
sensualità e audacia che lo ha reso da sempre oggetto di riprovazione e al tempo stesso di
segreto desiderio. Qui ci limitiamo a sottolineare come, attraverso complesse e affascinanti
figure, con questa danza entri in scena la narrazione di un uomo dominatore e di una donna
vittima della sua prepotenza, ma al tempo stesso seduttiva e sottilmente vendicativa, capace in
realtà di gestire subdolamente il rapporto, volgendolo segretamente a proprio vantaggio. Ancora
diverse sono le danze “afro-cubane”. Pur esprimendo anch’esse il potere decisionale maschile
(è sempre l’uomo che dà le indicazioni e manovra la partner come se questa fosse una sorta di
oggetto), consentono tuttavia alla donna una maggiore visibilità ed autonomia. Ballando per lo
più staccata dal corpo dell’uomo, che funge da perno, ed eseguendo figure molto spettacolari,
la donna ha in questo caso uno spazio di espressione molto maggiore. Spazio solitamente
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declinato in chiave erotica, come avviene anche nella “ramba-beguine”, detta non a caso
“danza dell’amore”, in cui viene raccontato un vero e proprio corteggiamento (come del resto in
quasi tutte le danze di questa categoria). Sono balli tipici di società nate in seguito alle
deportazioni di schiavi del XVI e XVII secolo, soprattutto nelle Antille, caratterizzati da una
maggiore spontaneità espressiva e da un minore rigore formale rispetto alla vecchia Europa o
ai nascenti Stati Uniti D’America.
Identità e ruoli
Ma questo cosa significa? Che gli uomini che amano il “liscio” o il “tango argentino” sono dei
conservatori o dei biechi maschilisti? Oppure che le loro partner sono delle masochiste amanti
dei maltrattamenti? Vuol forse dire che le ballerine di “cha-cha-cha” con tutto quell’ancheggiare
sono troppo intraprendenti e disponibili? Certamente no, anche se la scelta individuale che
spinge un individuo a scegliere questo o quell’altro ballo possono rivelare una sintonia maggiore
o minore con certi ruoli psicologici e sociali. Quello che si può di certo affermare è che al di là
dei significati di ciascuna danza il ballo è un’attività che da un lato ci fa sentire in continuità con
le nostre radici-culturali e che dall’altro presenta caratteristiche intrinseche che consentono il
potenziamento di molteplici aspetti psico-logici. Innanzitutto, rispetto a molte altre attività, è un
potente facilitatore di rapporti sociali. Immaginiamoci in ascensore, in quel brave tragitto in cui
condividiamo l’esiguo spazio pregno di imbarazzo in compagnia di una persona sconosciuta, o
allo stadio, al teatro, al cinema, in uno di quei tanti luoghi in cui si condivide uno spazio comune
ma ci si ignora pedissequamente senza desiderare avere contatti con l’altro o senza voler
venire intaccati nel nostro spazio vitale. In una sala da ballo invece è tutto diverso. Persone che
fino a qualche istante prima erano dei perfetti sconosciuti e che si sarebbero azzannati per un
posto in parcheggio ora si guardano, si presentano, si afferrano, si cingono i fianchi fino ad
abbracciarsi, a confondere i propri respiri… E non sarà più come prima, perché a differenza di
quattro chiacchiere scambiate sull’autobus, anche l’aver ballato una sola volta ci avrà permesso
di scambiare e costruire un tessuto relazionale potente, uno scambio emotivo ed estetico senza
paragoni. Il che ci indirizza verso un altro aspetto importante. Infatti la vicinanza fisica che il
ballo di coppia richiede, la distribuzione dei compiti tra chi conduce e chi è condotto, il rituale
che precede l’inizio della danza, gli sguardi di richiesta e di invito, l’uomo che formula l’invito, la
donna che accetta o rifiuta, inevitabilmente richiamano il problema dell’identità di genere e dei
ruoli sessuali.
Queste peculiarità rivelano tantissimo sui ruoli e sulle caratteristiche psicologiche e sociali
dell’uomo e della donna. Il semplice fatto per un uomo che è il dover attraversare la sala per
chiedere alla donna di ballare, richiede coraggio ed intraprendenza, criterio di valutazione per
non aver travisato i segnali non verbali emessi dalla donna, ed una certa dose di concorrenza
nel dover competere con ballerini magari ben più esperti e rapidi nell’invitare la donna a ballare.
Per la donna invece la difficoltà consiste nel dover attendere gli inviti, gestire l’ansia dell’attesa
o del sentirsi trascurata, oppure nel dover trovare i giusti modi ed atteggiamenti per comunicare
la propria disponibilità. Il contatto oculare, in qualunque contesto sociale, è il più diretto, per
segnalare l’inizio di un interazione, mentre il distogliere o evitare lo sguardo ne decreta la fine,
sorridere faciliterà gli inviti ed una posizione rigida scoraggerà la gran parte dei ballerini,
soprattutto i più timidi. Ma per la donna il problema in particolare è chiarire il proprio livello di
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disponibilità, dato che il ballo di coppia è il luogo per eccellenza in cui la vicinanza fisica e
psicologica evoca ad inviti di ben altri tipi di rapporti.
Linguaggio dei sessi
In questo contesto quindi è opportuno e d’obbligo molto importante usare quei codici
comunicativi che potrebbero essere definiti come “la grammatica della relazione fra i sessi”. Le
conversazioni che accompagnano il ballo generalmente chiariscono le reciproche relazioni tra i
due partner, in un gioco più o meno sottile di informazioni concesse e carpite, di aperture e
ritirate, di mascheramenti e rivelazioni. In questo la sala da ballo è un contesto sociale molto
elaborato ma chiaro, perché nasce con delle finalità interattive esplicite, nello stesso tempo non
limitate al solo ballare. Vengono messe in gioco le nostre capacità di comunicazione verbale e
non verbale, la capacità di gestire interazioni ed il loro uso consapevole ed intenzionale. Il ballo
è induzione corporea nel quale l’uomo con i suoi spostamenti trasmette precisi segnali alla
donna. Un ballo può essere allora la realizzazione di un piano mentale e motorio dell’uomo
attraverso la sensibilità di decodifica della donna, che non è, come molti potrebbero pensare,
dipendenza e subordinazione femminile. Sul piano dell’esecuzione tecnica di qualunque ballo
infatti, l’apporto dei due partner è assolutamente paritario: richiede una perfetta organizzazione
dei tempi, delle spinte, delle elevazioni, degli abbassamenti, delle rotazioni, in un gioco di forze
in cui azioni e reazioni devono essere coordinate ed uguali, pena il fallimento del ballo.
Ciò che è essenziale nell’apprendimento e nell’esecuzione di qualunque ballo da sala è
l’affinamento delle capacità cognitive e di elaborazione delle informazioni. Ciò è caratterizzato
dall’analisi delle coordinate spazio-temporali, l’immediata decisione da perseguire per realizzare
una corretta esecuzione dei percorsi spaziali e mentali, l’analisi rapida delle distanze e la
coordinazione di tutto questo immersi nella componente musicale. Per cui tutto ciò è un
processo cognitivo complesso ed articolato e comprende l’integrazione di più svariati elementi,
lo spazio, gli individui che lo condividono, il tempo del brano musicale, il ritmo, la melodia, il
proprio corpo e quello del partner e in ultimo ma non meno importante, il proprio stato d’animo e
quello dell’altro.
Il gioco del ballo
Per queste caratteristiche strettamente interconnesse e per l’approccio, conscio o inconscio che
si hanno ad esse, il ballo da sala è essenzialmente un gioco. Rispetto ad altri balli, come ad
esempio il ballo da discoteca, dove tutto è ostentazione, presentazione solipsistica della propria
abilità, avvenenza e non vi vengono rappresentate storie o sentimenti di mediazione come lo
sono invece i balli da sala. In senso stretto, in quanto tutti i balli codificati simbolizzano le trame,
i sentimenti e gli atteggiamenti umani. Il “valzer viennese” ad esempio, gioioso e vitale è una
metafora dell’incontro e dell’innamoramento, il “valzer inglese”, più lento e languido è una
metafora di quanto ne consegue, ovvero la realizzazione dell’amore; Il “tango” rappresenta
invece un amore appassionato, ma difficile e rancoroso, senza escluderne la gelosia ed il
tradimento, il “fox-trot” invece, allegro e frizzante, la riconciliazione e l’armonia riscoperta. Ma è
il ballo è anche rappresentazione in senso più ampio perché ognuno vi può proiettare gli stati
d’animo più consoni al proprio modo di essere, ai propri bisogni affettivi e sentimentali o alle
proprie esigenze estetiche e di espressione. Ciascuno può decidere di vivere fino in fondo
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questi bisogni assumendo i ruoli che si preferiscono, senza che questo metta in discussione chi
siamo, la nostra quotidianità e la nostra identità. Chiunque, di qualunque età, sesso e retaggio
culturale, può essere audace o passivo, seduttore o sedotto, cattivo o estremamente dolce,
arrogante o umile, perché in fin dei conti è solo un gioco. E come tutti i giochi il ballo non ha
finalità vera e propria, pur avendo una funzione adattiva. Questa funzione dell’attività ludica vale
sia per gli animali, sia per il bambino, l’adulto e per il ballerino professionista. In un contesto
svincolato dalla “realtà” e dalle sue leggi, giocare ci consente di esercitare le nostre capacità e
realizzare le nostre aspirazioni, senza rischi immediati ma con dei vantaggi futuri. Il ballo in
sostanza è una cosa molto seria, come lo sono i giochi per i bambini ed il lavoro dell’attore.
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