Newsletter n. 46 Febbraio 2015

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Newsletter n. 46 Febbraio 2015
Notiziario di informazione legale e fiscale internazionale
febbraio 2015 – n. 46
In questo numero:
Svizzera–Italia:Accordo
fiscale raggiunto
Italia:Voluntary disclosure
ai nastri di partenza
Unione Europea: un certificato
unico europeo per le successioni
transfrontaliere
Unione Europea: Una clausola
anti-abuso nella direttiva madre-figlia
Asia: Programma Shanghai–Hong Kong
Stock Connect
Innovazione , flessibilità
e competenza
SVIZZERA–ITALIA:
ACCORDO FISCALE
RAGGIUNTO
Dopo diversi anni di controversie e trattative la Svizzera e l’Italia hanno raggiunto a inizio 2015 un’intesa di principio sulla futura
cooperazione bilaterale in ambito finanziario
e fiscale che permetterà di semplificare la regolarizzazione di patrimoni non dichiarati e
nel contempo facilitare l’adesione alla voluntary disclosure da parte di contribuenti italiani
con capitali in Svizzera prima dell’introduzione dello scambio automatico di informazioni
che la Svizzera si è impegnata politicamente
ad attuare a partire dal 2018 sui dati del 2017.
La firma dell’accordo fiscale tra i ministri delle Finanze dei due paesi è attesa entro il termine del 2 marzo 2015 come già definito nel
programma di autodenuncia deciso dal Parlamento italiano.
L’accordo fiscale raggiunto prevede la modifica dell’attuale trattato bilaterale contro le
doppie imposizioni tra Svizzera-Italia mediante un Protocollo che riprende lo standard
dell’OCSE per lo scambio d’informazioni su
domanda consentendo pertanto uno scambio d’informazioni finanziarie su richiesta da
parte di entrambi gli Stati.
Oltre al Protocollo di modifica dell’attuale
Trattato bilaterale, i negoziati hanno portato
anche alla conclusione di un accordo politico
riguardo gli altri dossier in ambito fiscale e finanziario (regolarizzazione del passato dei
valori patrimoniali di clienti italiani depositati nelle banche svizzere, riduzione dei rischi di
perseguimento giuridico nei confronti degli
istituti bancari, il regime fiscale dei frontalieri, lo statuto fiscale di Campione d’Italia, l’accesso facilitato ai reciproci mercati finanziari
e l’uscita di Berna dalla black list italiana), ac-
cordo quest’ultimo definito in una road map
che sarà pubblicata in concomitanza alla firma del Protocollo di modifica.
Detta road map, la cui pubblicazione è attesa
per inizio marzo 2015, contiene le soluzioni
di massima per ogni singolo dossier che verranno concretizzate giuridicamente nel corso di quest’anno.
In particolare per quanto attiene l’imposizione
futura dei frontalieri è previsto che questi saranno assoggettati oltre all’attuale imposizione
limitata nello Stato in cui percepiscono il loro
salario anche ad un’imposizione ordinaria nel
loro Stato di residenza.I dettagli di questa nuova imposizione dei frontalieri saranno oggetto
di un accordo separato che verrà negoziato
nella prima metà dell’anno in corso.
Inoltre con l’entrata in vigore del Protocollo
di modifica la Svizzera è ora inserita nelle white list italiane (per quanto formalmente lo
sarà soltanto dopo la ratifica del nuovo Trattato sulla doppia imposizione) che considerano come criterio unicamente l’assenza dello scambio automatico di informazioni.
Questo permetterà a clienti italiani che vogliono regolarizzare i propri capitali in Svizzera entro la fine di settembre 2015 di partecipare al programma italiano di autodenuncia
(voluntary disclosure) alle stesse condizioni di
quelle applicate ad altri Paesi della white list
OCSE a fiscalità ordinaria, beneficiando tra
l’altro di una riduzione della sanzione inflitta
ed uno sconto sui periodi di accertamento.
L’accordo raggiunto sullo scambio reciproco
di informazioni su richiesta rientra nella strategia generale di lotta all’evasione fiscale internazionale ed è coerente con l’introduzione della voluntary disclosure italiana. Esso
richiede ora la modifica dell’attuale Trattato
sulla doppia imposizione tra Svizzera e Italia
che andrà di seguito sottoposto alla ratifica
da parte di entrambi i parlamenti, prevista entro la fine dell’anno 2016.
Per ulteriori informazioni rivolgersi a:
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ITALIA: VOLUNTARY
DISCLOSURE AI NASTRI
DI PARTENZA
È stato recentemente approvato da parte del
Parlamento italiano il disegno di legge che
consentirà di effettuare l’emersione ed il
rientro dei capitali detenuti illecitamente all’estero.
Il provvedimento, meglio noto come collaborazione volontaria o voluntary disclosure, è
contenuto nella Legge 15 dicembre 2014 n.
186 che è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dello scorso 17 dicembre 2014 ed è entrata in vigore il 1. gennaio 2015.
La nuova voluntary disclosure non è un condono fiscale quindi non consente in alcun modo
di far emergere capitali dall’estero con sconti sulle imposte e sugli interessi né consente
al contribuente di mantenere qualsiasi forma
di anonimato, come invece era accaduto in
passato con lo scudo fiscale.
In particolare, la regolarizzazione a mezzo di
voluntary disclosure consente alle persone fisiche, agli enti non commerciali, società semplici e associazioni residenti, di definire con
l’Amministrazione finanziaria italiana:
• le violazioni derivanti dalla mancata indicazione in dichiarazione (nel quadro RW)
delle attività finanziarie e degli investimenti costituiti o detenuti all’estero (violazio-
ni inerenti gli obblighi sul monitoraggio fiscale);
• le violazioni per la mancata dichiarazione
dei redditi con i quali sono stati costituiti i
patrimoni all’estero;
• le violazioni per la mancata dichiarazione
dei redditi realizzati mediante le attività detenute all’estero.
I periodi per i quali è possibile procedere con
la regolarizzazione fiscale sono quelli per i
quali non sono ancora scaduti i termini per
l’accertamento; la procedura dovrà coprire
tutti i periodi non definiti e dovrà comprendere la totalità dei redditi e degli investimenti del contribuente.
In base alla nuova legge sarà possibile definire tutte le violazioni commesse fino al 30 settembre 2014 e la procedura dovrà essere attivata entro il termine ultimo del 30
settembre 2015. Si tratta quindi di un provvedimento una tantum avente una durata limitata nel tempo e che, per ora, non entra
quale misura permanente nell’ordinamento
tributario.
Con riferimento alla determinazione degli
importi dovuti a seguito dell’adesione alla
procedura si rileva che le imposte ed i relativi interessi saranno calcolati e dovuti nella
misura piena, mentre vi saranno riduzioni sostanziali nel calcolo delle sanzioni amministrative e nelle sanzioni penali tributarie.
I periodi d’imposta che potranno essere definiti sono quelli che vanno dal 2009 sino al
2013 tuttavia, nel caso di investimenti detenuti in Paesi black list, tali periodi potranno
essere ulteriormente estesi sino al 2004 per
le violazioni nella complilazione del quadro
RW.
Qualora le attività estere fossero detenute in
un Paese black list che entro 60 giorni dall’entrata in vigore della norma dovesse stipulare con l’Italia un accordo per lo scambio di
informazioni, non si applicherà il raddoppio
dei termini.
Con riferimento particolare alla Svizzera, l’Italia si appresta a sottoscrivere entro il prossimo 2 marzo l’accordo in materia di scambio di informazione, consentendo dunque
che, per i patrimoni ivi depositati, non si applichi l’estensione dei termini di cui sopra.
Nel caso in cui la consistenza media delle attività all’estero non ecceda l’importo di 2 milioni di Euro, è stata introdotta la possibilità
di determinare il reddito finanziario in via forfettaria applicando la percentuale del 5% ai
capitali e l’aliquota d’imposta del 27%.
Per poter essere ammessi alla procedura di
collaborazione volontaria i richiedenti dovranno procedere con un’istanza nominativa
contenente tutte le informazioni relative alle
modalità ed ai tempi di formazione delle attività estere oggetto di definizione, oltre alle
informazioni inerenti i successivi investimenti, utilizzi e/o dismissioni. Le informazioni dovranno essere corredate di documentazione
probatoria e, solo a seguito di una valutazione discrezionale, l’Amministrazione finanziaria procederà alla quantificazione degli eventuali redditi correlati, delle imposte, degli
interessi e delle sanzioni ridotte.
Come previsto dalla legge stessa, l’Agenzia
delle Entrate emanerà a breve un provvedimento contenente le modalità applicative
della voluntary disclosure che dovrebbe consentire inoltre di comprendere con maggior
chiarezza alcuni aspetti ancora dubbi della
procedura.
I vantaggi evidenti ottenibili attraverso l’adesione alla procedura si hanno per effetto dell’esclusione della punibilità nel caso in cui, in
relazione alle violazioni compiute dai contribuenti, fossero ravvisabili i seguenti reati tributari:
• dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture false;
• dichiarazione fraudolenta mediante altri
artifizi;
• dichiarazione infedele;
• dichiarazione omessa;
• omesso versamento di ritenute;
• omesso versamento IVA;
• riciclaggio;
• autoriciclaggio.
In relazione all’ultimo reato richiamato sopra,
è di fondamentale importanza ricordare che
la legge che ha disciplinato la voluntary disclosure ha contestualmente previsto, con una
modifica al codice penale italiano, l’introduzione del reato indicato di autoriciclaggio i cui
effetti saranno immediatamente applicabili sia
ai soggetti detentori di attività estere che non
avranno regolarizzato con la collaborazione
volontaria che ai soggetti che avranno concorso nella commissione di tale reato.
Ciascuna fattispecie dovrà essere attentamente valutata dai contribuenti in quanto si
potrebbero verificare casi in cui le attività all’estero hanno maturato redditi di lieve entità
febbraio 2015 – n. 46
ovvero perdite e/o si sono contestualmente
costituite in periodi non più accertabili; in tali casi la procedura potrebbe avere dei costi
relativamente contenuti ed essere altamente
opportuna.
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UNIONE EUROPEA:
UN CERTIFICATO UNICO
EUROPEO PER LE
SUCCESSIONI
TRANSFRONTALIERE
Con il regolamento di esecuzione UE n.
1329/2014 del 9 dicembre 2014, la Commissione europea ha di fatto dato attuazione al
regolamento UE n. 650/2012 del Parlamento
europeo e del Consiglio in materia di “competenza, legge applicabile, riconoscimento ed
esecuzione delle decisioni, accettazione ed
esecuzione di atti pubblici di successione e
creazione di un certificato successorio europeo”.
La disciplina UE è destinata a fare chiarezza
sulle numerose questioni che possono insorgere in materia di successioni transnazionali
a causa delle differenze normative esistenti
fra i diversi stati europei.
Essa regola aspetti delicati e fondamentali quali l’individuazione dello Stato con competenza
a decidere sull’intero procedimento di successione, la legge applicabile, il riconoscimento e l’esecuzione in tutto lo spazio UE delle
decisioni emesse dalle autorità giudiziarie di
uno Stato membro, nonché l’accettazione e
l’esecuzione di atti pubblici in materia.
Il principio cardine che regola la competenza
e la legge applicabile alle successioni transnazionali è quello della residenza abituale del
defunto al momento della morte, residenza
abituale che dovrebbe rivelare un collegamento stretto e stabile del defunto con lo
Stato interessato.
Resta salva la possibilità di scegliere come legge che regoli l’intera successione la legge dello Stato di cui il de cuius ha la cittadinanza al
momento della scelta o al momento della
morte, oppure, per una persona in possesso di
più di una cittadinanza, la legge di uno qualsiasi degli stati di cui ha la cittadinanza al momento della scelta o al momento della morte.
L’istituzione del c.d. certificato successorio
europeo, inoltre, destinato ad essere utilizzato all’interno dell’Unione da coloro i quali ab-
biano necessità di far valere la loro qualità o
di esercitare i loro diritti di eredi o legatari
e/o i loro poteri come esecutori testamentari o amministratori dell’eredità in un altro
Stato membro dovrebbe rappresentare uno
strumento per definire velocemente e in maniera efficiente questo tipo di successioni.
L’ambito d’applicazione dei regolamenti dovrebbe estendersi a tutti gli aspetti di diritto
civile della successione a causa di morte, ossia qualsiasi modalità di trasferimento di beni, diritti e obbligazioni a causa di morte, che
si tratti di un atto volontario per disposizione a causa di morte ovvero di un trasferimento per effetto di successione legittima.
Il singolo procedimento rimarrà comunque
sottoposto alle norme specifiche interne del
singolo Stato membro in cui si svolge il procedimento, quali: cause, momento e luogo di
apertura della successione, individuazione dei
beneficiari e quote spettanti, capacità di succedere, poteri degli eredi e trasferimento dei
beni oggetto di successione, quote disponibili e legittime, riduzione delle donazioni e divisione dell’eredità,come anche dal punto di vista fiscale. Resta dunque alla legislazione
nazionale determinare, per esempio, le modalità di calcolo e versamento delle imposte
e degli altri tributi di diritto pubblico, se dette imposte siano a carico del defunto al momento della morte o ogni altro tipo di tassa
di successione da riscuotere dal patrimonio
ereditario o dai beneficiari.
Gli allegati della normativa attuativa sono il
fulcro dell’atto emanato dalla Commissione
europea. Il nuovo regolamento n. 1239/2014
stabilisce i moduli da utilizzare per l’attestato
relativo a una decisione in materia di successioni di cui all’articolo 46, paragrafo 3, lettera
b), del regolamento (UE) n. 650/2012, per l’attestato relativo a un atto pubblico in materia
di successioni di cui all’articolo 59, paragrafo
1, e all’articolo 60, paragrafo 2, per l’attestato
relativo a una transazione giudiziaria in materia di successioni di cui all’articolo 61, paragrafo 2, per la domanda di certificato successorio europeo di cui all’articolo 65, paragrafo
2, e il modulo da utilizzare per il certificato
successorio europeo di cui all’articolo 67, paragrafo 1 del medesimo regolamento.
L’entrata in vigore, in conformità a quanto
previsto nel regolamento n. 650, per l’utilizzo
dei modelli in materia di successione, è fissata alla data del 17 agosto 2015.
Per ulteriori informazioni rivolgersi a:
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UNIONE EUROPEA: UNA
CLAUSOLA ANTI-ABUSO
NELLA DIRETTIVA
MADRE-FIGLIA
Dopo l’accordo politico raggiunto lo scorso
9 dicembre, il Consiglio UE Ecofin (Economic
and Financial Affairs Council) ha approvato
l’introduzione di una clausola generale obbligatoria anti-abuso nella direttiva c.d. madrefiglia al fine di contrastare in modo più efficace la pianificazione fiscale aggressiva da parte
dei gruppi societari.
La direttiva madre-figlia (n. 90/435/CEE, poi
rifusa nella direttiva n. 2011/96/UE) è stata
concepita per garantire la libertà di stabilimento e favorire la circolazione dei capitali in
ambito comunitario ed impone, al ricorrere
di una serie di condizioni oggettive e soggettive nella distribuzione di dividendi da una società figlia ad una società madre comunitaria,
la non imposizione di ritenute sui dividendi
“in uscita” (articolo 4 direttiva 2011/96/EU)
e l’esenzione dei dividendi “in entrata” o il riconoscimento di un credito di imposta indiretto (articolo 5 direttiva 2011/96 EU).
La Commissione europea, nella sua proposta
di modifica, ha però evidenziato come tali
meccanismi siano stati talvolta sfruttati per
ottenere una situazione di “doppia non imposizione”. L’introduzione di una clausola anti-abuso, quale regola de minimis, è pertanto
volta a prevenire tali fenomeni di abuso assicurando, nel contempo, uniformità di applicazione in ambito comunitario.
Già da tempo la Commissione europea ha
esplicitato la propria strategia contro l’evasione internazionale in vari documenti, quali
la Comunicazione COM (2012) 722 “An action Plan to strenghten the fight against tax fraud
and tax evasion”, la Raccomandazione C
(2012) 8806 sulla pianificazione aggressiva, la
Raccomandazione C (2012) 8805 concernente misure destinate a incoraggiare i paesi
terzi ad applicare norme minime di buona governance in materia fiscale.
È in questo contesto di riferimento che la
Commissione europea aveva presentato in
data 25 novembre 2013 la propria proposta
di modifica della direttiva madre-figlia
2011/96/EU con due oggetti principali: la
neutralizzazione dei c.d. Hybrid Mismatch Arrangements (il cui accordo politico, sul tema
è stato raggiunto nella riunione Ecofin dell’8
luglio 2014) e l’introduzione di una clausola
antiabuso generale.
La modifica introdotta dall’Ecofin, alla menzionata direttiva, prevede che gli Stati membri
non dovranno concedere i benefici della di-
rettiva agli accordi posti in essere con lo scopo principale di ottenere vantaggi fiscali contrari allo scopo della direttiva e che non sono
genuini in quanto non riflettono una valida
realtà economica, non siano cioè autentici.
La finalità è quella di contrastare evasione ed
elusione nonché la pianificazione fiscale aggressiva da parte delle società.
La direttiva n. 2015/121/UE del 27 gennaio
2015 concede tempo agli Stati membri fino al
31 dicembre 2015 per introdurre tale disposizione nelle legislazioni nazionali, con facoltà
di ulteriore inasprimento rispetto allo schema delineato in sede comunitaria.
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ASIA: PROGRAMMA
SHANGHAI–HONG KONG
STOCK CONNECT
Grazie al nuovo progetto denominato “Shanghai-Hong Kong Stock Connect” disponibile
dallo scorso mese di novembre, gli operatori
stranieri possono investire in titoli quotati sul
mercato azionario cinese.
Il programma “Stock Connect” permette l’acquisto di titoli quotati tra le Borse di Hong
Kong e Shanghai consentendo:
• da un lato, agli investitori stranieri (non cinesi),attraverso la Borsa di Hong Kong,l’accesso diretto a gran parte del mercato
azionario della Cina continentale;
• dall’altro,agli investitori cinesi qualificati,attraverso la Borsa di Shanghai, la possibilità
di scambiare alcuni titoli sulla borsa di Hong
Kong.Dove per investitore qualificato si intende un investitore che abbia almeno RMB
500’000 (US$ 80’000) a disposizione sul
proprio conto titoli.
gains derivanti dalle operazioni di compravendita di titoli in Borsa.
Il progetto è molto importante in quanto, fino a prima dell’entrata in vigore, l’accesso agli
stranieri al mercato azionario della Cina continentale (Borsa di Shanghai e Shenzhen) era
limitato ai soli investitori inseriti nei programmi Qualified Foreign Institutional Investor
(QFII) o Renmimbi Qualified Foreign Instituional
Investor (RQFII), oppure a coloro che attraverso altri broker avevano accesso alle quote
QFII.
Vi sono però dei vincoli. I più importanti riguardano un tetto giornaliero alle transazioni, basato sul volume globale di acquisti e vendite e l’esclusione dal programma “Stock
Connect” dei titoli scambiati sulla Borsa di
Shenzhen, che rappresenta, ad oggi, circa il
40% dell’offerta di titoli negoziati sul mercato azionario della Cina continentale.
Per ovviare almeno in parte a questo ostacolo, il legislatore ha previsto di applicare il
seguente regime fiscale:
• per quanto riguarda gli investitori della
Cina continentale che comprano e vendono titoli quotati alla Borsa di Hong
Kong, per il tramite della Borsa di Shanghai:
– le plusvalenze realizzate da persone fisiche residenti nella Repubblica Popolare Cinese (RPC),calcolate come differenza tra il prezzo d’acquisto e di
vendita delle azioni, possono beneficiare di un’esenzione d’imposta per il
periodo dal 17 novembre 2014 al 16
novembre 2017;
– le plusvalenze realizzate da persone
giuridiche residenti nella Repubblica
Popolare Cinese (RPC) dovranno invece essere contabilizzate per intero
tra i redditi imponibili e quindi assoggettate ordinariamente a tassazione;
• per quanto riguarda gli investitori di
Hong Kong, persone fisiche o giuridiche,
che tramite la Borsa di Hong Kong investono in titoli quotati alla Borsa di Shanghai, saranno esenti da tassazione.
Dal punto di vista fiscale, l’ostacolo maggiore
è il trattamento riservato in Cina ai capital
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