Neurobiologia del non finito∗

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Neurobiologia del non finito∗
Semir Zeki
Neurobiologia del non nito∗
Va detto innanzitutto che non è stata svolta alcuna ricerca sistematica sulla
creatività e sul suo rapporto con l'organizzazione e con il funzionamento del
cervello. Con lo sviluppo delle tecniche di imaging tuttavia, riusciamo a studiare l'attività cerebrale negli esseri umani, in condizioni normali e patologiche,
per cui si è aperto un nuovo capitolo delle neuroscienze: è diventato possibile
arontare il problema generale degli stati mentali soggettivi, della creatività,
della valutazione estetica. come non era mai stato possibile fare nora. E le
ricerche degli ultimi anni, in particolare sulla parte visiva che costituisce forse
un terzo dell'intero cervello, ci hanno portato a considerarlo un organo creativo.
Il cervello crea un concetto di oggetto o di situazione che dipende dalle sue
esperienze di molti oggetti e situazioni, esperienze che riunisce in una sintesi
di oggetto o di situazione "ideale". Tuttavia l'esperienza quotidiana di singoli
oggetti o situazioni possono anche non soddisfare il concetto sintetico più globale
e, per il cervello, ne consegue un'insoddisfazione permanente.
L'impresa creativa può fare e ha fatto buon uso di tale insoddisfazione. Un
modo per avvicinarsi al concetto presente nel cervello è quello di non nire
l'opera d'arte, come succedeva spesso a Michelangelo che lasciò incompiuti
tre quinti delle proprie opere. Il vantaggio, in questo caso, è che il cervello
dell'osservatore può terminarla in svariate maniere. Schopenhauer scrisse una
volta che bisogna lasciare qualche cosa da fare alla mente, meglio se l'ultima
cosa, ed è per questo che ammiriamo le sculture incompiute di Michelangelo e
tanti quadri di Cézanne.
Trovo interessante che, quale esempio della perfezione raggiunta dall'arte
ellenica, Wincklemann avesse scelto un frammento: il Torso del Belvedere nei
Musei vaticani. Anche qui, il fatto rilevante è che il cervello può darne interpretazioni diverse. Va notato che sciamo coscienti di una sola interpretazione
per volta e ciò introduce un importante elemento di ambiguità. Quest'ultima
è una caratteristica preziosa nelle opere dell'arte e della creatività. Nella sua
denizione neurologica, l'ambiguità non è la vaghezza o l'incertezza che ritroviamo nei dizionari, ma l'esatto contrario. E' certezza, nel senso di certezza di
molte interpretazioni dierenti ognuna della quale è sovrana per un attimo. Non
esiste una risposta denita quindi, perché tutte le risposte egualmente plausibili.
Perchè l'ambiguo e il non nito possono soddisfare il cervello più di una compiutezza estrema. Gli studi di imaging mostrano che quando guardiamo gure
ambigue. il fuoco dell'attività cerebrale si sposta da un'area sotto il controllo
dei lobi frontali.
La musica fornisce un altro esempio aascinante dell'uso di concetti cerebrali, o meglio di un concetto cerebrale insoddisfatto dall'esperienza quotidiana.
Wagner scrisse Tristan und Isolde con in mente uno scopo preciso che condò
a Liszt: Siccome in tutta la mia vita non sono stato capace di provare la
vera felicità dell'amore intendo comporre il più grande dei monumenti alla più
grande di tutte le illusioni. L'illusione è, come si sa, una creazione del cervello.
L'opera presenta parecchi aspetti interessanti per un neurobiologo, anche se
voglio soltanto richiamare qui l'attenzione sulle stringhe irrisolte - lo saranno
soltanto alla ne - e sui lunghi silenzi che hanno portato un critico a chiedersi
chi mai ha composto silenzi più belli di quelli di Wagner?. Dal punto di vista
della neurobiologia sono due caratteristiche che consentono all'immaginazione e
alla creatività dell'ascoltatore di essere coinvolte nell'opera.
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Per concludere, vorrei citare un esempio che ne riassume molti altri ed è
tratto dalla Divina Commedia. Molti sono convinti che Dante l'abbia scritta
per Beatrice. Non è così. Beatrice era mutevole, un giorno gli sorrideva, il
giorno dopo lo ignorava facendolo sprofondare nella disperazione. Dante spiegò
invece nella Vita Nova che intendeva scrivere della gloriosa donna della mia
mente, del concetto di Beatrice formato dal suo cervello. Ancora una volta,
come nel caso di Wagner, di Cézanne e di Michelangelo, vediamo la facoltà
creatrice nascere dall'insoddisfazione, dall'incapacità di trovare nella vita reale
il concetto generato dal cervello. E Dante raggiunge nuove vette creative nel
Canto XXXI e nel Canto XXXIII del Paradiso, laddove non solo ammette di
non essere riuscito a esprimere il proprio concetto. ma coinvolge attivamente
l'immaginazione del lettore. Alla ne quel concetto risulta ineabile. Dante non
trova le parole per descriverlo: Al'alte fantasia qui mancò possa e indirizza
allora la propria volontà e il proprio desiderio verso quel l'amor che move il
sole e l'altre stelle, una descrizione la cui bellezza è pari alla vaghezza. Quanto
a Sandro Botticelli che illustrò ogni altro canto della Commedia, lasciò questi
due privi di immagini quasi intendesse demandarle alla creatività del lettore.
Le ricerche sulla creatività sono all'inizio, ma sono ricche di promesse. La
neurobiologia ci parteciperà sfruttando le tecnologie più avanzate insieme ai
paradigmi scientici consolidati, e anche includendo nei propri studi le opere
d'arte; la letteratura e la musica che sono esse stesse manifestazione della
potenza creatrice del cervello.
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