vorrei fare un dono in questo Natale, alle persone che incontro, a voi

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vorrei fare un dono in questo Natale, alle persone che incontro, a voi
Che desiderio grande, irrealizzabile forse: vorrei fare un dono in questo Natale, alle persone che incontro, a
voi che ogni giorno incrociate la mia strada: nessun oggetto di lusso, nessun simpatico gadget, vorrei
donarvi un miracolo. E nemmeno uno nuovo. Uno copiato da una notte di duemila anni fa, al primo
scomodo, magico Natale: vorrei donarvi il canto di un angelo!
Si lo so, è un'idea stramba, da poeta sognatore, poco pratica forse. Ma quando mi guardo dentro, quando
cerco a fondo nei vostri occhi, sento che questo è il solo dono che vorremmo, quello di cui abbiamo davvero
bisogno, da sempre, da molto prima che qualcuno ci insegnasse cosa desiderare, cosa chiedere, cosa
aspettarci.
Vorrei un angelo che segua ognuno di voi in ogni istante, una presenza fedele e attenta, una carezza di
eterno nel dolore delle vostre stanze, nella solitudine delle vostre notti, nel rumore delle vostre vite, dei
vostri uffici, delle vostre aule, delle vostre macchine. Vi donerei la voce dell'anima, canto e silenzio: che
magnifico dono sarebbe!
L'abbraccio di un angelo per ognuno di voi, unico, prezioso, infinito...
La spinta saggia, incosciente e salvifica di un angelo per te, Carla, che guardi i tuoi sogni più grandi dalla
finestra della tua vita senza trovare la forza di scendere in strada a seguirli, senza riuscire a chiamarli per
nome.
Donerei la forza di ali sicure a te, Massimo, che stai spiccando il volo verso un domani incerto e gravido di
attese, a te che la paura ti divora dentro e guardi la sicurezza che hai mollato e le nebbie che ti separano dalla
tua meta.
Gli occhi di un angelo li donerei a te, Carmen, che la vita l'hai sfidata mille volte ed hai sempre perso, fino
ad oggi. Gli occhi di un angelo per specchiartici e guardare in faccia l'infinito che hai dentro, oltre gli errori,
oltre il dolore, oltre la roba che ti infili in corpo per cercare ancora una volta l'oblio, il niente, la rassicurante
normalità di una sconfitta, di un domani che non arriva mai.
La voce dell'angelo che canta il canto di Dio: pace in terra agli uomini. Che grande musica questo canto! Il
mio presepe ancora da finire mi dà la dimensione, il palcoscenico reale di questo canto: c'è ancora solo la
struttura: legno, muschio, pietre e sughero, materiali poveri a disegnare lo scenario di un nulla, di un posto
qualunque della terra, dello squallore e della povertà del normale, del quotidiano. È lì che metterò a cantare i
miei angeli di plastica: nel niente di un luogo qualsiasi, nella banalità delle vite normali: avrei potuto
scegliere un altro posto a caso, la tua casa, la strada che ogni giorno ti porta a vivere la stessa giornata, il tuo
campo, il tuo pub, la tua città, la nostra Calabria: un posto come un altro! Il Dio bambino, quella notte, ha
scelto un posto di pastori: greggi, pascoli, terra brulla. Ha scelto lo scenario di giornate infinite a guardare
pecore brucare, di solitudini, di maledizioni tra i denti per la propria sorte, sotto il sole cattivo dell'estate
orientale, tra i venti ghiacciati dell'inverno: ha scelto un posto degli uomini. Il Dio bambino ha scelto gli
uomini, ha scelto la normalità.
E nella maestosa brutalità del nulla, nel silenzio arido della stanchezza umana, ha fatto cantare i suoi angeli,
ha fatto cantare la Pace: il suono degli occhi che si incontrano e si parlano, il silenzio del cuore, il sospiro
che divide le parole di chi si ama, la ninna nanna di un bambino che si addormenta sicuro, al calore di
coperte ancora rimboccate, ripetendo un'altra sera parole che sanno di verità e di casa, che danno sicurezza:
“angelo di Dio, che sei il mio custode”, ché il male non esiste e il cuore è al caldo e domani saranno ancora
giochi, abbracci, sorrisi…
Vorrei donare il canto della pace nei cuori anche stanotte allora, a te Nino, che fai i conti in tasca ed i tuoi
conti finiscono troppo presto e la sicurezza del domani non la ricordi più; a te, Claudia, che il vuoto ti
assedia e non sai come fare per sfuggirgli, alle tue notti insonni; a te, Franco, che i tuoi figli non li ritrovi
più, non li riconosci, ti fanno paura; a te che i tuoi, di figli, sono andati via prima di te, in una guerra per i
soldi, sulla strada per una partita, nelle faide di questa terra, nelle sale operatorie di ospedali dimenticati
dalla dignità umana, che pensi sempre che la vita dell'uomo ha smarrito ogni senso, ogni valore. A te che
non ti dai pace, pace in terra agli uomini, per mettere a dormire la tua rabbia, il tuo disgusto, la tua
disillusione, per curare la speranza sofferente...
E penso poi: quanto era concreto il canto di quella notte, quanto era reale! Pace “in terra”. Come dire: pace
sporca di terra, contaminata dalla verità, dal tempo, pace non solo interiore. E allora vorrei donare a voi
proprio questo canto di pace e di terra.
Pace e pane a tutti voi che domani è un giorno troppo lontano da programmare, che la fame non dà scampo e
gli occhi del mondo sono chiusi. Pace e lavoro a te, Salvatore, che a quarant’anni chi ti assume più? Troppo
vecchio per iniziare, troppo giovane per riposare. Pace e scuola per voi, ragazzi delle periferie della mia
città, che ancora oggi siete ai margini del benessere, gravati dal peso della vostra condizione familiare, che
quelli dei quartieri belli saranno più colti, più ricchi, più raccomandati di voi, in questa finta democrazia di
caste. Pace e giustizia per te, Isa, che combatti dai tempi della scuola: le piazze, la politica, la cultura, il
volontariato, che ancora ci credi nonostante tutto, per te che non molli, “giustizia e pace si baceranno”. Pace
concreta per ciascuno di voi: pace in terra “agli uomini”, pace per gli uomini, per mezzo degli uomini, per il
fine degli uomini. Con l’impegno ed il sudore degli uomini!
Donare angeli può sembrare follia! Ma credo che non sia poi tanto assurdo, non sia così irreale, perchè ce
l’abbiamo già. Perché li vedo sempre, tutte le volte che il dolore rende gli occhi limpidi, gli angeli già
presenti nella mia, nella vostra storia. Angeli imperfetti e senza ali ma vivi, fedeli e silenziosi, con lo stesso
amore nello sguardo e lo stesso calore nelle mani. Angeli in carne ed ossa che si mettono accanto, che fanno
la nostra strada, che camminano la nostra vita. Angeli in silenzio, in lunghe sere d’estate ad ascoltare lo
stesso cuore. Angeli fratelli che ti parlano con gli occhi, e che con quegli occhi dicono forte: io ci sono,
sempre. Angeli che si svelano nel calore di un abbraccio in un giorno che la forza non la trovi più. Angeli
lavoratori, seduti al posto accanto al tuo, attenti, pazienti, complici. Angeli fragili, con le stesse paure, con
un altro dolore, che si addormentano sulla tua spalla in una strada d’inverno, ché la pace nell’anima arriva
anche così. Angeli a parlare e piangere e regalarsi sogni e desideri di eterno, che ospitano, ascoltano. Angeli
che pensavi lontani ed invece sono lì, ti chiamano, ti sostengono. Angeli sconosciuti: bambini per strada,
stranieri soli, vecchi stanchi che ti sorridono senza un perché, come in quel vecchio film in bianco e nero,
angeli che ascoltano i tuoi pensieri e, nonostante questi, sorridono.
Angeli sotto il nostro cielo, sulla nostra terra, come nella notte di Betlemme, angeli che cantano alla vita,
annunciano una nascita, svegliano il mondo per dire che Dio ha due occhi da neonato, una bocca per
piangere e sorridere, che Dio ha mani, corpo, odore. Che Dio è uomo, che l’infinito ha scelto la piccolezza,
che lo squallore di un posto qualunque può rivestirsi d’incanto. Cantano e richiamano poveri e sapienti, si
accendono luci e fuochi, e musiche degli uomini e tutto rinasce: cantano gli angeli, cantano che tutto il
nostro nulla può diventare un inno alla vita, un canto di pace.
Pace in terra agli uomini: è la musica del Dio bambino in questo Natale, che sia la vostra musica, il vostro
canto di liberazione. Buon Natale, miei angeli.
Sac. Mimmo Battaglia
Presidente FICT