Capitalism: a love story

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Capitalism: a love story
Capitalism: a love story
Catalogazione
F 287
Collocazione
FILMS
Categoria tematica
Politica e diritti – Economia e finanza
Origine
U.S.A.
Anno
2009
Regia
Michael Moore
Principali interpreti
Michael Moore
Supporto
DVD
Numero dischi
01
Genere
Documentario
Sceneggiatura
Michael Moore
Musiche
Jeff Gibbs
Produzione
Dog Eat Dog Films, Overture Films, Paramount Vantage
Distribuzione
Mikado
Durata – dati tecnici
122 minuti, colore
Lingua audio
Italiano, originale (inglese) con sottotitoli in italiano
Lingua sottotitoli
Italiano, italiano per non udenti
Contenuti extra
Footage inedito – Crish Hedges, Premio Pulitzer. La macchina da guerra chiamata
capitalismo – I ricchi non vanno in paradiso (Per loro c’è un posto speciale) –
Cummings, membro del Congresso, osa dire l’indicibile – Elizabeth Warren, Harvard.
Come ha fatto Wall Street a cavarsela – Come dirigere il posto in cui lavori –
Spiacenti, speculatori edilizi e banche, a Flint siete fritti – La banca li sbatte fuori, Max
li rimette dentro – Il dilemma dell’onnivoro? E’ il capitalismo – Taxisti comunisti“Stai parlando con me?”-in Wisconsin – E se nel 1979 avessimo dato retta a Jimmy
Carter? – La banca socialista del … Dakota del Nord
Trama
Critica 1
Nel ventesimo anniversario del suo rivoluzionario capolavoro Roger & Me,
Capitalism: A Love Story riporta Michael Moore ad affrontare il problema che è al
centro di tutta la sua opera: l'impatto disastroso che il dominio delle corporation ha
sulla vita quotidiana degli americani (e, quindi, anche del resto del mondo). Ma questa
volta il colpevole è molto più grande della General Motors e la scena del crimine ben
più ampia di Flint, Michigan. Dalla Middle America fino ad arrivare ai corridoi del
potere a Washington e all'epicentro finanziario globale di Manhattan, Michael Moore
porterà ancora una volta gli spettatori su una strada inesplorata. Con umorismo e
indignazione, Capitalism: A Love Story di Michael Moore esplora una domanda tabù:
qual è il prezzo che l'America paga per il suo amore verso il capitalismo? Anni fa,
quell'amore sembrava assolutamente innocente. Tuttavia, oggi il sogno americano
sembra sempre più un incubo, mentre le famiglie ne pagano il prezzo, vedendo andare
in fumo i loro posti di lavoro, le case e i risparmi. Moore ci porta nelle abitazioni di
persone comuni, le cui vite sono state stravolte, mentre cerca spiegazioni a Washington
e altrove. Quello che scopre sono dei sintomi fin troppo familiari di un amore finito
male: bugie, maltrattamenti, tradimenti... e 14.000 posti di lavoro persi ogni giorno.
Capitalism: A Love Story rappresenta una summa delle precedenti opere di Moore, ma
è anche uno sguardo su un futuro nel quale una speranza è possibile. E' il tentativo
estremo di Michael Moore di rispondere alla domanda che si è posto in tutta la sua
carriera di regista: chi siamo e perché ci comportiamo in questo modo?
Come suggerisce il titolo, in effetti “Capitalism: A love story”, nuovo documentario
d’inchiesta firmato Michael Moore, è esattamente una storia d’amore. E per
raccontarcela Moore, noto per Bowling a Colombine, Sicko e Fahrenheit 9/11, parte da
molto lontano. Ovvero dall’antica Roma. E’ lì, in effetti, che l’amore per il denaro e la
corruzione è scoppiato. Si è acceso divenendo un connubio esplosivo e potenzialmente
distruttivo. Proprio come certe storie d’amore. Questo sentimento, ma è meglio
definirlo “rapporto”, si è poi poco a poco sviluppato dando vita a quel concentrato di
“pari opportunità” e “libero mercato” che i potenti chiamano “Capitalismo”: secondo
Moore il più grande male nella Storia dell’umanità. Il più grande. Senza alcun dubbio.
Al Capitalismo si deve la crisi economica che stiamo vivendo. Si deve la perdita
dell’impiego per milioni di persone nel mondo. Si deve la perdita delle case, degli
alloggi. Si devono gli scioperi, le occupazioni e le migliaia di persone incapaci di
costruirsi un futuro. Si deve la formazione d’istituti, inizialmente concepiti per essere
pubblici, privati come carceri e ospedali. Si deve la reclusione di ragazzi minorenni
che non (non) hanno commesso crimini. Famiglie senza possibilità di cure mediche.
Altre senza possibilità di difendersi in ambito legale. Le amministrazioni corrotte. Le
guerre finanziate privatamente. Si deve l’uragano Katrina. Si deve la fame nel mondo.
Si deve tutto. Tutto.
Ok, forse Moore ha un po’ esagerato. Capitalism: A love story è con ogni probabilità
uno dei migliori lavori fatti dal regista. Certamente uno dei più appassionati. Moore,
riesce, infatti, a toccare le corde giuste nello spettatore e a farlo sentire parte del
problema. Lo fa tornare indietro con la memoria al suo primo lavoro da regista, quel
Roger and me sulla General Motors, e lo coinvolge a livello emotivo. Tutto questo
però, va detto a onor del vero, grazie a un tema che unisce piuttosto facilmente tutte le
etnie, le religioni e i ceti sociali: la povertà dei molti contro la ricchezza dei pochi. Un
tema molto complesso che si assume il compito assai ardito di scavare nelle ragioni più
profonde della crisi economica mondiale.
Si fanno collegamenti tra l’amministrazione Bush e il sistema bancario. Si fanno nomi
e cognomi delle persone che hanno ingannato l’amministrazione pubblica. Si innalza
Obama come paladino della gente... Si dice molto, insomma. E come sempre alla fine
della proiezione rimane la sensazione che non tutto quello che si è detto è proprio
inerente all’argomento trattato. Moore questa volta lo nasconde meglio di altre
raccontandoci in realtà non una, ma due storie d’amore: quella dell’uomo per il denaro
e quella dell’uomo per la verità. Sembra un duello. Infatti, finisce in parità.
La frase: "…Gesù non farebbe mai parte di questo sistema".
Autore critica:Diego Altobelli
Fonte critica: FilmUp
Critica 2
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tratto il film