Realtà e prospettive di sviluppo dell`agricoltura in Capitanata
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Realtà e prospettive di sviluppo dell`agricoltura in Capitanata
Realtà e prospettive di sviluppo dell’agricoltura in Capitanata Metodologia e limiti del presente lavoro. 1. - La persistente fondamentale importanza dell'agricoltura per l'ulteriore progresso economico e sociale della Capitanata è così largamente diffusa tra le classi dirigenti e tra gli strati della pubblica opíinione che, dopo le analisi e i dibattiti svoltisi a livello nazionale e locale, in questi ultimi anni, si potrebbe ritenere superfluo indugiare in ulteriori diagnosi ed indicazioni terapeutiche, attendendo invece alla pratica realizzazione dei rimedi già indicati. Ma una simile opinione può aver un certo fondamento ed essere accolta, se consideriamo statici il pensiero e la vita economica e sociale di una determinata comunità locale o nazionale e riteniamo largamente convergenti le opinioni sulle vie dell'ulteriore cammino da percorrere. Poiché, invece, il pensiero e la vita sono in continuo divenire, mentre permangono dissensi sulle linee e sugli strumenti dello sviluppo economico e sociale, il periodico riesame delle esperienze, delle realtà e delle possibili vie di ulteriore progresso, nonché il frequente confronto delle opinioni, lo scambio d'informazioni e di idee, l'aggiornamento delle analisi, si rivelano utili e feconde. Del resto una riconsiderazione dei problemi agricoli nazionali, regionali e provinciali è resa necessaria da particolari importanti fenomeni nuovi. Infatti, l'impetuoso sviluppo economico dei nostro Paese, che, nonostante i caratteri di disuguaglianze di ritmo, ha visto in questo ultimo quindicennio accrescersi il reddito nazionale in misura di gran lunga 7 superiore a quella dei primi ottantacinque anni della nostra storia unitaria, ha determinato nell'agricoltura situazioni, tendenze ed esigenze nuove, nel tempo stesso in cui ha reso più accentuato e più evidente il dislivello di reddito e di produttività tra settore agricolo ed altri settori economici. Con la crescente liberalizzazione degli scambi e con il processo di unificazione economica europea in atto, sono oramai definitivamente tramontati i tempi romantici della nostra vita agricola, così come è in corso di rapido superamento il tempo dell’economia di sussistenza, di autoconsumo, allorché i coltivatori si preoccupavano prevalentemente di produrre le quantità ed i tipi di produzione sufficienti a soddisfare i bisogni ed i gusti delle proprie famiglie. L’agricoltura è diventata un'attività eminentemente economica, orientata - nel quadro delle sue connaturali caratteristiche strutturali - verso un continuo sforzo di adeguare metodi e procedimenti a quelli impiegati in altri settori economici. L’economia di mercato è una realtà che va sempre più affermandosi e dilatandosi, costringendo le produzioni ad adeguarsi ai gusti delle masse crescenti di consumatori ed accentuando l'esigenza di produrre a costi competitivi. Questi fatti, altamente positivi, accompagnati da altri fenomeni, quali il progressivo generale miglioramento del livello di vita delle nostre popolazioni, la mobilità territoriale e settoriale della mano d'opera, la diversa e migliore posizione del lavoro rispetto ad altri fattori della produzione, rendono particolarmente pressante la necessità di organizzare l'agricoltura su basi tali da assicurare livelli di redditi unitari di lavoro e di capitale, comparabili con quelli di altre attività economiche. E' questa una esigenza imprescindibile da tenere costantemente presente, se si vuole effettivamente inserire l'agricoltura nel contesto dinamico della nostra economia e se si vuole contenere, nei limiti fisiologici, l'esodo rurale, assicurando alle campagne la presenza di sufficienti energie attive, valide ed anche giovani. Tutto ciò richiede di affrontare una serie di problemi, la cui soluzione pone nuovi grossi compiti all'azione pubblica ed a quella privata; ma soprattutto esige il defintivo abbandono dei tradizionale isolamento degli operatori agricoli e la operante presenza di efficienti organizzazioni. 2. - Ciò premesso, desidero subito indicare i limiti della mia esposizione. La complessità e molteplicità dei problemi posti allo sviluppo agricolo dall'accentuato dinamismo economico e sociale dei nostri tempi, l'indubbia influenza delle tormentate vicende storiche della Capitanata 8 sulle realtà presenti ed i profondi mutamenti culturali e psicologici delle popolazioni rurali, indurrebbero ad una analisi ampia ed approfondita degli aspetti, delle tendenze e delle reali possibilità di sviluppo dell'economia e della società della Provincia Dauna nel contesto del possibile sviluppo generale della Regione e dei Paese. Ciò è reso necessario dal rapporto di crescente, stretta interdipendenza che lo sviluppo dei sistemi economici e sociali moderni va stabilendo tra i vari settori d'attività e le diverse aree territoriali. Questa esigenza sarà tenuta presente ed ispirerà sostanzialmente le mie osservazioni e considerazioni sulla realtà agricola foggiana, ma non sarà esplicitamente richiamata che in qualche caso. Ai fini di introdurre il dibattito odierno, mi sembra sufficiente un esame rapido e sommario degli essenziali fenomeni economici e sociali, delle principali linee evolutive manifestatesi nella situazione foggiana dalla fine dell'ultimo grande conflitto mondiale ad oggi. Da tale esame sarà possibile trarre alcune indicazioni sui nuovi problemi e sulle vie da battere nei prossimi anni per consentire balzi in avanti all'agricoltura dauna. La mia esposizione non sarà quindi una radiografia della realtà foggiana, per la cui esecuzione sono ovviamente necessari ulteriori studi particolari, ma tenterà di tracciare un quadro di assieme dei fenomeni e dei problemi che oggi si presentano all'osservazione non disattenta di un economista agrario che ha avuto ed ha la possibilità di compiere dirette esperienze e di contribuire alla trasformazione dei mondo agricolo della Capitanata. Passato e presente. 3. - Ad avviare il tentativo di delineare tale quadro, possono giovare alcuni cenni ad episodi importanti e significativi nel processo di sviluppo della Capitanata. La giacitura delle terre del Foggiano e la loro prevalente natura, presentando un notevole grado di suscettività, specie nei confronti di quelle dell'Appennino campano e lucano, sin dall'epoca dei Borboni spinsero a considerare le potenziali risorse agricole della Provincia e a compiere i primi esperimenti di colonizzazione, quali ad esempio, quelli di S. Ferdinando, di Margherita di Savoia, ecc. Con l'abolizione della Dogana delle pecore disposta con legge del 21 maggio 1806 e la successiva completa affrancazione delle terre del 1865, il Tavoliere di Foggia cominciò ad essere oggetto di alcuni interventi pubblici e di studi sulle possibilità di rinnovamento agricolo. Apprezzabili proposte fu9 rono presentate alla fine dei secolo scorso da Leone Morì, amministratore della Casa Rochefoucol di Cerignola. Ma, com'è noto, l'avvio alla difficile e lunga azione di bonifica del Tavoliere risale ad epoca più recente, alle leggi di bonifica integrale del 1933 e al Piano Curato, cui seguirono il Piano Medici-Carrante-Perclisa e quello Mazzocchi-Alemanni. Questi piani rappresentano indubbiamente dei pregevoli documenti che rivelano anche l'alto livello di progresso conseguito in quel tempo dalla scienza e dalla tecnica agraria. Tuttavia l'esame attento della realtà dei Tavoliere consente di rilevare come ho fatto in altre occasioni - che lo sviluppo agricolo di larghe zone si è realizzato secondo linee radicalmente diverse da quelle indicate dalle direttive di trasformazione dei piani stessi. Le cause di tale diversità sono state indicate da me altre volte e sono sostanzialmente da ricercarsi nella scarsa valutazione dei requisiti tecnici produttivi dell'ambiente e nella non prevista linea di politica economica dello Stato concretatasi nell'ulteflore difesa del grano rispetto ad altri prodotti agricoli. Ma il motivo fondamentale sta, a mio avviso, nella scarsa fiducia e conseguente modesta valutazione della capacità degli uomini che nell'ambiente già erano dediti all'agricoltura. I predetti piani di bonifica si ispirarono a due criteri principali : il primo faceva perno essenzialmente sullo sviluppo zootecnico, in sostituzione di quella che era considerata « misera » cerealicoltura; il secondo - per me ancora più importante - prevedeva nell'organizzazione aziendale l'introduzione dei contratto di mezzadria, tentando così di organizzare la società agricola dauna sul vecchio modello di quella toscana e di lasciar consolidare una situazione in cui la direzione aziendale, i centri decisionali restassero nelle mani di pochi individui ritenuti i soli dotati di preparazione e di intelligenza sufficienti ad assolvere i compiti imprenditivi. L’azione successiva intrapresa nel dopoguerra, sia pure disordinatamente, per iniziativa di singoli operatori, di organizzazioni e di Enti, svoltasi in un clima sociale spesso molto acceso, ma nel quale l'individuo andava acquisendo progressivamente maggiore dignità e rispetto, ha sortito risultati apprezzabili. La costituzione di cooperative per la conduzione unita delle terre, i decreti per l'occupazione delle terre incolte, le leggi sulla formazione della piccola proprietà contadina in particolare la legge stralcio della Riforma Fondiaria, hanno posto in evidenza l'influenza che la proprietà della terra da parte di chi la lavora o la conduce direttamente può esercitare nel processo di rinnovamento agricolo. Mi sembra perciò opportuno rilevare che i segni di progresso oggi evidenti in larghe zone della Capitanata traggono origine essenzialmente 10 dal fatto che è stata riconosciuta agli uomini addetti all'agricoltura della Provincia una capacità notevole di operare affidando direttamente la responsabilità delle iniziative di sviluppo agricolo. Oggi è infatti dato di notare che all'insuccesso della colonizzazione dell'O.N.C., basata sulla conduzione mezzadrile e di alcune aziende gestite con sistema mezzadrile proprio ed improprio, si contrappongono i risultati altamente positivi di tutte le zone a nuova proprietà contadina e di quella a proprietà imprenditrice capitalistica nelle quali l'elemento responsabile, il protagonista dei processo produttivo resta l'imprenditore. Anche nelle prime esperienze di riforma fondiaria in Capitanata il pregiudizio di tecnici maturatisi in ambienti diversi dal nostro ha avuto effetti ritardatori nello sviluppo delle aziende contadine. Tale pregiudizio si manifestava nell'opinione secondo cui taluni ordinamenti produttivi affermatisi presentavano caratteri di arretratezza. D'altro canto i lavoratori chiamati alle nuove responsabilità imprenditive erano ritenuti incapaci di evoluzione. Furono così preparati piani comunali, aziendali e poderali rigidi ai quali i contadini erano chiamati ad attenersi rigorosamente. Citerò alcuni fatti significativi. Alcuni già in possesso di un equino furono indotti a venderlo, perché ritenuto superato e sostituibile con bestiame di razza marchigiana. Fu vietato il ringrano anche su terre idonee ed imposta l'introduzione di foraggere seccagne in determinate e rigide percentuali e di alcune colture di rinnovo che in asciutto non potevano dare adeguati risultati. Furono imposti un determinato tipo di casa colonica ed alcune formule di concimazione e di lavorazione della terra; vennero eseguiti scassi su terreni crostosi mediante esplosivi; furono affidati in appalto gli impianti dei vigneti, la costruzione delle spalliere e del tendone e persino l'innestatura ed a volte la potatura dei vigneti stessi. I risultati di tali operazioni non furono incoraggianti. Essi furono invece migliori allorché ci si accorse della infecondità dei metodi di imposizione dall'alto di nuove tecniche e di nuove economie aziendali e si cominciò a fare affidamento sulla libertà e responsabilità dei nuovi proprietari e sulla loro capacità ad evolversi limitando l'azione dell'Ente ad un'opera di assistenza, di collaborazione e di incentivazione. Tali esperienze possono costituire motivi essenziali di ispirazione e di orientamento per l'azione da svolgere nei prossimi anni, tenendo costantemente presente il principio secondo cui anche in un programmato ed organico processo agricolo il ruolo fondamentale di protagonista deve essere lasciato alla responsabilità del l'imprenditore. Dopo questi rapidi ricordi delle vicende più significative della storia recente dello sviluppo agricolo della Capitauata, il nostro inte11 resse si svolge ora a rilevare i fenomeni più importanti manifestatisi nell'agricoitura dauna in quest'ultimo periodo. Proprietà agricola: struttura e situazioni. 4. - Alla fine dell'ultima guerra mondiale, la realtà agricola della Provincia di Foggia risultava caratterizzata da situazioni economico-sociali e da strutture produttive cristallizzate ed immobilistiche: la proprietà era fortemente accentrata ed in larga misura assenteista; molto diffuse la cerealicoltura e la pastorizia. Erano ancora in atto alcuni allevamenti bufalini a pascolo brado; pochi i bovini da reddito e da lavoro; limitato lo sviluppo della meccanizzazione. A ciò si aggiungevano tre grandi centri di particolare sviluppo viticolo, olivicolo ed arboricolo, quali quello di Cerignola fino ai confini di Terra di Bari, quello di S. Severo e dei Comuni limitrofi, e quello dei Gargano, dove esisteva un'oasi particolarmente fiorente ma molto limitata di superficie orticola lungo la fascia litoranea da Margherita a Zapponeta fino a Manfredonia. Generalmente i rapporti fra proprietà, impresa e lavoro erano quelli tipici dell'impresa capitalistica con salariati fissi ed avventizi specie sulle terre buone di pianura. Nelle vicinanze dei centri abitati prevalenti erano le piccole imprese contadine su terre in proprietà o in affitto gestite dai cosidetti « versurieri ». Ma nel Tavoliere dominante era il latifondo che raggiungeva le porte della città, come ebbe a scrivere il Ricchioni parlando di Lucera. Su tali strutture agricole gravavano una forte pressione demografica ed un foltissimo bracciantato misero, sottoccupato e spesso disoccupato. Ciò acuiva la tensione tra impresa e lavoro dando luogo a manifestazioni talvolta violente ed a conflitti sociali. Non vi è chi non ricordi le avvilenti condizioni del lavoro agricolo: l'ingaggio della mano d'opera avveniva ancora di sera o nelle prime ore dei mattino sulle piazze dei Comuni, spesso valutando la forza muscolare dell'operaio. In realtà il lavoro era in posizione di netta soggezione nei confronti della proprietà della terra. L'imprenditore proprietario ed affittuarici conduceva il processo produttivo della terra secondo la propria convenienza economica imponendo tipi di rapporto fra imprese e lavoro, patti agrari e salari. In forza di questo predominio contrattuale della proprietà sul lavoro e sull'impresa, si configuravano alcune situa12 zioni imprenditoriali e produttive. Ovunque infatti vi erano possibilità di sviluppo di colture suscettibili di assicurare una rendita fondiaria o un profitto d'impresa, quali i cereali, gli allevamenti ovini, l'olive ecc., prevaleva l'impresa capitalistica. Laddove invece la terra era magra, come sul Gargano, lungo i tornanti di Monte S. Angelo o lungo la striscia di sabbia di Margherita di Savoia o Zapponeta, o nelle terre magre del subappennino, Deliceto, Faeto, Alberona, Casalnuovo Monterotaro ecc., l'impresa veniva affidata a piccoli affittuari; qualche volta si organizzavano alcune colonie parziarie e solo per alcune colture fortemente attive, richiedenti cioè molta mano d'opera, venivano concesse in compartecipazione zone di terra ricca. Nonostante tali condizioni di immobilismo sociale ed economico, nel primo periodo dell'immediato dopoguerra, gli sforzi di tutti furono diretti a riparare i considerevoli danni prodotti dalla guerra, ad aumentare la produzione e la produttività sia per soddisfare i bisogni alimentari, sia per elevare i redditi di capitale e di lavoro. Nel quadro di tali sforzi l'agricoltura foggiana mantenne un ruolo non trascurabile cercando di migliorare le tecniche produttive, diffondendo la meccanizzazione, aumentando i consumi di concimi, utilizzando semi selezionati. Gli sforzi dell'iniziativa privata furono agevolati da una serie di provvidenze legislative e da interventi pubblici, fra i quali assumono rilievo quelli relativi alle opere di bonifica, finanziati dalla Cassa per il Mezzogiorno, alle agevolazioni sui miglioramenti fondiari, alla riforma fondiaria, al Piano Verde. Incrementi produttivi: 1959-1962. 5. - Per effetto degli investimenti pubblici e di quelli privati, provocati e spontanei, l'agricoltura foggiana ha segnato considerevoli incrementi produttivi, realizzatisi con lo sviluppo di ordinamenti più attivi ed intensivi e con una graduale contrazione di quelli estensivi. Nel quadriennio 1959-62 ad una contrazione della superficie cerealicola, rispetto a quella dei periodo 1939-42 (7,3%), ha fatto riscontro un aumento considerevole della produzione. Il frumento, infatti, ha avuto nel corso dell'ultimo quadriennio un incremento dei 33,6% rispetto al quadriennio 1939-42 con una maggiore incidenza del grano duro, la cui area di diffusione nell'ultimo triennio ha superato quella investita a grano tenero. L'introduzione di trattrici pesanti ed il più largo impiego di fertilizzanti e di sementi elette hanno determinato un aumento notevole 13 delle rese unitarie per il grano duro (da q.li 13,9 in media per ha. nel 1951 a q.Ii 22,5 nel 1962), e per il grano tenero (da q.li 14,4 a q.Ii 21,4). Lo sviluppo delle colture industriali, ortive e foraggere ha ridotto l'estensione dei pascolo e dei riposi seminativi. La coltura del tabacco che nel 1929 risultava nel Catasto estesa su 10 ettari, ha oggi superato i 200 ettari, mentre la barbabietola, che non veniva neanche menzionata nel precitato Catasto, si estende su circa undicimila ettari. Nel settore delle colture ortive mentre la superficie investita a patata si è ridotta di più del 50%, quella del pomodoro si è più che raddoppiata. Particolare espansione ha avuto la coltura del carciofo che da meno di 100 ettari nel periodo prebellico raggiunge ora diverse migliaia di ettari, con evidente tendenza ad un progressivo aumento. Anche l'area delle foraggere risulta oggi quasi triplicata rispetto al 1939-42. Per le colture arboree in complesso si è avuto nello stesso periodo un aumento determinato dalla maggiore diffusione degli olivi ed ancora piú dall'espansione della vite; per il mandorlo e per gli agrumi è proseguita la nota tendenza a ridurre l'area. In particolare la produzione di uva da tavola della provincia di Foggia, seguendo l'andamento ascensionale della Puglia - ove la produzione si è quintiplicata in confronto al periodo pre-bellico - ha subito un incremento di 18 volte. Gli incrementi produttivi si sono tradotti in un aumento del valore della produzione lorda vendibile ed in sensibili variazioni nella sua composizione. Infatti, il valore della produzione lorda vendibile dell'agricoltura in Provincia di Foggia a prezzi correnti si è quasi raddoppiato, passando da oltre 49 miliardi di lire del 1951 a 109 miliardi e 191 milioni del 1962. L'incidenza delle colture erbacee dal 47,9% si è ridotta al 36,9%, mentre quella dell'ortofrutticoltura è salita dal 9% al 18,7% e quella della vite dal 13 al 24,1%. Anche il peso relativo dell'olivicoltura ha avuto un lieve aumento (dall8,4% all'11%), mentre quello dei prodotti zootecnici è sceso. Vi è tuttavia da registrare un miglioramento qualitativo dei patrimonio zootecnico che oggi conta un più elevato numero di bovini di razza pregiata, mentre risulta contratto quello degli equini. Gli allevamenti ovini, dopo la drastica riduzione operata dagli interventi di riforma, vanno segnando una ripresa. I risultati produttivi della Provincia di Foggia sono stati conseguiti in aziende che, secondo il censimento dei 1961, risultano per l'87,6% a conduzione diretta, per l'8,4% a conduzione salariale e per il 4% ad altre conduzioni. Un indice dei considerevoli progressi tecnici conseguiti è dato dal 14 parco trattoristico che è passato da 1547 trattrici nel 1952, per una potenza di 57.437 HP, a 4.988, per una potenza complessiva di 187.814 HP nel 1962. Elevata è stata la diffusione delle motopompe, il cui numero è salito da 333 a 6.465. Notevole anche la diffusione delle mietitrebbie che con un parco di 612 macchine pone la Provincia di Foggia al primo posto tra le altre provincie italiane. Sensibili variazioni si sono pure verificate nel campo dell'esportazione dei prodotti tipici. Nel settore della lavorazione e trasformazione dei prodotti, da una recente indagine sono state rilevate 80 cantine della capacità complessiva di lavorazione di 810 mila q.li di uva; di esse solo 33 sono ritenute efficienti per una capacità lavorativa complessiva di circa 600 mila quintali, mentre le produzioni di uve da vinificare toccano punte di oltre 3 milioni di q.li. Nel settore olivicolo-oleario, sono stati rilevati 122 oleifici per una capacità lavorativa complessiva di 380.000 q.li di olive; di essi solo 12 hanno attrezzature moderne ed efficienti per una capacità lavorativa di circa 80.000 q.li di olive, contro una produzione che in questi ultimi anni ha superato 1 milione di quintali. Nel settore lattiero-caseario, la Centrale dei Latte di Foggia utilizza parte della produzione provinciale, ma non ha una adeguata rete di centri di refrigerazione per la raccolta del latte stesso. Notevole sviluppo ha avuto recentemente l'industria saccarifera che ha realizzato due nuovi stabilimenti. I progressi produttivi e tecnici si sono tradotti in un incremento dei reddito globale e dei redditi individuali. Proprietà, impresa e lavoro. 6. - Ma nell'ultimo dopoguerra si sono verificati nel mondo contadino profondi mutamenti di ordine psicologico e culturale che hanno spinto e spingono tuttora a porre su basi diverse i preesistenti rapporti fra proprietà, impresa e lavoro. Per effetto delle esperienze belliche, dei contatti con le truppe alleate, della prigionia trascorsa in paesi diversi, dello sviluppo delle grandi comunicazioni di massa (stampa, radio, tv e cinema), della libertà politica e sindacale e della diffusione dell'istruzione, si andava maturando una nuova presa di coscienza dei propri diritti e della propria dignità da parte di numerose schiere contadine. Accentuatasi fortemente l'ansia di miglioramerito economico e so15 ciale, la proprietà della terra era ritenuta conquista di fondamentale importanza, strumento indispensabile per soddisfare l'inderogabile bisogno di reddito e di sicurezza per le famiglie. Per corrispondere a tale diffusa e profonda aspirazione delle categorie bracciantili, fu adottata una serie di misure volte da una parte, con l'imposta patrimoniale, i contributi unificati, l'imponibile di mano d'opera, a rendere piuttosto difficile la vita dei proprietari assenteisti, dall'altra, con le leggi sulle terre incolte, sulla formazione della proprietà contadina e con la riforma fondiaria, a favorire largamente l'accesso alla proprietà della terra da parte di numerosi braccianti. In provincia di Foggia in questo dopoguerra in forza delle leggi di riforma sono state costituite n. 7.610 unità produttive per un totale di 52.810 ettari; per effetto delle leggi a favore della piccola proprietà contadina si sono verificati acquisti per una superficie complessiva di oltre 47.000 ettari. Nel frattempo si determinavano nuovi movimenti verso la realizzazione di più moderni assetti produttivi delle aziende. Alcuni medi e grandi proprietari di terre, dediti esclusivamente all'impresa agricola, avviavano infatti una graduale conversione colturale ed una ristrutturazione produttiva dell'azienda introducendo la meccanizzazione, eliminando il bestiame da lavoro e riducendo la mano d'opera salariata ed avventizia. Peraltro nei primi anni « 50 » si organizzavano grandi e grandissime aziende sia su basi cooperative per la conduzione unita della terra e sia su base capitalistica con afflusso di capitali da parte di società industriali e di assicurazioni. Cooperative furono infatti organizzate a Cerignola, a Manfredonia, Foggia, Lucera, Deliceto, ecc.; sorsero l'azienda di Palazzo D'Ascoli, della SEBI, l'azienda Zaccagnini, quella di « Terra Apulia », aziende che, secondo alcuni, erano destinate ad essere le imprese dell'avvenire. Anche iniziative borghesi a carattere dilettantistico tornavano ad affacciarsi, sull'esempio lodevole di un compianto tecnico pugliese, il Prof. Carrante : medici, avvocati, professionisti di ogni genere, artigiani e commercianti della provincia di Foggia, ma anche estranei alla provincia stessa cominciavano qua e là ad organizzare imprese con notevoli apporti di capitali ed entusiasmo. Inoltre vicino ai centri abitati dove ferveva anche l'attività edilizia, sorgeva qua e là, specialmente a Foggia, S. Severo e Cerignola, un tipo d'impresa gestito da famiglie di cui alcuni componenti realizzavano redditi in altre attività. 7. - Nel corso degli anni « 50 » si andavano dunque sostanzial16 mente affermando, sul piano dei l'organizzazione aziendale, le seguenti tendenze: 1 ) aziende capitalistiche di grandissime dimensioni appartenenti ad elementi extragricoli e condotte con salariati fissi e avventizi per la pratica di colture fortemente attive e spesso su terre magre a compartecipazione (vedi i vigneti di Palazzo D'Ascoli); 2) aziende cooperative di grandi dimensioni per la conduzione unita delle terre, nelle quali il socio della cooperativa forniva il lavoro come nella grande impresa capitalistica, ricevendone un compenso integrato a fine della gestione con la ripartizione di eventuali utili; 3) imprese capitalistiche di proprietari o affittuari conduttori con salariati fissi e avventizi o a compartecipazione per le colture attive industriali o orticole che timidamente andavano comparendo (bietola da zucchero, peperoni, ecc.); 4) imprese contadine in proprietà o affitto e colonia parziaria di vecchia e nuova formazione con il ricorso a mano d'opera avventizia nei momenti di punta; 5) imprese di proprietari borghesi che spesso facevano ricorso a compartecipanti per le colture arboricole o orticole; 6) imprese integrative di artigiani o di contadini con figli operai di industrie locali o braccianti agricoli presso terzi. Sarebbe certo interessante un esame particolare dell'evoluzione subita da questi tipi di imprese nell'ultimo decennio; ma ciò che preme ora sottolineare è la pluralità delle iniziative che davano luogo ad un vivace movimento, impegnando molte energie umane locali o immigrate, mentre gli interventi della Cassa per il Mezzogiorno e dei Consorzio di Bonifica andavano eseguendo numerose, anche se non sufficienti, opere infrastrutturali. Intanto la Riforma Fondiaria, determinando un risveglio della proprietà privata, induceva anche molti proprietari assenteisti a vendere o ad impegnarsi nella conduzione delle imprese. Non mancano infatti esempi lodevoli di proprietari che prima vivevano di rendita fuori dell'ambiente e che sono poi tornati in provincia di Foggia per gestire direttamente la loro proprietà. Larghe zone dell'agricoltura di Capitanata si sono quindi mosse con slancio conseguendo risultati apprezzabili. Infatti, mentre l'impresa capitalistica introduceva la Simmenthal oppure la Bruno-Alpina, i fruttiferi a Palazzo d'Ascoli, nelle aziende contadine si andavano affermando la coltura del carciofo, quella del mellone, del peperone, del vigneto a tendone. Lo sviluppo di queste ultime colture va indubbiamente attribuito a merito del lavoro contadino, perché anche quando le imprese capitalistichie o della borghesia 17 cittadina si interessavano a tali piante, quasi sempre lo facevano con sistemi a compartecipazione. Naturalmente in questo moto di rinnovamento produttivo vi è stata possibilità di sperimentare nuove energie imprenditive ed affinare le capacità di vecchi conduttori o direttori di grandi aziende o di fattorie e di masserie. 8. - Ma, nella seconda metà degli « anni 50 », il nascente equilibrio economico e sociale delle campagne, caratterizzato da più vaste responsabilità imprenditoriali da parte degli strati contadini e da un graduale miglioramento dei salari e dei redditi di lavoro, subiva un grave turbamento per effetto del diseguale sviluppo economico generale del Paese. Le nuove possibilità di occupazione industriale a livelli salariati più alti offerte dalle regioni nord-occidentali del Paese, la domanda estera di mano d'opera, determinavano massicci spostamenti territoriali di popolazioni rurali ed un intenso esodo dalle campagne particolarmente da parte delle giovani generazioni contadine. Tutto ciò ha dato luogo in questi ultimi anni ad un fatto di estrema importanza e profondamente innovatore dei rapporti preesistenti nelle campagne: il lavoro agricolo ha assunto in molti territori una posizione di forza, talvolta di preminenza rispetto all'impresa. In altri termini, il lavoratore può dire al l'imprenditore: « lo sono disposto a lavorare per te, se mi assicuri un adeguato compenso ». Permangono tuttavia situazioni di sottoccupazione, stati di soggezione dei contadini soprattutto appartenenti alle vecchie generazioni nei confronti della proprietà e dell'impresa. Le une e gli altri si sono comunque notevolmente ridotti. E' peraltro scomparso il metodo di ingaggio fatto sulle piazze tastando i muscoli; sono scomparse le forme tradizionali e romantiche della spigolatura. Chi non ricorda le fitte schiere di contadini che provvisti di bisacce scendevano a dorso d'asino dai paesi del sub-appennino nel Tavoliere e giungevano da Andria su un carretto? Appena i covoni venivano ritirati essi invadevano come cavallette la sterminata piana cerealicola alla ricerca delle briciole, ché così poteva considerarsi la spiga di grano lasciata sul campo dai lavoratori dell'impresa capitalistica. Queste nuove condizioni dei lavoro agricolo vanno dunque salutate con soddisfazione e con l'augurio che esse possano consolidarsi e diffondersi anche nelle residue zone nelle quali non è stato possibile realizzarle. Tuttavia da più parti si lamentano l'insufficienza della disponibilità di mano d'opera avventizia o a salario, la scarsa propensione dei lavoratori a stipulare contratti di mezzadria o di compartecipazione e si auspicherebbero anacrostiche ed irrazionali misure atte a frenare 18 la fuga dai campi. Non manca anche chi giudica negativo l'esodo rurale considerandolo una « cacciata dalle campagne ». E' necessario valutare tale fenomeno caratteristico di ogni processo di sviluppo economico con senso di equilibrio e di obiettività. Esso ha ricreato in molte zone un più giusto equilibrio tra terra e uomo; ha posto fine allo stato di soggezione del lavoro; ha dato ai lavoratori una nuova posizione di dignità e di forza contrattuale; ha indotto ed induce le imprese di ogni tipo ad accrescere la loro competitività. L'esodo rurale è sostanzialmente un fatto positivo e fisiologico in un sistema economico come il nostro che nel complesso ha superato la fase di decollo. Certo le forme disordinate e spesso patologiche con cui l'esodo si è realizzato in molti territori meridionali non sono esenti da riserve e rilievi. Ad ogni modo la positività degli effetti dell'esodo si rivela anche nell'esigenza di una diversa organizzazione agricola. Oggi, infatti, non si tratta più di assicurarsi il possesso della terra di qualsiasi dimensione, ma di organizzare aziende che siano in grado di produrre redditi di lavoro e di capitali in parità con quelli realizzabili in altri settori di attività. Ciò deve anche realizzarsi nel tempo in cui la costituzione del M.E.C. e la liberalizzazione degli scambi esigono di produrre a costi decrescenti. Sembrerebbe contraddittorio pensare a dover aumentare i redditi e contemporaneamente diminuire i costi; eppure il processo evolutivo in atto ci dice che ciò è possibile anche se richiede sacrifici, maggiore impegno da parte delle categorie imprenditoriali e adeguati interventi dello Stato. Una via facile ci sarebbe per raggiungere lo scopo: basterebbe una politica di artificiosa difesa dei prezzi dei prodotti agricoli. Ma questa politica che - come è noto - già è stata praticata per decenni, in particolare con il dazio sul grano, non ha consentito al Mezzogiorno agricolo di progredire, ha attenuato lo spirito di iniziativa e non consente la formazione di un'agricoltura moderna e competitiva. Un'altra via viene indicata dallo stesso mondo agricolo di Capitanata, anche se essa si va percorrendo con sforzi notevoli e velocità inferiori a quella desiderata. Tale via consiste nel porre i fattori della produzione in condizione di esprimere al massimo la loro produttività e le aziende in grado di elevare al massimo la propria redditività. E' possibile realizzare ciò nell'agricoltura di Capitanata? Vi sono potenziali risorse da mobilitare per contribuire a raggiungere tale scopo? Siamo dunque al punto più interessante e più delicato di questa disamina. 19 Produttività, redditi e costi di produzione. 9. – Le linee di azione per conseguire il massimo di produttività, l'elevazione dei redditi unitari di lavoro e di capitale e contemporaneamente l'abbassamento o il contenimento dei costi di produzione sono le seguenti : 1 ) Per elevare la produttività: a) localizzazione delle colture in base alla vocazione economica delle terre; b) elevazione del rendimento del lavoro sia attraverso la qualificazione e specializzazione sia attraverso la modifica delle strutture produttive; c) adozione delle tecniche colturali moderne e meccanizzazione. 2 ) Per elevare la redditività : organizzazione dei produttori per aumentare la capacità contrattuale ed intervenire decisamente nella formazione del prezzo. 10. - Forse sarebbe stato opportuno disporre di una particolare indagine volta ad individuare le singole situazioni pedo-climatiche al fine di stabilire la migliore destinazione delle terre in base alla loro vocazione economica. In mancanza di tale indagine, ai fini dei nostro dibattito può essere sufficiente il ricorso alle esperienze ormai ventennali che ho dell'agricoltura di Capitanata e che ho avuto modo di fare sia come tecnico di aziende private che come tecnico di aziende della Riforma. Dal 1944 in poi mi sono infatti interessato dei terreni ubicati in agro di Manfredonia, località Pagliete, in agro di Lucera, Volturara, Ascoli Satriano, Rocchetta S. Antonio, Cerignola, Margherita di Savoia, e nel Gargano da Torre Mileto agli olivastreti di Cagnano Varano. Alle indicazioni derivanti da tali esperienze vanno aggiunti i risultati degli studi condotti per diversi anni per conto dell'Osservatorio di Economia Agraria dell'Università di Bari su numerose aziende, ambienti e poderi del Tavoliere. 11. - La provincia di Foggia, che si estende per circa 700 mila ettari, può essere suddivisa in quattro grandi zone aventi una sufficiente omogeneità. Esse sono: 1 ) quella dei Tavoliere centrale che, partendo da Ripalta e dal lago di Lesina e scendendo lungo il corso del Candelaro, si estende sino ai confini della Puglia, comprendendo parte dell'agro di S. Severo, Foggia, Cerignola, Trinitapoli, Margherita di Savoia. Essa è caratterizzata da terre da grano, terre pesanti argillose, nelle quali le condizioni favorevoli alla cerealicoltura meccanizzabile rendono di difficile introduzione altre colture. La natura dei terreno e il clima non sono favorevoli alle colture arboree ed arbustive. A prescindere da alcune parti leggermente elevate che potranno pure alimentare una viticultura o oli20 vicultura e frutticultura ad alto reddito, specialmente con l'irrigazione di soccorso, nella zona non si tratterà di sostituire il grano, ma di altenarlo con altre colture, quali il carciofo e la barbabietola da zucchero, specie se per quest'ultima la meccanizzazione sarà perfezionata. D'altra parte, i continui progressi delle tecniche colturali e della meccanizzazione con conseguente aumento delle produzioni unitarie, consentono di affermare che è possibile conservare una cerealicoltura altamente economica, anche perché non solo la produzione dei grani duri ma anche quella dei terreni risultano avere caratteristiche nettamente superiori a quelle dei prodotti di altre regioni cerealicole italiane. Potrà anche essere avviata una pioppicoltura su vasta scala, dopo che i primi tentativi in atto consentiranno di trarre più concrete esperienze. 2) zona che si estende sulle cosiddette « terre di crosta » e « terre rosse » pedegarganiche ed interessa anche la parte pianeggiante dei comuni garganici, parte dell'agro di S. Severo, San Paolo Civitate, Serracapriola, Chieuti, Torremaggiore, Lucera, Troia, Castelluccio dei Sauri, Ordona, Ortanova, Cerignola, S. Ferdinando, Trinitapoli, Margherita di Savoia. In questa situazione economica si riproducono gran parte delle caratteristiche della fascia litoranea barese, anche se con un clima leggermente meno mite. Essa può considerarsi il prolungamento della terra dell'albero, come fu definita dal Ricchioni parte della Puglia, e può evolversi insistendo ancora sulle colture arboree, prima fra tutte la vite per uva da vino e per uva da tavola. A questa indicazione alcuni obietteranno che l'uva, è in crisi. E' necessario replicare che trattasi di crisi derivante da fattori vari e suscettibili di modifiche e di correzioni, mentre attraversiamo una fase di transizione caratterizzata dalla ricerca di nuovi equilibri produttivi nel cui quadro la vite per uva da vino e da tavola troverà collocazione economica, se coltivata in ambienti adatti. Del resto oggi più che mai le terre di S. Severo, Lucera, Cerignola, stanno rivelando un'elevata suscettività delle colture arboree, specie se si può disporre di irrigazioni di soccorso. D'altra parte, le zone agrumicole del Gargano, quelle viticole già esistenti e ampliabili, le zone olivicole ampliabili anche con l'introduzione dei nuovi sistemi di impianti irrigui, e con la coltura delle piante fruttifere, quali il pesco e probabilmente l'albicocco, il susino, potranno consentire una migliore destinazione di quelle terre in base proprio alla loro vocazione economica; 3) la zona rappresentata dalla parte alta, montagnosa, asciutta del Gargano e dalle terre collinari e montane del subappennino dauno. La sua vocazione economica sta esclusivamente nell’allevamento del be21 stiame per l'utilizzazione dei pascoli naturali. Ancora oggi visitando tali zone si nota che terre con pendenza eccessiva e quindi non meccanizzabili vengono destinate alla cerealicoltura o al granoturco o a fava. In realtà esse non hanno possibilità di realizzare produzioni competitive. Si rende quindi necessario un ulteriore alleggerimento della pressione demografica, in modo da favorire la formazione di aziende zootecniche. E' altresì necessario realizzare alcune infrastrutture, specie quelle riguardanti le strade di fondo valle che possono collegare gli abitati e le terre migliori con la pianura sottostante. Tale necessità deriva anche dal fatto che molti di coloro che emigrano lasciano nei comuni di origine le famiglie che con forze di lavoro esigue (vecchi, donne e bambini) continuano a reggere l'azienda agricola. Sono infatti sorte aziende integrative in cui il reddito principale è rappresentato dal salario percepito dagli uomini che lavorano nelle industrie del Nord o in Paesi dell'Europa Occidentale. Il collegamento attraverso le strade di fondo valle, per esempio, lungo il Fortore, il Calaggio, il Carapelle e d'altri corsi d'acqua più o meno importanti, potrebbe spingere a trasformare i comuni collinari e montani in zone residenziali da cui potrebbero muoversi le maestranze delle industrie destinate a svilupparsi nel Tavoliere a seguito del probabile reperimento di notevoli risorse metanifere. Alcune terre di questa terza zona potrebbero quindi dar luogo ad aziende integrative, o « part-time », mentre la maggior parte della zona dovrebbe essere indirizzata verso l'allevamento zootecnico, in particolare quello della pecora, giacché i prodotti ovini, specie carni e formaggi, hanno riacquistato notevole pregio sul mercato. La zona garganica si presta anche a un più vasto allevamento dei caprini, che potrebbe essere favorito abolendo una vecchia legge che impedisce il pascolo delle capre nei boschi. Si può constatare che nei boschi, negli olivastreti o cespuglietti la capra non arreca danno alcuno, ma vantaggi. Danno essa arreca in fase di rimboschimento e di sviluppo di boschi tagliati, per cui in questi casi si potrebbe conservare il divieto. 4) la quarta zona comprende aziende a specializzazione orticola, localizzate negli arenili di Margherita di Savoia, ed in varie parti dell'agro di Ortanova, Chieuti, Lucera, Foggia, Trinitapoli, Manfredonia, Lesina, Cagnano Varano, Macchiarotonda, Fonterosa, Mattinata. La superficie orticola va assumendo crescenti dimensioni, come si osserva lungo la strada che da Foggia porta a Lucera, ma, ancor più, lungo la strada che da Trinitapoli, via Mezzanone, porta a Foggia e nella zona orientale del Lago di Lesina ed in agro di Ortanova : oramai diverse migliaia di ettari sono investiti a cavoli, carciofi, finocchi, lattuga, agli, cipolle, indivia, ecc. Trattasi quindi di una situazione econo22 mica in grande slancio. Essa, a parte eventuali fattori depressivi dovuti a qualche gelata o a strozzature di mercato, ha un sicuro avvenire, tenuto conto della riduzione dell'area napoletana destinata all'orticoltura, della tendenza all'espansione dei consumi interni di ortaggi freschi e del possibile incremento della domanda da parte dei mercati dell'Europa centro-settentrionale. Tracciate così molto succintamente, per ognuna delle quattro grandi situazioni economiche, le linee di sviluppo già manifestatesi, possiamo tranquillamente affermare che l'azione pubblica e privata deve essere decisamente ed organicamente indirizzata verso una più diffusa localizzazione di esse secondo la vocazione economica dei singoli ambienti. Nelle quattro zone indicate, lo strumento che può determinare un miglioramento della produttività è indubbiamente costituito dall'acqua di irrigazione. Però, mentre per la prima, quella delle terre da grano, e per la terza, quella delle terre da pascolo, l'irrigazione può avere una funzione complementare, diretta cioè ad integrare le risorse foraggere o a consentire la coltura della barbabietola o del carciofo, per la seconda o la quarta l'irrigazione sostituisce uno strumento fondamentale per favorire il processo di intensificazione. 12. - Di recente si è visto che la produttività di molte terre foggiane può salire rapidamente, può anche raddoppiarsi con l'introduzione dell'acqua destinata alle colture già in atto. E' questo il fatto più importante che si sia spontaneamente manifestato. Si è visto cioè che, se si irriga l'oliveto già esistente con irrigazioni di soccorso, è possibile triplicarne le produzioni; se si irriga un vigneto per uva da tavola con irrigazioni di soccorso in momenti difficili, quel vigneto può produrre 100 quintali di uva in più, abbassando quindi in misura sensibile il costo di produzione. Se si irriga il carciofo nel mese di luglio, è possibile raccogliere i carciofi in ottobre, novembre fino a tutto il periodo invernale realizzando produzioni e prezzi soddisfacenti; se si irrigano certe colture orticole verso la fine dell'estate, è possibile realizzare nell'inverno prodotti di pregio per i mercati dell'Europa centrale e dei Nord d'Italia. Si può quindi riaffermare che lo strumento capace di elevare la produttività delle terre nelle aziende agricole è essenzialmente l'acqua di irrigazione. Vale perciò la pena di soffermarsi un po' sull'argomento. Nel passato tutta la programmazione riguardante la bonifica e la irrigazione dell'italia meridionale fu informata ai criteri seguiti nello sviluppo dell'irrigazione della Valle Padana. Si disse che nel Sud bisognava utilizzare l'acqua nella coltura delle 23 foraggere per sviluppare gli allevamenti di bestiame ed ottenere anche la produzione di letame e la reintegrazione della fertilità dei suoli. Furono così previsti grandi impianti di irrigazione per le terre seminatorie, per le terre cioè molte volte compatte delle pianure litoranee, scartando di proposito quelle zone arboricole che potevano rientrare anche in comprensori irrigui, perché si riteneva inutile e talvolta dannoso destinare l'acqua alle colture arboree. Si è verificato però che in molte terre destinate all'irrigazione, la coltura cerealicola, che sembrava destinata a scomparire, va acquistando una crescente posizione di favore. Essa infatti consente la meccanizzazione integrale e la riduzione di oltre il 60% della mano d'opera, anzi fino al 70% attraverso l'uso delle trattrici per la semina, per la sarchiatura, per la eliminazione delle cattive erbe, della mietitrebbia. Si sono quindi cambiati i termini del problema e il giudizio di convenienza economica nella trasformazione irrigua di terre da grano con colture foraggere. Nello stesso tempo si è visto che la stessa quantità di acqua se anzicché alle foraggere, viene fornita all'ulivo acquista un prezzo di trasformazione da giustificare il suo reperimento in condizioni ritenute antieconomiche per la coltura delle foraggere. Nuove prospettive di valorizzazione produttiva delle terre sono quindi aperte dalla tecnica moderna e dall'irrigazione. Poiché oramai dalle esperienze fin qui fatte risulta evidente che le colture arboree in Puglia elevano di più il prezzo di trasformazione dell'acqua - come ha avuto modo di rilevare in altre occasioni - è possibile porci il problema di estendere notevolmente l'irrigazione in Terra di Capitanata. Dove reperire l'acqua? Vi sono risorse nel sottosuolo? Per queste però è bene dire subito che non si può andare oltre certi limiti, avendo già messo in azione un numero notevolissimo di pozzi i quali attingono acqua dalla falda sotterranea e possono anche col tempo rischiare di depauperarla fino al punto di doverne sospendere l'utilizzazione. La Capitanata può considerarsi in posizione privilegiata quanto a risorse idriche. Entro un anno o poco più saranno invasati 300 milioni di mc. nella Diga di Occhito; altri invasi possono essere costruiti sull'Ofanto a valle di Occhito, sul Cervaro e sul Carapelle. Notevoli quantitativi di risorse idriche di non difficile acquisizione potrebbero quindi essere destinate all'irrigazione, dopo aver soddisfatto le esigenze dell'industria e degli usi civili. E' tuttavia necessario prepararsi ad affrontare in termini globali il problema dell'utilizzazione delle acque in maniera che, man mano che esse sono disponibili, possano essere razionalmente utilizzate anzicché essere per molti anni costretti a confluirle in 24 SUL TAVOLIERE DI PUGLIA Ieri: distribuzione governativa del chinino in una masseria della zona malarica ( Fotografia inedita di Nicola Scardino, g.c. dell’Archivio Simone) SUL TAVOLIERE DI PUGLIA Oggi: speranze di un avvenire sereno nel comprensorio della riforma fondiaria ( Fotografia, g.c. dell’Ente di Riforma Fondiaria) SUL TAVOLIERE DI PUGLIA Macchine nuove per un’agricoltura moderna ( Fotografia di Leone, g.c. dall’E. A. « Fiera di Foggia » ) SUL TAVOLIERE DI PUGLIA Una fattoria modello, presupposto di migliori prodotti ( Fotografia di Leone, g.c. dall’E.A. « Fiera di Foggia » ) gran parte al mare, così come purtroppo si fa per alcuni invasi meridionali. Lavoro agricolo e istruzione professionale. 13. - Altra fondamentale linea di sviluppo agricolo è costituita dal miglioramento della produttività del lavoro. Ciò va conseguito anzitutto con un più equilibrato rapporto tra terra e uomo e fra capitali ed unità lavorative. L'impresa agricola non può oggi esercitarsi con il semplice possesso della terra nuda; occorrono adeguati investimenti fondiario-agrari, aziendali ed extraziendali, nonché capitali di esercizio. Naturalmente, il rapporto fra capitali e unità lavorative assume dimensioni e termini diversi in relazione al possibile processo di intensività o di estensività degli ordinamenti produttivi. Peraltro il lavoratore non deve essere più fornitore di forza bruta, di forza fisica, soltanto, ma deve essere invece prestatore di un lavoro intelligente e specializzato che riduce sensibilmente le forze materiali e sviluppa quelle organizzative. Come in tempi lontani chi, anziché limitarsi a fare lo zappatore, era capace di potare gli alberi, o di azionare un qualsiasi congegno, o di selezionare o di innestare le piante, conseguiva un salario ed un reddito di lavoro notevolmente superiore, così oggi chi, anziché guidare un cavallo, guida un trattore può venirsi a trovare nella condizione di avere un compenso più adeguato. Perciò si pone per coloro che devono restare in agricoltura l'esigenza di un miglioramento sensibile e diffuso dell'istruzione di base e dell'istruzione professionale. La guida del trattore, ad esempio, dovrebbe essere una conquista di larghi strati di lavoratori da realizzarsi con corsi di massa in modo che, come nel passato i ragazzi imparavano a guidare i carretti tirati dai buoi o dai cavalli o dal mulo, oggi siano posti in grado di guidare un trattore. Ma, oltre alla guida della trattrice, è necessario conseguire una maggiore specializzazione nelle varie operazioni agricole. Sarà così possibile anche il ricorso a mezzi meccanici per i trattamenti anticrittogamici e fare uso razionale dei diserbanti. E' superfluo rilevare il danno che può produrre un trattamento sbagliato. Bisogna che il lavoratore abbia cognizioni adeguate e competenza. Ecco quindi la necessità di una più larga diffusione dell'istruzione professionale, post-elementare, post-scuola media. In provincia di Foggia non mancano buone iniziative al riguardo. I problemi della scuola a tutti i livelli meritano dunque di essere 25 affrontati su scala più vasta e con programmi rispondenti alle prospettive che lo sviluppo economico offre all'occupazione. 14. - Ma la realtà agricola della Capitanata, accanto agli aspetti positivi, presenta non pochi aspetti negativi, cui in parte si è già accennato in precedenza. Questi ultimi attengono soprattutto al suo aspetto strutturale e ai persistenti irregolari rapporti tra impresa e mano d'opera. Gli aspetti negativi derivano da un insufficiente sviluppo economico generale della provincia, che, globalmente considerata, nonostante gli innegabili progressi di questo ultimo decennio o dodicennio, permane un'area sottosviluppata. Grave risulta ancora lo squilibrio di rapporto fra agricoltura ed industria, come è facile rilevare dagli ultimi dati pubblicati dal Tagliacarne sull'alta percentuale del reddito agricolo sul reddito globale della provincia. Nel settore delle strutture fondiarie, il principale aspetto negativo è costituito dal grave e crescente fenomeno di polverizzazione e frammentazione delle aziende e delle proprietà, che contraddistingue tutte le zone agricole, anche se la sua intensità e gravità si distribuiscono in misura varia. Ai fini della localizzazione del fenomeno, non disponendo di indagini recenti, può ritenersi sostanzialmente valida la distribuzione del numero delle proprietà per classi di superficie risultante dall'indagine INEA 1947, giacché il fenomeno sembra non abbia subito considerevoli correzioni in questi anni ed anzi sembra essersi aggravato. Tale problema che negli anni passati non è stato possibile affrontare ed avviare a soluzione, a causa della forte pressione demografica e della fame di terra, oggi deve essere affrontato e può essere gradualmente avviato a soluzione, data la progressiva rarefazione della mano d'opera agricola. Le misure legislative e gli strumenti operativi vanno attentamente, ma rapidamente studiati ed organizzati. Un fatto deve essere comunque chiaro: che un processo di riordino fondiario va orientato ed organizzato, poiché il suo svolgimento naturale, oltre a trascinare il problema per lunghi anni rischia di produrre risultati parziali e spesso, dal punto di vista tecnico, economico e sociale, di scarsa efficacia. In provincia di Foggia le zone a più diffusa polverizzazione sembrerebbero quelle arboricole e quelle orticole e si potrebbe essere tentati di andare a ricomporre gli orti di Margherita di Savoia od i vigneti intorno a S. Severo. La polverizzazione che deve invece preoccupare è quella della zona collinare montana. Infatti, mentre le piccole aziende e le piccole proprietà delle zone orticole e viticole non consen26 tendo la meccanizzazione, non risentono molto dell'ampiezza del fondo, nelle zone collinari da estensivare ha molto peso sulla produttività l'ampiezza della terra disponibile perché da essa sono condizionati il numero di capi di bestiame allevabile e l'impiego delle macchine. Per una maggiore efficienza delle imprese. 15. - Nel quadro della ristrutturazione agricola, assumono anche rilievo misure organiche e coordinate atte a determinare lo sviluppo dei tipi di impresa ritenuti più efficienti. Può a tal fine essere utile ricordare che sono sparite o tendono a sparire le conduzioni unite della terra. Anche gli allevamenti collettivi organizzati dalla Riforma Fondiaria alla « Moschella » in agro di Cerignola o per l'utilizzazione dei pascoli del Gargano non hanno avuto successo. Ad essi si sono dovuti sostituire quelli individuali con risultati migliori. Il motivo dell'insuccesso delle conduzioni unite (che pure furono numerose in Terra di Capitanata) va indubbiamente ricercato nella mancanza di senso di responsabilità e di stimolo da parte del lavoratore il quale non proprietario della terra, ma semplice prestatore d'opera, non si sentiva vivamente impegnato nel processo produttivo. A sottolineare l'importanza della responsabilità individuale nell'esercizio dell'impresa agricola, concorrono le ultime vicende di grandissime aziende finanziate dal capitale e organizzate da uomini provenienti dalle regioni settentrionali del nostro Paese. La SEBI, ad esempio, è in vendita; l'unica soluzione è di cederla in proprietà ai mezzadri che in gran parte la coltivano e l'hanno resa, con l'assistenza del capitale, altamente produttiva. « Terra Apulia » non dice più nulla all'agricoltura di Capitanata; Palazzo d'Ascoli è tramontata e vorrei che ciò si fosse verificato solo per il fatto che al tramonto si avvia anche chi con tanto entusiasmo la organizzò nei primi anni del dopo-guerra. Sono invece convinto che il tramonto è da attribuirsi al fatto che in questa azienda, come in quelle a conduzione unita, coloro che prestavano il loro lavoro tecnico ed esecutivo si sentivano estranei alla proprietà della terra ed ai risultati dell'impresa. Va quindi sottolineato che una tendenza fondamentale, non solo della nostra agricoltura, è quella di unificare nella persona del lavoratore la proprietà e l'impresa. Ecco perché sono destinate a progressivo tramonto molte forme di conduzione che in altri tempi ebbero modo di affermarsi, così come non rispondono alle attuali esigenze delle campagne e alle profonde aspirazioni dei lavoratori agricoli, vecchie forme 27 contrattuali e sistemi di organizzazione aziendale sperimentati in alcuni Paesi. Significativi sono infatti i recenti discorsi di Kruscev sulia situazione agricola del suo Paese dopo aver constatato per decenni che la conduzione unita della terra non consente di raggiungere gli obiettivi dei piani quinquennali o decennali. Perciò i tipi fondamentali di impresa destinati ad affermarsi anche nell'agricoltura di Capitanata sono rappresentati dall'impresa contadina a carattere familiare, vitale e di dimensioni economiche, e dalla media impresa capitalistica, gestita da operatori quotidianamente impegnati nell'esercizio agricolo e rispettosi delle esigenze nuove del lavoro. 16. - E' comune e diffusa opinione che oggi in Capitanata come in Italia, per poter produrre a prezzi concorrenziali sul mercato nazionale ed estero, bisogna favorire la formazione di grandi e medie aziende, perché ritenute le sole capaci di produrre a costi più bassi rispetto alle aziende familiari, giacché per le prime è agevole il pieno impiego delle macchine. Da uno sguardo retrospettivo al processo di sviluppo dei tipi di impresa nell'agricoltura italiana, si rileva che fino a qualche anno addietro, tranne nelle zone di riforma, l'impresa contadina si affermava là dove si dovevano praticare colture richiedenti forte impiego di mano d'opera. Laddove invece più ridotta era la mano d'opera cointeressata, si riteneva più idonea l'impresa capitalistica. Aggiungo che, ovunque la terra era povera e non presentava prospettive di miglioramento della produttività, si è maggiormente concentrata ed affermata l'impresa contadina; dove la terra era ricca ha resistito l'impresa capitalistica. L'affermazione dell'impresa contadina è stata quindi favorita dal bisogno di mano d'opera. Tutta la regione pugliese, nelle zone povere, era ad impresa contadina, od in affitto o a mezzadria o piccole proprietà, ma sempre impresa contadina. L’impianto di gran parte degli oliveti ha avuto origine da vecchi contratti di colonia miglioritaria, in virtù dei quali il contadino profondeva risparmi e sudori per tutta la sua vita per lasciare poi l'oliveto al proprietario. Sono sorti in questo modo migliaia e migliaia di ettari di oliveto. Anche in zone dove si coltivava, per esempio, la fava da seme come miglioratrice del grano, si concedeva la fava a compartecipazione, mentre il grano era di pertinenza dell'impresa capitalistica. Né si può affermare che queste situazioni siano del tutto scomparse, riscontrandosi zone in cui il contadino coltiva i piselli in compartecipazione sotto l'oliveto ed il proprietario si riserva la raccolta delle olive. Una manifestazione della tendenza ad affidare all'impresa conta28 dina le colture che richiedevano molta mano d'opera, o la terra più povera, è data dal regime fondiario a tutti noto. Nei Paesi poveri di montagna, la proprietà presenta un elevato grado di frazionamento, mentre a valle è più accentrata. Quivi la grande proprietà si è sostenuta perché, attraverso la capitalizzazione del lavoro, l'introduzione di colture pregiate e di colture nuove, poteva dar luogo a fenomeni di suscettività, era capace cioè di assicurare al capitale investito un reddito certamente crescente. L'aspirazione al possesso della terra non era un fatto psicologico, come alcuni credono, ma un elemento di sicurezza o di previdenza, in un tempo in cui non erano stati istituiti assegni familiari, carente o inesistente era in Italia qualsiasi forma di previdenza ed assistenza sociale, per cui un evento dannoso, come un sinistro o una malattia, poteva essere causa della miseria più nera in una famiglia, spesso costretta a privarsi di ogni bene per fronteggiarlo. Guardando al tipo di proprietà e di impresa contadina sviluppatesi in condizioni difficili, molti concludono a favore dell'organizzazione dell'impresa capitalistica, delle grandi aziende cioè nelle quali, attraverso il razionale impiego dei fattori della produzione, con un direttore tecnico ad alto livello, con parco macchine adeguato, seguendo le norme tecniche più moderne, remunerando bene la mano d'opera specializzata, si possa produrre a costi competitivi. E' questo l'orientamento di buona parte della nostra letteratura di questi ultimi tempi, di molta stampa agricola ufficiosa ed ufficiale. Forse tale orientamento non è estraneo ad una certa influenza sull'atteggiamento della Cassa per il Mezzogiorno, la quale ha finanziato la trasformazione fondiaria di una grande azienda agraria di un proprietario che vive a Milano, e quella di una grande azienda del Tavoliere di proprietà di un industriale, con la convinzione che l'impresa capitalistica sia l'azienda dell'avvenire. Ma, da un esame della realtà concreta, in particolare di quella delle zone irrigue, su terre che possono dar vita ad ordinamenti produttivi che richiedono molta mano d'opera anche specializzata, non è difficile pervenire a conclusioni diverse. Non sono poche le grandi proprietà che in siffatti ambienti non si muovono neanche sotto la spinta dell'irrigazione, universalmente riconosciuta come elemento propulsore del rinnovamento agricolo. Lungo le strade dei Tara e dei Rendina, si notano da una parte proprietà contadine che utilizzano l'acqua, dall'altra invece, dove esistono alcune grandi proprietà, finora non è stata richiesta l'acqua. Tuttavia alcuni affermano che in qualche grande azienda irrigua il livello di produttività sia più elevato di quello raggiunto da 29 aziende contadine di limitata estensione. Ma un esame più ponderato porta a convincersi che l'azienda contadina produce a costi più bassi dell'azienda capitalistica. Anche nelle zone del Fortore, dove esiste la proprietà contadina, si nota una maggiore utilizzazione dell'acqua da pozzi, riscontrandosi ovunque poderi con delle macchie verdi, mentre nella grande proprietà persiste la coltura granaria unitamente a qualche ettaro di vigneto a tendone. Analoghi fenomeni si riscontrano in ambienti ad irrigazione casistica, da pozzi. A convincersi di ciò, più di ogni discussione, varrà la constatazione delle realtà irrigue del Sud. Macchine e uomini. 17. - Preme ora osservare che non è neppure esatta l'opinione secondo cui nell'impresa contadina non è possibile l'impiego della macchina. Vediamo il caso della cerealicoltura specializzata. Anch'io, fino all'anno scorso, ho sostenuto che essa fosse dominio esclusivo dell'azienda capitalistica. Tre anni fa, in un Convegno qui a Foggia, suscitando non poche perplessità fra i presenti, affermai che gli agricoltori deil foggiano non avrebbero mai irrigato le terre se avessero dovuto destinare l'acqua alle foraggiere. A distanza di tempo essi non possono non darmi ragione. In quella occasione sostenni anche che un'azienda cerealicola di 100-200 ettari in Sicilia, come in Calabria o in Puglia e anche in Valle Padana, avrebbe potuto realizzare redditi più elevati impiegando la macchina. Ciò resta valido. Ma anche nel settore della cerealicoltura si stanno manifestando fatti nuovi ed importanti. E' infatti possibile noleggiare macchine operatrici ad un prezzo non superiore al costo di esercizio delle stesse macchine che si realizza nell'impresa capitalistica. Inoltre si sta avviando un movimento cooperativistico che proprio attraverso la mietitrebbia e la trattrice pesante sta avendo una affermazione superiore ad ogni previsione, rendendo conveniente la gestione delle macchine. Così nel settore della cerealicoltura, l'impresa contadina è messa in condizione, se non di vantaggio, almeno di parità nei confronti dell'impresa capitalistica. Nel settore poi degli allevamenti di pecore, l'organizzazione di una grande azienda incontra difficoltà nel reperimento dei pastori. I lavoratori si dichiarano disposti anche ad una maggiore fatica, come la zappa, piuttosto che alla custodia del bestiame. L'avversione è spiegabile ove si pensi ai sacrifici che comporta la vita del pastore. Ancora 30 oggi si incontrano pastori che restano sui pascoli 14-15 giorni, per recarsi il 16° giorno in famiglia. Non è raro vedere ovili dotati di un unico vano nel quale si preparano latticini e nello stesso vano in un angolo vi è il letto per il pastore. Ma per quanto ancora si potrà protrarre questa condizione di inferiorità in una società in continuo sviluppo con la crescente diffusione della radio, dei cinema della televisione ed in genere di tutti i conforti? Se oggi a stento si adattano gli anziani e gli analfabeti, con la fuga dei giovani verranno a ridursi sempre di più le forze di lavoro in questo settore. Come si può quindi pensare ad organizzare una impresa capitalistica con grande allevamenti ovini? Se i pastori avranno la proprietà della terra e del gregge ed una abitazione munita di un minimo di comodità, è possibile che ancora per una o due generazioni resteranno pastori conduttori diretti, capaci di mantenere dei greggi numerosi ed utilizzare i pascoli delle zone povere. E' quindi, quello della pastorizia, un altro settore dove l'azienda famigliare trova la sua migliore affermazione. Ciò è confermato anche dai risultati dei bilanci dei poderi di riforma dell'estensione di 70-80 ettari con greggi di 100 capi affidati a contadini di Altamura che vantano un'antica tradizione di allevamento di pecore. Rimane peraltro da considerare il lavoro che, nell'impiego a costi ottimali di tutti i fattori della produzione, costituiva un elemento elastico del costo. Se per l'uva, per il tabacco o per il grano si ricavano un prezzo inferiore al costo o un utile poco remunerativo, si riversava sul lavoro l'alea della produzione, come in genere tutto il peso della cattiva annata. Non essendo ciò oggi possibile, poiché il lavoro è divenuto un elemento rigido del costo di produzione, se si vuole conseguire un'adeguata produttività bisogna cointeressare il lavoro. E' fuori dubbio che nel vigneto un potatore cointeressato presta la sua opera con diligenza maggiore di quella del potatore a salario. Altrettanto può dirsi per altre operazioni, come la lotta contro i parassiti, l'assistenza al bestiame, ecc. Tutte queste considerazioni si confermano nell'opinione che l'azienda contadina a carattere famigliare abbia un avvenire sicuro, giacché si manifesta la più idonea a produrre a costi competitivi. Trattasi naturalmente di organizzarla su basi sviluppando anche in agricoltura un processo di industrializzazione inteso come aumento della quantità di capitali intorno alle singole unità di lavoro. Oltre all'impresa contadina, ha ed avrà vitalità l'impresa media capitalistica la quale ha possibilità di raggiungere il duplice scopo di 31 assicurare ai lavoratori soddisfacenti condizioni civili e di reddito e buoni redditi ai proprietari di terre e di capitali. Anche gli altri due tipi di impresa, cioè quella dilettantistica e quella integrativa, hanno possibilità di conservare la loro vitalità e di realizzare un certo sviluppo. Può destare qualche riserva e qualche commento il fatto che molti poderi dell'O.N.C. non siano diventati proprietà di mezzadri ma di elementi borghesi. Però, l'apporto di risparmi e di entusiasmo da parte di tali gruppi extragicoli può comunque essere considerato un fatto positivo nella fase di sviluppo dell'agricoltura. Ciò tuttavia non deve essere sopravvalutato fino al punto di indurre gli organi dello Stato a concedere contributi di qualsiasi genere. Questa mia affermazione può non incontrare il consenso di molti che sostengono la necessità di premiare coloro che intervengono con nuovi mezzi e nuove iniziative nel l'agricoltura, da qualsiasi ambiente essi provengano. Questa opinione poteva avere una certa validità in altri tempi quando diversa era la posizione del lavoro. Ma, oggi, con le nuove esigenze di redditività del lavoro e del capitale agricolo l'attività imprenditiva di figure extragricole può costituire motivo di turbamento dell'andamento economico generale dell'agricoltura. Queste figure economiche non sono infatti costrette ad organizzare l'impresa agricola sulla base dell'equilibrio fra costi e ricavi, come deve fare chi vive esclusivamente di agricoltura. Manca in esse l'interesse e lo stimolo alla competitività. Perciò, ben vengano in agricoltura uomini di ogni ceto, ma operino con i propri mezzi. I mezzi finanziari della collettività siano invece destinati esclusivamente alle imprese contadine che devono costituire il tessuto connettivo, le strutture portanti dell'agricoltura italiana. Particolare considerazione meritano anche le aziende integrative o part-time, la cui importanza è destinata a crescere, specie se il processo di industrializzazione del Mezzogiorno investirà adeguatamente anche la provincia di Foggia. Poter evitare il sorgere di agglomerati umani intorno ai nuovi centri industriali consentendo condizioni civili di vita in campagna a popolazioni di cui parte dei componenti attivi possano essere impiegati nelle industrie, sarebbe un fatto altamente positivo dal punto di vista sociale ed economico. Si eviterebbero così il completo spopolamento di certe contrade e gli inconvenienti gravi degli accentramenti di popolazione; si avrebbe peraltro il vantaggio di vedere destinate all'agricoltura forze altrimenti inutilizzate nei centri urbani. Tra i problemi principali di tali tipi di imprese, oltre alle abitazioni ed alle infrastrutture, vanno considerati quelli relativi alla raccolta, al collocamento, e all'utilizzazione delle produzioni. 32 Un più largo e razionale impiego dei mezzi tecnici. 18. - Ma la produttività dell'azienda può essere elevata anche con un più largo e razionale impiego di mezzi tecnici. Non ripeterà qui quanto è già noto sull'importanza delle concimazioni, della lotta antiparassitaria, dell'impiego delle sementi elette, ecc.. Ribadisco solo la necessità di una sempre più capillare assistenza tecnica. E' opportuna invece qualche considerazione sulla meccanizzazione. Le operazioni meccaniche che sembravano limitate a determinate colture oggi hanno possibilità di più ampie applicazioni. Gli stessi vigneti a tendone - come è stato rilevato in precedenza - possono abbassare del 50% le spese di lavorazione ed eliminare il 50% della mano d'opera con l'introduzione dei mezzi motorizzati. Anche per l'ulivo, oltre all'aratura, non si tarderà a disporre di mezzi meccanici per la raccolta. Ma la meccanizzazione non va intesa semplicemente come acquisto di trattrici e di macchine operatrici, ma anche nel settore dell'irrigazione (come l'acquisto di motopompe) nonché come realizzazione di impianti per aspersione che possono addirittura ridurre al minimo la mano d'opera per ettaro di coltura. Come è stato rilevato in precedenza, nel periodo 1952-62 si è realizzato un considerevole incremento di macchine. Tenuto conto dell'incremento dei cavalli vapore derivante dall'aumentato numero dei trattori e dall'incremento dei cavalli vapore riferiti ad altre macchine che sono mietitrebbie, motozappe, motocoltivatori, ecc. si rileva che l'aumento complessivo di cavalli vapore nel periodo 1952-62, che è andato a sostituire l'energia animale ed umana, è di CV. 767.821. Supponendo che ogni macchina lavori circa 500 ore effettive all'anno in agricoltura, si rileva che nell'anno si hanno CVh. 83.910.000 circa. Ritenendo ancora che di questi CVh due terzi hanno sostituito lavoro animale ed un terzo lavoro umano, poiché il prof. Candura ritiene che un'ora di lavoro umano equivalga a 5/72 di CVh di macchina, si deduce che le macchine hanno sostituito 194 milioni di ore di operaio e 24.250.000 di giornate lavorative. Nell'ipotesi che un operaio agricolo lavori 250 giornate all'anno, si può calcolare che l'incremento delle macchine ha sostituito il lavoro di 970.000 unità emigrate. Ma è possibile un'altra considerazione: il prof. Candura ha valutato anche il costo dell'unità del CVh fornito dall'uomo in L. 4320, dagli animali in L. 500 e dalle macchine in L. 120. Moltiplicando i cavalli vapore ora forniti dall'uomo ed i cavalli vapore ora forniti dalle macchine 33 che hanno sostituito il lavoro umano, per i prezzi unitari fissati dal prof. Candura, è possibile affermare che con l'introduzione delle macchine si è realizzata una riduzione notevole dei costi di diverse decine di miliardi. Elevare la redditività. 19. - Ma oramai si riconosce da tutti che non basta produrre bene, occorre anche saper acquistare e vendere bene. Con la produttività occorre elevare anche la redditività. L'agricoltura subisce da una parte i costi dei servizi e dei beni strumentali e dall'altra i prezzi dei suoi prodotti nella misura imposta dalle categorie industriali e commerciali. Analoga imposizione subiscono i consumatori dei prodotti agricoli alimentari, i quali pagano tutto l'anno o per tutto il periodo stagionale le uve o i mandarini o le arance allo stesso prezzo, mentre il prezzo dell'uva scende più o meno settimana per settimana o mese per mese, il prezzo degli agrumi subisce oscillazioni continue a seconda di determinati elementi che subentrano nei rapporti tra produttore e commerciante, tra produttore ed industriale trasformatore del prodotto. Questo ci conferma che non sempre il costo di produzione può essere l'elemento su cui agire per rendere conveniente una certa attività agricola. Alle volte il gioco del mercato e specialmente delle figure economiche intermediarie tra produttori e consumatori è tale da attribuire alla produzione un prezzo inferiore al costo minimo. I consumatori invece pagano un prezzo di gran lunga superiore. Recente è il caso delle patate che a Roma costavano ancora 70-80-100 lire, mentre nella zona di Margherita, ad esempio, alla produzione si volevano pagare 5-6-7 lire al chilo, al di sotto cioè della sola spesa per la raccolta. Quelle patate, raccolte e messe invece in frigorifero locale ed immesse gradualmente sul mercato, avrebbero potuto essere forse tranquillamente assorbite ad un prezzo leggermente superiore al costo di produzione. E' quindi evidente che, in presenza di queste strozzature di mercato, un modo efficace per poter mantenere il costo leggermente al di sotto del prezzo è quello di una attiva influenza dei produttori nel processo di formazione del prezzo. Non si può prescindere assolutamente dalla necessità di organizzare da parte dei produttori una difesa dei prezzi. La evoluzione della nostra economia ha determinato una progressiva riduzione dell'area di influenza dei produttori agricoli nella determinazione dei prezzi. Gli agricoltori sono diventati i produttori di materia grezza e l'economia 34 delle regioni agricole è sempre più diventata economia a carattere colonialistico, cioè un'economia di produttori ai quali si chiede la materia prima che altri operatori economici trasformano e distribuiscono ai consumatori attraverso organizzazioni imprenditoriali completamente staccate dall'agricoltura. Per poter assicurare ai redditi agricoli un più elevato incremento, occorre che gli agricoltori partecipino alla fase di formazione dei prezzi dei propri prodotti e non subiscano i prezzi dell'esterno. Tutti abbiamo quotidiana esperienza del forte divario esistente tra prezzi alla produzione e prezzi al consumo. Nel suo passaggio dalla azienda al mercato di consumo, il prezzo del prodotto agricolo, allo stato naturale o trasformato, subisce un incremento del 50-100-200 e più per cento rispetto al prezzo pagato al produttore. Ma tale incremento concorre a remunerare adeguatamente tutte le figure economiche che hanno partecipato al processo trasformativo e distributivo, ad eccezione del produttore agricolo che fornisce la materia prima. Con ciò non si vuole sostenere la necessità di riportare all'imprenditore agricolo il valore finale del prodotto, ma di consentirgli almeno i redditi che si sono assicurati le altre categorie, cioè fare in modo che la categoria agricola che ha prodotta la materia prima ricavi la stessa remunerazione ottenuta da tutte le altre figure economiche ed equilibrare così i redditi di distribuzione. Mi sia consentito dire, anche se la parola può suonare male alle orecchie di qualcuno o dispiacere, che dobbiamo arrivare anche noi a un monopolio dei produttori agricoli. Larga parte della economia italiana è organizzata in imprese che sono in grado di fissare a priori il prezzo di vendita dei loro prodotti. Perché soltanto gli agricoltori devono rimanere in una posizione di inferiorità? E' invece possibile organizzarsi per assicurare ai prodotti agricoli prezzi più remunerativi, considerando anche il fatto che la percentuale delle spese per l'alimentazione, rispetto al reddito delle famiglie, va diminuendo. Qualcuno obietterà che l'organizzazione dei produttori è difficile ad attuarsi, perché essi non sono ancora maturi. E' ovvio che ciò non può realizzarsi da un giorno all'altro; ma questa è la via da battere. Nel frattempo lo Stato dovrebbe svolgere una certa azione di sostegno e difesa dei prezzi in modo tale da non fare subire tracolli eccessivi e danni notevoli a coloro che si dedicano all'attività agricola così come sta facendo, sostenendo in sede di M.E.C. alcuni prezzi per i prodotti italiani tipici. Resta comunque imperiosa la necessità di organizzare i produttori 35 di uva in cantine cooperative, i produttori di olio in oleifici cooperativi, i produttori di latte in caseifici cooperativi. Occorre anche costruire centrali ortofrutticole ed una adeguata catena del freddo. Va quindi studiato e realizzato un programma di sviluppo cooperativo nei suoi diversi e necessari gradi e di dimensioni capaci di consentire ai produttori una disponibilità di prodotti tale da regolare opportunamente l'offerta e concorrere efficacemente alla formazione dei prezzi. Ciò implica naturalmente anche un programma di capitali di investimento e di credito che il settore agricolo non può affrontare e risolvere senza la concreta, larga solidarietà dello Stato. Anzi nelle zone particolarmente depresse, gli impianti di lavorazione e trasformazione dei prodotti vanno realizzati ad iniziativa ed a spesa dello Stato, provvedendo successivamente al loro trasferimento in proprietà delle cooperative. Nel settore della cooperazione l’Ente Riforma ha promosso ed assistito n. 49 cooperative a scopo plurimo e dei servizi collettivi, alle quali hanno aderito n. 6.812 coltivatori diretti di cui 380 non assegnatari. Di esse 22 sono meccanizzate con un parco macchine che comprende anche 71 trattori e 12 mietitrebbie. Nella scorsa annata le suddette cooperative hanno fornito ai soci sementi, concimi ed anticrittogamici per un valore complessivo di circa 210 milioni ed hanno collocato prodotti dei soci per un valore di 430 milioni circa. Inoltre lo stesso Ente ha promosso ed assistito n. 6 cantine cooperative con 2.777 soci, n. 5 oleifici cooperativi con 525 soci. Nel 1963 sono stati lavorati 133 mila q.li di uva e circa 13 mila q.li di olive. Presso l'oleificio di Cerignola sono stati lavorati 5.500 quintali di olive da mensa. Inoltre le cooperative dei servizi collettivi hanno svolto operazioni di credito di esercizio per un totale di 4 miliardi e 58 milioni. Programmazione. 20. - Le linee di sviluppo agricolo in precedenza indicate ed in particolare i problemi di ordine strutturale, le cui soluzioni si rendono indispensabili per la creazione di un nuovo equilibrio economico e sociale nelle campagne, non possono realizzarsi per moto spontaneo o con un processo automatico, ma hanno bisogno di essere inquadrati in un programma organico capace di adeguare gli obiettivi di una politica di sviluppo stabiliti a livello nazionale alle diverse realtà locali. Ciò non significa introduzione nelle campagne dei sistemi collettivistici e dirigistici, mortificatori della libertà e responsabilità delle imprese agricole. 36 Trattasi invece di una serie di misure coordinate dirette a rimuovere ostacoli e a creare condizioni di piena affermazione dello spirito imprenditoriale di tutti i ceti agricoli ed in particolare di quelli che attualmente rivelano maggiore debolezza. Una volta create strutture aziendali idonee a tutte le economie esterne, la programmazione può arrestarsi ai limiti dell'azienda, mentre forme associative di imprenditori agricoli potrebbero costituire strumenti per un coordinamento delle scelte produttive onde impedire un disordinato sviluppo di produzioni e soprattutto di varietà che non rispondono alle esigenze dei mercato. Il discorso sulla necessità o sulle modalità della programmazione meriterebbe un ampio sviluppo, in riferimento anche ai livelli e agli organi che si ritengono qualificati per una formulazione e la sua attuazione. Basti qui accennare all'opportunità che gli organi locali, e in particolare la Provincia, partecipino alla fase preparatoria del programma, predisponendo tutti gli elementi conoscitivi necessari a meglio individuare le risorse e a fornire un quadro aggiornato delle realtà economiche e sociali. Questi elementi potranno indubbiamente giovare alla fissazione degli obiettivi e delle linee della politica di sviluppo. Nel quadro della programmazione globale nazionale può inserirsi un piano di sviluppo agricolo per la Provincia di Foggia, alla elaborazione ed esecuzione del quale, con il competente controllo del Ministero dell'Agricoltura e Foreste e quindi dell'ispettorato Compartimentale e Provinciale, possano dare il loro contributo il Consorzio di Bonifica e l'Ente di Sviluppo. In particolare i compiti del Consorzio di Bonifica dovrebbero essere quelli di : 1 ) rivedere il piano generale alla luce delle nuove esigenze economiche sociali ; 2) impostare su nuove basi l'approvvigionamento idrico prevedendo l'invaso di tutte le acque che vanno attualmente perdute; 3) approntare un primo piano di viabilità tenendo conto della necessità di aprire le strade di fondo valle; 4) programmare una capillare rete di distribuzione di acqua potabile nelle campagne; 5) completare la rete dell'energia elettrica completare i borghi di servizio. L'Ente di Sviluppo dovrebbe: 1) curare il passaggio agevolato della proprietà di quelli che emigrano, e di chi, dedito ad altre attività, considera la terra solo come una fonte di rendita fondiaria, trasferendola nelle mani di quelli che effettivamente la lavorano. Verrà così effettuata una necessaria opera di ricomposizione fondiaria; 2) favorire la formazione di cooperative necessarie per ridurre i costi di produzione (cooperative di servizio per mietitrebbie, per macchine di ogni genere, anti parassitarie, consorzi antigrandine e cooperative creditizie, 37 ecc.), per migliorare la qualità dei prodotti e la loro tipizzazione (cantine sociali, oleifici sociali, conservifici sociali, caseifici sociali, zuccherifici sociali) e per aumentare la competitività commerciale dell'agricoltura (centrali frigorifere e di mercato, ecc.); 3 ) attuare una assistenza tecnica capillare a tutte le aziende nella fase di rinnovamento delle strutture aziendali ed in quella dell'esercizio; 4) organizzare un moderno sistema di esercizio dei credito agrario alle singole aziende ed assistere finanziariamente le organizzazioni cooperative, per consentire ai produttori capacità di resistenza ad eventuali azioni di speculazione e superare i momenti di depressione dei prezzi dei prodotti agricoli; 5) collaborare con istituti già esistenti per favorire le ricerche di mercato e la sperimentazione necessarie per localizzare sempre meglio le colture ed individuare le varietà più idonee a soddisfare le richieste dei mercato stesso, provvedendo ad una vasta azione di informazione fra gli imprenditori agricoli; 6) individuare con la massima aderenza alla realtà le linee naturali secondo le quali si svolge l'esodo rurale ed intervenire per favorire il trasferimento di aliquote di addetti all'agricoltura dalle zone da estensivare verso le zone da intensivare o verso i poli di sviluppo industriale, cercando di creare i presupposti atti a rendere il più agevole possibile il trasferimento delle famiglie ed il loro adattamento nei nuovi ambienti di lavoro. Conclusioni. 21. - Il quadro sommario della realtà e delle prospettive di sviluppo dell'agricoltura di Capitanata che ho tentato di abbozzare con riferimento agli aspetti positivi e negativi, alle innegabili luci ed alle persistenti ombre, va ora completato con un duplice ordine di particolari rilievi che scaturiscono dal l'osservazione attenta dei fenomeni economici e sociali in atto non solo nella provincia dauna. Il primo attiene al fatto che una soluzione integrale ed organica dei problemi economici e sociali dell'agricoltura non è realizzabile nell'ambito dei solo settore agricolo. Sorge quindi la necessità inderogabile di creare nuovi e più razionali equilibri tra agricoltura e altri settori economici, in particolare tra agricoltura ed industria. Il secondo ordine di considerazioni si riferisce alla modalità della mano d'opera. Nel momento in cui si dà luogo ad un dinamico processo di sviluppo economico che non può, ovviamente, investire in eguale misura i sessanta campanili della Capitanata, movimenti settoriali e territoriali delle forze di lavoro sono inevitabili. Essi sono altresì sostanzial38 mente positivi se determinano più giusti equilibri e sociali ed economici e soprattutto se si svolgono lungo le direzioni stabilite non dalla concentrazione capitalistica ma lungo le vie segnate dal potenziamento delle risorse naturali e da forme umane e razionali di attività economiche. Trattasi quindi di studiare ed attuare organici programmi che consentano alle popolazioni di compiere liberamente le proprie scelte professionali, senza condizionare queste al cambio della resistenza. Nel caso della Capitanata ritengo che sussistano notevoli possibilità per recuperare l'attuale stato di sottosviluppo di vaste zone, a condizione che si ponga mano ad una solidale e programmata azione di equilibrato sviluppo economico che consenta anche alle popolazioni daune ulteriori progressi sociali. DECIO SCARDACCIONE Prof. DECIO SCARDACCIONE, presidente dell'Ente Irrigazione di Puglia e Lucania 39