Divorziati, separati e conviventi bussano alle porte della chiesa e il

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Divorziati, separati e conviventi bussano alle porte della chiesa e il
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FONDAZIONE INSIEME onlus.
Da STAMPA del 24/8/2009 pag 18 <<LA CHIESA APRE AGLI ‘EX SPOSI’>> di
Alessandra Pieracci, giornalista.
Per la lettura completa del pezzo si rinvia al quotidiano citato.
Divorziati, separati e conviventi bussano alle porte della
chiesa e il santuario di Nostra Signora della Guardia spalanca
loro i battenti proprio nel giorno, il 23 agosto, in cui si
festeggiano le coppie felici da 60, 50, 40 anni di vita comune.
I coniugi sono entrati affiancati, orgogliosi ed emozionati, in
una lunga fila alle 11 del mattino, gli altri, gli «irregolari» ,
segnati dalla sofferenza del fallimento, più alla spicciolata, a
gruppetti, per la funzione delle 17 a loro dedicata.
Una funzione voluta dal rettore del santuario, monsignor Marco
Granara, «per cominciare una riflessione, riprendere un percorso
iniziato nel 2005 da quei sacerdoti valdostani che sollevarono il
problema con il papa in vacanza».
E l'iniziativa assume un significato molto particolare nella
regione con il record di separazioni e divorzi, rispettivamente 8
e 6 ogni mille abitanti, con il dato clamoroso genovese di una
coppia giovane su due che si divide.
«Sono una divorziata che si è risposata per amore -racconta
Maria, durante l'incontro tra i fedeli e il rettore che ha
preceduto la celebrazione della messa, sotto gli alberi del
piazzale affacciato sulla vallata-.
Per tre volte ho dovuto affrontare rischiosi interventi
chirurgici e per tre volte ho chiesto inutilmente di ricevere la
Comunione.
Il mio parroco mi dice di andare in un’altra parrocchia, dove
non mi conoscono, e così ho fatto.
Ma questa è ipocrisia, non mi sento più di accostarmi a un
sacramento con l'inganno».
Confessione ed eucarestia sono infatti proibiti per quanti, dopo
separazione e divorzio, intrecciano un nuovo legame.
«Noi, che abbiamo subito questa scelta da parte del coniuge e
continuiamo a essere fedeli, se non a lui a Gesù, possiamo
accostarci ai sacramenti», sottolinea Caterina, che guida uno dei
gruppi di preghiera creato dai «fedeli con sofferenza» in varie
parrocchie per condividere momenti di preghiera e discussione con
tutti, divorziati e conviventi.
«Vogliamo dare un esempio ai nostri figli, far loro credere nei
valori fondamentali della famiglia» dice Agostino, separato dalla
moglie.
«Certo, non bisogna creare illusioni e pensarci ancora molto,
procedere per gradi -spiega monsignor Granara-.
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La chiesa cattolica romana non è la chiesa ortodossa che in
certe circostanze e in alcuni casi, passato un lasso di tempo,
ammette un secondo matrimonio.
Però il discorso è aperto perché questa situazione fa soffrire
tutti».
E se sulla responsabilità oggettiva di chi divorzia e si risposa
giudica la Chiesa, la responsabilità soggettiva «è sottoposta al
giudizio di Dio: non spetta a nessun credente escludere, mettere
al bando chi convive, chi è separato, chi vive una sessualità
diversa, gay o non gay».
Davanti a 500 fedeli, nella Basilica, l'omelia è chiara:
«Nessuno pensi che questa messa alla Guardia voglia dire che ogni
situazione vale un'altra.
Ci sono problemi oggettivi di una
società che ha bisogno di ritrovare schemi di vita comune, ma Gesù
ama tutti allo stesso modo, un padre non vuol perdere nemmeno un
figlio, nessuno alla porta della chiesa dice tu puoi entrare e tu
no.
Un padre e una madre possono sognarti diverso, ma ti amano
lo stesso.
Bisogna riscoprire un Dio che ha detto mangiatemi e
bevete il mio sangue e voi sarete capaci di farvi mangiare e farvi
succhiare il sangue, questa è la scuola dell'amore».