il quadro conoscitivo

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il quadro conoscitivo
COMUNE DI
BRENO (BS)
PIANO DI GOVERNO DEL
TERRITORIO
V.A.S. - RAPPORTO AMBIENTALE
parte II- IL QUADROCONOSCITIVO
Comune di
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BRENO (BS)
Piano di Governo del Territorio
VALUTAZIONE
AMBIENTALE
STRATEGICA
del DOCUMENTO DI PIANO
art. 4 L.R. 12/2005
“Indirizzi generali per la valutazione
ambientale di piani e programmi”
(comma 1, articolo 4 della legge
regionale 11 marzo 2005, n. 12)
D. G. Territorio e Urbanistica - U. O.
Pianificazione territoriale e urbana
dicembre 2005 e marzo 2007
“Determinazione della procedura per la
Valutazione Ambientale Strategica di
Piani e Programmi – VAS (art. 4 L.R.
12/2005; d.c.r. n. 351/2007)”
D. G. R. VIII/6420 27 dicembre 2007
Parte II
IL QUADRO
CONOSCITIVO
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1. INTRODUZIONE..........................................................................3
1.1 Geomorfologia ............................................................................ 4
1.2 Le unità geoambientali ................................................................. 5
2. L’ACQUA.....................................................................................9
2.1 Idrografia ................................................................................... 9
2.2 La qualità e il monitoraggio delle acque superficiali ........................ 13
2.3 Grandi e piccole derivazioni idriche .............................................. 14
2.4 L’acqua per uso umano .............................................................. 15
3. IL SUOLO .................................................................................16
3.1 Dissesti e rischi ......................................................................... 16
3.2 Breno e il Piano di Assetto Idrogeologico dell’A.d.B. del fiume Po.... 17
3.3 Vincoli e limitazioni nell’uso del suolo ........................................... 19
3.4 il vincolo idrogeologico ............................................................... 21
3.5 La copertura del suolo e il patrimonio boschivo-vegetazionale ......... 22
4. IL PAESAGGIO..........................................................................26
4.1 Il Piano Territoriale Paesistico Regionale....................................... 28
4.2 Breno e il P.T.C.P. della Provincia di Brescia.................................. 29
4.3 Gli alberi monumentali ............................................................... 34
5. LA TUTELA DELLA NATURA .......................................................35
5.1 Il Parco Naturale Regionale dell’Adamello ..................................... 37
5.2 I siti Natura 2000 nel comune di Breno ........................................ 41
5.3 Riserva naturale orientata “Alto Cadino-Val Fredda”....................... 47
5.4 PLIS del Barberino ..................................................................... 49
5.5 Il P.T.C.P. e la rete ecologica provinciale ...................................... 51
5.6 Malghe, rifugi e alpeggi .............................................................. 53
5.7 Indirizzi e prescrizioni del P.T.C. del Parco dell’Adamello................. 55
6. L’ATTIVITA’ ITTICA E VENATORIA ..........................................57
6.1 La pesca................................................................................... 57
6.2 La caccia .................................................................................. 59
7. L’AMBIENTE ANTROPICO .........................................................60
7.1 il centro abitato secondo il vigente P.R. G. .................................... 60
7.2 sensibilità archeologiche............................................................. 62
7.3 la qualità dell’aria ...................................................................... 63
7.4 il rumore .................................................................................. 65
7.5 elettrosmog .............................................................................. 69
7.6 Impianti trattamento rifiuti, discariche e siti inquinati..................... 70
Fonti ...............................................Errore. Il segnalibro non è definito.
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1. INTRODUZIONE
Il Comune di Breno rientra nel territorio di competenza della Comunità Montana di
Valle Camonica e ne rappresenta il principale centro amministrativo.
Confina con i comuni di Bagolino, Bienno, Braone, Ceto, Cividate Camuno, Condino
(TN), Daone (TN), Losine, Malegno, Niardo, Prestine.
Occupa una superficie di circa 58,79 kmq, con una popolazione di circa 5.000
abitanti. Il capoluogo è Breno, poso sulla riva destra del fiume Oglio, da quota 280
m slm circa, fino a quota 374 m slm, quasi totalmente sulla conoide formata dai
torrenti “Valle Morina” e “La Valle” e in parte sulla piana alluvionale del Fiume Oglio,
con colline parzialmente coltivate e montagne con boschi cedui e di conifere.
Fanno corona al capoluogo quattro località principali: Pescarzo (ubicato a monte
dell’abitato di Breno e attraversato dal Torrente Re “di Pescarzo” affluente destro
del Torrente “La Valle o Riovaldazio”), Astrio a sud-est del nucleo di Pescarzo, su
quote dell’ordine degli 800 m s.l.m., in sponda destra del Torrente “La Valle”) e
Mezzarro (in sponda sinistra del Fiume Oglio, a sud-ovest dell’abitato di Breno).
Forse meno conosciute ma non per questo meno importanti sono Arendolo, Argai,
Aèrt (piccolo spiazzo a 1350 m), Bacchetta m 2549, è la cima più alta del monte
Concarena, posto sulla destra della Val Camonica tra i comuni di Breno e Capo di
Ponte, Bazena (a 1760 m comprende alcune malghe e un laghetto (m 2097), sul
versante destro della Val delle Valli, tributaria del torrente Grigna), Bellacara sita
sopra la frazione di Pescarzo, Bianca, Bilione, Boccola, Bordegas a nord di Breno
sopra una propaggine della Concarena. Presente in loco, fin dal medio evo, Broli,
Cadino, Caiò, Calameto sulla sponda destra dell'Oglio, Cereto, Convent, Corna,
Costone, Dassa-e, Degna comprensiva delle località "cà de Dègna" (m. 948) e
Fontanoni (m. 1100), Croce Domini passo che congiunge fin dall'antichità la Val
Caffaro e la Val Canonica, Foppe, Foppo, Frasene, Gera-e, Guardia chiamato anche
Alta Guardia, Lavarino, Lezio, Loppolo valletta segnalata sulle carte antiche più
dettagliate e posta a NO di Breno ed a SO di Losine, Madonna chiesetta antica,
costruita nei pressi del ponte sull'Oglio sotto la rupe su cui sorge il castello di
Breno, Malegno, Malpensata, Marone, Mezzaro, Moia – e, Montepiano, Morina,
Nemplas, Piana, Plagne, Porcile – i, Rucche – co, Sambuco, San Maurizio antico
sacello con cimitero, San Valentino piccolo e antico altare localizzato a SE di Breno,
Santella, Spinera tra Breno e Lanico sulla sinistra dell'Oglio, Terre Fredde, Valle
piccola valle che scende dalla piana di Astrio, Zucca.
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1.1 Geomorfologia
Il territorio della Provincia di Brescia è stato strutturato, nel suo attuale assetto, da
due grandi eventi: l’orogenesi alpina e le glaciazioni.
L’orogenesi alpina può essere definita come una serie complessa di processi
geologici, riconducibili ai movimenti crostali della tettonica a zolle, che con un
processo iniziato oltre 200 milioni di anni fa in ambiente oceanico, hanno portato
alla
formazione
della
catena
alpina.
Le
glaciazioni
hanno
determinato
il
modellamento delle valli, la formazioni di laghi e colline e contribuito in modo
determinante all’interrimento dell’ambiente marino e palustre della pianura padana.
I processi geomorfici recenti si manifestano soprattutto con frane ed erosioni. Le
prime
sono
distribuite
prevalentemente
nell’aureola
metamorfica
circostante
l’Adamello e nell’ampia fascia carbonatica delle basse valli mentre le erosioni
caratterizzano i corsi d’acqua montani, dove il fondovalle è ampio e dove il deposito
di materiali ha generato imponenti conoidi. Questa è una situazione tipica della
Valle Camonica e del Comune di Breno.
Entrambi i versanti della Val Camonica sono interessati dalla presenza di falde
detritiche, attive ed inattive, da fenomeni di soliflusso, ruscellamento e creep
superficiale.
Da segnalare anche le diffuse gradonature d’origine antropica presenti alle quote
meno elevate, realizzate per l’utilizzo produttivo del suolo.
Tutti questi fenomeni hanno interessato o interessano rocce di varia età e
formazione. Le più antiche si trovano nella media ed alta Valle Camonica, a nord
magmatiche e metamorfiche e sedimentarie a sud.
L' effetto sinergico dei fenomeni sopra descritti ha determinato una complessa serie
di tipologie di paesaggio (alpino, prealpino, montano e submontano, collinare, ai
margini della pianura, gli anfiteatri morenici, di fondo valle, dell'alta, media e bassa
pianura).
Il Comune di Breno è caratterizzato per lo più dalla presenza di tre tipi di
paesaggio:
o
paesaggio prealpino: con fasce altimetriche comprese tra i 1.900 e i 2.200 m,
è caratterizzato dalla presenza di paleoforme che i ghiacciai pleistocenici hanno
scolpito prima del loro ritiro, è molto aperto ed è connotato da pascoli e arbusti
prostrati. Il paesaggio prealpino è quello del complesso metamorfico delle Tre
Valli bresciane, posto a sud dell'Adamello, che si estende dalla Val Camonica,
all'alta Val Trompia, alla Valle del Caffaro e ad oriente di quest'ultima.
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o
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paesaggio montano e submontano: con fasce altimetriche al di sotto dei
1900 m caratterizzate da boschi di conifere e piu’ in basso di latifoglie. Sono
diffusi versanti rocciosi, lisciati e montonati dal ghiacciaio e valli laterali sospese
che si raccordano con il fondovalle attraverso cascate o gole rocciose.
o
paesaggio di fondovalle: è caratterizzato dalla presenza di depositi alluvionali
e sono frequenti i conoidi di deiezione interessati diffusamente dall’attività
antropica, ne è un esempio il centro abitato di Breno.
1.2 Le unità geoambientali
Come inquadramento del territorio di Breno si fa ricorso agli strati informativi della
“Cartografia Geoambientale” che la Regione Lombardia ha predisposto per il
territorio montano.
Obbiettivo primo della Carta delle Unità Geoambientali è di rappresentare in modo
sintetico e significativo le diverse realtà ambientali che caratterizzano un dato
territorio. A tale scopo sono state individuate le “unità geoambientali” definite come
“aree che presentano caratteristiche omogenee dei parametri ambientali” dal punto
di vista geomorfologico, pedologico, di copertura vegetale, delle risorse idriche, ecc.
Il Comune di Breno è caratterizzato dalla presenza di 57 unità geoambientali
elencate nella tabella e suddivise per classe e superficie.
Vista la molteplicità di unità
geoambientali
Breno,
si
presenti
procede
con
a
la
descrizione di quelle distribuite
in corrispondenza delle aree
urbane e periurbane localizzate
prevalentemente
occidentale
comunale.
del
nella
parte
territorio
Classe
FXAPI
BYDZZ
AZVEA
CWCRN
BZVEC
CZGCN
CZGCN
FXAPP
CWCRN
CWCRN
Sup.
(ha)
334,8
AZVEN
206,3
AZTEA
300,5
211,7
410,3
1.044,0
944,4
73,4
20,4
98,4
CWCRN
433,7
BWTEB
43,8
FXAPU
49,6
BZVEA
652,9
BZVTP
82,4
BYCMC
CWGCN
AWTER
BYDZU
Classe
17,4
200,7
157,3
93,0
BWTEC
Sup.
(ha)
158,5
CYLHI
17,1
FXAPP
26,6
AZVER
123,7
AWTER
544,9
AZVER
CYGCP
BZVEU
316,6
389,4
5,0
BYCPA
36,8
CYGCP
282,4
AYDZR
38,7
CWCRN
AYAPP
BWTEC
AYDZR
3,4
46,9
34,9
16,3
AZVEP
363,6
AYDZP
15,3
AZVER
CWCRN
Classe
176,7
32,8
Sup.
(ha)
25,6
FXAPP
BYVTA
9,6
2,9
11,3
BYACA
389,1
CWGCN
218,8
FXAPP
CYGCN
CWCRN
9,2
405,7
28,0
AZVER
768,3
AWTEB
92,9
AZTPP
355,6
CZGCP
92,6
AYDZP
6,5
AZTLP
99,7
AZVER
284,6
AWTEM
AYDZZ
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57,7
81,9
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TERRITORIO
Classe
AWTER
Incisioni vallive
nel piano
montano, con
boschi di conifere
AYDZP
Coni di deiezione
antichi, governati
prevalentemente
a prato
AZVEA
Pendii
mediamente
acclivi con
alternanza di prati
e pascoli
AZVER
Boschi di conifere
su versanti
mediamente
inclinati
BWTEC
Incisioni vallive,
forre, in ambiti di
bosco ceduo nel
piano basale
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Caratteristiche ambientali
La classe comprende ambiti appartenenti al Piano Montano Alpino con fasce altitudinali
che dai 700-1000 m s.l.m. si spingono fino ai 1800-2000 m s.l.m. L’acclività media è
superiore ai 35°. Riguardo alla morfologia sono tipiche le incisioni vallive ripide e
incassate in attiva erosione nonché le valli con alvei torrentizi in erosione laterale attiva,
con intensi fenomeni erosivi di fondo e con accentuato profilo dell’alveo a V. Il substrato
roccioso è costituito da diverse litologie con presenta di rocce metamorfiche e
sedimentarie.
In riferimento al territorio di Breno, è presente una valle fortemente incisa a est di Laveno;
sono inoltre presenti calcari stratificati ed argilliti, affioranti lungo il fondovalle mentre i
versanti sono coperti da depositi glaciali. Nella porzione altimetricamente piu’ elevata
dell’unità sono presenti boschi di conifere (abete rosso e larice) e localmente boschi misti
composti da fustaie di conifere con ceduo di latifoglie. Nella porzione altimetricamente
meno elevata sono presenti boschi cedui coniferati e boschi di latifoglie con diverse forme
di governo. Sono comprese nell’unità piccola aree a prato nei pressi di Laveno e di Case
del Ceto.
La classe comprende ambiti appartenenti al Piano Montano Alpino con fasce altitudinali
che dai 700-1000 m s.l.m. si spingono fino ai 1800-2000 m s.l.m. L’acclività media è
compresa tra i 10° e 20°.
La morfologia del territorio è caratterizzata dalla presenza di coni di deiezione che
comprendono sia detriti in alimentazione attiva che stabilizzati. Tipici sono una serie di
conoidi di deiezione a est di Breno in località Pian d’Astrio, con depositi di tipo alluvionale
e nei pressi della località Vaiuga.
Prevalgono i prati e i pascoli e rientrano in questa categoria i prati permanenti asciutti, i
prati permanenti irrigui, i prati-pascoli e i pascoli.
Sono presenti ambiti di rilevanza storico-culturale come malghe (Malga Vaiuga),
mulattiere e ruderi di insediamenti produttivi.
La classe comprende ambiti appartenenti al Piano Montano Alpino con fasce altitudinali
che dai 700-1000 m s.l.m. si spingono fino ai 1800-2000 m s.l.m. L’acclività media è
compresa tra i 20° e i 35°.
Dal punto di vista morfologico, la classe è rappresentata dai fianchi di una valle piuttosto
che di una catena montuosa. Nel caso specifico di Breno, è presente una porzione di
versante a valle delle Case del Monte di Cervino e di Pizzo Alto, che si spinge a sud fino a
Case del Marte, inciso da valli minori. Sono presenti due cave di calcare nero, di cui una è
ancora attiva.
L’uso del suolo è in prevalenza caratterizzato da un’alternanza di prati-pascoli e boschi,
con possibile presenza di limitate aree boscate. Nella porzione nord dell’unità i boschi
sono fustaie di conifere (abete rosso e larice), nella porzione piu’ meridionale sono
presenti boschi misti e cedui coniferati: le specie di latifoglie presenti sono il faggio, il
castagno, il nocciolo, l’orniello. Verso Pratotondo sono presenti prati-pascoli e pascoli,
come nei pressi di Case del monte. Appezzamenti incolti sono presenti nelle due località
sopraccitate e a monte di Cave di pietra.
Sono presenti ambiti di rilevanza storico-culturale (nuclei rurali, ritrovamenti preistorici) e
biocenotico-ambientale.
La classe comprende ambiti appartenenti al Piano Montano Alpino con fasce altitudinali
che dai 700-1000 m s.l.m. si spingono fino ai 1800-2000 m s.l.m. L’acclività media è
compresa tra i 20° e i 35°.
La classe, cha dal punto di vista morfologico comprende i fianchi delle valli e delle catene
montuose, è caratterizzata da una prevalenza di boschi costituiti da conifere. E’ presente
la parte inferiore del versante destro del tratto inferiore della Valle delle Valli con presenza
di fustaie di abete rosso e larice (solo localmente è presente l’abete bianco) talvolta
interessate da faggio ceduo e alle quote inferiori da castagno, frassino maggiore e rovere,
governati a ceduo, che formano in molti punti (Belvedere, Foppa faeda) boschi misti.
Sono presenti ambiti di rilevanza storico-culturale (malghe e mulattiere9, paleontologica e
biocenotica.
La classe comprende ambiti appartenenti al Piano Basale con fasce altitudinali comprese
tra i 700 e 1000 m s.l.m.
Dal punto di vista morfologico sono tipiche della classe le incisioni vallive ripide e
incassate in attiva erosione. Va segnalata la presenza di ambiti in evoluzione
morfodinamica (tratti vallivi in erosione, falde detritiche attive, fenomeni ci crollo e frane).
Si fa’ presente che le condizioni di elevata acclività, superiore ai 35°, associate ai
fenomeni di erosione dovuti alle acque incanalate non consente alcuna variazione
dell’attuale destinazione d’uso se non interventi mirati a regimare il deflusso delle stesse.
In riferimento al territorio comunale di Breno, l’unità comprende tratti del torrente Lanico,
della valle dell’Inferno e di altre valle laterali, caratterizzate tutte dall’essere fortemente
incise e con scarpate laterali. Nella porzione nord-occidentale l’unità è costituita da
depositi fluvioglaciali in parte coperti da depositi alluvionali e fluviali recenti.
A sud di Breno, invece sono presenti incisioni vallive a valle di Astrio e scarpate laterali e
nicchie di frana costituite da calcari massicci o da depositi glaciali. L’unità inoltre
comprende un tratto della valle di Prestello che presenta scarpate di erosione fluviale,
parte del corso della Grigna, un tratto della Valle Canile compreso tra Roccolo di Capriolo
e Ranina, con scarpate laterali e parte delle due valli che si uniscono in località
Castellazzo.
Si nota una prevalenza di boschi costituiti da latifoglie governate a ceduo, per la maggior
parte orno-ostrieti. Talvolta possono essere presenti boschi di conifere (abete rosso e
larice). Nei pressi di Lozio sono presenti alcuni prati; nell’unità è compresa anche una
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PIANO DI GOVERNO DEL
TERRITORIO
BYACA
Pianori carsici
caratterizzati da
alternanza di
boschi e prati
BYCMC
Cordoni morenici
antichi con boschi
cedui nel piano
montano
BYCPA
Crinali arrotondati
con boschi
alternati a pascoli
nel piano basale
BYDZU
Coni di deiezione
urbanizzati nel
piano basale
BYDZZ
Coni di deiezione
del piano basale
con
urbanizzazione
rada
BYVTA
Versanti
scarsamente
acclivi terrazzati
con alternanza di
prati e boschi nel
piano basale
BZVEA
Versanti a media
acclività boscati
con prati e
cascine interclusi
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frazione di Lozio: Camerata.
Esistono alcune situazioni di criticità ossia aree soggette ad incendi frequenti specie in
zona Leviti, presenza di cave attive o abbandonate non recuperate, discariche di inerti.
La classe comprende ambiti appartenenti al Piano Basale con fasce altitudinali comprese
tra i 700 e 1000 m s.l.m. e un’acclività compresa tra i 10° e 20°.
Sono presenti aree con fenomeni carsici quali doline, inghiottitoi e grotte. Il substrato
roccioso è costituito essenzialmente da calcari massicci.
In riferimento al territorio di Breno è presente nell’unità un’area carsica del Dosso del
Cerreto che presenta doline e terrazzamenti artificiali. Nei pressi di Ossimo sono inoltre
presenti depositi glaciali. Un’altra area carsica si sviluppa tra Esine e Breno, anch’essa
caratterizzata dalla presenza di doline e terrazzamenti artificiali. Si ritrovano inoltre
numerosi affioramenti di calcari massicci e selciferi a sud-ovest, separati dai calcari
stratificati a nord-est da una faglia tra Bienno e Cividate Camuno.
Per quanto concerne l’uso del suolo, la classe è caratterizzata da un’alternanza di pratipascoli e boschi. Nella parte settentrionale dell’unità sono presenti vaste superfici a prato,
attraversate da ampie fasce di bosco (ceduo o bosco di latifoglie) e di incolto. Nella
porzione meridionale invece prevalgono le aree boscate (boschi di latifoglie), punteggiate
da piccole aree a prato, prato erborato o occupate da boscaglie di latifoglie, generalmente
localizzate su scarpate.
Sono inoltre presenti ambiti di rilevanza storico-culturale (Oratorio Madonna della croce, in
stile veneziano) e idrogeomorfologica (grotte e fenomeni carsici) che necessitano di una
corretta tutela.
La classe comprende ambiti appartenenti al Piano Basale con fasce altitudinali comprese
tra i 700 e 1000 m s.l.m. e un’acclività compresa tra i 10° e 20°. La morfologia del
territorio vede la presenza di cordoni morenici antichi. In riferimento al territorio di Breno,
sono presnti cordoni morenici nei pressi di case Disino, poggianti su depositi di origine
glaciale.
La classe è caratterizzata da una prevalenza di boschi costituiti da latifoglie a ceduo;
localmente sono presenti piccole aree a prato (intorno alle cascine).
La classe comprende ambiti appartenenti al Piano Basale con fasce altitudinali comprese
tra i 700 e 1000 m s.l.m. e un’acclività compresa tra i 10° e 20°.
Dal punto di vista morfologico, la classe è rappresentata da crinali arrotondati. Il substrato
roccioso è rappresentato da calcari massicci, ammantati da coltri glaciali.
In riferimento al territorio comunale di Breno, l’unità comprende il Dosso del Cerreto e il
Roccolo di Dossa.
Sono presenti prati-pascoli che si alternano a boschi per lo piu’ cedui con castagno e
roverella.
La classe comprende ambiti appartenenti al Piano Basale con fasce altitudinali comprese
tra i 700 e 1000 m s.l.m. e un’acclività compresa tra i 10° e 20°.
La morfologia tipica di questa classe è rappresentata da coni di deiezione. Comprende
aree in forte evoluzione morfodinamica con tratti torrentizi in forte erosione e
potenzialmente esondabili.
L’unità è occupata quasi interamente dall’urbanizzato: sono presenti aree
prevalentemente edificate a funzione residenziale, mista residenziale-produttiva,
produttiva e di servizio (es. verde urbano). Sia l’abitato di Breno che l’abitato di Malegno
sorgono e si sono sviluppati su conoidi di deiezione.
La classe comprende ambiti appartenenti al Piano Basale con fasce altitudinali comprese
tra i 700 e 1000 m s.l.m. e un’acclività compresa tra i 10° e 20°.
La morfologia tipica di questa classe è rappresentata da coni di deiezione. Conoidi
coalescenti sono presenti vicino alla località Saiotte, composti esclusivamente da
materiale alluvionale. L’unità comprende nella porzione nord-occidentale parte dell’abitato
di Esine che si grana verso tezze e Saiotte con case sparse, immerse in ampi spazi a
prato e prato arborato.
Sono presenti aree con insediamenti non densi come centri abitati, ma nei quali
l’urbanizzazione sparsa rappresenta una caratteristica saliente nell’uso del suolo. In
questa classe sono comprese le frazioni dei principali centri abitati della valle.
Si fa’ notare la presenza di ambiti d’interesse storico-culturale e geomorfologico.
La classe comprende ambiti appartenenti al Piano Basale con fasce altitudinali comprese
tra i 700 e 1000 m s.l.m. e un’acclività compresa tra i 10° e 20°.
La morfologia del territorio vede la presenza di versanti con terrazzamenti o gradonature
artificiali modificati da opere antropiche per scopi produttivi (prato-pascolo).
La classe è caratterizzata da un’alternanza di prati-pascoli e boschi.
Dal punto di vista litologico, la classe è caratterizzata dalla presenza diffusa di depositi
d’origine glaciale, con locali affioramenti di calcari massicci.
La classe comprende ambiti appartenenti al Piano Basale con fasce altitudinali comprese
tra i 700 e 1000 m s.l.m. e un’acclività compresa tra i 20° e 35°.
Analizzando la morfologia del paesaggio, caratteristica è la presenza di versanti
rappresentati dai fianchi di una valle piuttosto che di una catena montuosa.
A nord di Breno, l’unità comprende il versante a monte di Lazzaretto nel comune di
Niardo, caratterizzato dalla presenza di terrazzamenti artificiali e naturali. A sud invece
sono presenti diversi versanti montuosi: il versante che dal Dosso Argai si estende verso
Pescarzo e da qui verso Atrio spingendosi a monte di Bienno e Prestine, caratterizzato
dalla presenza di falde detritiche, di scarpate di erosione glaciale e terrazzamenti
artificiali; il versante montuoso compreso tra la Valle Grigna e la Valle delle Valli; il
versante sviluppato nei dintorni di Plagna del Lot in cui vi predominano depositi glaciali
interrotti sporadicamente da marne calcaree; il versante che si estende tra le località di
Guale e di Stabilina; il versante che si sviluppa da località Plagne verso Le Sorti e fin nei
pressi di Malegno.
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BZVEC
Versanti a media
acclività con
boschi
prevalentemente
cedui
BZVEU
Versanti
urbanizzati
mediamente
acclivi nel piano
basale
BZVTP
Pascoli e pratipascoli utilizzati
su versanti
terrazzati
FXAPI
Alveo attivo dei
corsi d’acqua
FXAPP
Piane alluvionali
prossime ai letti
attivi dei corsi
d’acqua
FXAPU
Ambiti a forte
urbanizzazione
su piane
alluvionali recenti
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parte II- IL QUADROCONOSCITIVO
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L’uso del suolo vede un’alternanza di prati-pascoli e boschi (cedui castanili, cedui
coniferati con abete rosso, cedui freschi con frassino e nocciolo), con possibile presenza
di limitate aree boscate. Nello specifico, la zona di versante a sud di breno verso Carnino
è caratterizzata dalla presenza di vaste superfici incolte, in avanzata voluzione verso
forme boschive.
La classe inoltre comprende ambiti di rilevanza storico-culturale (nuclei rurali, ritrovamenti
presistorici) e biocenotico-ambientale. Sono presenti alcune frazioni di Breno:
Campogrande, Pescarlo, Astrio.
La classe comprende ambiti appartenenti al Piano Basale con fasce altitudinali comprese
tra i 700 e 1000 m s.l.m. e un’acclività compresa tra i 20° e 35°.
Analizzando la morfologia del paesaggio, tipica di questa classe è la presenza dei fianchi
di valle e catene montuose.
Riguardo al territorio comunale di Breno, a nord di esso, è presente versante montuoso
che si sviluppa a monte di Losine verso Crespalone, da qui verso Castagneto e Sucinva
fin nei pressi di Case del Ceto. Sono inoltre presenti terrazzamenti morfologici e artificiali,
falde detritiche e incisioni vallive. L’esteso versante è occupato da bosco ceduo dell’ornoostrieto: laddove il terreno è piu’ fresco o l’esposizione meno intensa all’orniello e alla
roverella si sostituiscono il faggio, il nocciolo, il sorbo. In alcuni punti si nota la
penetrazione delle conifere (abete rosso e larice). Localmente, verso Calcinera e Colma,
sono presenti lembi residui di castagneto e da frutto, con cascine e prati o prati-pascoli.
A sud di Breno si sviluppa un versante montuoso a valle di Malga Costaro verso Località
Castellazzo in cui sono evidenti incisioni vallive secondarie, scarpate di erosione e nicchie
di frana. I boschi cedui di frassino, roverella e castagno alle quote maggiori sono coniferati
per ingresso dell’abete rosso.
La classe comprende ambiti appartenenti al Piano Basale con fasce altitudinali comprese
tra i 700 e 1000 m s.l.m. e un’acclività compresa tra i 20° e 35°.
Analizzando la morfologia del paesaggio, tipica di questa classe è la presenza dei fianchi
di una valle e/o di una catena montuosa.
Il suolo è prevalentemente urbanizzato con aree variamente edificate a funzione di
residenza, mista residenziale-produttiva, produttiva e di servizio (es. verde urbano). Il
substrato roccioso, scarsamente affiorante, è rappresentato da marne calcaree e arenarie
e in minor parte da micascisti, ammantate da depositi glaciali.
Sono inoltre presenti ambiti di notevole importanza dal punto di vista storico-culturale
(nuclei medievali, incisioni rupestri).
La classe comprende ambiti appartenenti al Piano Basale con fasce altitudinali comprese
tra i 700 e 1000 m s.l.m. e un’acclività compresa tra i 20° e 35°.
La morfologia del territorio vede la presenza di versanti con terrazzamenti o gradonature
artificiali modificati da opere antropiche al fine di creare superfici piane piu’ adatte ad usi
agricoli/insediativi o di migliorare la stabilità: ne è un esempio il versante compreso fra
località Pizzolo e Losine.
Per quanto concerne l’uso del suolo prevalgono i prati e i pascoli e rientrano i questa
categoria i prati permanenti asciutti, i prati permanenti irrigui, i prati-pascoli e i pascoli.
Dal punto di vista litologico, la classe è caratterizzata dalla presenza diffusa di depositi di
origine glaciale. Rari sono gli affioramenti di rocce carbonatiche.
Sono inoltre presenti ambiti di rilevanza storico-culturale (tombe ad inumazione
medievali).
La classe comprende ambiti territoriali appartenenti alle ampie valli dei fiumi principali,
nelle quali sono ubicati i principali insediamenti e le importanti strutture di trasporto. Nello
specifico ricade in questa classe il fondovalle alluvionale del Torrente Grigna con scarpate
di erosione fluviale e depositi fluviali recentie attuali.
La morfologia è rappresentata da aree pianeggianti a debole inclinazione (l’acclività è
compresa tra gli 0° e i 35°) caratterizzate dalla presenza costante di acqua.
In tale classe è compreso il fondovalle alluvionato del fiume Oglio.
La classe comprende ambiti territoriali appartenenti alle ampie valli dei fiumi principali,
nelle quali sono ubicati i principali insediamenti e le importanti strutture di trasporto.
La morfologia è rappresentata da aree pianeggianti a debole inclinazione (l’acclività è
compresa tra gli 0° e i 35°).
A nord di Breno, tipici sono la piccola piana alluvionale di fronte alla località La Madonna e
in corrispondenza della località stessa, la presenza di una conoide di deiezione sotto il
castello di Breno, la piana alluvionale in località Prada caratterizzata da conoidi di
deiezione a Tezze e Pizzolo. A sud invece è caratteristica una piccola piana alluvionale
che si trova nei pressi di Tuerà de Spinera composta da depositi fluviali recenti.
Come uso del suolo, prevalgono i prati e i pascoli: la Prada è quasi interamente coltivata a
prato erborato, con qualche seminativo in prossimità dei nuclei abitati, che sorgono su
piccole conoidi.
Sono inoltre presenti ambiti di importanza storica (Cappella delle Tezze, risalente al
periodo veneziano) ed ambientale.
La classe comprende ambiti territoriali appartenenti alle ampie valli dei fiumi principali,
nelle quali sono ubicati i principali insediamenti e le importanti strutture di trasporto.
La morfologia è rappresentata da aree pianeggianti a debole inclinazione con un’acclività
compresa tra gli 0° e i 35°.
Il suolo è prevalentemente urbanizzato con aree edificate e funzione di residenza, mista
residenziale-produttiva, produttiva e di servizio (es. verde urbano).
Sono inoltre presenti ambiti di importanza storico-culturale (siti preistorici, nuclei rurali) ed
ambientale.
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2. L’ACQUA
2.1 Idrografia
Il Comune di Breno si colloca nella media Valle Camonica e interessa per la maggior
parte, come estensione territoriale, il versante posto in sinistra idrografica al corso
del Fiume Oglio.
Il territorio comunale risulta inciso da due importanti aste fluviali: il Fiume Oglio
(zona occidentale) e il Fiume Caffaro (zona orientale) e da numerose incisioni
vallive che, pur importanti per il modellamento morfologico dell’ambiente e per
l’assetto idrogeologico del territorio, hanno generalmente modesto sviluppo e piccoli
bacini imbriferi.
Le acque presenti sul vasto territorio brenese sono raccolte in parte entro il bacino
imbrifero del Fiume Oglio e in parte entro quello del Fiume Chiese. La dorsale che
separa i due bacino è quella che si snoda dal Monte Frerone al M.Bazena passando
dal Monte Cadino e dal Monte Mattoni .
Al fine di render conto in modo dettagliato ed esaustivo dell’idrografia di Breno, si
ritiene opportuno fare riferimento alla relazione sul reticolo idrico curata dal dott.
Alberelli, della quale si riportano di seguito ampi stralci.
- a nord-ovest, Fiume Oglio (BS001), che scorre in direzione NE-SW (per circa 4 Km
all’interno del Comune di Breno) nel quale confluiscono le aste torrentizie che
solcano il versante esposto verso NW (i torrenti “La Valle” e “Val Morina”);
- a nord, nella parte occidentale del territorio comunale di Breno, il reticolo idrico
minore è delimitato dal Torrente Val di Fa (BS043) che, scorrendo in direzione estovest, recepisce tutte le acque provenienti dal versante esposto a nord;
- a sud, nella parte occidentale del territorio comunale di Breno, è presente
un’ulteriore delimitazione di carattere idrografico, per quanto riguarda il reticolo
idrico minore, rappresentato dal Torrente Pestello (BS118) che, scorrendo in
direzione est-ovest, recepisce le acque in deflusso sia del versante esposto a nord
che di quello esposto sud;
- nella porzione orientale del territorio comunale di Breno (località Gaver) si
sviluppa un sistema idrografico completamente separato da quelli precedenti e
facente capo al reticolo idrico principale costituito dal Fiume Caffaro (BS087), il
quale mostra un andamento con direzione nord-sud, e capta le acque in deflusso
della Valle di Cadino e le acque provenienti dai versanti della Valle del Caffaro
(Torrenti “Locanda Gaver”, “Malga Gaver” ed “Albergo Blumone”)
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Il quadro idrografico del reticolo idrico minore nel suo complesso si mostra
discretamente sviluppato nel settore occidentale e centro occidentale del territorio e
comunque contraddistinto proprio in questo settore da aste torrentizie spesso
rettilinee e presentanti deflusso idrico a carattere temporaneo; il settore idrografico
centro orientale ed orientale si presenta significativamente sviluppato ed articolato
(soprattutto nel settore centro orientale) con aste idriche spesso percorse nei
settori medio alti dei rispettivi sottobacini di alimentazione solo stagionalmente. Gli
scorrimenti idrici in corrispondenza di tali aste divengono significativi nei periodi
tardo invernali e primaverili (in concomitanza con lo scioglimento delle nevi) e in
caso di persistenti e intense piogge.
Oltre ai corsi d’acqua costituenti il reticolo idrico principale (Fiume Oglio e Caffaro e
i torrenti Val di Fa e Pestello), meritano alcune note i principali corsi d’acqua del
reticolo minore che solcano ed attraversano gli abitati di Breno, Pescarzo ed Astrio:
Torrente “La Valle o Riovaldazio” (1-01-BS001);
Torrente “Re di Pescarzo” (1-05-BS001 e 1-06-BS001);
Torrente della Valle Morina (1-07-BS001);
Aste idriche “zona industriale” (1-09-BS001 e 1-10-BS001);
Torrente “La Valle o Riovaldazio”
Si tratta di un’asta torrentizia generante un apparato di conoide costituente un
pendio di raccordo tra le pareti rocciose del versante e la piana alluvionale del
Fiume Oglio.
Il Torrente La Valle mostra un andamento con direzione NE-SW nei pressi della
località “Polive”, nei pressi della quale prende origine l’asta torrentizia. A valle
dell’abitato di Astrio il torrente mostra un andamento poco rettilineo con direzione
SSE-NNW e sviluppo di oltre 3 Km fino alla confluenza nel Fiume Oglio. Ai margini
orientali dell’abitato di Breno si assiste alla confluenza nel Torrente La Valle dei due
torrenti discendenti dall’abitato di Pescarlo, la cui immissione avviene nel tratto in
cui il Torrente La Valle risulta già coperto e tombinato da un manufatto in cls. Nei
pressi dell’area cimiteriale di Breno si osserva il primo tratto torrentizio tombinato o
coperto con un manufatto in cls per una lunghezza di oltre 120 m, dopodiché l’alveo
del torrente (a valle del cimitero) diviene a cielo aperto, canalizzato con muri in cls
per circa 80 m, per poi essere nuovamente tombinato fino alla località industriale
“Ecocamuna”, laddove si assiste alla venuta a giorno delle acque del torrente. Da
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questo punto fino alla confluenza con il Fiume Oglio alla quota di 287 mt s.l.m.,
l’alveo del torrente risulta regimato e scoperto.
Il Torrente La Valle, dunque, all’interno dell’abitato di Breno, risulta per buona parte
coperto
e diviene recettore per lo scarico delle acque della rete fognaria degli
abitati di Astrio, Campogrande, Pescarzo e Breno. Da sottolineare che per buona
parte dell’anno parte delle acque del torrente vengono captate dall’opera di presa
del canale idroelettrico Edison, localizzato alla quota di 384 mt s.l.m.
Non sono state rilevate condizioni critiche particolarmente significative, in quanto le
sezioni di deflusso si rivelano efficienti nel tempo e in caso di eventi di
precipitazione intensa, a condizione che ne sia garantita la pulizia periodica
impedendo l'ostruzione delle tombinature e delle tubazioni di attraversamento da
parte di fango, detrito e fogliame.
Come emerge dallo studio sul reticolo idrico comunale, per quanto riguarda le fasce
di rispetto, data l’esistenza di circolazione idrica che, seppur con portate variabili, si
manifesta durante tutto il corso dell’anno, nel tratto scoperto e non canalizzato
sono state mantenute le perimetrazioni previste dalla normativa vigente (10 metri)
mentre a valle, nei tratti intubati e coperti è stata applicata (come peraltro previsto
dalla normativa vigente) la perimetrazione ridotta pari a 2 metri e nei tratti di
canalizzazione scoperta di 4 metri.
Torrente Re “di Pescarzo”
Il Torrente in esame risulta costituito da un alveo principale solcante l’abitato di
Pescarzo e da un affluente destro la cui immissione avviene alla quota di 404 mt
s.l.m. Il Torrente Re mostra uno sviluppo di circa 1300 metri fino alla confluenza
con il Torrente La Valle e risulta particolarmente inciso a valle dell’abitato di
Pescarzo. Buona parte delle acque in deflusso risulta alimentata da una sorgente
presente poco più a monte della strada comunale di Pescarlo, cui si aggiungono gli
scarichi fognari e di prima pioggia dell’abitato e della strada comunale.
L’alveo del Torrente Re è stato oggetto di opere di regimazione e canalizzazione:
- a monte dell’abitato è stata eseguita una canalizzazione con opere di
bioingegneria (pietrame e legname);
- a valle della canalizzazione e per tutto l’abitato di Pescarzo fino alla confluenza
con l’affluente proveniente da SE, l’alveo del torrente risulta tombinato e coperto.
Per quanto riguarda la delimitazione delle fasce di rispetto si osserva che:
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- risulta di 10 m tra le quote di 650 e 595 mt s.l.m. e tra le quote di 408 e 360 mt
s.l.m. comprendente il tratto di alveo nei pressi dell’opera di presa del canale
idroelettrico;
- è di 4 m lungo tutto il tratto canalizzato dell’alveo, a monte dell’abitato di
Pescarzo;
- viene ridotta a 2 m tra le quote di 573 e 408 mt s.l.m. e le quote di 360 e 338 mt
s.l.m., lungo i tratti di alveo tombinati.
L’affluente destro del Torrente Re, risulta particolarmente inciso lungo tutto il suo
percorso, la cui origine è posta a 810 mt s.l.m. e lungo tutto l’alveo, fino alla
confluenza con il Torrente Re di Pescarzo, la perimetrazione delle fasce di rispetto è
di 10 m.
Torrente Valle Morina
Il Torrente in oggetto trae origine alla quota di 810 mt s.l.m. e si sviluppa per circa
1.2 km, con una curva ampia verso destra sino a confluire, a monte dell’abitato di
Breno, nel canale idroelettrico dell’Edison.
La maggior parte dell’alveo risulta incassato in scarpate costituite da terreni glaciali,
localmente sede di fenomeni franosi.
Alla quota di 440 mt s.l.m. si assiste alla confluenza nel Torrente Valle Morina di un
suo affluente destro denominato Torrente “Bocola de Val Morina”.
Per entrambe le aste torrentizie si è assunta pari a 10 m la delimitazione delle fasce
di rispetto fino all’inizio della tombinatura e copertura, che interessa solo l’asta
idrica “Valle Morina” dalla quota di 370 mt s.l.m.
Aste idriche della zona industriale
In questa area del Comune di Breno sede della zona industriale, le aste idriche
risultano di difficile collocazione in quanto l’attività antropica intensa ha portato alla
quasi completa copertura e tombinatura dei corpi idrici. Le mappe e le carte
catastali depositate nell’ufficio tecnico del comune mostrano una copertura totale
del corpo idrico per quanto riguarda l’asta 1-10-BS001 ed una tombinatura a tratti
per quanto riguarda l’asta idrica 1-09-BS001, con venuta a giorno delle acque in
adiacenza al sito utilizzato dalla società “Ecocamuna”. Da qui lo scorrere delle acque
procede a cielo aperto, fino alla confluenza con il Fiume Oglio.
Per quanto riguarda la delimitazione delle fasce di rispetto, queste risultano di 2 m
lungo tutto il tratto tombinato, mentre per quanto riguarda l’asta idrica 1-09-BS001
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si è assunta una fascia pari a 4 metri dalla quota 290 mt s.l.m. fino alla confluenza
con il corpo idrico 1-10-BS001.
Altri corsi d’acqua (2-01-BS001 e 2-02-BS001)
Le aste idriche 2-01-BS001 e 2-02-BS001 scorrono sulla sponda destra idrografica
del Fiume Oglio: per buona parte del loro tracciato interessano il territorio del
Comune di Losine, mentre la confluenza tra i due corsi d’acqua (a quota pari a 282
mt s.l.m.) e la successiva confluenza con il Fiume Oglio (288 mt s.l.m.) avvengono
nel Comune di Breno.
Per quanto riguarda le delimitazione delle fasce di rispetto dei due torrenti, è stata
assunta la seguente perimetrazione:
- 10 m di rispetto da ogni sponda per quanto riguarda la totalità del corpo idrico 201-BS001 all’interno del Comune di Breno;
- 4 metri di rispetto da ogni sponda per quanto riguarda l’asta idrica 2-02-BS001,
nel tratto canalizzato che precede la confluenza con il torrente 2-01-BS001.
2.2 La qualità e il monitoraggio delle acque superficiali
Secondo quanto riportato nel Programma di Tutela e Uso delle Acque – PTUA –
della Regione Lombardia, per la valutazione della qualità delle acque superficiali il
D.Lgs. 152/99 prevede la determinazione di due indici: lo Stato Ecologico (SECA),
espressione della complessità degli ecosistemi acquatici e lo Stato Ambiente
(SACA), che considera lo stato di qualità chimica delle acque in relazione alla
presenza di sostanze pericolose, persistenti e bioaccumulabili.
Per determinare l’indice SECA sono necessari due ulteriori indici:
o
Livello di Inquinamento dei Macrodescrittori (LIM) che viene calcolato
analizzando mensilmente 7 macrodescrittori ritenuti fondamentali per la qualità
delle acque;
o
Indice Biotico Esteso (IBE), che rappresenta la componente biologica e si
basa sulla determinazione dei macroinvertebrati presenti nel corso d’acqua.
I parametri presi in considerazione per determinare il LIM sono la quantità di
ossigeno disciolto in acqua, fondamentale per la fauna ittica; la presenza di nitrati e
nitriti all’interno del corso d’acqua; la concentrazione di fosforo, di COD e BOD
ovvero la quantità di sostanza organica ed inorganica presente in seguito ai
processi di depurazione delle acque; la presenza di Escherichia Coli.
Alla fine dell’attribuzione dello Stato Ambientale del corso d’acqua i dati relativi allo
Stato Ecologico devono essere rapportati con quelli concernenti la presenza degli
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inquinanti chimici (tabella 1 allegato 1 D. Lgs. 152/99), per i quali pero’ il
monitoraggio è stato adeguato solo a partire dal 2003. La classificazione relativa
quindi allo Stato Ambientale riguarda l’anno 2003.
Di seguito viene riportata la situazione relativa al Fiume Oglio, per quanto concerne
il tratto cha da Vezza d’Oglio si spinge sino a Esine, e che attraversa il Comune di
Breno.
Punti di
monitoraggio
Vezza d’Oglio
Esine
LIM
classe
valore
2
305
2
285
2000-2001
IBE
classe
valore
SECA
classe
II
2
III
3
8
6
LIM
classe
valore
2
245
3
185
2002
IBE
classe
valore
SECA
classe
III
3
III
3
7
6
LIM
classe
valore
3
2003
IBE
classe
valore
190
2
275
SECA
classe
III
3
III
3
6
6
2.3 Grandi e piccole derivazioni idriche
R.D. 11-12-1933 n. 1775
Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici.
Articolo 6
[…] “Le utenze di acqua pubblica hanno per oggetto grandi e piccole derivazioni.
2. Sono considerate grandi derivazioni quelle che eccedono i seguenti limiti:
a) per produzione di forza motrice: potenza nominale media annua kW 3.000;
b) per acqua potabile: litri 100 al minuto secondo;
c) per irrigazione: litri 1000 al minuto secondo od anche meno se si possa irrigare una superficie superiore ai 500
ettari;
d) per bonificazione per colmata: litri 5000 al minuto secondo;
e) per usi industriali, inteso tale termine con riguardo ad usi diversi da quelli espressamente indicati nel presente
articolo: litri 100 al minuto secondo;
f) per uso ittiogenico: litri 100 al minuto secondo;
g) per costituzione di scorte idriche a fini di uso antincendio e sollevamento a scopo di riqualificazione di energia:
litri 100 al minuto secondo.
3. Quando la derivazione sia ad uso promiscuo, si assume quale limite quello corrispondente allo scopo
predominante.”
[…]
La ricca dotazione idrica dell’ambiente alpino favorisce lo sfruttamento della risorse
anche ai fini energetici, secondo una tradizione ormai secolare che vede le vallate
della provincia di Brescia essere sede di importanti centrali idroelettriche.
All’interno del Comune di Breno si individuano, secondo la definizione dell’Articolo 6
del Regio Decreto 11 dicembre 1933 n. 1775, 3 “grandi derivazioni”.
Queste ultime, gestite dal gruppo EDISON, con sede legale in Milano - Foro
Buonaparte 31 e sede amministrativa a Bolzano – Via Claudia Augusta 161, sono
destinate alla produzione di energia, per una potenza media che si attesta sui
27.444 Kw a fronte di una portata media di 21.500,00 l/sec.
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Nella tabella sottostante vengono elencate nel dettaglio le Grandi Derivazioni
presenti nel territorio di Breno.
Tipo
Derivazione
Superficiale
Derivazione
Superficiale
Derivazione
Superficiale
Corpo Idrico
Derivato
Corpo Idrico
-
Torrente S. Maurizio
-
Val Camerala
Morina
-
Destinazione
Produzione
energia
Produzione
energia
Produzione
energia
Tutte le sorgenti e le derivazioni minori, che non rientrano nei parametri previsti
dall’Articolo 6 del Regio Decreto 11 dicembre 1933 n. 1775, vengono classificate
come “Piccole Derivazioni” che sono gestite da diversi soggetti, nella maggioranza
di casi privati.
Il loro utilizzo è finalizzato a diverse necessità, quali la produzione di energia
elettrica, l’approvvigionamento di acqua potabile, l’uso igienico o quello in diversi
processi industriali ed agricoli.
Nella tabella a fianco vengono elencate nel dettaglio le Piccole
Derivazioni presenti nel territorio di Breno destinate a rifornire
l’acquedotto comunale, cui si aggiungono alcune altre piccole
derivazioni
2.4 L’acqua per uso umano
Denominazione
Bazena
Cadino
Fontanone
Foppa
Goletto
Lavarino
La ricca dotazione d’acqua che caratterizza l’arco alpino trova riscontro, dunque,
anche nell’alimentazione del civico acquedotto, che si avvale di acqua di sorgente e
non attinge alla falda di fondovalle.
I consumi annui si attestano intorno ai 600 mila mc, con una quota dpari circa il
20% che non viene contabilizzata e può essere in gran parte ricondotta alle perdite
di rete.
La pianificazione dell’ATO prevede anche alcuni interventi specifici sulla rete di
distribuzione, al fine di risolvere alcune problematiche che interessano soprattutto
le frazioni di Pescarlo e Mezzaro e i nuclei di Pedena, Campogrande e Lavarini (con
un valore economico delle opere previste pari a 500.000 euro).
Per quanto riguarda il collettamento e la depurazione delle acque reflue, è il caso di
osservare che per tutta la popolazione è assicurato il servizio di collettamento,
mentre il servizio di depurazione non è presente: sarà assicurata solo mediante la
completa attivazione del depuratore intercomunale di Esine.
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3. IL SUOLO
3.1 Dissesti e rischi
Al fine di una prima caratterizzazione dei dissesti presenti in ambito comunale, si
ritiene opportuno fare riferimento all’Inventario delle frane e dei dissesti della
Regione Lombardia, che fornisce un primo quadro conoscitivo dei dissesti del
territorio montano regionale.
Questo strumento è stato realizzato nel 1999-2000, principalmente attraverso
l'interpretazione e il confronto di foto aeree in bianco/nero e a colori disponibili
presso la Regione. Successivamente è stato integrato il materiale cartografico e
documentale esistente
presso
il
Servizio
Geologico
sopralluoghi in campagna nelle zone di maggior interesse.
e sono
stati
effettuati
E’ bene osservare, dunque, che si tratta di una conoscenza che deriva soprattutto
da fotointerpretazione - cui si aggiungono alcune verifiche sul campo – che porta
alla produzione di carte in scala 1:10.000, senza dubbio utili per un primo approccio
alla tematica, che necessita, tuttavia, di analisi di dettaglio che potranno essere
fornite solo da uno studio più puntuale, da effettuarsi a scala comunale.
Ferme restando queste considerazioni, si ritiene opportuna, in questa sede,
un’analisi del quadro che viene fornito dalla cartografia geoambientale, anche in
considerazione del fatto che la stessa viene integralmente recepita dal P.T.C.P. della
Provincia di Brescia per l’individuazione delle aree in dissesto.
La presenza di fenomeni di dissesto viene distinta in cinque tipologie:

aree soggette a crolli e ribaltamenti diffusi;

fenomeni di colamento rapido;



aree soggette a frane superficiali diffuse;
aree soggette a rischio di scivolamento rotazionale/traslativo;
fenomeni complessi.
Sul territorio del Comune di Breno sono state individuate aree che rientrano in tutte
le tipologie sopraccitate, per una superficie complessiva di circa 2.257.167 metri
quadrati, pari al 3,8% dell’intero territorio comunale.
In relazione alla morfologia del territorio, si può osservare come le aree in cui i
fenomeni franosi manifestano una maggiore dinamicità sono soprattutto quelle
soggette a colamento rapido, le quali sono concentrate per lo piu’ nella parte
occidentale del comune, in prossimità delle aree urbanizzate ed in particolare in
corrispondenza del centro abitato di Breno. Altre situazioni sono identificabili in
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parte II- IL QUADROCONOSCITIVO
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prossimità delle località di Astrio e Degna, nella parte sommitale del Pian d’Astrio e
presso Malga Emplas.
Aree soggette a crolli e ribaltamenti diffusi sono localizzate soprattutto in località
Piullo e Manit ad un’altezza compresa tra i 1.600 – 2.000 m ed in prossimità del
Monti Frerone e Cadino. Altri fenomeni invece di minore entità sono presenti lungo
il Costone di Val Bona e piu’ a sud in prossimità dei Corni di Vaiuga.
Per quanto riguarda i fenomeni di scivolamento, sono distinguibili poco al di sopra
delle località Frassene e Degna mentre frane superficiali diffuse invece sono
ravvisabili in prossimità della località Plagne.
Infine episodi di colamento lento sono distingibili presso la frazione di Astrio.
Nella tabella sottostante sono riportate le tipologie di dissesti con le corrispondenti
superfici, secondo l’inventario regionale.
INVENTARIO DELLE FRANE E DEI DISSESTI DELLA REGIONE LOMBARDIA
superficie
interessata (mq)
tipologia
aree soggette a crolli/ribaltamenti diffusi
colamento lento
colamento rapido
scivolamento rotazionale/traslativo
aree soggette a frane superficiali diffuse
TOTALE SUPERFICIE INTERESSATA
714.354
21.086
1.158.985
302.391
60.351
2.257.167
Il quadro fornito dall’Inventario delle Frane e dei Dissesti della Lombardia per il
territorio di Breno assume una diversa valenza qualora si consideri, oltre alla
tipologia dei fenomeni, anche il loro stato. Gran parte dei fenomeni considerati sono
in stato quiescente e/o relitti, che assommati ricoprono una superficie pari a
999.136 mq, e tra questi figurano prevalentemente le aree soggette a colamento
rapido: ne è un esempio la zona in prossimità del centro abitato di Breno. Nella
categoria attivi/riattivati/sospesi (superficie interessata
rientrano per lo piu’ le aree soggette a crolli e ribaltamenti.
pari a
844.699 mq)
3.2 Breno e il Piano di Assetto Idrogeologico dell’A.d.B. del fiume Po
Il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI), redatto a seguito di quanto
stabilito dalla Legge 18 Maggio 1989, n. 183, e adottato con deliberazione del
Comitato Istituzionale n. 18 in data 26 aprile 2001, rappresenta lo strumento
cardine per la definizione del rischio idrogeologico e per le conseguenti attività di
programmazione riguardanti gli interventi sulla rete idrografica e sui versanti, al
fine di ridurre le condizioni di rischio.
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parte II- IL QUADROCONOSCITIVO
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Come recita l’art. 8 delle Norme di attuazione, il Piano individua, all’interno
dell’ambito territoriale di riferimento, le aree interessate da fenomeni di dissesto
idraulico e idrogeologico.
Tali aree sono distinte in relazione alle seguenti tipologie di fenomeni: frane,
esondazione e dissesti morfologici di carattere torrentizio lungo le aste dei corsi
d’acqua (erosioni di sponda, sovraincisioni del thalweg, trasporto di massa),
trasporto di massa sui conoidi, valanghe, che, in relazione alla specifica tipologia
dei fenomeni, sono a loro volta suddivise secondo la seguente classificazione (art.
9.7 delle NTA):
Denominazione
Grado di pericolosità
Fa
aree interessate da frane attive
molto elevata
Fq
aree interessate da frane quiescenti
elevata
Fs
aree interessate da frane stabilizzate
media o moderata
Ca
aree di conoidi attivi o potenzialmente attivi non protette
da opere di difesa e di sistemazione a monte
molto elevata
FRANE
TRASPORTO DI MASSA SUI CONOIDI
Cp
Cn
aree di conoidi attivi o potenzialmente attivi parzialmente
protette da opere di difesa e di sistemazione a monte
aree di conoidi non recentemente riattivatisi o
completamente protette da opere di difesa
ESONDAZIONI
Ee
Eb
esondazione
Em
VALANGHE
Ve
Vm
rischio valanghe
elevata
media o moderata
molto elevata
elevata
media o moderata
elevata o molto elevata
Media o moderata
La classificazione del rischio, all’interno del PAI, prevede inoltre 4 classi, come
riportato nell’art. 7 delle NTA:
o
o
R1 - moderato, per il quale sono possibili danni sociali ed economici marginali;
R2 - medio, per il quale sono possibili danni minori agli edifici e alle
infrastrutture che non pregiudicano l’incolumità delle persone, l’agibilità degli
edifici e lo svolgimento delle attività socio- economiche;
o
R3 - elevato, per il quale sono possibili problemi per l’incolumità delle persone,
danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli
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stessi e l’interruzione delle attività socio - economiche, danni al patrimonio
culturale;
o
R4 - molto elevato, per il quale sono possibili la perdita di vite umane e lesioni
gravi alle persone, danni gravi agli edifici e alle infrastrutture, danni al
patrimonio culturale, la distruzione di attività socio - economiche.
Le aree a rischio molto elevato sono, infine, delimitate all’Allegato 4.1 all’elaborato
del PAI, Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici, che recepisce e amplia le aree
individuate nel Piano Straordinario PS267.
Per quanto riguarda il Comune di Breno, il PAI individua la presenza di due tipologie
di dissesto: il conoide (ca = conoide attivo) e la frana (fa = frana attiva e fq = frana
quiescente).
La situazione delineata dal PAI per il territorio comunale di Breno, evidenzia quanto
segue:

una vasta area classificata come Ca (conoide attivo o potenzialmente attivo non
protetto), interessa buona parte dell’area urbanizza in prossimità del centro
abitato di Breno, la zona in corrispondenza del Pian d’Astrio e un’ampia fascia
che investe parte del Vallone di Gaver e numerose località, fra cui Malga Gaver,
Silter de Gaver, Malga Campras di sopra, per una superfice totale pari a

1.854.560 mq;
la presenza di altre situazioni di rischio legato a frane attive sono state censite
in varie parti del territorio comunale per una superficie totale di 1.178.189 mq.
In particolare in prossimità di Astrio (alla sua sinistra presso la località Ca della
Piana, e alla sua destra, poco sotto la località Case Orsena), della zona dei
Fontanoni e della località Casa Costa; altri episodi sono stati rinvenuti presso il
Torrente Loione, in una fascia di territorio che dal Corno di Blumone si spinge
lungo Malga Blumone di Mezzo e nell’area che dal Monte Colombina, attraverso il

Vallone di Gaver, raggiunge il fiume Caffaro.
frane quiescenti, che ricoprono una superificie pari a 529.788 mq, sono per
lo piu’ localizzate in prossimità della località Case Orsena, del monte Asino di
Bazenina, nella fascia di territorio che al di sotto della Corna Blacca si spinge
sino al fiume Caffaro e in quella compresa tra il Cornone di Blumone e il Lago
Nero.
3.3 Vincoli e limitazioni nell’uso del suolo
Lo Studio Geologico Comunale, prendendo spunto dagli strumenti predentemente
descritti e approfondendo le diverse tematiche a livello locale, è andato ad
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individuare le classi di fattibilità, che definiscono, in base alla situazione di rischio
eventualmente
riscontrata,
le
modalità/limitazioni
intendessero effettuare sul territorio.
per
gli
interventi
che
si
Come previsto dalle attuali normative, la fattibilità viene articolata in quattro classi:


Classe 1: Fattibilità senza particolari limitazioni
Classe 2: Fattibilità con modeste limitazioni
Nella classe 2 “ricadono le aree nelle quali sono state rilevate puntuali o
ridotte condizioni limitative alla modifica delle destinazioni d’uso dei terreni,
per superare le quali si rende necessario realizzare approfondimenti di
carattere geologico - tecnico od idrogeologico finalizzati alla realizzazione di
eventuali opere di sistemazione e bonifica. In queste aree viene quindi
identificata una situazione medio – buona al fine di un potenziale sviluppo,

anche diversificato, in ambito urbanistico – edificatorio”.
Classe 3: Fattibilità con consistenti limitazioni
Vengono ricondotte alla classe3 “le zone nelle quali si sono riscontrate
consistenti limitazioni alla modifica delle destinazioni d’uso dei terreni, per
l’entità e la natura dei rischi individuati nell’area di studio o nell’immediato
intorno”. Questo non esclude eventuali possibili interventi, a condizione che si
proceda “alla realizzazione di supplementi d’indagine per acquisire una
maggiore conoscenza geologico - tecnica dell’area e del suo intorno” con
l’obiettivo
di
“precisare
le
idonee
destinazioni
d’uso,
le
volumetrie
ammissibili, le tipologie costruttive più opportune, nonché le opere di
sistemazione e bonifica". Nella classe 3, infine, “sono state incluse tutte
quelle aree che per la loro vicinanza a corsi d'acqua possono essere
interessate da fenomeni di erosione e/o di esondazione, o che per la loro
morfologia possono essere comunque sede di deflusso delle acque superficiali
durante forti piogge, ma che "con regimazioni e/o opere di difesa” si possono

ricondurre ad un uso normale”.
Classe 4: Fattibilità con gravi limitazioni
Le zone in classe 4, a causa dell’elevato livello di rischio idrogeologico,
presentano “gravi limitazioni per la modifica delle destinazioni d’uso”.
Sulla base di quanto sopra esposto e facendo particolare riferimento alla porzione di
territorio in cui prevale l’urbanizzato ove sono ricompresi il centro abitato di Breno e
le località limitrofe, si concentra l’attenzione sulle due classi di fattibilità che
comportano le maggiori limitazioni.
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Da come è evidenziato nella cartografia, la classe di fattibilità 3 caratterizza gran
parte dell’area urbanizzata e investe una porzione di territorio pari a circa
6.523.195 mq, contro i 1.873.982 mq della classe 4.
In particolare è possibile notare come le zone classificate a fattibilità 3 in linea di
massima corrispondono ad aree soggette a fenomeni di colamento rapido.
3.4 il vincolo idrogeologico
Il R. D. 3267/23 (tuttora in vigore) ha individuato le aree da sottoporre a vincolo
idrogeologico con l'obbiettivo di prevenire nell'interesse pubblico attività e interventi
che possono causare eventuali dissesti, erosioni e squilibri idrogeologici: tale
vincolo è stato, successivamente, con apposita legge regionale, esteso anche a
tutela delle aree boscate, così come definite dall'art. 3 della L.R. 27/04, che
definisce come trasformazione d'uso del suolo ogni intervento artificiale che
comporta la modifica permanente delle modalità di utilizzo ed occupazione dello
strato superficiale dei terreni soggetti a vincolo idrogeologico.
Nelle aree sottoposte a vincolo idrogeologico, pertanto, le trasformazioni d'uso del
suolo sono vietate, salvo autorizzazioni rilasciate dalle Province, Comunità Montane
ed Enti gestori di parchi e riserve regionali per il territorio di rispettiva competenza.
Qualora gli interventi non comportino
anche la trasformazione del bosco,
l'autorizzazione alla trasformazione d'uso del suolo è rilasciata dai Comuni
interessati in caso di:

interventi su edifici già presenti per ampliamenti pari al cinquanta per cento

posa in opera di cartelli e recinzioni;

dell'esistente e comunque non superiori a 200 metri quadrati di superficie;
posa in opera di fognature e condotte idriche totalmente interrate; linee
elettriche di tensione non superiore a 15 Kv; linee di comunicazione e reti locali
di distribuzione di gas; posa in opera di serbatoi interrati, comportanti scavi e

movimenti di terra non superiori a 50 metri cubi;
interventi, comportanti scavi e movimenti di terra non superiori a 100 metri
cubi,
di
sistemazione
idraulico-forestale,
di
ordinaria
e
straordinaria
manutenzione della viabilità agro-silvo-pastorale e di realizzazione di manufatti
di sostegno e contenimento.
Per gli interventi di altra natura, l’ente preposto al rilascio dell’autorizzazione ne
valuta la fattibilità, in funzione delle modifiche che l’intervento apporta alla stabilità
del suolo e/o dei versanti e agli aspetti idrici sia superficiali che sotterranei delle
aree interessate.
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A questo si aggiunge la normativa regionale per la tutela e la valorizzazione delle
aree boscate (L.R. 27/04 e la più recente L.R. 3/06, che danno attuazione al D.lgs.
n.227/2001), in base alla quale tutte le aree boscate, come da definizione dell'art. 3
della L.R. 27/04, sono equiparate alle aree soggette a vincolo idrogeologico.
La normativa regionale prevede che ogni intervento artificiale che comporta
l'eliminazione della vegetazione esistente e l'asportazione o la modifica del suolo
forestale, finalizzato ad una utilizzazione diversa da quella forestale, è inteso come
trasformazione del bosco, operazione che necessita dell’autorizzazione rilasciata da
Province, Comunità Montane, Enti gestori dei parchi e riserve regionali, per il
territorio di rispettiva competenza.
Tale autorizzazione comporta l'obbligo di esecuzione di interventi compensativi (così
previsto dal D.Lgs. n.227/2001) che per la Regione Lombardia (secondo le "Linee
guida di politica forestale regionale", approvate con D.G.R. n°VII/5410), devono
rispondere ai seguenti criteri:

in caso di trasformazione del bosco in pianura, rimboschimenti compensativi di

in caso di trasformazione del bosco in montagna, interventi di riequilibrio
pari o superiore valore biologico rispetto al bosco distrutto;
idrogeologico.
Le superfici boscate, infine, sono tutelate dalla normativa paesaggistica (D.Lgs.
42/2004, "Codice dei beni culturali e del paesaggio") e come tali, le trasformazioni
del territorio boscato necessitano, in via preliminare, dell’autorizzazione di tipo
paesaggistico.
Nel caso del Comune di Breno, il vincolo idrogeologico interessa la totalità del
comparto orientale e la quasi totalità del comparto occidentale, dove sorge il centro
abitato: 5.671 ha di territorio su un totale di 6.008 (pari al 94,4 % della superficie
comunale) risultano soggetti a questo tipo di vincolo.
3.5 La copertura del suolo e il patrimonio boschivo-vegetazionale
Le regioni forestali costituiscono la chiave per l'interpretazione della vegetazione
forestale di una data regione. Esse sono una sintesi fra aspetti fitogeografici,
climatici e geo-litologici. La loro utilità sta nel fatto che consentono di distinguere
zone in cui si colloca l'optimum o di alcune categorie tipologiche o di specie arboree
di notevole rilevanza forestale che per la loro plasticità sono presenti un po'
ovunque.
Sulla base di questi principi, il territorio della regione Lombardia è suddiviso nelle
seguenti sei regioni forestali:
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REGIONE
FORESTALE
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AREA DI DISTRIBUZIONE
Appenninica
Oltrepo’ Pavese
Planiziale
Pianura padana
Avanalpica
Prime colline moreniche che si incontrano dalla
pianura
Esalpica
A nord della fascia collinare; parti medio-basse
delle valli centrali: Camonica, Brembana, Seriana;
le zone intorno al lago di Garda e d’Iseo, il Lario ed il
Varesotto.
Mesalpica
Endalpica
Valtellina e valli laterali, parti alte delle valli
Camonica (fino a Ponte di Legno), Brembana e
Seriana; alta Val Chiavenna, Alto Lario occidentale
Alta Val Malenco, Bormiese, Alta Valle Camonica,
Adamello, Val Saviore
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SPECIE INDICATRICI
Presenza del cerro
I pochi boschi presenti sono quelli
planiziali relitti e lungo i grandi fiumi
Assenza del faggio, ottime
condizioni carpino bianco mescolato
a querce: querco-carpineti collinari.
Presenza della robinia
Condizioni ottimali per le faggete;
conifere prevalenti: pino silvestre.
Precipitazioni elevate e temperature
più rigide; prevalenza di boschi
conifere (abete bianco e rosso),
diminuiscono le latifoglie.
Clima continentale, condizioni
ottimali per i boschi di abete rosso.
Facendo riferimento alla localizzazione del Comune di Breno è importante ricordare
la sua presenza per lo piu’ nella Regione Mesalpica, che è assai estesa in Lombardia
comprendendo la Valtellina, almeno fino a Grosio, con le relative valli laterali (salvo
la parte alta della Val Malenco), l'alta Val Camonica, fino a Ponte di Legno e una
piccola fascia nell'alta Val Chiavenna: si tratta di una regione di transizione tra la
fascia prealpina e alpina.
E’ caratterizzata da precipitazioni sempre elevate e da temperature rigide cosicché,
soprattutto dall'orizzonte montano in su, la capacità concorrenziale delle latifoglie
diminuisce a vantaggio delle conifere e soprattutto dei due abeti. Il faggio può
talora essere abbondante, in formazioni miste o pure, o anche mancare o essere
presente in piccole isole.
I sustrati tipici sono silicatici, anche se nella parte centro-orientale la regione
mesalpica si estende su substrati carbonatici.
Nella fascia submontana la vegetazione forestale è formata da castagneti, ricchi di
frassino, e da querceti nelle esposizioni più calde. Nella fascia montana, nelle
esposizioni sud e su suoli poco evoluti, dominano i betuleti con presenza di pino
silvestre, mentre dove il substrato è più evoluto, si osservano gli abieteti e le
peccete.
Una fonte di informazione riguardante l’uso del suolo è rappresentata dai dati del
progetto DUSAF (Destinazioni d’Uso dei Suoli Agricoli e Forestali), curato dalla
Regione Lombardia e dall’ERSAF, che fornisce una base cartografica alla scala
1:10.000 e classifica l’uso del uso in 8 classi:
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






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A
B
L
N
P
R
S
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aree idriche;
boschi;
legnose agrarie;
vegetazione naturale;
prati;
aree sterili;
seminativi;
aree urbanizzate.
Dall’analisi dell’uso del suolo del territorio comunale di Breno è possibile individuare
diverse fasce di vegetazione.
o
al di sopra dei 1800-2000 m s.l.m., prevalgono le aree sterili (affioramento del
substrato roccioso) e la vegetazione naturale tipica del piano alpino (vegetazione
rupestre e degli ambiti in evoluzione morfodinamica, vegetazione dei macereti e
dei detriti, praterie del piano alpino). Scendendo dalle quote più elevate fino al
limite superiore del bosco, compaiono anche le associazioni formate da:
boscaglie, cespuglieti ed arbusteti, sia di latifoglie sia di conifere.
o
dai 2000-1800 m s.l.m. si estendono i boschi di conifere con l’Abete rosso (Picea
abies) e il Larice (Larix decidua), che occupano gran parte del territorio. Si puo’
notare come rappresentativo sia l’ampia distribuzione del bosco a prevalenza di
conifere. A quote meno elevate, alle conifere si associano spesso le latifoglie
formando cosi i boschi misti (di conifere e latifoglie) ben rappresentativi sul
territorio.
o
sulle aree meno acclivi e nel fondovalle, soprattutto in prossimità delle aree
urbanizzate sono diffuse le superfici a prato e pascolo (P4). Le zone a prato sono
ricondotte a quattro distinte tipologie: coltivazioni foraggere erbacee polifite
fuori avvicendamento, il cui prodotto viene sfalciato e/o pascolato (P4), essenze
arboreee isolate (P4a) e prati associati a seminativi (P2s).
Nella tabella sottostante e nel corrispondente grafico sono riportate classi e
sottoclassi secondo il DUSAF con le relative superfici:
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Classe
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Superficie (mq)
TOTALE per classe
Sottoclasse
A1
Aree idriche
A2x
A2
A3
B1d
B4
Boschi
Legnose
agrarie
Vegetazione
naturale
Prati e pascoli
alvei fluviali e corsi d'acqua
artificiali
158.754,00
laghi bacini e specchi d'acqua
boschi di latifoglie a ceduo
boschi di conifere
L
legnose agrarie
N3
vegetazione rupestre e dei detriti
N8
vegetazione arbustiva e
cespuglieti
P2s
P4
R1
Seminativi
Aree
urbanizzate
223.107,00
boschi misti di conifere e
latifoglie
N8b
R2
R4
R5
S
U
75.672,00
laghi e bacini per sbarramenti
artificiali
B5d
P4a
Aree sterili
ghiacciai e nevai
545.024,00
87.491,00
3.515.451,00
15.089.581,00
20.477.965,00
1.872.933,00
41.515,00
41.515,00
cespuglieti in evoluzione verso
forme forestali
prati permanenti associate ai
seminativi
prati e pascoli
prati e pascoli con essenze
arboree isolate
14.109.954,00
1.962.839,00
752.643,00
9.461.118,00
6.757.986,00
1.950.489,00
accumuli detritici
8.349.753,00
ambiti degradati
10.861,00
aree estrattive
19.555.631,00
3.482.838,00
84.730,00
aree sabbiose
8.460.124,00
14.780,00
seminativi
88.820,00
88.820,00
aree urbanizzate e infrastrutture
1.414.216,00
1.414.216,00
COMUNE di BRENO - uso del suolo (fonte: D.U.S.A.F.
Regione Lombardia)
14.1%
0.1%2.4%0.9%
34.1%
15.8%
0.1%
32.6%
aree idriche
boschi
seminativi
aree urbanizzate
vegetazione naturale
prati
legnose agrarie
aree sterili
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4. IL PAESAGGIO
La necessità di preservare, insieme alle memorie e alle testimonianze del passato, anche le più importanti
componenti a valenza ambientale e paesistica, è fatto consolidato nella normativa nazionale.
La prima importante manifestazione legislativa nel nostro Paese, in tema di tutale dei beni paesistici, è
rappresentata dalla Legge 29 giugno 1939 n. 1497, "Protezione delle bellezze naturali", e la Legge 8 agosto 1985
n. 431 (Legge Galasso), "Conversione in Legge con modificazioni del Decreto Legge 27 giugno 1985, n. 312,
recante disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale", sono state compendiate al
Titolo II del Decreto Legislativo 29 ottobre 1999 n. 490 "Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni
culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 della Legge 8 ottobre, n. 352".
Il testo unico D.Lgs 490/1999 ingloba interamente la Legge 1497/1939 all’articolo 139, “Beni soggetti a tutela”:
1. Sono soggetti alle disposizioni di questo Titolo in ragione del loro notevole interesse pubblico:
a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale o di singolarita' geologica;
b) le ville, i giardini e i parchi, non tutelati a norma delle disposizioni del Titolo 1, che si distinguono per la loro non
comune bellezza;
c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale;
d) le bellezze panoramiche considerate come quadri e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al
pubblico dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze.
Il D.Lgs 490/1999 riprende inoltre la Legge Galasso all’articolo 146, “Beni tutelati per legge”:
1. Sono comunque sottoposti alle disposizioni di questo Titolo in ragione del loro interesse paesaggistico:
a) i territori costieri compresi in una fascia della profondita' di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni
elevati sul mare;
b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondita' di 300 metri dalla linea di battigia, anche
per i territori elevati sui laghi;
c) i fiumi, i torrenti ed i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle
acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piede
degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;
d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello
del mare per la catena appenninica e per le isole;
e) i ghiacciai e i circhi glaciali;
f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonche' i territori di protezione esterna dei parchi;
g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorche' percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo
di rimboschimento;
h) le aree assegnate alle universita' agrarie e le zone gravate da usi civici;
i) le zone umide incluse nell'elenco previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;
l) i vulcani;
m) le zone di interesse archeologico.
Il percorso legislativo si conclude con l’approvazione del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42: "Codice dei
beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137". Con questa legge le
Regioni approvano i Piani Paesaggistici (P.T.P.R.) ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione
dei valori paesaggistici, concernenti l'intero territorio regionale. La legge individua i beni paesaggistici ed in
particolare negli articoli 136 (“Immobili ed aree di notevole interesse pubblico”) e 142 (“Aree tutelate per legge”) fa
fedele riferimento rispettivamente alle “Bellezze individue” e ai “Beni tutelati per legge” individuati dal precedente
D.Lgs 490/1999.
Attraverso la disciplina paesistica, il P.T.P.R., nel rispetto del principio di sussidiarietà e delle competenze spettanti
agli altri soggetti istituzionali:
a) indirizza le trasformazioni territoriali nei diversi ambiti regionali per la tutela dei caratteri connotativi delle
diverse Unità tipologiche del paesaggio e delle strutture insediative presenti;
b) indirizza e fornisce criteri e linee guida per la pianificazione e la progettazione delle infrastrutture tecnologiche
a rete e della viabilità;
c) fornisce disposizioni immediatamente efficaci su ambiti territoriali regionali, precisamente individuati, nella
tavola D e negli abachi, considerati di particolare rilevanza paesistica e ambientale;
d) individua i criteri e gli indirizzi per la pianificazione successiva spettante agli Enti locali e individua in tal senso
anche ambiti unitari di particolare attenzione da sottoporre a studi più approfonditi;
e) definisce una procedura sperimentale di controllo paesistico degli interventi sul territorio soggetti a
concessione edilizia;
f) individua le azioni di programmazione e le politiche regionali da promuovere al fine della migliore tutela del
paesaggio e della diffusione di una maggiore consapevolezza rispetto alle problematiche connesse alla tutela
stessa.
A scala provinciale invece sono i Piani Territoriali di Coordinamento (P.T.C.P.), a dare indicazioni in tema di
paesaggio e natura, in stretto raccordo con gli strumenti regionali.
E’ possibile, pertanto, concludere osservando che gli strumenti finalizzati alla tutela paesistica sono riconducibili a
tre distinti livelli:
1. normativa nazionale, per le tipologie di beni considerati oggetto di tutela paesistica a partire dalle Leggi
1497/39 e 431/85, fino al recente D. Lgs 42/2004;
2. strumenti e normativa regionale (P.T.P.R.);
3. strumenti provinciali (P.T.C.P.).
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Per quanto riguarda la localizzazione cartografica dei beni tutelati a livello nazionale
e regionale nel Comune di Breno si farà ricorso al “Sistema Informativo Beni
Ambientali (S.I.B.A.), della Regione Lombardia, che individua i vincoli di tutela
paesaggistico-ambientale conosciuti come "Vincoli L. 1497/39 e L. 431/85", oggi
normati dal D.Lgs. 22 gennaio 2004, (ad eccezione della cartografia riguardante
boschi e foreste, usi civici e aree di interesse archeologico, rispettivamente ai punti
g), h), m) dell’art. 1.a del D. Lgs. 431/85), e gli ambiti assoggettati alla tutela
prevista dagli artt. 17 e 18 delle Norme di Attuazione del Piano Territoriale
Paesistico Regionale (P.T.P.R.). Risultano soggetti a tutela paesistica i seguenti
corsi d’acqua:
Settore occidentale: - Fiume Oglio
- Torrente La Valle
Settore orientale:
- Torrente Pestello
- Fiume Caffaro
- Torrente Valle di Campolaro
- Torrente Bazenina
- Torrente Laione
A questi si aggiungono alcuni laghetti alpini (nel settore orientale del Comune): Lago della Vacca
- Lago Cadino Alto
- Lago Nero di Cadino
- Laghetti Moie
- Lago di Val Fredda
Inoltre, sono soggetti a tutela i "Territori alpini e appenninici", conosciuti come
'Vincolo 431/85, art. 1, lettera d)', sono oggi identificati dal D.Lgs. 22 gennaio
2004, n. 42, "Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della L.
6 luglio 2002, n. 137". L'art. 142, comma 1, lettera d) del suddetto Decreto
Legislativo definisce infatti come oggetto di tutela e valorizzazione per il loro
interesse paesaggistico: "le montagne per la parte eccedente i 1600 metri sul livello
del mare per la catena alpina e 1200 metri sul livello del mare per la catena
appenninica e per le isole".
Nel caso del Comune di Breno questo tipo di tutela interessa la quasi totalità del
settore orientale (fatta eccezione per la valle del fiume Caffaro, nella parte posta al
di sotto dei 1.600 metri di quota), e alcune porzioni della parte occidentale del
territorio comunale (poste a considerevole distanza dalle zone abitate).
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4.1 Il Piano Territoriale Paesistico Regionale
Il P.T.P.R. e il P.T.C.P. si caratterizzano per una descrizione e un’analisi dei diversi
ambiti paesistici presenti, rispettivamente, a livello regionale e provinciale e
forniscono una serie di indicazioni, linee di indirizzo e prescrizioni di cui devono
tener conto gli strumenti di pianificazione degli enti territoriali sott’ordinati.
La relazione al PTPR della Lombardia identifica alcune peculiarità comuni a tutta la
fascia prealpina, dove “industrie tessili e industrie metallurgiche, con spiccate aree
di specializzazione e sotto-specializzazione […] sono alla base di un paesaggio
vallivo a suo modo unico per la densità della dimensione urbanizzata e per i modi
disordinati con cui essa si è esplicitata. Paesaggio dell’abbondanza, del dinamismo
valligiano che però contrasta con quello montanaro che si ritrova alle quote
superiori, sugli alti versanti e sulle dorsali intervallive, dove sopravvivono
residualmente i generi di vita tradizionali, sia pure integrati dal pendolarismo di
manodopera verso le industrie di fondovalle”.
Le valli della fascia prealpina lombarda – osserva ancora il PTPR – “sono di
antichissima occupazione umana. La presenza delle acque ne fece importanti fulcri
di attività paleoindustriali e poi industriali. Questo ha intensificato il popolamento
tanto che oggi i fondovalle, fino alla loro porzione mediana, si saldano senza
soluzione di continuità con la fascia di urbanizzazione altopadana, apparendo come
ingolfature di questa”.
In simili contesti, si deve “limitare la progressiva saturazione edilizia dei fondovalle.
La costruzione di grandi infrastrutture viarie deve essere resa compatibile con la
tutela degli alvei e delle aree residuali. Ogni segno della presenza boschiva nei
fondovalle deve essere preservata. Si devono ridurre o rendere compatibili impianti
e equipaggiamenti (aree industriali, commerciali) che propongano una scala
dimensionale non rapportata con i limitati spazi a disposizione. Va tutelata
l’agricoltura di fondovalle. […] Particolare attenzione va rivolta al restauro e alla
"ripulitura" urbanistica e edilizia dei vecchi centri e nuclei storici. Altrove va
salvaguardato tutto ciò che testimonia di una cultura valligiana e di una storia
dell’insediamento umano che inizia già nella preistoria prima sui crinali e poi man
mano verso il fondovalle. […] Le testimonianze dell’archeologia industriale così
come
quelle
dell’attività
agricola
(campi
terrazzati,
ronchi
ecc.)
vanno
salvaguardate nel rispetto stesso degli equilibri ambientali. Questi invocano
un’attenzione particolare alle situazioni morfologiche e idrografiche, nonché al
tessuto vegetazionale, con le sue diverse associazioni altitudinali. Le colture
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agricole (vigneti, frutteti, castagneti) vanno considerate come elementi inscindibili
del paesaggio e dell’economia della valle. Una tutela importante è quella che deve
assicurare la fruizione visiva dei versanti e delle cime sovrastanti, in particolare
degli scenari di più consolidata fama. Si devono mantenere sgombre da fastidiose
presenze le dorsali, i prati d’altitudine, i crinali in genere e i punti di valico”.
Per quanto riguarda le valli bresciane – tra cui la Valle Camonica - il PTPR le
identifica come ”una sub-area che, affine a quella delle vallate bergamasche,
comprende un ventaglio di valli afferenti a Brescia”.
“Già anticamente designate come aree produttive paleoindustriali grazie ai
giacimenti ferrosi e alla ricchezza di acque e di legname – continua il PTPR - le valli
bresciane si propongono oggi come proiezioni digitiformi del sistema urbano
bresciano. L’urbanizzazione, con vasti comparti industriali, occupa per intero i
fondovalle entrando per lunga tratta nell’ambito prealpino”.
4.2 Breno e il P.T.C.P. della Provincia di Brescia
Il P.T.C.P. con la tavola paesistica individua nel territorio di Breno le seguenti componenti
paesistiche:
PARTE I - COMPONENTI DEL PAESAGGIO FISICO E NATURALE
1 Aree idriche, ghiacciai, nevai, laghetti alpini e versanti rocciosi
2 Pascoli, prati permanenti e non
3 Vegetazione naturale erbacea e cespuglietti dei versanti
4 Vegetazione palustre e delle torbiere
5 Accumuli detritici e affioramenti litoidi
6 Boschi di latifoglie, macchie e frange boscose, filari alberati
7 Boschi di conifere
8 Terrazzi naturali
9 Cordoni morenici, morfologie glaciali, morfologie lacustri
10 Sistemi sommitali dei cordoni morenici del Sebino e del Garda
11 Rilievi isolati della pianura
12 Crinali e loro ambiti di tutela
13 Fascia dei fontanili e delle ex-lame
14 Corpi idrici principali
15 Ambiti di particolare rilevanza naturalistica e geomorfologica
PARTE II - COMPONENTI DEL PAESAGGIO AGRARIO E DELL’ANTROPIZZAZIONE
COLTURALE
1 Colture specializzate: vigneti
2 Colture specializzate: castagneti da frutto
3 Colture specializzate: frutteti
4 Colture specializzate: oliveti
5 Altre colture specializzate
6 Seminativi e prati in rotazione
7 Seminativi arborati
8 Pioppeti
9 Terrazzamenti con muri a secco e gradonature
10 Aree agricole di valenza paesistica
11 Aree a forte concentrazione di preesistenze agricole
12 Navigli, canali irrigui, cavi, rogge, bacini artificiali
13 Fasce di contesto alla rete idrica artificiale
14 Fontanili attivi
15 Cascina
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16 Nuclei rurali permanenti
17 Malghe, baite, rustici
PARTE III - COMPONENTI DEL PAESAGGIO STORICO CULTURALE
1 Rete stradale storica principale
2 Rete stradale storica secondaria
3 Rete ferroviaria storica
4 Testimonianze estensive dell’antica centuriazione
5 Chiesa, parrocchia, pieve, santuario
6 Monastero, convento, eremo, abbazia, seminario
7 Santella, edicola sacra, cappella
8 Castello fortezza, torre, edificio fortificato i
9 Palazzo, parchi e giardini storici, viali alberati
10 Ospedale, complesso ospedaliero, casa di cura
11 Villa, casa
12 Altro (monumenti civile, fontana)
13 Alberghi storici, luoghi di ristoro, di sosta
14 Rifugi
15 Edifici produttivi, industria
16 Case e villaggi operai
17 Centrale idroelettrica
18 Stazione ferroviaria
19 Ponte
PARTE VI - RILEVANZA PAESISTICA COMPONENTI IDENTIFICATIVE
PERCETTIVE
E VALORIZZATIVE
DEL PAESAGGIO
1
Ambiti di elevato
valore percettivo,
connotati dalla presenza di fattori fisico
ambientali
e/o
storico culturali
che né determinano
la qualità nell’insieme
2
Contesti di
rilevanza
storico- testimoniale
(della riconoscibilità
di luoghi
storici)
3
Luoghi di rilevanza paesistica e percettiva caratterizzati da beni storici puntuali (land
marks)
4 Punti panoramici
5 Visuali panoramiche
6 Sentieri di valenza paesistica (in coerenza con il piano sentieristico
provinciale)
7 Itinerari di fruizione paesistica
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Di seguito vengono riportati alcuni elementi trattati dal P.T.C.P. che risultano
riferibili a Breno, riportandone la descrizione e gli elementi di criticità evidenziati nel
Piano provinciale.
PARTE I - Componenti del paesaggio fisico e naturale
Gran parte delle componenti del paesaggio fisico e naturale sono costituite dai boschi di latifoglie, dalla vegetazione
naturale e da pascoli e prati.
Pascoli, prati permanenti e non
Elementi fortemente caratterizzanti il paesaggio della montagna e delle valli prealpine. All'interno dell'omogeneità
visiva data dalle estese coperture boschive, le porzioni di prati e pascoli costituiscono, infatti, un elemento
paesistico di grande rilevanza.
Oltre ad individuare la sede, periodica o stabile, dell'insediamento umano contribuiscono a diversificare i caratteri
del paesaggio di versante individuando le aree di più densa antropizzazione montana e stabiliscono connotazioni di
tipo verticale fra fondovalle ed alte quote, in relazione ai diversi piani altitudinali.
Si distinguono le seguenti tipologie peculiari:
- Prati-pascoli di mezzacosta (maggenghi): aree ubicate in posizione mediana lungo il versante di una valle alpina o
prealpina, tra i 1000 e i 1600 metri, generalmente circondate da boschi; vi sosta il bestiame nella stagione
primaverile, durante gli spostamenti tra i pascoli d’alta quota (alpeggi) e il fondovalle; tali aree sono destinate a
colture foraggiere, utilizzate prevalentemente a sfalcio e pascolo.
- Prati e pascoli di fondovalle: aree ubicate nei fondovalle alpini e prealpini, tra i 300 e i 1000 metri, utilizzate
prevalentemente a sfalcio periodico o a sfalcio e pascolo (prati-pascoli).
ELEMENTI DI CRITICITA’
- Progressiva colonizzazione spontanea del bosco, che riduce progressivamente i pascoli e i prati coltivi. Si tratta
delle porzioni di paesaggio agrario più delicate e passibili di scomparsa, perché legate ad attività di allevamento
transumante di difficile tenuta, considerate le difficoltà oggettive di questa consuetudine e le non proporzionate
rese economiche.
- Abbandono della manutenzione del sottobosco in assenza di pascolo stagionale.
- Processi di urbanizzazione aggressivi, specie nel paesaggio della riviera.
- Apertura di nuove strade carrabili, che non rispettano il disegno del paesaggio agrario tradizionale.
Vegetazione naturale erbacea e cespuglietti dei versanti
I versanti sono formati dalle pendici vallive dei principali bacini idrografici e costituiscono elementi di raccordo tra
fondovalle e le aree di maggiore altitudine caratterizzate da forte energia di rilievo.
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Il versante è l'elemento percettivo dominante che determina la “plastica” dei paesaggi vallivi. Due sono le principali
modalità di percezione dei versanti: dal versante opposto e dal fondovalle.
ELEMENTI DI CRITICITA’
Indicazioni generali
- Possibilità di alterazione antropica della morfologia e dello stato di naturalità dei luoghi attraverso interventi
antropici causati dallo sfruttamento delle risorse montane (impianti idroelettrici, elettrodotti, ecc.), con tracce
evidenti di conflitto con il contesto naturale.
- Rischio di creazione di situazioni di instabilità (frane, erosioni, decorticamento), anche di notevole importanza,
variabili in funzione delle locali caratteristiche geologiche.
- Particolare evidenza percettiva di tutte le trasformazioni operate sul versante, in ragione della spiccata
esposizione visiva degli oggetti disposti su terreni acclivi.
Boschi di latifoglie, macchie, frange boscose e filari alberati
L’insieme di questi elementi costituisce un elemento chiave che caratterizza il paesaggio agrario lombardo. La
salvaguardia di tali elementi diviene oggi fondamentale al fine di conservare quell’identità delineatasi e
consolidatasi attraverso secoli di interazioni tra l’uomo ed il suo ambiente.
ELEMENTI DI CRITICITÀ
- Diminuzione della funzione di protezione idrologica del territorio nel caso di bosco degradato e di forti tagli.
Aumento della velocità di scorrimento delle acque superficiali nelle zone disboscate, con conseguente aumento del
rischio idraulico.
- Abbandono del bosco, con conseguente degrado e propensione al dissesto. Abbandono della manutenzione e
dell'attività di raccolta di prodotti del sottobosco, dovuta all'abbandono delle attività agro-pastorali.
- Progressiva colonizzazione spontanea del bosco, che si abbassa di quota, con possibilità
di aggressione anche di nuclei di antica formazione (abbandonati) o di spazi prativi o terrazzati.
- Impoverimento della varietà di specie arboree presenti e prevalenza delle specie dominanti.
- Progressiva inaccessibilità e scomparsa dei sentieri e delle mulattiere.
- Sfaldamento dei terrazzamenti in assenza di manutenzione e in conseguenza del processo di colonizzazione
spontanea del bosco.
- Uso saltuario e improprio dei percorsi di montagna (motorizzazione).
- Presenza di intrusioni tecnologiche, quali ad esempio gli elettrodotti, che tagliano secondo tracciati rettilinei
larghe fasce boscate.
- Rischio di incendio.
Boschi di conifere
Anche le fasce boscate a conifere, fortemente caratterizzate per estensione, omogeneità di versante, acclività,
esposizione, altitudine e qualità del substrato litologico, costituiscono elementi di forte connotazione paesistica.
Dal punto di vista paesistico, la funzione primaria del bosco di conifere, di "connettivo" rispetto ad altri elementi
puntuali ed areali quali insediamenti rurali, pascoli, detriti di falda, rocce affioranti eccetera, è integrata dalla
funzione di rafforzamento “visivo per contrasto” degli elementi sommitali prativi e delle altre energie di rilievo.
ELEMENTI DI CRITICITA’
- Diminuzione della funzione di protezione idrologica del territorio nel caso di bosco degradato e di forti tagli.
- Aumento della velocità di scorrimento delle acque superficiali nelle zone disboscate, con conseguente aumento
del rischio idraulico.
- Abbandono del bosco, con conseguente degrado e propensione al dissesto.
- Abbandono della manutenzione e dell'attività di raccolta di prodotti del sottobosco, dovuta all'abbandono delle
attività agro-pastorali.
- Omogeneizzazione dei colori e delle forme del bosco in alta e media quota e scadimento del paesaggio coltivato in
bassa quota, che inducono un’immagine "confusa" della montagna: questa appare sempre meno disegnata nelle
sue articolazioni funzionali e tendenzialmente orientata verso l'omogeneizzazione fisico-percettiva.
- Progressiva inaccessibilità e scomparsa dei sentieri e delle mulattiere.
- Sfaldamento dei terrazzamenti in assenza di manutenzione e in conseguenza del processo di colonizzazione
spontanea del bosco.
- Uso saltuario e improprio dei percorsi di montagna (motorizzazione).
- Presenza di intrusioni tecnologiche, quali ad esempio gli elettrodotti, che tagliano secondo tracciati rettilinei
larghe fasce boscate.
- Rischio di incendio.
Corpi idrici principali
La categoria comprende i corsi d'acqua naturali, comprese le aree relative agli alvei e ai paleoalvei, sia a morfologia
variata delimitata da scarpate alluvionali o da superfici inclinate da terrazzamenti, che a morfologia pianeggiante
perimetrata da arginature.
ELEMENTI DI CRITICITA’
- Perdita o riduzione della fauna ittica e della vegetazione ripariale. Problemi relativi all'assetto vegetazionale:
invadenza delle piante anche ad alto fusto in alveo, mancata coltivazione delle fasce vegetazionali di ripa.
- Modificazione delle sponde e nuova edificazione nell'immediato contesto (cantieristica, impianti tecnologici,
arginature).
- Rischio di depauperamento della quantità d'acqua per effetto di sottrazione agli alvei naturali. Rischio di
impoverimento della portata d’acqua delle cascate a causa del prelievo a monte ad uso idroelettrico, con
ripercussioni negative dal punto di vista paesistico, oltre che ambientale.
- Problemi di assetto idrogeologico, fenomeni di erosione, sovralluvione, dissesto. Locali rischi di instabilità delle
sponde.
- Fenomeni di inquinamento da reflui agricoli, civili, industriali e da rifiuti solidi urbani.
Ambiti di particolare rilevanza naturalistica e geomorfologica
Comprendono tutti gli elementi e gli ambiti di particolare interesse geologico e geomorfologico, dal punto di vista
scientifico e didattico, e/o di particolare evidenza percettiva, importanti per la caratterizzazione di determinati
paesaggi. Spesso sono collocate in ambiti dotati di alto grado di naturalità; quando non lo sono costituiscono
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elemento di confronto con il fattore antropico del quadro paesaggistico, sia come oggetti di riferimento simbolico
alla componente naturale dei luoghi, sia come presenze evocative del paesaggio originario.
ELEMENTI DI CRITICITA’
Diverso grado di vulnerabilità in relazione alle fasce geografiche di appartenenza - in cui intervengono fattori di
rischio differenziati - all'alterazione morfologica diretta e indotta (erosione), all'edificazione, ecc. In generale:
rischio di alterazione dello stato di naturalità dei luoghi.
PARTE II – Componenti del paesaggio agrario e dell’antropizzazione colturale
Terrazzamenti con muri a secco e gradonature
Le sistemazioni agrarie costituiscono elemento di forte rilevanza paesistica, in quanto “disegnano” in modo
estensivo l’orditura e la morfologia del territorio, caratterizzando in modo peculiare i diversi paesaggi agrari.
Sistemazione tipica dei versanti collinari, lacustri o montani a pendenza accentuata sono i terrazzamenti anche con
muri a secco ed i ciglionamenti. Generalmente occupano la parte bassa dei versanti e spesso si estendono anche a
quote più elevate. I terrazzamenti riguardano modellamenti di versanti ripidi con gradoni per la coltivazione
agricola e la stabilizzazione idrogeologica. Si
distinguono nei tipi con muri a secco (per le pendenze maggiori) o con scarpate artificiali (ciglioni) consolidate dal
manto erboso. Sono un elemento fondamentale, storico e visuale, di identificazione del paesaggio agrario lombardo
collinare, montano e delle riviere dei laghi subalpini. Terrazze e ciglioni sostituiscono al declivio continuo della
pendice (così come più comunemente si presenta in natura) una successione di ripiani digradanti. Nella
sistemazione a ciglioni la funzione di sostegno dei ripiani resta affidata alla coesione, o alla cotica erbosa; nella
sistemazione a terrazze i ripiani sono sostenuti da muri a secco, costruiti con sassi ricavati sul luogo dallo
spietramento del terreno. I muri di sostegno dei terrazzamenti agricoli costituiscono l'elemento di connotazione
percettiva dal basso dei versanti coltivati. Oltre al particolare assetto morfologico, evocativo di una modalità di
trasformazione antropica di lunga durata in assonanza con le componenti naturali del paesaggio, i terrazzamenti in
pietra si pongono in relazione organica con il contesto di riferimento anche per la natura del materiale impiegato.
ELEMENTI DI CRITICITA’
- Alterazione della morfologia delle sistemazioni agrarie a causa dell’apertura di nuove
strade carrabili o di nuovi insediamenti che non tengono conto del disegno tradizionale
del paesaggio agrario.
- Assenza di manutenzione delle murature di contenimento o delle scarpate artificiali.
- Erosione naturale del suolo.
- Sostituzione dei muri a secco dei terrazzamenti e dei muri di sostegno delle strade
con muri in calcestruzzo a vista, con andamenti e pendenze discordanti rispetto all'andamento prevalente e tipico
delle curve di livello.
Cascina, nuclei rurali permanenti, malghe, baite e rustici
L’architettura rurale storica presente nel territorio provinciale è caratterizzata da un’importante varietà di tipologie,
caratteristiche costruttive e materiali utilizzati, che identificano, di volta in volta, il contesto paesistico di
riferimento così come si è venuto a definire in sede storica.
L’evoluzione storica dei presidi produttivi ha modificato pesantemente la modalità della presenza umana e
parzialmente dell’utilizzo dei manufatti.
L’individuazione dei caratteri puntuali identificativi d’impianto tipologico, dimensionali, costruttivi e di rapporto con
la rete infrastrutturale ed il contesto costituirà per le cascine, le malghe, le baite ed i rustici, la condizione
fondamentale di tutela affidata all’approfondimento dei piani paesistici comunali.
Per i nuclei rurali permanenti oltre a quanto previsto sopra dovranno essere evidenziate le peculiarità della
morfologia urbana e del rapporto con il sito.
ELEMENTI DI CRITICITA’
- Per quanto attiene alle cascine ed ai nuclei rurali di pianura, il fenomeno di maggior criticità è dato dall’intrusione
di elementi tipologici e costruttivi estranei al contesto, determinati dalle necessità logistiche contingenti del settore
agricolo produttivo. L’abbandono ed un riutilizzo non sempre attento alle caratteristiche tipologiche e di rapporto
con il contesto determinano un ulteriore fattore di pericolosa perdita dell’identità della componente paesistica ed in
generale di riconoscibilità dei paesaggi di contesto della pianura e della collina.
- Per quanto attiene invece agli edifici isolati ed ai nuclei di montagna il pericolo principale è costituito dai fenomeni
d’abbandono e la conseguente perdita del ruolo di presidio antropico del territorio e di conseguente controllo dei
fattori idrogeologici.
- Costituiscono altresì elementi di criticità per tutti i nuclei isolati:
- La cancellazione dei caratteri originari a causa di interventi urbanistico-edilizi distruttivi, sostitutivi o di
trasformazione del tessuto edilizio originario e dei suoi caratteri architettonici peculiari.
- L’inserimento di edifici non coerenti con il sistema insediativo.
- La perdita di leggibilità per occultamento, interferenza percettiva, accostamento e sovrapposizione di elementi
impropri.
- La modificazione delle coperture dei nuclei rurali, che costituiscono il carattere prevalente di un'immagine
consolidata dei nuclei di antica formazione.
- Recinzione e privatizzazione dello spazio comunitario delle case a corte.
Itinerari di fruizione paesistica
Costituiscono la trama relazionale minore ma paesisticamente significativa del territorio
provinciale. Sono di interesse paesistico i percorsi storici che abbiano conservato, anche parzialmente, i caratteri
fisici originari e l’originario rapporto con il contesto, nonché i percorsi di grande rilevanza nella formazione
dell’immagine paesistica regionale e provinciale. La rete dei percorsi storici è costituita da tracciati su strada, su
ferro, su sterrato e su acqua.
Dal punto di vista del significato paesistico è possibile distinguere:
- Percorsi storici;
- Percorsi di interesse paesistico generico.
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ELEMENTI DI CRITICITA’
- Mancata manutenzione e abbandono di molti percorsi storici, con conseguente decadimento fisico e materico.
- Presenza di cartellonistica pubblicitaria visivamente intrusiva.
- Tendenza alla conurbazione lungo il nastro stradale, con conseguente occlusione delle visuali panoramiche.
- Tendenza alla sostituzione degli antichi materiali di pavimentazione stradale (sterrati, selciati, acciottolati, ecc.)
con asfalto e/o calcestruzzo.
- Tendenza all'abbandono o all'alterazione dei manufatti di complemento della viabilità.
PARTE III - Componenti del paesaggio storico-culturale
Rete stradale storica principale e secondaria
Costitu isco no la struttu ra relazionale dei beni st orico-cult urali intesi non solo come element i episodici lineari
puntuali od areali, ma come sistema di permanenze in sediative strettamente intercorrelate.
I tracciati viari, che spesso coincidono con percorsi di elevato valore panoramico, sono la testimonianza ancora
attiva della rete di connessione del sistema urbano storico, e consentono di determinare punti di vista privilegiati
del rapporto fra questi ed il contesto naturale o agrario.
ELEMENTI DI CRITICITA’
L’utilizzo intensivo delle reti storiche co me elemento distrib utivo di un sistema residenziale, produttivo, o terziario
lineare che determina fenomeni di conurbazione e di saldatura fra i nuclei originari.
La perdita del naturale rapporto percettivo con la campagna, intesa come sistema delle componenti
dell’antropizzazione colturale, e le grandi emergenze geomorfologiche di fondale a causa dell’interposizione di
manufatti incongrui e/o di dimensioni inadeguate.
La perdita del concetto di gerarchia viaria a causa dell’interconnessione a raso con sistemi secondari recenti.
La sostituzione di manufatti di servizio o di opere d’arte stradali con elementi in totale dissonanza costruttiva con
l’infrastruttura storica.
PARTE VI – Rilevanza paesistica componenti identificative, percettive
Ambiti di elevato valore percettivo
Sono gli ambiti che per rapporto di reciprocità percettiva e per relazioni strutturali di natura storico-culturale o
ambientale costituiscono quadri paesistici caratterizzati da omogeneità d’insieme, spesso sovracomunali, e pertanto
richiedono una specifica tutela dell’integrità e della fruizione visiva.
ELEMENTI DI CRITICITA’
- Introduzione di elementi d’ostacolo di tipo fisico (edilizio, infrastrutturale) alla percezione del quadro paesistico.
- Compromissione dell’unitarietà e della significatività percettiva del quadro mediante l’immissione, nel medesimo,
di elementi di disturbo (edilizi o infrastrutturali), che per caratteristiche e dimensioni costituiscono anomalia agli
equilibri d’insieme.
- Riduzione delle componenti significative del quadro attraverso l’eliminazione/sostituzione di elementi peculiari
(es. taglio di vegetazione di cornice o eliminazione/sostituzione di manufatti significativi).
Contesti di rilevanza storico- testimoniale (della riconoscibilità di luoghi storici)
Luoghi che, per le particolarità storiche, culturali e naturali che li caratterizzano sono stati consacrati Aree della
memoria storica e/o della memoria collettiva di grandi eventi culturali e scenari della storia.
ELEMENTI DI CRITICITÀ
- Degrado fisico degli elementi riferibili alla memoria storica.
- Compromissione del contesto o dei suoi rapporti paesistici e spaziali a causa d’interventi di tipo edilizio intrusivo.
Luoghi di rilevanza paesistica e percettiva caratterizzati da beni storici
Il P.T.C.P. individua, un’importante serie di luoghi del paesaggio di grande rilevanza percettiva caratterizzati dalla
presenza di edifici e manufatti che per caratteristiche tipologiche, architettoniche, costruttive, di collocazione e
storiche, contribuiscono in modo determinante alla riconoscibilità ed alla significatività del territorio.
ELEMENTI DI CRITICITÀ
- Perdita della leggibilità degli edifici e dei manufatti, o dei loro caratteri originari a causa di interventi edilizi
distruttivi, di sostituzioni o di trasformazioni dei caratteri architettonici peculiari.
- Degrado delle strutture edilizie, dovuto all'abbandono o ad un uso non compatibile.
- Compromissione delle relazioni con il contesto a causa di presenze edilizie o infrastrutturali intrusive per
localizzazione, tipologia e caratteristiche architettoniche.
Sentieri di valenza paesistica - piste ciclopedonali e itinerari di fruizione paesistica
Costituiscono la trama relazionale minore ma paesisticamente significativa del territorio provinciale. Sono di
interesse paesistico i percorsi storici che abbiano conservato, anche parzialmente, i caratteri fisici originari e
l’originario rapporto con il contesto, nonché i percorsi di grande rilevanza nella formazione dell’immagine paesistica
regionale e provinciale.
ELEMENTI DI CRITICITÀ
- La mancata manutenzione e abbandono di molti percorsi storici, con conseguente decadimento fisico e materico
- La presenza di cartellonistica pubblicitaria visivamente intrusiva
- La tendenza alla conurbazione lungo il nastro stradale, con conseguente occlusione delle visuali panoramiche
- La tendenza alla sostituzione degli antichi materiali di pavimentazione stradale (sterrati, selciati, acciottolati, ecc.)
con asfalto e/o calcestruzzo
- La tendenza all'abbandono o all'alterazione dei manufatti di complemento della viabilità.
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4.3 Gli alberi monumentali
La Regione Lombardia, attraverso la collaborazione delle Province ha avviato sin dal
1989 il censimento degli alberi monumentali. Una pianta può essere definita
monumentale in base alla presenza di uno o più dei seguenti criteri:






Monumentalità architettonica: esemplari legati a edifici di elevato valore
storico-culturale;
Monumentalità paesaggistica: piante collocate in un contesto territoriale
di elevato valore estetico o la cui presenza caratterizza un certo luogo;
Monumentalità storico-culturale: esemplari legati a particolari eventi
della storia locale, tradizioni, leggende ecc.
Monumentalità legata alla forma;
Monumentalità
legata
alla
rarità
Monumentalità
dimensionale:
botanica:
specie
non
dell’ambiente in cui crescono e poco rappresentate numericamente.
dimensionali
sono
stabiliti
legata
alla
prevalentemente
in
circonferenza.
base
alla
tipiche
I
limiti
velocità
di
accrescimento delle singole specie. A causa dell’estrema diversità degli
ambienti naturali che caratterizzano la nostra regione, i limiti regionali sono
solo indicativi e possono variare da una Provincia all’altra o anche all’interno
della
stessa
Provincia,
per
esempio a seconda della fascia
latitudinale.
Nel territorio Comunale di Breno
sono
state
censiti
monumentali:
n.
5
Genere/Specie
Platanus hybrida
Platano
Castanea sativa Castagno
Castanea sativa Castagno
Picea abies
Abete rosso
Sorbus aucuparia
Sorbo degli uccellatori
alberi
LIMITI
REGIONALI
DA
CONSIDERARE
PER
INDIVIDUARE GLI ALBERI MONUMENTALI
Circonferenza (cm)
Specie arborea
a 130 cm da terra
Carpinus spp., Cercis spp., Laurus
150
spp., Morus spp., Pinus uncinata,
Quercus pubescens, Sorbus spp.
Latifoglie varie (tranne Castanea
spp., Fagus spp., Platanus spp. e
300
quelle di cui al punto precedente),
Pinus cembra
Conifere varie (tranne Cedrus spp.,
Pinus cembra, Pinus uncinata),
350
Fagus spp.
Castanea spp., Cedrus spp.,
400
Platanus spp.
Carattere
rilevamento
Albero singolo
Albero singolo
Albero singolo
Albero singolo
Albero singolo
Località
Città
Breno
Pescarzo
Fraz.
Astrio
Malga
Vajuga
Pian
d’Astrio
Aspetti
monumentalità*
A
P
S
F
R.
B.
si
si
si
si
no
no
si
si
si
no
no
no
si
si
no
no
no
si
no
no
no
si
no
no
no
*A=architettonica, P=paesaggistica, S=storica, F=forma, R.B.=rarità botanica
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5. LA TUTELA DELLA NATURA
Con particolare riferimento all’ambiente naturale, possiamo notare che il territorio
del Comune di Breno è interessato da una molteplicità di aree soggette a tutela:
dalla vasta area del Parco Regionale dell’Adamello, che si sviluppa per gran parte
del territorio, comprendendo tutta la zona occidentale dello stesso, al comparto del
Parco
Naturale
amministrativa,
dell’Adamello.
si
aggiunge
A
la
questi
“strumenti”
presenza
di
zone
a
forte
finalizzate
valenza
alla
anche
specifica
protezione/tutela di habitat e specie vegetazionali e faunistiche: sono queste le
Zone di Protezione Speciale (ZPS) e i Siti di Importanza Comunitaria (SIC).
Nello specifico il comune di Breno è interessato dalla presenza del SIC “Pascoli di
Crocedomini-Alta Valcaffaro” e dalla ZPS “Parco Naturale Adamello”. E’ altrettanto
importante ricordare la presenza di una riserva naturale orientata denominata “Alto
Cadino-Val Fredda”.
AREE DI TUTELA
Parchi nazionali e regionali
Sono istituiti con le finalità di salvaguardare in un territorio il patrimonio naturalistico costituito dalla flora, dalla
fauna, da peculiari beni ambientali regolamentando l'afflusso antropico e nel contempo, in qualche caso, tentando
di rilanciare in forma diversa l'economia della montagna. Possono avere importanza nazionale o regionale a
seconda dei beni che si propongono di conservare e difendere.
Parchi naturali regionali
Con la Legge Regionale del 30 novembre 1983, n. 86 (art. 16-ter) sono individuati all’interno dei confini dei parchi
regionali, i parchi naturali che corrispondono ad aree agro-forestali o incolte del parco regionale stesso
caratterizzate pero’ da piu’ elevati livelli di naturalità e comunque destinate a funzioni prevalentemente di
conservazione e ripristino dei caratteri naturali.
Riserve naturali
Sono frazioni anche limitate di territorio che presentano aspetti naturali particolari per esempio formazioni
geologiche, tratti di bosco e di palude, presenza di specie entomologiche. La funzione è quindi il mantenimento di
questi ambienti peculiari, naturali o seminaturali con il loro patrimonio di specie animali e vegetali.
Le riserve naturali sono state regolamentate con la Legge regionale n. 86 del 30/11/1983 e successive modifiche.
Sono classificate, in relazione al rispettivo regime di protezione, nelle seguenti categorie:

riserve naturali integrali: istituite con lo scopo di proteggere e conservare integralmente e globalmente la
natura e l’ambiente e nelle quali è vietata ogni attività diversa dalla ricerca scientifica e dalle relative attività
strumentali che devono svolgersi secondo specifiche discipline stabilite dai soggetti cui è affidata la gestione
delle singole riserve;

riserve naturali orientate: istituite con lo scopo di sorvegliare e orientare scientificamente l’evoluzione della
natura, nelle quali è consentita solamente la continuazione delle attività antropiche tradizionali compatibili con
l’ambiente naturale. In esse l’accesso al pubblico è consentito unicamente per fini culturali.

riserve naturali parziali: istituite poiché aventi finalità specifiche (botanica, zoologia, forestale biogenetica,
geologica, idrogeologica e paesistica) nelle quali sono consentite attività umane compatibili con le finalità sopra
menzionate.
Zone umide di importanza internazionale
Ai sensi del D.P.R. n. 448 del 13 marzo 1976 – “Esecuzione della convenzione relativa alle zone umide
d'importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici”, firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971.
Monumenti naturali
La L.R. n. 86 del 30 novembre 1983 – “Piano generale delle aree regionali protette: Norme per l’istituzione e la
gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e
ambientale” - definisce i Monumenti naturali come singoli elementi o piccole superfici dell’ambiente naturale di
particolare pregio naturalistico e scientifico, che devono essere conservati nella loro integrità.
PLIS - Parchi Locali di Interesse Sovra comunale
Ai sensi dell’art. 34 della LR n. 86 del 30 novembre 1983 – “Piano generale delle aree regionali protette: Norme per
l’istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare
rilevanza naturale e ambientale”- si stabilisce che la Giunta regionale, con propria deliberazione, può riconoscere su
richiesta degli Enti locali competenti per territorio, parchi da essi istituiti come parchi locali di interesse
sovracomunale.
Zone di particolare rilevanza naturale e ambientale
Sono aree di particolare rilevanza dal punto di vista naturale ed ambientale che ai sensi della L.R. n. 86 del 30
novembre 1983 – “Piano generale delle aree regionali protette: Norme per l’istituzione e la gestione delle riserve,
dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale” devono essere
sottoposte a regime di protezione.
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RETE NATURA 2000
L’Unione Europea ha predisposto una serie di provvedimenti per la protezione ed il ripristino degli habitat
nell'ambito di aree protette esistenti o da realizzare.
La Comunità ha predisposto la direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 12 maggio 1992, nota come direttiva Habitat
che si pone l'obiettivo di « … contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat
naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il
trattato» (art. 2).
In realtà la direttiva 92/43 si pone in continuità, finendo per assorbirlo, con un precedente intervento comunitario
in tema di conservazione delle risorse naturali: la direttiva 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, relativa alla
conservazione degli uccelli selvatici.
La direttiva 79/409 nota come direttiva Uccelli ha come oggetto la tutela di alcune specie di uccelli selvatici ed in
particolare si applica agli “uccelli, alle loro uova, ai nidi ed agli habitats” (art. 1.2). L’obbiettivo primario della
disciplina giuridica non è, quindi, la protezione di determinati territori ma bensi’ la tutela di determinate specie
animali, che vede come strumento prioritario la protezione di habitats in cui tali specie hanno il proprio ambiente
naturale. La creazione di a protected areas o di biotopes (art. 3.2) è infatti prevista in quanto considerata una
“misura primaria di conservazione, mantenimento e ristabilimento degli habitats” delle specie protette.
Sin dal 1979 la Comunità aveva posto norme vincolanti per gli Stati Membri al fine di proteggere determinate
specie di uccelli attraverso la creazione di aree naturali protette.
Proprio su cio’ interviene la direttiva Habitat in tema di habitat naturali e seminaturali che da vita alla rete “Natura
2000”, una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione.
La Direttiva Habitat è stata recepita in Italia con il DPR 357/97 che, modificato e integrato dal DPR 120/2003,
affida alle regioni e province autonome il compito di adottare le misure necessarie a salvaguardare e tutelare i siti
di interesse comunitario. Infatti, l'articolo 4 specifica che esse debbano sia individuare le misure più opportune per
evitare l'alterazione dei proposti siti di importanza comunitaria (art. 4, comma 1) sia attivare le necessarie misure
di conservazione nelle zone speciali di conservazione (art. 4, comma 2).
La direttiva costituisce una novità per l’ordinamento comunitario preesistente, per lo meno sotto tre importanti
punti di vista:
o
estende la protezione da alcune specie di uccelli selvatici ad un’ampia lista di specie animali e vegetali (allegati
II, IV, V della direttiva);
o
alla tutela delle specie viene affiancata una tutela degli habitat;
o
concepisce l’insieme delle zone di conservazione degli habitat come una rete ecologica organica a livello
europeo.
A riguardo è importante evidenziare che tale rete consiste nella creazione di un sistema di aree strettamente
relazionate dal punto di vista funzionale dando importanza non solo alle aree ad alta naturalità ma anche a quei
territori contigui, che costituiscono l’anello di collegamento tra ambiente antropico e ambiente naturale, ed in
particolare ai corridoi ecologici, territori indispensabili per mettere in relazione aree distanti spazialmente ma vicine
per funzionalità ecologica.
La direttiva Habitat inoltre va ben oltre alla sola creazione di una rete ecologica, avendo come scopo principale
quello di contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante attività di conservazione. E cio’ viene realizzato
tenendo in considerazione le esigenze economiche, sociali e culturali di un luogo, nonché le sue particolarità
regionali e locali. In altre parole cio’ che si vuole favorire è l’integrazione della tutela di habitat e specie animali e
vegetali con le attività economiche e le esigenze sociali e culturali delle popolazioni che vivono all’interno delle aree
facenti parte della rete Natura 2000.
La rete Natura 2000 è formata da siti in cui si trovano tipi di habitat naturali protetti (elencati nell’allegato I) e
habitat delle specie (di cui all’allegato II). La rete è funzionale alla garanzia del mantenimento e, all'occorrenza, del
ripristino, di tali habitats in uno stato di conservazione soddisfacente (art. 3.1).
A tal fine detti luoghi vanno costituiti in “Zone di conservazione speciale” e tali devono considerarsi, in particolare, i
Siti di importanza Comunitarie (SIC) e in Zone di protezione Speciale (ZPS):
o
Siti di interesse Comunitario (SIC) rappresentano siti che, nella o nelle regioni biogeografiche cui
appartengono, contribuiscono in modo significativo a mantenere o a ripristinare un tipo di habitat naturale (di
cui all'allegato I) o una specie (di cui all'allegato II) in uno stato di conservazione soddisfacente. Per le specie
animali che occupano ampi territori, i siti di importanza comunitaria corrispondono ai luoghi, all'interno
dell'area di ripartizione naturale di tali specie, che presentano gli elementi fisici o biologici essenziali alla loro
vita e riproduzione.
o
Zone di Protezione Speciale (ZPS) ossia territori idonei per estensione e/o localizzazione geografica alla
conservazione delle specie di uccelli di cui all'allegato I della direttiva citata, concernente la conservazione
degli uccelli selvatici. Le ZPS vengono istituite anche per la protezione delle specie migratrici non riportate in
allegato, con particolare riferimento alle zone umide di importanza internazionale ai sensi della Convenzione di
Ramsar.
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5.1 Il Parco Naturale Regionale dell’Adamello
Il Parco Regionale dell’Adamello viene istituito con la L.R. del 16 settembre 1983, n.
79. Solo nel 2003 si arriva alla nascita del Parco Naturale dell’Adamello con la L.R.
del 1 dicembre 2003, n. 23, in quanto caratterizzato dalla presenza di aree con
elevati livelli di naturalità e destinate a funzioni di conservazione e ripristino dei
caratteri naturali.
L’ interesse principale del Parco, la cui gestione è affidata alla Comunità Montana di
Valle Camonica, consiste nel tutelare il massiccio granitico dell’Adamello, a tutt’oggi
interessato da ghiacciai perenni, laghi, zone umide e foreste .
Il Parco, classificato come "montano e forestale", si estende su una superficie di
circa 51.000 ettari e rappresenta uno dei parchi più grandi d’Italia. Posto al centro
della catena alpina, nelle Alpi Retiche, comprende il versante lombardo del Gruppo
dell'Adamello, estendendosi dal fondo valle dell’Oglio (390 m. s.l.m.) fino ai 3.545
m. della vetta.
L'importanza del parco è accresciuta dalla sua posizione, perché esso funge da
“ponte” tra i due parchi che gli sono limitrofi: al suo limite orientale si trova il Parco
trentino Adamello-Brenta, al limite settentrionale il Parco dello Stelvio, a sua volta
limitrofo del Parco Nazionale svizzero dell'Engadina.
In tal modo si è venuta a costituire nel cuore dell'Europa un'area protetta di
250.000 ettari, la più grande delle Alpi, di cui il Parco dell'Adamello rappresenta la
punta meridionale.
L’ambiente naturale
Il cuore del Parco è un altopiano contornato da spettacolari pareti rocciose con
vette superiori ai 3.000 m e occupato dal ghiacciaio più esteso d’Italia.
Gli oltre 3000 metri di dislivello altimetrico determinano, insieme alla diversa
composizione delle rocce, una notevole variazione di climi e ambienti che si
ripercuotono in una straordinaria ricchezza botanica.
Le variazioni climatiche che ne derivano determinano la presenza di diverse fasce
fitoclimatiche: dal fondovalle sino a circa 900 metri la vegetazione arborea è
costituita essenzialmente da boschi di latifoglie con prevalenza del castagno ma è
possibile trovare carpino nero (Ostrya carpinifolia), frassino maggiore (Fraxinus
excelsior), orniello (Fraxinus ornus), pioppo tremulo (Populus tremula), betulla
(Betula pendula), acero di monte (Acer pseudoplatanus), ciliegio selvatico (Prunus
avium), salicone (Salix caprea), olmo campestre (Ulmus minor), carpino bianco
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(Carpinus betulus), accompagnati da biancospino (Crataegus monogyna), nocciolo
(Corylus avellana), e maggiociondolo (Laburnum anagyroides, L. alpinum). Nei
luoghi più esposti e aridi sono presenti anche pino silvestre (Pinus sylvestris),
rovere (Quercus petrea) e roverella (Quercus pubescens). Il faggio (Fagus
sylvatica) è poco diffuso all'interno del Parco, essendo in passato stato "sacrificato",
per motivazioni economiche, all'abete rosso (Picea excelsa).
Oltre i 900-1.000 metri il manto forestale è costituito da boschi di conifere:
splendide peccete di abete rosso accompagnate da un ricco sottobosco di mirtillo e
sassifraga. Piu’ in quota le peccate cedono il passo ai boschi di larice (Larix
decidua); piu’ raro invece è il pino cembro. Il limite superiore del bosco si aggira sui
2.000 metri oltre i quali si estende la fascia degli arbusti nani e contorti con
prevalenza di rododendro, ginepro nano, brugo e pino mugo.
Salendo ulteriormente di quota, al di sopra dei 2.300 m si trovano ampi pascoli
alpini, ricchi della tipica flora alpina (genziane, pulsatille, sassifraghe, soldanelle e
stelle alpine). La fascia del deserto nivale invece è dominata da muschi e licheni
insieme al crisantemo alpino e al ranuncolo dei ghiacciai.
Molto diffusa all'interno del Parco è la vegetazione di zone umide e torbiere, grazie
alla notevole presenza di tali ecosistemi di transizione all'interno dell'area protetta.
Insieme agli sfagni (Sphagnum spp.), numerosi sono le specie adattate ad un
substrato a reazione acida e povero di azoto, tipico degli ecosistemi torbigeni:
Eriophorum
scheuchzeri,
E.
angustifolium,
E.
vaginatum,
Carex
fusca,
Trichophorum caespitosum, Andromeda polifolia, Vaccinium microcarpum, Drosera
rotundifolia, Carex pauciflora
Lungo i numerosi corsi d'acqua sono presenti, in boschine ripariali, ontano nero
(Alnus glutinosa), salice (Salix alba, S. elaeagnos, S. purpurea etc.), ontano bianco
(Alnus incana).
Gli endemismi
La flora generale del Parco Adamello può essere stimata intorno alle 1400 specie
delle quali oltre 30 sono endemiche, ossia circoscritte in un areale molto ristretto.
Una citazione particolare merita Primula daonensis, diffusa nel Parco nei pascoli
sassosi silicei, il cui areale coincide con i Gruppi dell'Ortles-Cevedale, delle Orobie e
dell'Adamello.
Tra gli altri endemismi si possono ricordare, nell'ambito delle specie a diffusione
alpino-orientale, Gentianella engadinensis, Carex baldensis, Nigritella miniata,
Phyteuma globulariifolium, Sempervivum wulfenii,
Primula
glutinosa, Galium
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baldense, Pedicularis elongata, Senecio gaudinii. Tra le insubriche (specie il cui
areale si estende tra il Monte Baldo e il Lago di Como) si annoverano, all'interno del
Parco, Saxifraga hostii ssp. rhaetica. Endemica delle Alpi centrali, è presente Viola
thomasiana,
mentre
delle
Alpi
Occidentali
Fritillaria
tubaeformis,
Epilobium
fleischeri, Achillea nana. Numerose altre specie meritano di essere citate in quanto
di grande interesse fitogeografico grazie alla loro rarità. Tra queste si annoverano la
meravigliosa Scarpetta di Venere, Cypripedium calceolus, Leontopodium alpinum,
Andromeda polifolia, Lycopodiella inundata, Vaccinium microcarpum, Utricularia
minor, Carex microglochin, C. pauciflora, Scheuchzeria palustris, Menyanthes
trifoliata, Tulipa australis, Listera cordata, Dactylorhiza cruenta, D. lapponica,
Trientalis europaea, Primula minima, Vitaliana primulaeflora, Gentianella tenella,
Saussurea alpina, Ranunculus seguieri. Per la maggior parte, queste specie
costituiscono dei relitti glaciali, conservatisi nella fascia nivale dell'Arco Alpino in
quanto unico ambiente residuo dell'epoca glaciale, durante la quale gli endemismi
sopra descritti sono giunti sulle Alpi dai Paesi Nord Europei.
La Fauna
Nel territorio del Parco è presente tutta la fauna alpina ad eccezione dell’orso,
segnalato sul versante trentino in Val di Genova e nel gruppo del Brenta.
Sono diffusi numerosi mammiferi: caratteristica è la presenza del capriolo e del
cervo attivi frequentatori di boschi di latifoglie misti a radure. Ad essi si aggiunge il
camoscio che vive oltre i limiti della vegetazione arborea in pochi branchi. Grazie
alla recentissima reintroduzione è ora presente nel Parco anche lo Stambecco. Il
progetto di ritorno di questo ungulato permette oggi di osservarlo in Val Malga di
Sonico, Val Salarno, Valle Adamè e in località Volano e Zumella.
Da non dimenticare la lepre alpina, la marmotta, la donnola, l'ermellino, la volpe, la
faìna, lo scoiattolo, il ghiro, il riccio, il toporagno alpino e l'arvicola delle nevi. Più
rari la martora, la puzzola, il tasso.
L'Avifauna annovera numerose specie che vivono nei diversi ambienti del Parco.
Caratteristici dei boschi dell’orizzonte montano sono il Picchio verde, il Picchio rosso
maggiore e il raro picchio nero. Tra i rapaci notturni citiamo la Civetta caporosso, la
civetta nana, l’Allocco e il Gufo comune; fra quelli diurni falco pecchiaiolo, lo
sparviere, la poiana, il gheppio, l'astore presente nelle foreste di conifere a quote
comprese tra i 1000 ed i 1800 metri di quota.
Nel Parco vivono anche i Tetraonidi. Nei boschi misti con ricco sottobosco è
possibile avvistare il francolino di monte, mentre il fagiano di monte o gallo forcello
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(Tetrao tetrix) predilige i lariceti e gli arbusteti alpini tra i 1600 ed i 2200 m di
quota. Rarissimo è il gallo cedrone (Tetrao urogallus), specie che vive solo in
ambienti naturali integri e che è ormai relegata, con consistenze irrisorie, in pochi
ambiti boscati della Val Paghera di Vezza d'Oglio e della località Olda di Sonico. Il
suo habitat è essenzialmente costituito da foreste miste di latifoglie e conifere, con
abbondante sottobosco erbaceo ed arbustivo, rigogliosa rinnovazione e presenza di
vetusti esemplari arborei necessari alla specie come posatoi e per l'involo. Il gallo
cedrone è particolarmente sensibile al disturbo antropico. La pernice bianca è il
tetraonide che vive alle quote più elevate: in inverno assume una livrea
completamente
bianca
che
le
consente
di
mimetizzarsi
perfettamente
con
l'ambiente da lei frequentato, al limite delle nevi perenni a quote comprese tra i
2300 ed i 2800 m di quota. Nel piano culminale era un tempo diffusa la coturnice,
specie rupicola il cui habitat ideale coincide con i versanti aridi esposti a sud tra i
1700 ed i 2300 metri di quota.
La prateria alpina è abitata dal culbianco (Oenanthe oenanthe), dal sordone
(Prunella collaris) e dal fringuello alpino (Montifringilla nivalis).
Sui dirupi rocciosi degli orizzonti estremi nidificano l'aquila reale (Aquila chrysaëtos)
ed il gracchio alpino (Pyrrhocorax graculus).
Nelle acque correnti la specie ittica più frequente è la trota fario (Salmo trutta
fario). Altri Salmonidi presenti, seppure non autoctoni, sono la trota marmorata
(Salmo trutta marmoratus) e la trota iridea (Salmo gairdneri). La fauna ittica del
Parco comprende anche lo scazzone (Cottus gobio), presente nell'areale della trota
fario seppure a quote più basse, e la sanguinerola (Phoxinus phoxinus), conosciuta
con certezza solamente per i tratti inferiori dei principali torrenti del Parco
Adamello.
Negli ambienti umidi sono presenti il tritone crestato, la salamandra nera e quella
pezzata, il rospo e la rana rossa di montagna.
Tra i rettili si ricordano la vipera comune, il ramarro, l'orbettino, il colubro liscio. La
natrice dal collare (Natrix natrix) e la natrice tessellata (Natrix tessellata) sono
legate alle acque stagnanti tra i 300 e i 1800 metri di quota. Le natrici sono
segnalate nel territorio di Breno, Niardo, Cedegolo, Malonno, Vezza d'Oglio e Temù.
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5.2 I siti Natura 2000 nel comune di Breno
Codice
Tipo
IT2070006
SIC
IT2070401
ZPS
Nome del
sito
Pascoli di
CrocedominiAlta Valcaffaro
Parco Naturale
Adamello
Area (ha)
Regione
biogeografica
4.603,52
Alpina
21.722,34
Alpina
Il “SIC” Pascoli di Crocedomini - Alta Valcaffaro
Il SIC Pascoli di Crocedomini - Alta Valcaffaro viene descritto nel relativo formulario
come un'area molto estesa, di grande valore paesaggistico oltre che ambientale.
Tale ricchezza è favorita dalle differenti litologie e dagli affioramenti di rocce
carbonatiche che indubbiamente creano ambienti molto vari e particolari.
Il
sito
include
un’area
piuttosto
vasta
del
settore
meridionale
del
Parco
dell’Adamello che si sviluppa dai 1300 ai circa 2700 m di quota ed è caratterizzato
dalla presenza di numerosi habitat: praterie alpine e subalpine calcicole (6170),
assai ben caratterizzate e floristicamente ricche; foreste di Larice e Pino cembro
(9420); foreste montane e alpine di abete rosso (9410); arbusteti a Pino Mugo
(Pinus mugo) (4070).
Codice
4070
6150
6170
6230
7140
9410
9420
Tipo Habitat
Boscaglie di Pino
Mugo (Pinus Mugo)
e Rododendro
Irsuto
(Rhododendron
hirsutum)
Formazioni erbose
boreo-alpine silicee
Formazioni
erbose calcicole
alpine e subalpine
Formazioni erbose
a Nardus, ricche di
specie, su
substrato siliceo
delle zone montane
Torbiere di
transizione e
instabili
Foreste acidofile
montane e alpine
di Picea
(VaccinioPiceetea)
Foreste decidue
di Larix decidua e
Pinus cembra
%
Coperta
Rappresen_
tatività
superficie
relativa
Grado
conservazione
Valutazione
globale
2
ABCD
ABC
ABC
ABC
7
ABCD
ABC
ABC
ABC
15
A
C
B
B
6
ABCD
ABC
ABC
ABC
1
B
C
ABC
ABC
10
B
C
B
B
11
ABCD
ABC
ABC
ABC
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Legenda
Grado di rappresentatività del tipo di habitat naturale
A: rappresentatività eccellente
B: buona rappresentatività
C: rappresentatività significativa
D: presenza non significativa
Superficie del sito coperta dal tipo di habitat naturale rispetto alla superficie totale coperta da questo tipo di habitat
naturale sul territorio nazionale
A: 100 > = p > 15%
B: 15>=p> 2%
C: 2>=p> 0%
Grado di conservazione della struttura e delle funzioni del tipo di habitat naturale in questione e possibilità di
ripristino
A: conservazione eccellente
B: buona conservazione
C: conservazione media o ridotta.
Valutazione globale del valore del sito per la conservazione del tipo di habitat naturale in questione
A: valore eccellente
B: valore buono
C: valore significativo
Il
formulario
riporta
nella
descrizione del sito i seguenti
habitat con la relativa superficie
di copertura:
Tipi di habitat
%
Brughiere, Boscaglie, Macchia, Friganee
14
Praterie alpine e sub-alpine
43
Foreste sempreverdi
41
Torbiere, Stagni, Paludi, Vegetazione di cinta
Totale copertura
2
100
Le specie
Viene di seguito riportato l’elenco dei taxa, tratto dal formulario del corrispondente
SIC. Le specie sono suddivise sulla base della rilevanza conservazionistica loro
attribuita dalle direttive CEE “Uccelli” e “Habitat” (non vi sono specie indicate per
mammiferi, anfibi e rettili, pesci, invertebrati).

UCCELLI
Codice
A223
A412
A091
A104
A215
A224
A139
Nome
Aegolius funereus
(Linnaeus, 1758)
Alectoris graeca saxatilis
(Meisner, 1804)
Nome volgare
Aquila chrysaetos
Aquila reale
Bonasa bonasia
Francolino di monte
Bubo bubo
(Linnaeus, 1758)
Caprimulgus europaeus
(Linnaeus, 1758)
Charadrius morinellus
Civetta capogrosso
Coturnice
Gufo reale
Succiacapre
Piviere tortolino
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A080
A082
A236
A217
A408
A338
A072
A409
A108

V.A.S. - RAPPORTO AMBIENTALE
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(Linnaeus, 1758)
Circaetus gallicus
Circus cyaneus
(Linnaeus, 1766)
Dryocopus martius
Glaucidium passerinum
(Linnaeus, 1758)
Lagopus mutus
Lanius collurio
(Linnaeus, 1758)
Pernis apivorus
(Linnaeus, 1758)
Tetrao tetrix
Tetrao urogallus
(Linnaeus, 1758)
Pagina 43 di 71
Biancone
Albanella reale
Picchio nero
Civetta nana
Pernice bianca
Averla piccola
Falco
occidentale
pecchiaiolo
Fagiano di monte
Gallo cedrone
PIANTE
Codice
1902
Nome
Cypripedium calceolus
Nome volgare
Scarpetta di venere
Vulnerabilità
La pressione antropica sull'area, dovuta al turismo, risulta elevata, sia durante la
stagione estiva sia durante quella invernale. Sono presenti impianti di risalita per la
pratica dello sci ed insediamenti turistici, in particolare in Val Caffaro.
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La “ZPS” Parco Naturale Adamello - Codice: IT2070401
Il formulario riporta per la ZPS l’elenco degli habitat riconosciuti dalla DIR
92/43/CEE che contribuiscono a delineare le caratteristiche della zona e ad
esprimerne il valore in termini di importanza per la tutela della biodiversità
ambientale.
Rappresen_
tatività
C
Superficie
relativa
C
Grado
conservazione
B
Valutazione
globale
B
B
C
B
B
B
C
A
A
B
C
B
B
A
C
A
A
B
C
A
B
B
C
B
B
B
B
C
C
B
B
B
B
B
C
A
B
C
C
B
C
B
C
B
B
Pareti rocciose
B
C
silicee con
8220
20
vegetazione
casmofitica
Ghiacciai
A
C
8340
10
permanenti
Foreste acidofile
B
C
montane e alpine di
9410
3
Picea (VaccinioPiceetea)
Foreste decidue di
B
C
9420 Larix decidua e
4
Pinus cembra
Per la legenda si veda quanto riportato per il SIC Pascoli di Crocedomini
B
B
A
A
B
B
B
B
Codice
3220
4060
4070
4080
6150
6170
6430
7110
7140
8110
8120
8210
Tipo Habitat
Fiumi alpini con
vegetazione riparia
erbacea
Lande alpine e
boreali
Boscaglie di Pino
Mugo (Pinus Mugo)
e Rododendro
Irsuto
(Rhododendron
hirsutum)
Boscaglie subartiche
di Salix spp.
Formazioni erbose
boreo-alpine silicee
Formazioni erbose
calcicole alpine e
sub-alpine
Bordure planiziali,
montane e alpine
di megaforbie
idrofile
Torbiere alte attive
Torbiere di
transizione e
instabili
Ghiaioni silicei dei
piani montano
fino a nivale
(Androsacetalia
alpinae e
Galeopsietalia
ladani)
8120 Ghiaioni
calcarei e
scistocalcarei
montani e alpini
(Thlaspietea
rotundifolii)
Pareti rocciose
calcaree con
vegetazione
casmofitica
%
coperta
0,2
10
1
1,2
2
1
10
0,3
0,3
35
1
1
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L'area della ZPS Parco dell’Adamello comprende tutto il versante del gruppo
dell'Adamello che si estende dai 1000 m agli oltre 3500 m sul livello del mare, fatto
che contribuisce alla varietà degli ecosistemi presenti. Si va infatti dai boschi misti
di caducifoglie alle peccete, per arrivare ai boschi di larice, alla fascia degli arbusti
nani e ai pascoli alpini delle quote maggiori.
Diversi sono gli endemismi vegetali presenti, in particolare nella parte meridionale;
tra questi si ricordano Primula daoniensis, Campanula Raineri, Cypripedium
calceolus, Saxifraga vandellii, Linaria alpina.
Il formulario riporta nella
descrizione
seguenti
relativa
copertura.
del
habitat
sito
con
superficie
i
la
di
Tipi di habitat
Corpi d’acqua interni (acque stagnanti e correnti)
Torbiere, Stagni, Paludi, Vegetazione di cinta
Brughiere, Boscaglie, Macchia, Garicìghe, Friganee
Praterie alpine e sub-alpine
Foreste di caducifoglie
Foreste di conifere
Foreste sempreverdi
Arborei (inclusi frutteti, vivai, vigneti e dehesas)
Totale copertura
Le specie
%
1
1
11
2
1
8
1
75
100
Viene di seguito riportato l’elenco dei taxa, tratto dal formulario della ZPS Parco
naturale dell’Adamello, che risulta essere più ricca, in termini di rappresentatività,
di quello già riportato per il SIC dei pascoli di Crocedomini.

UCCELLI
Codice
A412
A091
A104
A215
A224
A139
A082
A236
A217
A408
A338
A072
A409
A108
A223
A234
Nome
Alectoris graeca saxatilis
(Meisner, 1804)
Aquila chrysaetos
Bonasa bonasia
Bubo bubo
(Linnaeus, 1758)
Caprimulgus europaeus
(Linnaeus, 1758)
Charadrius morinellus
(Linnaeus, 1758)
Circus cyaneus
(Linnaeus, 1766)
Dryocopus martius
Glaucidium passerinum
(Linnaeus, 1758)
Lagopus mutus helveticus
Lanius collurio
(Linnaeus, 1758)
Pernis apivorus
(Linnaeus, 1758)
Tetrao tetrix
Tetrao urogallus
(Linnaeus, 1758)
Aegolius funereus
Picus canus
Nome volgare
Coturnice
Aquila reale
Francolino di monte
Gufo reale
“Succiacapre”
Piviere tortolino
Albanella reale
Picchio nero
Civetta nana
Pernice bianca
Averla piccola
Falco
pecchiaiolo
occidentale
Fagiano di monte
Gallo cedrone
Civetta capogrosso
Picchio cenerino
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MAMMIFERI

Codice
Nome
1354
Ursus arctos
1304
Rhinolophus ferrumequinum

ANFIBI E RETTILI

PESCI
Codice
1167
Nome volgare
Ferro di cavallo maggiore, Rinofolo
maggiore
Orso bruno
Nome
Triturus carnifex
Codice
1107
1138
Nome
Salmo marmoratus
Barbus meridionalis
Nome volgare
Tritone crestato
Nome volgare
Trota marmorata
Barbo canino
INVERTEBRATI

Codice
1092

Nome
Austropotamobius pallipes
Nome volgare
Gambero di fiume
PIANTE
Codice
1902
1393
Nome
Cypripedium calceolus
Drepanocladus vernicosus
Nome volgare
Scarpetta di venere
-
Vulnerabilità
Uno dei maggiori elementi di vulnerabilità, in particolare per alcune zone del Parco,
è l'eccessiva pressione antropica dovuta alla presenza di itinerari escursionistici e di
impianti sciistici.
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5.3 Riserva naturale orientata “Alto Cadino-Val Fredda”
Le Zone di Riserva Naturale (ZNR) sono i principali ambiti di tutela ambientale
previsti dal PTC del Parco dell’Adamello; questo fatto è ben avvalorato nel
riconoscimento di tali riserve che sono riconosciute come Zone di Protezione
Speciale al codice IT2070401 (ZPS Parco Adamello).
Ognuna di esse è stata istituita per l’elevato grado di naturalità che la
contraddistingue ed è caratterizzata da più o meno rigidi regimi di tutela.
Nel territorio di competenza del parco sono presenti diverse riserve naturali, una
delle quali – la Riserva parziale zoologico-forestale “Alto Cadino-Val Fredda” –
interessa il Comune di Breno.

riserva naturale integrale:
-

“Val Rabbia e Val Gallinera” (Superficie: 943 ha; Codice Natura 2000: 2000 IT2070003;
Comuni interessati: Sonico, Edolo) – in cui viene esercitato il massimo livello di tutela;
riserva naturale orientata:
-
“Val Gallinera-Aviolo” (Superficie: 1.354 ha; Codice Natura 2000: ns; Comuni interessati:
Sonico, Edolo)
-
“Lago d’Arno” (Superficie: 1.006 ha; Codice Natura 2000: 2000 IT2070007; Comuni
interessati: Cevo, Saviore dell’Adamello, Cimbergo)
-

“Alto Cadino-Val Fredda” (Superficie: 1.590 ha; Codice Natura 2000: 2000 IT2070006;
Comuni interessati: Breno, Niardo)
riserva naturale parziale:
-
Morfopaesistica e biologica “Adamello” (Superficie: 12.000 ha; Codice Natura 2000: 2000
IT20700013; Comuni interessati: Saviore dell’Adamello, Edolo, Sonico, Ponte di Legno, Temù)
-
Biologica “Torbiere del Tonale” (Superficie: 46 ha; Codice Natura 2000: 2000 IT2070001;
Comuni interessati: Ponte di legno).
-
Biologica “Torbiere Val
Braone”
(Superficie: 69
IT20700012; Comuni interessati: Braone)
-
ha; Codice
Natura
2000:
2000
Zoologico-forestale “Boschi di Vezza e di Vione” (Superficie: 530 ha; Codice Natura
2000: ns; Comuni interessati: Vione, Vezza d’Oglio, Edolo)
-
Zoologico-forestale “Piz Olda - Pian della Regina” (Superficie: 203 ha; Codice Natura
2000: 2000 IT20700010; Comuni interessati: Sonico)
-
Zoologico-forestale “Frisozzo-Re di Castello” (Superficie: 970 ha; Codice Natura 2000:
ns; Comuni interessati: Cimbergo, Cevo, Cedegolo, Ceto)
-
Morfopaesistica e botanica “Badile-Tredenus” (Superficie: 1.418 ha; Codice Natura 2000:
2000 IT2070003; Comuni interessati: Cimbergo, Ceto)
-
Botanica “Marser-Bos” (Superficie: 911 ha; Codice Natura 2000: 2000 IT2070004; Comuni
interessati: Saviore dell’Adamello, Sonico)
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5.4 PLIS del Barberino
Il Parco del Barberino è situato nel Comune di Cividate Camuno, ente gestore del
PLIS, sulle pendici del grande dosso che emerge dal fondo della Valle Camonica e
compreso tra il fiume Oglio e il torrente Grigna.
Ha un’estensione di 106 ettari e l’altitudine varia dai 252 m s.l.m. (a livello pianura
alluvionale) ai 475 m s.l.m., in corrispondenza della parete meridionale della rupe
del Barberino, che sovrasta il nucleo storico del paese.
Il Parco ha una forma stretta ed allungata, caratterizzata dalla presenza dei rilievi
collinari del Bardisone e del Barberino, ubicati rispettivamente a sud e ad est
dell’abitato. Il rilievo del Barberino costituisce la soglia di un gradino morfologico di
origine glaciale che interrompe il profilo longitudinale del fondovalle. La collina del
Bardisone, invece, si allunga parallelamente alla Val Camonica e separa la piana del
fiume Oglio dal tratto finale della Val Grigna. L’intera superficie del Parco è stata
intensamente sottoposta all’azione erosiva e modellante dei ghiacciai che hanno
creato una morfologia a balze e depressioni poco accentuate e tendenzialmente
arrotondate, tipiche dei rilievi residuali di fondovalle.
La conformazione del
territorio, soprattutto nella zona del Barberino, è dovuta inoltre alla presenza di
fenomeni
carsici
superficiali
che
alterano
e
degradano
le
rocce
calcaree. Successivamente al ritiro del ghiacciaio, la collina del Barberino è stata
incisa linearmente dall’azione erosiva del fiume Oglio che, con la sua lenta e
costante attività, ha creato una gola stretta e ripida situata subito a monte
dell’abitato di Cividate.
Geologia
Il Parco del Barberino è costituito da formazioni rocciose di composizione
prevalentemente carbonatica risalenti al Triassico Medio (250-200 milioni di anni fa)
e riconducibili alle seguenti tipologie:
o
Calcare di Angolo: costituisce gran parte della collina del Bardisone, lungo il lato
meridionale del territorio comunale di Cividate Camuno, al confine con i comuni
di Esine e Berzo Inferiore. La formazione di origine sedimentaria, caratterizzata
da una bassa compattezza, si presenta in strati composti principalmente da
livelli di calcare grigio e grigio scuro, intervallati da argilliti di colore nero.
o
Calcare di Buchenstein: affiora diffusamente nella zona situata a monte del
cimitero e della strada per Berzo Inferiore ed è composto da calcari di colore
grigio scuro o nero, separati da marne argillose nere.
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o
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parte II- IL QUADROCONOSCITIVO
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Calcare di Esino: la formazione caratterizza le pareti rocciose che sovrastano il
nucleo storico di Cividate e l’area di recente urbanizzazione che raccorda
Cividate a Pian Cogno. Si tratta di calcari di colore grigio o grigio-nocciola, talora
rosato. Questi litotipi risultano abbondantemente fossiliferi.
o
Formazione di Breno: l’unità è presente con continuità sul versante destro della
valle ed affiora in modo esteso in tutta la zona della collina del Barberino. È
composta da calcari dolomitici di colore grigio chiaro e da dolomie grigiobianche, generalmente disposti in strati spessi o in banchi.
La vegetazione
Piu’ del 50% dell’area protetta è ricoperta da boschi cedui di latifoglie e quasi la
metà della zona boscata è di proprietà del Comune.
Parte del territorio è ancora coltivata (vigne, mais, frutteti), anche se questa
attività è ormai marginale e secondaria; il resto del Parco invece è costituito da
prati e pascoli.
Una caratteristica poco conosciuta del Parco del Barberino è la varietà di piante
officinali presenti nel suo territorio. Le più diffuse sono il Pungitopo (Ruscus
aculeatus) un piccolo arbusto sempreverde con bacche
sferiche; la Celidonia
(Chelidonium majus) conosciuta anche con il nome di «erba porraia» con un alto
potere sedativo grazie alla presenza di sostanze simili alla morfina e alla
papaverina; la Pervinca (Vinca minor); la Poligala o Falso Bosso (Polygala
chamaebuxus).
Le architetture rurali
Il Parco, specie nella zona di Bardisone, è punteggiato da caratteristiche costruzioni
comunemente conosciuti con il nome dialettale di «caséi». I casei conservano
interessanti presenze di incisioni ed iscrizioni datate su pietra o su legno, murature
con elementi di recupero da demolizioni di antiche costruzioni. Tutti i caselli hanno
un’archittettura ben precisa: presentano un locale-stalla multiuso e un soppalco
adibito a fienile. Le bestie vi stazionavano specialmente in primavera ed autunno
per i lavori del fondo, per consumare il fieno raccolto sul posto per il pascolo e per
crearvi una riserva di concime. In certi periodi di bisogno, il contadino passava al
casello anche la notte usando il fienile come giaciglio. Ogni casello insiste su un
fondo più o meno ampio, per lo più coltivato a vite, a volte con piccolo prato e pochi
alberi da frutto per non danneggiare i vigneti.
Tra le svariate costruzioni contadine che si trovano nel parco, è da citate il famoso
casello «Marchioni» il cui utilizzo all’origine non fosse solamente a scopo agricolo.
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5.5 Il P.T.C.P. e la rete ecologica provinciale
Per rete ecologica s’intende l’insieme delle unita’ ecosistemiche naturali o paranaturali (corsi d’acqua, zone umide e laghetti, boschi e macchie, siepi e filari)
presenti su un dato territorio, tra loro collegate in modo funzionale.
Il comune di Breno è caratterizzato dalla presenza di 7 ambiti che contribuiscono a
costituire la rete ecologica provinciale:

BS1 - Core areas in ambito montano rappresentano ambiti territoriali vasti,
caratterizzati dalla dominanza di elementi naturali di elevato valore naturalistico
ed ecologico e costituiscono dei nodi della rete. Questi nodi si appoggiano
essenzialmente su aree già individuate come Siti di Importanza Comunitaria, ad
elevata naturalita’ attuale, e si collegano idealmente ad una più ampia rete
ecologica di livello internazionale (Rete Natura 2000). Infatti il suddetto ambito
si
sviluppa
per
gran
parte
del
territorio
comunale
specialmente
in
corrispondenza del SIC “Pascoli di Crocedomini – Alta Valcaffaro” e della ZPS

“Parco naturale Adamello”.
BS2 - Aree principali di appoggio in ambito montano individuano aree con
elementi di pregio naturalistico e habitat di interesse comunitario. Sono tipiche
della zona montana e solo una parte specifica del territorio comunale ne è

caratterizzata.
BS5 - Matrici naturali interconnesse alpine: ambito montano che investe la
parte centrale del comune di Breno in cui risulta opportuno il mantenimento
delle valenze naturalistiche ed ecologiche intrinseche presenti anche in
considerazione del loro ruolo ecologico rispetto a quelle degli ambiti confinanti
favorendo azioni di sviluppo locale ecosostenibile ed un adeguato governo degli

effetti ambientali delle trasformazioni
BS8 - Principali linee di connettività ecologica in ambito collinare montano:
rappresentano ambiti territoriali lineari, nei quali si attuano o possono attuare
linee di spostamento di specie di interesse. Nel caso di Breno tali linee sono ben
rappresentate nella parte nord-occidentale, in prossimità del confine con il
Comune di Losine il cui territorio è totalmente caratterizzato dall’ ambito “Core

areas in ambito montano” (BS1).
BS12 - Ambiti urbani e periurbani della ricostruzione ecologica diffusa sono
ambiti caratterizzati dalla presenza di zone periurbane che possono presentano
caratteri di degrado e frammentazione e di aree extraurbane, prevalentemente
aree agricole esterne agli ambiti urbani con consistenti elementi vegetazionali.
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Infatti tale ambito investe la parte del territorio comunale in cui sono dislocati
gran parte degli insediamenti produttivi e i principali centri urbani tra cui la città

di Breno.
BS17 - Corridoi fluviali principali sono ambiti individuati lungo i principali
corsi d’acqua naturali che svolgono, se opportunamente valorizzati, una una
funzione particolarmente importante di connessione ecologica. Nel caso di
Breno tale ambito è presente in corrispondenza del percorso del fiume Oglio che

attraversa la parte nord-occidentale del territorio comunale.
BS26 - Direttrici di collegamento esterno sono sostanzialmente zone poste
al confine amministrativo della Provincia che, in funzione della distribuzione
topografica degli ambienti naturali esterni ed interni, rappresentano punti di
continuità ecologica. Per Breno tale ambito è tipico della parte orientale in
quanto confinante con la Provincia di Trento.
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5.6 Malghe, rifugi e alpeggi
Gli alpeggi nel loro insieme costituiscono un esteso e complesso sistema territoriale
con diverse funzioni da quella produttiva a quella ambientale, paesaggistica,
turistica, storico-culturale, etc.. Si tratta cioè di un ambito territoriale ed economico
che ha un punto di forza nella sua multifunzionalità, sebbene la sua sopravvivenza,
con tutti i valori di cui l’alpicoltura è portatrice, dipende dal mantenimento della
funzione produttiva, che in secoli di attività ha trasformato il paesaggio di
montagna e dato solide radici alle tradizioni e alla cultura delle popolazioni
montanare. E come tale l’alpicoltura, costituita dai sistemi degli alpeggi e delle
aziende zootecniche che stagionalmente vi conferiscono il bestiame, rappresenta un
patrimonio economico, sociale, ambientale e storico-culturale da salvaguardare e
valorizzare.
Molto spesso i termini malga e alpeggio vengono utilizzati come sinonimi: in realtà
sottendono significati differenti che nella pratica possono coincidere. Per malga si
intende l’insieme organico e funzionale di terreni (pascoli, boschi, incolti), fabbricati
e infrastrutture in cui si svolgono le attività agricole. Per alpeggio si intende
l’insieme delle attività agricole ovvero la gestione contestuale ed unitaria di una o
più malghe. In altre parole, la malga costituisce l’entità fisica e/o territoriale
soggetta a lenti mutamenti nel tempo, mentre l’alpeggio rappresenta la gestione
che varia di anno in anno per alcune variabili (periodo di monticazione, personale,
carico animale, produzione, etc.).
Durante l’ultimo secolo i territori montani hanno subito un intenso spopolamento
per effetto di una molteplicità di fattori tra i quali la crisi dell’economia montana
(crescita demografica, scarsità di risorse, concorrenza dell’economia di pianura) e il
progressivo modificarsi delle aspettative della popolazione in termini di qualità della
vita. Questo processo ha drenato forze di lavoro e capitali conducendo ad un
ulteriore aggravamento della situazione economica e sociale delle aree montane, a
cui si sono affiancati nel tempo fenomeni di degrado territoriale e ambientale. In
particolare, le aree in quota, il cui presidio e la cui difesa erano garantiti da sempre
dall’attività zootecnica in alpeggio durante il periodo estivo, hanno sofferto
maggiormente dei fenomeni di abbandono.
La presenza dell’uomo e dei suoi animali sugli alpeggi ha sempre svolto un ruolo
multifunzionale che andava dal recupero di fonti alimentari per il bestiame
altrimenti inutilizzabili, all’ottenimento di prodotti trasformati (formaggio e burro) di
alto pregio, alla tutela, anche inconsapevole, dell’ambiente e del territorio. Come
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già accennato, la scarsa utilizzazione delle superfici pascolive per abbandono o
sottocaricamento ha determinato, in molti casi, la variazione degli equilibri floristici
degli alpeggi con decadimento della qualità dei pascoli per diffusione di specie
erbacee poco appetite e di basso valore nutritivo, o addirittura di specie arbustive o
arboree. Il progressivo peggioramento della qualità dei pascoli, sia in termini di
valore nutritivo della copertura vegetale sia in termini di pascolabilità, per aumento
delle aree cespugliate e arborate, ha a sua volta ulteriormente disincentivato
l’utilizzo degli alpeggi, con perdita per le aziende zootecniche di un’importante
risorsa alimentare e contrazione delle produzioni casearie di pregio. Inoltre la
sospensione degli interventi antropici sul territorio, in particolare per quanto
riguarda la regimazione delle acque, ha favorito l’alterazione dell’equilibrio
idrogeologico della montagna innescando, in alcuni casi, gravi fenomeni di dissesto.
L’incentivazione della presenza dell’uomo e delle mandrie sugli alpeggi rappresenta,
per queste e altre ragioni, un elemento fondamentale per la conservazione e la
valorizzazione della montagna. Non va dimenticato, inoltre, che accanto alle
funzioni più tradizionali, l’alpicoltura odierna è chiamata a svolgere anche un ruolo
importante
nella
tutela
del
valore
paesaggistico
della
montagna
e
nella
conservazione del patrimonio culturale regionale, aspetti che, pur apparendo
secondari, vanno assumendo un significato anche economico nell’ambito delle
attività legate al turismo. Il mantenimento corretto delle aree a pascolo è garanzia
di conservazione della biodiversità vegetale e della diversità paesaggistica: i pascoli
abbandonati o sottocaricati regrediscono velocemente ad aree cespugliate e
successivamente, se la quota lo consente, ad aree arborate con perdita di valore
paesaggistico e semplificazione floristica.
L’alpicoltura contribuisce anche a mantenere e valorizzare la biodiversità in ambito
animale: la montagna infatti è uno dei pochi ambienti, alle nostre latitudini, dove
continua ad avere un significato la conservazione di razze animali autoctone, in
contrapposizione al dilagare delle razze cosmopolite. Nella fascia alpina molte razze
bovine autoctone continuano a risultare concorrenziali, nei confronti di razze più
produttive e specializzate, per la loro capacità di interagire con il territorio e per la
qualità del loro latte che costituisce un fattore di valorizzazione dei prodotti tipici
derivati. Nella realtà lombarda tale biodiversità animale è garantita soprattutto dalle
razze caprine autoctone. Alcune di queste hanno già attivato un libro genealogico,
mentre la razza bovina monticata è principalmente la Bruna.
Nel territorio comunale di Breno sono presenti numerose cascine sparse con piccoli
insediamenti
rurali
minori
(costituiti
da
baite
o
malghe)
abitati
solo
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temporaneamente. Tra le piu’ note Malga Bazena, in prossimità del Passo di
Crocedomini, Malga Bazenina, Malga Cadino (1575 – 2100 m s.l.m.), Malga Degna,
Malga Gaver, Pian d’Astrio.
Tra i rifugi citiamo il rifugio Tassara in Loc. Bazena (1800 m s.l.m.), il rifugio
Crocedomini sul Passo di Crocedomini (1895 m s.l.m.) e il rifugio Tita Secchi (2367
mm s.l.m.) in prossimità della località Lago della Vacca.
5.7 Indirizzi e prescrizioni del P.T.C. del Parco dell’Adamello
La tutela della natura e la preservazione dell’ambiente naturale vengono perseguite
anche mediante i Piani territoriali di coordinamento dei parchi, nei quali possiamo
rinvenire anche prescrizioni di cui è necessario tener conto in sede di pianificazione
urbanistica dei Comuni il cui territorio rientra nell’azzonamento di un parco.
Nel caso specifico di Breno, è necessario tener dunque presente, in sede di
pianificazione urbanistica, dei Piani territoriali di coordinamento del Parco Regionale
dell’Adamello e del Parco Naturale dell’Adamello, pur nella consapevolezza che le
indicazioni e le prescrizioni che possono interessare la definizione dell’assetto
urbanistico del territorio non sono diverse nei due strumenti prima richiamati.
In particolare, per quanto riguarda il Parco Regionale si fa riferimento ai contenuti
della DGR 7/21201 del 24 marzo 2005, mentre per il Parco Naturale si rimanda alla
DCR VIII/74 del 22 novembre 2005, delle quali vengono di seguito riportate le
indicazioni e prescrizioni più significative per quanto concerne la pianificazione
territoriale..
DGR 24 marzo 2005 n.7/21201 “Approvazione della variante al PTC del Parco regionale
dell’Adamello, ai sensi dell’art. 19 della l.r.86/83 e successive modifiche ed integrazioni”
Art. 7 – indirizzi alla pianificazione comunale
“… i Comuni il cui territorio è compreso nel Parco sono tenuti ad osservare gli indirizzi dettati dal Piano e
dalle presenti norme…”
Art.7.3 “… i Comuni si attengono ai seguenti indirizzi:
a) le aree marginali al perimetro del Parco devono preferibilmente essere destinate all’esercizio
dell’agricoltura… ovvero alle attrezzature pubbliche o di interesse pubblico…”
c) le zone industriali, con esclusione di modeste attività produttive non moleste né nocive, devono
essere collocate a congrua distanza dai confini del Parco e devono prevedere equipaggiamento a verde,
con fasce alberate prevalentemente costituite da essenze autoctone”
TITOLO II – AMBITI TERRITORIALI DI TUTELA
Art. 19 – zone di particolare rilevanza paesistico-ambientale
è fatto divieto di:
a) realizzare nuovi edifici
b) coltivare cave o torbiere
c) aprire nuove strade
d) realizzare impianti di risalita e piste da sci
…
g) realizzare discariche di rifiuti ovvero depositi permanenti di materiali dimessi
h) svolgere attività di trasformazione del paesaggio e del territorio con linee aeree.
Art. 22 – zone di iniziativa comunale
Le aree comprese in questa zona sono destinate agli insediamenti urbani, turistici e produttivi… la
disciplina urbanistica è riservata agli strumenti comunali…
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Criteri:
a) deve essere privilegiato e incentivato il recupero del patrimonio edilizio esistente, dettando norme
per la conservazione, la valorizzazione e il recupero dei centri storici;
b) devono essere censiti tutti gli edifici esistenti nel centro storico…
…
e) nelle aree contermini deve essere privilegiato il mantenimento e/o lo svolgimento di attività agricole;
g) nella localizzazione e progettazione di aree artigianali, commerciali o industriali deve essere garantito
un adeguato mascheramento a verde degli edifici, nonché tipologie costruttive ed ingombri in altezza
tali da minimizzare l’impatto visivo.
Art. 23 – zona attrezzature e insediamenti turistici
“1. la zona è destinata al mantenimento, allo sviluppo, al nuovo insediamento di attrezzature, edifici e
impianti per il turismo…
2. Lo strumento urbanistico comunale disciplina la nuova edificazione turistica, i mutamenti di
destinazione d’uso degli edifici… la realizzazione di nuove attrezzature e impianti… nel rispetto del Piano
di settore turismo e dei seguenti criteri:
a) … preventiva valutazione di una gestione razionale delle risorse naturali…
b) … previste opere di urbanizzazione, in particolare parcheggi, idonee…
c) ove la zona sia adiacente al Parco naturale devono essere stabilite congrue distanze di rispetto delle
edificazioni, strade e parcheggi”.
Art. 24 – zona prati terrazzati
3. All’interno della zona prati terrazzati gli strumenti urbanisticicomunali… devono:
- promuovere la conservazione e lo sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali tradizionali e favorire
l’attività agri-turistiche;
- promuovere il recupero dell’edificato esistente…
- garantire il mantenimento a prato o coltivo degli spazi aperti…
4. Gli strumenti urbanistici generali devono riferisrsi ai seguenti criteri:
a) ogni intervento edilizio deve essere condotto nel rispetto dei caratteri architettonici e dell’ambiente
tradizionali…
b) deve essere garantita la conservazione rigorosa degli spazi aperti, con divieto di recinzioni fisse, di
trasformazione a giardino, di piantumazione con specie ornamentali o comunque non autoctone;
c) è prescritto il mantenimento dei terrazzamenti e relativi muri di sostegno… è comunque consentito,
per le aree comprese entro l’Orizzonte antropico, l’impianto di frutteti e di altre colture agricole
specializzate…
DCR 22 novembre 2005 – n. VIII/74
Piano Territoriale di Coordinamento del Parco Naturale dell’Adamello ai sensi dell’art.4 della
l.r. 1 dicembre 2003, n.23
Titolo III
DISCIPLINA DEL PARCO NATURALE DELL’ADAMELLO
Art. 6 – Disposizioni comuni
Nel parco è fatto divieto di:
…
c) aprire cave, coltivare torbiere ed estrarne inerti, realizzare discariche di rifiuti e depositi permanenti
di materiali dimessi;
e) realizzare nuovi elettrodotti e svolgere attività di trasformazione del paesaggio e del territorio con
altre linee aeree, fatti salvi la manutenzione e l’adeguamento tecnologico di quelle esistenti;
h) realizzare nuovi bacini ed impianti idroelettrici e nuove derivazioni o captazioni d’acqua ed attuare
interventi che modifichino il regime idrico e la composizione delle acque…
k) realizzare recinzioni fisse;
o) istituire zone di addestramento cani;
a)
b)
c)
d)
art. 8 – Zone di riserva naturale orientata
in aggiunta a quanto descritto all’art. 6, nelle zone di riserva natuale orientata è fatto divieto di:
realizzare nuovi edifici, nonché attuare interventi in quelli esistenti non finalizzati all’ordinaria e
straordinaria manutenzione, al consolidamento, restauro o ristrutturazione edilizia senza demolizione,
che non comportino modifiche di superficie o di sagoma o delle destinazioni d’uso… (fatto salvo deroghe
per malghe e rifugi)
aprire nuove strade, asfaltare o ampliare quelle esistenti, fatta salva la realizzazione di eventuali
nuove piste di servizio agro-silvo-pastorale, previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica da parte
dell’ente gestore…
effettuare interventi che mutino la destinazione a bosco dei suoli o comportino una trasformazione
d’uso dei boschi, fatto salvo quanto direttamente eseguito dall’ente gestore ovvero dallo stesso
autorizzato;
aprire piste da sci e realizzare condotte ed impianti, anche di risalita.
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6. L’ATTIVITA’ ITTICA E VENATORIA
6.1 La pesca
Al giorno d’oggi quando si parla di pesca ci si riferisce soprattutto alla pesca
dilettantistica nelle sue diverse forme. Tale attività, che nella Provincia di Brescia
riguarda più di 35.000 persone, è rivolta alle popolazioni ittiche naturali dei nostri
ambienti acquatici che comprendono anche specie di notevole interesse faunistico,
perché molto rare o in via di estinzione, la cui gestione oculata diviene quindi di
particolare importanza.
Dal punto di vista normativo, la pesca è regolata dalla Legge Regionale n. 12/2001
“Norme per l’incremento del patrimonio ittico e l’esercizio della pesca nelle acque
della Regione Lombardia” il cui obbiettivo è di tutelare la fauna ittica, al fine di
preservare la qualità dell’ambiente e dal Regolamento Regionale n. 9/2003; da
ultimo, ma non meno importante, è da ricordare il complesso delle norme
riguardanti le aree protette, che nel territorio bresciano occupano porzioni rilevanti
di territorio, soprattutto montano.
Le acque del Comune di Breno, in quanto interessato in particolare dal fiume Oglio,
dal fiume Caffaro e da parte dei loro affluenti, rientrano nella categoria B.
La classificazione delle acque provinciali
Sulla base dell’articolo 7 della Legge Regionale 12/2001, ai fini della pesca, le acque provinciali
sono distinte in acque di tipo A, di tipo B e di tipo C e acque pubbliche in disponibilità privata.
Le acque di tipo A sono quelle dei grandi corpi idrici (laghi) con popolamenti ittici abbondanti e
diversificati che rappresentano anche risorse economiche per la pesca professionale.
Le acque di tipo B sono quelle che, naturalmente, per le loro caratteristiche chimico-fisiche sono
popolate principalmente da specie ittiche salmonicole.
Le acque di tipo C sono quelle che, naturalmente, per le loro caratteristiche chimico-fisiche sono
popolate principalmente da specie ittiche ciprinicole o comunque non salmonicole.
Il Fiume Oglio
Facendo riferimento al Piano Ittico Provinciale, il tratto di fiume Oglio che scorre nel
territorio comunale di Breno si inserisce pienamente nella zona ittica della trota
marmorata/temolo.
Lo stato reale dell’ittiofauna evidenzia però un forte scostamento da tale
vocazionalità ittica naturale; la trota marmorata infatti è presente con esemplari
puri solo in modo piuttosto occasionale e principalmente nella zona tra Ceto e
Darfo. Migliore è la situazione per quanto riguarda l’ibrido tra trota marmorata e
trota fario, che presenta popolazioni di buona consistenza sempre nel tratto tra
Ceto e Darfo; la trota fario invece è discretamente rappresentata nella parte alta
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tra Capo di Ponte e Ceto, mentre è numericamente inferiore all’ibrido nella parte
bassa a dispetto delle massicce immissioni di cui è oggetto. Il temolo è presente in
modo
sporadico,
con
una
maggiore
consistenza
in
prossimità
del
confine
provinciale. Anche in questo tratto il problema principale è dato dalle derivazioni
idriche, con particolare riferimento a quella sul Fiume Oglio posta ad Esine, che
riducono
qualità
e
quantità
dell’habitat
acquatico
e
che
interrompono
la
percorribilità fluviale. La situazione delle popolazioni di trota fario sul versante
idrografico destro di questa parte del bacino dell’Oglio è migliore che a monte. I
tributari del lato sinistro sono invece per lo più gravemente compromessi dalle
derivazioni idriche, che limitano la presenza di fauna ittica ai tratti più elevati o a
quelli poco a monte delle captazioni prima della foce.
Il Fiume Caffaro
Il primo tratto di F. Caffaro, dalle sorgenti all’invaso di Ponte Dasera, e i relativi
affluenti, appartengono alla zona ittica della trota fario; dal punto di vista
qualitativo tale vocazionalità è rispettata, fatta eccezione per il tratto di Caffaro
nella piana del Gaver, dove si è insediata una popolazione di salmerino di fonte. La
situazione delle popolazioni di trota fario è però poco soddisfacente in termini
quantitativi e di struttura, in quanto i tratti indagati hanno mostrato situazioni
alterate rispetto alle potenzialità ittiche teoriche dei tratti. Ciò è da attribuirsi
principalmente all’alterazione dei regimi idrologici naturali che penalizzano la qualità
e la quantità degli habitat acquatici.
Il tratto di F. Caffaro dall’invaso di ponte Dasera alla foce nel Fiume Chiese
presenta dal punto di vista della zonazione ittica una vocazionalità iniziale di
transizione tra la zona della trota fario e quella della trota mormorata.
Gli affluenti mantengono invece caratteristiche tipiche della zona della trota fario. I
risultati delle indagini hanno evidenziato che la presenza di esemplari puri di trota
marmorata è assai rara.
Specie oggetto di particolare tutela
In virtù del particolare pregio faunistico di alcune specie ittiche e dello stato di forte
contrazione che le stesse hanno mostrato sul territorio, viene definito uno stato di
particolare tutela, che si traduce nel divieto di pesca temporaneo, per le specie di
seguito elencate:
o
o
o
o
Lasca (Chondrostoma genei);
Barbo canino (Barbus meridionalis);
Scazzone (Cottus gobio)
Spinarello (Gasterosteus aculeatus).
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6.2 La caccia
Facendo riferimento alla normativa vigente, uno dei capisaldi su cui si basa la legge
11 febbraio 1992, n. 157 concerne la pianificazione territoriale e la caccia
programmata. Si tratta cioè dell’utilizzazione differenziata del territorio agro-silvo-
pastorale e della distribuzione equilibrata dei cacciatori nelle zone (ambiti territoriali
in pianura e comprensori alpini nelle zone montane) in cui è consentito il prelievo
venatorio. Secondo l’art. 28 della L.R. 26/93 gli ambiti territoriali e i comprensori
alpini devono essere delimitati da confini naturali, o rilevanti opere o manufatti e la
loro dimensione deve essere, di regola, di 15.000 ettari; può tuttavia essere più
ampia in zona montana e più ridotta in zona di pianura. Caratteristica fondamentale
è che i rispettivi territori devono avere una omogeneità anche sotto il profilo
gestionale.
In Provincia di Brescia sono presenti 6 ambiti territoriali e 8 comprensori alpini. Di
questi ultimi quattro coprono la Valle Camonica, uno il Sebino Bresciano, uno la
Valle Sabbia, uno la Valle Trompia, uno l’Alto Garda Bresciano.
Dei quattro comprensori alpini che ricadono in Valle Camonica, il Comune di Breno
risulta interessato dal C3 “Comprensorio Alpino di Caccia Bassa Valle Camonica”
(che ha sede proprio a Breno) e dal C7 “Comprensorio Alpino di Caccia Valle
Sabbia”
Il comprensorio C3 si sviluppa per gran parte nella porzione ovest nel territorio
comunale dove sono prevalentemente dislocate le aree urbanizzate; una parte è
presente anche nella porzione più a est, in corrispondenza del SIC Pascoli di Croce
Domini – Alta
Val Caffaro e
della
ZPS
Parco Naturale
Adamello cosi
come anche il
comprensorio
C7.
Ambiti territoriali e Comprensori alpini di Caccia
della Provincia di Brescia
Denominazione
Sede
AMBITO TERITORIALE DI CACCIA UNICO BRESCIA
BRESCIA
ATC – A1 – A2 – EX ATC 2
Comprensorio Alpino di Caccia
VEZZA D'OGLIO
C 1 PONTE DI LEGNO
Comprensorio Alpino di Caccia
EDOLO
C 2 EDOLO
Comprensorio Alpino di Caccia
BRENO
C 3 MEDIA VALLE CAMONICA
Comprensorio Alpino di Caccia
DARFO BOARIO TERME
C 4 BASSA VALLE CAMONICA
Comprensorio Alpino di Caccia
PISOGNE
C 5 SEBINO
Comprensorio Alpino di Caccia
PEZZAZE - frazione Lavone
C 6 VALLE TROMPIA
Comprensorio Alpino di Caccia
VESTONE – frazione Nozza
C 7 VALLE SABBIA
Comprensorio Alpino di Caccia
GARGNANO
C 8 ALTO GARDA
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7. L’AMBIENTE ANTROPICO
7.1 il centro abitato secondo il vigente P.R. G.
Storicamente definito, fin dagli albori delle vicende umane che hanno interessato la
valle Camonica,
dalla funzione svolta dal castello, al pari degli altri centri del
fondovalle, l’evoluzione storica dell’abitato di Breno è stata fortemente influenzata
dall’asse viario camuno. Il centro storico si è venuto via via sviluppando per
successive gemmazioni, occupando le pendici di sud-est poste ai piedi della rocca.
Anche l’evoluzione novecentesca segue questo andamento, così che il centro
abitato si espande soprattutto nella zona pianeggiante posta a est e che risale
lungo la valle a partire dal castello. Anche gli imponenti insediamenti siderurgici,
legati, nella loro ubicazione, anche dalla disponibilità/comodità dei rifornimenti
idrici, seguono la medesima strada, come attesta la vasta zona produttiva che si è
potuta avvalere anche della presenza della ferrovia di valle.
La storia antica e recente ci consegna, dunque, il centro abitato del capoluogo
fortemente coeso e disteso sulla conoide posta a est/nord-est del castello e
completamente in sinistra idrografica dell’Oglio (che, di fatto, salvo una modesta
propaggine posta in destra idrografica, funge da confine del Comune di Breno).
Solo alcune espansioni residenziali in loc. Bilone, Mezzarro e La Madonnina (posta
quest’ultima a occupare parte delle pendici sud occidentali della rocca), sfuggono a
questa logica, senza alterarne, tuttavia, la valenza complessiva, in termini di peso e
distribuzione insediativa.
Seguendo, da sud a nord, l’andamento del fondovalle, si può infine notare la
presenza di spazi a vocazione residenziale posti al termine della vasta area
produttiva brenese: sono queste le poche case delle località Gera e Casella a
confine con il Comune di Niardo.
Sempre all’interno dell’abitato del capoluogo, infine, è da notare la presenza di
consistenti aree ed edifici a destinazione pubblica, che attestano la funzione di polo
per la media valle (se non anche per l’intera valle Camonica), svolto da Breno nel
corso dei secoli e confermato anche nella storia più recente e odierna.
Accanto al capoluogo, inoltre, non vanno dimenticate le frazioni storiche di Pescarzo
e Astrio, i cui nuclei originari sono stati interessate da un’espansione novecentesca
che possiamo definire contenuta nelle dimensioni e tale da non vanificare la
leggibilità del patrimonio storico che ci è stato tramandato dal passato.
A concludere questa brevissima presentazione della zona urbana si ritiene debbano
essere le recenti espansioni a vocazione turistica, a cominciare dalle case che
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sorgono in loc. Pian d’Astrio (a una quota di circa 1.300 m/slm), per concludere con
le zone a vocazione turistica che interessano il comparto orientale del Comune di
Breno (che sono le uniche presenze di attività edilizia in questo settore del territorio
comunale, fatta eccezione per la presenza delle costruzioni legate all’alpeggio).
La prima espansione a vocazione turistica sorge in loc. Bazena, a quota 1.800
m/slm, poco discosta dall’omonima malga: si tratta di un numero esiguo di edifici a
destinazione residenziale, cu si aggiunge un edificio originariamente destinato ad
albergo.
Più significativo, come superficie dell’area a vocazione turistica, se non per numero
di edifici esistenti, risulta essere l’insediamento del Gaver, che si sviluppa attorno
allo storico albergo Blumone.
Secondo il vigente PRG, la zona A, corrispondente ai diversi centri storici che
originariamente formavano l’abitato brenese, si estende per una superficie pari a
240.000 mq. Le zone destinate alla residenza ammontano a circa 850.000 mq
(300.000 dei quali corrispondono alle zone C), mentre la superficie destinata alle
attività produttive (zone D, articolate in diverse categorie) risulta di poco superiore
ai 350.000 mq.
260.000 mq, infine, sono destinati dal vigente strumento urbanistico alle attività
turistiche (spazi turistici e ricettivi e relativi servizi pubblici).
Com une di BRENO - azzonam ento P.R.G. vigente - percentualke destinazioni funzionali
2% 1%
7%
12%
zona A
zona B
16%
zona C
zona D
ricettivo
26%
1%
4%
SP ind
SP res
SP tur
17%
14%
SP tecnologici
turismo
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7.2 sensibilità archeologiche
Una particolare attenzione, nel caso del Comune di Breno, deve essere dedicata alle
sensibilità archeologiche che testimoniano l’antichità dell’insediamento brenese e la
funzione storica svolta da questo sito nel corso del tempo.
Soccorre, in questa direzione, la Carta Archeologica della Provincia di Brescia, che
riporta le seguenti testimonianze archeologiche rinvenute in ambito brenese:
21
27
24
17
23
25
26
19
20
22
1
18
028-004
028-012
028-007
028-010
028-006
028-008
028-009
028-002
028-003
028-005
028-011
028-001
loc. Lavarino
loc case brusade
loc val Morina
loc. Castello
vic Mezzarro
loc La Oneda
cortile Ronchi
via Garibaldi
via Garibaldi
chiesa s maurizi
Spinera
fraz Mezzarro
preistorico
preistorico
preistorico
preistorico
preistorico
romano
romano
romano
romano
romano
romano
altomediev
Tra queste, la più importante è certamente il sito della località Spinera, che si trova
a sud di Breno, sulla sinistra orografica della Valle, al confine con il territorio di
Cividate Camuno. Qui in epoca romana sorgeva un santuario dedicato a Minerva e
al culto delle acque, in una zona segnata da rocce tufacee e da teste di sorgenti
sgorganti dalle grotte.
La scoperta del sito archeologico di Spinera risale ad una ventina di anni fa, quando
-
durante gli scavi per la fognatura di Mezzarro - vennero alla luce i resti di un
pavimento a mosaico. Le campagne successive hanno permesso di mettere in
evidenza, proprio sotto l'imboccatura principale delle grotte, nella terrazza
antistante il santuario di Età Flavia, anche i resti ben leggibili di un recinto culturale
databile al V secolo a. C. dedicato a una divinità femminile legata al culto
dell'acqua. Quello di Spinera è uno dei luoghi di culto più significativi e frequentati
nel contesto della romanità camuna, come testimonia la statua acefala di Minerva
rinvenuta sul posto e ora esposta nel Museo romano di Cividate.
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7.3 la qualità dell’aria
Dalla combinazione dei dati dell’inventario delle emissioni in atmosfera e dai dati
rilevati dalle centraline di monitoraggio fino al 1997, unitamente ad altri parametri
e valutazioni, si è giunti al Piano Regionale per la Qualità dell’Aria della Regione
Lombardia (Deliberazione n. 46847 del dicembre 1999 - Giunta della Regione
Lombardia), individua le aree critiche della regione, attraverso una classificazione
dei comuni secondo un “livello di criticità”, definito in base a una valutazione
complessiva degli elementi che caratterizzano l’aria ambiente.
Per definire la criticità a livello di territorio comunale, è stato adottato il seguente
schema:

Calcolo del contributo emissivo totale (per CO, NOx, SO2 e NMCOV) per i

Individuazione per ogni comune del peso percentuale delle sorgenti di tipo

singoli comuni
“industriale”, “urbano-abitativo” e “traffico”
Classificazione degli indici di qualità dell’aria in base alla provincia di
appartenenza del singolo comune e alla tipologia di stazione di rilevamento
Attraverso l’elaborazione e l’incrocio dei diversi parametri, sono stati attribuiti dei
punteggi per il livello di criticità, che varia dal minimo di 11 a un massimo di 62 punti
(Comune di Milano), con
un valore medio regionale
di 21 e la suddivisione dei
Comuni in quattro classi di
classe
1
2
3
4
intervalli
stato ambientale
<20
BUONO STATO AMBIENTALE
20-30
PRESERVAZIONE DELLO STATO AMBIENTALE
30-35
RISANAMENTO AMBIENTALE
35-60
criticità.
Al Comune di Breno, insieme ad alcuni altri della Valle Canonica, viene attribuito un
indice complessivo di criticità pari a 21, che è appena superiore alla soglia definita
di “Buono stato ambientale”.
Per quanto riguarda l’apporto delle diverse fonti al quadro emissivo complessivo, si
riporta inoltre la composizione percentuale per tipo di inquinante, così come risulta
dall’elaborazione dei dati forniti dall’inventario regionale (INEMAR).
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7.4 il rumore
Il rumore
La normativa regionale di riferimento in tema di inquinamento acustico è la Legge
Regionale 13/2001, nella quale vengono:

definiti i criteri per la classificazione acustica comunale

delineati i rapporti tra la classificazione acustica e la pianificazione urbanistica


stabilite procedure per la classificazione acustica del territorio
definiti i requisiti acustici degli edifici e delle sorgenti sonore interne
La Delibera di Giunta Regionale del 12 Luglio 2002, infine, definisce i criteri in base
ai quali si deve procedere per giungere alla zonizzazione acustica comunale.
Le linee guida della Regione Lombardia costituiscono un riferimento anche per
l’attribuzione di una classe acustica alle infrastrutture stradali, in base alla categoria
di appartenenza (secondo il Codice della Strada), che vanno, tuttavia, adeguate al
successivo DPR 30 marzo 2004 n.142.
Dalla letteratura in materia e dal complesso delle norme attualmente vigenti, viene
confermato che le principali sorgenti dell’inquinamento acustico in ambito urbano
vanno ricondotte a:

Traffico stradale: rappresenta la forma di disturbo che interessa il più elevato
numero di cittadini, ed è generato, principalmente, dal rotolamento dei
pneumatici sulla superficie stradale (le altre sorgenti – quali il motore o l’attrito
con l’aria – risultano meno importanti specialmente nelle condizioni di traffico

extraurbano e soprattutto quando la velocità supera i 50 km/h).
Traffico ferroviario e aereo: interessano un più limitato numero di persone
esposte, rispetto al traffico stradale, anche se – negli ultimi anni – è
considerevolmente aumentato il volume di traffico aereo, che determina però un
grado elevato di disturbo solo in prossimità degli aeroporti e dei “corridoi di
sorvolo”. Nel caso del traffico ferroviario, una certa assuefazione è favorita da
una traccia acustica stabile e dalla debole impulsività di tale rumore.
Per quanto riguarda le attività industriali e artigianali, si osserva che l’inquinamento
acustico da queste indotto non ha subito significativi incrementi negli ultimi anni,
anche per i miglioramenti dettati dalla legislazione in tema di sicurezza dei luoghi di
lavoro e tutela dei lavoratori: questo non toglie che le zone prevalentemente o
esclusivamente produttive debbano essere classificate con i limiti più elevati tra
quelli consentiti dalla normativa.
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La normativa riguardante le infrastrutture di trasporto
D.P.R. 18.11.98 n. 459 - stabilisce le norme per la prevenzione ed il contenimento dell’inquinamento da rumore
avente origine dall’esercizio delle ferrovie e delle linee metropolitane di superficie, con esclusione delle tramvie e
delle funicolari.
Il decreto esclude anzitutto tali infrastrutture dall’applicazione delle disposizioni del D.P.C.M. 14.11.97 riguardanti i
valori limite di emissione, i valori di attenzione e i valori di qualità. Per tutte le infrastrutture ferroviarie viene
definita una fascia di pertinenza di 250 metri per ciascun lato; per le infrastrutture con velocità di progetto inferiore
a 200 Km/h tale fascia è ulteriormente suddivisa un due parti denominate fascia A (i primi 100 metri) e B (dai 100
ai 250 metri). All’interno delle fasce di pertinenza vengono fissati dei valori limite di immissione del rumore
prodotto dall’infrastruttura che sostituiscono quelli derivanti dalla classificazione acustica del territorio (stabiliti dal
D.P.C.M. 14.11.97), che mantengono invece la loro validità all’esterno delle fasce.
D.P.R. 30 marzo 2004 n. 142 - stabilisce le disposizioni per il contenimento e la prevenzione dell’inquinamento
acustico derivante dal traffico veicolare delle infrastrutture stradali, in attuazione di quanto previsto dall’art.11 della
L.447/95.
Il criterio generale adottato è del tutto analogo a quanto fatto per le infrastrutture ferroviarie. Anche per le strade
non si applicano i valori limite di emissione, i valori di attenzione e i valori di qualità fissati dal D.P.C.M. 14.11.97,
mentre all’interno delle fasce di pertinenza vengono stabiliti dei valori limite di immissione (per il solo rumore
prodotto dall’infrastruttura) che sostituiscono quelli derivanti dalla classificazione acustica del territorio (sempre
stabiliti dal D.P.C.M. 14.11.97), che mantengono invece la loro validità all’esterno delle fasce. L’ampiezza delle
fasce di pertinenza ed i valori limite sono variabili in funzione del tipo di strada, nonché distinti tra infrastrutture
esistenti e di nuova realizzazione.
Guardando alla zonizzazione acustica di Breno, si può osservare che non vengono
individuate zone in classe VI, forse anche a causa della dismissione di buona parte
delle attivistà siderurgiche un tempo attive nel contesto comunale e che le zone
produttive sono ricondotte alla classe V.
Più nel dettaglio, dalla zonizzazione acustica comunale si ricava quanto segue:
CLASSE I - AREE PARTICOLARMENTE PROTETTE
Rientrano in questa classe le aree nelle quali la quiete rappresenta un elemento di
base per la loro utilizzazione: aree ospedaliere, scolastiche, aree destinate al riposo
ed allo svago, aree residenziali rurali, aree di particolare interesse urbanistico,
parchi pubblici, ecc.
Nel Comune di Breno si sono evidenziate 6 aree che possono essere inserite in
classe I e precisamente:
o
o
il castello
le scuole poste in via Folgore (Liceo C. Golgi e I.P.S.I.A.)
o
le scuole poste in via Martiri della Libertà - via Don Putelli (Istituto comprensivo
o
il cimitero del capoluogo;
o
o
F. Tonolini, Istituto Professionale di Stato per il Commercio)
il cimitero di Astrio;
il cimitero di Pescarzo.
CLASSE II - AREE DESTINATE AD USO PREVALENTEMENTE RESIDENZIALE
Rientrano in questa classe le aree urbane interessate prevalentemente da traffico
veicolare locale, con bassa densità di popolazione, con limitata presenza di attività
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commerciali ed assenza di attività industriali ed artigianali. Le porzioni di territorio a
cui è stata assegnata la classe II sono quelle con principale destinazione urbanistica
residenziale.
Non tutte le aree a destinazione urbanistica residenziale sono state inserite in
classe II in quanto, come dettato dalle norme, la presente zonizzazione è stata
redatta impostando inizialmente le classi IV dovute alle infrastrutture stradali, le
classi V
dovute alle industrie e le classi I. Pertanto le zone in classe II si sono
“adattate”, nel rispetto delle caratteristiche urbanistiche, alle classi prima citate,
evitando contatti tra aree con salto maggiore di una classe.
CLASSE III - AREE DI TIPO MISTO
Rientrano in questa classe le aree urbane interessate da traffico veicolare locale o di
attraversamento, con media densità di popolazione, con presenza di attività
commerciali e uffici, con limitata presenza di attività artigianali e con assenza di
attività industriali, nonché le aree rurali interessate da attività che impiegano
macchine operatrici.
Coerentemente a quanto previsto dalla definizione ufficiale, è stato classificato in
classe III tutto il territorio rurale “interessato da attività che impiegano macchine
operatrici da identificarsi con le aree coltivate e con quelle interessate dall’attività di
insediamenti zootecnici” (ad esclusione di casi eccezionali quali fasce di tutela
relative alle strade ad intenso traffico, tutte le aree urbanizzate caratterizzate da
una media densità di popolazione (una parte significativa del nucleo abitato) o
prossime alle vie di comunicazione di attraversamento.
CLASSE IV - AREE DI INTENSA ATTIVITÀ UMANA
Rientrano in questa classe le aree urbane interessate da intenso traffico veicolare,
con alta densità di popolazione, con elevata presenza di attività commerciali e uffici,
con presenza di attività artigianali, nonchè le aree in prossimità di strade di grande
comunicazione, di linee ferroviarie, e le aree con limitata presenza di piccole
industrie.
All’interno della porzione di territorio collocata in classe IV è stato classificato il
territorio comunale circostante le due principali vie di comunicazione e le fasce
“cuscinetto” di rispetto alla classe V.
CLASSE V - AREE PREVALENTEMENTE INDUSTRIALI
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Rientrano in questa classe le aree interessate da insediamenti industriali e con
scarsità di abitazioni.
L’insediamento
industriale
più
importante
per
dimensioni
e
produzione
è
certamente lo stabilimento Tassara-Fornileghe che caratterizza tutta l’area a NordEst del capoluogo compresa la linea ferroviaria e la ex S.S. n. 42.
LINEE DI COMUNICAZIONE
La presenza di infrastrutture di trasporto condiziona, com’è intuibile, il clima
acustico del territorio comunale di Breno.
Le uniche strade che per dimensioni e flusso di traffico sono inserite in classe IV con
le rispettive aree di rispetto sono:
-
ex S.S. 42 (ora strada provinciale) che collega Brescia a Edolo e attorno alla
quale si sviluppa il centro urbano di Breno;
-
superstrada Darfo – Edolo con tratti in galleria e rilevato.
Per dette infrastrutture l’intero tratto di percorrenza in Comune di Breno è stato
classificato in classe IV applicando la specifica prescrizione prevista dai criteri
tecnici di cui alla D.G.R. n. VII/9776 del 2002, secondo la quale sono da attribuire
alla classe IV le aree prospicienti le strade primarie e di scorrimento quali ad
esempio
tronchi terminali
o
passanti
di autostrade,
penetrazione e di attraversamento dell’area urbana.
tangenziali,
strade di
Per quanto concerne la ferrovia Brescia – Edolo è stato considerato che l'intensità e
il tipo di traffico è di circa 20 treni al giorno per trasporto passeggeri e circa 5 treni
merci, nessun treno di notte e le caratteristiche specifiche di utilizzo della linea
vedono i convogli ferroviari con poche carrozze e che procedono a bassa velocità di
percorrenza, con conseguente ridotto rumore di rotolamento e aerodinamico.
Alla luce di queste caratteristiche, la ferrovia viene considerata parte integrante
dell'area di appartenenza ai fini della classificazione acustica, ovvero, per essa non
si ha fascia di pertinenza ed assume la classe delle aree circostanti.
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7.5 elettrosmog
Quando si parla di inquinamento elettromagnetico, o elettrosmog, ci si riferisce
esclusivamente alla presenza di radiazioni nell’ambiente in cui vive l’uomo.
All’elettromagnetismo naturale (derivante dal sole e da alcuni fenomeni naturali
come i fulmini o alla stessa massa della terra), si è venuta aggiungendo – nel corso
del tempo – la presenza di campi elettromagnetici derivanti da sorgenti artificiali.
Qualsiasi conduttore percorso da corrente elettrica, infatti, genera un campo
elettromagnetico e funzionano mediante onde elettromagnetiche le comunicazioni
radiotelevisive. In quest’ultimo settore, negli ultimissimi anni, si sono aggiunte le
onde elettromagnetiche dovute alla telefonia mobile.
Le sorgenti di campi elettromagnetici (CEM), possono essere, a loro volta,
suddivise in due categorie:

sorgenti di campi a frequenza estremamente bassa da 0 a 300 Hz (sorgenti

sorgenti di campi ad alta frequenza, che comprendono le radiofrequenze, da
ELF: Extremely Low Frequency),
300 Hz a 300 MHz (sorgenti RF) e le microonde, da 300 MHz a 300 GHz
(sorgenti MW: MicroWaves).
Ai due gruppi di frequenze sono associati diversi meccanismi di interazione con la
materia vivente e, conseguentemente, diversi rischi potenziali per la salute umana.
I campi ad alta frequenza (RF), infatti, cedono energia ai tessuti sotto forma di
riscaldamento, mentre i campi a bassa frequenza (ELF) inducono delle correnti nel
corpo umano.
Elettrodotti e campi elettromagnetici ELF
Il territorio di Breno è interessato dall’attraversamento di diversi elettrodotti, al pari
dell’intera Valle Canonica, dove la ricchezza di acque ha favorito la nascita
dell’industri idroelettrica fin dagli inizi del secolo scorso.
Numerose le dorsali ad AT che interessano il territorio brenese, a cominciare dalla
presenza di una linea a 380.000 V che passa, in direzione est, a ragguardevole
distanza dall’abitato, tanto da non essere necessario tenerne conto per quanto
riguarda eventuali ripercussioni sull’ambiente urbano.
Diversa, invece, la situazione per quel che riguarda la presenza di linee a 132.000
V, due delle quali – di proprietà Terna e Edison – transitano in prossimità della zona
abitata e, soprattutto nel caso della linea Edison, già risultano in alcuni tratti,
interessare le zone occupate dalle abitazioni. Aldilà di queste considerazioni , che
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altyro non possono porsi se non come semplice ricognizione, si ritiene necessario
tener conto della presenza delle linee AT nel momento della previsione di nuove
aree da destinare all’espansione residenziale, quali elementi di criticità sicuramente
significativa.
7.6 Impianti trattamento rifiuti, discariche e siti inquinati
La presenza di acciaierie di forte potenzialità produttiva nel secondo Dopoguerra ha
rappresentato anche la prosecuzione di una tradizione nella lavorazione dei metalli
che ha avuto nella Valle Canonica un sito di particolare importanza nella storia
bresciana.
Del tutto assenti, per diversi decenni, i presidi atti a contenere la fuoriuscita dei
fumi (quando la fusione avveniva mediante “forno aperto”) e, nel contempo,
modeste anche le cautele nel prevenire/contenere altre forme di inquinamento, a
cominciare da quello del sottosuolo.
Nel caso di Breno, è necessario riportare in questa sede la presenza di un sito di
particolare significatività, riconducibile all’attività della ditta Tassara.
Da una prima e sommaria ricognizione delle procedure amministrative poste in
essere, si ricava il seguente quadro, che vede l’avvio nel 1980 e ancora deve
giungere a una conclusione definitiva, a testimoniare della complessità della
situazione:
1980 – richiesta di autorizzazione alla Regione Lombardia per l’esercizio della
discarica
1983 – successive integrazioni alla richiesta di autorizzazione
DGR 7 maggio 1985 n. III/51890 – Prescrizioni transitorie per il giacimento
controllato di rifiuti della ditta Tassara di Breno
Giugno 1986 – presentazione del progetto di bonifica del sito in cui risulta
effettuato lo stoccaggio delle polveri di abbattimento fumi, effettuato in modo
non conforme, in vasca di cemento
23 settembre 1986 – avvio della procedura di bonifica e nulla osta provinciale
7 gennaio 1987 – sopralluogo della Provincia per verificare che le operazioni di
bonifica siano state effettivamente avviate
12 febbraio 1992 – sopralluogo della Provincia per la conclusione dei lavori di
bonifica.
L’area è stata ceduta alla ditat Fornileghe spa.
Agosto 2006
La ditta Tassara comunica alla Provincia di Brescia di essere proprietaria di un
sito potenzialmente inquinato, ma di non essere responsabile dell’eventuale stato
di contaminazione del sito stesso: la denuncia, quindi, viene fatta dalla Tassara in
qualità di proprietaria del sito, non di responsabile del fatto.
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8 Novembre 2006
Riunione tecnica presso il Comune di Breno, nella quale si evidenzia che il sito è
dimesso e abbandonato da circa 20 anni
Dal verbale della riunione, risulta che si tratta di una potenziale “contaminazione
storica” per la quale non è possibile individuare oggi un responsabile. E’
necessario, di contro, procedere alla “perimetrazioen e caratterizzazione” del sito,
in modo da verificare tipologia dei rifiuti smaltiti e profondità cui arriva lo
stoccaggio.
15 febbraio 2007
Relazione della ditta Tassara sulla situazione del sito
18 settembre 2007
Conferenza di servizi in cui si richiede un ulteriore monitoraggio del sito, in
aggiunta a quanto già prodotto dalla ditta Tassara.
5 febbraio 2008
Comunicazione della ditta Tassara con la quale si dichiara di annullare la
comunicazione dell’agosto 2006 e nella quale la stessa ditta si dichiara
responsabile dell’eventuale situazione di inquinamento del sito e si impegna a
procedere all’eventuale operazione di bonifica.
Considerata la complessità della situazione, non si ritiene possibile, in questa sede,
procedere a ulteriori approfondimenti e non resta che concludere indicando il sito in
questione e le aree immediatamente viciniori come zone caratterizzate da forte
criticità ambientale, tale da impedire attività umane che comportino la residenza o
lo stazionamento delle persone per periodi di tempo prolungati.
A conclusione di questo paragrafo, infine, si ricorda la localizzazione, in ambito
comunale, di due attività autorizzate al trattamento rifiuti:
- D.E.M.M. , via L. da Vinci, 27
- FASANINI srl, via L. da Vinci, 26
entrambe ubicate nella zona produttiva di Breno.
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