L`affondamento del "Mafalda`

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L`affondamento del "Mafalda`
Piroscafo " Mafaida
L'affondamento del "Mafalda'
Tommaso Pellegrino
"II Principessa Mafalda"
r.c.
Il piroscafo "Principessa Mafalda", varato nel 1908, salpò da
Genova destinazione Buenos Aires, per l'ultimo viaggio prima
del disarmo, l'11 ottobre 1927, imbarcando 977 passeggeri e
287 persone di equipaggio. Naufragò il 25 ottobre davanti alla
costa del Brasile provocando la morte di 314 persone secondo
i dati forniti dalle autorità italiane, tra annegati e divorati dai
pescecani, in realtà più del doppio secondo i giornali sudamericani. Tutti e quattro gli emigranti partiti da Chiusa in cerca di
fortuna riuscirono a scampare al disastro, un vero miracolo se
si considera che sulle barche di salvataggio il posto spettava
in primo luogo a donne e bambini- Uno di questi, Tommaso
Pellegrino, fece pubblicare una relazione dell'avvenimento,
che il prevosto don Veglia riportò parzialmente sul bollettino
parrocchiale del 31 aprile e del 5 maggio 1928, concludendo
con queste parole: "A lui e ai suoi compagni mandiamo il
nostro saluto e l'augurio di buona fortuna. Lo merita il suo
buon cuore, che manifesta così nobili sentimenti. Quando egli
partiva, l'ottimo padre suo gli faceva questa raccomandazione:
Abbi cura di tre cose: della salute, dell'anima e del denaro. E il
figlio, piangendo, lo promise". L'episodio è ampiamente
trattato nel libro di storia di Rino Canavese "Chiusa di Pesio
dalle origini al duemila". A quanto ci risulta, Gola invece fece
riprodurre il suo salvataggio in due ex voto che poi espose nei
piloni votivi del Morte e di Fontananata.
La tragedia del Mafalda è stata raccontata qualche anno fa
dalla compagnia del Birùn di Peveragno in uno spettacolo nel
quale si intrecciavano storia e mito, cronaca e favole. Qui
emersero le memorie di un emigrante di Lurisia, Andrea Botto
(citato in un passaggio dallo stesso Pellegrino), poi confluite
nel libro ''Mico. Cinquant'anni di storia, di avventure e un naufragio nelle memorie di un contadino di Lurisia", a cura di Rita
Viglietti.
Questo è il racconto di Pellegrino tratta dal libretto dato alle
stampe nel 1928.
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Carissimi genitori,
Vi mando questi manoscritti per darvi un'idea chiara di
quanto mi successe in viaggio per causa del naufragio del
piroscafo italiano "Principessa Mafalda" avvenuto la sera
del 25 ottobre del 1927; naufragio che durò poco più di
cinque ore, cioè dalle cinque di sera alle dieci e un quarto,
quando tutto era già sommerso.
Quanto commovente e straziante sia per un emigrante
lasciare il paese natio, dove ricevette le prime cure, la prima
educazione, dove ha appeso le prime istruzioni, dove si è
allevato fra uno stuolo di amici, parenti e benefattori, non si
può comprendere.
Molto più grave si presenta la cosa, quando partito e inoltrato nell'immenso Oceano il viaggiatore si vede sparire
davanti agli occhi altra gente, compagni di viaggio che già
erano diventati amici intimi.
Così appunto è toccato a me, mentre viaggiavo a bordo del
piroscafo "Principessa Mafalda", il quale, come si sa, dopo
quattordici giorni precisi di viaggio affondava in alto Oceano
molto distante dalla terra ferma, trascinando con sé più di
300 persone, per lo più uomini sul fìor degli anni, che speravano recarsi in America onde trovar lavoro, e poter aiutare
le loro famiglie rimaste in patria.
La cosa è molto straziante, ma certo Iddio avrà ricavato il
bene anche dal male. Sia pace all'anima dei poveri estinti.
La mattinata del nove ottobre, mattinata splendida riguardo
alla atmosfera, era però molto turbata per me, perché
dovevo lasciare i miei cari e recarmi in questa terra lontana.
Dopo aver dato l'addio alla madre e alla famiglia, accompagnato dal padre, da un fratello ed amico, mi recai alla
stazione ferroviaria di Beinette per il treno che mi portò sino
a Genova. Alle ore nove e quarantacinque minuti antimeridiane, era l'ora della partenza, ed io salutati coloro che mi
accompagnavano, iniziai il viaggio, e tutto andò bene.
Alle tre pomeridiane già si era a Genova, nella Regia Casa
Emigranti che manda i suoi agenti alla stazione in nostro