Mafalda ei suoi primi 50 anni

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Mafalda ei suoi primi 50 anni
IL MONDO DI QUINO
Mafalda e i suoi
primi 50 anni
di Paolo Gallinari
Quino alll’opera, Parigi 2004
Mafalda in copertina
“Mafalda è in ogni caso un “eroe del
nostro tempo”, e non sembri questa
una qualifica esagerata per il piccolo
personaggio di carta e fumo che Quino
ci propone. Nessuno ormai nega che il
fumetto sia (quando raggiunge alti livelli di qualità) una spia del costume:
e in Mafalda si riflettono le tendenze
di una gioventù irrequieta, che qui
assumono l’aspetto paradossale di un
dissenso infantile, di un eczema psicologico da reazione ai mass media, di
un’orticaria morale da logica dei blocchi, di un’asma intellettuale da fungo
atomico. Siccome i nostri figli si avviano a diventare - per nostra scelta - tante
Mafalde, non sarà allora imprudente
trattare Mafalda col rispetto che merita
un personaggio reale”. Così scriveva
Umberto Eco nella sua presentazione del volume Mafalda la contestataria (1969, Bompiani), il primo
comparso in Italia interamente
dedicato alle strisce della celebre
bambina ribelle, che nel 2014 ha
compiuto 50 anni. Tanti infatti
ne sono trascorsi da quando, il 29
settembre 1964, iniziò ad uscire
regolarmente su Primera Plana, il
settimanale argentino più importante dell’epoca. Dal marzo 1965,
Mafalda passò poi sulle pagine del
quotidiano El Mundo, fino alla fine
del 1967. Ricomparve nel giugno
1968 su Siete Días Ilustrados, fino
al 25 giugno 1973, quando il suo
autore, Joaquín Salvador Lavado
Tejón, in arte Quino, abbandonò
il personaggio, essendo ormai “a
corto di idee”. Da allora, Quino
Mafalda compie 50 anni
ha disegnato Mafalda pochissime altre volte e solo per attività
connesse alla promozione dei diritti umani (e una volta anche per
contestare, nel 2004, Silvio Berlusconi). Come? Mafalda compie 50
anni ma ha vissuto in realtà per
meno di 10? Com’è possibile? Ma
mondiale: infatti, tanto per fare
un esempio, nel 1976 l’UNICEF
la vuole per il poster che illustra
la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia. Chiunque ne riconosce la zazzera di capelli neri
e, soprattutto, quel suo tono fra il
polemico e il preoccupato quando
Mafalda per l’Unicef
soprattutto, com’è possibile che
un personaggio, di cui non è stato pubblicato più nulla di nuovo
da 40 anni a questa parte, faccia
ancora talmente parte integrante
del nostro immaginario collettivo? Mafalda è, prima ancora di un
personaggio dei fumetti, un’icona
si rivolge agli adulti per chiedere
conto di come va il mondo. Il suo è
un indomabile spirito ribelle, che
si esplicita nelle domande dirette e spesso imbarazzanti ai quali
nessun adulto, a partire dai suoi
normalissimi e perplessi genitori,
sa rispondere; passa molto tempo
La prima striscia di Mafalda da Primera Plana (29 settembre 1964)
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a giocare con i suoi amici Felipe,
Manolito, Susanita, Miguelito e Libertad, e col fratellino Guillermo,
ma ne passa anche parecchio in
compagnia del suo mappamondo, col quale intreccia sospirando
considerazioni filosofiche il più
delle volte comicamente amare (o
amaramente comiche).
Si potrebbe facilmente vincere una
scommessa, chiedendo in giro a
che anno appartenga una striscia
qualunque di Mafalda: nessuno
la attribuirà agli anni Sessanta e
Settanta, tanto sono ancora di attualità i temi di cui ci parla: la pace
nel mondo, l’ambiguità della politica, la disuguaglianza e la povertà, il calvario quotidiano di questa
umanità dolente che ci circonda.
Ma, nonostante i temi affrontati
siano serissimi, Mafalda ci fa sorridere, sempre; prendete in mano,
oggi, uno qualunque dei tanti volumi con le sue strisce pubblicati
anche in Italia e continuamente
ristampati, e vi ritroverete a farvi
una quantità di risate. Il citato libro con la prefazione di Eco non
è il primo in Italia dove compare
la nostra eroina. Nel 1968, infatti,
per la prima volta trenta strisce del
personaggio vengono pubblicate
nel nostro paese all’interno del
volume antologico, edito da Feltrinelli, Libro dei bambini terribili per
adulti masochisti, a cura di Marcello
Ravoni e Valerio Riva, dove Mafalda, da vera diva, già campeggia in
copertina. Dal 1970 le sue strisce
escono quotidianamente su Paese Sera, il primo di molti giornali
e riviste che le ospiteranno, e nel
1976, per sei anni, Quino abiterà
a Milano. La popolarità di Mafalda è tuttora enorme. In Argentina,
dove è considerata alla stregua di
un eroe nazionale, e in particolare
a Buenos Aires, si trovano facilmente le tracce del suo passaggio, neanche fosse un Generale
in trionfo sul suo cavallo: prima è
stata apposta una targa di bronzo
sulla facciata dell’edificio di Calle Chile 371 dove Quino disegnò
le prime strisce e dove, quindi, il
personaggio vide ufficialmente
la luce; poi, nell’agosto del 2009
è stato inaugurata, nel famoso
quartiere di San Telmo, una statua
in vetroresina alta circa un metro,
realizzata dallo scultore Pablo Irrgang. Mafalda è vestita di verde,
seduta da sola su una panchina, ed
è diventata meta di pellegrinaggio
di tantissime persone che si fanno
fotografare sedute accanto a lei.
L’origine della bambina forse più
famosa dei fumetti è strana, ma
piuttosto nota: nel 1963, Quino
la realizzò come testimonial per
una linea di elettrodomestici della
Mansfield, il cui logo conteneva
una M e una A, da cui il nome Mafalda, ma quella campagna pubblicitaria, incentrata sulla famiglia,
che doveva uscire sul quotidiano
Clarín, all’ultimo momento venne
annullata, pertanto le strisce e il
personaggio restarono all’autore.
Nel 1964 la bambina comparve in
tre strisce pubblicate su Gregorio,
supplemento umoristico della rivista Leoplán, ma per il battesimo
ufficiale bisogna attendere quando, quello stesso anno, il direttore del settimanale Primera Plana,
Julián Delgado, chiese all’amico
Quino un fumetto che richiamasse in qualche modo le avventure
di Charlie Brown & co. che dal 1950
impazzavano ovunque. In una intervista rilasciata qualche anno
fa a BBC Mundo, dice l’autore: “A
differenza dei Peanuts, mi chiesero che
la storia contenesse anche degli adulti.
Così mi comprai tutti i libri che c’erano
a Buenos Aires su questa famoso fumetto, anche per capire quale idea nuova
avesse trovato Schulz”. Da allora, il
successo è stato clamoroso, con
oltre 50 milioni di copie vendute
in tutto il mondo, pubblicate in
50 Paesi e tradotte in 20 lingue.
In una bella intervista rilasciata a
Silvia Santirosi quest’anno per L’Espresso, Quino si dice “sinceramente
sorpreso. Non avrei mai potuto immaginare che, dopo tutti questi anni, il
personaggio di Mafalda potesse essere
ancora così amato. Soprattutto dai più
giovani. (…). Se Mafalda è ancora così
attuale, se i problemi a lei tanto cari
continuano a parlare alle persone di
ogni età, significa che il mondo è sempre
lo stesso. Anzi, se qualcosa è cambiato, è
in peggio. La guerra continua ad essere
sempre da qualche parte. C’è sempre una
crisi economica nel nostro Paese, qua-
Dal quotidiano Repubblica, 2009
La targa celebrativa del luogo natale di Mafalda
lunque esso sia. E tutti vogliamo sempre
risposte sincere dai nostri genitori, o da
chi pensiamo possa farne le veci: lo Stato, la società o la scuola. Continuando
gime militare ha rafforzato la censura.
Anche volendo, non avrei mai potuto
continuare”. Quino è stato un autore straordinario a tutto tondo, e in
La statua di Mafalda a Buenos Aires
a ottenere delle bugie, più o meno benintenzionate. Solo che non ci sono più
padri che hanno le risposte. Insomma,
il mondo è sempre più malato e la minestra piace sempre meno ai bambini”.
Nel 1973, dopo dieci anni di pubblicazioni quotidiane, Quino
smette di disegnarne le strisce. “Ad
un certo punto mi sono veramente stancato. Non ce la facevo più a dire tutto
quello che non andava, a passare il mio
tempo in un continuo atteggiamento di
denuncia. Il momento in cui ho deciso
di mettere fine alle sue avventure, è coinciso poi con l’inizio di un periodo nero
per l’Argentina. Quello dei sequestri,
delle sparizioni, della dittatura. Il re-
realtà Mafalda è stata solo una parentesi, per quanto molto significativa, nel suo percorso professionale: quando nacque la sua bambina terribile, egli già disegnava
tavole umoristiche da undici anni
e ha continuato dopo a disegnarle, pubblicato in tutto il mondo,
per altri quasi 40 anni, fino all’anno scorso, quando ha deciso di
smettere per problemi alla vista.
Un grande autore completo, per
il disegno e per i testi, capace di
indagare l’animo e la natura umana, per poi sintetizzare il tutto in
vignette mute semplicemente folgoranti, dotate di forza filosofica
L’evoluzione grafica di Mafalda
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e allegorica e nel contempo di critica sociale dal taglio amaro, ma
divertito. A Quino, questa umanità
dolente, che calpesta e viene calpestata, fa un po’ schifo, ma non può
smettere di amarla, come si fa con
un figliolo sfortunato e un poco
testone. Eppure, nonostante tutto,
continua ad essere ricordato soprattutto, se non esclusivamente,
per la piccola Mafalda. Perché? Intanto, perché, come molti fumetti
di successo, sembra per bambini
ma è rivolto agli adulti, e quindi
finisce per piacere ai bambini di
una volta più che ai bambini di
adesso. E poi perché, quando leggi le sue strisce, devi fare davvero
uno sforzo per ricordarti che si
tratta di testi scritti da un adulto;
in tutto e per tutto, Mafalda - con i
suoi ragionamenti sulla guerra del
Vietnam, il Papa, i russi e i cinesi,
l’ONU, i Beatles, il femminismo
- è credibile, ovvero è quella bambina o quel bambino che prima o
poi tutti abbiamo incontrato e che
ti fa delle domande imbarazzanti
che alla sua età non dovrebbe fare
(dove diamine avrà sentito parlare
di queste cose?), e che ti fanno riflettere. Anzi, potremmo dire che
Mafalda è la somma di tutti quei
bambini, che forse, una volta o
l’altra, tutti siamo stati. La creatura di Quino ha preso vita ed è diventata autonoma dal suo autore,
dalle sue mani ha avuto origine
ma poi ha spiccato il volo, e come
accaduto per tanti capolavori, gli
sopravvivrà. Nel 1964, quando ne
viene pubblicata la prima striscia,
Mafalda ha 6 anni e, per restare alla
breve scheda biografica contenuta
nel suo sito ufficiale www.quino.
com.ar, ama i Beatles, la democrazia, i diritti dei bambini, la pace,
con l’avvertenza che “cambiando
l’ordine degli amori le cose non cambiano”; invece odia, ovviamente,
la minestra, poi le armi, la guerra
e, poveretto, James Bond! Personalmente, mi piace pensare che Mafalda, se è diventata grande, oggi
è una donna forte e socialmente
impegnata, stanca ma felice del
suo impegno, con una famiglia al
fianco, e una figlia di sei anni che
la tormenta con le sue domande
impertinenti e imbarazzanti.