12 Luciano Galassi – Acqua `e maggio – vesuvioweb

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12 Luciano Galassi – Acqua `e maggio – vesuvioweb
Luciano Galassi
Acqua ’e maggio
G.DF. - S. A. per www.vesuvioweb.com
Una pagina da “Acqua ’e maggio” di Luciano Galassi.
100.
25 novembre
(Santa Catarina)
100.1
A Santa Catarina fernesce ‘o tràseto d’ ‘e galline.
A Santa Caterina finisce l’entrata, la venuta (e, quindi, il transito) delle galline
Secondo la concorde posizione degli studiosi il proverbio va riferito alle
beccacce, perché non avrebbe alcun senso parlare di galline, tanto che qualcuno
propone la versione “fernesce ‘o tràseto d’ ‘e palentine”: ‘o palentino è appunto la
beccaccia di mare (haematopus ostralegus), così detto dai “Campi Palentini”, in
Abruzzo, da dove arriva nel Napoletano.
In effetti le beccacce giungono in Italia dal Nord Europa, per lo svernamento,
nella stagione autunnale a cominciare, all’incirca, dalla metà di settembre (ultimi
giorni della calante estate): quindi, almeno nelle zone dell’Italia del sud, per la fine
di novembre la loro migrazione può considerarsi conclusa, anche se in generale
l’epoca del passo di questi uccelli è variabile.
Ma, allora, perché nel proverbio compaiono le “galline”? Per Altamura-Giuliani
pare che le beccacce “emanino lo stesso odore delle galline”. Pare…
Proviamo a fare un’altra ipotesi: tra i volatili migratori che giungono da noi in
autunno, oltre alla beccaccia c’è anche la “gallinella d’acqua”, molto simile alla
fòlaga (altro uccello ambìto dai cacciatori) ma dalla quale si differenzia per le più
ridotte dimensioni e per il colore rosso (e non bianco) che hanno il becco (con apice
giallo) e la placca frontale; orbene, non è da escludere che ci possa essere stato un
travisamento fra “gallinella” e “gallina” oppure che il diminutivo “gallinella” e lo
specificativo “d’acqua” si siano perduti nel corso del tempo per lasciare spazio
all’unica (ed errata) parola che è “gallina”.
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100.2
A Santa Catarina (‘a iurnata fa) ‘nu passo ‘e gallina.
A Santa Caterina (la giornata fa) un passo di gallina.
Proverbio identico esiste anche in lingua insieme a “Per Santa Caterina le
giornate s’accorciano d’un passo di gallina”: manca circa un mese al solstizio
d’inverno, coincidente con la giornata più corta dell’anno, e la durata del periodo di
luce del dì fa registrare un’ulteriore piccola riduzione; un passo di gallina sta ad
indicare appunto un tempo assai breve.
100.3
A Santa Catarina o acqua o neve o brina.
Siamo alla fine di novembre e le temperature s’abbassano, con possibilità di
piogge, neve (soprattutto in quota) e brine notturne; come si esprime sinteticamente
Carlo Lapucci, “ è iniziato il periodo del grande freddo “. In lingua esiste il proverbio
“ Per Santa Caterina o neve o brina “ dal quale quello in napoletano di poco si
discosta.
Poiché evidenti motivi di rima hanno fatto usare il termine “brina”, va precisato
che questo lemma in napoletano non esiste e che “brina” da noi si dice, con bella
parola, “acquariccia”:
non è da escludere perciò che questo proverbio sia stato
fatto trasmigrare arbitrariamente a tavolino dal contesto paremiologico in lingua a
quello locale.
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100.4
A Santa Catarina ogne surco è ‘na lavina.
A Santa Caterina ogni solco è un ruscelletto.
A fine novembre, per le abbondanti piogge, i campi si presentano zuppi di acqua
ed ogni solco diventa quasi un rìvolo fangoso, tanto che il contadino è costretto a
riporre zappa e aratro.
100.5
* Comme catarinéa (accussí) barbaréa e comme barbaréa (accussí) nataléa.
Come caterineggia (così) barbareggia e come barbareggia (così)
nataleggia.
Si può intendere in due modi:
a) - com’è il tempo per Santa Caterina, così sarà sia a Santa Barbara (4
dicembre) che a Natale;
b) - a Santa Barbara fa lo stesso tempo di Santa Caterina e, anche se ciò non
dovesse accadere, a Natale si avrà lo stesso tempo di Santa Barbara.
Singolare adagio strutturato su tre verbi formati sui corrispondenti sostantivi
eponimi, peraltro non citati espressamente. Questo tipo di figura linguistica non è
comunque infrequente nel campo dei proverbi (v., ad esempio, n. 035).
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Secondo R.V. Romano il proverbio “non ha alcun fondamento scientifico”, ma
allo stesso - come precisato da Alberto Consiglio (che lo riporta con l’avverbio
“quanno” invece di “comme”: Quanno catarinéa barbaréa, e quanno barbaréa
nataléa) - ponevano un’attenzione particolare i napoletani poveri, che, già magri
consumatori di grassi e di alcolici, abitavano in bassi molto freddi o in vecchie case
prive di caminetti dove le finestre “indulgevano agli spifferi “.
** Comme barbaréa accussì nataléa
Come barbareggia così nataleggia
Versione ridotta del proverbio precedente, a proposito del quale Raffaele Urraro
nota che i due verbi costituiscono la figura retorica che va sotto il nome di àpax
legòmenon, locuzione greca usata dai grammatici per significare che una parola, un
modo, una forma vengono detti (“legòmenon”), cioè usati, una sola volta (“àpax”):
infatti “barbaréa” e “nataléa” compaiono soltanto nei detti che stiamo esaminando
e non si rinvengono in nessun’altra espressione napoletana.
*** Comme catarinéa accussì nataléa
Come catarineggia così nataleggia
Altra redazione ridotta, che appare in linea con i proverbi in lingua “ Come è il
tempo a Santa Caterina, così è a Natale “ e “Come Caterina caterineggia, Natale
nataleggia“. Sergio Zàzzera osserva che, come per tutti i proverbi di contenuto
atmosferico, anche qui la validità è tutta da dimostrare: è senz’altro così, ma abbiamo
già avuto modo di mettere in luce che gli adagi in materia tendono a fornire un aiuto
psicologico di fronte agli eventi, ai cicli e alle forze della natura, ed hanno
essenzialmente un contenuto statistico, probabilistico, scaramantico e propiziatorio.
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