PDF1 - Università Popolare di Musica

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Profilo storico
dell’Etnomusicologia in Italia
Il percorso disciplinare
 Nel delineare l'intero percorso dell'etnomusicologia in Italia si
evidenzia una lunga fase costellata dai tentativi di alcuni studiosi
di fondare un discorso disciplinare con una sua propria IDENTITA’.
 Datazione:
1) primissimi studi isolati
2) costituzione dei primi centri di raccolta nazionale e di ricerca
sistematica
Le prime ricerche
 I primissimi interessi nei confronti della musica popolare si
manifestarono nel 1774, con la pubblicazione della raccolta,
arricchita da trascrizioni ritmiche e melodiche, del Tamburo
trasteverino e di una Veneziana, ad opera di un gesuita, Antonio
Eximeno y Pujader, nato a Valencia, ma vissuto lungamente a
Roma
 Nel 1787, il sardo Matteo Madao, anch'egli gesuita, raccolse
canti e danze della sua terra, citando la presenza di uno
strumento tipico dell'isola, le launeddas, e cercando di
avvalorare la tesi secondo la quale le armonie sarde vedevano
la loro origine nella poesia greca
 Possiamo annoverare tra le prime raccolte le osservazioni di poeti
e letterati stranieri, tedeschi o francesi (Goethe, Berlioz, Stendhal,
Mme de Stael), che usavano riportare le loro considerazioni nei
diari di viaggio redatti durante le loro visite in Italia. Questa
consuetudine rivela una conoscenza poco approfondita e
coloristica sugli usi e costumi dell’Italia popolare e si sostanzia in
raccolte di entusiastiche impressioni fugaci, di carattere
adulatorio
Il folclore musicale
L'oggetto di studio del folclore musicale viene individuato in base
al principio della STRATIFICAZIONE SOCIALE:
 la musica composta ed eseguita per l'aristocrazia, la Chiesa e
la borghesia è "arte", indipendentemente dall'intrinseco valore
estetico, e viene studiata dalla musicologia storica
 la musica composta ed eseguita da e per le altre classi sociali è
folclore musicale e si differenzia dalla musica d'arte anche per il
ruolo predominante dell'oralità nella sua trasmissione. I principali
obiettivi degli studi di folclore musicale sono la
documentazione, la trascrizione e la conservazione dei
repertori, insieme allo studio filologico (con particolare
attenzione ai canti)
Le correnti di pensiero
attorno al 1830
 una alimentata da ideali patriottici,
maggiormente legata ad un interesse
documentario, volto al recupero e alla
diffusione della musica popolare, talvolta per
scopi educativi
 l'altra tesa alla trascrizione e al riadattamento
di alcuni canti popolari, spesso regionali e
dialettali, da parte di alcuni compositori o
amatori di musica dell'epoca
Le raccolte di
melodie popolari
Raccolte più rigorose ed attendibili sono da
ritenersi quelle di Pitré, Favara, Fara, D’Ancona,
Comparetti, Nigra, Padula, e molti altri,
nonostante tra costoro si evidenzino notevoli
differenze, soprattutto attinenti alle modalità di
raccolta e di studio del materiale
documentario. Queste si iscrivono a pieno titolo
in un indirizzo di maggiore sensibilità storica e di
rispetto scientifico delle fonti
Giuseppe Pitré
 L'opera di Giuseppe Pitré si inserisce nella ben nota mole
documentaria che costituì la Biblioteca delle tradizioni
popolari siciliane: molte pubblicazioni sugli argomenti più
svariati, che abbracciavano un ricchissimo complesso di
manifestazioni, affiancate dal notevole interesse per la
museografia culminato nel progetto del Museo Etnografico
Siciliano. Accanto ad una concezione romantica di popolo,
questo medico siciliano elaborò una concezione storica, che
aveva radici teoriche afferenti alla scuola antropologica
britannica, sino alla formulazione sintetica di ciò che
racchiuse, concettualmente, nel termine DEMOPSICOLOGIA
Alberto Favara
 Alberto FAVARA, anch'egli siciliano, si distinse per un notevole
lavoro di rilevamento effettuato sul campo, raccolto in un
corpus, pubblicato postumo nel 1957, in cui erano racchiuse
le musiche, i testi e le notizie sugli INFORMATORI, apprezzabili
con caratteristiche di scrupolosità documentaria; notevole
l’importanza attribuita al testimone come portatore di
memoria, specchio di una realtà sociale specifica, mediatore
e informatore. Le pubblicazioni, nelle quali comparivano
raccolte di canti armonizzati, furono molto esigue e,
nonostante denotassero una raffinata ricerca di linearità,
volta a non stravolgerne i contenuti essenziali, furono di poca
risonanza nell'ambiente degli studi folklorici
Giulio Fara
 Ben diverso si presenta l'operato di Giulio FARA, che pubblicò,
nel periodo tra le due guerre mondiali, molti lavori sugli studi da
lui effettuati nei primi anni del secolo scorso, nei quali appare
evidente un desiderio di sistemazione della disciplina
etnomusicologica, con un'impronta ideologica che guarda,
malinconicamente, a concezioni tardo-romantiche e
positivistiche, nonostante la formulazione del concetto di
ETNOFONIA lo faccia figurare quale pioniere
dell’etnomusicologia. Entrambi i due ultimi autori
rappresentarono, comunque, l’occasione per l’Italia di
cominciare a sottrarsi al clima culturale provinciale che
caratterizzava questo campo di studi
Le trascrizioni armonizzate e la
corrente estetico-idealista
 Le trascrizioni armonizzate, elaborazione con accompagnamento
di melodie popolari, diventarono, infatti, sempre più frequenti nelle
prime raccolte, che, nella seconda metà dell'Ottocento, verranno
pubblicate da grandi case editrici in prestigiose collane (ad
esempio, Casa Ricordi), sino a costituire un genere a sé stante. Tali
trascrizioni, naturalmente, presentavano tutte indicazioni proprie
della musica colta, e, redatte nelle forme tradizionali di melodie
accompagnate al pianoforte, divenivano totalmente estranee
all'ambiente dal quale erano state estrapolate. Esemplificativa del
clima di quegli anni è la pubblicazione di Antonio BERTI, del 1842, il
quale, con “populistico paternalismo”, rielaborò alcuni canti
popolari facendone composizioni che potessero rispecchiare,
attraverso abbellimenti e armonizzazioni estranee a quelle
popolari, il vero carattere del mondo popolare affinché
assumessero un carattere formativo per il popolo. Con questo
criterio, numerose altre furono le raccolte, anche a carattere
regionale, come quelle di RICORDI, di TOSTI e di FRONTINI,
COTTRAU, FLORIMO, VIGO, MARCHETTI ed altre
Il primo Congresso di
Etnografia Italiana, Roma 1911
 Il "Folklore musicale" avrebbe dovuto rappresentare uno dei
momenti primari di riflessione, ma a causa dell'assenza del
compositore G.C. PARIBENI, mancarono relazioni
sull'argomento: gli interrogativi da lui lanciati sull'impostazione
degli studi di musica popolare, sulla definizione dell'oggetto di
studio e sui suoi confini disciplinari e, soprattutto, sul valore
metodologico di lavori che soffrivano delle carenze di
riferimenti indipendenti dalla musica colta, non vennero mai
discussi
 In quei giorni furono al centro del dibattito argomenti
riguardanti l'impostazione tecnica del lavoro di campo e
l'indispensabilità dell'uso del fonografo
L’uso del fonografo
 Strumento necessario a garantire la serietà di trascrizioni non più
basate sulla memoria e la velocità del ricercatore, ma sulla
verificabilità e la possibilità di confronto tra i materiali più disparati
(ad esempio, di diverse esecuzioni dello stesso brano)
 L'uso del fonografo Edison, in Italia, é certamente riconducibile
alla ricerca del 1906 di Max Leopold WAGNER, sui canti sardi.
Bisognerà attendere sino al Secondo Dopoguerra per
inaugurarne un uso sistematico
 In ambito europeo, l’ESPOSIZIONE UNIVERSALE DI PARIGI del 18991900 aveva già fatto intravedere la necessità dell’uso del
Fonografo; gli Archivi di Berlino e quelli di Vienna furono i primi a
possedere musiche registrate
 L'importanza della registrazione sonora venne evidenziata anche
in occasione dell'apertura della DISCOTECA DI STATO, nel 1928: il
magnetofono assunse il ruolo di sostanziale innovatore nel settore,
rappresentando una possibilità concreta di rendere oggettivi i
frutti della ricerca e più attendibile la disciplina etnomusicologica
Idealismo e nazionalismo
Gli anni tra le due guerre, furono influenzati dalla
corrente idealistica e dal nazionalismo culturale
che segnarono una battuta d’arresto per
alcune discipline, in particolare per quelle a
carattere sociologico, i cui esponenti
meritarono l’appellativo di “generazione di
mezzo”. Nonostante il superamento di idee
romantico - positivistiche e la comparsa di
problematiche riguardanti l’uso della
trascrizione da notazioni diverse da quella
euroculta, non ci furono grossi passi avanti per la
disciplina
La generazione di mezzo
 Le pubblicazioni di Giulio FARA sulla Sardegna rappresentarono per
lungo tempo l'unico riferimento teorico nel panorama italiano. Gli studi
rimasero condizionati da un atteggiamento di ASTORICITA’ che
attribuiva alla musica popolare categorie quali l'immutabilità e la
primordialità di elementi radicati da un altrove temporale non meglio
definibile
 Nell’ambito delle attività del Comitato Nazionale Italiano per le Arti e
Tradizioni Popolari, Ferdinando LIUZZI e Giorgio NATALETTI realizzarono
una SCHEDA per la rilevazione ed il censimento del patrimonio folklorico
sul territorio nazionale che ebbe diffusione nel periodo tra il 1930 e il
1933, embrionale tentativo di contestualizzazione del documento
etnofonico. Nataletti si fece promotore di attività che coinvolgessero
l’Opera Nazionale Dopolavoro, di cui fu presidente dal 1926 al 1936, nei
principali congressi nazionali, al fine di superare i limiti retorici e ruralistici
imposti dal regime fascista
 Anche lo studio della letteratura musicale medievale costituì un ulteriore
spunto di riflessione per gli studiosi di etnomusicologia, poiché le
problematiche riguardanti l'affidabilità delle trascrizioni dalla notazione
medievale a quella colta occidentale costituirono una ulteriore critica
nei confronti di materiali considerati, sino ad allora, incontestabili
Tra le due guerre
 In un clima oscillante tra la continua presenza delle raccolte
armonizzate e la ricerca di una più convincente definizione di
campo, gli studiosi, pur essendo notevolmente significativi,
eseguivano le trascrizioni musicali in base ad un ascolto diretto,
oppure a memoria, senza l’ausilio della registrazione, e,
probabilmente, impedivano che questi studi potessero
costituire un punto di riferimento attendibile per ulteriori indagini
che su queste avessero voluto basarsi
 Cesare CARAVAGLIOS, attento filologo, sensibile alla necessità
di effettuare indagini dirette e registrazioni sonore, si concentrò
su canti e grida del napoletano. Il suo contributo si dissociò
notevolmente dalle raccolte armonizzate e dall'assenza di
notizie circostanziali
 Gavino GABRIEL, i cui studi riguardavano il contesto del
patrimonio musicale popolare sardo, fu uno dei più vivaci
sostenitori dell’uso della registrazione sonora, come corollario
metodologico e non puramente tecnico
CNSMP e AELM
 Giorgio NATALETTI, nel 1948, fondò il Centro nazionale di studi di musica
popolare (CNSMP) dell'Accademia Nazionale di S.Cecilia, il cui
presidente fu Ildebrando PIZZETTI. In questo centro cominciò a confluire
una quantità enorme di materiale, grazie anche alla presenza di una
buona attrezzatura tecnica. Il CNSMP fu costituito su basi volontaristiche e
molto precarie, con la finalità primaria della raccolta di un patrimonio
mai fissato con strumenti moderni, che potesse assicurare una base di
documentazione agli studiosi attendibile e potesse divenire il punto di
partenza per trascrizioni corrette di documenti puliti. L’attività conservò
carattere volontaristico ancora a lungo e, nonostante, l’ampliamento
delle collezioni regionali, la promozione di attività volte alla diffusione,
all’utilizzo e allo studio di questi materiali fu sempre molto esigua ed il
dibattito culturale non seppe realizzarsi sul terreno del confronto critico.
Con la morte di Nataletti, avvenuta nel 1972, anche il CNSMP attraversò
un lungo periodo di inattività, sino alla riapertura nel 1980
 Ad esso seguì, nel 1962, l’Archivio Etnico Linguistico-Musicale (AELM) della
Discoteca di Stato (DdS), curato, in particolare, da Anna BARONE, che
promosse ricerche sul campo, a carattere monografico. Le ricerche si
inserirono nel quadro di una nuova metodologia tesa ad assicurare,
accanto al brano, tutto il contesto di riferimento
Gli scopi del CNSMP
 Preservare e diffondere la musica popolare in Italia
 Raccogliere e comparare il materiale rilevato
 Confrontare le ricerche con quelle delle altre nazioni
 Fondare un archivio nazionale con un museo di strumenti popolari,
una fonoteca, una discoteca ed una filmoteca
 Incoraggiare l’organizzazione di festival, congressi, concerti e
conferenze di musica popolare
 Ricerca con tendenze di carattere meridionalistico, sino ad allora,
ampiamente trascurato a favore del nord, del centro e delle isole.
 Il progetto prevedeva anche l’appoggio da parte della RAI, come
ente radiofonico, che avrebbe fornito un contributo finanziario e i
supporti tecnici necessari per la campagna di registrazione
Gli altri istituti di ricerca
Al CNSMP e all’AELM, si affiancarono, negli anni Sessanta,
 L'Istituto Ernesto de Martino
 L'Archivio etnofonico siciliano
 Il Centro etnografico ferrarese
 Il Centro Internazionale per la Musica Tradizionale Liturgica (CIMTL),
fondato dal Leo LEVI, grande studioso del patrimonio musicale
ebraico, nel 1963 e sciolto nel 1967
 Il Nuovo Canzoniere Italiano, di Gianni BOSIO, che dette vita alle
proposte di folk music revival in area settentrionale, progetto politico
di rivalutazione della cultura popolare tra ricerca sul campo e
riproposta in forma di spettacolo
Tra il 1961 ed il 1972 le ricerche, sia a carattere monografico sia di
équipe si concentrarono nelle regioni di area settentrionale che
erano state trascurate nei primi anni di attività del CNSMP, nei paesi
extraeuropei, soprattutto di matrice islamica, e sulla musica liturgica
di tradizione orale, soprattutto delle comunità israelitiche italiane
Carpitella – Lomax - Leydi
 Le campagne di registrazione di Diego CARPITELLA, con Alan LOMAX (195455) e al seguito di Ernesto De Martino in Lucania (1959), e le sue personali
rielaborazioni dei materiali raccolti, nonché i continui problematici spunti
sulla qualità delle ricerche, costituiscono il primo patrimonio che abbia una
riconosciuta validità metodologica, confrontabile con il panorama di studi
internazionale. Il viaggio esplorativo di circa otto mesi, partendo dall’Alto
Adige ed arrivato sino in Sardegna, ad opera di Alan Lomax e Diego
Carpitella si configurò come una prima ed estesa rilevazione sul campo,
durante la quale furono raccolti circa 3000 documenti, in maggioranza
inediti, a cui non venne, tuttavia, affiancato un adeguato corredo
informativo. Diego Carpitella affiancò, nel 1954, Nataletti nel lavoro del
CNSMP, che venne influenzato anche dai contributi scientifici di Ernesto de
Martino
 Alan LOMAX, raffinato ricercatore americano, lavorò al reperimento ed alla
registrazione di materiale musicale della tradizione orale di tutta Italia. Il
materiale raccolto fu spunto per l’introduzione del metodo “Cantometrics”.
Non di secondaria importanza il metodo di studio interculturale, sviluppato
attraverso l’uso degli Human Relations Area Files (HRAF), suggerito rispetto al
campionamento di vasti numeri di società diverse, tra le quali cercare, poi,
le correlazioni tra aspetti codificati
 Roberto LEYDI, ricercatore eclettico, curatore di prolifiche raccolte e di uno
studio sistematico sull'organologia degli strumenti musicali popolari
Metodo ed Interdisciplinarietà:
“La terra del rimorso”
 La ricerca viene fatta al fuori dell’ambito accademico, anche
per quello che riguarda i finanziamenti, per la preparazione e
la strutturazione dell’équipe di ricerca e con competenze che
non avevano precise sfumature di confine
 Questa nuova modalità, l’esigenza di verifica interdisciplinare
da parte di De Martino, hanno sprovincializzato notevolmente
la struttura delle ricerche in questo campo, soprattutto
nell’ambito di studi meridionalistici che dovevano liberarsi dal
peso dell’impostazione crociana. Nonostante l’ampiezza di
questo nuovo sguardo, era evidente già allora la carenza
delle possibilità di documentazione, l’esigenza di avere
supporti visivi e di pretendere una maggiore qualità di quelli
auditivi. Altra novità era l’estrema accuratezza della
preparazione preventiva della ricerca di campo, che non
lasciava più nulla al caso, ma era preparata a tavolino
Primo Convegno di
Etnomusicologia, Roma, 1973
 Numerosi studiosi vennero a confronto con l'istanza improrogabile di fondare
una metodologia comune, punto di partenza per la rielaborazione di saperi
allora ancora dispersi e distanti e per la creazione di spazi disciplinari autonomi
rispetto a quelli demo-antropologici
 Vennero espresse e messe a confronto le istanze di interdisciplinarità e di
contestualizzazione degli studi etnomusicologici
 La complessità del fenomeno musicale si affiancava all'esigenza di una seria
documentazione su cui fare affidamento ed alla necessità di ancorare la
ricerca al suo contesto d'appartenenza, accuratamente indagato
 Carpitella pose la questione di un "confronto critico tra cultura musicale orale
(della "zona folklorica") e civiltà musicale scritta (della "zona colta-urbana"),
avanzando la difficoltà di esaminare la cultura orale attraverso l'uso di modelli
presi in prestito dalla musica colta
 L’enorme quantità di materiale raccolto non si armonizzava con la scarsità di
elaborazione scientifica
 A causa dell’avanzare di fenomeni quali la deruralizzazione e l’urbanizzazione,
la presenza di una realtà agro-pastorale viva che aveva preservato i propri
patrimoni folklorici arcaici sarebbe apparsa particolarmente appetibile ove il
tessuto sociale fosse rimasto ancora sostanzialmente compatto
Convegno della
Società Italiana di
Etnomusicologia, 1987
 Questioni ancora irrisolte di metodo
 Necessità di esprimere posizioni critiche rispetto a temi di
dibattito internazionale
 Disponibilità al confronto
 Interdisciplinarietà necessaria per ricerche non puramente
tecniciste
Seminari Internazionali di
Etnomusicologia dell’Accademia
Chigiana di Siena (1977-1989)
 Il problema dell’insufficienza della semiografia musicale colta: al fine di
visualizzare correttamente i documenti sonori etno-musicali, pur
riconoscendo l’attendibilità dal punto di vista del piano ritmico-formale,
ma non altrettanto per quella relativa alle altezze delle note, alle
intonazioni, ai sistemi scalari e modali, venne riconosciuto l’alto grado di
approssimazione nel decifrare l’esatto documento e l’mpossibilità di
ricondurre i sistemi scalari delle culture etraeuropee ad una divisione
intervallare del nostro sistema musicale occidentale
 Da Pietro RIGHINI vennero le proposte di aggiornare i criteri di
quantificazione dell’intervallo musicale, dal punto di vista fisico-acustico
 Furono introdotte questioni riguardanti la riproducibilità del suono, l’uso di
sintetizzatori, le possibilità tecniche offerte dagli strumenti elettronici,
lasciando però anche aperto il problema di non delegare le soluzioni di
ricerca ai nuovi sistemi di registrazione strumentale
 Esigenza di intensificare le ricerche dal punto di vista semiotico e
semiologico, giungendo al concetto di registrazione filologica
La registrazione digitale
Tutte le innovazioni introdotte, dalle registrazioni meccaniche a quelle elettroniche,
hanno rappresentato una svolta per gli studi etnomusicologici, non solo come
episodi tecnologici, ma come possibilità per modificare le metodologie di
analisi. La registrazione assunse il carattere di una vera e propria DENUNCIA nei
confronti degli inattendibili ed irriconoscibili materiali del folklore musicale,
alterati, modificati ed elaborati, ma, soprattutto, dei limiti della semiografia
musicale euro-culta occidentale su pentagramma, incapace di cogliere aspetti
importanti di musiche arcaiche o di culture extraeuropee
 Registrazione e conversione di dati analogici in dati digitali
 Pulizia dei suoni
 Uso di registratori portatili
 Livello di conservazione dei materiali e maggiore durata dei supporti
 Registrazione continua e di qualità e resa sonora molto alte
 Ottimale regolazione dei volumi, per non penalizzare le dinamiche, i colori, le
sovrapposizioni sonore, per comprendere con chiarezza, soprattutto nella
polivocalità, strutture armoniche che non si evidenziavano perfettamente
 Eliminazione dei rumori di fondo e di quelli meccanici dell’avvolgimento del
nastro
Intenti dagli anni ‘70
 Incremento di ricerche, convegni, pubblicazioni a fini divulgativi
e didattici
 Apertura di corsi e istituzione di cattedre in ambito accademico
(Roma, Carpitella, 1976; Bologna, Leydi, 1974)
 Progressi nell’ambito delle nuove tecnologie
 Nuova generazione di studiosi (Pietro Sassu, Francesco
Giannattasio, Tullia Magrini)
 Centri di ricerca (Folkstudio di Palermo, Servizio per la cultura del
Mondo Popolare della Regione Lombardia, Centro Flog di
Firenze)
 Costruire un quadro complessivo, una mappatura del territorio
quanto più possibile dettagliata
 Analisi e studi su aree ristrette, per mettere in luce le specificità e
le analogie, i meccanismi di trasmissione culturale, le relazioni
con altre tradizioni più o meno direttamente a queste correlabili
Indirizzi e problemi della disciplina
Indirizzata verso due poli dinamici legati alle figure carismatiche di
due ricercatori:
 Carpitella era interessato a definire su una base socioantropologica delle stratificazioni degli eventi musicali
documentati e studiati
 Leydi era orientato a individuare degli stili musicali specifici per
ciascuna area storico-geografica del territorio nazionale
Su queste basi la disciplina riceve un ulteriore sviluppo nei decenni
successivi segnati da nuove generazioni di studiosi e dal
differenziarsi di varie prospettive di ricerca e analisi con
orientamenti sia musicologici che antropologici
Permangono problemi di continuità e sistematicità della disciplina
tuttora irrisolti, legati ai lavori di identificazione di aree di
presenza di sistemi musicali, forme, repertori, strumenti, e alla loro
definizione