Capitale sociale fra Nord e Sud - Riviste

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Capitale sociale fra Nord e Sud - Riviste
Vivace scambio di opinioni, di riflessioni e di analisi
in una tavola rotonda condotta da Gian Antonio Stella
e con sei protagonisti dell’economia, della cultura
e della società
1 giugno
Capitale sociale fra Nord e Sud
FORUM
“Tutto dipende
dalle persone”
di Mauro Neri
C
“Capitale sociale tra Nord e Sud”:
attorno a questo tema in Sala Depero, con una tavola rotonda abilmente condotta dal giornalista del
Corriere della Sera Gian Antonio
Stella, si sono rimbalzati la palla sei
diverse personalità, sei diversi modi di vedere le cose, sei protagonisti
a diverso del panorama economico,
culturale, politico e sociale dell’Italia di questi ultimi anni.
Ha dato il “la” un economista, quel
Luigi Guiso, docente di Economia
all’Istituto Universitario Europeo di
Firenze, che non si è tirato indietro
ed ha subito tratteggiato i “confini” di che cosa sia il capitale sociale. “Se per capire, valutare e quanil Trentino
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tificare il capitale sociale prendiamo come elementi indicatori ad esempio il prodotto interno lordo, il livello di fiducia reciproca che esiste fra i componenti di una
determinata comunità e, altro esempio, il
livello di partecipazione alle consultazioni referendarie, è evidente che esiste un
notevole divario tra il Nord, ricco di capitale sociale così inteso, e il Sud, che di
questi valori difetta parecchio. E quando
parlo di Nord e Sud, mi riferisco all’Italia, all’Europa e al mondo!” E quello sociale è un capitale persistente nel tempo,
“tanto che secondo alcuni studiosi le differenze tra Nord e Sud d’Italia potrebbero essere la conseguenza di scelte storiche compiute addirittura in epoca medievale”. Ma noi dobbiamo fare i conti con
le discrepanze che esistono oggi e anche
con una politica che non sempre riesce a
porvi rimedio.
Un caloroso riferimento alla solidarietà è
ovviamente venuto da Guido Bertolaso,
Capo del Dipartimento della Protezione
civile della Presidenza del Consiglio, che
ha preso di petto il problema del capitale sociale nel Nord e nel Sud d’Italia partendo dalla dramma dei rifiuti in Campania: “Se consideriamo il capitale sociale come un tesoretto, è evidente che sia
nel caso di un capitale molto alto, sia nel
caso di un capitale molto basso, tutto dipende dalle persone che vengono chiamate a gestire questo tesoretto! Mi piace
ricordare, allora, che nel Sud non esiste
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Luigi Guisio.
Gian Antonio Stella.
una situazione ‘bulgara’, ma che proprio
la diversa gestione del capitale sociale
esistente porta a risultati diametralmente opposti, proprio sulla base della qualità delle persone delegate a guidare l’amministrazione pubblica. Ecco perché in
Campania, a pochi chilometri di distanza uno dall’altro, abbiamo due Comuni: in uno la raccolta differenziata tocca il
60%, nel secondo arriva a malapena allo
0,5%! Ci ricordiamo di quel che è successo qualche anno fa a New Orleans, negli
Stati Uniti? Ci ricordiamo di come siano
stati gestiti gli interventi di protezione civile in occasione dell’inondazione? E allora ci rendiamo conto che anche in Paesi
in cui il capitale sociale è o dovrebbe essere molto alto, possiamo assistere a pessimi esempi di sbando nell’organizzazione degli aiuti e nella gestione della tragedia”.
Lorenzo Bini Smaghi, membro del board
della Banca Centrale Europea, ci ha invece portati in Cina, per spiegare come,
per paradosso, oggi tra i Paesi ricchi del
Nord e quelli poveri o in via di sviluppo
del Sud si assista a un fenomeno stranissimo: “Tutti pensano che in un Paese dove il capitale sociale è alto, dovrebbero
affluire capitali, risparmi stranieri, investimenti... E invece no. La Cina ne è un
esempio: poiché in quel Paese l’evoluzione economica brillantissima non si accompagna con una evoluzione delle regole, dei tribunali, della certezza del diritto, allora i Cinesi arricchiti preferiscono
investire i loro risparmi negli Stati Uniti”.
Di regole ha poi parlato anche Piero
Guindani, amministratore delegato di
Vodafone Italia: “Anche nella gestione
delle imprese è necessario sviluppare le
regole e, quindi, favorire la crescita del
capitale sociale. L’impresa che vuole affondare il libero mercato, deve fare aggregazione sociale, deve applicare delle
regole acquisite e condivise”. Ecco perché Vodafone Italia ha scelto il Sud, notoriamente povero di capitale sociale, per
assumervi duemila persone, installarvi
quindici grandi impianti, aprire duemila
punti vendita e far lavorare 2.700 antenne... “E stiamo pensando anche al Sud
del mondo, con investimenti in Sudafriil Trentino
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ca, in Tanzania, in Nigeria, in Turchia, in
India... Noi siamo nel Sud perché abbiamo la fiducia di poter creare una impresa
coerente a qualsiasi latitudine”.
Sembrerebbe tutto facile, ma eco che l’ex
sindacalista Savino Pezzotta, al Festival
nella duplice veste di presidente della
Fondazione per il Sud e della Fondazione
Ezio Tarantelli, ci ha messo del suo per
complicare ma anche arricchire la tavola rotonda. “Proviamo ad ampliare il discorso, introducendo il tema del rapporto tra capitale sociale e welfare – ha esordito Pezzotta, – e allora ci accorgiamo subito quanto sia necessario rimodulare lo
Stato sociale, inserendo accanto all’assistenzialismo concetti come la cooperazione e la mutualità, per non far dipendere ogni intervento solo e sempre dall’ente pubblico. Abbiamo perso la coscienza
di far parte di una Nazione, di essere Italiani oppure Europei, così come abbiamo
perso il senso di far parte di una comunità umana legata da un medesimo destino.” E ancora: “Il Sud deve trovare in sé
stesso le ragioni, le motivazioni e gli stimoli per cominciare a crescere. E guardate che già molti giovani lo stanno facendo, molti imprenditori nascono, molil Trentino
Gian Antonio Stella: “Non sono d’accordo sul fatto di abolire le autonomie con un
tratto di penna, come dice ad esempio Brunetta. Però ci sono delle cose che vanno riviste. Perché un insegnante che vive in un paese separato dal Trentino solo
da un ponte dovrebbe guadagnare la metà del collega che vive dall’altra parte di
quel ponte? Perché il Friuli, che una volta era schiacciato sulla Cortina di ferro ma
che oggi si trova ad essere in una posizione vantaggiosa rispetto ai nuovi mercati
dell’Est, dovrebbe essere privilegiato rispetto alla provincia di Cuneo? Perché lì si
parla un dialetto diverso? Ma anche a Cuneo c’è un dialetto.”
Lorenzo Dellai: “Mi spiace che si parli della nostra Autonomia confondendo le cose e usando sempre gli stessi luoghi comuni. Noi gestiamo ciò che la storia ha
messo nelle nostre mani e lo facciamo con senso di responsabilità, usando esclusivamente le risorse che ci assegna la Costituzione. Siamo pronti al dialogo con
tutti e siamo per un’autonomia allargata anche ad altre realtà regionali. Ma intendiamo consegnare intatta e se possibile migliorata questa eredità ai nostri figli.”
Potremmo sintetizzare così, con queste brevi battute, il botta e risposta fra il giornalista e scrittore Gian Antonio Stella e il presidente della Provincia autonoma di
Trento Lorenzo Dellai, che ha avuto luogo nel corso della conferenza stampa mattutina del Festival dell’Economia, subito prima del confronto pubblico in sala Depero. In posizione “mediana” il presidente dell’Università di Trento Innocenzo Cipolletta, presidente dell’Università di Trento, che ha sottolineato come i modelli
amministrativi non siano tutto, conta anche il contesto in cui si calano, la maturità
della società (in questo senso in Trentino l’Autonomia speciale ha dato buoni frutti, la società si è dimostrata abbastanza matura da saperla gestire al meglio).
Per Cipolletta l’interrogativo è un altro: può l’Italia sopportare una pluralità di modelli amministrativi a seconda delle diverse realtà regionali? Dellai in questo senso
ha sottolineato la disponibilità del Trentino a mettere a disposizione la sua esperienza a quanti vogliano iniziare un percorso autonomistico vero, cosa che il presidente della Provincia giudica auspicabile “perché non è pensabile che nel 2007
l’Italia venga gestita ancora con criteri centralistici”. Al tempo stesso, però, ha detto anche che da parte dei trentini non vi è nessun senso di colpa. “La spesa pubblica corrente qui è solo lievemente superiore alla media nazionale; quello che è
3 volte superiore è la spesa per investimenti, il che è indice, sotto ogni punto di
vista, di buona amministrazione. Se qui paghiamo di più i professori è perché il
Trentino ha chiesto loro uno sforzo superiore, e questa è una scelta forte, che facciamo con i nostri soldi, per accrescere il capitale umano e sociale del territorio.
La Regione l’abbiamo già riformata, ma vogliamo decidere noi come gestire l’Autonomia. Se altrove volete sostituire le amministrazioni pubbliche con un amministratore delegato, perché costa meno, fate pure. Qui già il Duce provò a sciogliere
i nostri 223 comuni: dopo la caduta del fascismo si riformarono immediatamente.
Segno questo di un patrimonio sociale, di un’eredità storica che è per
noi imprescindibile, che si tramanda nel tempo e che vogliamo consegnare alle nuove generazioni.” Stella a sua volta ha riconosciuto che
la gestione della cosa pubblica che viene realizzata in Trentino è diversa
rispetto a quella di altre regioni d’Italia (“se in Trentino gestiscono un parco
naturale mi sento tranquillo, mentre non mi sento affatto tranquillo riguardo
alla gestione del sito archeologico di Selinunte, in Sicilia). Tuttavia Stella ha insistito sulla necessità di riformare nel suo complesso l’assetto del Paese, e si è
detto preoccupato della “chiusura a riccio” che regioni e province autonome
manifestano nei confronti di ogni ipotesi di revisione del loro status. (M.P.)
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Guido Bertolaso.
ti agricoltori stanno innovando le tecniche... Ricordiamoci che se il capitale sociale del Sud non è cambiato nemmeno
dopo le robuste iniezioni finanziarie della Cassa del Mezzogiorno e dei Fondi Sociali Europei, forse vuol proprio dire che
le risposte dobbiamo cercarle altrove!”
Dobbiamo cercarle negli investimenti
nell’istruzione, ha risposto subito Alberto Quadrio Curzio, docente di economia
politica alla Cattolica di Milano. “Accanto al capitale sociale, che è un mix, come
abbiamo imparato oggi, di fiducia reciproca, di rispetto delle regole e di educazione alla legalità, di solidarietà efficiente e di una sana imprenditorialità, valori
questi difficilmente quantificabili, mettiamoci anche un accenno al capitale istituzionale, elemento questo sì imprescindibile per un vero progresso”.
La tavola rotonda è stata chiusa da Luigi Spaventa, professore emerito di economia a La Sapienza di Roma. “Differenze tra Nord e Sud? – si è chiesto Spaventa. – Fiducia, regole, organizzazioni sociali, iniziative prese di comune accordo
ci portano a dire che finalmente il capitale sociale è un qualcosa che cominciamo a percepire. E già questa è una conquista. Starei però attento a non cadere
nell’errore di credere che tutto sia stato
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Lorenzo Bini Smaghi.
Luigi Spaventa.
scritto, che la ricchezza del Nord Italia e
la povertà del Sud dipendano da ciò che
venne deciso nel Medioevo. Riaffermiamo invece e cerchiamo di porre rimedio
agli errori e alle responsabilità dell’oggi;
riportiamo al Sud il controllo del territorio da parte dello Stato, evitiamo la frammentazione politica, riportiamo in auge i valori fondanti della solidarietà nelle
grosse organizzazioni cooperativistiche,
evitiamo l’arroccamento corporativistico dei sindacati e facciamo in modo che
i giovani co.co.co possano diventare soggetti che si aggregano, che si coagulano,
che contribuiscono al benessere sociale”.
Prima della tavola rotonda Sabino Pezzotta e Guido Bertolaso hanno incontrato il presidente della Provincia Autonoma
di Trento, Lorenzo Dellai. L’occasione per
un confronto cordiale e per ribadire un
vincolo di amicizia che da tempo lega il
presidente della Fondazione per il Sud e
il Capo del Dipartimento della Protezione civile al Trentino.
il Trentino