orario di lavoro, riposi ed ore viaggio: come le norme del d

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 ORARIO DI LAVORO, RIPOSI ED ORE VIAGGIO: COME LE NORME DEL D. LGS. 66/2003 INTERAGISCONO CON IL CCNL ALLA LUCE DEGLI INTERPELLI Legenda: in blu la legge ‐ in verde il CCNL ‐ in viola gli interpelli ****************************************************************************************
1) Principi generali L’art. 1 D. lgs. 66/2003 enuncia alcuni principi importanti: 1) orario di lavoro (comma 2, punto a): qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni: 2) periodo di riposo (comma 2, punto b): qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro; 3) riposo adeguato (comma 2, punto l): il fatto che i lavoratori dispongano di periodi di riposo regolari, la cui durata è espressa in unità di tempo, e sufficientemente lunghi e continui per evitare che essi, a causa della stanchezza, della fatica o di altri fattori che perturbano la organizzazione del lavoro, causino lesione a se stessi, ad altri lavoratori o a terzi o danneggino la loro salute, a breve o a lungo termine. ********************************************************************************
******** 2) Orario di lavoro Art. 3 D. lgs. 66/2003 “Orario normale di lavoro”: L’orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali I contratti collettivi di lavoro possono stabilire, a fini contrattuali, una durata minore e riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno. CCNL ‐ art. 26, comma 1: “la durata contrattuale dell’orario normale di lavoro, salvo quanto previsto per il personale turnista e semiturnista, è stabilita in 38 ore settimanali con ripartizione, di norma, dal lunedì al venerdì”. ********************************************************************************
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3) Durata massima dell’orario di lavoro Art. 4 D. lgs. 66/2003 “Durata massima dell’orario di lavoro”: I contratti collettivi di lavoro stabiliscono la durata massima settimanale dell’orario di lavoro. La durata media dell’orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario Ai fini delle disposizioni di cui al comma 2, la durata media dell’orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento ad un periodo non superiore ai quattro mesi. I contratti collettivi di lavoro possono in ogni caso elevare il limite di cui al comma 3 fino a sei mesi ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi. CCNL ‐ art. 26 al comma 2 :”Con decorrenza 1.1.2007, la durata media dell’orario di lavoro va calcolata prendendo a riferimento un periodo di 12 mesi per il personale addetto alle attività tecnico operative per assicurare la continuità del servizio (turni/semiturni) ed un periodo di 6 mesi per gli altri lavoratori. Con riferimento a questi ultimi le Aziende, in caso di particolari esigenze organizzative, potranno concordare con le RSU o, in mancanza, con le Organizzazioni sindacali competenti l’estensione del periodo da 6 a 12 mesi”. ‐ Interpello del 11.2.2008: durata massima dell’orario di lavoro, art. 4 d. lgs. 66/2008 e esatta definizione del concetto di periodo di riferimento. Se il comma 2 dell’art. 4 del D.Lgs. 66/2003 precisa che la durata media dell’orario di lavoro non può essere superiore, per ogni periodo di sette giorni, alle 48 ore, compreso lo straordinario, i commi successivi dell’at 4 prevedono che la durata media vada calcolata con riferimento ad un periodo non superiore ai 4 mesi ovvero al diverso maggior livello fissato dalla contrattazione collettiva. Ne consegue che sono ammissibili prestazioni lavorative superiori alle 48 ore settimanali “in quanto il periodo di riferimento sia un periodo più ampio della settimana e non superiore ai 4 mesi, salvi i più ampi periodi che può fissare la contrattazione collettiva”. ********************************************************************************
******** 4) Riposo giornaliero, settimanale, fisiologico, adeguata protezione Art. 7 D. lgs. 66/2003 “Riposo giornaliero”: Ferma restando la durata normale dell’orario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni 24 ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionato durante la giornata o da regimi di reperibilità (modificato dal L.133/2008). 2
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Art. 9 D. lgs. 66/2003 “Riposi settimanali”: Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regole in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all’art. 7. Il suddetto periodo di riposo consecutivo è calcolato come media in un periodo non superiore a 14 giorni (modificato dal L.133/2008). Fanno eccezione alla disposizione di cui al comma 1: a) attività di lavoro a turni ogni volta che il lavoratore cambi turno o squadra e non possa usufruire, tra la fine del servizio di un turno o di una squadra e l'inizio del successivo, di periodi di riposo giornaliero o settimanale (modificato dalla L. 133/2008); ‐ omissis d) i contratti collettivi possono stabilire previsioni diverse, nel rispetto delle condizioni previste dall'articolo 17, comma 4. ‐ omissis Art. 17 D. lgs. 66/2003 “Deroghe alla disciplina in materia di riposo giornaliero, pause, lavoro notturno, durata massima settimanale”:
Le disposizioni di cui agli articoli 7, 8, 12 e 13 possono essere derogate mediante contratti collettivi stipulati a livello nazionale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. Per il settore privato, in assenza di specifiche disposizioni nei contratti collettivi nazionali le deroghe possono essere stabilite nei contratti collettivi territoriali o aziendali stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (seconda parte aggiunta dalla L. 133/2008). In mancanza di disciplina collettiva, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, il Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, su richiesta delle organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più rappresentative o delle associazioni nazionali di categoria dei datori di lavoro firmatarie dei contratti collettivi nazionali di lavoro, adotta un decreto, sentite le stesse parti, per stabilire deroghe agli articoli 4, terzo comma, nel limite di sei mesi, 7, 8, 12 e 13 con riferimento: ‐ omissis 4) di servizi di produzione, di conduzione e distribuzione del gas, dell'acqua e dell'elettricità, di servizi di raccolta dei rifiuti domestici o degli impianti di incenerimento; ‐ omissis Le deroghe previste nei commi 1, 2 e 3 possono essere ammesse soltanto a condizione che ai prestatori di lavoro siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata. ‐ omissis 3
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5) Nel rispetto dei principi generali della protezione, della sicurezza e della salute dei lavoratori, le disposizioni di cui agli articoli 3,4,5,7,8,12,13 non si applicano ai lavoratori la cui durata dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, non è misurata o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi e, in particolare, quando si tratta: ‐ omissis d) di prestazioni rese nell’ambito di rapporti di lavoro a domicilio e di telelavoro. CCNL – art 27 al comma 3 riposi giornalieri: “Il lavoratore ha diritto ad un periodo di 11 ore di riposo consecutive ogni 24 ore. A fronte di una protezione adeguata, definita dalle Parti, ai sensi della premessa dell’art. 26 del presente CCNL, è consentita la deroga alla fruizione intera e continuativa di detto periodo di riposo giornaliero per i lavoratori turnisti e semiturnisti secondo quanto stabilito dalla specifica disciplina vigente nonché per i lavoratori reperibili in relazione a quanto previsto dall’art. 39….” CCNL – art 39 al comma 1 del CCNL reperibilità: “ In relazione alle esigenze di servizio, i lavoratori possono essere chiamati, con comunicazione scritta, a rendersi disponibili fuori del normale orario di lavoro ed a fornire, pertanto all’azienda le notizie atte a rintracciarli perché prestino sollecitamente la loro opera, ove questa necessiti”. CCNL – art. 39 commi 7 e 8 riposi fisiologici:” In conformità a quanto previsto dalla premessa all’art 26 e dall’art. 27 del presente CCNL, gli interventi compiuti tra le ore 22 e le ore 6 del mattino successivo danno titolo, per tenere conto delle esigenze di ordine fisiologico e fermo restando l’adeguata protezione di cui al comma 9 a periodo di permesso retribuito nei seguenti termini: ‐ per interventi notturni inferiori a 3 ore: posticipazione dell’inizio dell’orario di lavoro del mattino stesso pari alla durata dell’effettiva prestazione lavorativa; ‐ per interventi notturni pari o superiori a 3 ore e sino a 6 ore. Ripresa del lavoro al pomeriggio (dopo l’intervallo meridiano); ‐ per interventi notturni superiori a 6 ore: ripresa del lavoro il giorno successivo”. CCNL – art. 39 comma 9 adeguata protezione: “ Le parti concordano le misure atte a garantire una adeguata protezione dei lavoratori reperibili qualora il riposo giornaliero ‐ fruito anche in modo frazionato a causa egli interventi effettuati ‐ risulti, anche tenendo conto dei riposi fisiologici di cui al comma 7, comunque inferiore complessivamente alle 11 ore nelle 24.” In tali casi il lavoratore ha diritto a permessi retribuiti fino a concorrenze delle suddette 11 ore di riposo giornaliero. Detti permessi sono da fruire possibilmente mediante la posticipazione dell’orario di lavoro della giornata successiva a quella in cui si è prestato il servizio di reperibilità e comunque non oltre la settimana successiva all’intervento.” ‐ Interpello del 29.5.2008: deroga al principio di consecutività del riposo giornaliero, art. 7 e 9 d. lgs. 66/2003 Questo interpello è ormai superato dalle modifiche legislative intervenute il 25.6.2008 con il D.L. 112/2008 (L. 133/2008) che consentono la frazionabilità del riposo giornaliero nei regimi di reperibilità. All’epoca, invece, alla domanda se fosse possibile derogare al principio della consecutività del riposo giornaliero di 11 ore con particolare riferimento al lavoratore reperibile, il Ministero aveva precisato che in caso di interruzione del riposo giornaliero e settimanale, lo stesso 4
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periodo di riposo decorre “nuovamente dalla cessazione della prestazione lavorativa, rimanendo escluso il computo delle ore eventualmente già fruite”. Questo interpello, peraltro, è da ritenere ancora valido relativamente al principio di non frazionabilità del godimento dei riposi settimanali, in coerenza con gli insegnamenti della Corte Costituzionale; la Consulta, infatti, ha sottolineato la differenza tra il riposo giornaliero e settimanale quando ha affermato che la consecutività delle 24 ore è un elemento essenziale diel riposo settimanale, proprio in quanto consente di distinguerlo dal riposo giornaliero e da quello annuale. ‐ Interpello del 15 maggio 2009: deroga alla durata del riposo giornaliero, art. 7 d.lgs. 66/2003 Il Ministerro ha chiarito che il principio della durata del riposo giornaliero, così come quello della sua consecutività può essere derogato dai contratti collettivi alla luce della espressa previsione di cui all’art. 17, comma 1. In ogni caso sia in base alla previdente formulazione dell’att. 17, comma1, sia alla nuova risultante dal L. 133/2008, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una adeguata protezione. Tali riposi compensativi, come evidenziato dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee nella sentenza 9 settembre 2003, devono essere immediatamente successivi all’orario di lavoro che sono intesi a compensare, al fine di evitare uno stato di fatica o sovraccarico del lavoratore dovuti all’accumulo di periodo di lavoro consecutivi. ‐ Interpello del 20 marzo 2009: possibilità di derogare mediante contrattazione collettiva alla fruizione del riposo settimanale A seguito delle modifiche intervenute (L. 133/2008), il riposo settimanale è ora calcolato come media in un periodo non superiore ai 14 giorni; la previsione introduce dunque una maggiore flessibilità di impiego della manodopera, rispondendo alle esigenze dei datori di lavoro senza che sul punto sia necessario alcun intervento della contrattazione collettiva. La modifica è coerente sia con le direttive europee, sia con la giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione che hanno precisato come la regola del riposo settimanale possa essere derogata in caso di sussistenza di interessi apprezzabili della produzione e garantendo in ogni caso il mantenimento di una media di 6 giorni di lavoro e 1 di riposo con riferimento ad un arco temporale complessivo fissato appunto in 14 giorni. La Legge 133/208 non ha invece inciso sulla consecutività delle 24 ore d riposo e di cumulo con il riposo giornaliero sanciti dal 1 comma dell’art. 9 del D.lgs. 66/2003 e che possono appunto essere derogati da parte dei contratti collettivi (art. 9, 2 comma punto d) a condizione che ai prestatori d lavoro siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali, a condizione che ai lavoratori sia accordata una protezione appropriata. ‐ Interpello del 10 luglio 2009: riposo settimanale in un giorno diverso dalla domenica Il Ministero nell’interpretare l’art. 9, 1 comma, che prevede il diritto del lavoratore ogni 7 giorni ad un periodo di riposo d almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, si è espresso nel senso della derogabilità, tanto più che non sussiste alcuna norma costituzionale che sancisca la coincidenza necessaria del riposo settimanale con la domenica. 5
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******** 5) Ore di viaggio ‐ trasferta – trasferimento da un punto di raccolta al luogo di lavoro L’art. 1 D. lgs. 66/2003 “Finalità e definizioni”: 1) orario di lavoro (comma 2, punto a): qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni. L’art. 8 comma 3, D. lgs. 66/2003 “Pause”: 3) salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi, rimangono non retribuiti o computati come lavoro …i periodi di cui all’art.5 regio decreto 10 settembre 1923 n. 1955 (tra cui il tempo impiegato per recersi al lavoro) CCNL – art 43 al comma 3 del CCNL rimborsi spese/ore viaggio: “A coloro che prestano servizio in luogo diverso dall’abituale località o posto di lavoro, le ore eccedenti l’orario normale di lavoro giornaliero occorrenti agli spostamenti di andata e ritorno vengono compensate con un’indennità pari al 50% della retribuzione oraria per le prime 3 ore giornaliere ed al 100% per le ore giornaliere successive”. a) Trasferta ‐ Interpello n. 15 del 2010: configurabilità come orario di lavoro delle ore di viaggio che il lavoratore sopporta nel caso in cui sia inviato in trasferta Il Ministero precisa che il tempo impiegato dal lavoratore per raggiungere la sede di lavoro durante la trasferta non costituisce esplicazione dell’attività lavorativa, pertanto, il disagio che deriva al lavoratore è assorbito dall’indennità di trasferta e non deve essere autonomamente retribuito o compensato. Poiché l’art.1, comma 2, lett. a) del Dlgs n. 66/2003 definisce l’orario di lavoro come “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”, per il Ministero tutti e due i criteri (messa a disposizione, esercizio di attività o funzioni) devono coesistere al fine della riconduzione della prestazione lavorativa nell’orario di lavoro; ne consegue che il concetto di orario di lavoro non consente di computare il tempo di viaggio per trasferta nell’attività lavorativa, in quanto l’art. 8 del Dlgs n. 66/2003 sancisce l’esclusione dall’orario di lavoro del tempo impiegato per recarsi al lavoro, stabilendo, altresì, che tale tempo non è retribuibile e non può essere computato nell’orario di lavoro. Per questi motivi, il Ministero esclude che il tempo impiegato dal lavoratore per raggiungere la sede di lavoro, anche se in trasferta, possa considerarsi come attività lavorativa: il disagio che deriva al lavoratore non deve quindi essere retribuito, in quanto assorbito dall’indennità di trasferta. b) Tempo di trasferimento da un punto di raccolta al luogo di lavoro 6
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‐ Interpello n.13/2010: disciplina del tempo impiegato dai lavoratori per raggiungere il posto di lavoro, nel caso in cui i dipendenti si incontrino in un punto specifico per usufruire dei mezzi aziendali Il Ministero esclude che il tempo trascorso dal punto di raccolta al luogo di lavoro sia da considerare come orario di lavoro (ma solo se l’utilizzo del mezzo aziendale sia una scelta volontaria del lavoratore). Nel richiamare la disciplina contenuta nell’art.8 del Dlgs n. 66/2003, il Ministero precisa che per la giurisprudenza (Cassazione, Sez. lav. n. 5775/2003, Cassazione, Sez. lav. n. 5701/2004) il tempo impiegato per raggiungere il luogo di lavoro rientra nell’attività lavorativa allorché sia funzionale rispetto alla prestazione; tuttavia sussiste il carattere della funzionalità solo nel caso in cui il dipendente, obbligato a presentarsi presso la sede aziendale, sia poi di volta in volta inviato in diverse località per svolgervi la sua prestazione lavorativa. Pertanto, l’elemento che consente di risolvere il quesito riguarda la motivazione che induce il lavoratore a recarsi al luogo di lavoro effettivo partendo dal “punto di raccolta”. Se l’accesso al punto di raccolta costituisce una mera comodità per il lavoratore (potendo questi recarsi al lavoro con mezzi propri), l’orario di lavoro decorre dal momento in cui il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività e quindi non nel momento in cui giunge al “punto di raccolta”. Viceversa, se è richiesto al lavoratore di recarsi al “punto di raccolta” per utilizzare un particolare mezzo di trasporto o per reperire la strumentazione necessaria, o, comunque, di porsi a disposizione del datore di lavoro presso detto “punto di raccolta” entro un determinato momento (ad esempio per esigenze organizzative aziendali), è a partire da tale momento che deve computarsi l’orario di lavoro. ********************************************************************************
******** 6) Considerazioni finali Alcune delle principali modifiche legislative intervenute successivamente al CCNL (L. 133/2008) erano già di fatto contenute nel Contratto Collettivo Elettrico: -
Riposi giornalieri:l’art. 7 del D. lgs 66/2003 ‐ così come modificato dalla L. 133/2008 ‐ ha consentito la frazionabilità dei riposi giornalieri per i reperibili: frazionabilità che era già contenuta nell’art. 27, comma 3 del CCNL. Anche in assenza di una norma contrattuale sulla frazionabilità del riposo giornaliero, l’art. 17, 2 comma, punto 4) della L. 66/2003 consentiva, peraltro, con una specifica procedura, la deroga all’art. 7 sul riposo giornaliero per i servizi di produzione, di conduzione e distribuzione del gas, dell'acqua e dell'elettricità. Analoga deroga ai riposi giornalieri e consentita anche per i dipendenti che svolgono la prestazione lavorativa in telelavoro. -
Per i dipendenti in telelavoro oltre al riposo giornaliero, è possibile le deroga anche all’orario normale di lavoro, alla durata massima dello stesso, al lavoro straordinario e al regime della pause. 7
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Riposi settimanali: Le modifiche legislative successive al CCNL non hanno invece intaccato il principio della non frazionabilità del riposo settimanale, anche se: 1) come da Interpello 20 marzo 2009, l’art. 9, 2 comma, lettera d) del D. lgs. 66/2003 consentirebbe la deroga e quindi la frazionabilità da parte di esplicita norma contenuta nel CCNL; 2) con le modifiche apportate, inoltre, dalla L. 133/2008 il riposo settimanale è ora calcolato come media in un periodo di 14 giorni. Per concludere dovrebbe essere evitato l’inserimento nel nuovo CCNL di norme che consentano il frazionamento anche alla luce dei principi della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione che hanno precisato l’inderogabilità del riposo settimanale. Sarebbe necessario ribadire con norma espressa migliorativa nel CCNL che il riposo settimanale non viene calcolato come media nei 14 giorni. -
Riposi fisiologici: intoccabili e soprattutto non frazionabili in alcun modo; ciò non è stato intaccato da disposizioni di legge successive al CCNL in quanto il riposo adeguato (art. 1 ,comma 2, punto l del D. lgs. 66/2003) implica che i lavoratori dispongano di periodi di riposo regolari, la cui durata è espressa in unità di tempo, e sufficientemente lunghi e continui per evitare che essi, a causa della stanchezza, della fatica o di altri fattori che perturbano la organizzazione del lavoro, causino lesione a se stessi, ad altri lavoratori o a terzi o danneggino la loro salute, a breve o a lungo termine. -
Reperibilità: l’art. 39 comma 1 del CCNL nel prevedere che : “ In relazione alle esigenze di servizio, i lavoratori possono essere chiamati, con comunicazione scritta, a rendersi disponibili fuori del normale orario di lavoro ed a fornire, pertanto all’azienda le notizie atte a rintracciarli perché prestino sollecitamente la loro opera, ove questa necessiti”, rende obbligatorio, su semplice chiamata del datore di lavoro, un istituto come la reperibilità che è complementare alla normale prestazione lavorativa, di natura contrattuale, e che quindi dovrebbe essere oggetto di contrattazione con il lavoratore e non imposto unilateralmente dal datore di lavoro. 8
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